N. 152 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 febbraio 2014

Ordinanza del 20 febbraio 2014 emessa dal  Tribunale  di  Ancona  nei
procedimenti civili riuniti promossi  da  Ritossa  Gabriele,  Zaffiro
Ancona S.r.l. e  Zaffiro  Montesicuro  S.r.l.  contro  Agenzia  delle
entrate - Direzione provinciale di Ancona.. 
 
Impiego pubblico  -  Compensi  conferiti  a  pubblici  dipendenti  da
  soggetti privati o enti pubblici diversi da quelli di  appartenenza
  (nella specie, incarichi professionali conferiti a dipendenti della
  Marina  militare  da  societa'  commerciali)  -  Previsto  obbligo,
  sanzionato con pena  pecuniaria,  di  comunicazione  dei  compensi,
  entro  quindici  giorni  dall'erogazione,  all'amministrazione   di
  appartenenza dei soggetti incaricati - Violazione del principio  di
  uguaglianza per irragionevolezza - Violazione del diritto di difesa
  - Eccesso di delega. 
- Decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, art. 53, comma 15. 
- Costituzione, artt. 3, 24, 76 e 77; legge 15  marzo  1997,  n.  59,
  art. 11, comma 4; legge 23 ottobre 1992, n. 421. 
(GU n.40 del 24-9-2014 )
 
                         TRIBUNALE DI ANCONA 
 
    Il Giudice del Lavoro, dott.ssa  Arianna  Sbano,  sciogliendo  la
riserva assunta all'udienza del 7.2.2013; 
    nelle cause  tra:  Ritossa  Gabriele,  Zaffiro  Ancona  s.r.l.  e
Zaffiro Montesicuro s.r.l., rappresentati e difesi  dagli  avv.ti  P.
Niccolaini, G.P. Businello, A. Ventura ed elettivamente domiciliato/a
presso lo studio in Ancona, Via Goito 3 ricorrente  e  Agenzia  delle
Entrate - Direzione Provinciale di Ancona in  persona  del  Direttore
Provinciale, elettivamente domiciliata presso la sede di Ancona,  via
Palestro 15 resistente, ha pronunciato la seguente 
 
                              Ordinanza 
 
1. - Sulla rilevanza della questione di  legittimita'  costituzionale
nel giudizio a quo. 
    Preliminarmente, si da' atto che e' stata  disposta  la  riunione
dei procedimenti n. 2276 e 2277 del 2011  a  quello  di  piu'  remota
iscrizione portante il n. 2275/2011R.G.L. per ragioni di  connessione
parzialmente  oggettiva  e  soggettiva  ed  in  quanto   procedimenti
interessati dalla soluzione della medesima questione di  legittimita'
costituzionale. 
    In  tali  procedimenti,  parte  ricorrente  propone   opposizione
avverso una  serie  di  ordinanze  ingiunzione  (le  nn.  10155/2001,
101559/2011, 101539/2011) emesse dall'Agenzia delle  Entrate  per  il
pagamento delle sanzioni amministrative (ammontanti ad un  totale  di
oltre 242.000 euro) previste dall'art. 6  del  d.l.  n.  79/1997  per
avere conferito a due dipendenti della Marina  Militare  incarico  di
attivita' professionale senza la preventiva autorizzazione rilasciata
dall'amministrazione pubblica di appartenenza (anni 2008  e  2009)  e
per non avere comunicato alla stessa i compensi erogati nei  medesimi
anni. 
    Ebbene, pacifico risulta tra le parti che  parte  ricorrente  non
abbia ottemperato agli obblighi di comunicazione previsti, in caso di
conferimento di incarichi a dipendenti pubblici, dall'art. 53  d.lgs.
n. 165/2001. 
    Pacifico risulta, inoltre, dal ricorso il fatto che  la  societa'
opponente fosse a conoscenza del fatto  che  i  propri  collaboratori
erano dipendenti pubblici militari. 
    Ai fini di miglior inquadramento della questione,  risulta  utile
riportate per esteso le  disposizioni  rilevanti  in  materia,  nella
versione attualmente in vigore. 
    L'art. 53 citato dispone, al comma  5,  che  il  conferimento  di
incarichi   operato   direttamente   dall'amministrazione,    nonche'
l'autorizzazione  all'esercizio  di  incarichi  che   provengano   da
amministrazione pubblica diversa da quella di appartenenza, ovvero da
societa' o  persone  fisiche,  che  svolgano  attivita'  d'impresa  o
commerciale, sono disposti dai rispettivi organi  competenti  secondo
criteri oggettivi e predeterminati, che tengano conto della specifica
professionalita', tali da escludere casi di incompatibilita', sia  di
diritto  che  di  fatto,  nell'interesse  del  buon  andamento  della
pubblica amministrazione. 
    Ai sensi del successivo comma 6, poi, «i commi  da  7  a  13  del
presente articolo si applicano ai  dipendenti  delle  amministrazioni
pubbliche di cui all'articolo 1, comma  2,  compresi  quelli  di  cui
all'articolo 3, con esclusione dei dipendenti con rapporto di  lavoro
a  tempo  parziale  con  prestazione  lavorativa  non  superiore   al
cinquanta per cento di quella a tempo pieno, dei docenti universitari
a tempo definito e delle altre categorie di  dipendenti  pubblici  ai
quali e'  consentito  da  disposizioni  speciali  lo  svolgimento  di
attivita' libero-professionali. Gli incarichi retribuiti, di  cui  ai
commi seguenti, sono tutti  gli  incarichi,  anche  occasionali,  non
compresi nei compiti e doveri di ufficio, per i  quali  e'  previsto,
sotto qualsiasi forma, un compenso». 
    Il comma 7, poi, precisa che «I dipendenti pubblici  non  possono
svolgere  incarichi  retribuiti  che  non  siano  stati  conferiti  o
previamente autorizzati  dall'amministrazione  di  appartenenza.  Con
riferimento ai professori universitari a tempo pieno, gli statuti o i
regolamenti degli atenei disciplinano i criteri e le procedure per il
rilascio dell'autorizzazione nei casi previsti dal presente  decreto.
In caso di inosservanza del divieto, salve le piu' gravi  sanzioni  e
ferma restando la responsabilita' disciplinare,  il  compenso  dovuto
per le prestazioni eventualmente svolte deve essere versato,  a  cura
dell'erogante o, in difetto, del percettore, nel  conto  dell'entrata
del bilancio dell'amministrazione di appartenenza del dipendente  per
essere destinato ad incremento del fondo di produttivita' o di  fondi
equivalenti». 
    Ai sensi del comma 9 «Gli enti pubblici economici  e  i  soggetti
privati non possono con  ferire  incarichi  retribuiti  a  dipendenti
pubblici  senza  la  previa  autorizzazione  dell'amministrazione  di
appartenenza dei  dipendenti  stessi.  In  caso  di  inosservanza  si
applica la disposizione dell'articolo 6, comma 1, del  decreto  legge
28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla  legge  28
maggio 1997, nn. 140  e  successive  modificazioni  ed  integrazioni.
All'accertamento delle violazioni e  all'irrogazione  delle  sanzioni
provvede il Ministero delle finanze,  avvalendosi  della  Guardia  di
finanza, secondo le disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689
e successive modificazioni ed integrazioni. Le  somme  riscosse  sono
acquisite alle entrate del Ministero delle finanze». 
    Secondo  il  comma  10  «L'autorizzazione,  di   cui   ai   commi
precedenti, deve essere richiesta all'amministrazione di appartenenza
del dipendente  dai  soggetti  pubblici  o,  privati,  che  intendono
conferire l'incarico; puo', altresi', essere richiesta dal dipendente
interessato.  L'amministrazione  di  appartenenza  deve  pronunciarsi
sulla richiesta di autorizzazione entro trenta giorni dalla ricezione
della richiesta stessa. Per il personale che presta comunque servizio
presso amministrazioni pubbliche diverse da quelle  di  appartenenza,
l'autorizzazione   e'   subordinata    all'intesa    tra    le    due
amministrazioni. In  tal  caso  il  termine  per  provvedere  e'  per
l'amministrazione  di  appartenenza  di  45  giorni  e  si  prescinde
dall'intesa se l'amministrazione presso la quale il dipendente presta
servizio non si pronunzia  entro  10  giorni  dalla  ricezione  della
richiesta di intesa da parte  dell'amministrazione  di  appartenenza.
Decorso il termine per provvedere, l'autorizzazione, se richiesta per
incarichi da conferirsi  da  amministrazioni  pubbliche,  si  intende
accordata; in ogni altro caso, si intende definitivamente negata.» 
    Il comma 11 e 12, poi, prevedono  che  «Entro  il  30  aprile  di
ciascun anno, i soggetti pubblici o privati che  erogano  compensi  a
dipendenti pubblici per gli incarichi di cui al comma 6 sono tenuti a
dare comunicazione all'amministrazione di appartenenza dei dipendenti
stessi dei compensi  erogati  nell'anno  precedente».  «Entro  il  30
giugno di ciascun anno, le amministrazioni pubbliche che conferiscono
o autorizzano incarichi retribuiti ai propri dipendenti sono tenute a
comunicare, in via telematica o su apposito  supporto  magnetico,  al
Dipartimento  della  finzione  pubblica  l'elenco   degli   incarichi
conferiti o autorizzati ai dipendenti  stessi  nell'anno  precedente,
con l'indicazione dell'oggetto dell'incarico  e  del  compenso  lordo
previsto o presunto. L'elenco e' accompagnato da una relazione  nella
quale  sono  indicate  le  norme  in  applicazione  delle  quali  gli
incarichi  sono  stati  conferiti  o  autorizzati,  le  ragioni   del
conferimento  o  dell'autorizzazione,  i  criteri   di   scelta   dei
dipendenti cui gli incarichi sono stati conferiti o autorizzati e  la
rispondenza   dei   medesimi   ai   principi   di   buon    andamento
dell'amministrazione, nonche' le misure che si intendono adottare per
il contenimento della spesa. Nello stesso termine  e  con  le  stesse
modalita' le amministrazioni che,  nell'anno  precedente,  non  hanno
conferito o autorizzato incarichi  ai  propri  dipendenti,  anche  se
comandati  o  fuori  ruolo,  dichiarano  di  non  aver  conferito   o
autorizzato incarichi». 
    Ai sensi del comma 13 «Entro lo stesso termine di cui al comma 12
le amministrazioni  di  appartenenza  sono  tenute  a  comunicare  al
Dipartimento della funzione pubblica, in via telematica o su apposito
supporto  magnetico,   per   ciascuno   dei   propri   dipendenti   e
distintamente per ogni incarico conferito o autorizzato, i  compensi,
relativi all'anno precedente, da esse erogati o della cui  erogazione
abbiano avuto comunicazione dai soggetti di cui al comma 11». 
    Il comma 15, poi, dispone che «le  amministrazioni  che  omettono
gli adempimenti di cui ai commi da 11  a  14  non  possono  conferire
nuovi incarichi fino a quando non adempiono. I  soggetti  di  cui  al
comma 9 che omettono le comunicazioni di cui al  commi  11  incorrono
nella sanzione di cui allo stesso comma 9». 
    Ebbene, sostiene,  in  primo  luogo,  parte  ricorrente  che  non
dovrebbe ricevere sanzione, per i  militari,  l'omessa  comunicazione
all'amministrazione di appartenenza dei compensi erogati imposta  dal
comma 11 del citato art. 53 in quanto il comma 6 che regola  l'ambito
di applicazione della norma fa  riferimento  ai  commi  da  7  a  13,
escludendo, dunque, il comma 15 contenente l'apparato  sanzionatorio,
differentemente da quanto  disposto  nella  versione  precedente  del
predetto comma 6 che richiamava, al contrario, anche i commi fino  al
16. 
    In realta', considerato che il  comma  6  definisce  l'ambito  di
applicazione degli obblighi imposti ai commi seguenti in  riferimento
a tutti i dipendenti di pubbliche amministrazioni, sia quelli ex art.
1 che quelli ex  art.  3  d.lgs  n.  165/2001,  accogliendo  la  tesi
attorea, si avrebbe l'assurdo che il comma 15 non dovrebbe applicarsi
a nessuno, sicche' sarebbe una norma inutiliter data, senza senso. 
    Al contrario, deve ritenersi che l'eliminazione dal comma  6  del
riferimento al comma 15 trovi ragione nel fatto che la  sanzione  per
l'omessa comunicazione non viene irrogata ai dipendenti  pubblici  ma
soltanto ai soggetti che si avvalgono della loro opera. 
    D'altronde, apparirebbe irragionevole  e,  pertanto,  affetta  da
illegittimita'  costituzionale,  una  norma   che,   fermo   restando
l'obbligo di comunicazione  dei  compensi  in  relazione  a  tutti  i
dipendenti pubblici, senza  distinzione,  prevedesse  la  punibilita'
della  relativa   omissione   solo   in   relazione   ai   dipendenti
contrattualizzati, in assenza di alcuna ragione giustificatrice. 
    Va, pertanto, affermata la piena applicabilita', in  relazione  a
tutti i dipendenti  pubblici  destinatari  di  incarichi  retribuiti,
della sanzione amministrativa di  cui  all'art.  6  d.l.  n.  79/1997
convertito nella legge 140/1997 in caso di  omessa  comunicazione  da
parte dell'amministrazione o ente  conferente  dei  compensi  erogati
ogni anno. 
    In proposito, si osserva,  poi,  che,  secondo  quanto  affermato
dalla Corte di Cassazione, nelle sentenze n. 21029/2008 e  6974/2011,
per effetto della modifica disposta dal d.lgs. 29  ottobre  1998,  n.
387, art. 16 «che ha ripristinato in pieno il campo  di  applicazione
del comma 15, l'obbligo di comunicare i compensi erogati a dipendenti
pubblici e' rimasto in vita per tutti i soggetti pubblici  e  privati
che  si  avvalgono  dell'opera  di  pubblici  dipendenti,  anche   se
previamente   autorizzati   dall'amministrazione   di   appartenenza.
L'inosservanza di tale obbligo resta sanzionata a norma del comma  9.
La deroga all'obbligo di preventiva autorizzazione prevista dal comma
6 per i dipendenti ai quali e' consentito da disposizioni speciali lo
svolgimento di attivita' libero professionale, non si applica  dunque
al diverso obbligo di comunicazione dei compensi erogati, che  rimane
autonomamente sanzionabile». 
    Dunque, secondo la Corte, la modifica  in  parola  avrebbe  avuto
l'unico scopo di  ampliare  con  riferimento  a  tutti  i  dipendenti
pubblici titolari di incarichi, sottoposti a previa autorizzazione  o
meno, l'obbligo di comunicazione dei compensi. 
    Deve confermarsi, pertanto, pienamente applicabile al caso qui in
esame la normativa di cui al citato comma 15 dell'art. 53  d.lgs.  n.
165/2001 con conseguente rilevanza  ai  fini  della  decisione  della
sollevata questione di legittimita' costituzionale. 
2. - Sulla non manifesta infondatezza della questione di legittimita'
costituzionale formulata. 
    Ritiene parte  ricorrente  che  tale  comma  15  sia  affetto  da
illegittimita' costituzionale per  difetto  o  eccesso  della  delega
legislativa contenuta nella legge n. 59/1997. 
    La questione non appare manifestamente infondata. 
    In proposito, si deve premettere che la Corte  Costituzionale  ha
piu' volte affermato che «Il controllo della conformita' della  norma
delegata alla norma delegante richiede un confronto tra gli esiti  di
due processi ermeneutici paralleli, l'uno  relativo  alla  norma  che
determina l'oggetto, i principi e i criteri direttivi  della  delega;
l'altro relativo alla norma delegata da interpretare nel  significato
compatibile con questi ultimi. Il contenuto della delega deve  essere
identificato tenendo conto del  complessivo  contesto  normativo  nel
quale si inseriscono la legge delega e i relativi principi e  criteri
direttivi, nonche' delle finalita' che la ispirano, che costituiscono
non solo base e limite delle norme delegate, ma anche  strumenti  per
l'interpretazione della  loro  portata.  La  delega  legislativa  non
esclude ogni discrezionalita'  del  legislatore  delegato,  che  puo'
essere piu' o meno ampia, in relazione al grado di  specificita'  dei
criteri fissati nella legge delega;  pertanto,  per  valutare  se  il
legislatore abbia ecceduto tali margini di discrezionalita',  occorre
individuare la  ratio  della  delega,  per  verificare  se  la  norma
delegata sia con questa coerente» (ex plurimis: sentenze 272/2012  n.
230 del 2010, n. 98 del 2008, nn. 340 e 170 del 2007). 
    In particolare, circa i requisiti che devono fungere da  cerniera
tra i due atti normativi, «i principi e  i  criteri  direttivi  della
legge di delegazione devono essere  interpretati  sia  tenendo  conto
delle  finalita'  ispiratrici  della  delega,  sia  verificando,  nel
silenzio del legislatore  delegante  sullo  specifico  tema,  che  le
scelte del legislatore  delegato  non  siano  in  contrasto  con  gli
indirizzi generali della stessa legge delega» (sentenza  n.  341  del
2007, ordinanza n. 228 del 2005). 
    Infatti, per quanta ampiezza possa  a  questo  riconoscersi,  «il
libero apprezzamento del legislatore delegato non puo' mai  assurgere
a principio od a criterio direttivo, in quanto agli antipodi  di  una
legislazione vincolata, quale e', per definizione, la legislazione su
delega» (v. sentenze n. 340/2007, n. 68 del 1991;  e,  sul  carattere
derogatorio  della  legislazione  su  delega  rispetto  alla   regola
costituzionale di cui all'art. 70 Cost., cfr. anche  la  sentenza  n.
171 del 2007). 
    Cio'  premesso,  nel  caso  in  esame,  la  delega  e'  contenuta
nell'art. 11 comma 4 della legge n. 59/1997 che cosi' recita:  «Anche
al fine di conformare  le  disposizioni  del  decreto  legislativo  3
febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni,  alle  disposizioni
della presente legge recanti  principi  e  criteri  direttivi  per  i
decreti legislativi da emanarsi ai sensi del presente capo, ulteriori
disposizioni  integrative  e  correttive  al  decreto  legislativo  3
febbraio 1993, n. 29,  e  successive  modificazioni,  possono  essere
emanate entro il 31 dicembre 1998. A tal fine il Governo, in sede  di
adozione dei decreti legislativi, si attiene  ai  principi  contenuti
negli articoli 97 e 98 della Costituzione, ai  criteri  direttivi  di
cui all'articolo 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, a partire dal
principio  della  separazione  tra  compiti  e   responsabilita'   di
direzione politica e compiti e  responsabilita'  di  direzione  delle
amministrazioni, nonche', ad integrazione,  sostituzione  o  modifica
degli stessi ai seguenti principi e criteri direttivi: a)  completare
l'integrazione della disciplina del lavoro pubblico  con  quella  del
lavoro privato e la conseguente estensione al lavoro  pubblico  delle
disposizioni del codice civile e delle leggi sui rapporti  di  lavoro
privato nell'impresa; estendere il  regime  di  diritto  privato  del
rapporto di lavoro anche ai dirigenti generali  ed  equiparati  delle
amministrazioni pubbliche, mantenendo ferme le  altre  esclusioni  di
cui all'articolo 2, commi 4 e 5, del decreto legislativo  3  febbraio
1993, n. 29; b) prevedere per i dirigenti,  compresi  quelli  di  cui
alla lettera a), l'istituzione di un  ruolo  unico  interministeriale
presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, articolato  in  modo
da garantire la necessaria specificita' tecnica;  c)  semplificare  e
rendere piu'  spedite  le  procedure  di  contrattazione  collettiva;
riordinare e potenziare l'Agenzia  per  la  rappresentanza  negoziale
delle  pubbliche  amministrazioni  (ARAN)   cui   e'   conferita   la
rappresentanza negoziale delle amministrazioni  interessate  ai  fini
della  sottoscrizione  dei  contratti  collettivi  nazionali,   anche
consentendo  forme  di  associazione  tra  amministrazioni,  ai  fini
dell'esercizio del potere di indirizzo e  direttiva  all'ARAN  per  i
contratti  dei  rispettivi  comparti;  d)  prevedere  che  i  decreti
legislativi e la contrattazione  possano  distinguere  la  disciplina
relativa ai dirigenti da quella concernente le  specifiche  tipologie
professionali, fatto salvo quanto previsto per la dirigenza del ruolo
sanitario di cui all'articolo 15 del decreto legislativo 30  dicembre
1992, n. 502, e successive modificazioni, e stabiliscano altresi' una
distinta disciplina per gli altri dipendenti  pubblici  che  svolgano
qualificate attivita' professionali, implicanti l'iscrizione ad albi,
oppure tecnico-scientifiche e di ricerca; e)  garantire  a  tutte  le
amministrazioni  pubbliche   autonomi   livelli   di   contrattazione
collettiva integrativa  nel  rispetto  dei  vincoli  di  bilancio  di
ciascuna  amministrazione;  prevedere  che  per  ciascun  ambito   di
contrattazione collettiva le  pubbliche  amministrazioni,  attraverso
loro istanze associative o  rappresentative,  possano  costituire  un
comitato  di  settore;  f)  prevedere  che,  prima  della  definitiva
sottoscrizione del contratto collettivo, la quantificazione dei costi
contrattuali   sia   dall'ARAN   sottoposta,    limitatamente    alla
certificazione   delle   compatibilita'   con   gli   strumenti    di
programmazione e di bilancio di cui all'articolo 1-bis della legge  5
agosto 1978, n. 468,  e  successive  modificazioni,  alla  Corte  dei
conti, che puo' richiedere elementi istruttori e di valutazione ad un
nucleo  di  tre  esperti,  designati,  per  ciascuna   certificazione
contrattuale, con provvedimento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, di concerto con il Ministro del tesoro;  prevedere  che  la
Corte dei conti si pronunci entro  il  termine  di  quindici  giorni,
decorso il quale la certificazione si intende  effettuata;  prevedere
che la certificazione e il  testo  dell'accordo  siano  trasmessi  al
comitato di settore  e,  nel  caso  di  amministrazioni  statali,  al
Governo; prevedere che, decorsi quindici  giorni  dalla  trasmissione
senza rilievi, il presidente del consiglio direttivo dell'ARAN  abbia
mandato di sottoscrivere il contratto  collettivo  il  quale  produce
effetti dalla sottoscrizione definitiva; prevedere che, in ogni caso,
tutte  le   procedure   necessarie   per   consentire   all'ARAN   la
sottoscrizione definitiva debbano essere completate entro il  termine
di quaranta giorni dalla data di sottoscrizione iniziale dell'ipotesi
di accordo; g)  devolvere,  entro  il  30  giugno  1998,  al  giudice
ordinario, tenuto conto di quanto previsto dalla lettera a), tutte le
controversie relative ai rapporti  di  lavoro  dei  dipendenti  delle
pubbliche amministrazioni, ancorche' concernenti in  via  incidentale
atti  amministrativi  presupposti,  ai  fini  della  disapplicazione,
prevedendo: misure organizzative e  processuali  anche  di  carattere
generale atte a prevenire  disfunzioni  dovute  al  sovraccarico  del
contenzioso; procedure stragiudiziali di conciliazione  e  arbitrato;
infine, la contestuale estensione  della  giurisdizione  del  giudice
amministrativo  alle   controversie   aventi   ad   oggetto   diritti
patrimoniali  conseguenziali,  ivi  comprese   quelle   relative   al
risarcimento del danno, in materia edilizia, urbanistica e di servizi
pubblici, prevedendo altresi' un regime processuale transitorio per i
procedimenti  pendenti;  h)  prevedere   procedure   facoltative   di
consultazione delle organizzazioni sindacali firmatarie dei contratti
collettivi dei  relativi  comparii  prima  dell'adozione  degli  atti
interni di organizzazione aventi riflessi sul rapporto di lavoro;  i)
prevedere la definizione da parte della Presidenza del Consiglio  dei
ministri - Dipartimento della  funzione  pubblica  di  un  codice  di
comportamento dei dipendenti  della  pubblica  amministrazione  e  le
modalita' di raccordo con la disciplina contrattuale  delle  sanzioni
disciplinari, nonche' l'adozione di codici di comportamento da  parte
delle singole amministrazioni pubbliche; prevedere la costituzione da
parte delle singole  amministrazioni  di  organismi  di  controllo  e
consulenza sull'applicazione dei codici e le  modalita'  di  raccordo
degli organismi stessi con il Dipartimento della funzione pubblica». 
    Non contenendo la predetta norma alcun riferimento alla specifica
materia qui in esame, occorre rifarsi  al  citato  art.  2  legge  n.
421/1992 che, oltre a prevedere la riserva di  legge  in  materia  di
«disciplina  della  responsabilita'  e  delle  incompatibilita'   tra
l'impiego pubblico ed altre attivita' e i casi di divieto  di  cumulo
di impieghi e incarichi pubblici» (v. lett. c) n. 7), alla lettera p)
dava al Governo delega di «prevedere che qualunque tipo di incarico a
dipendenti della pubblica amministrazione possa essere  conferito  in
casi  rigorosamente  predeterminati;  in  ogni  caso,  prevedere  che
l'amministrazione,  ente,  societa'  o  persona  fisica   che   hanno
conferito al personale dipendente  da  una  pubblica  amministrazione
incarichi previsti dall'articolo 24 della legge 30 dicembre 1991,  n.
412, entro sei mesi dell'emanazione dei decreti legislativi di cui al
presente articolo, siano tenuti a comunicare alle amministrazioni  di
appartenenza del personale medesimo  gli  emolumenti  corrisposti  in
relazione ai predetti incarichi, allo scopo di favorire  la  completa
attuazione dell'anagrafe  delle  prestazioni  prevista  dallo  stesso
articolo 24». 
    Proprio in attuazione di tale delega legislativa era, d'altronde,
stato emanato il  d.lvo  29/1993  che,  nell'originaria  formulazione
dell'art. 58 (ora art. 53 d.lvo n. 165/2001) prevedeva  l'obbligo  di
pubblicita' degli incarichi conferiti da privati o enti  pubblici  ai
dipendenti pubblici e l'obbligo di comunicazione dei compensi,  senza
prevedere alcuna sanzione («Incompatibilita', cumulo  di  impieghi  e
incarichi.  1.  Resta  ferma  per  tutti  i  dipendenti  pubblici  la
disciplina  delle  incompatibilita'  dettata  dagli  articoli  60   e
seguenti del testo unico approvato con decreto del  Presidente  della
Repubblica lo gennaio 1957, n. 3, nonche', per i rapporti di lavoro a
tempo parziale, dall'articolo 6, comma 2, del decreto del  Presidente
del Consiglio dei ministri 17  marzo  1989,  n.  117.  Restano  ferme
altresi' le disposizioni di cui agli articoli da 89 a 93 del  decreto
del Presidente della Repubblica 31 maggio 1974, n. 417, agli articoli
da 68 a  70  della  legge  11  luglio  1980,  n.  312,  e  successive
modificazioni, all'articolo 9, commi 1 e 2, della legge  23  dicembre
1992, n. 498, all'articolo 4, comma 7, della legge 30 dicembre  1991,
n. 412, ed all'articolo 1, comma 9,  del  decreto-legge  30  dicembre
1992, n. 510. 2. Le pubbliche amministrazioni non  possono  conferire
ai dipendenti  incarichi,  non  compresi  nei  compiti  e  doveri  di
ufficio, che non siano espressamente previsti o disciplinati da legge
o altre fonti normative, o che non siano  espressamente  autorizzati.
3. Ai fini  previsti  dal  comma  2,  con  appositi  regolamenti,  da
emanarsi ai sensi dell'articolo 17, comma 2  della  legge  23  agosto
1988, n. 400, entro il termine di centocinquanta giorni dalla data di
entrata in vigore del presente decreto, sono emanate norme dirette  a
determinare gli incarichi consentiti e quelli vietati  ai  magistrati
ordinari, amministrativi, contabili e militari, nonche' agli avvocati
e procuratori dello Stato, sentiti, per le  diverse  magistrature,  i
rispettivi istituti. 4. Decorso  il  termine,  di  cui  al  comma  3,
l'attribuzione  degli  incarichi  e'   consentita   nei   soli   casi
espressamente previsti dalla legge o da altre fonti normative. 5.  In
ogni caso, il conferimento operato direttamente dall'amministrazione,
nonche' l'autorizzazione all'esercizio di incarichi che provengano da
amministrazione pubblica diversa da quella di appartenenza, ovvero da
societa' o  persone  fisiche,  che  svolgano  attivita'  d'impresa  o
commerciale, sono disposti dai rispettivi organi  competenti  secondo
criteri oggettivi e predeterminati, che tengano conto della specifica
professionalita', tali da escludere casi di incompatibilita', sia  di
diritto  che  di  fitto,  nell'interesse  del  buon  andamento  della
pubblica  amministrazione.  6.  Ai  fini  della  compiuta  attuazione
dell'anagrafe delle prestazioni, disciplinata dall'articolo 24  della
legge 30 dicembre 1991, n. 412, i soggetti  pubblici  o  privati  che
conferiscono un incarico al dipendente pubblico sono tenuti  a  farne
immediata comunicazione  alla  amministrazione  di  appartenenza.  7.
Sono,  altresi',  comunicati,  in  relazione  a   tali   conferimenti
d'incarico  in  ragione  d'anno,  sia  gli  emolumenti  conferiti   e
corrisposti, sia i successivi aggiornamenti  inerenti  l'espletamento
dell'incarico. 8. Ciascuna amministrazione  e'  tenuta  a  comunicare
immediatamente  alla  Presidenza  del  Consiglio   dei   ministri   -
Dipartimento della finzione pubblica tutte le notizie  relative  agli
incarichi,    sia    direttamente    conferiti    che    autorizzati.
L'aggiornamento  dei  dati  forniti  deve   essere   effettuato   con
riferimento al 31 dicembre di ciascun  anno.  9.  In  sede  di  prima
applicazione, gli adempimenti di cui ai commi  6  e  7  sono  attuati
entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente  decreto,
mentre a quelli di cui al comma 8 dovra' provvedersi entro nove  mesi
dalla medesima data di entrata in vigore.»). 
    Poco dopo l'emanazione della legge delega qui in esame (legge  n.
59 del 15 marzo 1997) tuttavia, veniva emanato il  decreto  legge  28
marzo 1997, n. 79, poi convertito, con modificazioni, nella legge  28
maggio 1997, n. 140 che, con l'art. 6, comma 1, per la  prima  volta,
introduceva  la  sanzione  amministrativa   in   capo   ai   soggetti
inadempienti all'obbligo della comunicazione  all'amministrazione  di
appartenenza dell'incarico conferito al pubblico dipendente («1.  Nei
confronti dei soggetti pubblici e privati che non abbiano ottemperato
alla disposizione dell'articolo 58, comma 6, del decreto  legislativo
3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, o che comunque si
avvalgano di prestazioni di lavoro autonomo o  subordinato  rese  dai
dipendenti pubblici in violazione dell'articolo 1, commi 56, 58, 60 e
61, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, oltre alle sanzioni per  le
eventuali  violazioni  tributarie  o  contributive,  si  applica  una
sanzione pecuniaria pari al doppio degli emolumenti corrisposti sotto
qualsiasi forma a dipendenti pubblici»). 
    Dunque, al momento di approvazione  del  d.lgs.  n.  80/1998,  il
legislatore si era gia'  pronunciato  per  la  sanzionabilita'  della
condotta  consistente  nella  mancata   comunicazione   dell'incarico
affidato  al  pubblico  dipendente,  con  esclusione,  invece,  della
sanzione per la mancata comunicazione del compenso. 
    Tuttavia,  l'art.  26  del  d.lgs.  n.  80/1998,  nell'introdurre
importanti modifiche al suddetto art. 58, per quanto  qui  interessa,
da  un  lato,  sostitutiva   l'obbligo   della   mera   comunicazione
dell'incarico con l'obbligo di ottenere la previa  autorizzazione  e,
pertanto, ai fini del necessario coordinamento con la normativa  gia'
in  vigore,  prevedeva  che  la  sanzione  amministrativa  come  gia'
introdotta dal citato d.l. n. 79/1997 si applicasse all'inadempimento
all'obbligo di autorizzazione,  essendo,  ora  questo,  l'adempimento
richiesto  al  soggetto  conferente  l'incarico   e   non   la   mera
comunicazione. Dall'altro, oltre a tale  sanzione,  come  visto  gia'
esistente nell'ordinamento, ne introduceva un'altra identica anche in
caso di inottemperanza  all'obbligo  di  comunicazione  dei  compensi
erogati.  (v.  art.  26  comma  1:  «Nell'articolo  58  del   decreto
legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, i  compiti  6,  7,  8  e  9  sono
sostituiti dai seguenti: «6. I commi da 7 a 16 del presente  articolo
si applicano ai dipendenti delle  amministrazioni  pubbliche  di  cui
all'articolo 1, comma 2, compresi quelli di cui all'articolo 2, commi
4 e 5, con esclusione dei dipendenti con rapporto di lavoro  a  tempo
parziale con prestazione lavorativa non superiore  al  cinquanta  per
cento di quella a tempo  pieno,  dei  docenti  universitari  a  tempo
definito e delle altre categorie di dipendenti pubblici ai  quali  e'
consentito da  disposizioni  speciali  lo  svolgimento  di  attivita'
libero- professionali. Gli incarichi  retribuiti,  di  cui  ai  commi
seguenti, sono tutti gli incarichi, anche occasionali,  non  compresi
nei compiti e doveri di ufficio,  per  i  quali  e'  previsto,  sotto
qualsiasi forma, un compenso. Sono esclusi i compensi  derivanti:  a)
dalla collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e  simili;  b)
dalla utilizzazione economica da parte  dell'autore  o  inventore  di
opere  dell'ingegno   e   di   invenzioni   industriali;   c)   dalla
partecipazione a convegni e seminari; d) da incarichi per i quali  e'
corrisposto solo il rimborso delle spese documentate; e) da incarichi
per lo svolgimento dei quali il dipendente e' posto in  posizione  di
aspettativa, di comando o di fiori ruolo; f) da  incarichi  conferiti
dalle  organizzazioni  sindacali  a  dipendenti  presso   le   stesse
distaccati o in aspettativa non retribuita. 7. I dipendenti  pubblici
non  possono  svolgere  incarichi  retribuiti  che  non  siano  stati
conferiti   o   previamente   autorizzati   dall'amministrazione   di
appartenenza. Con riferimento  ai  professori  universitari  a  tempo
pieno, gli statuti  o  i  regolamenti  degli  atenei  disciplinano  i
criteri e le procedure per il rilascio dell'autorizzazione  nei  casi
previsti dal presente decreto. In caso di inosservanza  del  divieto,
salve le piu' gravi sanzioni  e  ferma  restando  la  responsabilita'
disciplinare, il compenso dovuto  per  le  prestazioni  eventualmente
svolte deve essere versato, a cura dell'erogante o, in  difetto,  del
percettore, nel conto dell'entrata del bilancio  dell'amministrazione
di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del
fondo di produttivita'  o  di  fondi  equivalenti.  8.  Le  pubbliche
amministrazioni  non  possono  conferire   incarichi   retribuiti   a
dipendenti  di  altre  amministrazioni  pubbliche  senza  la   previa
autorizzazione dell'amministrazione di  appartenenza  dei  dipendenti
stessi. Salve le piu' gravi sanzioni, il  conferimento  dei  predetti
incarichi, senza la previa autorizzazione, costituisce in  ogni  caso
infrazione  disciplinare  per   il   funzionario   responsabile   del
procedimento; il relativo provvedimento e' nullo di diritto.  In  tal
caso l'importo previsto come corrispettivo dell'incarico,  ove  gravi
su in disponibilita' dell'amministrazione conferente,  e'  trasferito
all'amministrazione di appartenenza del dipendente ad incremento  del
fondo di produttivita' o di fondi equivalenti. 9. Gli  enti  pubblici
economici e  i  soggetti  privati  non  possono  conferire  incarichi
retribuiti a  dipendenti  pubblici  senza  la  previa  autorizzazione
dell'amministrazione di appartenenza dei dipendenti stessi.  In  caso
di inosservanza si applica la disposizione dell'articolo 6, comma  1,
del  decreto  legge  28  marzo   1997,   n.   79,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n.  140.  All'accertamento
delle  violazioni  e  all'irrogazione  delle  sanzioni  provvede   il
Ministero  delle  finanze,  avvalendosi  della  Guardia  di  finanza,
secondo le disposizioni della legge 24  novembre  1981,  n.  689.  Le
somme riscosse  sono  acquisite  alle  entrate  del  Ministero  delle
finanze. 10. L'autorizzazione di cui ai commi precedenti, deve essere
richiesta all'amministrazione  di  appartenenza  del  dipendente  dai
soggetti pubblici o privati che intendono conferire l'incarico; puoi,
altresi',    essere    richiesta    dal    dipendente    interessato.
L'amministrazione di appartenenza deve pronunciarsi  sulla  richiesta
di autorizzazione entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta
stessa.  Per  il  personale  che  presta  comunque  servizio   presso
amministrazioni  pubbliche  diverse  da   quelle   di   appartenenza,
l'autorizzazione   e'   subordinata    all'intesa    tra    le    due
amministrazioni. In  tal  caso  il  termine  per  provvedere  e'  per
l'amministrazione  di  appartenenza  di  45  giorni  e  si  prescinde
dall'intesa se l'amministrazione presso la quale il dipendente presta
servizio non si pronunzia  entro  10  giorni  dalla  ricezione  della
richiesta di intesa da parte  dell'amministrazione  di  appartenenza.
Decorso il termine per provvedere, l'autorizzazione, se richiesta per
incarichi da conferirsi  da  amministrazioni  pubbliche,  si  intende
accordata; in ogni altro caso, si intende definitivamente negata. 11.
Entro il 30 aprile di ciascun anno, i soggetti pubblici o privati che
erogano compensi a dipendenti pubblici per gli incarichi  di  cui  al
comma 6 sono  tenuti  a  dare  comunicazione  all'amministrazione  di
appartenenza dei dipendenti stessi  dei  compensi  erogati  nell'anno
precedente.  12.  Entro  il   30   giugno   di   ciascun   anno,   le
amministrazioni pubbliche che conferiscono  o  autorizzano  incarichi
retribuiti ai propri dipendenti sono  tenute  a  comunicare,  in  via
telematica o su apposito supporto magnetico,  al  Dipartimento  della
finzione pubblica l'elenco degli incarichi conferiti o autorizzati ai
dipendenti   stessi   nell'anno   precedente,    con    l'indicazione
dell'oggetto dell'incarico e del compenso lordo previsto o  presunto.
L'elenco e' accompagnato da una relazione nella quale  sono  indicate
le norme  in  applicazione  delle  quali  gli  incarichi  sono  stati
conferiti   o   autorizzati,   le   ragioni   del   conferimento    o
dell'autorizzazione, i criteri  di  scelta  dei  dipendenti  cui  gli
incarichi sono stati conferiti o autorizzati  e  la  rispondenza  dei
medesimi ai principi di buon andamento dell'amministrazione,  nonche'
le misure che si intendono adottare per il contenimento della  spesa.
Nello stesso termine e con le  stesse  modalita'  le  amministrazioni
che,  nell'anno  precedente,  non  hanno  conferito   o   autorizzato
incarichi ai propri dipendenti, anche se  comandati  o  fuori  ruolo,
dichiarano di non aver conferito o autorizzato incarichi.  13.  Entro
lo  stesso  termine  di  cui  al  comma  12,  le  amministrazioni  di
appartenenza sono tenute a comunicare al Dipartimento della  funzione
pubblica, in via telematica o su  apposito  supporto  magnetico,  per
ciascuno dei propri dipendenti  e  distintamente  per  ogni  incarico
conferito o autorizzato, i compensi, relativi all'anno precedente, da
esse erogati o della cui erogazione abbiano avuto  comunicazione  dai
soggetti  di  cui  al  comma  11.  14.   Al   fine   della   verifica
dell'applicazione delle norme di cui all'articolo 1, commi 123 e 127,
della legge 23 dicembre 1996, n. 662,  le  amministrazioni  pubbliche
sono tenute a comunicare al Dipartimento della finzione pubblica,  in
via telematica o su supporto magnetico, entro il 30 giugno di ciascun
anno, i compensi percepiti dai propri dipendenti anche per  incarichi
relativi a  compiti  e  doveri  d'ufficio;  sono  altresi'  tenute  a
comunicare semestralmente l'elenco dei collaboratori  esterni  e  dei
soggetti  cui  sono  stati  affidati  incarichi  di  consulenza,  con
l'indicazione  della  ragione  dell'incarico  e  dell'ammontare   dei
compensi  corrisposti.  15.  Le  amministrazioni  che  omettono   gli
adempimenti di cui ai commi 11, 12, 13 e  14  non  possono  conferire
nuovi incarichi fino a quando non adempiono. I  soggetti  di  cui  al
comma 9 che omettono le comunicazioni di cui al  comma  11  incorrono
nella sanzione di cui allo stesso comma 9. 16. Il Dipartimento  della
finzione pubblica, entro il 31 dicembre di ciascun anno, riferisce al
Parlamento sui dati raccolti e formula proposte per  il  contenimento
della spesa per gli incarichi e per la razionalizzazione dei  criteri
di attribuzione degli incarichi stessi.».). 
    Ebbene, fatto questo excursus normativo, si osserva come la legge
delega  non  contenesse  alcun  riferimento  alla   possibilita'   di
introduzione di sanzioni amministrative  in  caso  di  inottemperanza
agli obblighi di pubblicita' degli incarichi  conferiti  ai  pubblici
dipendenti  pur  se  codesta  Corte  Costituzionale  ha  piu'   volte
sottolineato che anche  per  le  sanzioni  amministrative,  che,  pur
essendo afflittive in minor  grado  rispetto  alle  sanzioni  penali,
rispondono anch'esse al  principio  di  legalita',  i  criteri  della
delega devono essere precisi e vanno rigorosamente  interpretati  (v.
sent. n. 49/1999). 
    Laddove, poi,  si  ritenesse  di  ricondurre  la  valutazione  di
necessarieta' della  sanzione  amministrativa  per  la  tutela  degli
interessi sostanziali, cui le norme assistite  da  tale  sanzione  si
riferiscono, ad un apprezzamento in precedenza espresso dallo  stesso
legislatore, avendo riguardo ai quei  settori  dell'ordinamento  gia'
caratterizzati  dalla  presenza  di  norme  sanzionatorie  (argomento
tratto dalla medesima sent. cit.) si deve osservare, come, sebbene il
legislatore avesse provveduto ad introdurre  nella  precipua  materia
un'ipotesi di  illecito  amministrativo,  tuttavia,  cio'  era  stato
limitato  espressamente   alla   condotta   relativa   alla   mancata
comunicazione dell'incarico, con esclusione, invece, della diversa ma
conseguente condotta della mancata comunicazione di compensi, pur  se
obbligo del pari gia' esistente, con cio' esprimendo una  valutazione
di maggiore disvalore del primo fatto (di cui il secondo e' solo  una
necessaria conseguenza). 
    Sotto questo profilo, dunque, deve ritenersi che  non  si  evinca
alcuna valida delega legislativa, ne' esplicita  ne'  implicita,  che
consentisse l'introduzione, ad  opera  del  citato  art.  26  decreto
legislativo n. 80/1998, del secondo illecito amministrativo. 
    Si osserva, poi, che codesta Corte costituzionale ha  piu'  volte
affermato il principio in base al quale le disposizioni  della  legge
delega devono essere integrate con il criterio  della  ragionevolezza
ed inoltre che tale criterio costituisce il parametro e il limite del
potere di controllo e di intervento  della  Corte  sull'esercizio  in
concreto della discrezionalita' riconosciuta  al  legislatore.  Nella
specie, puo', altresi', dubitarsi che l'introduzione  di  una  doppia
sanzione, peraltro particolarmente afflittiva  nel  quantum,  essendo
pari al doppio degli  emolumenti  corrisposti,  sia  per  la  mancata
richiesta di autorizzazione che  per  la  mancata  comunicazione  dei
compensi, soddisfi il criterio della ragionevolezza, atteso che  tale
ultima condotta, secondo la normalita', consegue necessariamente alla
prima  che  racchiude  gia'  in  se'  il   disvalore   amministrativo
(apparirebbe veramente singolare la condotta di chi, pur  non  avendo
chiesto   l'autorizzazione   al   conferimento   dell'incarico,    si
autodenunci comunicando, invece, i compensi erogati). 
    Sotto questo profilo, le esigenze di buon andamento  della  p.a.,
di  trasparenza  e  di  compatibilita'  dell'incarico   privato   con
l'impiego pubblico sono garantite dalla  necessita'  di  ottenere  la
previa  autorizzazione  allo  svolgimento  dell'incarico,   ponendosi
l'obbligo aggiuntivo della comunicazione dei compensi come  una  mero
adempimento  accessorio,  volto  solo  a   facilitare   la   pubblica
amministrazione nell'acquisizione dei dati relativi all'incarico,  da
ritenersi,  peraltro,  gia'  previamente   acquisiti   in   sede   di
conferimento dell'autorizzazione (essendo normale che in tale sede si
valuti anche il compenso previsto) con  conseguente  irragionevolezza
della autonoma sanzionabilita' di tale condotta. 
    Inoltre, come  gia'  osservato,  la  previsione  di  un  autonomo
illecito amministrativo per la  mancata  comunicazione  dei  compensi
pone il soggetto che, per ignoranza o negligenza, non  abbia  chiesto
la previa autorizzazione all'incarico nell'alternativa di  perseguire
nell'illecito, con rischio di  comminazione  della  doppia  sanzione,
laddove   scoperto,   o   di   autodenunciarsi,   provvedendo    alla
comunicazione del compenso, con la certezza  dell'applicazione  della
sanzione per la mancata richiesta di autorizzazione, con  conseguente
violazione del diritto di difesa ex art. 24 Cost.. 
    Per tali  motivi  si  dubita  della  legittimita'  costituzionale
dell'art. 53 comma 15 decreto legislativo n. 165/2001 nella  versione
introdotta  dall'art.  26  decreto  legislativo  n.  80/1998  laddove
prevede  che  «I  soggetti  di  cui  al  comma  9  che  omettono   le
comunicazioni di cui al comma 11 incorrono nella sanzione di cui allo
stesso comma 9» con riferimento ai parametri  costituzionali  di  cui
agli artt. 3, 24, 76 e 77 Cost. e alle leggi  delega  un.  59/1997  e
421/1992. 
    3.  -  Conclusivamente,   il   giudice   del   lavoro,   per   le
considerazioni che  precedono,  non  ravvisando  la  possibilita'  di
procedere oltre nel giudizio in corso, senza la preventiva  decisione
della Corte Costituzionale sulla predetta pregiudiziale questione  di
illegittimita' prospettata nei  sensi  come  sopra  esposti,  solleva
d'ufficio la relativa questione. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Visti gli artt. 134 e ss. Cost., 1 legge 9 febbraio 1948, n. 1  e
23, II comma e ss. legge 11 marzo 1953, n. 87, riservata  ogni  altra
pronuncia in rito, nel merito e sulle spese, 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 53 comma 15 decreto legislativo
n.  165/2001  nella  versione   introdotta   dall'art.   26   decreto
legislativo n. 80/1998 laddove prevede che  «I  soggetti  di  cui  al
comma 9 che omettono le comunicazioni di cui al  comma  11  incorrono
nella sanzione di  cui  allo  stesso  comma  9»  con  riferimento  ai
parametri costituzionali di cui agli artt. 3, 24, 76  e  77  Cost.  e
alle leggi delega nn. 59/1997 e  421/1992,  rimettendola  alla  Corte
costituzionale per la sua decisione; 
    Sospende il presente  giudizio  in  attesa  della  decisione  del
Giudice delle Leggi sulla questione prospettata; 
    Dispone che, a cura cancelleria, gli  atti  siano  immediatamente
trasmessi alla Corte costituzionale e siano eseguite  notifica  della
presente ordinanza alle parti in  causa  nonche'  al  Presidente  del
Consiglio dei ministri e comunicazione ai Presidenti delle due Camere
del Parlamento. 
        Ancona, 20 febbraio 2014 
 
                 Il Giudice: dott.ssa Arianna Sbano