N. 141 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 maggio 2014

Ordinanza del 5 maggio 2014 emessa dal  Tribunale  dei  minorenni  di
Bologna sul ricorso proposto da M.G. e B.M.. 
 
Procedimento civile - Ricorso degli ascendenti per far valere il loro
  diritto a mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni -
  Adozione dei provvedimenti piu' idonei nell'esclusivo interesse del
  minore - Competenza del tribunale per  i  minorenni,  anziche'  del
  tribunale ordinario - Eccesso di delega -  Esorbitanza  dai  limiti
  della revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione
  - Irragionevolezza sotto piu' profili - Lesione  del  principio  di
  concentrazione processuale (segnatamente nelle ipotesi di  pendenza
  dinanzi al tribunale ordinario del giudizio di  separazione  tra  i
  coniugi o del procedimento per far valere il diritto del minore  ai
  rapporti con i nonni). 
- Disposizioni di attuazione del codice civile, art. 38, primo comma,
  come modificato dall'art.  96,  comma  1,  lett.  c),  del  decreto
  legislativo 28 dicembre 2013, n. 154. 
- Costituzione, artt. 3, 76, 77 e 111; legge  10  dicembre  2012,  n.
  219, art. 2, comma 1, lett. p). 
(GU n.38 del 10-9-2014 )
 
                TRIBUNALE PER I MINORENNI DI BOLOGNA 
 
    Il Tribunale per i Minorenni di Bologna, in  persona  del  Pres.,
dott.  Giuseppe  Spadaro,   letto   il   ricorso   introduttivo   del
procedimento, ha pronunciato la seguente 
 
                              Ordinanza 
           (artt. 134 Cost., 23 legge 11 marzo 1953 n. 87) 
 
    Nel procedimento iscritto al n. 541 dell'anno 2014, instaurato da
M.G. nato a N. e B. M. nata a N. avente ad Oggetto: ricorso  ex  art.
317-bis del Codice civile. 
 
                              In fatto 
 
    I suddetti ricorrenti sono genitori di L. M. padre della  piccola
S. M. 
    I ricorrenti sono dunque  nonni  paterni  della  minore.  Con  il
ricorso introduttivo del procedimento, premettono la  sussistenza  di
una causa di separazione giudiziale tra il figlio degli  esponenti  e
la nuora M. D. S., lamentano un atteggiamento ostile di  quest'ultima
e ricorrono al Tribunale per «accertare il diritto dei  ricorrenti  a
mantenere rapporti assidui e significativi con  la  nipote  minorenne
S.» chiedendo di  «adottare  i  provvedimenti  idonei  ad  assicurare
l'esercizio  effettivo  del  predetto   diritto   degli   ascendenti,
nell'esclusivo interesse della minore, disciplinando  i  tempi  ed  i
modi  di  frequentazione  della  bambina  da  parte  degli   stessi».
Ricorrono ai sensi dell'art. 317-bis del Codice civile. 
    Il Tribunale giudica rilevante e non manifestamente infondata  la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 38, comma I, disp.
att. c.c. (come modificato dall'art. 96,  comma  1,  lett.  c)  nella
parte in cui prevede che «sono, altresi', di competenza del tribunale
per i minorenni i provvedimenti  contemplati  dagli  articoli  251  e
317-bis del codice civile», limitatamente alla parte in  cui  include
l'art. 317-bis, per violazione degli artt. 76,  77  e  3,  111  della
Costituzione. 
    In punto di rilevanza e non manifesta infondatezza 
 
                               Osserva 
 
quanto segue: 
    [1]. In punto di  rilevanza,  la  questione  e'  da  considerarsi
senz'altro rilevante. Il decreto legislativo 28 dicembre 2013 n. 154,
con l'art. 42, ha introdotto, nell'art. 317-bis del Codice civile, la
legittimazione degli ascendenti a  promuovere  un  giudizio  per  far
valere il loro diritto di  mantenere  rapporti  significativi  con  i
nipoti minorenni. Contestualmente, il medesimo saggio normativo,  con
l'art. 96, comma I, lett. c., ha modificato l'art. 38, comma I, disp.
att. c.c. inserendo, nell'ambito della competenza del Tribunale per i
Minorenni, anche il procedimento  suaccennato,  disegnato  nel  nuovo
art. 317-bis del Codice civile. La questione  e',  dunque,  rilevante
perche', in difetto della previsione qui censurata,  la  controversia
non  sarebbe  di  competenza  del  Tribunale  minorile,  bensi'   del
Tribunale  ordinario.  Dalla  soluzione  della  questione,  pertanto,
dipende la potestas decidendi di questo  Ufficio  (primo  profilo  di
censura: artt. 76, 77 Cost.). Sotto un altro angolo  visuale,  se  la
previsione consentisse il  cumulo  processuale  con  il  giudizio  di
separazione ove pendente, nel  caso  di  specie  il  ricorso  avrebbe
dovuto essere introdotto nel giudizio separativo che pende dinanzi al
Tribunale di Bologna e non dinanzi a questo  Ufficio:  ne  seguirebbe
una declaratoria in  rito  per  dovere  essere  la  causa  riproposta
dinanzi al giudice che sta trattando la separazione. Anche in  questo
caso, dunque, la questione e' rilevante (secondo profilo di  censura:
artt. 3, 111 Cost.). 
    [2].  In   punto   di   ammissibilita'   della   questione,   una
interpretazione adeguatrice risulta infruttuosa.  E'  noto  a  questo
Tribunale che  tra  i  diversi  significati  giuridici  astrattamente
possibili il Giudice deve selezionare quello che  sia  conforme  alla
Costituzione; il sospetto di illegittimita' costituzionale,  infatti,
e'  legittimo  solo  allorquando  nessuno  dei  significati,  che  e'
possibile estrapolare dalla disposizione normativa, si sottragga alle
censure di incostituzionalita' (Corte Cost., 12 marzo 1999, n. 65  in
Cons. Stato, 1999, II, 366). E, tuttavia, se e' vero che in linea  di
principio,  le  leggi  si  dichiarano  incostituzionali  perche'   e'
impossibile darne interpretazioni «secundum Constitutionem» e non  in
quanto sia possibile darne interpretazioni incostituzionali, e' anche
vero che esiste  un  preciso  limite  all'esperimento  del  tentativo
salvifico della norma a livello  ermeneutico:  il  giudice  non  puo'
«piegare la disposizione fino a  spezzarne  il  legame  con  il  dato
letterale». Ed, in tal senso, di  fatto,  vi  sarebbe  il  rischio  -
dinnanzi ad una redazione cosi' chiara della norma - di invadere  una
competenza che al Giudice odierno non compete, se non  altro  perche'
altri Organi, nell'impalcatura  Costituzionale  (come  l'adita  Corte
delle Leggi), sono deputati ad  espletare  talune  funzioni  ad  essi
esclusivamente riservate. Ma vi e' di piu': l'interpretatio  secundum
constitutionem presuppone, indefettibilmente,  che  l'interpretazione
«altra» sia  «possibile»,  cioe',  praticabile:  differentemente,  si
creerebbe un vulnus alla certezza del diritto poiche' anche  dinnanzi
a norme «chiare» ogni giudicante adito potrebbe  offrire  uno  spunto
interpretativo diverso. Svolte le  considerazioni  riportate,  reputa
l'odierno Giudicante che il dato normativo non si possa  prestare  ad
interpretazioni diverse da quella emergente dalla  mera  lettura  del
testo. Rimane, pertanto infruttuoso il doveroso  tentativo  da  parte
dell'odierno Giudice di  individuare  un'interpretazione  compatibile
con la Costituzione (Corte Cost.  ord.  427/2005;  ord.  n.  306  del
2005). 
    [3]. Cosi' introdotta, nel  rito,  la  questione  sollevata,  nel
merito la  disposizione  e'  sospettata  di  incostituzionalita'  per
violazione degli artt. 76, 111 e 3, 111 della  Carta  Costituzionale,
sub specie di eccesso di delega  legislativa.  L'introduzione  di  un
diritto di azione in capo agli ascendenti costituisce  l'applicazione
del criterio dettato all'articolo 2, comma 1, lettera p), della legge
delega  (legge  n.  219/2012),  con  il  quale  si   attribuisce   al
legislatore delegato il compito di  disciplinare  «la  legittimazione
degli ascendenti a  far  valere  il  diritto  di  mantenere  rapporti
significativi  con  i  nipoti»;  il  criterio  e'  attuato   mediante
sostituzione dell'articolo 317-bis del Codice civile in  cui  ora  si
prevede che «1. Gli ascendenti hanno diritto  di  mantenere  rapporti
significativi con i nipoti minorenni. 2.  L'ascendente  al  quale  e'
impedito l'esercizio di tale diritto puo' ricorrere  al  giudice  del
luogo di residenza abituale del minore  affinche'  siano  adottati  i
provvedimenti piu' idonei nell'esclusivo  interesse  del  minore.  Si
applica l'articolo 336,  secondo  comma».  Il  Legislatore  delegato,
tuttavia, introduce anche una modifica di diritto processuale in seno
all'art. 38 disp.  att.  c.c.  prevedendo  che  «sono,  altresi',  di
competenza del tribunale per i minorenni i provvedimenti  contemplati
dagli articoli 251 e 317-bis del Codice civile».  La  competenza  per
tali procedimenti e' attribuita al  Tribunale  per  i  minorenni  «in
ossequio all'orientamento giurisprudenziale dominante  che  riconduce
tali controversie nell'alveo dell'art. 333 del  Codice  civile  (cfr.
Cassazione, 24 febbraio 1981, n. 1115; Cassazione, 17 giugno 2009, n.
14091)»  (in  questi  termini,  la   relazione   illustrativa   della
Commissione cd. Bianca, addetta alla redazione del testo normativo). 
    Reputa il Tribunale che la scelta del legislatore delegato si sia
posta in stridente contrasto con  la  delega  legislativa,  eccedendo
dalla cornice disegnata dalla legge delega. Deve  ritenersi  che  non
spettava al legislatore  delegato  di  legiferare  sulla  competenza,
registrandosi, consequenzialmente, sul punto, una norma  da  ritenere
viziata  da  illegittimita'  costituzionale  per  eccesso  di  delega
legislativa per violazione degli artt. 76 e 77 Cost;  vizio  genetico
che appare particolarmente consistente dove si prenda atto del  fatto
che, gli stessi compilatori,  davano  atto  di  un  acceso  dibattito
giurisprudenziale attorno alla natura  delle  statuizioni  regolative
del diritto dei nonni a frequentare i nipoti; quanto doveva indurre a
rimettere agli interpreti o al legislatore futuro, un  intervento  ad
hoc per dirimere la controversia. E' vero, infatti, che  secondo  una
certa opinione le controversie de quibus rientrerebbero nell'art. 333
del Codice civile (con competenza, quindi, del giudice minorile),  ma
e' anche vero che, secondo altra  lettura,  si  tratta  di  liti  che
afferiscono ne' piu' e ne' meno che all'art. 155  del  Codice  civile
(oggi 337-ter del Codice civile) ovvero  i  provvedimenti  regolativi
dei tempi di  frequentazione  della  prole  presso  l'uno  e  l'altro
genitore: dunque, con competenza del giudice ordinario.  Infatti,  la
Suprema  Corte,  prendendo  distanze  dalla  tesi  sposata  in  altre
letture, ha in tempi piu' recenti affermato che l'art. 155 del Codice
civile, nel  prevedere  il  diritto  dei  minori,  figli  di  coniugi
separati, di conservare rapporti significativi con gli ascendenti (ed
i parenti di ciascun ramo genitoriale) «affida al giudice un elemento
ulteriore   di   indagine   e   di   valutazione   nella   scelta   e
nell'articolazione  di  provvedimenti  da   adottare   in   tema   di
affidamento, nella prospettiva di una rafforzata tutela  del  diritto
ad una crescita serena ed equilibrata» (Cass. Civ., Sez. I, 11 agosto
1011 n. 17191); non si versa, dunque, nell'ambito  delle  limitazioni
genitoriali (333 c.c.) bensi' in quello  della  regolamentazione  dei
rapporti genitoriali (337-ter c.c.). Peraltro, ad onor del  vero,  il
precedente citato dai  compilatori  nella  relazione  illustrativa  -
Cass. Civ., Sez. I, 17 giugno 2009 n. 14091 - non  e'  argomento  per
sostenere che le controversie ex art. 317-bis  rientrino  nell'ambito
delle limitazioni ex art. 333 del Codice civile poiche', nell'arresto
citato,  la  Cassazione  si  limita  a  dichiarare  inammissibile  un
provvedimento finale del giudice di merito che, in un procedimento ex
art. 330 del Codice civile, aveva sospeso le visite tra una minore  e
i suoi nonni; ipotesi, dunque, peculiare e rientrante nell'ambito dei
provvedimenti de potestate per motivi ontologici legati  al  tipo  di
intervento  attivato  dal  ricorrente.  E'  allora  evidente  che  la
questione non poteva e  non  doveva  essere  affrontata  dalla  legge
delegata che, cosi' facendo, ha superato  la  cornice  ben  delineata
dalla delega. Vi e' di piu', come hanno scritto i primi commentatori,
«la scelta della decretazione delegata e' in  contraddizione  con  lo
stesso spirito della legge n. 219/12 orientato a concentrare  dinanzi
al giudice ordinario tutte le questioni relative all'esercizio  della
responsabilita' genitoriale, ad  eccezione  di  quelle  riservate  al
Tribunale per i Minorenni.  Comunque,  il  silenzio  del  legislatore
delegante doveva essere interpretato come precisa scelta  di  metodo:
ai sensi dell'art. 38 disp. att. c.c., comma  II,  "sono  emessi  dal
tribunale ordinario i provvedimenti relativi ai minori  per  i  quali
non e' espressamente stabilita la competenza di una diversa autorita'
giudiziaria"; dunque,  il  silenzio  del  legislatore  equivaleva  ad
istituire la competenza del Tribunale ordinario. Vi deroga  la  legge
attuativa in assenza di copertura legislativa». 
    Ad ogni modo, la norma si pone anche in contrasto con  gli  artt.
3, 111 Cost., per una intrinseca irragionevolezza e una  rottura  del
principio di concentrazione processuale, dove questo era all'evidenza
da  privilegiare.  Ebbene,  l'art.  317-bis  del  Codice  civile   ha
provocato la istituzione di una competenza funzionale  esclusiva  del
Tribunale Minorenni ed esclude ogni ipotesi di simultaneus  processus
poiche' non e'  ipotizzabile  una  connessione  (con  il  conseguente
regime ex  art.  40  C.P.C.)  in  ipotesi  di  competenza  funzionale
inderogabile (v. Cass. Civ., Sez. I, 8 marzo 2002  n.  3457).  Questa
interpretazione, tuttavia, conduce  ad  una  aporia  logico-giuridica
insanabile. I compilatori della riforma conducono l'art. 317-bis  del
Codice civile  nella  cornice  semantica  dell'art.  333  del  Codice
civile; da qui la contraddizione: tutti i procedimenti  ex  art.  333
del Codice civile - in virtu' della legge n. 219/12 - possono  essere
trattati anche dal Tribunale Ordinario se  pendente  procedimento  ex
art. 337-bis del Codice civile (separazione, divorzio, 316  c.c.);  i
soli procedimenti ex art. 317-bis del  Codice  civile,  invece  -  in
virtu' della  legge  delegata  -  devono  essere  trattati  sempre  e
comunque dal Tribunale Minorenni. Cio' anche quanto penda un giudizio
di separazione o di  divorzio  o  di  regolamentazione  dei  rapporti
genitoriali in caso di  minore  non  nato  da  matrimonio.  In  altri
termini: se il 317-bis del Codice civile e' un procedimento  ex  art.
333 del Codice civile allora allo stesso doveva  restare  applicabile
la  norma  in  cui  e'  previsto  che  «per  i  procedimenti  di  cui
all'articolo 333 resta esclusa la  competenza  del  Tribunale  per  i
minorenni nell'ipotesi in cui sia in  corso,  tra  le  stesse  parti,
giudizio di separazione o divorzio o giudizio ai sensi dell'art.  316
del Codice civile; in tale ipotesi per tutta la durata  del  processo
la  competenza,  anche  per   i   provvedimenti   contemplati   dalle
disposizioni  richiamate  nel  primo  periodo,  spetta   al   giudice
ordinario». Il  risultato  irragionevole  e'  evidente  nel  caso  di
specie: i minori sono gia' coinvolti nel procedimento di  separazione
pendente  dinanzi   al   Tribunale   ordinario;   sono,   ora,   solo
relativamente ai rapporti con gli  ascendenti,  chiamati  a  giudizio
dinanzi al Tribunale per i Minorenni. Sia dinanzi  al  giudice  della
separazione,  sia  dinanzi  a   questo   ufficio,   dovranno   essere
necessariamente  ascoltati  (art.  336-bis  del  Codice  civile).  Si
realizza, cosi', la  frantumazione  di  una  tutela  processuale  che
dovrebbe  essere  univoca  e  si  crea,  in  danno  dei  minori,  una
proliferazione di processi che non tiene affatto conto dell'interesse
preminente del minore che illuminava l'intera legge 219/12 e, dunque,
la delega  legislativa.  La  concentrazione  processuale  dinanzi  al
giudice  ordinario  nemmeno  avrebbe  rappresentato  una   previsione
inedita: come noto, gia' la Suprema Corte  ha  aperto  i  giudizi  di
separazione e divorzio al figlio maggiorenne,  che  puo'  intervenire
nel processo come parte autonoma (v. Cass. Civ., Sez. I, sentenza  19
marzo 2012 n. 4296, Pres. Felicetti, rel. Campanile). Gli effetti  di
manifesta irragionevolezza sono visibili anche sotto  altro  aspetto:
il decreto legislativo n. 154/13 ha lasciato immutata  la  previsione
dell'art. 155 del Codice civile (oggi trasfusa nell'art. 337-ter  del
Codice  civile)  relativa  al  diritto  dei  minori  ad  intrattenere
regolari rapporti con gli ascendenti. Pertanto: dinanzi al  Tribunale
per  i  Minorenni,  viene  fatta  valere  la   situazione   giuridica
soggettiva degli  ascendenti;  dinanzi  al  Tribunale  ordinario,  la
situazione giuridica soggettiva dei nipoti. L'effetto, in presenza di
processi  pendenti,  e'  di  un  evidente  contrasto  di   previsioni
dispositive.  Infatti,  come  in  tempi  recenti   ha   correttamente
evidenziato  il  Tribunale  di  Milano  «il  decreto  legislativo  n.
154/2013 ha riservato in modo elettivo al Tribunale per  i  Minorenni
la  competenza  a  pronunciarsi  sul  diritto  degli  ascendenti   e,
consacrando una situazione giuridica soggettiva degli stessi, ha loro
conferito  diretta  legittimazione  attiva  cosi'  non  essendo  piu'
ipotizzabile una sostituzione processuale (81 C.P.C.). Resta,  pero',
sempre ammissibile: 1) una competenza  del  Tribunale  ordinario  nei
limiti ex art. 337-ter comma c.c. dove, cioe',  i  genitori  facciano
valere il «diverso» e autonomo diritto del minore ai rapporti  con  i
nonni; 2) una competenza del Tribunale ordinario dove si tratti  solo
di «prendere atto» dell'accordo raggiunto dai genitori. Peraltro,  e'
appena il caso di ricordare che, nei tempi di spettanza  del  singolo
genitore, questi puo' richiedere e  decidere  il  coinvolgimento  dei
propri ascendenti come ritiene utile e opportuno, poiche'  si  tratta
di regolare il contenuto della situazione giuridica a lui  spettante»
(Trib. Milano, Sez. IX civ., ordinanza 20 marzo 2014,  sst.  Giuseppe
Buffone). 
    Pertanto, dove la Corte ritenesse che la  modifica  dell'art.  38
disp. att. c.c. sia coperta da delega legislativa, andrebbe  comunque
valutato tale secondo profilo e dovrebbe essere  comunque  dichiarata
l'incostituzionalita' della norma, per ripristinare l'euritmia creata
nel sistema. 
    [4]. Norme violate. Per quanto sin qui osservato, si ritiene  che
l'art. 38, comma I, disp. att. c.c. (come  modificato  dall'art.  96,
comma 1, lett. c) nella parte in cui prevede che «sono, altresi',  di
competenza del Tribunale per i minorenni i provvedimenti  contemplati
dagli articoli 251 e 317-bis del Codice civile»,  limitatamente  alla
parte in cui include l'art. 317-bis, si  ponga  in  violazione  degli
artt. 76, 77 e 3, 111 della Costituzione. 
    [5]. Petitum. Per quanto sin qui  osservato,  e'  auspicabile  un
intervento  della  Corte  adita   che   dichiari   costituzionalmente
illegittimo l'art. 38, comma I,  disp.  att.  c.c.  (come  modificato
dall'art. 96, comma 1, lett. c) nella parte in cui prevede che «sono,
altresi', di competenza del Tribunale per i minorenni i provvedimenti
contemplati  dagli  articoli  251  e  317-bis  del  Codice   civile»,
limitatamente alla parte in cui include l'art. 317-bis. 
    Alla luce di tutte le considerazioni svolte, il Tribunale  per  i
Minorenni di Bologna 
 
                               P.Q.M. 
 
    Visti gli artt. 134 Cost., 23 legge 11 marzo 1953 n. 87; 
    Ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 38, comma I,  disp.  att.  c.c.
(come modificato dall'art. 96, comma 1, lett. c) nella parte  in  cui
prevede che «sono,  altresi',  di  competenza  del  Tribunale  per  i
minorenni i provvedimenti contemplati dagli articoli  251  e  317-bis
del Codice civile», limitatamente alla parte in  cui  include  l'art.
317-bis,  per  violazione  degli  arti  76,  77  e   3,   111   della
Costituzione. 
    Sospende il giudizio e  dispone  l'immediata  trasmissione  degli
atti  alla  Corte  costituzionale,  unitamente   alla   prova   delle
comunicazioni e notificazioni previste a seguire. 
    Ordina che, a cura della Cancelleria, la presente ordinanza venga
notificata alle parti del processo, al Presidente del  Consiglio  dei
ministri, nonche' comunicata ai Presidenti della Camera dei  Deputati
e del Senato della Repubblica. 
        Cosi' deciso in Bologna, 2 maggio 2014 
 
                       Il presidente: Spadaro