N. 149 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 aprile 2014

Ordinanza del 3 aprile 2014 del Tribunale di Napoli nel  procedimento
penale a carico di D.B. ed altri. 
 
Procreazione medicalmente assistita - Sperimentazione sugli  embrioni
  umani - Divieto di ogni forma di selezione a scopo eugenetico degli
  embrioni  -  Configurazione  della  violazione  del  divieto  quale
  fattispecie  di  reato  -   Mancata   previsione   della   salvezza
  dell'ipotesi in cui  tale  condotta  sia  finalizzata  all'impianto
  nell'utero della donna dei soli embrioni non  affetti  da  malattie
  genetiche o portatori sani di malattie genetiche -  Violazione  del
  principio di ragionevolezza - Lesione del  diritto  alla  salute  -
  Contrasto con  la  Convenzione  per  la  salvaguardia  dei  diritti
  dell'uomo (CEDU),  come  interpretata  dalla  giurisprudenza  della
  Corte europea dei diritti dell'uomo, in  relazione  al  diritto  al
  rispetto della vita privata e familiare. 
- Legge 19 febbraio 2004, n. 40, art. 13, comma 3, lett. b), e  comma
  4. 
- Costituzione, artt. 3, 32 e 117, primo comma, in relazione all'art.
  8 della Convenzione per la salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e
  delle liberta' fondamentali. 
Procreazione medicalmente assistita - Limiti  all'applicazione  delle
  tecniche sugli embrioni - Divieto della crioconservazione  e  della
  soppressione di embrioni  -  Configurazione  della  violazione  del
  divieto quale fattispecie  di  reato  -  Mancata  previsione  della
  salvezza dell'ipotesi in  cui  tale  condotta  sia  finalizzata  ad
  evitare l'impianto nell'utero della donna degli embrioni affetti da
  malattie genetiche - Violazione dei principi di ragionevolezza e di
  non  discriminazione  -  Contrasto  con  la  tutela   del   diritto
  all'autodeterminazione della coppia - Contrasto con la  Convenzione
  per la salvaguardia dei diritti dell'uomo (CEDU), come interpretata
  dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo,  in
  relazione al diritto al rispetto della vita privata e familiare. 
- Legge 19 febbraio 2004, n. 40, art. 14, comma 1, lett. b), e  comma
  6. 
- Costituzione, artt. 2, 3 e 117, primo comma, in relazione  all'art.
  8 della Convenzione per la salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e
  delle liberta' fondamentali. 
(GU n.39 del 17-9-2014 )
 
                         TRIBUNALE DI NAPOLI 
                   VI Sezione Penale - Collegio A 
 
    Il Tribunale,  composto  dai  magistrati:  Giovanna  Ceppaluni  -
Presidente; Alessandra Cataldi - Giudice; Barbara Mendia  Giudice,  a
scioglimento della riserva di cui al verbale di udienza del 13  marzo
2014. 
 
                               Osserva 
 
    Con decreto emesso dal GIP del Tribunale di Napoli il 6  dicembre
2013 D., B., D., D., I., R., S., D.G., S., S., d.F.,  A.,  D.M.,  L.,
V., I., W., G., M., G., M., R., F., V., C., S., S., L. e N. T.  erano
rinviati a giudizio per rispondere, tra l'altro,  dei  reati  di  cui
agli artt. 416 c.p. e 81 cpv - 110 c.p. - art. 13, comma 3, lett.  a)
e b) e comma 4, nonche' art. 14, comma 1 e comma 6,  della  legge  n.
40/2004, perche',  tutti  in  concorso  tra  loro,  nelle  rispettive
qualita' indicate al capo a), in esecuzione di un medesimo disegno  o
criminoso,  in  diverse  occasioni,  realizzavano  la  produzione  di
embrioni umani per fini diversi da quelli previsti dalla legge  sulla
procreazione assistita, la selezione eugenetica  degli  embrioni,  la
soppressione embroniaria; ed invero, tutti (ed in  particolare  n.  3
embrioni per la coppia G. - T., n. 3 embrioni per la coppia R. -  S.)
o alcuni embrioni prodotti in  vitro  all'esito  dei  trattamenti  di
P.M.A. praticati  per  moltissime  coppie,  non  erano  sottoposti  a
trasferimento  nelle   cavita'   uterine   delle   pazienti   ne'   a
criocongelamento, onde garantirne adeguate  condizioni  per  il  loro
corretto sviluppo, ed in particolare venivano scartati  gli  embrioni
analiticamente indicati nel capo h). 
    All'udienza del 6 marzo 2014, verificata la regolare costituzione
delle parti, i difensori  degli  imputati  sollevavano  le  eccezioni
analiticamente  illustrate  nella  memoria   depositata   dall'avv.to
Gennaro  Lepre.  Alla  successiva  udienza  del  13  marzo  2014   il
Tribunale, ascoltate le osservazioni del P.M. e dei  difensori  delle
parti civili costituite, si riservava di provvedere. 
    Il collegio  ritiene  di  dovere  affrontare  preliminarmente  la
questione di legittimita' costituzionale degli artt. 13 e  14,  legge
n. 40/2004, in relazione agli artt. 117, comma 1,  Cost.  e  8  Cedu,
nonche' 3 e 32  Costituzione,  di  cui  al  punto  8)  della  memoria
difensiva, alla quale va  riconosciuto  rilievo  assorbente  rispetto
alle ulteriori eccezioni sollevate. 
1.  Sulla  rilevanza  della  sollevata  questione  di  illegittimita'
costituzionale. 
    Va innanzitutto affermata la rilevanza della  questione  ai  fini
della decisione del presente processo. 
    Gli articoli di cui si  assume  l'incostituzionalita'  prevedono,
infatti, quali fattispecie di reato, le condotte di selezione a scopo
eugenetico degli embrioni (art. 13, comma 3, lettera b) e comma 4)  e
di soppressione di embrioni (art. 14, comma 1 e comma 6), delle quali
sono chiamati a rispondere gli odierni imputati, con  la  conseguenza
che  la  decisione  della  Corte  sulla  questione  di   legittimita'
costituzionale, prospettata  nei  termini  che  seguono  -  incidendo
direttamente  sulla  rilevanza  penale  o  meno  delle  condotte   in
contestazione - penale degli stessi. Del resto,  secondo  consolidato
orientamento della stessa Corte costituzionale,  cio'  che  conta  ai
fini della rilevanza del giudizio di costituzionalita'  non  e'  solo
l'influenza della pronuncia della Corte sul  contenuto  del  giudizio
reso dall'autorita' rimettente, ma anche l'influenza sul modo in  cui
questa raggiunge le  proprie  conclusioni,  sull'iter  logico  che  a
queste  lo  conduce  (Corte  Cost.,  sentenza  n.   148/1983;   Corte
Costituzionale, ordinanza n. 390/2005). 
    Ne',per le ragioni che di seguito si esporranno,  puo'  accedersi
ad una interpretazione costituzionalmente orientata  delle  norme  in
parola, risultando sotto tale profilo ostativa la formulazione  delle
relative fattispecie incriminatrici, che non lascia margine ad alcuna
interpretazione restrittiva. 
    Tanto premesso, il collegio ritiene non manifestamente  infondata
la sollevata questione di legittimita' costituzionale. 
2. Sulla non manifesta  infondatezza  della  sollevata  questione  di
costituzionalita'. 
    Al fine di  chiarire  i  termini  della  sollevata  questione  di
costituzionalita', alla quale va riconosciuta diretta incidenza sulla
decisione da assumere nel processo in corso,  appare  necessaria  una
breve ricostruzione dell'evoluzione che la legge n. 40/2004 ha subito
nel tempo rispetto alla sua originaria formulazione. 
2.1 La sentenza della Corte  costituzionale  151/2009  e  l'art.  14,
della legge n. 40/2004. 
    Un fondamentale contributo  della  giurisprudenza  costituzionale
relativo alla legge del 19 febbraio 2004, n. 40,  recante  "Norme  in
materia di procreazione  medicalmente  assistita",  e'  rappresentato
dalla sentenza n. 151/2009 del Giudice  delle  Leggi,  con  cui  sono
state riscritte alcune norme  cardine  della  legge  n.  40/2004.  Si
tratta, in particolare, della disciplina contenuta nell'art.  14:  il
comma 2 del suddetto articolo,  nella  sua  formulazione  originaria,
stabiliva che "le tecniche di produzione degli embrioni, tenuto conto
dell'evoluzione tecnico-scientifica e di quanto previsto dall'art. 7,
comma 3, non devono creare un numero di embrioni superiore  a  quello
strettamente  necessario  ad  un  unico  e  contemporaneo   impianto,
comunque non superiore a tre". La  scelta  del  legislatore  italiano
rappresentava un unicum  nel  panorama  europeo:  la  limitazione  in
questione, infatti, alla luce di un'analisi di diritto comparato, non
trovava, e non trova,  una  disposizione  di'  analogo  tenore  nelle
legislazioni sulle tecniche di PMA degli altri Paesi europei. Con  la
pronuncia n. 151 del  2009  la  Corte  costituzionale  ha  dichiarato
l'incostituzionalita'  dell'art.  14,  comma  2,  legge  n.  40/2004,
limitatamente alla parte in cui prevedeva il limite numerico  di  tre
embrioni e l'obbligo di un unico e contemporaneo impianto. 
    In conseguenza della dichiarazione di incostituzionalita'  appena
descritta, anche l'articolo 14, comma  1,  della  legge  n.  40/2004,
risulta sostanzialmente riscritto - come pure si evince  dalla  parte
motiva della pronuncia della Corte  costituzionale  -  in  quanto  il
divieto generale di crioconservazione (tuttora comunque presente  nel
testo della legge) subisce una deroga: il ricorso  alla  tecnica  del
congelamento diviene  necessario  nel  momento  in  cui,  per  scelta
medica, gli embrioni soprannumerari non debbano essere immediatamente
impiantati. 
    L'intervento del giudice costituzionale ha  riguardato  anche  il
comma 3°, dell'art. 14 che, nella sua versione  iniziale,  era  cosi'
formulato: "Qualora  il  trasferimento  degli  embrioni  non  risulti
possibile per grave e documentata causa di  forza  maggiore  relativa
allo stato di salute della donna non  prevedibile  al  momento  della
fecondazione e' consentita la crioconservazione degli embrioni stessi
fino  alla  data  del  trasferimento,  da   realizzare   non   appena
possibile". A seguito della sentenza 151/2009 la norma  in  questione
e' stata dichiarata incostituzionale nella parte in cui non prevedeva
che  il  trasferimento  degli  embrioni  -  da   realizzare   "appena
possibile" - dovesse avvenire senza pregiudizio per la  salute  della
donna: in tal modo, la norma e' stata resa piu' confacente  a  quello
che e' uno degli scopi principali della legge  40,  vale  a  dire  la
tutela della salute della donna in bilanciamento con la tutela  della
salute dell'embrione (e, dunque,  della  vita  sin  dalle  sue  forme
iniziali, come si deduce dall'art. 1 della legge in questione). 
2.2 La Diagnosi Genetica Preimpianto (DGP)  e  la  giurisprudenza  in
materia. 
    Dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 151/2009,  che  ha
apportato una prima e rilevante modifica  al  testo  della  legge  n.
40/2004,  sono  sorte  nuove  questioni  che  hanno  sollecitato   la
giurisprudenza, soprattutto civile e amministrativa, ad affrontare il
problema della cd. Diagnosi Genetica Preimpianto (DGP) - tra  l'altro
non espressamente disciplinata nella legge italiana - e  ad  adottare
un'interpretazione  costituzionalmente  orientata  che  consente   la
possibilita' di accedere  a  tale  tecnica  di  indagine,  funzionale
essenzialmente all'individuazione degli  embrioni  affetti  da  gravi
patologie genetiche e alla successiva  cd.  "selezione  preimpianto",
che, a sua volta, e' rivolta ad impedire il trasferimento  nell'utero
della donna dei soli embrioni affetti da gravi patologie. 
    Invero, sebbene non  formalmente  prevista  dal  legislatore  del
2004, alla DGP fa indiretto riferimento l'art.  13,  della  legge  n.
40/2004, da cui possono essere enucleate le seguenti norme: 
      il comma 1 pone un generale divieto  di  sperimentazione  sugli
embrioni umani; 
      il  comma  2  ammette  la  ricerca   clinica   e   sperimentale
sull'embrione solo se rivolta in via esclusiva a finalita' di  tutela
e sviluppo dell'embrione; 
      il comma 3, lettera b), che viene in rilievo  nei  procedimento
all'attenzione di questo Tribunale -  vieta  categoricamente  la  cd.
"selezione eugenetica" degli embrioni. 
    Tutte queste disposizioni limitative andrebbero pero'  coordinate
con l'art. 14, comma 5, della legge n. 40/2004, secondo il quale  chi
intende  sottoporsi  alle  tecniche  di  PMA  ha  diritto  di  essere
informato  sullo  stato  di  salute  degli  embrioni  prodotti  e  da
trasferire nell'utero. Orbene, un tal  genere  di  informazioni  puo'
essere appunto assicurato soltanto dall'indagine genetica,  ossia  da
una diagnosi genetica preimpianto. 
    Al fine di risolvere l'antinomia trai divieti di cui all'art.  13
e il diritto riconosciuto dall'art. 14, comma 5,  legge  n.  40/2004,
nel corso degli anni, ha iniziato a farsi strada, fra  i  giudici  di
merito, quell'interpretazione costituzionalmente orientata (sia  pure
non senza contrasti) a cui si e' fatto  cenno:  le  argomentazioni  a
sostegno di tale interpretazione sono varie e si possono rintracciare
in varie ordinanze  dei  tribunali  civili  (v.,  inter  alia,  Trib.
Cagliari ord. 22-24.9.2007;  Trib.  Firenze  ord.  17.12.2007;  Trib.
Firenze ord. 23.8.2008; Trib. Milano  ord.  8.3.2009;  Trib.  Salerno
ord. 9.1.2009; nonche' Trib. Roma 5.1.2014). In tal modo, dunque, gli
articoli 13 e 14, della legge n. 40/2004 vengono  interpretati  dalla
maggioranza dei giudici civili alla luce degli articoli 3 e 32  della
Costituzione, consentendo alle coppie di accedere alla DGP (cfr., fra
tutte, Trib. Cagliari, ord.  9.11.2012  che,  in  accoglimento  delle
doglianze di alcune coppie, ha riconosciuta il diritto  di  ottenere,
nell'ambito delle tecniche di PMA, l'esame diagnostico degli embrioni
e il trasferimento dei soli embrioni  sani  o  portatori  sani  delle
patologie). 
    Avalla tale interpretazione l'ormai nota  decisione  della  Corte
Europea dei diritti dell'uomo, Costa e Pavan c. Italia (sentenza  del
28.8.2012). Il giudice di Strasburgo si e'  occupato  in  particolare
delle condizioni di accessibilita', sotto il profilo soggettivo, alla
DGP: nel caso sottoposto alla sua attenzione,  i  ricorrenti,  coppia
fertile, invocavano il diritto di accedere alla diagnosi  preimpianto
per poter generare un figlio non affetto  da  mucoviscidosi  (di  cui
erano entrambi portatori).  La  Corte  EDU  ha  cosi'  dichiarato  la
violazione dell'art. 8 CEDU in quanto il desiderio dei ricorrenti  di
generare un figlio, non affetto dalla malattia genetica di  cui  sono
portatori, rientra  nel  campo  di  tutela  offerto  dal  diritto  al
rispetto della vita privata e  familiare,  disciplinato  dall'art.  8
della Convenzione. 
    Dopo la sentenza resa a Strasburgo tre sono  le  ipotesi  che  si
possono configurare,  laddove  si  tratti  di  coppie  portatrici  di
malattie geneticamente trasmissibili: 
      1) le coppie infertili o sterili che ottengono  l'accesso  alla
DGP  su  autorizzazione   del   giudice   nazionale,   che   accoglie
l'interpretazione costituzionalmente orientata sopra ricordata; 
      2) le coppie infertili o sterili che non ottengono dal  giudice
nazionale l'autorizzazione alla DGP e potrebbero  presentare  ricorso
alla Corte europea di diritti dell'uomo; 
      3) le coppie non infertili, ne' sterili, che - stante i  limiti
soggettivi di accesso alle tecniche  di  PMA  previsti  dall'art.  4,
della legge n. 40/2004 (1) - non possono ricorrere alle  tecniche  di
PMA (DGP compresa) e potrebbero  presentare  ricorso  alla  Corte  di
Strasburgo per violazione dell'art.  46  CEDU,  in  quanto  farebbero
valere l'inadempimento all'obbligo dello Stato italiano  di  eseguire
le pronunce della Corte EDU (nel caso  di  specie,  la  summenzionata
sentenza Costa e Pavan). 
2.3 La questione di costituzionalita' degli articoli 13 e  14,  della
legge 40/2004. 
    Fatte queste necessarie premesse, che consentono  di  evidenziare
alcune delle modifiche apportate, per via giurisprudenziale,  ad  una
legge inizialmente piu' restrittiva, occorre soffermarsi  sui  motivi
che  inducono  questo  Tribunale  a   dubitare   della   legittimita'
costituzionale degli articoli 13, comma 3, lett. b) e comma 4, e  14,
comma 1 e comma 6, della legge n. 40/2004, laddove tali  disposizioni
prevedono quali ipotesi di  reato  -  contestate  agli  imputati  del
procedimento pendente dinanzi a questo Tribunale  -  rispettivamente,
le condotte di selezione eugenetica e quelle  di  soppressione  degli
embrioni soprannumerari senza limitazione alcuna: i divieti penali in
parola, cioe', sono stabiliti in via assoluta dal legislatore  e  non
soffrono alcuna eccezione. 
- Sull'art. 13, comma 3,  lettera  b)  e  comma  4,  della  legge  n.
40/2004. 
    Tenuto conto delle premesse svolte sulla possibilita' di accedere
alla cd. Diagnosi Genetica Preimpianto per le  coppie  portatrici  di
malattie genetiche trasmissibili, l'art. 13, comma 3, lettera b),  in
base al quale e' comunque vietata "ogni forma di  selezione  a  scopo
eugenetico  degli  embrioni  e  dei  gameti  ovvero  interventi  che,
attraverso tecniche di selezione, di manipolazione o comunque tramite
procedimenti artificiali, siano diretti  ad  alterare  il  patrimonio
genetico   dell'embrione   o   del   gamete   o   a    predeterminare
caratteristiche  genetiche,  ad  eccezione  degli  interventi  aventi
finalita' diagnostiche e terapeutiche, di cui al comma 2 del presente
articolo", deve ritenersi incostituzionale in relazione agli artt.  3
e 32 Cost. e 117, comma 1, Cost., in relazione all'art. 8 CEDU, nella
parte in cui non consente, a seguito dell'accesso alla  DGP  (che  e'
oggi ritenuto possibile alla  luce  della  ricordata  interpretazione
costituzionalmente orientata), la selezione eugenetica degli embrioni
volta ad impedire il trasferimento nell'utero della  donna  dei  soli
embrioni affetti da gravi patologie. 
    Ed invero, le condotte di cui al comma 3, lett. b), dell'art.  13
- contestate agli imputati del procedimento penale pendente dinanzi a
questo Tribunale - sono vietate e munite di sanzione penale ai  sensi
dell'art. 13, comma 4, legge  n.  40/2004.  L'impossibilita'  per  il
medico di realizzare la  selezione  eugenetica,  volta  a  consentire
trasferimento  nell'utero  della  donna  dei  soli  embrioni  sani  o
portatori sani di  malattie  genetiche,  se  non  incorrendo  in  una
sanzione penale, rende innanzitutto non  effettivo  il  diritto  alla
possibilita' di  accedere  alla  DGP.  Si  tratterebbe,  infatti,  di
un'indagine fine a se' stessa, senza possibilita' di trarne  vantaggi
rispetto alla finalita', di cui all'art.  1,  legge  n.  40/2004,  di
tutela della salute dell'embrione stesso, in evidente  contraddizione
con gli scopi avuti di mira dalla stessa legge, ed in violazione  del
diritto alla salute di cui all'art. 32 Cost. 
    La sanzione  penale  cui  va  incontro  l'operatore  medico  che,
nonostante il divieto di cui all'art. 13, comma 3, lett.  b),  decida
di  procedere  alla  selezione  come  sopra  descritta,  rivela   una
contraddizione anche sotto altro profilo:  questo  Tribunale  ritiene
irragionevole l'ipotesi di reato prevista dal combinato  disposto  di
cui  all'art.  13,  comma  3,  lett.  b),  e  comma  4,   alla   luce
dell'interpretazione costituzionalmente orientata sopra  ricordata  e
largamente  diffusa,  ormai,  nella  giurisprudenza  civile,  che  si
risolve nel consentire al giudice di autorizzare l'accesso  alla  DGP
ed alla conseguente selezione  preimpianto  degli  embrioni  prodotti
(cfr. sul punto, inter alia, Trib.  Cagliari,  ord.  9.11.2012  cit.,
che,  in  accoglimento  delle  doglianze   di   alcune   coppie,   ha
riconosciuto il diritto di ottenere, nell'ambito  delle  tecniche  di
PMA, l'esame diagnostico degli embrioni e il trasferimento  dei  soli
embrioni sani o portatori sani delle patologie). Le norme  della  cui
legittimita'  costituzionale  si  dubita   appaiono,   pertanto,   in
contrasto  con  l'art.  3  Cost.  per  violazione  del  principio  di
ragionevolezza, corollario del principio di uguaglianza. 
    Il contrasto con la Costituzione  degli  articoli  13,  comma  3,
lett. b) e comma 4, si manifesta, inoltre, con riguardo all'art. 117,
comma 1, Cost., in relazione all'art. 8 della CEDU, come interpretato
nella giurisprudenza  della  Corte  europea  dei  diritti  dell'uomo,
laddove ha affermato che il diritto al rispetto della vita privata  e
familiare include il desiderio della coppia di generare un figlio non
affetto da malattia genetica (in tal senso, C. EDU, Costa e Pavan  c.
Italia, sentenza  del  28.8.2012,  par.  57).  Tale  diritto  risulta
evidentemente  compromesso   dalla   previsione   della   fattispecie
delittuosa in questione  -  contestata  agli  imputati  del  presente
procedimento - che pone il medico di  fronte  alla  "scelta"  tra  il
violare una norma penale, incorrendo nella relativa sanzione,  oppure
l'astenersi dalla selezione preimpianto, rendendo  cosi'  impossibile
la realizzazione del diritto della coppia di generare un  figlio  non
affetto da malattia genetica. 
    Alla luce delle considerazioni appena svolte, ricorrono,  dunque,
le condizioni per sollevare questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 13, comma 3, lett. b), e comma 4, della legge  n.  40/2004,
per contrasto con gli articoli 3 e 32 Cost. e 117, comma 1 Cost.,  in
relazione  all'art.  8  CEDU,  nella  parte  in  cui  prevede   quale
fattispecie di reato il divieto assoluto - senza alcuna  eccezione  -
di selezione eugenetica degli embrioni, non facendo  salva  l'ipotesi
in cui tale condotta sia finalizzata  all'impianto  nell'utero  della
donna  dei  soli.  embrioni  non  affetti  da  malattie  genetiche  o
portatori sani di malattie genetiche. 
- Sull'art. 14, comma 1 e comma 6, della legge n. 40/2004. 
    Strettamente    connessa    alla    sollevata    questione     di
costituzionalita' dell'art. 13, comma 3, lett.  b),  e  comma  4,  e'
anche quella che questo  Tribunale  ritiene  di  dover  sollevare  in
relazione alla condotta prevista dall'art.  14,  comma  1,  e  punita
dall'art. 14, comma 6, legge n. 40/2004,  parimenti  contestata  agli
imputati del presente procedimento: la  sospetta  incostituzionalita'
della norma e' collegata al fatto  che  il  divieto  di  soppressione
degli embrioni soprannumerari e' rimasto  inalterato  anche  dopo  la
sentenza della Corte costituzionale  n.  151  del  2009,  intervenuta
prima della sentenza della Corte EDU, Costa e Pavan c. Italia, ed  in
un momento in  cui  non  appariva  ancora  diffusa  l'interpretazione
costituzionalmente orientata che consente alle coppie  portatrici  di
malattie genetiche accedere alla DGP. 
    Si  renderebbe  pertanto   necessario,   ritenuta   condivisibile
l'interpretazione costituzionalmente  orientata  con  riferimento  al
diritto di accesso alle tecniche di DGP - piu' volte ricordata -  una
restrizione della fattispecie penale  in  questione,  alla  luce  del
fatto che, stante il tenore dell'art. 14,  comma  1,  il  divieto  di
soppressione degli embrioni soprannumerari e' previsto, e  sanzionato
penalmente dal successivo comma  6,  dell'art.  14,  della  legge  n.
40/2004, in modo assoluto, senza possibilita' di rinvenire  eccezione
alcuna. L'art. 14, comma 1 e comma 6, in effetti, appare contrario al
dettato costituzionale nella parte  in  cui  sanziona  penalmente  la
soppressione  degli  embrioni  soprannumerari  affetti  da  patologie
genetiche. 
    Ed invero, la sentenza n. 151/2009 della Corte costituzionale  ha
chiarito la sorte degli embrioni soprannumerari, stabilendo che anche
quelli che risultano affetti  da  malattie  genetiche  devono  essere
crioconservati, onde consentirne un corretto sviluppo ed al  fine  di
un futuro impianto nell'utero della donna, quando esso  possa  essere
fatto senza pregiudizio per la sua salute. Tuttavia, la  norma  della
cui legittimita' costituzionale qui si dubita, appare innanzitutto in
contrasto con l'art. 3 della Costituzione, inteso sia come  principio
di ragionevolezza (corollario del principio di uguaglianza), sia come
principio di non discriminazione, in quanto  implica  una  situazione
paradossale e discriminatoria  all'interno  del  nostro  ordinamento:
l'art. 14, comma 1 e comma 6, legge n. 40/2004, infatti, prevede  una
sanzione penale pei i medici che, pur in presenza di una richiesta di
selezione preimpianto, procedano  alla  soppressione  degli  embrioni
affetti da malattie genetiche, laddove, viceversa,  l'art.  6,  della
legge n. 194/1978 (che ha gia' superato piu' volte  positivamente  il
vaglio  della  Corte  costituzionale)  (2)  consente  agli  operatori
sanitari di praticare l'aborto terapeutico - anche oltre  il  termine
di 90 giorni dall'inizio della gravidanza - in presenza di  "processi
patologici,  tra  cui  quelli  relativi  a   rilevanti   anomalie   o
malformazioni del nascituro". La descritta disparita' di  trattamento
si pone, a  parere  del  Tribunale,  in  evidente  contrasto  con  il
principio di ragionevolezza di cui  all'art.  3  Cost.,  inteso  come
necessaria coerenza interna  dell'ordinamento  giuridico,  e  con  il
divieto di discriminazione di cui al medesimo art. 3 Cost. 
    La fattispecie  penale  prevista  dall'art.  14,  comma  1  e  6,
inoltre, appare in contrasto anche con l'art. 2 Cost., in particolare
sotto il profilo  della  tutela  del  diritto  all'autodeterminazione
della coppia, costretta a subire - sia pure senza pregiudizio per  la
salute della donna (cosi' come  affermato  nella  sent.  n.  151/2009
della Corte Costituzionale)  -  un  futuro  impianto  degli  embrioni
affetti da patologie genetiche. Per conseguenza, non appare peregrino
ipotizzare   la   seguente   situazione,   anch'essa   incoerente   e
paradossale: la coppia, una volta  effettuato  l'impianto  nell'utero
della donna degli embrioni crioconservati (nei termini che  la  legge
prevede), potrebbe comunque scegliere  di  ricorrere  al  cd.  aborto
terapeutico, al fine di tutelare quel diritto che  la  Corte  EDU  ha
riconosciuto nella piu' volte  citata  sentenza  Costa  e  Pavan  (il
diritto al rispetto della vita privata e familiare di cui all'art.  8
CEDU include il desiderio della coppia  di  generare  un  figlio  non
affetto da malattia  genetica).  Ebbene,  l'assoggettare  a  sanzione
penale  l'operatore  medico  che  proceda  alla  soppressione   degli
embrioni soprannumerari affetti da malattie genetiche, costringerebbe
le coppie che fanno ricorso alle tecniche di  PMA,  e  che  volessero
evitare di procreare un figlio affetto da malattia genetica, a subire
in ogni caso l'impianto degli embrioni affetti da malattie  genetiche
- con evidente pregiudizio, della salute della donna se non sotto  il
profilo fisico, quantomeno da un punto di vista psicologico - nonche'
a seguire  necessariamente  la  strada  dell'interruzione  volontaria
della gravidanza: l'irragionevolezza della fattispecie penale di  cui
all'art. 14, comma 1  e  6,  legge  n.  40/2004,  dunque,  pregiudica
altresi' il  diritto  di  autodeterminazione,  garantito  nel  nostro
ordinamento  dall'art.  2  della  Costituzione.  Nei  termini   sopra
ricordati, risulta parimenti violato l'art. 117, comma 1,  Cost.,  in
relazione all'art. 8 CEDU. 
    Alla luce delle considerazioni appena svolte, ricorrono,  dunque,
le condizioni per sollevare questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 14, comma  1  e  comma  6,  della  legge  n.  40/2004,  per
contrasto con gli artt. 2, 3 e  117,  comma  1  Cost.,  in  relazione
all'art. 8 CEDU, nella parte in  cui  prevede  quale  fattispecie  di
reato il divieto assoluto - senza alcuna eccezione - di  soppressione
degli embrioni, non facendo salva l'ipotesi in cui tale condotta  sia
finalizzata  ad  evitare  l'impianto  nell'utero  della  donna  degli
embrioni affetti da malattie genetiche. 

(1) Peraltro, sulla questione dell'accesso alle tecniche  di  PMA  da
    parte delle coppie fertili, di recente il Tribunale  di  Roma  ha
    sollevato questione di costituzionalita' in relazione agli  artt.
    2, 3 e 32 della Costituzione (Trib. Roma, ord. 5.1.2014). 

(2) Cfr., inter alia, Corte  costituzionale,  ordinanza  n.  366  del
    2004; Corte costituzionale,  sentenza  n.  108  del  1991;  Corte
    costituzionale, sentenza n. 35 del 1997  (che  ha,  tra  l'altro,
    dichiarato inammissibile la richiesta referendaria di abrogazione
    dell'art. 6, della legge n. 194/1978). 
 
                              P. Q. M. 
 
    Visto l'art. 23, della legge 11 marzo 1953 n. 87; 
    Ritenuta la rilevanza e non manifesta infondatezza; 
    Rimette alla Corte costituzionale la  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 13, comma 3 lettera b) e comma 4,  legge  n.
40/2004, in relazione agli articoli 3 e  32  Cost.  e  117,  comma  1
Cost., in relazione all'art. 8 CEDU, nella parte in cui prevede quale
fattispecie di reato il divieto assoluto - senza alcuna  eccezione  -
di selezione eugenetica degli embrioni, non facendo  salva  l'ipotesi
in cui tale condotta sia finalizzata  all'impianto  nell'utero  della
donna dei soli embrioni non affetti da malattie genetiche o portatori
sani di malattie genetiche; 
    Rimette alla Corte costituzionale la  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 14, comma 1 e comma 6, legge n. 40/2004,  in
relazione agli articoli 2, 3 e  117,  comma  1  Cost.,  in  relazione
all'art. 8 CEDU, nella parte in  cui  prevede  quale  fattispecie  di
reato il divieto assoluto - senza alcuna eccezione - di  soppressione
degli embrioni, non facendo salva l'ipotesi in cui tale condotta  sia
finalizzata  ad  evitare  l'impianto  nell'utero  della  donna  degli
embrioni affetti da malattie genetiche; 
    Dispone  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale; 
    Sospende il giudizio; 
    Ordina che, a cura della Cancelleria, la presente  ordinanza  sia
notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e  comunicata  ai
Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
        Cosi' deciso in Napoli, il 3 aprile 2014 
 
                      Il Presidente: Ceppaluni 
 
 
                                          I Giudici: Cataldi - Mendia 
    Redatta  in  collaborazione  con  il  magistrato   ordinario   in
tirocinio generico, dott.ssa Luisa Vittoria Campanile.