N. 137 ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 febbraio 2014

Ordinanza del 6 febbraio 2014  emessa  dal  Tribunale  amministrativo
regionale  per  la  Campania  sul  ricorso  proposto  dal  Comune  di
Romagnano al Monte ed Ecomodel Srl contro Regione Campania ed altri. 
 
Bilancio e contabilita' pubblica - Norme  della  Regione  Campania  -
  Previsione che i progetti del Parco progetti regionale di cui  alla
  deliberazione G.R. 1° agosto 2006, n. 1041, non  possono  in  alcun
  modo prevedere il finanziamento mediante finanza di progetto e  che
  gli atti eventualmente prodotti in violazione del divieto stesso si
  considerano decaduti - Violazione  dei  principi  di  certezza  del
  diritto e di affidamento, nonche' di riserva di giurisdizione e  di
  separazione dei poteri per l'incidenza su fattispecie sub iudice. 
- Legge della Regione Campania 6 maggio 2013, n. 5, art. 1, comma 72. 
- Costituzione, artt. 3 e 97. 
(GU n.37 del 3-9-2014 )
 
          TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DELLA CAMPANIA 
                           (Sezione Prima) 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 3480 del 2013, proposto da: 
      Comune di Romagnano  al  Monte,  in  persona  del  Sindaco,  ed
Ecomodel S.r.l., rappresentati e difesi dall'avv. Giuseppe Abbamonte,
con domicilio eletto in Napoli, viale Gramsci n. 16; 
    Contro  Regione  Campania,  in  persona  del   Presidente   p.t.,
rappresentato e difeso  dall'avv.  Maria  Vittoria  De  Gennaro,  con
domicilio eletto presso l'Avvocatura regionale con  sede  in  Napoli,
via S. Lucia n. 81; Comune di Castelpoto, n. c.; Comune di Ponte,  n.
c.; Comune di Benevento, n. c.. 
    Per l'annullamento  della  delibera  di  Giunta  regionale  della
Campania n. 145 del 2013 di revoca della gara per  l'istituzione  del
parco progetti regionali del settore turistico e di  tutti  gli  atti
connessi; nonche' per il risarcimento dei danni; 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Viste le memorie difensive e tutti gli atti della causa; 
    Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione  Campania;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 gennaio  2014  il  dott.
Michele Buonauro e uditi per le parti i  difensori  come  specificato
nel verbale; 
    Premesso che: 
      il  Comune  di  Romagnano  al   Monte   ha   promosso   ricorso
straordinario al Capo dello Stato per  l'annullamento  di  tutti  gli
atti (atto di approvazione del bando, avviso  pubblico,  delibera  di
G.R.  n.  2095/07  di  modifica  delle  condizioni  di   accesso   al
finanziamento, d.d. 770/2007 di approvazione dell'elenco dei progetti
ammessi e di quelli esclusi, tra i quali ultimi quello di  Romagnano)
di una procedura di selezione avviata dalla Regione Campania  per  il
finanziamento di interventi infrastrutturali di sostegno dell'offerta
turistica rientranti nel Parco progetti e rivolta ai Comuni Campani a
vocazione turistica; 
      col bando in questione si stabiliva (cfr. delibera di  G.R.  n.
1832 del 23 novembre 2006 nonche' decreto dirigenziale n. 586 in pari
data, pubblicato sul B.U.R.C. n. 55 del 29 novembre  2006)  che  «gli
interventi da inserire  nel  parco  progetti  di  cui  sopra  debbano
presentare un  livello  di  progettazione  esecutiva,  ovvero  devono
essere interventi per i quali sia  stato  adottato  un  provvedimento
formale da cui risulti la volonta' espressa  dell'amministrazione  di
attivare le procedure dell'appalto integrato ai sensi degli artt.  3,
comma 7 e 53, commi 2 e 3, del decreto legislativo n. 163/2006»; 
      il Comune di  Romagnano  al  Monte,  presente  nell'elenco  dei
destinatari  dell'avviso  pubblico,  il  28   dicembre   2006   aveva
presentato una proposta per la "Realizzazione di  un  polo  turistico
ricettivo" approvata, col progetto preliminare,  ed  aveva  stabilito
che la procedura di  affidamento  dei  lavori  sarebbe  stata  quella
prevista dagli artt. 3 e 70, 53 commi 2 e 3, e dal Titolo III decreto
legislativo n. 163 del 2006, Al  fine  di  ottenere  i  10  punti  di
valutazione  previsti  dal  bando  per  la  «capacita'  di  innescare
meccanismi  di  attrazione  di  capitale   privato»,   aveva   quindi
organizzato la propria proposta come un progetto  di  finanza,  quale
unico strumento per conseguire la predetta finalita' attrattiva; 
      scaduti i termini di  presentazione  dei  progetti,  la  Giunta
Regionale, con la deliberazione n. 2095 del  20  novembre  2007,  nel
ribadire che sarebbero stati «finanziati  gli  interventi  del  parco
progetti per il turismo secondo  l'ordine  di  graduatoria  ai  sensi
della delibera n. 1832/2006 e  fino  alla  concorrenza  delle  citate
risorse», aveva  altresi'  previsto  che  «in  relazione  alle  varie
disposizioni  normative  di  modifica  del  decreto  legislativo   n.
163/2006, si ritiene necessario che gli interventi aventi un  livello
di progettazione preliminare, utilmente collocati  nella  graduatoria
formata ai sensi  della  succitata  delibera  n.  1832/206,  potranno
accedere al finanziamento previa approvazione del progetto definitivo
e/o esecutivo entro il termine di 180 giorni dalla pubblicazione  nel
BURC della graduatoria medesima»; 
      col decreto dirigenziale n. 770 del 31 dicembre 2007  (B.U.R.C.
n. 5 del 4 febbraio 2008) veniva ribadita la predetta facolta' per  i
comuni ammessi e, contestualmente, venivano esclusi altri comuni, tra
i quali Romagnano al Monte per le seguenti motivazioni:  a)  ...;  b)
...; c) applicazione della procedura di  cui  all'art.  153,  decreto
legislativo n. 163 del 2006 non prevista dall'avviso; 
      il d.P.R. del 28 novembre 2008, su  conforme  parere  reso  dal
Consiglio di Stato, ha accolto il ricorso  avverso  l'esclusione  del
progetto presentato dal Comune di Romagnano al Monte, sul rilievo che
erano state modificate «in corso di  gara  le  condizioni  della  lex
specialis  della  gara  medesima,  vale  a  dire  le  condizioni   di
ammissibilita' alla procedura, nonche' i criteri di partecipazione  e
di affidamento dei lavori». Tale modifica avrebbe dovuto  causare  la
riapertura  dei  termini  di  partecipazione  per  tutti  coloro  che
risultavano  non  collocati  in   graduatoria;   e   cio'   ancorche'
l'innovazione  seguisse  la  modifica   del   riferimento   normativo
costituito dall'art. 53, del decreto legislativo n. 163 del 2006,  in
quanto  «in  base  al  principio  fondamentale  dell'affidamento  che
caratterizza   la   scelta   del   contraente   con    la    pubblica
amministrazione, e'  dovere  dall'Amministrazione  che  bandisce  una
gara, una volta che per jus superveniens nel corso della gara  stessa
siano venute meno le condizioni originariamente  previste  dalla  lex
specialis, agire in autotutela sui  bando  medesimo  ed  adattarlo  -
rinnovandolo - alle nuove disposizioni di rango  primario,  riaprendo
conseguentemente i termini per la partecipazione alla procedura»; 
      il Comune ricorrente ha proposto istanza volta all'adozione  di
provvedimenti per la  definizione  delle  modalita'  esecutive  della
sentenza n. 2618/2012, resa in sede di ottemperanza del  decreto  del
Presidente della Repubblica emesso in data 28 novembre 2008 e rimasta
non appellata,  al  fine  dell'esecuzione,  tenuto  anche  conto  del
passaggio in giudicato delle sentenze n. 202/2010, n. 8692/2010 e  n.
3922/2011 emesse dalla III Sezione del T.A.R. Campania - Napoli,  con
le quali sono stati respinti i ricorsi  proposti  avverso  il  citato
decreto del Presidente della Repubblica; 
      con ordinanza n. 1179 del 2013 il  Tribunale  ha  nominato,  in
qualita' di Commissario ad acta, il Prefetto di Napoli, con  facolta'
di delegare un funzionario dell'Ufficio; 
      con delibera di G.R. n. 145 del 27 maggio 2013, pubblicata  sul
BURC del 17 giugno 2013,  in  supposta  esecuzione  del  decreto  del
Presidente della Repubblica emesso in data 28 novembre 2008 e'  stata
annullata l'intera procedura di gara; 
      la prima condizione ostativa  e  dirimente  all'inclusione  del
progetto del Comune di Romagnano al  Monte  e'  l'entrata  in  vigore
dell'art. 1, comma 72, della legge regionale della Campania n. 5  del
6 maggio 2013, secondo cui "I progetti del Parco  progetti  regionale
di cui alla delibera della Giunta regionale 1° agosto 2006, n.  1041,
non possono in alcun modo prevedere il finanziamento mediante finanza
di  progetto.  Gli  atti   eventualmente   prodotti   in   violazione
dell'avviso e di quanto sopra si considerano decaduti"; 
      il  Comune  ricorrente  ritiene   la   prescrizione   normativa
inapplicabile,  poiche'  il  programma  in  questione  sarebbe  stato
istituito con la diversa delibera di G.R. n.  1832  del  23  novembre
2006; 
      il rilievo non e' convincente poiche' tale ultima delibera trae
origine dalla precedente,  la  quale  istituisce  il  Parco  Progetti
Regionale per il sostegno all'attuazione delle Politiche di  Sviluppo
della   Regione   Campania   e    della    Politica    di    Coesione
2000/2006-2007/2013. 
    Rilevato che: 
      in punto di rilevanza, le considerazioni  esposte  in  premessa
evidenziano come l'atto di  autotutela  si  basa  innanzitutto  sulla
disposizione di legge regionale censurata, onde  la  delibazione  non
puo' prescindere dall'applicazione del testo normativo sospetto; 
      in  punto  di  non  manifesta  infondatezza,  il  Collegio   e'
dell'avviso che la normativa regionale censurata si ponga  in  palese
contrasto con i principi  enunciati  dalla  Corte  costituzionale  in
materia di leggi-provvedimento. 
    Al riguardo, giova premettere, in  linea  con  la  giurisprudenza
costituzionale, che non e' preclusa alla legge ordinaria,  e  neppure
alla legge regionale, la possibilita' di attrarre nella propria sfera
di disciplina oggetti o materie  normalmente  affidati  all'autorita'
amministrativa, non sussistendo un divieto di  adozione  di  leggi  a
contenuto particolare e concreto. 
    Tuttavia, come ribadito  da  un  orientamento  consolidato  della
Corte costituzionale (cfr., fra le altre, sentenze n. 94  e  137  del
2009 e n. 267 del 2007), queste leggi sono ammissibili  entro  limiti
non solo specifici,  qual  e'  quello  del  rispetto  della  funzione
giurisdizionale in ordine alla decisione delle  cause  in  corso,  ma
anche  generali,  e  cioe'  quello  del  rispetto  del  principio  di
ragionevolezza e non arbitrarieta' (sentenze n. 143 del 1989  n.  346
del 1991 e n. 492 del 1995). 
    Preliminarmente il Collegio  deve  farsi  carico  della  verifica
dell'ascrivibilita' o meno della disposizione in esame alla categoria
delle leggi-provvedimento. 
    Nella giurisprudenza della Corte costituzionale sono state  cosi'
definite quelle  che  «contengono  disposizioni  dirette  destinatari
determinati» (sentenze n. 154 del 2013, n. 137 del 2009 e  n.  2  del
1997), ovvero «incidono  su  un  numero  determinato  e  limitato  di
destinatari»  (sentenza  n.  94  del  2009),  che  hanno   «contenuto
particolare e concreto» (sentenze n. 20 del 2012, n. 270 del 2010, n.
137 del 2009, n. 241 del 2008, n. 267 del 2007  e  n.  2  del  1997),
«anche in quanto ispirate da particolari esigenze» (sentenze  n.  270
del 2010 e n. 429 del 2009), e che comportano l'attrazione alla sfera
legislativa  «della  disciplina  di  oggetti  o  materie  normalmente
affidati all'autorita' amministrativa» (sentenze n. 94 del 2009 e  n.
241 del 2008). 
    Il contenuto oggettivo della disposizione  risponde,  dunque,  ai
requisiti   per   la   qualificazione   dell'atto   normativo    come
legge-provvedimento. 
    Dal punto di visto soggettivo, infine, la platea dei  destinatari
e' determinata e limitata, considerato che -  come  anticipato  -  la
disposizione si  rivolge  esclusivamente  a  quei  soggetti  che,  al
momento della sua entrata in vigore, avessero presentato il  progetto
di   finanziamento   nelle   forme   del   project   financing    con
l'amministrazione regionale. 
    Ascritta  la  disposizione   censurata   alla   categoria   delle
leggi-provvedimento, occorre  valutare  se  essa  rispetti  i  limiti
tracciati dalla giurisprudenza  costituzionale  e,  in  primo  luogo,
quello della ragionevolezza e non arbitrarieta' (sentenze n.  85  del
2013, n. 143 del 1989, n. 346 del 1991 e n. 429 del 1995). 
    Si  deve  premettere,  al  riguardo,  che  queste  leggi   devono
soggiacere ad un rigoroso scrutinio  di  legittimita'  costituzionale
per il pericolo di disparita' di trattamento insito in previsioni  di
tipo particolare e derogatorio (sentenze n. 85  del  2013;  in  senso
conforme sentenze n. 20 del 2012 e n. 2 del  1997),  con  l'ulteriore
precisazione che «tale sindacato  deve  essere  tanto  piu'  rigoroso
quanto piu' marcata sia [...]  la  natura  provvedimentale  dell'atto
legislativo sottoposto  a  controllo  (sentenza  n.  153  del  1997)»
(sentenza n. 137 del 2009; in senso conforme sentenze n. 241 del 2008
e n. 267 del 2007). 
    Al riguardo la Corte (vedi di recente sentenza 20  novembre  2013
n.  275)  ha  precisato  che  la  legittimita'  costituzionale  delle
leggi-provvedimento  va  valutata  in  relazione  al  loto  specifico
contenuto e che devono emergere i criteri che ispirano le scelte  con
esse  realizzate,  nonche'  le  relative  modalita'   di   attuazione
(sentenze n. 85 del 2013, n. 137 del 2009, n. 267, del 2007 e n.  492
del 1995), criteri e modalita'  che  e'  sufficiente  siano  comunque
desumibili  dalla  norma  stessa  in  base  agli  ordinari  strumenti
ermeneutici (sentenze n. 85 del 2013 e n. 270 del 2010). 
    In questa prospettiva, la norma-provvedimento impugnata sembra in
palese in contrasto con gli articoli 3 e 97 della Costituzione, nella
misura in cui si limita a vietare l'utilizzo di una determinata forma
di esecuzione delle opere  pubbliche  (il  project  financing)  senza
lascar trapelare  le  motivazioni  alla  base  di  tale  scelta,  che
sembrerebbero  convergere  unicamente  verso  il  superamento   delle
statuizioni giurisdizionali sulla specifico punto. 
    Al riguardo vale  considerare  che  la  Corte  costituzionale  ha
costantemente affermato che il divieto di retroattivita' della  legge
(art.  11,  delle  disposizioni  sulla  legge   in   generale),   pur
costituendo valore fondamentale di  civilta'  giuridica,  non  riceve
nell'ordinamento la tutela privilegiata  di  cui  all'art.  25  Cost.
(sentenze n. 15 del 2012, n. 236  del  2011,  e  n.  393  del  2006).
Pertanto, il legislatore - nel rispetto di  tale  previsione  -  puo'
emanare  norme  retroattive,  anche  di  interpretazione   autentica,
purche'   la   retroattivita'    trovi    adeguata    giustificazione
nell'esigenza  di  tutelare  principi,  diritti  e  beni  di  rilievo
costituzionale, che costituiscono altrettanti «motivi  imperativi  di
interesse generale», ai sensi della Convenzione europea  dei  diritti
dell'uomo e delle liberta', fondamentali (CEDU). 
    La norma che deriva dalla  legge  di  interpretazione  autentica,
quindi, non puo'  dirsi  costituzionalmente  illegittima  qualora  si
limiti ad assegnare alla disposizione  interpretata,  un  significato
gia' in  essa  contenuto,  riconoscibile  come  una  delle  possibili
letture del testo originario (ex plurimis sentenze n. 271  e  n.  257
del 2011, n. 209 del 2010 e n. 24 del 2009). In tal caso, infatti, la
legge interpretativa ha lo scopo di chiarire «situazioni di oggettiva
incertezza  del  dato  normativo»,  in  ragione  di   «un   dibattito
giurisprudenziale  irrisolto»  (sentenza  n.  311  del  2009),  o  di
«ristabilire  un'interpretazione  piu'   aderente   alla   originaria
volonta' del legislatore» (ancora sentenza n. 311 del 2009), a tutela
della certezza del diritto e dell'eguaglianza dei cittadini, cioe' di
principi di  preminente  interesse  costituzionale.  Accanto  a  tale
caratteristica, questa Corte  ha  individuato  una  serie  di  limiti
generali  all'efficacia  retroattiva  delle  leggi,  attinenti   alla
salvaguardia,  oltre  che  dei  principi  costituzionali,  di   altri
fondamentali  valori  di  civilta'  giuridica,  posti  a  tutela  dei
destinatari della norma e dello stesso ordinamento, tra i quali vanno
ricompresi il rispetto del principio generale di ragionevolezza,  che
si riflette nel divieto di introdurre  ingiustificate  disparita'  di
trattamento; la  tutela  dell'affidamento  legittimamente  sorto  nei
soggetti quale  principio  connaturato  allo  Stato  di  diritto;  la
coerenza e la certezza dell'ordinamento giuridico; il rispetto  delle
funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario (sentenza
n. 209 del 2010, citata, punto 5.1, del Considerato in diritto). 
    Vale appena soggiungere che i principi costituzionali in tema  di
disposizioni interpretative, cosi' come definiti dalla giurisprudenza
della Corte in relazione alle  leggi  statali,  sono  estensibili  di
regola anche alle leggi con cui una regione interpreta autenticamente
proprie normative precedenti (sentenze n. 389 del 1991; 19 del  1989;
113 del 1988). 
    Cio' posto, si deve osservare che la norma censurata, con la  sua
efficacia retroattiva, oltre  a  ledere  in  primo  luogo  il  canone
generale della ragionevolezza delle norme (art. 3 Cost.), vulnera  il
rispetto  delle  funzioni  costituzionalmente  riservate  al   potere
giudiziario. 
    A tal riguardo,  il  Giudice  delle  leggi  ha  affamato  che  il
legislatore vulnera le funzioni giurisdizionali: a) quando intervenga
per annullare gli effetti del giudicato (sentenza n. 155  del  1990);
b) quando la  legge  sia  intenzionalmente  diretta  ad  incidere  su
concrete fattispecie sub judice (sentenze n.  6  del  1994;  480  del
1992; 91 del 1988; 123 del 1987; 118 del 1957). 
    La norma della regione Campania e' chiaramente volta ad  incidere
sull'esecuzione delle statuizioni giurisdizionali  prima  citate,  le
quali  hanno  stabilito  che  la  forma  del  project  financing   e'
perfettamente compatibile con gli scopi del progetto finanziato dalla
Regione. Ne consegue  irrimediabilmente  la  lesione  della  garanzia
costituzionale in tema di principi di riserva della  giurisdizione  e
di separazione dei poteri. 
    Tali profili involgono il delicato  problema  se  l'esistenza  di
sentenze passate  in  giudicato  costituisca  di  per  se  un  limite
assoluto  alle  leggi  interpretative  che  producano  l'effetto   di
rescinderne l'efficacia, ancorche' tali leggi siano rivolte  soltanto
a chiarire la normativa sulla cui base quel giudicato si era formato. 
    Tuttavia  tale  problematica  puo'  essere  tralasciata  in  base
all'assorbente rilievo che dal quadro normativo precedente i  Giudici
hanno ricavato de plano la  regola  dell'ammissibilita'  del  project
financing,  con   conseguente   inammissibilita'   della   legge   di
interpretazione in virtu'  della  inesistenza  di  un  serio  dilemma
interpretativo. 
    Sulla base di tali considerazioni gli atti del  giudizio,  devono
essere rimessi alla Corte costituzionale. 
    Riservata ogni altra decisione  all'esito  del  giudizio  innanzi
alla  Corte  costituzionale,  alla  quale  va  rimessa  la  soluzione
dell'incidente di costituzionalita'. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Il Tribunale Amministrativo  Regionale  della  Campania  (Sezione
Prima): 
    dichiara rilevanti per la decisione dell'impugnativa proposta con
il ricorso n.  3480  del  2013  e  non  manifestamente  infondate  le
questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 72, della
legge regionale della Campania n. 5 del 6 maggio 2013, nei termini  e
per le ragioni esposti in motivazione, per contrasto con gli articoli
della Costituzione ivi richiamati; 
      Sospende il giudizio in corso; 
      Ordina che la presente ordinanza sia notificata, a  cura  della
Segreteria del Tribunale amministrativo, a tutte le parti in causa ed
al Presidente del Consiglio dei ministri  e  che  sia  comunicata  al
Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente della  Camera
dei deputati; 
      Dispone la immediata trasmissione  degli  atti,  a  cura  della
stessa Segreteria, alla Corte costituzionale. 
    Cosi' deciso in Napoli nella Camera di consiglio  del  giorno  29
gennaio 2014 con l'intervento dei magistrati: 
        Cesare Mastrocola, Presidente; 
        Fabio Donadono, Consigliere; 
        Michele Buonauro, Consigliere, Estensore. 
 
                      Il Presidente: Mastrocola 
 
 
                                                L'estensore: Buonauro