N. 218 SENTENZA 9 - 18 luglio 2014

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Processo  penale  -  Responsabilita'   amministrativa   da   illecito
  ascrivibile  a  persona  giuridica  -  Citazione  del  responsabile
  civile. 
- Codice di procedura penale, art. 83; decreto legislativo  8  giugno
  2001, n. 231 (Disciplina della responsabilita' amministrativa delle
  persone giuridiche, delle societa' e delle associazioni anche prive
  di personalita' giuridica, a norma dell'articolo 11 della legge  29
  settembre 2000, n. 300). 
-   
(GU n.31 del 23-7-2014 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Sabino CASSESE; 
Giudici :Giuseppe TESAURO, Paolo Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe  FRIGO,
  Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo  CAROSI,
  Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo
  CORAGGIO, Giuliano AMATO, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  83  del
codice di procedura penale e del decreto legislativo 8  giugno  2001,
n. 231 (Disciplina della responsabilita' amministrativa delle persone
giuridiche, delle  societa'  e  delle  associazioni  anche  prive  di
personalita' giuridica, a  norma  dell'articolo  11  della  legge  29
settembre  2000,  n.  300),   promosso   dal   Giudice   dell'udienza
preliminare del  Tribunale  ordinario  di  Firenze  nel  procedimento
penale a carico di G.M. ed altri, con ordinanza del 17 dicembre 2012,
iscritta al n. 61 del registro  ordinanze  2013  e  pubblicata  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  14,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2013. 
    Visti gli atti di costituzione di G.F. e della  Rete  Ferroviaria
Italiana  spa,  nonche'  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri; 
    udito  nell'udienza  pubblica  dell'8  luglio  2014  il   Giudice
relatore Giorgio Lattanzi; 
    uditi l'avvocato Bruno Assumma per la Rete  Ferroviaria  Italiana
spa e l'avvocato dello Stato Maurizio Greco  per  il  Presidente  del
Consiglio dei ministri. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Il Giudice dell'udienza preliminare del  Tribunale  ordinario
di Firenze, con ordinanza del 17 dicembre 2012 (r.o. n. 61 del 2013),
ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione
di legittimita' costituzionale dell'art. 83 del codice  di  procedura
penale e «delle disposizioni integrali»  del  decreto  legislativo  8
giugno 2001, n. 231 (Disciplina della responsabilita'  amministrativa
delle persone giuridiche, delle societa' e delle  associazioni  anche
prive di personalita' giuridica, a norma dell'articolo 11 della legge
29 settembre 2000,  n.  300),  nella  parte  in  cui  «non  prevedono
espressamente e non permett[o]no che le persone offese e vittime  del
reato non possano chiedere direttamente alle  persone  giuridiche  ed
agli enti il risarcimento in via civile e  nel  processo  penale  nei
loro confronti dei danni subiti e di cui le stesse persone giuridiche
e gli enti siano chiamat[i] a rispondere  per  il  comportamento  dei
loro dipendenti». 
    Il giudice rimettente premette che sta trattando un  procedimento
penale a carico di diverse persone imputate del  reato  di  cui  agli
artt. 41 e 589,  secondo  e  quarto  comma,  del  codice  penale,  in
relazione all'art. 590, terzo comma, cod. pen., e che al procedimento
partecipano, quali enti responsabili per  tale  reato,  a  norma  del
d.lgs. n. 231 del 2001, le societa' Elettrifer srl e Rete Ferroviaria
Italiana spa. 
    Nel corso dell'udienza preliminare,  le  persone  offese  avevano
chiesto di costituirsi parti civili nei confronti di tali societa'  e
il giudice a quo, ritenendo che nel procedimento regolato dal  d.lgs.
n. 231 del 2001 non fosse consentita la costituzione di parte civile,
aveva rimesso gli atti, con ordinanza del 9 febbraio 2011, alla Corte
di giustizia dell'Unione europea per una  decisione  sulla  questione
pregiudiziale relativa alla  «compatibilita'  della  normativa  sulla
responsabilita' delle  persone  giuridiche  nel  processo  penale  in
relazione alla Direttiva Europea  sulla  tutela  [delle]  vittime  da
reato - art. 9 della Decisione Quadro n. 2001/220/GAI  del  15  marzo
2001». 
    La Corte di giustizia, con la decisione del 12 luglio 2012 (causa
C-79/2011),  aveva  ritenuto  «la  compatibilita'  della   disciplina
italiana di cui al citato Dlgs con il Diritto Europeo nel senso  che:
"l'art. 9, paragrafo  1,  della  decisione  quadro  2001/220/GAI  del
Consiglio del 15 marzo 2001, relativa alla  posizione  della  vittima
nel processo penale, deve essere interpretato nel senso che non  osta
a che, nel contesto di un regime  di  responsabilita'  delle  persone
giuridiche come quello in discussione nel procedimento principale, la
vittima del reato  non  possa  chiedere  il  risarcimento  dei  danni
direttamente causati dallo stesso, nell'ambito del  processo  penale,
alla persona giuridica  autrice  di  un  illecito  amministrativo  da
reato"». 
    Nell'udienza successiva, le persone  offese  avevano  chiesto  la
citazione, come responsabili civili, ai sensi dell'art. 83 cod. proc.
pen., delle societa' Elettrifer srl e Rete Ferroviaria Italiana  spa,
ma il giudice rimettente ha  ritenuto  di  non  poter  accogliere  la
richiesta, perche' l'art. 35 del d.lgs. n. 231  del  2001  stabilisce
che nei confronti delle societa' e degli enti si applicano, in quanto
compatibili, le disposizioni relative all'imputato e l'art.  83  cod.
proc. pen. prevede, come si legge nell'ordinanza, «che l'imputato non
puo' essere chiamato a rispondere in via civile nel  processo  penale
per il fatto dei coimputati, qualora prima non sia stato prosciolto o
non sia stata pronunziata nei suoi confronti sentenza di non luogo  a
procedere». 
    Secondo il giudice rimettente, le societa' Elettrifer srl e  Rete
Ferroviaria Italiana spa  sono  «"imputate"  assieme  a  "coimputati"
propri  dipendenti»  e  quindi  non  possono   essere   citate   come
responsabili civili. 
    Il giudice chiarisce  di  non  poter  addivenire  a  una  lettura
costituzionalmente orientata - che ammetta la citazione nel  processo
penale, come responsabile civile, della persona giuridica  citata  ai
sensi del d.lgs. n. 231 del 2001 - nonostante una  isolata  pronuncia
in tal senso della Corte  di  cassazione  (sezione  sesta  penale,  5
ottobre 2010, n. 2251/2011). Il tenore letterale dell'art. 83,  comma
1, cod. proc. pen., infatti, precluderebbe  una  lettura  che  faccia
assumere «la veste di  responsabili  civili»  a  persone  cui  si  e'
attribuita la qualifica formale di imputati: si tratterebbe  di  «una
forma  di  "garanzia"  applicabile  agli  imputati   e   le   persone
giuridiche/enti sono tali nel processo penale». 
    Cio' chiarito, la questione sarebbe non manifestamente  infondata
con riferimento all'art. 3 Cost., in quanto «Nell'attuale processo e'
ben possibile citare come responsabili civili ex art.  83  c.p.p.  le
persone  giuridiche  e  gli   enti   che   debbano   rispondere   dei
comportamenti dei loro dipendenti e che "non sono" parimenti  incluse
nel processo  per  la  forma  di  responsabilita'  di  cui  al  Dlgs.
231/2001». 
    Inoltre, «una compagnia di assicurazione puo' essere citata  come
responsabile civile per l'automobilista  assicurato  che  ha  causato
danni ad un pedone». 
    Osserva  poi  il  giudice   rimettente   che   la   possibilita',
generalmente  riconosciuta,  di  chiedere  nel  processo  penale   il
risarcimento dei danni agli  enti  responsabili  in  solido  con  gli
autori del reato «sarebbe preclusa per societa' e persone  giuridiche
e/o enti che sono inclus[i] nel processo penale come "imputat[i]" per
la  responsabilita'  di  cui  al  Dlgs.  231/2001  perche'  cio'   e'
espressamente   vietato   ai   sensi   dell'art.   83   c.p.p.».   Si
determinerebbe cosi' «una  ingiusta  disparita'  di  trattamento  per
persone offese nel processo penale che si trovano  ontologicamente  e
strutturalmente nella stessa posizione». 
    Vi  sarebbe  anche  «una  illogica   disparita'   di   situazioni
esistenziali giuridiche in fasi diverse delle vicende processuali che
riguardano la responsabilita' delle persone giuridiche e degli enti».
Infatti, rileva il giudice rimettente,  «Ai  sensi  degli  artt.  17,
lett. a) e 50 del Dlgs. 231/2001 gli stessi enti, nei  confronti  dei
quali sono state applicate misure di tipo interdittivo,  anche  molto
consistenti, nella fase cautelare del procedimento ex Dlgs  231/2001,
per ottenere la revoca delle misure devono  prima  provare  di:  aver
"risarcito integralmente i danni" anche nei confronti  delle  persone
offese dai reati. Tuttavia questa possibilita' per le stesse  vittime
dei reati  sarebbe  preclusa  nel  processo  penale  avviato,  se  in
precedenza non vi sia stata applicazione di misure cautelari  e/o  di
tipo interdittivo nei confronti delle societa' e degli enti». 
    2.- E' intervenuto nel giudizio di  legittimita'  costituzionale,
con memoria depositata il 23 aprile 2013, il Presidente del Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, e ha chiesto che la questione sia dichiarata inammissibile  o,
comunque, non fondata. 
    Ad avviso della difesa dello  Stato,  avendo  le  persone  offese
chiesto la citazione, come responsabili civili, delle societa' citate
nel processo penale ex d.lgs. n. 231 del 2001, ben avrebbe potuto  il
rimettente  accogliere  la  richiesta,  aderendo  all'interpretazione
dell'art.  83,  comma  1,  cod.  proc.  pen.,  data  dalla  Corte  di
cassazione con la sentenza del 5 ottobre 2010, n. 2251/2011. 
    3.- Nel giudizio  di  costituzionalita'  si  e'  costituita,  con
memoria depositata il 23 aprile 2013, G.F., persona offesa dal reato,
che  ha  concluso  chiedendo  la  dichiarazione   di   illegittimita'
costituzionale dell'art. 83, comma 1, cod. proc. pen. 
    La difesa della persona  offesa  rileva  come  l'attuale  dettato
dell'art. 83, comma 1, cod. proc.  pen.  sia  incompatibile  con  gli
artt. 3, 24 e 35 Cost., «nella parte in cui non prevede che,  qualora
l'imputato  sia  una   persona   giuridica,   non   debbano   trovare
applicazione i limiti di cui al paragrafo 2 del comma 1 del  medesimo
articolo». 
    La  disposizione  censurata  violerebbe,  in  primo   luogo,   il
principio di ragionevolezza-uguaglianza, in  quanto  la  possibilita'
della persona offesa di costituirsi parte civile nel processo  penale
e di citare un terzo a rispondere in solido  con  l'imputato  sarebbe
preclusa nell'ipotesi in cui  il  terzo  sia  una  persona  giuridica
coimputata insieme ai suoi dipendenti ai sensi del d.lgs. n. 231  del
2001. 
    La  questione,  inoltre,  sarebbe  fondata  con  riferimento   al
principio  di  ragionevolezza-razionalita',  in   quanto   «l'attuale
combinato  disposto  del  Dlgs   231/01   con   l'art.   83   c.p.p.»
comprimerebbe «le garanzie per il lavoratore e  i  suoi  familiari  e
[garantirebbe] alla persona giuridica un trattamento di  favore».  Il
lavoratore o i suoi familiari, se questi e'  deceduto,  infatti,  non
potranno far valere, gia' nel  processo  penale,  la  responsabilita'
civile  della  persona  giuridica  corresponsabile  del  fatto,   che
normalmente e' il soggetto patrimonialmente piu' dotato. 
    Con memoria depositata in data 13 giugno 2014, la persona  offesa
ha ribadito le proprie deduzioni, rilevando  come  l'attuale  assetto
normativo determini una tutela differente dei diritti  della  persona
offesa nel processo  penale,  a  seconda  della  circostanza  che  la
persona giuridica sia o meno imputata nel processo stesso. 
    4.- Si e' costituita, con memoria depositata il 23  aprile  2013,
anche  Rete  Ferroviaria  Italiana  spa,  in   persona   del   legale
rappresentante pro tempore, e ha concluso chiedendo a questa Corte di
dichiarare non fondata la questione  di  legittimita'  costituzionale
sollevata  dal  Giudice  dell'udienza   preliminare   del   Tribunale
ordinario di Firenze. 
    Con memoria depositata in data 16 giugno 2014,  Rete  Ferroviaria
Italiana  spa  -  richiamata  la  giurisprudenza  di  merito   e   di
legittimita' sull'ammissibilita' della costituzione di  parte  civile
nel processo a carico dell'ente responsabile ai sensi del  d.lgs.  n.
231 del 2001 - ha rilevato  come  la  soluzione  negativa  non  possa
«considerarsi lesiva del principio costituzionale di cui  all'art.  3
Cost.,  nella   sua   accezione   di   parametro   valutativo   della
ragionevolezza intrinseca della norma impugnata, ne' del  diritto  di
difesa tutelato dall'art. 24 Cost.». 
    Per  quanto  piu'  specificamente  concerne   la   questione   di
legittimita' costituzionale sollevata dal giudice a  quo,  la  difesa
della parte privata ha rilevato come l'applicabilita'  dell'art.  83,
comma 1, cod. proc. pen. all'ente  stesso  non  presenti  profili  di
incompatibilita' con il principio di ragionevolezza sancito dall'art.
3 Cost., anche in  considerazione  della  circostanza  che  «l'intero
corpus normativo del decreto [legislativo n. 231  del  2001]  risulta
ispirato alla assimilabilita' della posizione dell'imputato a  quella
dell'ente». 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Il Giudice dell'udienza preliminare del  Tribunale  ordinario
di Firenze, con ordinanza del 17 dicembre 2012 (r.o. n. 61 del 2013),
ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione
di legittimita' costituzionale dell'art. 83 del codice  di  procedura
penale e «delle disposizioni integrali»  del  decreto  legislativo  8
giugno 2001, n. 231 (Disciplina della responsabilita'  amministrativa
delle persone giuridiche, delle societa' e delle  associazioni  anche
prive di personalita' giuridica, a norma dell'articolo 11 della legge
29 settembre 2000,  n.  300),  nella  parte  in  cui  «non  prevedono
espressamente e non permett[o]no che le persone offese e vittime  del
reato non possano chiedere direttamente alle  persone  giuridiche  ed
agli enti il risarcimento in via civile e  nel  processo  penale  nei
loro confronti dei danni subiti e di cui le stesse persone giuridiche
e gli enti siano chiamat[i] a rispondere  per  il  comportamento  dei
loro dipendenti». 
    Come riferisce il giudice rimettente, nell'udienza preliminare di
un processo penale nei confronti  di  diverse  persone  imputate  del
reato di cui agli artt. 41 e 589, secondo e quarto comma, del  codice
penale, in relazione all'art. 590, terzo  comma,  cod.  pen.,  e  nei
confronti delle societa' Elettrifer srl e Rete  Ferroviaria  Italiana
spa, quali enti responsabili per tale reato, a norma  del  d.lgs.  n.
231 del 2001, le persone offese hanno chiesto la  citazione  di  tali
societa' come responsabili civili, ai sensi dell'art. 83  cod.  proc.
pen. Il giudice rimettente ha pero' ritenuto  che  la  richiesta  non
potesse essere accolta, perche' l'art. 35 del d.lgs. n. 231 del  2001
prevede che nei confronti delle societa' e degli enti si  applichino,
in quanto compatibili, le disposizioni relative all'imputato e l'art.
83,  comma  1,  cod.   proc.   pen.   stabilisce,   come   si   legge
nell'ordinanza, che «l'imputato non puo' essere chiamato a rispondere
in via civile nel  processo  penale  per  il  fatto  dei  coimputati,
qualora prima non sia stato prosciolto o non  sia  stata  pronunziata
nei suoi confronti sentenza di non luogo a procedere». Percio', a suo
avviso, le societa' Elettrifer srl e Rete Ferroviaria  Italiana  spa,
essendo «"imputate" assieme a "coimputati"  propri  dipendenti»,  non
potrebbero essere citate come responsabili civili. 
    Questa preclusione pero', secondo il giudice rimettente,  sarebbe
in contrasto  con  l'art.  3  Cost.,  in  quanto  introdurrebbe  «una
ingiusta disparita' di trattamento per persone  offese  nel  processo
penale»,  a  seconda  che  gli  enti,  che  devono   rispondere   dei
comportamenti  dei  loro  dipendenti,  siano  o   meno   chiamati   a
partecipare al processo per una loro  responsabilita'  ai  sensi  del
d.lgs. n. 231 del 2001, in quanto  solamente  nel  secondo  caso,  in
quello cioe' in cui una siffatta responsabilita' non sia  stata  loro
addebitata, essi potrebbero essere citati come responsabili civili ex
art. 83, comma 1, cod. proc. pen. 
    L'art. 3 Cost. sarebbe violato, sempre  sotto  il  profilo  della
disparita' di trattamento, anche perche', a differenza degli enti che
partecipano al processo ai sensi del d.lgs. n.  231  del  2001,  «una
compagnia di assicurazione puo' essere citata [nel  processo  penale]
come  responsabile  civile  per  l'automobilista  assicurato  che  ha
causato danni ad un pedone». 
    Infine,  le  norme  censurate  determinerebbero   «una   illogica
disparita' di situazioni  esistenziali  giuridiche  in  fasi  diverse
delle vicende processuali», in quanto gli  enti,  nei  confronti  dei
quali sono state  applicate  misure  di  tipo  interdittivo,  possono
ottenere la revoca delle misure loro applicate, nella fase  cautelare
del procedimento, solamente se hanno integralmente risarcito il danno
nei confronti delle persone offese dai  reati:  «questa  possibilita'
per le stesse vittime dei reati sarebbe preclusa nel processo  penale
avviato, se in precedenza non vi sia  stata  applicazione  di  misure
cautelari e/o di tipo interdittivo nei  confronti  delle  societa'  e
degli enti». 
    2.- La questione e' per piu' ragioni inammissibile. 
    2.1.- L'ordinanza di rimessione ha contestato «la  compatibilita'
costituzionale in  relazione  all'art.  3  della  Costituzione  della
Repubblica della attuale formulazione  dell'art.  83  del  codice  di
procedura penale e delle disposizioni integrali del  Dlgs  231/2001»,
riferendo cosi' la questione all'intero testo  normativo  recante  la
disciplina  della  responsabilita'   amministrativa   delle   persone
giuridiche, delle  societa'  e  delle  associazioni  anche  prive  di
personalita' giuridica, senza  individuare  la  disposizione  il  cui
contenuto normativo, in collegamento con quello dell'art.  83,  comma
1, cod. proc. pen., determinerebbe la lamentata lesione del principio
di uguaglianza. 
    Cosi' formulata, la questione risulta inammissibile,  in  quanto,
secondo la costante giurisprudenza costituzionale, il giudice  a  quo
e' tenuto ad individuare la norma, o la parte di essa, che  determina
la paventata violazione dei  parametri  costituzionali  invocati  (ex
plurimis, ordinanze n. 21 del 2003, n. 337  del  2002  e  n.  97  del
2000). 
    E' da aggiungere che l'ordinanza di rimessione presenta anche  un
petitum  incerto,  perche'  non  chiarisce  quale   dovrebbe   essere
l'intervento additivo che secondo il giudice rimettente  occorrerebbe
adottare per eliminare la pretesa illegittimita' costituzionale. 
    L'ordinanza,  dopo  un  riferimento  all'impossibilita'   per   i
danneggiati, e in particolare per le persone offese,  di  costituirsi
parte civile nei confronti degli enti  che  partecipano  al  giudizio
quali responsabili «per gli  illeciti  amministrativi  dipendenti  da
reato» (art. 1, comma 1, del d.lgs. n  231  del  2001),  ha  escluso,
richiamando  l'art.  83,  comma  1,  cod.  proc.   pen.,   anche   la
possibilita' che tali enti siano citati  nel  processo  penale  quali
responsabili civili. 
    E' con riferimento a tale esclusione che e' stata poi argomentata
la questione di legittimita' costituzionale; pero' nel dispositivo il
giudice rimettente non censura l'asserita  impossibilita'  di  citare
l'ente come responsabile civile, ma piu' genericamente denuncia  «che
le  persone  offese  e  vittime  del  reato  non   possano   chiedere
direttamente alle persone giuridiche ed agli enti il risarcimento  in
via civile e nel processo penale nei loro confronti dei danni  subiti
e di cui le stesse persone giuridiche e gli enti siano  chiamat[i]  a
rispondere per il comportamento dei loro dipendenti». 
    Cio'  posto,  e  a  prescindere  dalla  considerazione   che   la
responsabilita' degli enti a norma del d.lgs. n. 231 del 2001,  prima
che per il comportamento dei dipendenti,  e'  prevista  per  i  reati
commessi da "soggetti  in  posizione  apicale"  (artt.  5,  comma  1,
lettera a, e 6 del d.lgs. n. 231 del 2001), e'  da  rilevare  che  la
formulazione del petitum e' generica, perche' non viene  indicato  lo
strumento giuridico attraverso il quale dovrebbe darsi alle  «persone
offese e vittime del reato» la possibilita' di chiedere, nel processo
penale, agli enti il risarcimento del danno, il che potrebbe avvenire
sia  consentendo  la  costituzione  di  parte  civile  nei  confronti
dell'ente, sia consentendo la citazione di questo  come  responsabile
civile. 
    La generica e incerta formulazione del petitum, sotto il  profilo
dell'individuazione della specifica disposizione  censurata  e  della
pronuncia da adottare  per  eliminare  la  denunciata  illegittimita'
costituzionale,  rende  la  questione  inammissibile  (ex   plurimis,
sentenze n. 60 del 2014 e n. 16 del 2011; ordinanze n. 318 del 2013 e
n. 113 del 2012). 
    2.2.- Anche per un'altra ragione la questione e' inammissibile. 
    Secondo il giudice rimettente l'art. 83, comma 1, cod. proc. pen.
stabilirebbe che «l'imputato non puo' essere chiamato a rispondere in
via civile nel processo penale per il fatto dei  coimputati,  qualora
prima non sia stato prosciolto o non sia stata pronunziata  nei  suoi
confronti sentenza di non luogo a procedere», e poiche', nel processo
instaurato per  l'accertamento  della  responsabilita'  penale  della
persona   fisica-autore   del   reato   e    della    responsabilita'
amministrativa  dell'ente,  quest'ultimo  e'  imputato   «assieme   a
"coimputati" propri dipendenti», non potrebbe essere  consentita  una
sua citazione anche come responsabile  civile:  l'imputato  e  l'ente
sarebbero infatti coimputati del medesimo reato. 
    Secondo il giudice rimettente il tenore letterale  dell'art.  83,
comma 1,  cod.  proc.  pen.  precluderebbe  una  lettura  che  faccia
assumere «la veste di  responsabili  civili»  a  persone  cui  si  e'
attribuita la qualifica formale di imputati: si tratterebbe  di  «una
forma  di  "garanzia"  applicabile  agli  imputati   e   le   persone
giuridiche/enti sono tali nel processo penale». 
    Pero'  e'  fondatamente  contestabile  che  l'ente  possa  essere
considerato coimputato dell'autore del reato. Infatti si e'  ritenuto
che, nel sistema delineato dal d.lgs. n.  231  del  2001,  l'illecito
ascrivibile all'ente costituisca una fattispecie complessa e  non  si
identifichi con il reato commesso dalla persona  fisica  (Cassazione,
sezione sesta penale, 5 ottobre 2010, n. 2251/2011), il quale e' solo
uno  degli  elementi  che  formano  l'illecito  da  cui   deriva   la
responsabilita' amministrativa, unitamente alla qualifica  soggettiva
della persona fisica, alle  condizioni  perche'  della  sua  condotta
debba  essere  ritenuto  responsabile  l'ente  e   alla   sussistenza
dell'interesse o del vantaggio di questo. Ma  se  l'illecito  di  cui
l'ente e' chiamato a rispondere ai sensi del d.lgs. n. 231  del  2001
non coincide con il reato, l'ente e l'autore di questo,  non  possono
qualificarsi  coimputati,  essendo  ad  essi  ascritti  due  illeciti
strutturalmente diversi. 
    Sotto questo aspetto, quindi, la disposizione dell'art. 83, comma
1, cod. proc. pen., alla quale il giudice rimettente fa  riferimento,
non  costituirebbe  un  impedimento  alla  citazione  dell'ente  come
responsabile civile. 
    Anche sotto  un  altro  e  piu'  decisivo  aspetto,  inoltre,  la
disposizione  in  questione  non  potrebbe  costituire  l'impedimento
ravvisato dal giudice rimettente. 
    Poiche' il responsabile civile e' chiamato a rispondere del fatto
illecito commesso da altri, la sua citazione  presuppone  logicamente
che egli non sia civilmente responsabile per fatto  proprio.  E'  per
questa ragione che l'imputato puo' assumere la veste di  responsabile
civile per il fatto dei coimputati solo se non e'  affermata  la  sua
responsabilita' penale, ossia «per il caso in cui venga prosciolto  o
sia pronunciata nei suoi confronti sentenza di non luogo a procedere»
(art. 83, comma 1, cod.  proc.  pen.);  altrimenti  dall'affermazione
della responsabilita' penale deriva la responsabilita' civile per  lo
stesso fatto, e quindi l'impossibilita' di  assumere  per  questo  la
posizione processuale di responsabile civile. 
    La disposizione in esame, quindi, diversamente da quanto  ritiene
il giudice rimettente,  non  costituisce  una  «forma  di  "garanzia"
applicabile agli imputati», e quindi anche agli enti, ma  rappresenta
uno sviluppo del principio secondo cui una persona  non  puo'  essere
contestualmente chiamata a rispondere per lo stesso fatto,  sia  come
autore, sia come responsabile civile per la condotta del coimputato. 
    Il significato dell'art. 83, comma 1, cod. proc. pen. e'  diverso
da quello che gli attribuisce il giudice rimettente, per il quale  la
disposizione stabilirebbe che «l'imputato non puo' essere chiamato  a
rispondere in via  civile  nel  processo  penale  per  il  fatto  dei
coimputati, qualora prima non sia stato prosciolto o  non  sia  stata
pronunziata nei suoi confronti sentenza di non  luogo  a  procedere».
Una norma di questo genere non  avrebbe  senso,  perche'  nella  fase
processuale successiva a una sentenza di proscioglimento non  sarebbe
possibile la citazione del responsabile civile e dunque non  potrebbe
stabilirsi che il coimputato, per  essere  citato  come  responsabile
civile, debba prima essere stato prosciolto. 
    Secondo la disposizione in  questione,  «L'imputato  puo'  essere
citato come responsabile civile per il fatto dei  coimputati  per  il
caso in cui venga prosciolto o sia  pronunciata  nei  suoi  confronti
sentenza di non luogo a procedere», e il significato e'  ben  diverso
da quello che gli ha attribuito il giudice rimettente.  La  citazione
dell'imputato come responsabile civile per il  fatto  dei  coimputati
non e' esclusa prima del suo proscioglimento,  ma  e'  ammessa  sotto
condizione, nel senso che  produce  effetto  solo  nel  caso  in  cui
l'imputato venga prosciolto od ottenga una sentenza di  non  luogo  a
procedere. Questo e' il significato delle parole «puo' essere  citato
come responsabile civile [...] per il caso in cui». 
    Che il significato sia questo e' confermato  dalla  Relazione  al
Progetto preliminare del codice di procedura penale, la  quale,  dopo
aver precisato che «Per quel che attiene alla legittimazione  passiva
dell'imputato, si e'  ritenuto  di  reintrodurre  la  stessa  formula
dell'art. 107 comma 1 ultima parte del codice vigente», chiarisce che
in tal modo si e'  consentita  «all'imputato  l'acquisizione  di  una
posizione   processuale   che,   sebbene    condizionata    al    suo
proscioglimento, e' operante sin dal momento in cui e'  possibile  la
citazione del responsabile civile». E' da aggiungere che l'art.  107,
primo comma, del codice di procedura penale del 1930, da  cui  deriva
la disposizione in esame, era formulato in modo ancora  piu'  chiaro,
stabilendo  che:  «Anche   l'imputato   puo'   essere   citato   come
responsabile civile per il fatto dei coimputati, per il caso  in  cui
venga prosciolto dalla responsabilita' penale». 
    In  conclusione,  con  riferimento  alla  ratio  e  alla  portata
normativa dell'art. 83, comma 1, cod. proc. pen., la questione,  come
si e' visto, muove da un erroneo presupposto  interpretativo  e  cio'
comporta un'ulteriore ragione di inammissibilita'  (sentenze  n.  249
del 2011 e n. 125 del 2009). 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara   inammissibile    la    questione    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 83 del codice  di  procedura  penale  e  del
decreto  legislativo  8  giugno  2001,  n.  231   (Disciplina   della
responsabilita'  amministrativa  delle  persone   giuridiche,   delle
societa' e delle associazioni anche prive di personalita'  giuridica,
a norma dell'articolo 11 della legge  29  settembre  2000,  n.  300),
sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal  Giudice
dell'udienza preliminare del  Tribunale  ordinario  di  Firenze,  con
l'ordinanza indicata in epigrafe. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 9 luglio 2014. 
 
                                F.to: 
                     Sabino CASSESE, Presidente 
                     Giorgio LATTANZI, Redattore 
                   Gabriella MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 18 luglio 2014. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                       F.to: Gabriella MELATTI