N. 136 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 maggio 2014

Ordinanza del 9 maggio 2014  emessa  dal  Tribunale  di  Venezia  nel
procedimento civile promosso da  Benaglia  Franco  ed  altri  c/Stato
Italiano,  Presidenza  del  Consiglio  dei   ministri   e   Ministero
dell'interno. 
 
Elezioni - Elezione  dei  membri  del  Parlamento  Europeo  spettanti
  all'Italia - Disciplina elettorale - Previsione di  una  soglia  di
  sbarramento per le liste  che  non  abbiano  conseguito  a  livello
  nazionale almeno il 4 per cento dei voti validi espressi -  Lesione
  del principio  della  sovranita'  popolare  nell'investitura  delle
  cariche pubbliche rappresentative - Lesione  del  diritto  di  voto
  personale, eguale, libero ed effettivo. 
- Legge 24 gennaio 1979, n. 18, art. 21, commi 1, n. 1-bis, e 2. 
- Costituzione, artt. 1, comma secondo, 3 e 48. 
(GU n.37 del 3-9-2014 )
 
               IL TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI VENEZIA 
                         Sezione IIIa civile 
 
    Il giudice dott. Maurizio Gionfrida, ha pronunciato la seguente 
 
                              Ordinanza 
 
    Nella causa civile promossa con ricorso ex  art.  702-bis  C.P.C.
depositato in data 7 febbraio 2014, da: 
      Benaglia Franco -  Mercanzin  Giampaolo  -  Turci  Lanfranco  -
Zanotti Katia - Sentimenti Mauro - Lovo Francesco - Zorzi  Giorgio  -
Grossele Paolo - Mortandello Riccardo - Dall'Aglio Francesca; 
      proc. dom.  Avv.  Felice  Besostri  e  Francesco  Versace,  per
mandato a margine del ricorso, 
    Ricorrenti contro Stato Italiano  Presidenza  del  Consiglio  dei
Ministri, Ministero dell'interno - rappresentati e difesi  per  legge
dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, Convenuti 
 
                       Motivi della decisione 
 
    I ricorrenti, tutti cittadini  elettori  in  Comuni  appartenenti
alla  Circoscrizione  dell'Italia  settentrionale   orientale   nelle
Elezioni del Parlamento Europeo, con il ricorso in  esame,  ritenendo
non conformi alla normativa comunitaria EU e alla Costituzione  della
Repubblica Italiana, le norme nazionali disciplinanti  l'attribuzione
dei seggi nelle consultazioni per l'elezione del Parlamento  Europeo,
hanno  introdotto  il  presente  giudizio  formulando   le   seguenti
conclusioni: 
      «Piaccia al Tribunale Civile di Venezia, ogni contraria istanza
e deduzione disattesa, cosi' giudicare: 
        previo rinvio pregiudiziale ai sensi dell'art. 267 TFUE  alla
Corte    di    Giustizia    dell'UE    delle    questioni    relative
all'interpretazione/applicazione del diritto comunitario  avvalendosi
del procedimento pregiudiziale accelerato ai sensi dell'art.  104-bis
del regolamento di procedura della Corte di Giustizia UE  cosi'  come
riconosciuto dalla stessa Corte  di  Giustizia  UE  con  nota  del  5
dicembre 2009 n. C-297/01 (ora art. 105 G.U.CE 29 settembre  2012  n.
L265 ) previa rimessione alla Corte Costituzionale,  delle  questioni
incidentali di costituzionalita' che con  il  presente  atto  vengono
dedotte in giudizio,  considerata  la  loro  rilevanza  ai  fini  del
decidere e ritenuta la loro non manifesta infondatezza: 
          accertare e dichiarare il diritto degli elettori ricorrenti
come identificati in atto di esercitare il proprio  diritto  di  voto
libero,  eguale,  personale  e  diretto,  cosi'  come  attribuito   e
garantito nel suo esercizio dalla Costituzione Italiana e dai vigenti
Trattati  sull'Unione  Europea  e  il  suo  funzionamento   e   norme
comunitarie. 
    In  caso  di  resistenza  alla  domanda  dei  ricorrenti,   spese
compensate  in  quanto  non  vi  e'  un  interesse  privato  nel  suo
accoglimento, ma interesse personale  come  cittadini  elettori  alla
regolarita' del processo elettorale.» 
    Si   e'   costituita   l'Avvocatura   dello    Stato    eccependo
preliminarmente il difetto di giurisdizione e l'irricevibilita' delle
domande per intervenuta decadenza, attenendo  le  contestazioni  alle
operazioni elettorali gia' concluse  con  l'elezione  del  Parlamento
Europeo per il 2009; nel merito ha dedotto la manifesta  infondatezza
delle  questioni  e  chiesto  il  rigetto  delle  domande  in  quanto
infondate. 
    L'eccezione pregiudiziale dell'Avvocatura va disattesa  dovendosi
rilevare  che  i  ricorrenti  hanno  fatto  concreto  riferimento  ai
risultati delle consultazioni del 2009 al fine di dimostrare  che  la
denunciata compressione e limitazione del diritto di voto non  assume
rilievo meramente teorico;  la  domanda  di  accertamento  e'  invece
formulata con riferimento alle future  consultazioni  per  l'elezione
del Parlamento Europeo e in tal senso va affermata  la  giurisdizione
dell'A.G.O.   a   conoscere   della   controversia   e   riconosciuta
l'ammissibilita' della domanda in  considerazione  dell'interesse  ad
agire,  qualificato  agli  effetti  dell'art.  100  C.P.C.,  connesso
all'accertamento della pienezza del diritto  di  voto  quale  diritto
politico   di   rilevanza   fondamentale   nell'assetto   democratico
costituzionale. 
    Va peraltro rilevato che la scelta  del  rito  sommario,  di  cui
all'art.  702-bis   C.P.C.,   non   esonera   il   ricorrente   dalla
specificazione dei requisiti di cui ai numeri 3) e 4)  dell'art.  163
C.P.C., e dall'individuare in particolare  gli  elementi  di  diritto
costituenti le ragioni della domanda. E parallelamente nel  sollevare
una  questione  incidentale  di  costituzionalita'  la  parte  assume
l'onere di individuare, ai sensi dell'art. 23 della  legge  11  marzo
1953, n. 87, le  disposizioni  che  si  ritengono  illegittime  ed  i
parametri costituzionali di riferimento. 
    Nel caso in esame i ricorrenti hanno chiesto  l'accertamento  del
diritto di esprimere un voto libero,  eguale,  personale  e  diretto,
come riconosciuto dalla Costituzione e  dai  Trattati  comunitari  ed
enumerando tutta una serie  di  norme  di  riferimento,  direttamente
richiamate (pag. 4, punto 2 del ricorso) o indirettamente individuate
mediante rinvio allegato n. 3. 
    Dall'esposizione del  ricorso  l'oggetto  della  domanda  risulta
sufficientemente  definito  soltanto  con  riguardo   alle   seguenti
questioni sulle quali e'  richiesta  la  verifica  della  conformita'
delle disposizioni indicate ai  precetti  costituzionali  e  definite
rilevanti ai fini della decisione. 
    Denunciano nella sostanza  i  ricorrenti  l'illegittimita'  degli
artt. 21, comma 1, n. 1-bis e 2; 22 della legge 24 gennaio  1979,  n.
18, nella parte in cui introducono una soglia di sbarramento  per  le
liste che non  abbiano  conseguito  sul  piano  nazionale  almeno  il
quattro per cento dei voti validi espressi, escludendo  di  fatto  le
stesse anche dall'assegnazione dei  seggi  restanti  alle  liste  con
maggiori resti e comportanti l'esclusione dal  rimborso  delle  spese
elettorali. 
    Altre questioni, enucleabili all'interno del lungo  excursus  del
ricorso e commiste al commento di dati delle  concluse  consultazioni
elettorali, attengono alla denuncia  della  violazione  dei  principi
sulla parita' di genere, per contrasto con gli artt. 3 e 51 Cost., ma
la questione e' stata recentemente disciplinata  dalla  Camera  nella
seduta del 9 aprile 2014 e in data  25  aprile  2014  e'  entrata  in
vigore la relativa legge 22 aprile 2014, n.  65,  recante  norme  per
l'elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia, in
materia di garanzie per  la  rappresentanza  di  genere,  e  relative
disposizioni transitorie inerenti alle elezioni da svolgere nell'anno
2014. 
    Non   assume   infine   autonoma    rilevanza,    con    riguardo
all'accertamento che forma oggetto della domanda,  la  prospettazione
di una disparita' di trattamento per l'asserito maggior favore per le
minoranze linguistiche, in quanto suscettibili di  potersi  sottrarre
alla soglia di sbarramento. 
    L'illegittimita' degli artt. 21, comma 1, n. 1-bis e 2; 22  della
legge 24 gennaio 1979, n. 18,  per  aver  introdotto  una  soglia  di
sbarramento del quattro per cento e' denunciata quale violazione  dei
principi posti dagli artt. 1, 2, 3, 48, 49, 51, 56, 58 e  117,  primo
comma della Costituzione della Repubblica,  dell'art.  3  della  CEDU
nonche' degli artt. 20, 22, 223 e 224 TFUE, e 2, 6, 9, 10 e  14  TUE,
del Preambolo CPV 2, artt. 10, 12, 20, 21, 39,  51,  52  e  53  della
carta dei diritti fondamentali dell'unione  europea,  degli  att.  1,
comma  1  nn.  2),  3)   e   8)   della   Decisione   del   Consiglio
2002/772/Ce/Euratom che modifica  l'atto  relativo  all'elezione  dei
rappresentanti al Parlamento Europeo a suffragio  universale  diretto
allegato alla Decisione del Consiglio n. 76/787 del 20 settembre 1976
(«atto di Bruxelles»). 
    Sostengono ricorrenti che le disposizioni della legge n.  18  del
1979, e in particolare dell'art.  21, comma  I,  n.  1-bis,  inserita
dalla legge 20 febbraio 2009, n. 10, introducendo la limitazione  che
consente  l'attribuzione  dei  voti  alle  sole  liste  che   abbiano
conseguito sul piano nazionale almeno il 4 per cento dei voti  validi
espressi, violerebbero i principi che garantiscono  al  cittadino  di
esercitare il diritto di voto, libero, eguale, personale  e  diretto,
nella  sua  pienezza,  quale  garantito  dalle   disposizioni   della
Costituzione e dalla normativa dei  Trattati  comunitari  richiamate,
disconoscendo nella sostanza rilievo e significato  ad  una  porzione
consistente  dell'elettorato  privata  di  fatto  di  una   effettiva
rappresentanza in seno al Parlamento Europeo. 
    Sottolineano i  ricorrenti  che  l'esistenza  di  una  soglia  di
sbarramento nella normativa nazionale puo' trovare giustificazione al
fine di evitare l'eccessiva frammentazione dei partiti ed  assicurare
la stabilita' del governo, che dalle Camere elette deve  ottenere  la
fiducia; laddove analoga esigenza  non  puo'  invece  ravvisarsi  con
riguardo all'elezione del Parlamento europeo che ha funzioni  diverse
dal Parlamento nazionale e non deve concedere la  fiducia  ad  alcuna
forma di governo, espletando compiti di coordinamento con  gli  altri
organi in rappresentanza di tutti i cittadini dell'Unione. 
    Va  osservato  preliminarmente  che   la   regolamentazione   del
procedimento elettorale del Parlamento Europeo  e'  disciplinata  dal
gia' richiamato «Atto di Bruxelles», relativo all'elezione dei membri
del Parlamento europeo a suffragio universale diretto (Allegato  alla
decisione del Consiglio 76/787/CECA, CEE, Euratom  del  20  settembre
1976 approvata con legge 6 aprile 1977, n. 150, nel testo  risultante
a seguito della decisione del Consiglio 2002/772/CE, Euratom  del  25
giugno 2002 e del 23 settembre 2002). Il sistema prevede l'elezione a
suffragio universale diretto, libero e segreto,  e  che  in  ciascuno
Stato membro, i membri del Parlamento europeo sono eletti a scrutinio
di lista o uninominale preferenziale con  riporto  di  voti  di  tipo
proporzionale. L'art. 3 (gia' art.  2-bis)  stabilisce  poi  che  gli
Stati membri possano prevedere la fissazione di una soglia minima per
l'attribuzione dei seggi a livello nazionale non superiore al 5%  dei
suffragi espressi. 
    I ricorrenti ravvisando la contrarieta' di tale ultima previsione
della decisione  del  Consiglio  76/787/CECA,  CEE,  Euratom,  con  i
principi dei Trattati dell'UE hanno chiesto il  rinvio  pregiudiziale
alla Corte di Giustizia della UE ai sensi dell'art. 267 TFUE,  ma  in
contrario va rilevato che l'Atto di Bruxelles non e' fonte  normativa
che valga ad introdurre la limitazione della  soglia  di  sbarramento
nella legislazione interna dei singoli Stati. La previsione dell'art.
3  e'  infatti  volta  solamente  a  consentire  agli  Stati   membri
l'introduzione della soglia, nel limite massimo del 5%, ma non  detta
una disciplina positiva operante nei singoli ordinamenti,  liberi  di
non fissare alcuna  restrizione  di  soglia,  ne'  prevale  su  fonti
nazionali di rango costituzionale che  precludano  l'introduzione  di
simili  limitazioni,  tenendo  conto  che  l'art.  8  (gia'  art.  7)
dell'Atto di Bruxelles rinvia, per quanto non previsto  dallo  stesso
atto, per la disciplina della procedura elettorale alle  disposizioni
nazionali degli Stati membri che «possono eventualmente  tener  conto
delle particolarita'» ma non pregiudicare nel complesso il  carattere
proporzionale del voto. Ne consegue che, se la soglia  imposta  dalla
legge nazionale n. 18 del 1979 risultasse in contrasto con i principi
della nostra Carta  Costituzionale,  rimarrebbe,  a  seguito  di  una
eventuale    dichiarazione    di    illegittimita'    costituzionale,
concretamente  inoperante  l'astratta  autorizzazione  dell'Atto   di
Bruxelles, come per gli Stati che non  abbiamo  inteso  avvalersi  di
tale previsione, e come avveniva  anche  in  Italia  nel  sistema  in
vigore fino alle modifiche introdotte con la legge 20 febbraio  2009,
n. 10. 
    La  questione  di  legittimita'   costituzionale   sollevata   e'
rilevante posto che ai fini del richiesto accertamento sulla pienezza
del diritto di voto dell'elettore in  occasione  delle  consultazioni
per  l'elezione  del  Parlamento  Europeo  deve  farsi   applicazione
necessaria della disposizione e il giudizio non puo' essere  definito
indipendentemente dalla risoluzione delle questione. 
    La questione inoltre non puo' ritenersi manifestamente infondata. 
    Il  precedente  rappresentato   dalla   pronuncia   della   Corte
Costituzionale n. 271 del 2010, richiamata anche dall'Avvocatura, non
ha risolto il quesito in discussione, posto  che  allora  il  Giudice
remittente sollevo' la questione di legittimita' dell'art.  21  della
legge n. 18 del 1979 non disconoscendo la legittimita'  della  soglia
di sbarramento in se' considerata, ma  dubitando  della  legittimita'
della limitazione dell'accesso al riparto dei seggi in base ai  resti
per le liste che  non  avessero  raggiunto  il  quoziente  elettorale
nazionale  (sicche'  la  Corte   rilevo'   l'inammissibilita'   della
questione perche' prospettata in modo contraddittorio,  e  per  altro
verso perche' prospettava un intervento additivo in  assenza  di  una
soluzione costituzionalmente obbligata). 
    I  ricorrenti  chiedono  invece   oggi   che   sia   riconosciuta
l'illegittimita'  in  radice   dell'imposizione   della   soglia   di
sbarramento, in quanto  limitazione  irrazionale  ed  immotivata  del
diritto di voto, neppure sorretta da quelle  esigenze  di  stabilita'
del governo  della  cosa  pubblica  che  anche  recentemente  vengono
invocate a sostegno del mantenimento di  una  soglia  di  sbarramento
nelle consultazioni politiche per le elezioni nazionali delle Camere. 
    Il dubbio circa la conformita' ai precetti  costituzionali  delle
disposizioni della legge nazionale richiamate non appare  agevolmente
superabile posto che la limitazione del diritto degli elettori appare
confliggente con il diritto di  voto  personale,  eguale,  libero  ed
effettivo riconosciuto dagli artt. 1, 3, 48 della Costituzione  della
Repubblica. 
    Come e' noto in  un  sistema  elettorale  di  tipo  proporzionale
l'introduzione di una soglia di accesso alla rappresentanza e'  stata
giustificata dalla necessita' di evitare una eccessiva frammentazione
dei partiti politici, fonte potenziale di instabilita' dei governi  e
del sistema, posto che il governo ha necessita' di avere e  mantenere
la fiducia delle camere. Nel  sistema  adottato  per  l'elezione  del
Parlamento europeo, a suffragio  universale,  libero  e  diretto,  e'
stata espressa la scelta di tipo proporzionale, e la legge  nazionale
n. 18 del 1979 ha coerentemente previsto che i membri del  Parlamento
europeo spettanti all'Italia sono eletti a suffragio  universale  con
voto diretto, libero e che l'assegnazione  dei  seggi  tra  le  liste
concorrenti e' effettuata in ragione proporzionale; ma l'introduzione
della soglia di sbarramento,  comportante  l'attribuzione  dei  seggi
alle sole liste che abbiano conseguito sul piano nazionale almeno  il
4 per cento dei voti validi espressi non appare sostenuta  da  alcuna
motivazione  razionale   che   giustifichi   la   limitazione   della
rappresentanza. Il Parlamento europeo, infatti, non ha il compito  di
eleggere o dare la fiducia ad alcun  governo  dell'Unione,  al  quale
possa fornire stabilita'  di  indirizzo  politico  e  continuita'  di
azione; ne' ha un ruolo determinante  nella  produzione  legislativa,
collaborando  invece   con   il   Consiglio   nella   discussione   e
nell'approvazione  della  normativa  europea,   ed   esercitando   il
controllo  sulle  altre   Istituzioni   dell'Unione   e   concorrendo
all'approvazione del bilancio. 
    La   stessa   questione   e'   stata   affrontata   dalla   Corte
Costituzionale Federale Tedesca che,  con  sentenza  del  9  novembre
2011, ha accolto  due  ricorsi  in  materia  elettorale,  dichiarando
l'illegittimita' costituzionale della clausola di sbarramento del  5%
fissata dalla  legge  nazionale  tedesca  per  le  consultazioni  del
Parlamento europeo. E recentemente  la  stessa  Corte  Federale,  con
Sentenza  del  26  febbraio  2014,   ha   ribadito   l'illegittimita'
costituzionale  della  soglia  di   sbarramento,   reintrodotta   dal
legislatore nazionale, nella misura del 3%, ritenendo la  limitazione
della rappresentanza del tutto ingiustificata e in  contrasto  con  i
principi di eguaglianza del voto e di pari opportunita' per i partiti
politici. 
    Per quanto attiene alla legislazione nazionale italiana la  Corte
Costituzionale ha anche recentemente ricordato (Corte Cost. n. 1  del
4 dicembre 2013 - dep. 13 gennaio 2014) che  il  sistema  elettorale,
pur costituendo espressione dell'ampia discrezionalita'  legislativa,
non e' esente da controllo, essendo sempre  censurabile  in  sede  di
giudizio   di   costituzionalita'   quando   risulti   manifestamente
irragionevole (sentenze n. 242 del 2012 e n. 107 del 1996;  ordinanza
n. 260 del 2002). 
    L'introduzione della soglia di  sbarramento  nelle  consultazioni
per l'elezione del Parlamento Europeo,  per  quanto  esposto,  appare
priva di giustificazione e irrazionale  e  comporta  la  svalutazione
della volonta' di parte anche consistente dell'elettorato  che  abbia
espresso preferenze  per  liste  che  abbiano  conseguito  sul  piano
nazionale meno del 4 per cento dei voti validi espressi.  Si  profila
pertanto in conflitto con i principi relativi alla eguaglianza e pari
dignita' del diritto di voto che trovano garanzia nell'art. 48  della
Costituzione repubblicana, in attuazione del principio di uguaglianza
sancito dall'art.  3  e  quale  manifestazione  dell'esercizio  della
sovranita' popolare di cui all'art. 1, comma 2 Cost. nell'investitura
delle cariche pubbliche rappresentative. 
 
                               P. Q. M. 
 
    Visti gli artt. 134 Costituzione della Repubblica, 1 legge  Cost.
9 febbraio 1948, n. 1 e 23 e ss. della legge 11 marzo 1953 n. 87, 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale degli artt. 21, comma 1,  n.  1-bis  e  2
della legge 24 gennaio 1979, n. 18, nella parte in  cui,  con  scelta
manifestamente irragionevole, introducono per  le  consultazioni  del
Parlamento europeo una soglia di sbarramento per  le  liste  che  non
abbiano conseguito sul piano nazionale almeno il  quattro  per  cento
dei voti validi espressi, per contrasto con agli artt. 1, comma 2,  3
e 48 comma della Costituzione. 
    Dispone  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
Costituzionale, sospendendo il procedimento in corso. 
    Ordina che a cura della Cancelleria  la  presente  ordinanza  sia
notificata alle parti, al Pubblico  Ministero  e  al  Presidente  del
Consiglio dei ministri, e che ne sia data comunicazione ai Presidenti
delle due Camere del Parlamento. 
    Si comunichi. 
        Venezia, 5 maggio 2014 
 
                        Il Giudice: Gionfrida