N. 122 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 dicembre 2012
Ordinanza del 5 dicembre 2012 emessa dal Tribunale di Brindisi - Sez. distaccata di Fasano nel procedimento penale a carico di N. G. e D. S. F.. Processo penale - Sentenza di proscioglimento - Possibilita' per il giudice di pronunciare sentenza di proscioglimento per "tenuita' del fatto" analogamente a quanto previsto per i procedimenti penali di competenza del giudice di pace (art. 34 del d.lgs. n. 274 del 2000) - Mancata previsione - Violazione dei principi di tutela della dignita' sociale e di uguaglianza - Lesione del diritto di difesa - Violazione dei principi del giusto processo. - Codice di procedura penale, art. 529. - Costituzione, artt. 2, 3, 24 e 111.(GU n.30 del 16-7-2014 )
TRIBUNALE DI BRINDISI Sezione Distaccata di Fasano in composizione monocratica in persona del Giudice Onorario Dott. Avv. Giuseppe Lanzillotta a scioglimento della riserva che precede espressa in seno al processo penale R.G. 99/11 - R.G.N.R. 7667/09 a carico di N. G. e D. S. F. Osserva: alla udienza del 21 novembre 2012, a chiusura della istruttoria dibattimentale, il pubblico ministero ha concluso per il proscioglimento di entrambi gli imputati «per tenuita' del fatto contestato»; tale precisazione di «nuovo conio» ha destato perplessita' nelle valutazioni di questo Giudicante il quale ha ritenuto di approfondire la relativa questione; in effetti, dal punto di vista oggettivo e sulla base della prove raccolte in dibattimento, il fatto costituente furto contestato agli odierni imputati deve ritenersi di particolare tenuita' e di basso allarme sociale trattandosi di apprensione di merce di modicissimo valore (peraltro in parte regolarmente pagata) dagli scaffali di un supermercato; tuttavia, pur senza anticipare alcuna valutazione in ordine alla concreta colpevolezza o meno dei prevenuti, questo Giudicante ritiene preliminare ad ogni ulteriore determinazione e pregnante ai fini della decisione del presente processo, la soluzione della questione sollevata dal pubblico ministero il quale ha ribadito l'applicazione della «diversa» formula di proscioglimento rispetto a quelle contemplate nell'art. 529 c.p.p. ossia, di veder prosciolti gli imputati per speciale tenuita' del fatto alla stregua di quanto gia' previsto dal legislatore ai sensi dell'art. 34 del decreto legislativo n. 274/2000 in seno alla normativa disciplinante il procedimento penale innanzi al Giudice di Pace; in particolare tale ultima norma prevede che: «Il fatto e' di particolare tenuita' quando, rispetto all'interesse tutelato, l'esiguita' del danno o del pericolo che ne e' derivato, nonche' la sua occasionalita' e il grado della colpevolezza non giustificano l'esercizio dell'azione penale, tenuto conto altresi' del pregiudizio che l'ulteriore corso del procedimento puo' recare alle esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o di salute della persona sottoposta ad indagini o dell'imputato. 2. Nel corso delle indagini preliminari, il giudice dichiara con decreto d'archiviazione non doversi procedere per la particolare tenuita' del fatto, solo se non risulta un interesse della persona offesa alla prosecuzione del procedimento. 3. Se e' stata esercitata l'azione penale, la particolare tenuita' del fatto puo' essere dichiarata con sentenza solo se l'imputato e la persona offesa non si oppongono»; orbene, tale formula di proscioglimento (solo per brevita' indicata «per tenuita' del fatto») non e' contemplata dall'art. 529 c.p.p.; ne' la previsione di cui all'art. 34 del decreto legislativo n. 274/2000 - applicabile solo per i procedimenti penali incardinati innanzi al Giudice di Pace - puo' ritenersi estensibile all'odierno processo pendente innanzi il Tribunale siccome regolato dalle sole norme del codice di procedura penale; in ultima analisi, questo Giudicante non potrebbe procedere ad alcun proscioglimento dei prevenuti con la speciale formula richiesta dal pubblico ministero in assonanza e simmetria con quanto previsto dall'art. 34 del decreto legislativo n. 274/2000 (per tenuita' del fatto) in quanto detta ipotesi non ricavabile da alcuna norma del codice di procedura penale ne', segnatamente, dall'art. 529 stesso codice; ne' potrebbe questo Giudicante, forzando illegittimamente i principi di tassativita' processuale, estendere ex officio l'applicazione dell'art. 34 del decreto legislativo n. 274/2000 all'odierno processo pendente innanzi al Tribunale atteso che, tale norma, pare essere stata congegnata esclusivamente in funzione del procedimento penale di competenza del Giudice di Pace; tuttavia, l'analisi del problema suscita parecchi dubbi e perplessita' giuridiche in quanto si sarebbe incardinato un processo penale (quello pendente innanzi all'odierno Tribunale) in seno al quale l'imputato (ovvero gli odierni prevenuti) possa essere giudicato ed assolto con formule di proscioglimento «diverse» rispetto a quelle dettate per il processo penale incardinabile e di competenza del Giudice di Pace; quindi, se gli odierni imputati fossero stati giudicati dal Giudice di Pace avrebbero potuto usufruire di una «rosa» di formule di proscioglimento piu' ampie rispetto a quelle che, ex art. 529 c.p.p, vengono ritenute applicabili (anche per giurisprudenza di legittimita' costante) in seno ai processi celebrati innanzi al Tribunale; anzi, volendo essere piu' dettagliati, la ulteriore formula di proscioglimento prevista ex art. 34 del decreto legislativo n. 274/2000 «per tenuita' del fatto» applicabile esclusivamente ai giudizi penali pendenti innanzi al Giudice di Pace non e' contemplata (ne' appare contemplabile sulla base di una lettura costituzionalmente orientata della medesima disposizione) in seno all'art. 529 c.p.p. e, quindi, non risulta richiamabile dal Tribunale quale ulteriore formula di proscioglimento per i procedimenti penali pendenti in questa ultima sede, quale quella per cui si procede; peraltro, non potrebbe nemmeno sostenersi la tesi secondo la quale la formula di proscioglimento dettata ex art. 34 del decreto legislativo n. 274/2000 per i procedimenti penali pendenti innanzi al Giudice di Pace sia stata modellata specificatamente in relazione ai reati «bagatellari» di competenza di tale ufficio in quanto, detta formula «sostanzialmente assolutoria» fa riferimento alla natura ontologia ed intrinseca della «tenuita' del fatto» e come tale il suo utilizzo pare ipotizzabile per qualunque tipologia di reato (sia che si tratti a titolo di esempio di lesioni colpose di competenza del Giudice di Pace penale; sia che si tratti di furto di competenza del Tribunale - come nel caso che ci occupa -); peraltro, la valutazione in ordine alla oggettiva «tenuita' del fatto» complessivamente intesa in relazione al caso concreto (allo stesso modo dei parametri attualmente utilizzati dalla corrente giurisprudenza per la concessione della attenuante comuni ex art. 61 c.p. n. 4 di medesima matrice) spetta al Giudicante che, in definitiva, sul punto svolge un insostituibile ruolo di equita' sociale e di giustizia sostanziale; infatti anche il Tribunale nell'ambito della sua valutazione di merito (allo stesso modo del Giudice di Pace!) ove potesse svolgere tale valutazione esistendone i presupposti di legge, garantirebbe la conformita' del fatto come storicamente accertato in dibattimento alla previsione astratta di proscioglimento richiamata odiernamente dal Pubblico Ministero ex art. 34 del decreto legislativo n. 274/2000 (solo per brevita': tenuita' del fatto) tenendo conto degli elementi comparativi richiesti dalla medesima disposizione quali l'interesse tutelato, l'esiguita' del danno o del pericolo che ne e' derivato, la sua occasionalita' e il grado della colpevolezza nonche', tenendo conto il pregiudizio che l'ulteriore corso del procedimento puo' recare alle esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o di salute dell'imputato; pertanto, tale mancata previsione ovvero, la mancata previsione in seno all'art. 529 c.p.p. della medesima formula di proscioglimento prevista dall'art. 34 legge n. 274/2000 (quest'ultima dettata ingiustificatamente e arbitrariamente per i soli procedimenti penali di competenza del Giudice di Pace) costituisce un vulnus di natura sostanziale e processuale rispetto al sistema costituzionale di garanzie apprestate in favore del cittadino e dell'imputato in seno a qualunque processo penale (sia esso di competenza del Giudice di Pace che del Tribunale); infatti, tale disparita' di trattamento non sarebbe altrimenti giustificabile, ne' spiegabile alla luce dei parametri di cui agli artt. 2 Cost. (dignita' sociale) e 3 Cost. (uguaglianza formale e sostanziale) nella misura in cui si' continuino a trattare in maniera diseguale e disomogenea (nella vigenza dell'art. 34 del decreto legislativo n. 274/2000 ed in assenza della specifica previsione della formula di proscioglimento per tenuita' del fatto in seno all'art. 529 c.p.p.) situazioni ontologicamente equali (non a caso la tenuita' del fatto puo' sussistere per qualunque tipologia di reato e quindi per qualunque imputato sulla base di una valutazione prognostica svolta dal Giudice procedente); tale trattamento diseguale e disomogeneo di situazione ontologicamente eguali trova il suo unico ed ingiusto spartiacque nella diversita' della competenza giurisdizionale del relativo procedimento penale attribuita capziosamente dal legislatore ovvero, se rientrante nella sfera di attrazione dell'ufficio del Giudice di Pace o del Tribunale; quindi, l'imputato citato a giudizio innanzi al Giudice di Pace ad oggi beneficia di una ulteriore formula di proscioglimento (ex art. 34 legge 274/2000) rispetto al «diverso» imputato citato a giudizio innanzi al Tribunale il quale, rispetto al primo, oltre ad essere trattato in maniera ingiustificatamente iniqua e diseguale secondo un incomprensibile e differente criterio di valutazione legislativa della «dignita' umana», vedrebbe anche limitati e compressi le sue garanzie e il suo diritto di difesa; infatti, anche sotto tale ultimo profilo appare evidente il sospetto di costituzionalita' della norma ex art. 529 c.p.p. nella sua odierna formulazione in relazione all'art. 24 Cost. (diritto di difesa) in quanto il prevenuto vedrebbe ristretto l'esercizio e la spendita del diritto di difesa (rispetto all'ipotetico imputato citato a giudizio innanzi al Giudice di pace) non potendo approntare la sua strategia difensiva in relazione all'obiettivo processuale di riuscire a dimostrare a mezzo della istruttoria dibattimentale la irrisorieta' dei fatti per i quali e' stato tratto a giudizio e quindi, di poter usufruire della «ulteriore» formula di proscioglimento «per tenuita' del fatto» e tutto cio', in ragione della mancata previsione normativa di tale formula assolutoria (di contro prevista ex art. 34 del decreto legislativo n. 234/2000 ed applicabile al procedimento innanzi il Giudice di Pace penale); peraltro, la disparita' di trattamento e la violazione del diritto di difesa dell'imputato sulla base della sola diversita' (per competenza) del Giudice procedente (Giudice di Pace o Tribunale) riverbera effetti e dubbi di compatibilita' costituzionale anche in relazione all'art. 111 Cost. (giusto processo); infatti, non sarebbe comprensibile la ragione per la quale il legislatore abbia potuto considerare «piu' giusto» o «piu' favorevole» il processo penale di competenza del Giudice di Pace rispetto a quello di competenza del Tribunale tanto da individuare solo nella prima Sede altre formule di proscioglimento, quali quella della quale il pubblico ministero ha chiesto applicazione agli odierni prevenuti (ex art. 34 Legge 374/2000); l'incremento delle tutele e delle garanzie per l'imputato nel solo procedimento penale instaurato innanzi al Giudice di Pace ha chiaramente modificato gli ordinari equilibri della parita' delle parti e «delle armi» (favorendo l'imputato in tale sede) e nel contempo, ha determinato una ingiustificata asimmetria ed un impari trattamento processuale del medesimo ipotetico imputato tratto a giudizio innanzi al Tribunale e giudicabile sulla base delle «sole» norme del codice di rito con evidente ulteriore contrasto del parametro ex art. 111 Cost e della giurisprudenza C.E.D.U. in materia; in definitiva, la mancata previsione in seno al codice del processo penale e segnatamente, all'art. 529 c.p.p di una formula di proscioglimento «per tenuita' del fatto» simmetrica ed analoga a quella contemplata ex art. 34 del decreto legislativo n. 274/2000 per il solo procedimento penale di competenza del Giudice di Pace, deve ritenersi costituzionalmente censurabile per violazione dell'art. 2-3-24-111 Cost.; sicche', per i motivi innanzi illustrati, considerata la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 529 c.p.p. nella parte in cui non prevede la formula di proscioglimento «per tenuita' del fatto» in maniera simmetrica a quanto gia' previsto dall'art. 34 del decreto legislativo n. 274/2000 per i soli procedimenti penali di competenza del Giudice di Pace, questo Tribunale ritiene di dover rimettere la suddetta questione innanzi la Corte Costituzionale, dalla cui pronuncia dipende la pregiudiziale risoluzione del caso di specie e la definizione del giudizio penale pendente a carico degli odierni imputati.
P. Q. M. Il Tribunale di Brindisi - Sezione Distaccata di Fasano in composizione monocratica nella persona del Giudice Onorario Dott. Avv. Giuseppe Lanzillotta letti ed applicati gli artt. 134 Cost. e 23 legge n. 87/1953; ritiene rilevante nel presente giudizio e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 529 c.p.p. nella parte in cui non consente al Giudice penale di prosciogliere l'imputato «per tenuita' del fatto quando il fatto e' di particolare tenuita' rispetto all'interesse tutelato, all'esiguita' del danno o del pericolo che ne e' derivato, nonche' alla sua occasionalita' e al grado della colpevolezza, tenuto conto altresi' del pregiudizio che l'ulteriore corso del procedimento puo' recare alle esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o di salute dell'imputato» in quanto non prevede la formula di proscioglimento «per tenuita' del fatto quando il fatto e' di particolare tenuita' rispetto all'interesse tutelato, all'esiguita' del danno o del pericolo che ne e' derivato, alla sua occasionalita' e al grado della colpevolezza, tenuto conto altresi' del pregiudizio che l'ulteriore corso del procedimento puo' recare alle esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o di salute dell'imputato» in maniera simmetrica ed analoga a quanto gia' previsto per i soli procedimenti penali di competenza del Giudice di Pace dall'art. 34 del decreto legislativo n. 274/2000 per contrasto con gli artt. 2-3-24-111 Cost.; per l'effetto, sospende il presente giudizio a carico di N. G. e D. S. F.; dispone la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale affinche', ove ne ravvisi i presupposti, voglia dichiarare la illegittimita' costituzionale dell'art. 529 c.p.p. nella parte in cui non consente al Giudice penale di prosciogliere l'imputato «per tenuita' del fatto quando il fatto e' di particolare tenuita' rispetto all'interesse tutelato, all'esiguita' del danno o del pericolo che ne e' derivato, alla sua occasionalita' e al grado della colpevolezza tenuto conto altresi' del pregiudizio che l'ulteriore corso del procedimento puo' recare alle esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o di salute dell'imputato» in quanto non prevede la formula di proscioglimento «per tenuita' del fatto quando il fatto e' di particolare tenuita' rispetto all'interesse tutelato, all'esiguita' del danno o del pericolo che ne e' derivato alla sua occasionalita' e al grado della colpevolezza tenuto conto altresi' del pregiudizio che l'ulteriore corso del procedimento puo' recare alle esigenze di lavoro, di studio, di famiglia o di salute dell'imputato» per quanto sinora esposto ed argomentato; dispone che la presente ordinanza sia comunicata al Presidente del Consiglio dei Ministri e sia comunicata ai Presidenti delle due camere del Parlamento. Cosi' deciso in Fasano il 5 dicembre 2012 Il Giudice Onorario: Lanzillotta