N. 149 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 aprile 2014
Ordinanza del 3 aprile 2014 del Tribunale di Napoli nel procedimento penale a carico di D.B. ed altri. Procreazione medicalmente assistita - Sperimentazione sugli embrioni umani - Divieto di ogni forma di selezione a scopo eugenetico degli embrioni - Configurazione della violazione del divieto quale fattispecie di reato - Mancata previsione della salvezza dell'ipotesi in cui tale condotta sia finalizzata all'impianto nell'utero della donna dei soli embrioni non affetti da malattie genetiche o portatori sani di malattie genetiche - Violazione del principio di ragionevolezza - Lesione del diritto alla salute - Contrasto con la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo (CEDU), come interpretata dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, in relazione al diritto al rispetto della vita privata e familiare. - Legge 19 febbraio 2004, n. 40, art. 13, comma 3, lett. b), e comma 4. - Costituzione, artt. 3, 32 e 117, primo comma, in relazione all'art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali. Procreazione medicalmente assistita - Limiti all'applicazione delle tecniche sugli embrioni - Divieto della crioconservazione e della soppressione di embrioni - Configurazione della violazione del divieto quale fattispecie di reato - Mancata previsione della salvezza dell'ipotesi in cui tale condotta sia finalizzata ad evitare l'impianto nell'utero della donna degli embrioni affetti da malattie genetiche - Violazione dei principi di ragionevolezza e di non discriminazione - Contrasto con la tutela del diritto all'autodeterminazione della coppia - Contrasto con la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo (CEDU), come interpretata dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, in relazione al diritto al rispetto della vita privata e familiare. - Legge 19 febbraio 2004, n. 40, art. 14, comma 1, lett. b), e comma 6. - Costituzione, artt. 2, 3 e 117, primo comma, in relazione all'art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali.(GU n.39 del 17-9-2014 )
TRIBUNALE DI NAPOLI VI Sezione Penale - Collegio A Il Tribunale, composto dai magistrati: Giovanna Ceppaluni - Presidente; Alessandra Cataldi - Giudice; Barbara Mendia Giudice, a scioglimento della riserva di cui al verbale di udienza del 13 marzo 2014. Osserva Con decreto emesso dal GIP del Tribunale di Napoli il 6 dicembre 2013 D., B., D., D., I., R., S., D.G., S., S., d.F., A., D.M., L., V., I., W., G., M., G., M., R., F., V., C., S., S., L. e N. T. erano rinviati a giudizio per rispondere, tra l'altro, dei reati di cui agli artt. 416 c.p. e 81 cpv - 110 c.p. - art. 13, comma 3, lett. a) e b) e comma 4, nonche' art. 14, comma 1 e comma 6, della legge n. 40/2004, perche', tutti in concorso tra loro, nelle rispettive qualita' indicate al capo a), in esecuzione di un medesimo disegno o criminoso, in diverse occasioni, realizzavano la produzione di embrioni umani per fini diversi da quelli previsti dalla legge sulla procreazione assistita, la selezione eugenetica degli embrioni, la soppressione embroniaria; ed invero, tutti (ed in particolare n. 3 embrioni per la coppia G. - T., n. 3 embrioni per la coppia R. - S.) o alcuni embrioni prodotti in vitro all'esito dei trattamenti di P.M.A. praticati per moltissime coppie, non erano sottoposti a trasferimento nelle cavita' uterine delle pazienti ne' a criocongelamento, onde garantirne adeguate condizioni per il loro corretto sviluppo, ed in particolare venivano scartati gli embrioni analiticamente indicati nel capo h). All'udienza del 6 marzo 2014, verificata la regolare costituzione delle parti, i difensori degli imputati sollevavano le eccezioni analiticamente illustrate nella memoria depositata dall'avv.to Gennaro Lepre. Alla successiva udienza del 13 marzo 2014 il Tribunale, ascoltate le osservazioni del P.M. e dei difensori delle parti civili costituite, si riservava di provvedere. Il collegio ritiene di dovere affrontare preliminarmente la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 13 e 14, legge n. 40/2004, in relazione agli artt. 117, comma 1, Cost. e 8 Cedu, nonche' 3 e 32 Costituzione, di cui al punto 8) della memoria difensiva, alla quale va riconosciuto rilievo assorbente rispetto alle ulteriori eccezioni sollevate. 1. Sulla rilevanza della sollevata questione di illegittimita' costituzionale. Va innanzitutto affermata la rilevanza della questione ai fini della decisione del presente processo. Gli articoli di cui si assume l'incostituzionalita' prevedono, infatti, quali fattispecie di reato, le condotte di selezione a scopo eugenetico degli embrioni (art. 13, comma 3, lettera b) e comma 4) e di soppressione di embrioni (art. 14, comma 1 e comma 6), delle quali sono chiamati a rispondere gli odierni imputati, con la conseguenza che la decisione della Corte sulla questione di legittimita' costituzionale, prospettata nei termini che seguono - incidendo direttamente sulla rilevanza penale o meno delle condotte in contestazione - penale degli stessi. Del resto, secondo consolidato orientamento della stessa Corte costituzionale, cio' che conta ai fini della rilevanza del giudizio di costituzionalita' non e' solo l'influenza della pronuncia della Corte sul contenuto del giudizio reso dall'autorita' rimettente, ma anche l'influenza sul modo in cui questa raggiunge le proprie conclusioni, sull'iter logico che a queste lo conduce (Corte Cost., sentenza n. 148/1983; Corte Costituzionale, ordinanza n. 390/2005). Ne',per le ragioni che di seguito si esporranno, puo' accedersi ad una interpretazione costituzionalmente orientata delle norme in parola, risultando sotto tale profilo ostativa la formulazione delle relative fattispecie incriminatrici, che non lascia margine ad alcuna interpretazione restrittiva. Tanto premesso, il collegio ritiene non manifestamente infondata la sollevata questione di legittimita' costituzionale. 2. Sulla non manifesta infondatezza della sollevata questione di costituzionalita'. Al fine di chiarire i termini della sollevata questione di costituzionalita', alla quale va riconosciuta diretta incidenza sulla decisione da assumere nel processo in corso, appare necessaria una breve ricostruzione dell'evoluzione che la legge n. 40/2004 ha subito nel tempo rispetto alla sua originaria formulazione. 2.1 La sentenza della Corte costituzionale 151/2009 e l'art. 14, della legge n. 40/2004. Un fondamentale contributo della giurisprudenza costituzionale relativo alla legge del 19 febbraio 2004, n. 40, recante "Norme in materia di procreazione medicalmente assistita", e' rappresentato dalla sentenza n. 151/2009 del Giudice delle Leggi, con cui sono state riscritte alcune norme cardine della legge n. 40/2004. Si tratta, in particolare, della disciplina contenuta nell'art. 14: il comma 2 del suddetto articolo, nella sua formulazione originaria, stabiliva che "le tecniche di produzione degli embrioni, tenuto conto dell'evoluzione tecnico-scientifica e di quanto previsto dall'art. 7, comma 3, non devono creare un numero di embrioni superiore a quello strettamente necessario ad un unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre". La scelta del legislatore italiano rappresentava un unicum nel panorama europeo: la limitazione in questione, infatti, alla luce di un'analisi di diritto comparato, non trovava, e non trova, una disposizione di' analogo tenore nelle legislazioni sulle tecniche di PMA degli altri Paesi europei. Con la pronuncia n. 151 del 2009 la Corte costituzionale ha dichiarato l'incostituzionalita' dell'art. 14, comma 2, legge n. 40/2004, limitatamente alla parte in cui prevedeva il limite numerico di tre embrioni e l'obbligo di un unico e contemporaneo impianto. In conseguenza della dichiarazione di incostituzionalita' appena descritta, anche l'articolo 14, comma 1, della legge n. 40/2004, risulta sostanzialmente riscritto - come pure si evince dalla parte motiva della pronuncia della Corte costituzionale - in quanto il divieto generale di crioconservazione (tuttora comunque presente nel testo della legge) subisce una deroga: il ricorso alla tecnica del congelamento diviene necessario nel momento in cui, per scelta medica, gli embrioni soprannumerari non debbano essere immediatamente impiantati. L'intervento del giudice costituzionale ha riguardato anche il comma 3°, dell'art. 14 che, nella sua versione iniziale, era cosi' formulato: "Qualora il trasferimento degli embrioni non risulti possibile per grave e documentata causa di forza maggiore relativa allo stato di salute della donna non prevedibile al momento della fecondazione e' consentita la crioconservazione degli embrioni stessi fino alla data del trasferimento, da realizzare non appena possibile". A seguito della sentenza 151/2009 la norma in questione e' stata dichiarata incostituzionale nella parte in cui non prevedeva che il trasferimento degli embrioni - da realizzare "appena possibile" - dovesse avvenire senza pregiudizio per la salute della donna: in tal modo, la norma e' stata resa piu' confacente a quello che e' uno degli scopi principali della legge 40, vale a dire la tutela della salute della donna in bilanciamento con la tutela della salute dell'embrione (e, dunque, della vita sin dalle sue forme iniziali, come si deduce dall'art. 1 della legge in questione). 2.2 La Diagnosi Genetica Preimpianto (DGP) e la giurisprudenza in materia. Dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 151/2009, che ha apportato una prima e rilevante modifica al testo della legge n. 40/2004, sono sorte nuove questioni che hanno sollecitato la giurisprudenza, soprattutto civile e amministrativa, ad affrontare il problema della cd. Diagnosi Genetica Preimpianto (DGP) - tra l'altro non espressamente disciplinata nella legge italiana - e ad adottare un'interpretazione costituzionalmente orientata che consente la possibilita' di accedere a tale tecnica di indagine, funzionale essenzialmente all'individuazione degli embrioni affetti da gravi patologie genetiche e alla successiva cd. "selezione preimpianto", che, a sua volta, e' rivolta ad impedire il trasferimento nell'utero della donna dei soli embrioni affetti da gravi patologie. Invero, sebbene non formalmente prevista dal legislatore del 2004, alla DGP fa indiretto riferimento l'art. 13, della legge n. 40/2004, da cui possono essere enucleate le seguenti norme: il comma 1 pone un generale divieto di sperimentazione sugli embrioni umani; il comma 2 ammette la ricerca clinica e sperimentale sull'embrione solo se rivolta in via esclusiva a finalita' di tutela e sviluppo dell'embrione; il comma 3, lettera b), che viene in rilievo nei procedimento all'attenzione di questo Tribunale - vieta categoricamente la cd. "selezione eugenetica" degli embrioni. Tutte queste disposizioni limitative andrebbero pero' coordinate con l'art. 14, comma 5, della legge n. 40/2004, secondo il quale chi intende sottoporsi alle tecniche di PMA ha diritto di essere informato sullo stato di salute degli embrioni prodotti e da trasferire nell'utero. Orbene, un tal genere di informazioni puo' essere appunto assicurato soltanto dall'indagine genetica, ossia da una diagnosi genetica preimpianto. Al fine di risolvere l'antinomia trai divieti di cui all'art. 13 e il diritto riconosciuto dall'art. 14, comma 5, legge n. 40/2004, nel corso degli anni, ha iniziato a farsi strada, fra i giudici di merito, quell'interpretazione costituzionalmente orientata (sia pure non senza contrasti) a cui si e' fatto cenno: le argomentazioni a sostegno di tale interpretazione sono varie e si possono rintracciare in varie ordinanze dei tribunali civili (v., inter alia, Trib. Cagliari ord. 22-24.9.2007; Trib. Firenze ord. 17.12.2007; Trib. Firenze ord. 23.8.2008; Trib. Milano ord. 8.3.2009; Trib. Salerno ord. 9.1.2009; nonche' Trib. Roma 5.1.2014). In tal modo, dunque, gli articoli 13 e 14, della legge n. 40/2004 vengono interpretati dalla maggioranza dei giudici civili alla luce degli articoli 3 e 32 della Costituzione, consentendo alle coppie di accedere alla DGP (cfr., fra tutte, Trib. Cagliari, ord. 9.11.2012 che, in accoglimento delle doglianze di alcune coppie, ha riconosciuta il diritto di ottenere, nell'ambito delle tecniche di PMA, l'esame diagnostico degli embrioni e il trasferimento dei soli embrioni sani o portatori sani delle patologie). Avalla tale interpretazione l'ormai nota decisione della Corte Europea dei diritti dell'uomo, Costa e Pavan c. Italia (sentenza del 28.8.2012). Il giudice di Strasburgo si e' occupato in particolare delle condizioni di accessibilita', sotto il profilo soggettivo, alla DGP: nel caso sottoposto alla sua attenzione, i ricorrenti, coppia fertile, invocavano il diritto di accedere alla diagnosi preimpianto per poter generare un figlio non affetto da mucoviscidosi (di cui erano entrambi portatori). La Corte EDU ha cosi' dichiarato la violazione dell'art. 8 CEDU in quanto il desiderio dei ricorrenti di generare un figlio, non affetto dalla malattia genetica di cui sono portatori, rientra nel campo di tutela offerto dal diritto al rispetto della vita privata e familiare, disciplinato dall'art. 8 della Convenzione. Dopo la sentenza resa a Strasburgo tre sono le ipotesi che si possono configurare, laddove si tratti di coppie portatrici di malattie geneticamente trasmissibili: 1) le coppie infertili o sterili che ottengono l'accesso alla DGP su autorizzazione del giudice nazionale, che accoglie l'interpretazione costituzionalmente orientata sopra ricordata; 2) le coppie infertili o sterili che non ottengono dal giudice nazionale l'autorizzazione alla DGP e potrebbero presentare ricorso alla Corte europea di diritti dell'uomo; 3) le coppie non infertili, ne' sterili, che - stante i limiti soggettivi di accesso alle tecniche di PMA previsti dall'art. 4, della legge n. 40/2004 (1) - non possono ricorrere alle tecniche di PMA (DGP compresa) e potrebbero presentare ricorso alla Corte di Strasburgo per violazione dell'art. 46 CEDU, in quanto farebbero valere l'inadempimento all'obbligo dello Stato italiano di eseguire le pronunce della Corte EDU (nel caso di specie, la summenzionata sentenza Costa e Pavan). 2.3 La questione di costituzionalita' degli articoli 13 e 14, della legge 40/2004. Fatte queste necessarie premesse, che consentono di evidenziare alcune delle modifiche apportate, per via giurisprudenziale, ad una legge inizialmente piu' restrittiva, occorre soffermarsi sui motivi che inducono questo Tribunale a dubitare della legittimita' costituzionale degli articoli 13, comma 3, lett. b) e comma 4, e 14, comma 1 e comma 6, della legge n. 40/2004, laddove tali disposizioni prevedono quali ipotesi di reato - contestate agli imputati del procedimento pendente dinanzi a questo Tribunale - rispettivamente, le condotte di selezione eugenetica e quelle di soppressione degli embrioni soprannumerari senza limitazione alcuna: i divieti penali in parola, cioe', sono stabiliti in via assoluta dal legislatore e non soffrono alcuna eccezione. - Sull'art. 13, comma 3, lettera b) e comma 4, della legge n. 40/2004. Tenuto conto delle premesse svolte sulla possibilita' di accedere alla cd. Diagnosi Genetica Preimpianto per le coppie portatrici di malattie genetiche trasmissibili, l'art. 13, comma 3, lettera b), in base al quale e' comunque vietata "ogni forma di selezione a scopo eugenetico degli embrioni e dei gameti ovvero interventi che, attraverso tecniche di selezione, di manipolazione o comunque tramite procedimenti artificiali, siano diretti ad alterare il patrimonio genetico dell'embrione o del gamete o a predeterminare caratteristiche genetiche, ad eccezione degli interventi aventi finalita' diagnostiche e terapeutiche, di cui al comma 2 del presente articolo", deve ritenersi incostituzionale in relazione agli artt. 3 e 32 Cost. e 117, comma 1, Cost., in relazione all'art. 8 CEDU, nella parte in cui non consente, a seguito dell'accesso alla DGP (che e' oggi ritenuto possibile alla luce della ricordata interpretazione costituzionalmente orientata), la selezione eugenetica degli embrioni volta ad impedire il trasferimento nell'utero della donna dei soli embrioni affetti da gravi patologie. Ed invero, le condotte di cui al comma 3, lett. b), dell'art. 13 - contestate agli imputati del procedimento penale pendente dinanzi a questo Tribunale - sono vietate e munite di sanzione penale ai sensi dell'art. 13, comma 4, legge n. 40/2004. L'impossibilita' per il medico di realizzare la selezione eugenetica, volta a consentire trasferimento nell'utero della donna dei soli embrioni sani o portatori sani di malattie genetiche, se non incorrendo in una sanzione penale, rende innanzitutto non effettivo il diritto alla possibilita' di accedere alla DGP. Si tratterebbe, infatti, di un'indagine fine a se' stessa, senza possibilita' di trarne vantaggi rispetto alla finalita', di cui all'art. 1, legge n. 40/2004, di tutela della salute dell'embrione stesso, in evidente contraddizione con gli scopi avuti di mira dalla stessa legge, ed in violazione del diritto alla salute di cui all'art. 32 Cost. La sanzione penale cui va incontro l'operatore medico che, nonostante il divieto di cui all'art. 13, comma 3, lett. b), decida di procedere alla selezione come sopra descritta, rivela una contraddizione anche sotto altro profilo: questo Tribunale ritiene irragionevole l'ipotesi di reato prevista dal combinato disposto di cui all'art. 13, comma 3, lett. b), e comma 4, alla luce dell'interpretazione costituzionalmente orientata sopra ricordata e largamente diffusa, ormai, nella giurisprudenza civile, che si risolve nel consentire al giudice di autorizzare l'accesso alla DGP ed alla conseguente selezione preimpianto degli embrioni prodotti (cfr. sul punto, inter alia, Trib. Cagliari, ord. 9.11.2012 cit., che, in accoglimento delle doglianze di alcune coppie, ha riconosciuto il diritto di ottenere, nell'ambito delle tecniche di PMA, l'esame diagnostico degli embrioni e il trasferimento dei soli embrioni sani o portatori sani delle patologie). Le norme della cui legittimita' costituzionale si dubita appaiono, pertanto, in contrasto con l'art. 3 Cost. per violazione del principio di ragionevolezza, corollario del principio di uguaglianza. Il contrasto con la Costituzione degli articoli 13, comma 3, lett. b) e comma 4, si manifesta, inoltre, con riguardo all'art. 117, comma 1, Cost., in relazione all'art. 8 della CEDU, come interpretato nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, laddove ha affermato che il diritto al rispetto della vita privata e familiare include il desiderio della coppia di generare un figlio non affetto da malattia genetica (in tal senso, C. EDU, Costa e Pavan c. Italia, sentenza del 28.8.2012, par. 57). Tale diritto risulta evidentemente compromesso dalla previsione della fattispecie delittuosa in questione - contestata agli imputati del presente procedimento - che pone il medico di fronte alla "scelta" tra il violare una norma penale, incorrendo nella relativa sanzione, oppure l'astenersi dalla selezione preimpianto, rendendo cosi' impossibile la realizzazione del diritto della coppia di generare un figlio non affetto da malattia genetica. Alla luce delle considerazioni appena svolte, ricorrono, dunque, le condizioni per sollevare questione di legittimita' costituzionale dell'art. 13, comma 3, lett. b), e comma 4, della legge n. 40/2004, per contrasto con gli articoli 3 e 32 Cost. e 117, comma 1 Cost., in relazione all'art. 8 CEDU, nella parte in cui prevede quale fattispecie di reato il divieto assoluto - senza alcuna eccezione - di selezione eugenetica degli embrioni, non facendo salva l'ipotesi in cui tale condotta sia finalizzata all'impianto nell'utero della donna dei soli. embrioni non affetti da malattie genetiche o portatori sani di malattie genetiche. - Sull'art. 14, comma 1 e comma 6, della legge n. 40/2004. Strettamente connessa alla sollevata questione di costituzionalita' dell'art. 13, comma 3, lett. b), e comma 4, e' anche quella che questo Tribunale ritiene di dover sollevare in relazione alla condotta prevista dall'art. 14, comma 1, e punita dall'art. 14, comma 6, legge n. 40/2004, parimenti contestata agli imputati del presente procedimento: la sospetta incostituzionalita' della norma e' collegata al fatto che il divieto di soppressione degli embrioni soprannumerari e' rimasto inalterato anche dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 151 del 2009, intervenuta prima della sentenza della Corte EDU, Costa e Pavan c. Italia, ed in un momento in cui non appariva ancora diffusa l'interpretazione costituzionalmente orientata che consente alle coppie portatrici di malattie genetiche accedere alla DGP. Si renderebbe pertanto necessario, ritenuta condivisibile l'interpretazione costituzionalmente orientata con riferimento al diritto di accesso alle tecniche di DGP - piu' volte ricordata - una restrizione della fattispecie penale in questione, alla luce del fatto che, stante il tenore dell'art. 14, comma 1, il divieto di soppressione degli embrioni soprannumerari e' previsto, e sanzionato penalmente dal successivo comma 6, dell'art. 14, della legge n. 40/2004, in modo assoluto, senza possibilita' di rinvenire eccezione alcuna. L'art. 14, comma 1 e comma 6, in effetti, appare contrario al dettato costituzionale nella parte in cui sanziona penalmente la soppressione degli embrioni soprannumerari affetti da patologie genetiche. Ed invero, la sentenza n. 151/2009 della Corte costituzionale ha chiarito la sorte degli embrioni soprannumerari, stabilendo che anche quelli che risultano affetti da malattie genetiche devono essere crioconservati, onde consentirne un corretto sviluppo ed al fine di un futuro impianto nell'utero della donna, quando esso possa essere fatto senza pregiudizio per la sua salute. Tuttavia, la norma della cui legittimita' costituzionale qui si dubita, appare innanzitutto in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, inteso sia come principio di ragionevolezza (corollario del principio di uguaglianza), sia come principio di non discriminazione, in quanto implica una situazione paradossale e discriminatoria all'interno del nostro ordinamento: l'art. 14, comma 1 e comma 6, legge n. 40/2004, infatti, prevede una sanzione penale pei i medici che, pur in presenza di una richiesta di selezione preimpianto, procedano alla soppressione degli embrioni affetti da malattie genetiche, laddove, viceversa, l'art. 6, della legge n. 194/1978 (che ha gia' superato piu' volte positivamente il vaglio della Corte costituzionale) (2) consente agli operatori sanitari di praticare l'aborto terapeutico - anche oltre il termine di 90 giorni dall'inizio della gravidanza - in presenza di "processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro". La descritta disparita' di trattamento si pone, a parere del Tribunale, in evidente contrasto con il principio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., inteso come necessaria coerenza interna dell'ordinamento giuridico, e con il divieto di discriminazione di cui al medesimo art. 3 Cost. La fattispecie penale prevista dall'art. 14, comma 1 e 6, inoltre, appare in contrasto anche con l'art. 2 Cost., in particolare sotto il profilo della tutela del diritto all'autodeterminazione della coppia, costretta a subire - sia pure senza pregiudizio per la salute della donna (cosi' come affermato nella sent. n. 151/2009 della Corte Costituzionale) - un futuro impianto degli embrioni affetti da patologie genetiche. Per conseguenza, non appare peregrino ipotizzare la seguente situazione, anch'essa incoerente e paradossale: la coppia, una volta effettuato l'impianto nell'utero della donna degli embrioni crioconservati (nei termini che la legge prevede), potrebbe comunque scegliere di ricorrere al cd. aborto terapeutico, al fine di tutelare quel diritto che la Corte EDU ha riconosciuto nella piu' volte citata sentenza Costa e Pavan (il diritto al rispetto della vita privata e familiare di cui all'art. 8 CEDU include il desiderio della coppia di generare un figlio non affetto da malattia genetica). Ebbene, l'assoggettare a sanzione penale l'operatore medico che proceda alla soppressione degli embrioni soprannumerari affetti da malattie genetiche, costringerebbe le coppie che fanno ricorso alle tecniche di PMA, e che volessero evitare di procreare un figlio affetto da malattia genetica, a subire in ogni caso l'impianto degli embrioni affetti da malattie genetiche - con evidente pregiudizio, della salute della donna se non sotto il profilo fisico, quantomeno da un punto di vista psicologico - nonche' a seguire necessariamente la strada dell'interruzione volontaria della gravidanza: l'irragionevolezza della fattispecie penale di cui all'art. 14, comma 1 e 6, legge n. 40/2004, dunque, pregiudica altresi' il diritto di autodeterminazione, garantito nel nostro ordinamento dall'art. 2 della Costituzione. Nei termini sopra ricordati, risulta parimenti violato l'art. 117, comma 1, Cost., in relazione all'art. 8 CEDU. Alla luce delle considerazioni appena svolte, ricorrono, dunque, le condizioni per sollevare questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 1 e comma 6, della legge n. 40/2004, per contrasto con gli artt. 2, 3 e 117, comma 1 Cost., in relazione all'art. 8 CEDU, nella parte in cui prevede quale fattispecie di reato il divieto assoluto - senza alcuna eccezione - di soppressione degli embrioni, non facendo salva l'ipotesi in cui tale condotta sia finalizzata ad evitare l'impianto nell'utero della donna degli embrioni affetti da malattie genetiche. (1) Peraltro, sulla questione dell'accesso alle tecniche di PMA da parte delle coppie fertili, di recente il Tribunale di Roma ha sollevato questione di costituzionalita' in relazione agli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione (Trib. Roma, ord. 5.1.2014). (2) Cfr., inter alia, Corte costituzionale, ordinanza n. 366 del 2004; Corte costituzionale, sentenza n. 108 del 1991; Corte costituzionale, sentenza n. 35 del 1997 (che ha, tra l'altro, dichiarato inammissibile la richiesta referendaria di abrogazione dell'art. 6, della legge n. 194/1978).
P. Q. M. Visto l'art. 23, della legge 11 marzo 1953 n. 87; Ritenuta la rilevanza e non manifesta infondatezza; Rimette alla Corte costituzionale la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 13, comma 3 lettera b) e comma 4, legge n. 40/2004, in relazione agli articoli 3 e 32 Cost. e 117, comma 1 Cost., in relazione all'art. 8 CEDU, nella parte in cui prevede quale fattispecie di reato il divieto assoluto - senza alcuna eccezione - di selezione eugenetica degli embrioni, non facendo salva l'ipotesi in cui tale condotta sia finalizzata all'impianto nell'utero della donna dei soli embrioni non affetti da malattie genetiche o portatori sani di malattie genetiche; Rimette alla Corte costituzionale la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 1 e comma 6, legge n. 40/2004, in relazione agli articoli 2, 3 e 117, comma 1 Cost., in relazione all'art. 8 CEDU, nella parte in cui prevede quale fattispecie di reato il divieto assoluto - senza alcuna eccezione - di soppressione degli embrioni, non facendo salva l'ipotesi in cui tale condotta sia finalizzata ad evitare l'impianto nell'utero della donna degli embrioni affetti da malattie genetiche; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Sospende il giudizio; Ordina che, a cura della Cancelleria, la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in Napoli, il 3 aprile 2014 Il Presidente: Ceppaluni I Giudici: Cataldi - Mendia Redatta in collaborazione con il magistrato ordinario in tirocinio generico, dott.ssa Luisa Vittoria Campanile.