N. 124 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 dicembre 2013
Ordinanza del 3 dicembre 2013 emessa dal G.U.P. del Tribunale di La Spezia nel procedimento penale a carico di F.R. ed altri. Reati tributari - Reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto - Previsione che per i delitti di cui agli artt. da 2 a 10 del d.lgs. n. 74 del 2000 la sospensione condizionale della pena (art. 163 cod. pen.) non trova applicazione qualora l'ammontare dell'imposta evasa sia superiore al 30 per cento del volume d'affari e l'ammontare dell'imposta evasa sia superiore a tre milioni di euro - Disparita' di trattamento rispetto a ipotesi analoghe - Violazione dei principi di proporzionalita' della pena, di personalita' della responsabilita' penale e della finalita' rieducativa della pena. - Decreto legislativo 10 marzo 2000, n.74, art. 12, comma 2-bis, aggiunto dall'art. 2, comma 36-vicies semel, lett. h), del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148. - Costituzione, artt. 3, 25, comma secondo, e 27, commi primo e terzo. Reati tributari - Reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto - Previsione che per i delitti di cui al d.lgs. n. 74 del 2000 l'applicazione della pena (art. 444 cod. proc. pen.) puo' essere chiesta dalle parti solo qualora ricorra la circostanza attenuante del pagamento dei debiti tributari relativi ai fatti costitutivi dei delitti medesimi - Ingiustificata disparita' di trattamento tra imputati - Lesione del diritto di difesa. - Decreto legislativo 10 marzo 2000, n.74, art. 13, comma 2-bis, aggiunto dall'art. 2, comma 36-vicies semel, lett. m), del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148. - Costituzione, artt. 3 e 24.(GU n.35 del 20-8-2014 )
TRIBUNALE CIVILE E PENALE DELLA SPEZIA (Sezione Penale) Ordinanza di remissione alla Corte costituzionale di questione di legittimita' costituzionale Il Giudice dell'Udienza Preliminare presso il Tribunale di La Spezia; Visti gli atti del proc. 5696/12/21/24 R.G. notizie di reato e n. 4115/12 R.GIP. a carico di: 1) F. R. domicilio eletto in Sarzana via Nave 37, attualmente sottoposto alla misura del divieto di dimora in La Spezia (scadenza il 7.3.2013); Assistito e difeso di fiducia dall'Avv. MARTINI Adriano del foro di Massa con studio in Massa Via Fermi n. 6 tel. 0585/41155 e Avv. CORINI Marco Valerio del foro di La Spezia con studio in La Spezia Via Tazzoli n. 72 tel. 0187/523121. 2) C. A. G. elettivamente domiciliato in La Spezia piazza Battisti 40 presso lo studio del difensore di fiducia Avvocato Fabio SOMMOVIGO del foro di La Spezia. Assistito e difeso di fiducia dall'Avv. Fabio SOMMOVIGO del foro di La Spezia con studio in La Spezia P.zza C. Battisti n. 49 tel. 0187/29481. 3) B. F. Assistita e difesa di fiducia dall'Avv. Luigi FORNACIARI CHITTONI del foro di La Spezia con studio in La Spezia Via G. Pascoli n. 32 tel. 0187/500550. 4) C. A. Assistito e difeso di fiducia dall'Avv. Daniele CAPRARA del foro di La Spezia con studio in La Spezia Piazza Verdi n. 23 tel. 0187/7792225 e dall'Avv. Alessandro RAPPELLI del foro di La Spezia con studio in la Spezia Via Padre Giuliani n. 16 tel. 0187/502815. 5) C. S. G. elettivamente domiciliata in La Spezia via Crispi 147 presso lo studio del difensore di fiducia Avv. Aldo NICCOLINI del foro di La Spezia. Assistita e difesa fiducia dall'Avv. Aldo NICCOLINI del foro di La Spezia con studio in la Spezia Via Crispi n. 147 tel. 0187/1691060 e dall'Avv. Andrea CORRADINO del foro di La Spezia con studio in La Spezia Piazza C. Battisti n. 40 tel. 0187/739408. Omessi i nomi degli imputati per i reati p. dagli artt. 110 c.p. e artt. 2, 4, 8, 10-quater decreto legislativo 10 marzo 2000 n.74; artt. 110 c.p. e artt. 216 c.1° n. 1 219 c. 1° e 223 c. 1° Regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 e art. 416 c.p. Rilevato che in sede di udienza preliminare, all'udienza del 03/12/2013, i difensori degli imputati chiedevano ex art. 444 c.p.p. l'applicazione della pena, subordinata alla concessione della sospensione condizionale della pena, e precisamente: la difesa di F. munita di procura speciale, formulava istanza di applicazione pena ex art. 444 c.p.p. nei seguenti termini: ritenuto piu' grave il reato di cui alla lettera L 2), pena base anni 2 mesi 3 di reclusione, aumentata per la continuazione ad anni 3 di reclusione , ridotta per le attenuanti di cui all'art. 114 c. p. e 62-bis c. p. ad anni 1, mesi 9 di reclusione, ridotta per il rito ad anni 1, mesi 2 di reclusione; pena subordinata alla sospensione condizionale della pena; il PM non esprimeva il consenso perche' non appare congrua, ne' la pena base, ne' l'aumento per la continuazione, vista la gravita' e la pluralita' delle contestazioni e, comunque, anche per il divieto di cui agli artt. 12 e 13 d.l.vo n. 74/2000; la difesa di C. A. munita di procura speciale, formulava istanza di applicazione pena ex art. 444 c.p.p. nei seguenti termini: ritenuto piu' grave il reato di cui al capo O), pena base anni 3 di reclusione di multa, ridotta per le attenuanti generiche prevalenti sulle contestate aggravanti ad anni 2 di reclusione, aumentata per la continuazione ad anni 3 di reclusione di multa, ridotta per il rito ad anni 2 di reclusione; pena subordinata alla sospensione condizionale della pena; il PM non esprimeva il consenso perche' non appare congrua, ne' la pena base, ne' l'aumento per la continuazione, vista la gravita' e la pluralita' delle contestazioni e, comunque, anche per il divieto di cui agli artt. 12 e 13 d.l.vo n. 74/2000; la difesa di B., munita di procura speciale, formulava istanza di applicazione pena ex art. 444 c.p.p. nei seguenti termini: ritenuto piu' grave il reato di cui alla lettera L 1) pena base anni 3, mesi 6 di reclusione, ridotta per le attenuanti generiche ad anni 2, mesi 4 di reclusione, aumentata per la continuazione ad anni 3 di reclusione di multa, ridotta per il rito ad anni 2 di reclusione; pena subordinata alla sospensione condizionale della pena; il PM riteneva la pena congrua, ma non prestava il consenso stante il divieto di cui agli art. 12 e 13 d.l.vo n. 74/2000; la difesa di C., munita di procura speciale, formulava istanza di applicazione pena ex art. 444 c.p.p. nei seguenti termini: ritenuto piu' grave il reato di cui alla lettera L) dell'imputazione, pena base anni 3, mesi 6 di reclusione, ridotta per le attenuanti generiche ad anni 2, mesi 4 di reclusione, aumentata per la continuazione ad anni 3, di reclusione, ridotta per il rito ad anni 2 di reclusione; pena subordinata alla sospensione condizionale della pena; il PM riteneva la pena congrua, ma non prestava il consenso stante il divieto di cui agli artt. 12 e 13 d.l.vo 74/2000; C. S., personalmente, formulava istanza di applicazione pena ex art. 444 c.p.p. nei seguenti termini: ritenuto piu' grave il reato di cui al capo G) dell'imputazione, pena base anni 3 di reclusione, ridotta per le attenuanti generiche ad anni 2 di reclusione, aumentata per la continuazione ad anni 3 di reclusione, ridotta per il rito ad anni 2 di reclusione; pena subordinata alla sospensione condizionale della pena; il PM non esprimeva il consenso perche' non appare congrua, ne' la pena base, ne' l'aumento per la continuazione, vista la gravita' e la pluralita' delle contestazioni e, comunque, anche per il divieto di cui agli artt. 12 e 13 d.l.vo n. 74/2000; Rilevato dunque che le richieste di applicazione pena ex art. 144 c.p.p. erano di fatto precluse, ostandovi: 1) l'art.12 comma 2-bis decreto legislativo 10 marzo 2000 n. 74 (introdotto con il d.l. 13 agosto 2011 n. 138, convertito con modificazioni nella legge 14 settembre 2011 n. 148), nella parte in cui esclude, in relazione alle condanne per taluno dei delitti previsti dagli articoli da 2 a 10 dello stesso d.lvo, la concedibilita' della sospensione condizionale della pena di cui all'articolo 163 del codice penale nei casi in cui ricorrano congiuntamente le seguenti condizioni: a) l'ammontare dell'imposta evasa sia superiore al 30 per cento del volume d'affari; b) l'ammontare dell'imposta evasa sia superiore a tre milioni di euro; 2) l'art. 13 comma 2-bis del d.lgs. n. 74/2000 (introdotto con il d.l. 13 agosto 2011 n. 138, convertito con modificazioni nella legge 14 settembre 2011 n. 148), nella parte in cui condiziona l'accesso all'istituto dell'applicazione della pena di cui all'art. 444 c.p.p. alla preventiva estinzione dei debiti tributari; e pertanto i difensori eccepivano la illegittimita' costituzionale delle predette norme; Rilevata la rilevanza delle questioni proposte, in quanto il giudice deve fare applicazione delle norme sopra citate per decidere delle richieste ex art. 444 c.p.p. formulate dai difensori; Rilevato, quanto alla non manifesta infondatezza delle questioni, che, come e' ben noto, nel caso in cui le parti prospettino una questione di legittimita' costituzionale, il giudice non deve stabilire se essa sia fondata o infondata, compito questo di esclusiva competenza della Corte Costituzionale, bensi' unicamente se sia o non sia manifestamente infondata: il giudice deve quindi limitarsi ad una valutazione sommaria, per rilevare che esista, a prima vista, un dubbio plausibile di costituzionalita' ed a svolgere un controllo finalizzato ad escludere le questioni prive di serieta' e di ponderazione, sollevate solo a fini dilatori, si osserva quanto segue L'art. 12 comma 2-bis decreto legislativo n. 74/2000 La norma («Per i delitti previsti dagli articoli da 2 a 10 del presente decreto l'istituto della sospensione condizionale della pena di cui all'articolo 163 del codice penale non trova applicazione nei casi in cui ricorrano congiuntamente le seguenti condizioni: a) l'ammontare dell'imposta evasa sia superiore al 30 per cento del volume d'affari; b) l'ammontare dell'imposta evasa sia superiore a tre milioni di euro») introduce una soglia di ammissibilita' rigida rispetto alla possibile concessione della sospensione condizionale della pena. Si tratta di uno strumento con il quale il legislatore intende sostituirsi alla discrezionalita' giudiziale, imponendo le proprie valutazioni a quelle rimesse al giudicante. In sostanza, rispondendo esclusivamente ad esigenze «generalpreventive», ovvero funzionali ad accentuare la minaccia edittale come strumento di politica criminale, il legislatore si propone di far apparire certa la irrogazione ed esecuzione della pena detentiva nei confronti di autori di delitti tributari caratterizzati sul piano quantitativo da un doppio connotato: una relazione proporzionalistica tra ammontare dell'imposta evasa (ovvero secondo la definizione legislativamente offerta di tale concetto, la differenza tra imposta dovuta e dichiarata) e volume di affari (ovvero una delle componenti di calcolo della base imponibile, rappresentato dall'insieme degli elementi attivi); una misura quantitativa della imposta evasa, invero significativa, fissata ad € 3.000.000,00. L'insieme dei due dati, che devono operare congiuntamente, determina i connotati di un impedimento a soglia mobile, destinato a favorire soggetti capaci di produrre un volume di affari maggiore e di sfavorire quelli che ne producono uno minore. Per fornire alcuni esempi, la configurazione minima delle due soglie presuppone: un'evasione di 3 milioni su un volume di affari inferiore a 9 milioni di euro; un'evasione di almeno 4 milioni per un volume d'affari appena inferiore a 12 milioni di euro etc. etc.... Cosi' sommariamente ricostruito il dettato normativo, esso appare in contrasto con quanto stabilito dagli artt. 3, 25 comma 2 e 27 commi 1 e 3 Cost.. La prima delle tre disposizioni esprime l'esigenza che situazioni analoghe siano oggetto di analogo trattamento normativo, cosi' come differenziato deve essere il regime giuridico di situazioni diverse (principio di eguaglianza sostanziale). La seconda, nel sancire il principio di legalita', fissa lo stretto ed indissolubile legame che deve sussistere tra risposta punitiva e «fatto commesso», indicando come primo strumento per le scelte punitive una sorta di proporzionalismo garantista. Per esso, dunque, nessuno puo' essere punito in misura diversa e maggiore in una prospettiva di politica criminale che tenga conto di esigenze connesse alla tenuta della minaccia edittale o alla pericolosita' personale del soggetto. Lo strumento legislativo per perseguire la commisurazione della pena giusta per il caso concreto e' ovviamente l'art. 133 c.p., ed in particolare il suo primo comma (che impone di verificare sotto diversi punti di vista la «gravita' del reato»). La terza delle disposizioni costituzionali richiamate impone invece una costante corrispondenza tra pena e colpevolezza (fondamento della personalita' della responsabilita' penale) escludendo che si possa trascurare tale aspetto per favorirne altri, quali quelli connessi alla natura della condotta o alla misura del danno. L'ultima norma costituzionale, l'art. 27 comma 3, impone invece di rendere sempre corrispondente la misura del trattamento sanzionatorio all'esigenza di porre le migliori condizioni per lo sviluppo di un processo di recupero del condannato ad una vita nel rispetto delle leggi. Letta sinergicamente con l'art. 25 cpv. Cost., tale principio impone di adeguare il trattamento punitivo solo in senso di poterne attenuare la portata afflittiva, posto che, come detto, in nessun caso il soggetto puo' essere punito (ovvero assoggettato ad una pena maggiore o peggiore) per quello che e' e non per quello che ha fatto. La norma la cui costituzionalita' si dubita, si pone in contrasto con tali principi. Essa impone di rinunciare, in presenza di condizioni di cui si dira', ad un istituto che assume un ruolo centrale nelle scelte repressive: la sospensione condizionale della pena. Come ben noto, si tratta di uno strumento che da tempo ha perduto il carattere di mera clemenza, per assumere piuttosto quello di diversa portata sanzionatoria. Esso, infatti, consente di valutare la necessita' nel caso concreto del ricorso alla pena edittale, e cio' ovviamente nella prospettiva di garantire le migliori condizioni per il recupero sociale del condannato. Non di meno, attraverso la perpetuazione della minaccia (attraverso la regolamentazione della revoca della sospensione) e per i suoi connotati positivi (le condizioni cui puo' essere assoggettata la concessione) lo strumento manifesta contenuti punitivi peculiari, che consentono di non ritenerla diversa da una vera e propria "pena alternativa". Ricorrervi e non ricorrervi dipende, oltre che da condizioni legislativamente fissate, da un giudizio positivamente esperito, da parte del giudicante, in ordine alla necessita' della esecuzione della pena edittale. Non e' questa la sede per ripercorrere il novero delle condizioni ostative e di ammissibilita' fissate dalla legge. Quello che preme stabilire e' che esse sono universali, ovvero prevedute per la generalita' dei condannati e, quindi, quale che sia il tipo del reato commesso. Con l'art. 12 comma 2-bis d.lgs. 74/2000 si e' introdotto nel sistema un ulteriore condizione ostativa rigida, riservata pero' per i soli autori di specifiche fenomenologie criminose: i reati tributari. Deve, per questo, prima di tutto verificarsi la ragionevolezza della scelta di riservare un trattamento piu' rigoroso per simili fatti di reato. Se e' ben noto il grado di allarme sociale suggerito dalla diffusa pratica dell'evasione fiscale, non di meno prevedere un regime cosi specializzato e differenziato per tale materia non trova alcun fondamento in specifici ineluttabili connotati dell'illecito penale tributario. Si tratta infatti di un reato contro il patrimonio, commesso di solito mediante frode, caratterizzato dal disvalore ulteriore rappresentato dall'essere venuto meno, il suo autore, ad un dovere che rappresenta aspetto qualificante dell'appartenenza sociale: quello di assolvere, in una prospettava anche solidaristica, ai propri doveri tributari. Non di meno, tale illecito non risulta per questo meritevole di un trattamento piu' severo rispetto a quello che la legge riserva ad altri illeciti contro il patrimonio pubblico, del pari caratterizzati da un connotato di infedelta', semmai ancor piu' pregnante. Si pensi al delitto di peculato o a quello di malversazione per i quali non sono previste analoghe disposizioni. La scelta legislativa di maggior rigore, dunque, appare sprovvista di valide ragioni fondanti. Il diverso regime risulta quindi in contrasto con il disposto dell'art. 3 Cost.. Sotto il secondo punto di vista, la norma impone la adozione di un trattamento punitivo che rompe, potenzialmente, il rapporto proporzionalistico tra pena e fatto di reato. Si consideri che le due soglie pongono in evidenza due diversi aspetti di disvalore: il primo, rivelato dal rapporto proporzionalistico tra evasione e volume di affari, intende fare riferimento ad un grado di fedelta' complessiva del contribuente; il secondo attiene evidentemente alla misura del danno. Si tratta di fattori di valutazione che sono certamente ricompresi nel catalogo dell'art. 133 c.p.. Il primo, peraltro dettato evidentementein bonam partem (ovvero allo scopo di evitare gli effetti della preclusione in riferimento a qualsiasi evasione superiore a 3.000.000 di euro), si potrebbe ricondurre alle "modalita' della condotta" (categoria, peraltro, assai piu' ampia di quanto non possa rappresentare tale aspetto), il secondo alla misura del danno. Isolando taluni di essi per attribuire loro una rilevanza preponderante e vincolante, il legislatore rompe la necessaria corrispondenza proporzionalistica tra fatto e pena, posto che solo utilizzando tutti i fattori di commisurazione di cui all'art. 133 c.p. comma 1 sara' possibile avere una plausibile definizione della gravita' del reato. Puo' cosi' accadere, come nel caso di specie, che condotte attribuibili ad un soggetto che si trovi ad aver agito in circostanze di tempo e di luogo del tutto peculiari o che comunque abbia operato in .una condizione nella quale e' esprimibile n rimprovero colposo minimo, veda preclusa la concessione della sospensione condizionale che tutti gli altri fattori di commisurazione suggerirebbero come la risposta punitiva piu' adeguata. Sotto il terzo punto di vista, condizionare il trattamento punitivo, sotto il profilo della possibile concessione della sospensione condizionale della pena, alla sola rilevanza del danno esclude che la pena corrisponda al rimprovero soggettivo e viola quindi il principio di personalita' della responsabilita' penale. La scelta legislativa risulta particolarmente condizionante nei casi in cui, come quello che interessa, sia la stessa imputazione a dare per scontato che il soggetto meriti un rimprovero marginale, avendo alcuni degli imputati agito come prestanome inconsapevole di un dominus (imputato in separato procedimento penale) che ha operato compiutamente tutte le scelte che hanno condotto alla determinazione dei contenuti delle dichiarazioni fiscali, sfruttando la propria posizione dominante. Infine, la necessita' di pervenire all'esecuzione penitenziaria della pena anche laddove la stessa possa essere commisurata in misura che ne renderebbe possibile la sospensione condizionale, nei confronti di un soggetto incensurato e rispetto al quale sia possibile formulare una prognosi favorevole sul piano della reiterazione di condotte criminose future, contraddice al principio della necessaria portata rieducativa della pena. La sospensione condizionale della pena rappresenta uno degli strumenti della strategia repressiva penale; essa assolve al bisogno di evitare l'esecuzione della pena edittale e presuppone una preventiva prognosi in concreto e discrezionale (ex art. 164 comma 1 c.p. ) svolta utilizzando i fattori di valutazione di cui all'art. 133 c.p.; tale discrezionalita' del giudicante «forma oggetto, nell'ambito del sistema penale, di un principio di livello costituzionale» (cfr. C.Cost., sent. n. 183/2011). La scelta di impedire la concessione della sospensione condizionale anche a casi nei quali la stessa risulterebbe concedibile all'esito di tale valutazione discrezionale rappresenta una presunzione assoluta in quanto inaccettabile: come si legge ancora in C.Cost. sent. n. 183/2011 «le presunzioni assolute, specie quando limitano un diritto fondamentale della persona, violano il principio di eguaglianza, se sono arbitrarie e irrazionali, cioe' se non rispondono a dati di esperienza generalizzati, riassunti nella formula dell'id quod plerumque accidit. In particolare, l'irragionevolezza della presunzione assoluta si coglie tutte le volte in cui sia «agevole» formulare ipotesi di accadimenti reali contrari alla generalizzazione posta a base della presunzione stessa» (sentenze n. 164 del 2011, n. 265 e n. 139 del 2010)». Il caso posto all'esame del giudice rappresenta una di quelle ipotesi, di agevole formulazione, nelle quali la presunzione introduce una inaccettabile disparita' di trattamento (violazione art. 3 Cast.), imponendo una punizione non corrispondente al fatto commesso nella sua interezza (violazione art. 25 cpv. c.p.), che prescinde dalla responsabilita' personale concreta del prevenuto (violazione art. 27 comma 1) ed impone la scelta di un trattamento punitivo desocializzante (violazione art. 27 comma 3 Cost.). Questo e' tanto piu' vero considerando che la preclusione non conosce eccezione neppure nel caso in cui, come quello sub indice, sussistano le condizioni per poter concedere al prevenuto le attenuanti generiche ed addirittura quella della minima partecipazione di cui all'art. 114 c.p. . Altre volte la Consulta ha ritenuto di censurare meccanismi sanzionatori edittali preclusivi della possibilita' di scegliere il trattamento punitivo corretto per il caso concreto, secondo le dinamiche della discrezionalita' giudiziale. Si pensi alla sentenza n. 78 del 2007, che ha riconosciuto la illegittimita' costituzionale di norme dell'ordinamento penitenziario preclusive della concessione delle misure alternative alla detenzione allo straniero entrato illegalmente nel territorio nazionale; in tema di trattamento sanzionatorio nel suo complesso cfr. C.Cost. sent. 68/2012. Sotto il profilo della rilevanza del principio di rieducazione, poi, e' recentemente intervenuta C.Cost. sent. n. 179/2013, nella cui motivazione si legge: «Nella giurisprudenza di questa Corte e' costante l'affermazione secondo cui la funzione rieducativa della pena e la risocializzazione del condannato devono avvenire sulla base di criteri individualizzanti e non su rigidi automatismi», sancendo che tale principio permea l'intero ordinamento giuridico e non la sola normativa inerente la esecuzione penitenziaria. Tali principi, peraltro, erano stati gia' fissati, con estrema chiarezza da C.Cost. sent. n. 313/1990 ove la Consulta (decidendo sulla possibilita' del giudice di valutare la congruita' della pena indicata dall'accordo delle parti) ha affermato come il principio concernente la finalita' rieducativa della pena «lungi dal rappresentare una mera generica tendenza riferito al solo trattamento, indica invece proprio una delle qualita' essenziali e generali che caratterizzano la pena nel suo tenuto ontologico e l'accompagnano da quando nasce, nell'astratta previsione normativa, fino a quando in concreto si estingue». L'art, 13 comma 2-bis del d.lgs. n.74/2000 La norma impedisce di poter definire il giudizio attraverso lo strumento del patteggiamento per quegli imputati di reati tributari compresi dagli artt. 2 al 10 d.lgs. n. 74/2000 che non abbiano provveduto al risarcimento del danno fiscale nei modi preveduti dallo stesso art. 13. La norma di cui viene eccepita la illegittimita' costituzionale, introdotta dall'art. 2, comma 36 viciel semel, lett. m) del d.l. 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, nella legge 14 settembre 2011 n. 148 («Per i delitti di cui al presente decreto l'applicazione della pena ai sensi dell'art. 444 del codice di procedura penale puo' essere chiesta dalle parti solo qualora ricorra la circostanza attenuante di cui ai commi 1 e 2», ovvero l'estinzione mediante pagamento dei debiti tributari relativi ai fatti costitutivi dei delitti medesimi) si pone in contrasto con i principi costituzionali di cui agli artt. 3 e 24 Cost. sulla base delle seguenti considerazioni. La norma in esame, prevedendo come requisito necessario per poter accedere al rito speciale di cui all'art. 444 c.p.p. l'integrale estinzione dei debiti tributari relativi ai fatti costitutivi dei delitti previsti dal d.lgs. n. 74/2000, pone una ingiustificata disparita' di trattamento tra imputati del medesimo reato. Tale limitazione e' contraria al disposto di cui all'art. 3 della Costituzione: il principio di eguaglianza impone che la legge non possa distinguere le persone in ragione del sesso, della razza o dell'origine etnica, della lingua, della religione, delle opinioni politiche, ed anche delle condizioni personali e sociali. Subordinare la possibilita' di accesso al rito speciale di cui all'art. 444 c.p.p. all'estinzione del debito tributario costitutivo delle fattispecie disciplinate dal d.lgs. n. 74/2000 altro non vuol dire che subordinare tale modo di esercizio del diritto di difendersi alla situazione di maggiore o minore prosperita' dell'imputato, creando, in tal modo, un'irragionevole disparita' di trattamento tra soggetti imputati del medesimo reato, basata sulle condizioni economiche degli stessi. Tutto cio' si pone altresi' inevitabilmente in contrasto con il principio sancito dall'art. 24 della Corte Costituzionale, dal momento che cosi' operando si va a limitare il diritto di difesa dell'imputato non abbiente, il quale si trova precluso l'accesso al rito speciale esclusivamente per motivi legati alla propria condizione economica. Appare inoltre significativo che solo il titolare di una ditta individuale od il legale rappresentante di una societa' sono in grado di procedere alla definizione dei debiti tributari della attivita' di impresa. I soggetti che, come nel processo in corso, si trovano ad essere coimputati, ma sono in effetti degli extranei alla attivita' di impresa, non hanno alcuna possibilita' di intervenire nelle procedure di estinzione dei debiti tributari.
per questi motivi, Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Ritenutane, la rilevanza e la non manifesta infondatezza; Solleva, nei termini dianzi indicati, questione di legittimita' costituzionale: 1) dell'art.12 comma 2-bis decreto legislativo 10 marzo 2000 n. 74 (introdotto con il d.l. 13 agosto 2011 n. 138, convertito con modificazioni nella legge 14 settembre 2011 n. 148), nella parte in cui esclude, in relazione alle condanne per taluno dei delitti previsti dagli articoli da 2 a 10 dello stesso d.lvo, la concedibilita' della sospensione condizionale della pena di cui all'articolo 163 del codice penale nei casi in cui ricorrano congiuntamente le seguenti condizioni: a) l'ammontare dell'imposta evasa sia superiore al 30 per cento del volume d'affari; b) l'ammontare dell'imposta evasa sia superiore a tre milioni di euro; 2) dell'art. 13 comma 2-bis del d.lgs. n. 74/2000 (introdotto con il d.l. 13 agosto 2011 n. 138, convertito con modificazioni nella legge 14 settembre 2011 n. 148), nella parte in cui condiziona l'accesso all'istituto dell'applicazione della pena di cui all'art. 444 c.p.p. alla preventiva estinzione dei debiti tributari; Sospende il giudizio in corso sino all'esito del giudizio incidentale di legittimita' costituzionale; Dispone che, a cura della cancelleria, gli atti siano immediatamente trasmessi alla Corte costituzionale, e che la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al Pubblico Ministero nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri, e che sia anche comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in La Spezia in data 3 dicembre 2013. Il Giudice: dr. Mario De Bellis