N. 53 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 15 luglio 2014
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 15 luglio 2014 (del Presidente del Consiglio dei ministri) . Leggi regionali - Norme della Regione Abruzzo per il coordinamento della pianificazione paesaggistica con gli altri strumenti di pianificazione - Approvazione da parte del Consiglio regionale nel periodo di prorogatio - Ricorso del Governo - Denunciata mancanza dei caratteri di urgenza e necessita' dell'intervento legislativo (non valendo a tal fine il riferimento al vuoto normativo determinato dalla sentenza n. 211 del 2013 della Corte costituzionale) - Esorbitanza dai limiti statutari ai poteri dell'organo rappresentativo in regime di prorogatio. - Legge della Regione Abruzzo 28 aprile 2014, n. 26 (intero testo). - Costituzione, art. 123; Statuto della Regione Abruzzo 28 giugno [rectius, dicembre] 2006, art. 86, comma 3 [come sostituito dall'art. 10 della legge statutaria regionale 9 febbraio 2012, n. 1]; Regolamento interno per i lavori del Consiglio regionale, approvato con delibera del Consiglio regionale della Regione Abruzzo 12 ottobre 2010, n. 56/2, art. 141. In subordine: Paesaggio (tutela del) - Norme della Regione Abruzzo - Procedimento di conformazione e di adeguamento degli strumenti urbanistici comunali al Piano Regionale Paesistico (P.R.P.) - Previsione che la proposta comunale che si configuri come variante al P.R.P. e' trasmessa, all'esito della Conferenza di Servizi cui partecipano gli organi ministeriali, al Comitato regionale per i beni ambientali e successivamente al Consiglio regionale, che si esprime con apposito atto deliberativo - Ricorso del Governo - Denunciata mancanza di adeguato coinvolgimento ministeriale nella pianificazione paesaggistica - Inosservanza delle prerogative statali di elaborazione congiunta del piano paesaggistico previste dal codice dei beni culturali e del paesaggio - Violazione della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela dei beni culturali e del paesaggio - Richiamo alla sentenza n. 211 del 2013 della Corte costituzionale. - Legge della Regione Abruzzo 28 aprile 2014, n. 26, art. 2, commi 4 e 5. - Costituzione, art. 117, comma secondo, lett. s); d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, artt. 135, comma 1, 143, commi 2 e 3, e 156, comma 3.(GU n.41 del 1-10-2014 )
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato presso i cui Uffici domicilia in Roma, Via dei Portoghesi, 12 nei confronti della Regione Abruzzo, in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge della Regione Abruzzo del 28 aprile 2014, n. 26, pubblicata nel B.U.R. della Regione Abruzzo del 9 maggio 2014, n. 53, recante: «Disposizioni regionali per il coordinamento della pianificazione paesaggistica con gli altri strumenti di pianificazione», nel suo intero testo per violazione dell'art. 86, comma 3 dello Statuto della Regione Abruzzo in relazione all'art. 123 della Costituzione, nonche', in subordine, dell'art. 2, corrimi 4 e 5, per contrasto con l'art.117, comma 2, lett. s) della Costituzione e con le norme interposte di cui agli artt. 135, 143 e 156 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 - Codice dei beni culturali e del paesaggio. La legge della Regione Abruzzo n. 26 del 2014 viene impugnata giusta delibera del Consiglio dei Ministri in data 30.6.2014, depositata in estratto unitamente al presente ricorso, per i seguenti Motivi 1) La legge regionale n. 26/2014 nel suo intero testo e' illegittima per contrasto con l'art. 86, terzo comma, dello Statuto della Regione Abruzzo in relazione all'art. 123 della Costituzione. La legge della Regione Abruzzo n. 26 del 2014 detta disposizioni per il coordinamento della pianificazione paesaggistica con gli altri strumenti di pianificazione, disciplinando in via strutturale una materia di particolare delicatezza quale quella paesaggistica - ambientale. La legge e' illegittima perche' adottata dal Consiglio regionale nel periodo di prorogatio successivo allo scioglimento dell'assemblea regionale per fine legislatura in assenza dei presupposti per l'esercizio del potere legislativo regionale che caratterizzano tale periodo. Con decreto del 14.1.2014 n. 6, pubblicato nel B.U. della Regione Abruzzo n. 5 del 15.1.2014, il Presidente della Giunta regionale, «preso atto che ai sensi dell'art. 5 della legge 2 luglio 2004, n. 165, recante "Disposizioni di attuazione dell'art. 122, primo comma, della Costituzione" gli organi elettivi delle regioni durano in carica cinque anni ed il consiglio decorre per ciascun Consiglio dalla data della elezione", ha indetto le "elezioni per il giorno 25 maggio 2014 per l'elezione del Presidente della Giunta Regionale e per il rinnovo del Consiglio Regionale della Regione Abruzzo». Con la legge costituzionale n. 1/1999, com'e' noto, la disciplina del sistema elettorale e dei casi di ineleggibilita' e di incompatibilita' degli organi regionali e' stata devoluta al legislatore regionale. In particolare detta legge costituzionale ha attribuito allo statuto ordinario la definizione della forma di governo e l'enunciazione dei principi fondamentali di organizzazione e funzionamento della Regione, in armonia con la Costituzione (art. 123, primo comma, Cost.). Nel contempo, la disciplina del sistema elettorale e dei casi di ineleggibilita' e di incompatibilita' e' stata demandata allo stesso legislatore regionale, sia pure nel rispetto dei principi fondamentali fissati con legge della Repubblica, «che stabilisce anche le durata degli organi elettivi» (art. 122, primo comma, Cost.). L'articolo 86, comma 3, dello Statuto della Regione Abruzzo del 28 giugno 2006 testualmente recita: «...nei casi di scioglimento anticipato e di scadenza della Legislatura: a) le funzioni del Consiglio regionale sono prorogate, secondo le modalita' disciplinate nel Regolamento, sino al completamento delle operazioni di proclamazione degli eletti nelle nuove elezioni limitatamente agli interventi che si rendono dovuti in base agli impegni derivanti dall'appartenenza all'Unione Europea, a disposizioni costituzionali o legislative statali o che, comunque, presentano il carattere della urgenza e necessita'; b) le funzioni del Presidente e della Giunta regionale sono prorogate sino alla proclamazione del nuovo Presidente della Regione limitatamente all'ordinaria amministrazione e agli atti indifferibili; in caso di impedimento permanente, morte e dimissioni volontarie del Presidente della Regione, le sue funzioni sono esercitate dal Vicepresidente. Il successivo comma 4 prevede che «Nei casi di cui al comma 3 le nuove elezioni sono indette entro tre mesi dal Presidente della Giunta secondo le modalita' definite della legge elettorale». Le predette previsioni statutarie vanno lette in armonia con quanto codesta Corte ha gia' piu' volte affermato in materia evidenziando che, anche in assenza di specifiche disposizioni statutarie, nel periodo antecedente alle elezioni per la loro rinnovazione e fino alle loro sostituzione, i Consigli Regionali dispongono «di poteri attenuati confacenti alla loro situazione di organi in scadenza, analoga, quanto a intensita' di poteri, a quella degli organi legislativi in prorogatio» (sin dalla sentenza n. 468/1991; quindi, nei termini: sentenze nn. 515/1995, 196/2003, 68/2010). Nel periodo pre-elettorale si verifica, in sostanza, una sorta di depotenziamento delle funzioni del Consiglio Regionale, la cui ratio e' stata individuata dalla giurisprudenza costituzionale nel principio di rappresentativita' connaturato alle assemblee consiliari regionali, in virtu' della loro diretta investitura popolare e della loro responsabilita' politica verso la comunita' regionale. L'istituto della prorogatio, come chiarito in particolare nella sentenza n. 515/1995, e' volto a coniugare il principio di rappresentativita' politica del Consiglio Regionale «con quello della continuita' funzionale dell'organo». Questa esigenza porta ad escludere che il depotenziamento possa spingersi fino ad una indiscriminata e totale paralisi dell'organo stesso, consentendosi al Consiglio Regionale di deliberare in circostanze straordinarie o di urgenza, o per il compimento di atti dovuti o di ordinaria amministrazione, ma non oltre tali indefettibili presupposti. Invero, come affermato da codesta Corte nella sentenza n. 68 del 26 febbraio 2010 proprio con riferimento alla norma statutaria della Regione Abruzzo, sebbene il richiamato art. 86, comma 3, non rechi alcuna espressa limitazione ai poteri esercitabili dal Consiglio e dalla Giunta regionale nel periodo successivo alla indizione delle elezioni, detta norma «non puo' che essere interpretata come facoltizzante il solo esercizio delle attribuzioni relative ad atti necessari ed urgenti, dovuti o costituzionalmente indifferibili, e non gia' come espressiva di una generica proroga di tutti i poteri degli organi regionali», precisandosi di seguito come l'esistenza di detti limiti sia, infatti, immanente all'istituto della stessa prorogatio a livello nazionale in applicazione dell'art. 61, secondo comma, Cost.. Di qui la affermata necessita' che la disposizione statutaria in esame «sia interpretata come legittimante l'istituto della prorogatio, ma nell'ambito dei suoi limiti connaturali». Quanto a tali limiti, nella richiamata decisione n. 68/2010 e' affermato che possano questi essere definiti tramite apposite disposizioni legislative di attuazione dello statuto o anche semplicemente rilevare nei lavori consiliari o dallo specifico contenuto delle leggi adottate. Nella questione occasionante la decisione citata, codesta Corte riscontrava come il Consiglio regionale non avesse provveduto a «selezionare le materie da disciplinare in conformita' alla natura della prorogatio, limitandole ad oggetti la cui discipline fosse oggettivamente necessaria ed urgente" ed altresi' che dai lavori preparatori non risultava fossero state addotte «specifiche argomentazioni in tal senso». Ebbene, come pure previsto dal Regolamento interno per i lavori del Consiglio regionale, approvato con delibera del Consiglio regionale della Regione Abruzzo n. 56/2 del 12 ottobre 2010, all'art. 141, rubricato «Prorogatio del Consiglio regionale», possono essere approvati in regime di prorogatio solo gli atti dovuti, quali il recepimento di una direttiva comunitaria direttamente vincolante per le Regioni o progetti di legge che presentino i caratteri dell'indifferibilita' ed urgenza, quali il bilancio di previsione, l'esercizio provvisorio o una variazione di bilancio. L'urgenza ed indifferibilita', inoltre, devono essere adeguatamente motivate con riferimento a situazioni di estrema gravita' che esigano interventi immediati e improcrastinabili la cui adozione non possa essere rinviata senza arrecare danno per gli interessi affidati alla cura della Regione (in termini, il comma 2 dell'art. 141). Il provvedimento legislativo in esame non presenta alcuno dei richiamati caratteri di indifferibilita' ed urgenza, ne' si configura quale atto dovuto tale da non poter essere rinviato per non recare danno alla collettivita' regionale o al funzionamento dell'ente. In particolare, non integra i predetti presupposti quanto riportato nella relazione al disegno di legge che ha originato la legge n. 26/2014 (n. 633/2014 di iniziativa della Giunta regionale) contenuto nella relazione della Seconda Commissione Consiliare che ha licenziato il disegno stesso con riferimento alla necessita' di «rimuovere la situazione di incertezza, sul piano normativo, in ordine alla procedura da seguire per assicurare il coordinamento della pianificazione paesaggistica con gli altri strumenti di pianificazione», a fronte del «vuoto normativo creatosi con la pronuncia della Corte Costituzionale n. 211 del 3-18 luglio 2013», che ha dichiarato l'incostituzionalita' dell'art. 2 della legge regionale n. 46 del 2012. La disciplina di dette procedure di adeguamento non puo', infatti, essere considerata urgente e non rinviabile per non recare danno alla collettivita' regionale o al funzionamento dell'ente com'e' inequivocabilmente dimostrato dal fatto che la Regione Abruzzo non ha ancora adeguato il piano paesaggistico alle disposizioni del Codice dei beni culturali e del paesaggio e che tale adeguamento, ai sensi degli articoli 135, 143, e 156 del d.lgs. 42/2004, presuppone l'accordo con il Ministero per il quale i lavori del «tavolo tecnico» risultano essere fermi da circa un biennio. Per quanto esposto si ritiene che con la legge in esame il Consiglio regionale abbia legiferato oltrepassando i limiti riconducibili alla sua natura di organo in prorogatio e che conseguentemente il provvedimento sia nella sua interezza censurabile per violazione dell'art. 86, terzo comma, dello Statuto regionale in relazione all'art. 123 della Costituzione. 2) L'art. 2, commi 4 e 5, della l.r. n. 26/2014 e' illegittimo per contrasto con l'art. 117, comma 2, lett. s) della Costituzione. La legge regionale e' ulteriormente viziata all'articolo 2, commi 4 e 5, che disciplina il caso in cui, in sede di adeguamento della pianificazione urbanistica a quella comunale «la proposta comunale si configuri come proposta di variante al P.R.P.» . In questa ipotesi la norma prevede, al comma 4, che la proposta «viene trasmessa, all'esito della Conferenza di Servizi di cui al comma 2, alla Direzione Regionale competente per la verifica della compatibilita' alle previsioni di P.R.P. da parte del Comitato Beni Ambientali di cui all'articolo 2 della l.r. 13 febbraio 2013 n. 2 «Disposizioni in materia di beni paesaggistici ed ambientali, in attuazione della Parte III del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni Culturali e del Paesaggio)» e successivamente inviata, unitamente al parere del Comitato, al Consiglio regionale, che si esprime con apposito atto deliberativo». Ai sensi del successivo comma 5: «Il provvedimento di cui al comma 4, pubblicato sul BURA, costituisce variante al P.R.P. ed e' condizione imprescindibile per la definitiva approvazione della variante proposta». Il procedimento descritto, non prevedendo l'apposito accordo con il competente organo statale previsto dagli art. 143, comma 2 e 156, comma 3 del d.lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), ma la mera partecipazione degli organi ministeriali ad una conferenza di servizi, non garantisce adeguatamente il coinvolgimento del Ministero per i beni culturali ed ambientali nella pianificazione paesaggistica, e quindi viola l'art. 117, comma 2, lettera s) della Costituzione. In effetti, configurandosi la fattispecie disciplinata dal comma 4 dell'articolo 2 sostanzialmente in una revisione, ancorche' limitata, del piano paesaggistico (piano che, ai sensi dell'art. 145, comma 3, del Codice e' cogente e non derogabile da parte degli strumenti urbanistici), diversamente da quanto previsto dal legislatore regionale, essa dovrebbe essere soggetta alle medesime garanzie previste dal codice del beni culturali e del paesaggio in materia di elaborazione congiunta del piano paesaggistico (artt. 135, comma 1, 143 e 156, d.lgs. n. 42/2004). L'art. 135, al comma primo in fine, prevede infatti che l'elaborazione dei piani paesaggistici avviene congiuntamente tra Ministero e regioni, limitatamente ai beni paesaggistici di cui all'art. 143, comma 1, lettere b), c) e d), nelle forme previste dal medesimo articolo 143. L'art. 143, comma secondo, prevede tra l'altro che le regioni, il Ministero ed il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare possono stipulare intese per la definizione delle modalita' di elaborazione congiunta dei piani paesaggistici; che il piano e' oggetto di apposito accordo fra pubbliche amministrazioni ai sensi dell'art. 15 della legge n. 241/1990; che tale accordo stabilisce altresi' presupposti, modalita' e tempi per la revisione del piano; che il piano e' approvato con provvedimento regionale entro il termine fissato dall'accordo, decorso il quale e' approvato in via sostitutiva con decreto del Ministro, sentito il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Infine, tra le disposizioni di prima applicazione e transitorie, l'art. 156 del codice, rubricato verifica ed adeguamento dei piani paesaggistici, prevede, in particolare al comma terzo, che anche il piano adeguato sia oggetto di accordo fra Ministero e la regione. Si evidenzia, infine, che la legge in esame e' stata emanata a seguito della sentenza n. 211 del 2013 con cui codesta Corte ha dichiarato l'illegittimita' dell'articolo 2 della legge regionale n. 46 del 2012. Tale disposizione, al comma 5, prevedeva che «Nel caso in cui le previsioni proposte si configurano come variante al PRP, la variante stessa trasmessa alla Direzione regionale competente per la verifica della compatibilita' alle previsioni di PRP» e, al comma 6, che «Il Consiglio Regionale assume, previo parere del Comitato di cui all'articolo 2, apposito atto deliberativo che e' pubblicato sul BURA e costituisce variante al PRP. Tale provvedimento e' condizione imprescindibile per la definitive approvazione della variante proposta». Codesta Corte ha ritenuto the tale disposizione fosse illegittima in quanto escludeva «qualsiasi forma di partecipazione di qualsivoglia organismo ministeriale al «procedimento di conformazione ed adeguamento degli strumenti urbanistici alle previsioni della pianificazione paesaggistica», in evidente contrasto con la normative statale interposta e, in particolare, con il citato art. 145, comma 5, del d.lgs. n. 42 del 2004». Ebbene, la legge regionale in esame, limitandosi a prevedere l'intervento del Ministero in sede di conferenza di servizi, senza tuttavia prevedere l'accordo con i competenti organi ministeriali, non rispetta le indefettibili prerogative statali di elaborazione congiunta del piano paesaggistico previste dalle richiamate disposizioni del codice dei beni culturali e del paesaggio, e nella sostanza presenta i medesimi profili di illegittimita' costituzionale della l.r. n. 46/2012. Pertanto, l'art. 2 della l.r. n. 26/2014 viola l'art. 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione, che riserva alla competenza esclusiva dello Stato la legislazione in materia di tutela dei beni culturali e del paesaggio.
P.Q.M. Alla luce di quanto sopra esposto si conclude affinche' sia dichiarata l'illegittimita' costituzionale della legge n. 26/2014 della Regione Abruzzo. Si deposita l'estratto in originale della delibera del Consiglio dei Ministri del 30.6.2014. Roma, 7 luglio 2014 L'Avvocato dello Stato: Beatrice Gaia Fiduccia