N. 151 ORDINANZA (Atto di promovimento) 31 ottobre 2013
Ordinanza del 31 ottobre 2013 emessa dal Tribunale di Ancona nei procedimenti civili riuniti promossi da Rillo Maurizio e Sordoni Fabrizio contro Regione Marche. Impiego pubblico - Norme della Regione Marche - Uffici stampa, documentazione e pubbliche relazioni del Consiglio e della giunta regionale - Previsione che il personale regionale di ruolo iscritto all'ordine dei giornalisti negli uffici stampa della Regione puo' optare per il trattamento economico previsto dal contratto collettivo di lavoro giornalistico e che, in tal caso, il rapporto di lavoro e' trasformato in rapporto a tempo indeterminato non di ruolo - Esorbitanza della sfera di competenza legislativa regionale per violazione del principio posto dal d.lgs. n. 165/2001 (artt. 2 e 45), secondo il quale il trattamento economico dei dipendenti pubblici il cui rapporto di lavoro e' stato "privatizzato" deve essere disciplinato dalla contrattazione collettiva - Ingiustificato diverso trattamento rispetto ai componenti degli uffici stampa della Regione Siciliana a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 189/2007. - Legge della Regione Marche 6 agosto 1997, n. 51, art. 7, comma 3. - Costituzione, artt. 3 e 117; decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, artt. 1, comma 3, e 45; legge 7 giugno 2000, n. 150, artt. 9, comma 5, e 10.(GU n.40 del 24-9-2014 )
TRIBUNALE DI ANCONA Il Giudice del Lavoro, dott.ssa Arianna Sbano; Sciogliendo la riserva assunta all'udienza del 14 maggio 2013; Lette le note pervenute nel termine concesso; Dato atto dell'avvenuta riunione al presente procedimento n. 6/12 pendente tra: Rillo Maurizio, residente ad Ancona, rappresentato e difeso dall'avv. Mauro Buontempi ed elettivamente domiciliato/a presso lo studio in Ancona, Via Cardeto 3/b ricorrente e Regione Marche - in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dall'Avv. M.G. Moretti, elettivamente domiciliato presso la sede di Ancona, P.zza Cavour 23 resistente del procedimento portante il n. 9/12 RGL pendente tra: Sordoni Fabrizio, residente ad Ancona, rappresentato e difeso dall'avv. Mauro Buontempi ed elettivamente domiciliato/a presso lo studio in Ancona, Via Cardeto 31b ricorrente e Regione Marche - in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dall'Avv. M.G. Moretti, elettivamente domiciliato presso la sede di Ancona, P.zza Cavour 23 resistente ha pronunciato la seguente Ordinanza Rilevato in Fatto Con due ricorsi al giudice del lavoro del suintestato Tribunale depositati in data 4 gennaio 2012, i ricorrenti in epigrafe indicati, entrambi dipendenti della Regione Marche, il Rillo con inquadramento nella sesta qualifica funzionale, figura professionale di fotografo di illustrazione ed iscritto, a far data dal 18 settembre 2006 all'albo dei giornalisti, elenco pubblicisti, di Ancona ed il Sordoni con inquadramento nella quinta qualifica funzionale, figura professionale di operatore dei servizi generali al servizio stampa e pubbliche relazioni, pure iscritto all'albo dei giornalisti, lamentano l'illegittimo rifiuto sin ad ora opposto dalla Regione all'applicazione del trattamento retributivo previsto dal CCNL Giornalisti. I ricorrenti, infatti, esercitavano il diritto di opzione previsto dall'art. 7 comma 3 della L.R. n. 51/1997, il Rillo, in data 15 novembre 2006, ed il Sordoni, in data 11 agosto 2006. Tale articolo 7 (Strumenti per l'informazione diretta della Regione) cosi' recita: «1. I servizi stampa, documentazione e pubbliche relazioni del Consiglio e della Giunta regionale coordinano l'attivita' di informazione, di documentazione e di promozione esterna della Regione. 2. Il personale degli uffici stampa della Regione che svolge attivita' giornalistica deve essere iscritto all'ordine dei giornalisti. 3. Il personale regionale di ruolo iscritto all'ordine dei giornalisti e che svolge mansioni giornalistiche negli uffici stampa della Regione puo' optare per il trattamento economico previsto dal contratto collettivo di lavoro giornalistico. In tal caso il rapporto di lavoro e' trasformato in rapporto a tempo indeterminato non di ruolo». Chiedono, dunque, i ricorrenti che la Regione Marche sia condannata ad applicare nei loro confronti il trattamento economico proprio del contratto nazionale giornalistico a tempo indeterminato con il riconoscimento della qualifica di redattore con trenta mesi di attivita', con conseguente obbligo di iscrizione all'INPGI e diritto al pagamento di differenze retributive pari ad euro 47.646,35 per il Rillo, ed ad euro 62.067,51 per il Sordoni. La Regione Marche, pur dando atto della legittimita' e conformita' alle disposizioni di legge delle domande avanzate dai propri dipendenti, ometteva di darvi corso, accampando, da un lato, problemi di organico, dall'altro, problemi di' contenimento della spesa pubblica e mancanza di' copertura economico-finanziaria. All'udienza del 14 maggio 2013, questo decidente ha rilevato la sussistenza di una possibile questione di costituzionalita' della norma regionale invocata dai pubblici dipendenti ed ha assegnato alle parti termine per il deposito di note difensive per dedurre in merito. Ritenuto in Diritto 1. - Sulla rilevanza della questione di legittimita' costituzionale nel giudizio a quo. Ebbene, si ritiene, innanzitutto, che la questione di legittimita' costituzionale qui prospettata sia rilevante ai fini della decisione, dal momento che dall'applicazione delle disposizioni di legge invocate puo' dipendere l'accoglimento del ricorso, determinando, in particolare, non soltanto l'estensione di un contratto collettivo di diritto comune ai dipendenti degli enti locali addetti agli uffici stampa, con le correlate complessive conseguenze economiche e giuridiche, ma anche, specificamente, un incremento del loro trattamento retributivo, come risulta, specificamente, dai conteggi depositati in giudizio dai lavoratori senza contestazione da parte dell'ente territoriale. In particolare, si rileva che la Regione Marche, costituendosi in giudizio, non ha contestato l'esistenza dei requisiti per l'applicazione della normativa invocata dai ricorrenti ed, in particolare, la circostanza dello svolgimento di attivita' giornalistica, come da attestazioni rilasciate in proposito dal capo redattore, su richiesta del dirigente del Servizio Risorse Umane (v. doc. 8 e 5 fascicoli parte ricorrente). Considerato, poi, che la definizione dei due procedimenti dipende dalla medesima questione di diritto, sussistono valide ragioni per disporre la riunione degli stessi, ai sensi dell'art. 274 c.p.c. e dell'art. 151 disp. att. c.p.c.. 2. - Sulla non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale formulata. 2.1. Violazione degli artt. 117 e 3 Cost. Tanto esposto in ordine alla rilevanza della questione, quanto alla non manifesta infondatezza della stessa, va rilevato che la disposizione di legge che si intende porre al vaglio della Corte costituzionale pare confliggere con il quadro costituzionale, precisamente con gli artt. 117 e 3 della Costituzione. Codesta Corte ha gia' avuto modo di esaminare questione del tutto similare, se non identica, con la sentenza n. 189/2007. In quell'occasione, erano al vaglio delle disposizioni di legge emanate dalla Regione Sicilia, in particolare, l'art. 58 della legge regionale n. 33 del 1996 e successive modificazioni - nella parte in cui prevede l'applicazione del contratto nazionale di lavoro giornalistico nella sua interezza ai giornalisti impiegati negli uffici stampa -; l'art. 16 della legge regionale n. 8 del 2000 - nella parte in cui stabilisce che «ai componenti degli uffici stampa si attribuisce la qualifica ed il trattamento contrattuale di capo servizio» -, sia infine dall'art. 127 della legge regionale n. 2 del 2002, nella parte in cui prevede che «in sede di prima applicazione ai giornalisti componenti gli uffici stampa gia' esistenti presso gli enti di cui all'articolo 1 della legge regionale 30 aprile 1991, n. 10, e' attribuita la qualifica ed il trattamento contrattuale di redattore capo, in applicazione del Contratto nazionale di lavoro giornalistico ed in sintonia con l'art. 72 della legge regionale 29 ottobre 1985, n. 41. In quella pronuncia, la Corte dava conto del fatto di avere «gia' affermato che il rapporto di impiego alle dipendenze di Regioni ed enti locali, essendo stato "privatizzato" in virtu' dell'art. 2 della legge n. 421 del 1992, dell'art. 11, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa), e dei decreti legislativi emanati in attuazione di quelle leggi delega, e' retto dalla disciplina generale dei rapporti di lavoro tra privati ed e', percio', soggetto alle regole che garantiscono l'uniformita' di tale tipo di rapporti (sentenza n. 95 del 2007). Conseguentemente i principi fissati dalla legge statale in materia costituiscono tipici limiti di diritto privato, fondati sull'esigenza, connessa al precetto costituzionale di eguaglianza, di garantire l'uniformita' nel territorio nazionale delle regole fondamentali di diritto che disciplinano i rapporti fra privati e, come tali, si impongono anche alle Regioni a statuto speciale (sentenze n. 234 e n. 106 del 2005; n. 282 del 2004)». In particolare, poi, proseguiva la Corte, «dalla legge n. 421 del 1992 puo' trarsi il principio (confermato anche dagli artt. 2, comma 3, terzo e quarto periodo, e 45 del d. lgs. n. 165 del 2001) della regolazione mediante contratti collettivi del trattamento economico dei dipendenti pubblici (sentenze n. 308 del 2006 e n. 314 del 2003) che, per le ragioni sopra esposte, si pone quale limite anche della potesta' legislativa esclusiva che l'art. 14, lettera o), dello statuto di autonomia speciale attribuisce alla Regione Sicilia in materia di "regime degli enti locali"». Dunque, alla luce di tali rilievi, appariva chiara «l'illegittimita' costituzionale delle disposizioni legislative regionali oggetto delle questioni sollevate dal Tribunale di Marsala. Si tratta, infatti, di norme che determinano il trattamento economico dei dipendenti degli enti locali addetti agli uffici stampa delle amministrazioni di appartenenza. Esse hanno previsto, in un primo momento (art. 58 della legge regionale n. 33 del 1996), che a quei lavoratori si applica il contratto collettivo nazionale di lavoro dei giornalisti; poi (art. 16 della legge regionale n. 8 del 2000), che ad essi e' attribuita la qualifica ed il trattamento di capo servizio; infine (art. 127 della legge regionale n. 2 del 2002), che la qualifica ed il trattamento economico che spetta loro e' quella di redattore capo. Le norme censurate si pongono, quindi, in contrasto con il generale principio secondo il quale il trattamento economico dei dipendenti pubblici il cui rapporto di lavoro e' stato «privatizzato» deve essere disciplinato dalla contrattazione collettiva. Non e' condivisibile l'assunto espresso sia dalle parti private, sia dalla Regione, secondo cui quel principio nella fattispecie non sarebbe stato leso perche' le norme impugnate fanno comunque rinvio ad una fonte contrattuale collettiva, quale il contratto collettivo nazionale di lavoro giornalistico. In primo luogo, perche' le norme censurate non si limitano a rinviare alla contrattazione collettiva di un certo settore, ma specificano anche la qualifica ed il trattamento economico che deve essere riconosciuto agli addetti agli uffici stampa (e quindi, per il personale in questione, la disciplina di questi fondamentali aspetti del rapporto di impiego e' il frutto, non del libero esplicarsi dell'autonomia negoziale collettiva, bensi' dell'intervento del legislatore). In secondo luogo, e piu' in generale, perche' le disposizioni impugnate in realta' non dispongono che il rapporto di lavoro degli addetti agli uffici stampa debba essere regolato dalla contrattazione collettiva, bensi' individuano esse stesse il trattamento che si deve applicare a quel personale (appunto, quello previsto dal contratto collettivo del lavoro giornalistico), onde gli agenti negoziali rappresentativi delle categorie delle amministrazioni datrici di lavoro e dei dipendenti interessati non possono contrattare alcunche' in proposito. Neppure e' possibile sostenere che le disposizioni sul trattamento giuridico degli addetti agli uffici stampa sarebbero strettamente funzionali alla regolamentazione di quegli uffici, onde le norme impugnate sarebbero legittime perche' dirette, in realta', a disciplinare gli uffici stampa. Invero, la definizione della struttura e delle funzioni degli uffici stampa e' aspetto diverso da quello dell'individuazione della fonte della disciplina del rapporto di impiego di chi a quegli uffici sia addetto. Ne' si scorgono le ragioni per le quali l'applicazione del trattamento economico previsto dal contratto collettivo di lavoro giornalistico sarebbe funzionale alla garanzia della trasparenza e dell'obiettivita' dell'informazione dovuta dalla pubblica amministrazione ai cittadini». Sulla base di tali motivazioni, la Corte dichiarava l'illegittimita' costituzionale dell'art. 58, comma 1, della legge della Regione Sicilia 18 maggio 1996, n. 33 nella parte in cui prevede che il contratto nazionale di lavoro giornalistico si applica anche ai giornalisti che fanno parte degli uffici stampa degli enti locali; dell'art. 16, comma 2, della legge della Regione Sicilia 17 marzo 2000, n. 8 nella parte in cui prevede che la qualifica ed il trattamento contrattuale di caposervizio si applica anche ai componenti degli uffici stampa degli enti locali; dell'art. 127, comma 2, della legge della Regione Sicilia 26 marzo 2002, n. 2 nella parte in cui prevede che ai giornalisti componenti gli uffici stampa gia' esistenti presso gli enti locali e' attribuita la qualifica ed il trattamento contrattuale di redattore capo, in applicazione del contratto nazionale di lavoro giornalistico. Orbene, le medesime censure paiono valere anche con riguardo alla legislazione emanata dalla Regione Marche, con particolare riguardo all'art. 7 comma 3 della L.R. n. 51/1997 che prevede che «Il personale regionale di ruolo iscritto all'ordine dei giornalisti e che svolge mansioni giornalistiche negli uffici stampa della Regione puo' optare per il trattamento economico previsto dal contratto collettivo di lavoro giornalistico. In tal caso il rapporto di lavoro e' trasformato in rapporto a tempo indeterminato non di ruolo». Dunque, anche il legislatore marchigiano, nel prevedere che, addirittura a domanda del singolo dipendente, gli addetti agli uffici stampa della Regione possano optare per il trattamento economico previsto dal contratto collettivo di lavoro giornalistico, risulta avere violato i limiti della potesta' legislativa regionale ai sensi dell'art. 117 Cost. ed, in particolare, il generale principio, desumibile dagli artt. 2 e 45 del D.lgs. 165/2001, secondo il quale il trattamento economico dei dipendenti pubblici il cui rapporto di lavoro e' stato «privatizzato» deve essere disciplinato dalla contrattazione collettiva. Si ricorda, infatti, che ai sensi dell'art. 1, comma 3, del decreto legislativo n. 165/2001, «Le disposizioni del presente decreto costituiscono principi fondamentali ai sensi dell'art. 117 della Costituzione. Le regioni a statuto ordinario si attengono ad esse tenendo conto delle peculiarita' dei rispettivi ordinamenti. I principi desumibili dall'art. 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, e successive modificazioni e dall'art. 11, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni ed integrazioni, costituiscono altresi', per le Regioni a statuto speciale e per le Province autonome di Trento e di Bolzano, norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica». Nella specie, appare, inoltre, rilevante anche denunciare il contrasto con quanto dettato dall'art. 9, comma 5 della Legge 7 giugno 2000 n. 150, il quale cosi recita: «negli uffici stampa l'individuazione e la regolamentazione dei profili professionali sono affidate alla contrattazione collettiva nell'ambito di una speciale area di contrattazione, con l'intervento delle organizzazioni rappresentative della categoria dei giornalisti. Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica». Ebbene, anche tale previsione normativa e' dotata di copertura costituzionale nei confronti del legislatore regionale, in forza dell'art. 10 della stessa legge n. 150/2000. Dunque, comportando l'applicazione della disposizione di cui alla L.R. n. 51/97 un sicuro e sensibile incremento della retribuzione posta a carico della finanza pubblica, anche sotto tale aspetto, si denuncia un ulteriore motivo di illegittimita' costituzionale ferma restando, comunque, la gia' dedotta violazione del sistema delle fonti sulla disciplina del rapporto di impiego costituzionalmente garantito. 3. - Conclusivamente, il giudice del lavoro, per le considerazioni che precedono, non ravvisando la possibilita' di procedere oltre nel giudizio in corso, senza la preventiva decisione della Corte Costituzionale sulla pregiudiziale questione di illegittimita' dell'art. 7 comma 3 L.R. Marche n. 51/1997 prospettata nei sensi come sopra esposti, solleva d'ufficio la relativa questione.
P.Q.M. Visti gli artt. 134 e ss. Cost., 1 l. 9 febbraio 1948, n. 1 e 23, II co. e ss. l. 11 marzo 1953, n. 87, riservata ogni altra pronuncia in rito, nel merito e sulle spese, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 7 comma 3 L.R. Marche 6 agosto 1997, n. 51 (Norme per il sostegno dell'informazione e dell'editoria locale) nella parte in cui prevede che «Il personale regionale di ruolo iscritto all'ordine dei giornalisti e che svolge mansioni giornalistiche negli Uffici stampa della Regione puo' optare per il trattamento economico previsto dal contratto collettivo di lavoro giornalistico. In tal caso il rapporto di lavoro e' trasformato in rapporto a tempo indeterminato non di ruolo», in riferimento agli artt. 3 e 117 della Costituzione, artt. 1, comma 3, e 45 del decreto legislativo n. 165/2001 ed artt. 9 comma 5 e 10 della legge n. 150/2000, rimettendola alla Corte costituzionale per la sua decisione; sospende il presente giudizio in attesa della decisione del Giudice delle Leggi sulla questione prospettata; dispone che, a cura cancelleria, gli atti siano immediatamente trasmessi alla Corte costituzionale e siano eseguite notifica della presente ordinanza alle parti in causa nonche' al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicazione ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Ancona, 31 ottobre 2013 Il Giudice: dott.ssa Arianna Sbano