N. 165 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 aprile 2014
Ordinanza del 29 aprile 2014 emessa dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio sul ricorso proposto da Flavourart Srl ed altre contro il Ministero dell'economia e delle finanze e Agenzia delle dogane e dei monopoli. Imposte e tasse - Prodotti contenenti nicotina o altre sostanze idonei a sostituire il consumo dei tabacchi lavorati nonche' dispositivi meccanici ed elettronici, comprese le parti di ricambio - Sottoposizione, a decorrere dal 1° gennaio 2014, ad imposta di consumo nella misura pari al 58,5 per cento del prezzo di vendita al pubblico - Violazione del principio di uguaglianza sotto il profilo dell'irrazionalita' - Violazione della riserva di legge in materia di prestazioni imposte - Lesione del principio di liberta' di iniziativa economica privata - Violazione dei principi di imparzialita' e buon andamento della pubblica amministrazione. - Decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, art. 62-quater, inserito dall'art. 11, comma 22, del decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76, convertito, con modificazioni, nella legge 9 agosto 2013, n. 99. - Costituzione, artt. 3, 23, 41 e 97. Commercio - Commercializzazione dei prodotti contenenti nicotina o altre sostanze idonei a sostituire il consumo dei tabacchi lavorati nonche' dispositivi meccanici ed elettronici, comprese le parti di ricambio - Assoggettamento a preventiva autorizzazione da parte dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli - Violazione del principio di uguaglianza sotto il profilo dell'irrazionalita' - Violazione della riserva di legge in materia di prestazioni imposte - Lesione del principio di liberta' di iniziativa economica privata - Violazione dei principi di imparzialita' e buon andamento della pubblica amministrazione. - Decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, art. 62-quater, inserito dall'art. 11, comma 22, del decreto-legge 28 giugno 2013, n. 76, convertito, con modificazioni, nella legge 9 agosto 2013, n. 99. - Costituzione, artt. 3, 23, 41 e 97.(GU n.42 del 8-10-2014 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO (Sezione Seconda) Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 735 del 2014, integrato da motivi aggiunti, proposto da: Flavourart s.r.l., Smooke s.r.l., Smart Evolution Trading s.r.l., Arbi Group s.r.l., in liquidazione volontaria, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentate e difese dagli avv.ti Stefano Vinti e Fabio Francario, con domicilio eletto presso lo studio dell'avv. Francario in Roma, via della Mercede, 11; Contro Ministero dell'Economia e delle Finanze, Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, presso cui domiciliano in Roma, via dei Portoghesi, 12; E con l'intervento di ad adiuvandum: Fiesel-Confesercenti, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Giorgio Fraccastoro, con domicilio eletto presso lo studio del difensore, in Roma, via di San Basilio, 72; Federcontribuenti Italia, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Giorgio Fraccastoro, con domicilio eletto presso lo studio del difensore, in Roma, via di San Basilio, 72; Per l'annullamento: - del D.M. 16.11.2013 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana in data 7.12.2013 e delle "Risposte ai quesiti piu' frequenti" (c.d. FAQ) adottate dall'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e rese note mediante pubblicazione sul sito ufficiale dell'Agenzia delle Dogane in data 3.1.2014; - di ogni altro atto preparatorio, presupposto, connesso e consequenziale, ivi compresa: 1) la decisione di prevedere che gli operatori gia' presenti sul mercato che non hanno conseguito alla data del l° gennaio 2014 l'autorizzazione al commercio di vaporizzatori, della loro componentistica, dei liquidi destinati alla vaporizzazione e dei relativi prodotti accessori e strumentali (ovvero dei prodotti indicati al comma 1, dell'art. 62-quater, comma 1, del d.lgs. 26.10.1995, n. 504), non possano continuare a commercializzare e vendere tali prodotti; 2) la decisione di assoggettare a regime autorizzatorio e tariffario e all'imposta nella misura del 58,5% del prezzo di vendita al pubblico (di cui all'art. 62-quater, comma 1, del d.lgs. 26.10.1995, n. 504) la vendita di prodotti accessori e strumentali all'utilizzo di vaporizzatori (come ad esempio i caricabatteria o le custodie dei vaporizzatori); 3) la decisione di ritenete succedanei del tabacco ed assoggettati a regime autorizzatorio e tariffario e all'imposta prodotti che non contengono affatto nicotina ovvero dispositivi elettronici, componenti e accessori a prescindere dal fatto che siano o meno deputati alla vaporizzazione di nicotina ovvero vengano o meno concretamente ed effettivamente adibiti a tale uso da parte dei loro utilizzatori; nonche', comunque: 4) la stessa decisione di applicare in via generale sui prodotti indicati al comma 1 dell'art. 62-quater del d.lgs. n. 504/95 la suddetta imposta della misura pari al 58,5% sul prezzo di vendita al pubblico dei prodotti medesimi e di sottoporre gli stessi a regime autorizzatorio e tariffario; e, infine 5) ove e per quanto occorrer possa, la nota dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli 20.11.2013, prot. n. DAC/CTL/8443/2013; il tutto previa, ove occorra e ritenuta non manifestamente infondata la relativa questione, a) rimessione alla Corte costituzionale della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 62-quater del d.lgs. 26.10.1995, n. 504, per violazione degli artt. 3, 35, 41, 53 e 97 della Cost.; nonche' b) sempre ove occorra, previa rimessione alla Corte di Giustizia della seguente questione "dica la Corte di Giustizia se i principi di diritto europeo in materia di libera circolazione dei fattori e dei prodotti economici, di tutela delle liberta' fondamentali e di libera concorrenza nel mercato unico, nonche' gli artt. 30, 34, 35 e 110 del TFUE, l'art. 401 della direttiva 112/ 20061 CE e l'art. 1 della direttiva n. 118/2008/CE, ostino ad una normativa nazionale come quella di cui all'art. 62-quater del d.lgs. n. 504 del 1995, che: a) introduce un'imposta di consumo con aliquota al 58,5% sul prezzo di vendita dei prodotti al pubblico; b) prevede una tariffazione dei prezzi al pubblico, determinando una rigida e predeterminata regolamentazione dei prezzi di vendita; c) impone una serie di obblighi ed adempimenti procedimentali che interferiscono con il regolare ciclo produttivo - distributivo dei prodotti."; - nonche', ancora, per l'annullamento dei seguenti atti, impugnati con motivi aggiunti: - d.m. 12.2.2014, a firma del Ministro dell'Economia e delle Finanze; - circolare AAMS prot. n. DAC/DIR/14 del 21.1.2014 e di ogni loro atto preparatorio, presupposto, connesso e conseguenziale, ivi compresi i provvedimenti gia' impugnati con il ricorso introduttivo del presente giudizio. Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Visti gli atti di costituzione in giudizio delle amministrazioni intimate; Relatore alla pubblica udienza del giorno 2 aprile 2014 il Cons. Silvia Martino; Uditi gli avv.ti Francario, Vinti, Fraccastoro nonche' l'avv. dello Stato Meloncelli, per le parti rispettivamente rappresentate; Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue: 1. Le societa' ricorrenti rappresentano di operare, sin dal 2010, sul mercato nazionale ed estero nel settore della produzione e della commercializzazione di vaporizzatori di liquidi aromatici e non (c.d. e-cigarettes), della loro componentistica, nonche' di prodotti strumentali ed accessori all'uso dei vaporizzatori. I vaporizzatori sono strumenti dotati di una batteria ricaricabile che consentono di inalare il vapore di una soluzione di acqua, glicole propilenico, glicerolo, aromi alimentari e, eventualmente, nicotina (che puo' essere presente o del tutto assente). Tecnicamente, un vaporizzatore e' composto da: - un filtro, costituito da materiale plastico ipoallergenico, contenente, al suo interno, una cartuccia che viene caricata con soluzione di glicole propilenico, glicerole, aromi alimentari ed, eventualmente, nicotina; - un cartomizzatore, che riscalda il liquido contenuto nella cartuccia o nel serbatoio, creando una sospensione gassosa che trasporta le sostanze del liquido, lasciandole quasi inalterate, grazie all'assenza di combustione; - una batteria ricaricabile che fornisce energia al vaporizzatore (in alternativa alla quale e' possibile utilizzare Usb - pass che permettono di collegare direttamente il vaporizzatore ad una presa Usb di un computer o di un auto); - un circuito elettronico interno. Attualmente, sul mercato, sono presenti una molteplicita' di liquidi per vaporizzatori nei quali non e' presente nicotina e che presentano semplicemente sapori aromatici di natura alimentare. Per tale ragione, le ricorrenti ritengono che i vaporizzatori non costituiscano necessariamente "prodotti succedanei del tabacco", dal momento che l'utilizzo e la vaporizzazione di nicotina costituisce soltanto uno dei possibili e molteplici usi di tali dispositivi da parte del consumatore. E' tuttavia accaduto che, con d.l. 28 giugno 2013, n. 76 (conv. con modificazioni in l. 9 agosto 2013, n. 99), sia stato introdotto nel corpo del d.lgs. n. 504 del 1995, un articolo 62-quater, rubricato "Imposta di consumo sui prodotti succedanei dei prodotti da fumo", il quale prescrive che, a decorrere dal 1° gennaio 2014, "i prodotti contenenti nicotina o altre sostanze idonei a sostituire il consumo dei tabacchi lavorati, nonche' i dispositivi meccanici ed elettronici, comprese le parti di ricambio, che ne consentono il consumo, sono assoggettati ad imposta di consumo nella misura del 58,5% del prezzo di vendita al pubblico". La medesima disposizione ha altresi' previsto che la commercializzazione dei prodotti "di cui al comma 1 e' assoggettata alla preventiva autorizzazione da parte dell'Agenzie delle Dogane e dei Monopoli nei confronti dei soggetti che siano in possesso dei medesimi requisiti stabiliti per la gestione dei depositi fiscali di tabacchi lavorati [...]" e che "Con decreto del Ministro dell'Economia e delle Finanze, da adottarsi entro il 31 ottobre 2013, sono stabiliti il contenuto e le modalita' di presentazione dell'istanza ai fini dell'autorizzazione di cui al comma 2, le procedure per la variazione dei prezzi di vendita dei prodotti di cui al comma 1, nonche' le modalita' di prestazione della cauzione di cui al comma 3, di tenuta dei registri e documenti contabili, di liquidazione e versamento dell'imposta di consumo, anche in caso di vendita a distanza, di comunicazione degli esercizi che effettuano la vendita al pubblico, in conformita', per quanto applicabili, a quelle vigenti per i tabacchi lavorati". Le ricorrenti evidenziano come il regolamento attuativo, recante, tra l'altro, la disciplina del neoistituito procedimento autorizzatorio, sia stato adottato solo in data 16 novembre 2013 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il 7 dicembre 2013. Successivamente, in data 3 gennaio 2014, l'Agenzia delle Dogane ha fornito i chiarimenti richiesti dagli operatori, pubblicando le c.d. FAQ sul proprio sito istituzionale. Le disposizioni teste' menzionate hanno avuto l'effetto di determinare il blocco totale dell'attivita' economica e di impresa in danno degli operatori del mercato del c.d. fumo elettronico, nonche' di assoggettare al regime autorizzatorio ed impositivo persino prodotti strumentali e puramente accessori quali, ad esempio, i caricabatterie per i vaporizzatori e le loro custodie in plastica. Esse, in particolare: - hanno previsto che gli operatori gia' presenti sul mercato che non hanno conseguito l'autorizzazione alla data del 1° gennaio 2014, non possono continuare a commercializzare e vendere gli stessi, laddove il regolamento attuativo e' stato pubblicato in G.U. solo in data 7.12.2013, e prevede testualmente che il procedimento per il rilascio delle autorizzazioni, si perfezioni tra i 90 e i 270 giorni; - hanno concretamente l'effetto di sottoporre a regime autorizzativo e tariffario, nonche' alla gravosa tassazione del 58,5%, anche prodotti che non sono succedanei del tabacco (come caricabatterie e custodie) ovvero che non contengono affatto nicotina. Il decreto ministeriale, in particolare, prevede un termine di conclusione del procedimento che risulta incompatibile con la data del 1° gennaio 2014, essendo previsti 90 giorni soltanto per conseguire il provvedimento di autorizzazione. A tale periodo devono poi aggiungersi ulteriori 180 giorni per il perfezionamento dei profili afferenti la cauzione. Di fatto, nessun operatore ha conseguito l'autorizzazione alla data del 1° gennaio 2014, di talche' il settore sta subendo un blocco totale delle attivita' che mette a rischio la stabilita' economica delle societa', gli asset aziendali, gli investimenti effettuati. Le ricorrenti stigmatizzano altresi' il fatto che, all'atto di fornire i chiarimenti richiesti sul nuovo regime, l'Agenzia delle Dogane abbia ritenuto di sottoporre ad autorizzazione anche semplici prodotti accessori che non possono essere sicuramente considerati "succedanei" del tabacco, quali i caricabatterie e le custodie dei dispositivi in esame. I prodotti suddetti sono tutti ad uso promiscuo e possono esser utilizzati tanto per i vaporizzatori quanto al servizio di altri dispositivi che nulla hanno a che fare con il c.d fumo elettronico. Evidenziano, ancora, che il d.m. 16.11.2013, all'atto di fornire la definizione di "prodotti succedanei dei prodotti da fumo" si e' limitato ad utilizzare una definizione talmente generica da potervi attrarre anche prodotti che non contengono affatto nicotina o che, comunque, non vengono in concreto adibiti a tale uso dall'utilizzatore. In pratica, vengono ricompresi in tale definizione e quindi sottoposti a regime autorizzativo, tariffario e impositivo: - i liquidi per vaporizzatori che non contengono nicotina; - semplici dispositivi monouso di vaporizzazione utilizzati per inalare aromi privi di nicotina; - i medesimi dispositivi, le loro componenti e i corrispettivi corredi accessori anche quando non vengano in concreto utilizzati per la vaporizzazione di nicotina; - componenti e prodotti che, nel mondo del tabacco lavorato, non vengono colpiti da una tassazione specifica ne' sono sottoposti ad un regime speciale di commercializzazione (si pensi ai bocchini e ai portasigarette). Le ricorrenti, hanno quindi sviluppato i seguenti motivi di ricorso: I) Violazione e falsa applicazione dell'art. 62-quater del d.lgs. 26.10.1995, n. 504 (rubricato "Imposta di consumo sui prodotti succedanei dei prodotti da fumo"); violazione e falsa applicazione dell'art. 1 e ss d.m. 16.11.2013; manifesta irragionevolezza; eccesso di potere nelle figure sintomatiche dell'illogicita', dell'irrazionalita', del vizio di motivazione, del difetto di istruttoria, dell'erroneita' dei presupposti e del travisamento dei fatti; violazione del principio di concorrenza, violazione del principio di legalita'; perplessita' dell'azione amministrativa. La previsione dell'Agenzia delle Dogane secondo cui gli operatori che alla data del 1° gennaio 2014 non abbiano conseguito l'autorizzazione al commercio dei prodotti in esame non possono continuare a commercializzarli e', a dire dei ricorrenti, illegittima, in quanto in contrasto con la tempistica prescritta dal d.m. 16.11.2013. Essa non tiene conto della normativa regolamentare, dei complessi adempimenti prescritti, e, comunque, del fatto che nessuna fonte, primaria o secondaria, prevede che il regime di autorizzazione debba entrare in vigore alla data del 1° gennaio 2014. Dal canto suo, il d.m. 16.11.2013 non prevede alcuna norma transitoria idonea a consentire che i soggetti gia' presenti sul mercato possano continuare ad operare nelle more del rilascio dell'autorizzazione che viene oggi richiesta quale condizione per la commercializzazione dei rispettivi prodotti. II) Violazione e falsa applicazione dell'art. 62-quater del d.lgs. n. 504 del 1995 (rubricato "Imposta di consumo sui prodotti succedanei dei prodotti da fumo"); violazione e falsa applicazione del d.m. 16.11.2013; manifesta irragionevolezza; eccesso di potere nelle figure sintomatiche dell'illogicita', dell'irrazionalita', del vizio di motivazione, del difetto di istruttoria, dell'erroneita' dei presupposti e del travisamento dei fatti; violazione del principio di buon andamento; violazione del principio di concorrenza, perplessita' dell'azione amministrativa. Parimenti illegittime sono le disposizioni che assoggettano a regime autorizzatorio, tariffario e impositivo anche prodotti che costituiscono meri accessori strumentali all'utilizzo dei vaporizzatori, quali caricabatterie e custodie. L'illogicita' di una siffatta decisione emerge in maniera ancora piu' lampante se si considera che tali accessori vengono sottoposti a regime autorizzatorio e tariffario anche in tutti quei casi nei quali gli stessi costituiscono corredo accessorio e strumentale all'utilizzo di dispositivi che non sono destinati a vaporizzare nicotina (vaporizzatori mono uso per la vaporizzazione di liquidi aromatici, ovvero che, per scelta dell'utilizzatore, non vaporizzano ne' nebulizzano nicotina). Si tratta comunque, come gia' evidenziato, di prodotti ad uso promiscuo, con l'ulteriore illogicita' che gli stessi prodotti, ove commercializzati da ditte che operano, ad esempio, nel settore delle apparecchiature elettroniche generiche, rimangono liberamente vendibili al prezzo di mercato senza scontare la pesante tassazione del 58,5%. In sostanza, prodotti identici o speculati vengono sottoposti a regime di commercializzazione differenti per il fatto di essere o meno potenzialmente e astrattamente utilizzabili quali accessori di un vaporizzatore (ancorche' utilizzato in assenza di liquido nicotinico) o perche' semplicemente prodotti all'interno della filiera del c.d. fumo elettronico. Lo stesso e' a dirsi per la sottoposizione al regime tariffario previsto dall'art. 4 del d.m. III) Violazione e falsa applicazione dell'art. 62-quater del d.lgs. n. 504 del 1995 (rubricato "Imposta di consumo sui prodotti succedanei dei prodotti da fumo"); incompetenza; violazione del principio di legalita', di tipicita' e di nominativita'; erroneita' dei presupposti e travisamento dei fatti. Le decisioni dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli sono illegittime anche sotto il profilo dell'incompetenza, in quanto essa non e' stata dotata del potere di provvedere in merito o di dettare una disciplina attuativa dell'art. 62-quater. E' al MEF, invece, che compete il potere di adottare una normativa regolamentare recante la disciplina del procedimento autorizzatorio, e quindi secondo le ricorrenti, di stabilire tanto i profili temporali di efficacia del neo istituito regime autorizzatorio quanto il suo ambito strettamente oggettivo. IV) (Sotto altro e ulteriore profilo): violazione e falsa applicazione dell'art. 62-quater del d.lgs. 26.10.1995, n. 504 (rubricato "Imposta di consumo sui prodotti succedanei dei prodotti da fumo"); violazione e falsa applicazione del d.m. 16.11.2013; manifesta irragionevolezza, eccesso di potere nelle figure sintomatiche dell'illogicita', dell'irrazionalita', del vizio di motivazione, del difetto di istruttoria, dell'erroneita' dei presupposti e del travisamento dei fatti; violazione del principio di buon andamento; violazione del principio di concorrenza. All'atto dell'adozione del d.m. il MEF ha fornito una definizione di prodotti succedanei del tabacco talmente generica e indeterminata da consentire di sottoporre indiscriminatamente a regime autorizzatorio, tariffario e fiscale: - i liquidi per vaporizzatori che non contengono nicotina; - semplici dispositivi monouso di vaporizzazione utilizzati per inalare aromi privi di nicotina; - i medesimi dispositivi, le loro componenti e i rispettivi corredi accessori, indipendentemente dal fatto che vengano concretamente utilizzati per la vaporizzazione di nicotina; - componenti e prodotti che, nel mondo del tabacco lavorato, non vengono colpiti da specifica tassazione ne' sono sottoposti ad un regime particolare di commercializzazione. E' irragionevole o illogico ricomprendere nella categoria dei succedanei del tabacco anche i liquidi per vaporizzazione privi di nicotina ovvero dispositivi monouso che nascono per vaporizzare aromi non nicotinici. Proprio in materia di regolamentazione dell'utilizzo dei vaporizzatori, l'ordinamento amministrativo gia' distingue le ipotesi nelle quali il dispositivo prevede concretamente ed effettivamente l'utilizzo di nicotina, da quelle nelle quali tale sostanza e' del tutto assente. Le ricorrenti richiamano, al riguardo, l'O.M. del Ministro della Salute del 4 agosto 2011 che ha disposto il divieto di vendita ai minori di anni 18 dei vaporizzatori contenenti nicotina. Successivamente, il Ministero ha imposto ai produttori di evidenziare unicamente sui prodotti contenenti nicotina la rispettiva concentrazione e di apporre, nel caso, i necessari simboli di tossicita'. Anche il giudice amministrativo, in sede cautelare, chiamato a pronunciarsi sul divieto di utilizzo di vaporizzatori in luoghi pubblici, ha operato la medesima distinzione (cfr. ord. TAR Veneto, sez. III, n. 356/2013 del 12.7.2013; TAR Lombardia, sez. III, ord. n. 1024/2013 del 23.10.2013). La normativa, comunque, genera incertezza e perplessita' sull'individuazione dei prodotti da assoggettare al neoistituito regime autorizzatorio, tariffario e impositivo. V) Violazione degli artt. 3, 35, 41, 53 e 97 della Cost.; violazione dei principi di diritto europeo in materia di libera circolazione dei fattori e dei prodotti economici, di tutela delle liberta' fondamentali e di libera concorrenza del mercato unico, nonche' degli artt. 30, 34, 35 e 110 del TFUE, dell'art. 401 della direttiva n. 112/2006/CE e dell'art. 1 della direttiva n. 118/2008/CE. Nell'ipotesi in cui si ritenga che i provvedimenti impugnati siano conformi alla norma primaria, parte ricorrente eccepisce l'illegittimita' costituzionale dell'art. 62-quater del d.lgs. n. 504 del 26 ottobre 1995. - Questione di legittimita' costituzionale dell'art. 62-quater del d.lgs. n. 504 del 26 ottobre 1995 (c.d. testo unico ACCISE - TUA) Le misure tributarie approntate dal legislatore, oltre ad essere illogiche e sostanzialmente ingiuste, sono anche palesemente sproporzionate. E' evidente, innanzitutto, che con l'imposta in esame il legislatore ha inteso porre rimedio al crollo del mercato delle sigarette tradizionali, determinato dall'espandersi del settore delle sigarette elettroniche (comunicato stampa del MEF n. 240 del 5 dicembre 2013). La scelta di equiparare queste ultime alle sigarette tradizionali non tiene conto della peculiarita' del settore e viola, in primo luogo, il principio di eguaglianza e di capacita' contributiva. Le ricorrenti reputano irragionevole che si sia scelto di colpire anche sostanze diverse dalla nicotina in alcun modo assimilabili al tabacco lavorato. L'Italia e' l'unico paese ad avere introdotto una simile imposta mentre gli altri Stati dell'Unione Europea sono in attesa delle indicazioni del Parlamento e della Commissione in ordine alla regolamentazione del mercato. Cosi' facendo, il legislatore italiano si e' mosso nella prospettiva di "proteggere" il settore dei tabacchi lavorati, contraddicendo, in tal modo, una delle finalita' che caratterizza la relativa imposizione, volta, tra l'altro, a scoraggiare il consumo di un prodotto di cui e' accertata la dannosita' per la salute. Al contrario, le numerose ricerche scientifiche che, fino ad oggi, hanno riguardato il mercato delle e-cig, non hanno riscontrato alcuna conseguenza nociva per la salute e, anzi, ne hanno sottolineato i vantaggi legati all'effetto di dissuasione dal tabagismo. L'equiparazione sotto il profilo fiscale alle sigarette tradizionali non sarebbe comunque giustificata nemmeno nelle ipotesi nelle quali le sigarette elettroniche consentono la vaporizzazione di nicotina. La nicotina e', infatti, una sostanza che si trova in natura e non e' tassata di per se' (si pensi ai cerotti antifumo, ai prodotti nicorette etcc.). Nel fumo tradizionale, infatti, il danno alla salute e' prodotto dai numerosi elementi mischiati tra loro che, sottoposti al processo di combustione, si trasformano in sostanze dannose per l'organismo. Le ricorrenti ritengono altresi' irragionevole che la medesima imposizione colpisca indiscriminatamente tutti i prodotti e dispositivi collegati al mercato della sigaretta elettronica, ancorche' diversissimi tra loro per natura e funzione. La disciplina in esame contrasta quindi con i principi di ragionevolezza e proporzionalita' di cui all'art. 3 Cost., nonche', per il rigido automatismo che la caratterizza, con quelli di imparzialita' e buon andamento dell'amministrazione, garantiti dall'art. 97 Cost. In pratica, vengono indiscriminatamente assimilati ai tabacchi lavorati anche sostanze non contenenti nicotina e i dispositivi che ne consentono il consumo, laddove, invece, persino l'imposta sui tabacchi lavorati e' strutturata in modo da garantire un sistema di aliquote differenziate per tipologia di prodotto. Appare poi del tutto incomprensibile la scelta di tassare uniformemente e con l'applicazione della medesima, elevatissima aliquota, prodotti che tra loro non hanno assolutamente nulla in comune o che, addirittura, sono destinati ad un uso promiscuo. Ne deriva, altresi' una grave lesione del principio della libera iniziativa economica privata. Il legislatore ha poi regolamentato le procedure per la variazione dei prezzi di vendita al pubblico dei «prodotti succedanei dei prodotti da fumo», in modo del tutto analogo al sistema vigente nella vendita di prodotti a base di tabacco (quali l'obbligo del deposito fiscale, l'obbligo di richiedere l'autorizzazione preventiva all'esercizio di deposito di prodotti succedanei del tabacco, l'obbligo di prestare una cauzione etcc.). L'introduzione di una imposta di consumo cosi' elevata, in combinazione con il meccanismo di applicazione dell'aliquota sul prezzo al minuto e con la regolamentazione predeterminata dei prezzi al pubblico, costringera' il consumatore ad indirizzare i propri acquisti verso gli altri Stati membri dell'Unione Europea. La norma, proseguono i ricorrenti, si appalesa illegittima anche alla luce dei principi di ragionevolezza, di capacita' contributiva e di tutela del diritto alla salute, garantiti dagli artt. 3, 53 e 32 Cost. L'introduzione dell'art. 62-quater ha paralizzato il settore in esame sebbene, al di fuori dei confini nazionali, si discuta della idoneita' delle sigarette elettroniche a rappresentare un valido strumento per la disassuefazione dal tabagismo. L'equiparazione di queste ultime alle sigarette tradizionali non e' giustificata neanche dalla mera presenza della nicotina in quanto, nelle sigarette tradizionali, il danno alla salute e' prodotto non dalla nicotina in se' ma dai numerosi elementi cancerogeni, assenti nelle e-cig, che vengono bruciati, trasformandosi in sostanze dannose per l'uomo. La nuova misura tributaria finisce cosi' paradossalmente per incentivare l'uso del tabacco ed aggravare le situazioni di danno per la salute che questo comporta. Le ricorrenti stigmatizzano, altresi', la stessa scelta del tributo da applicare. Le accise - tra le quali sembra dover essere concettualmente annoverata anche l'imposta di cui si discute - rappresentano un gruppo eterogeneo di imposte indirette erariali che colpiscono la fabbricazione, o il consumo, di determinati prodotti, nonche' la loro importazione nel territorio dello Stato ed il cui presupposto non presenta alcun elemento di patrimonialita' di modo che non si comprende quale sia il fatto - indice di capacita' contributiva considerato dal legislatore. In relazione all'imposta in esame si ripropongono, pertanto, le annose questioni in ordine alla legittimita' di un tributo che colpisce un indice diverso dal reddito o dal patrimonio. Vi sarebbe, inoltre, una duplicazione impositiva, derivante dall'applicazione dell'aliquota al prezzo di vendita al pubblico e, quindi, al lordo dell'IVA. Pure irragionevole sarebbe la finalita' extrafiscale di ostacolare la produzione e il consumo delle sigarette elettroniche, con l'effetto di favorire il mercato delle sigarette tradizionali. - Sulla compatibilita' dell'art. 62-quater del d.lgs. n. 504 del 26 ottobre 1995 (c.d. testo unico accise, TUA) con la normativa di rango comunitario. L'Italia e' l'unico paese dell'Unione ad avere introdotto l'imposta in esame mentre in sede europea si discute ancora della qualificazione merceologica e del comparto di appartenenza dei suddetti prodotti, anche alla luce della loro idoneita' a contrastare il tabagismo. Le ricorrenti reputano, peraltro, che, con l'introduzione delle disposizioni in esame, siano state commesse plurime violazioni delle norme comunitarie tra cui gli artt. 30, 35, 35 e 110 del TFUE. Pure violato risulterebbe l'art. 401 della Direttiva IVA n. 112/2006/CE nella parte in cui vieta di introdurre imposte sulla cifra di affari aventi le stesse caratteristiche dell'IVA e consente solo di mantenere accise o altre imposte che non abbiano il carattere di imposta sul volume di affare sempreche' non diano luogo, "negli scambi tra Stati membri, a formalita' connesse con il passaggio di una frontiera". Analogamente dispone l'art. 1 della Direttiva 118/2008/CE. La disciplina introdotta dal legislatore ordinario, inoltre, sarebbe incompatibile con gli articoli 34 e 35 del TFUE in quanto introdurrebbe una serie di misure ad effetto equivalente alle restrizioni quantitative che rappresentano un concreto pregiudizio per l'esercizio della libera concorrenza nell'ambito del mercato comune. Particolarmente critica, a questo riguardo, sarebbe l'introduzione di una regolamentazione rigida e predeterminata dei prezzi, simile a quella vigente per le sigarette tradizionali, gia' oggetto di censura da parte della Corte di Giustizia (cfr. Corte giustizia, sez. III, del 24 giugno 2010, causa C - 571/08). Il legislatore italiano ha inoltre previsto una serie di norme tecniche e di obblighi oltremodo gravosi che possono rappresentare una violazione del principio di proporzionalita', e che, comunque, determinano una distorsione in ambito comunitario in ordine alle modalita' di commercializzazione dei prodotti. Si pone ad esempio il problema se un prodotto nato secondo le norme vigenti in uno degli Stati membri possa essere posto in vendita in Italia, ove vigono ormai standard differenti. Le ricorrenti soggiungono che, a loro dire, l'accisa sulle sigarette elettroniche, come quella sui tabacchi, determina un fenomeno equivalente negli effetti all'istituto della rivalsa obbligatoria, originato dalla predeterminazione del prezzo da parte di un provvedimento dell'AAMS che ingloba anche l'accisa. Altrettanto palese sarebbe la violazione della normativa comunitaria in materia di accise. L'armonizzazione e la razionalizzazione delle imposte indirette rappresenta una condizione necessaria per la compiuta realizzazione del mercato unico, per favorire la quale vige un divieto assoluto di imporre controlli ai passaggi comunitari su detti prodotti, di modo che, delle due l'una: - o l'imposta introdotta dal cit. art. 62-quater del d.lgs. n. 504 del 1995 rientra nell'ambito delle accise e, quindi, il legislatore non era legittimato ad intervenire in una materia riservata alla competenza comunitaria: - ovvero la suddetta imposta avrebbe dovuto rispettare le condizioni ed i parametri fissati dalla direttiva 118/2008/CE; essa, pero', non presenta alcuna "finalita' specifica" ne' risulta conforme "alle norme comunitarie applicabili per le accise o per l'imposta sul valore aggiunto". Le societa' ricorrenti chiedono pertanto al Collegio di volere rimettere alla Corte di Giustizia la seguente questione pregiudiziale: "Dica la Corte di Giustizia se i principi di diritto europeo in materia di libera circolazione dei fattori e dei prodotti economici, di tutela delle liberta' fondamentali e di libera concorrenza nel mercato unico, nonche' gli artt. 30, 34, 35 e 110 del TFUE, l'art. 401 della direttiva n. 112/2006/ CE e l'art. 1 della direttiva 118/2008/CE, ostino ad una normativa nazionale come quella di cui all'art. 62-quater del d.lgs. n. 504 del 1995 che: a) introduce un'imposta di consumo con aliquota al 58,5% sul prezzo di vendita dei prodotti al pubblico; b) prevede una tariffazione dei prezzi al pubblico, determinando una rigida e predeterminata regolamentazione dei prezzi di vendita; c) impone una sede di obblighi ed adempimenti procedimentali, che interferiscono con il regolare ciclo distributivo dei prodotti". Si e' costituito, per resistere, il Ministero dell'economia e delle finanze. Sono intervenute ad adiuvandum le Associazioni Federcontribuenti Italia e la Fiesel - Confesercenti. Con ordinanza n. 537 del 6.2.2014, l'istanza cautelare proposta e' stata accolta in via interinale e provvisoria, fino alla camera di consiglio del 19 febbraio 2014, e, per l'effetto, e' stata sospesa l'efficacia del regime autorizzatorio ed impositivo introdotto dall'art. 62-quater in esame. Quindi, con ordinanza n. 811 del 20.2.2014, in considerazione delle modifiche apportate al d.m. 16.11.2013 dal d.m. 12.2.2014, l'istanza cautelare e' stata respinta. Le ricorrenti hanno successivamente proposto motivi aggiunti avverso il suddetto d.m. 12.2.2014, nonche' avverso la circolare AAMS prot. DAC/DIR/14 del 21.1.2014, estendendo la richiesta di tutela cautelare anche agli atti sopravvenuti e, comunque, rappresentando l'aggravarsi della loro situazione economica. All'uopo, hanno evidenziato come l'amministrazione sia intervenuta sulla normativa di attuazione in una duplice direzione: - dapprima, con circolare del 21 gennaio, l'AAMS pur precisando di ritenere che "non possano considerarsi parti di ricambio, a titolo esemplificativo, le custodie dei prodotti, i cavetti per l'alimentazione, le batterie", ha tuttavia confermato che "i beni sopra indicati, ove compresi nel prezzo unitario di vendita dei dispositivi, anche monouso, concorrono alla formazione della base imponibile cui si applica l'imposta di consumo". Successivamente, il MEF e' intervenuto per semplificare il procedimento, qualificando come SCIA la domanda di autorizzazione (d.m. del 12.2.2014). Le modifiche apportate alla normativa attuativa, proseguono le ricorrenti, perpetuano e confermano le stesse illegittimita' che gia' affliggevano i provvedimenti impugnati con il ricorso principale, nella misura in cui anche tali modifiche non toccano minimamente gli effetti sostanziali che derivano dall'indiscriminato assoggettamento al regime autorizzatorio e fiscale: - dei vaporizzatori in quanto tali; - delle sostanze che, oggettivamente, non possono considerarsi succedanee del tabacco; - dell'oggettistica puramente accessoria del prodotto. Anche la normativa successivamente intervenuta, infatti, continua a mantenere ferma l'applicazione del regime autorizzativo, fiscale e sanzionatorio in relazione all'insieme di beni unitariamente considerato. Le modifiche recentemente apportate, inoltre, introducono ulteriori profili di irragionevolezza. In particolare, secondo la circolare dell'AAMS oggetto di impugnativa, un "caricabatteria" o una "custodia" diventano un prodotto succedaneo del tabacco nell'ipotesi in cui vengano venduti insieme ai vaporizzatori ad un unico prezzo di vendita. Quanto, poi, al d.m. 12.2.2014, esso ha stabilito, all'art. 2, che dalla data di presentazione all'Agenzia della domanda di istituzione e gestione di un deposito fiscale di prodotti succedanei del tabacco, il soggetto che l'ha sottoscritta e' autorizzato a gestire il deposito. Il Ministero, pero', non ha adeguatamente considerato la posizione di quelle imprese che, come le ricorrenti, avevano gia' presentato domanda di autorizzazione e che si vedono, oggi, applicare in maniera retroattiva e indiscriminata, su tutti i loro prodotti, il prelievo del 58,5% sul prezzo di vendita al pubblico senza che abbiano mai avuto, fino a questo momento, nemmeno la possibilita' di vendere secondo il neoistituito regime, e di traslare, quindi, il costo dell'imposta sui consumatori o sui rivenditori finali. I motivi aggiunti, sono, specificamente: I) Violazione e falsa applicazione dell'art. 62-quater del d.lgs. n. 504 del 1995 (rubricato "Imposta di consumo sui prodotti succedanei dei prodotti da fumo"); violazione e falsa applicazione del d.m. 16.11.2013; manifesta irragionevolezza, eccesso di potere nelle figure sintomatiche dell'illogicita', irrazionalita' e difetto di motivazione; difetto di istruttoria, contraddittorieta', erroneita' dei presupposti e travisamento dei fatti; violazione del principio di buon andamento; violazione del principio di concorrenza. Anche i provvedimenti impugnati con i motivi aggiunti evitano di specificare cosa possa o debba intendersi per "prodotto succedaneo del tabacco", con la conseguenza che continuano ad essere assoggettati al regime autorizzatorio e impositivo, proprio dei tabacchi lavorati: a) sostanze liquide vaporizzabili che non contengono affatto nicotina ma liquidi aromatizzati con essenze varie (menta, vaniglia etcc.); b) dispositivi elettronici e quant'altro sia necessario per consentire la vaporizzazione a prescindere dal fatto che la vaporizzazione abbia per oggetto sostanze succedanee del tabacco e contenenti nicotina; c) cose e prodotti che nemmeno servono per consentire la vaporizzazione, ma sono puramente accessori del vaporizzatore, quali custodie, batterie, caricabatterie etcc. La circolare e il d.m. si limitano a reiterare la formula genericamente adottata dalla norma di legge, che continua cosi' ad essere interpretata in maniera assolutamente indiscriminata ed estensiva. II) Violazione e falsa applicazione dell'art. 62-quater del d.lgs. 26.10.1995, n. 504 (rubricato "Imposta di consumo sui prodotti succedanei dei prodotti da fumo"); violazione e falsa applicazione del d.m. 16.11.2013; manifesta irragionevolezza; eccesso di potere nelle figure sintomatiche dell'illogicita', della contraddittorieta', dell'irrazionalita', del vizio di motivazione, del difetto di istruttoria, dell'erroneita' dei presupposti e del travisamento dei fatti; violazione del principio di buon andamento; violazione del principio di concorrenza; perplessita' dell'azione amministrativa. La circolare AAMS del 21.1.2014 continua ad assoggettare al nuovo regime autorizzatorio e fiscale le "custodie dei prodotti, cavetti per alimentazione e le batterie" nell'ipotesi in cui detti prodotti vengano venduti insieme ai vaporizzatori ad un unico prezzo di vendita. Essi pero' non contengono nicotina o altre sostanze che possano considerarsi succedanee del tabacco ne' costituiscono componenti o parti integranti dei dispositivi di vaporizzazione; di fatto, tali prodotti, non sono di per se' idonei a vaporizzare alcunche'. Se detti prodotti non sono "succedanei" del tabacco debbono essere esclusi dal correlato regime autorizzatorio e impositivo, a prescindere dalle modalita' di commercializzazione. III) Violazione e falsa applicazione dell'art. 62-quater del d.lgs. 26.10.1995, n. 504 (rubricato "Imposta di consumo sui prodotti succedanei dei prodotti da fumo"); violazione e falsa applicazione del d.m. 16.11.2013; manifesta irragionevolezza; eccesso di potere nelle figure sintomatiche dell'illogicita', della contraddittorieta', dell'irrazionalita', del vizio di motivazione, del difetto di istruttoria, dell'erroneita' dei presupposti e del travisamento dei fatti; violazione del principio di buon andamento; violazione del principio di concorrenza; perplessita' dell'azione amministrativa. Il d.m. 12.2.2014 e' altresi' illegittimo nella parte in cui applica retroattivamente il nuovo regime impositivo anche in relazione ad un periodo in cui il neoistituito regime autorizzatorio non era operante (per effetto dei provvedimenti cautelari di questo TAR) e quindi, senza che le imprese abbiano mai avuto la possibilita' di trasferire sulla filiera commerciale e sul consumatore finale il costo dell'imposta stessa. Nel caso di Flavourart, ad esempio, viene evidenziato che la societa', per effetto delle censurate disposizioni, dovrebbe versare un'imposta superiore, per i soli liquidi vaporizzabili, di oltre 700.000 euro ai suoi stessi ricavi, con matematico default. Resistono anche ai motivi aggiunti le amministrazioni intimate. Tutte le parti hanno depositato plurime, articolate memorie e ampia documentazione. Le ricorrenti, in particolare, in vista della pubblica udienza di discussione hanno depositato uno studio di analisi economica del nuovo regime fiscale del fumo elettronico, realizzato dal Casmef, centro di ricerca economica indipendente dell'Universita' LUISS Guido Carli di Roma. Il ricorso e' stato trattenuto per la decisione di merito alla pubblica udienza del 2 aprile 2014. Contestualmente, e' stato introitato anche per la decisione, in abbinamento al merito, dell'istanza cautelare, quest'ultima definita con ordinanza n. 1516 del 3 aprile 2014. Con tale pronuncia, il Collegio ha nuovamente sospeso l'efficacia del regime autorizzatorio e impositivo di cui all'art. 62-quater del d.lgs. n. 504 del 1995, fino alla decisione da parte della Corte costituzionale della questione di legittimita' costituzionale che viene sollevata con la presente ordinanza (cfr., infra, il par. 4 della presente decisione). 2. Cio' premesso, devono anzitutto respingersi le eccezioni sollevate dalla difesa erariale tese a dimostrare l'inammissibilita' e/o improcedibilita' del ricorso per le ragioni dovute, nell'ordine: - alla carenza di giurisdizione del giudice amministrativo, trattandosi di fattispecie rientrante nella giurisdizione del giudice tributario; - al difetto originario di interesse a ricorrere di tutte le ricorrenti, in mancanza dell'adozione di atti impositivi; - al difetto di interesse delle ricorrenti che non hanno presentato la domanda disciplinata dall'art. 2 del d.m. 16.11.1993; - alla, pretesa, cessazione della materia del contendere, per effetto delle modifiche apportate al d.m. 16.11.1993 dal d.m. 12.2.2014, nonche' dell'interpretazione resa dall'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli con la circolare del 21.1.2014. 2.1 In primo luogo, e' orientamento ormai consolidato delle Sezioni Unite quello secondo cui la giurisdizione esclusiva del giudice tributario in ordine ai "tributi di ogni genere e specie", istituita dall'art. 2, comma 1, (d.lg. 31 dicembre 1992, n. 546, come successivamente modificato, puo' svolgersi solo attraverso l'impugnazione di specifici atti impositivi dell'amministrazione finanziaria. Ne consegue che, in mancanza della mediazione rappresentata dall'impugnativa dell'atto impositivo, il giudice tributario "non puo' giudicare della legittimita' degli atti amministrativi generali, dei quali puo' conoscere, incidenter tantum ed entro confini determinati, solo ai, fini della disapplicazione nella singola fattispecie dell'atto amministrativo presupposto dell'atto impositivo impugnato" (Cass. civ., Sez. Un., 21.3.2006, n. 6224). La cognizione degli atti autoritativi di carattere generale presupposti alla specifica obbligazione tributaria spetta, invece, alla giurisdizione del giudice amministrativo (cosi' ancora, con riguardo all'interpretazione dell'art. 7, comma 5, del d.lgs. n. 546/92, le Sezioni unite, sentenza n. 3030 dell'1.3.2002). Nello stesso senso e' la giurisprudenza del Consiglio di Stato, invocata da parte ricorrente, secondo cui "ad esclusione delle controversie riservate alla giurisdizione del giudice tributario, sono impugnabili davanti al giudice amministrativo i regolamenti governativi, ministeriali o di enti locali che istituiscono o disciplinano tributi di qualsiasi genere, in quanto concernenti interessi legittimi (Cons. St., sez. VI^, 30.9.2004, n. 6353). 2.2. Neppure puo' ritenersi che, in assenza di atti impositivi, i provvedimenti impugnati, per il loro carattere generale, non siano immediatamente lesivi. E' noto, infatti, che il principio secondo cui le norme regolamentari vanno impugnate unitamente all'atto applicativo trova eccezione per i provvedimenti che presentano un carattere specifico e concreto, risultando idonei, come tali, ad incidere direttamente nella sfera giuridica degli interessati, a decorrere dalla pubblicazione nelle forme previste dalla legge (TAR Lazio, sez. I^, 12 aprile 2011, n. 3202 cfr. anche, da ultimo, Cons. St., sez. VI, 4.12.2012, n. 6208).). Nel caso di specie, i decreti del MEF del 16.11.2013 e 12.2.2014, nonche' le disposizioni applicative e interpretative dettate dall'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, appaiono idonei ad incidere direttamente sull'attivita' d'impresa svolta dalle ricorrenti in quanto, da un lato, attuano la previsione della fonte primaria nella parte in cui ne vieta lo svolgimento senza la prescritta autorizzazione e la sottopone ad un nuovo regime impositivo; dall'altro, "conformano" la medesima attivita', mediante la disciplina di una serie di adempimenti amministrativi e/o contabili, finalizzati all'assolvimento dell'obbligazione tributaria, 2.3. Le considerazioni teste' svolte consentono di respingere anche l'eccezione relativa al sopravvenuto difetto di interesse a ricorrere delle imprese che non hanno presentato domanda di autorizzazione. E' evidente, infatti, che il cuore della impugnativa riguarda la stessa introduzione di un regime di autorizzazione per una attivita', in precedenza libera, nonche' degli obblighi tributari cui siffatto regime e' correlato. Per la stessa ragione, la circostanza che il d.m. del 12.2.204 abbia semplificato il procedimento di autorizzazione, ovvero che la circolare del 21.1.2014 abbia (in ipotesi) chiarito che i prodotti "accessori", non sono soggetti all'imposta, non appare idonea a determinare la cessazione della materia del contendere. A cio' si aggiunga che tali ulteriori provvedimenti sono stati impugnati con motivi aggiunti, sia per vizi propri, sia in quanto, per usare l'espressione delle ricorrenti, essi in realta' "perpetuano e confermano" le stesse illegittimita' che gia' affliggono i provvedimenti gravati con ricorso principale. 3. Nel merito, nell'ordine logico delle questioni, il Collegio reputa necessario affrontare preliminarmente la questione relativa alla "compatibilita' comunitaria" dell'art. 62-quater del d.lgs. n. 504 del 1995, introdotto dall'art. 11, comma 22, D.L. 28 giugno 2013, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 99. Infatti, secondo quanto chiarito dalla Corte costituzionale (sentenza n. 319 del 26.7.1996), ove una questione di costituzionalita' sia fondata sull'interpretazione di una norma comunitaria, prima di una eventuale rimessione alla Consulta occorre che il contenuto delle norme poste dalle fonti comunitarie sia compiutamente e definitivamente individuato secondo le regole all'uopo dettate da quell'ordinamento. Al riguardo, deve pero' anche ricordarsi che il giudice nazionale non e' tenuto a chiedere una decisione pregiudiziale alla Corte di Giustizia se la normativa comunitaria non dia adito ad alcun ragionevole dubbio sulla soluzione da dare alla questione sollevata (Corte di Giustizia CE, 6 ottobre 1982, in causa C- 283/81, Cilfit). 3.1. L'imposta introdotta dall'art. 11, comma 22, D.L. 28 giugno 2013, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 99, appartiene al novero delle imposte speciali sui consumi, le quali, a differenza dell'IVA, non hanno carattere generale ma colpiscono una determinata categoria di beni o servizi. Esse si caratterizzano, altresi', per la struttura monofase, diventando esigibili in un unico momento dettagliatamente descritto dalla normativa di riferimento (cfr. Corte cost., sentenza n. 185/2011). Nell'ordinamento italiano, la disciplina delle accise (e delle altre imposte indirette sulla produzione e sui consumi) e' contenuta in larga parte nel decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 (Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative), piu' volte modificato ed integrato in attuazione delle direttive comunitarie che hanno disciplinato la materia. Da ultimo, il decreto legislativo 29 marzo 2010, n. 48 (recante "Attuazione della direttiva 2008/118/CE relativa al regime generale delle accise e che abroga la direttiva 92/12/CEE") ha provveduto, fra l'altro, a modificare le norme collegate al fatto generatore ed all'esigibilita' dell'accisa, di cui alla relativa direttiva comunitaria. La disciplina generale delle imposizioni indirette sulla produzione e sui consumi, diverse dalle accise disciplinate dai Titoli I e II del TUA (ovvero le imposte indirette diverse da quelle sulla produzione o sul consumo dei prodotti energetici, dell'alcole etnico e delle bevande alcoliche, dell'energia elettrica e dei tabacchi lavorati), e' contenuta nell'art. 61 del cit. d.lgs. In particolare, secondo tali disposizioni, "a) l'imposta e' dovuta sui prodotti immessi in consumo nel mercato interno ed e' esigibile con l'aliquota vigente alla data in cui viene effettuata l'immissione in consumo" mentre obbligato al pagamento dell'imposta e' "il fabbricante per i prodotti ottenuti nel territorio dello Stato", ovvero " il soggetto che effettua la prima immissione in consumo per i prodotti di provenienza comunitaria", ovvero ancora "l'importatore per i prodotti di provenienza da Paesi terzi". L'immissione in consumo si verifica: "1) per i prodotti nazionali, all'atto della cessione sia ai diretti utilizzatori o consumatori sia a ditte esercenti il commercio che ne effettuano la rivendita; 2) per i prodotti di provenienza comunitaria, all'atto del ricevimento della merce da parte del soggetto acquirente ovvero nel momento in cui si considera effettuata, ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, la cessione, da parte del venditore residente in altro Stato membro, a privati consumatori o a soggetti che agiscono nell'esercizio di una impresa, arte o professione; 3) per i prodotti di provenienza da Paesi terzi, all'atto dell'importazione; 4) per i prodotti che risultano mancanti alle verifiche e per i quali non e' possibile accertare il regolare esito, all'atto della loro constatazione; [...]". Appare anche utile precisare, relativamente ai "prodotti succedanei dei prodotti da fumo" che gli adempimenti fiscali sono disciplinati con esplicito richiamo al regime del deposito fiscale in materia di accise. L'art. 62-quater del TUA prevede poi non gia' un "regime tariffario", cosi' come assunto dalle ricorrenti, bensi', piu' semplicemente, istituisce, una procedura "per la variazione dei prezzi di vendita al pubblico dei prodotti". In concreto, l'art. 4 del d.m. 16.11. 2013 prescrive la "preventiva iscrizione in apposito tariffario disposta con provvedimento dell'Agenzia" del prezzo di vendita al pubblico comunicato dal soggetto autorizzato alla commercializzazione. In ambito comunitario, come gia' accennato, la direttiva 2008/118/CE, oltre a disciplinare il regime generale delle accise, stabilisce alcuni principi fondamentali in ordine all'imposizione sui "prodotti diversi dai prodotti sottoposti ad accisa", al fine di garantire il corretto funzionamento del mercato interno. Le accise c.d. "armonizzate" riguardano esclusivamente: a) prodotti energetici ed elettricita' di cui alla direttiva 2003/96/CE; b) alcole e bevande alcoliche di cui alle direttive 92/83/CEE e 92/84/CEE; c) tabacchi lavorati di cui alle direttive 95/59/CE, 92/79/CEE e 92/ 80/CEE. Relativamente ai prodotti gia' sottoposti ad accisa, l'art. 1, par. 2, della direttiva stabilisce che "Gli Stati membri possono applicare ai prodotti sottoposti ad accisa altre imposte indirette aventi finalita' specifiche, purche' tali imposte siano conformi alle norme fiscali comunitarie applicabili per le accise o per l'imposta sul valore aggiunto in materia di determinazione della base imponibile, calcolo, esigibilita' e controllo dell'imposta". Relativamente ai prodotti "diversi dai prodotti sottoposti ad accisa", gli Stati membri rimangono tuttavia liberi di applicare altre forme di imposizione purche' l'applicazione di tali imposte non comporti "negli scambi tra Stati membri, formalita' connesse all'attraversamento delle frontiere" (art. 1, par. 3). In sostanza, le norme comunitarie consentono agli Stati membri di introdurre altre forme di imposizione indiretta sui prodotti per i quali gia' sussiste un'accisa armonizzata nonche' di introdurre accise non armonizzate. E' significativo che l'ordinamento comunitario, per non privare gli Stati membri di un efficace strumento di politica economica, abbia lasciato ad essi ampio margine di discrezionalita' sia nella scelta delle aliquote delle accise armonizzate (essendo previste solo aliquote minime), sia nell'istituire prelievi aventi specifiche finalita' quand'anche gravanti su prodotti gia' soggetti ad accisa armonizzata. A cio' si aggiunge la possibilita' di tassare la produzione o il consumo di beni estranei al processo di armonizzazione, la quale non e' legata alla necessita' di perseguire specifiche finalita' ma puo' essere giustificata anche soltanto da esigenze di bilancio. 3.2. La disamina della normativa comunitaria applicabile alla fattispecie consente di confutare agevolmente l'affermazione di parte ricorrente secondo cui la disciplina generale delle imposte sui consumi sarebbe integralmente riservata alla fonte comunitaria. Il processo di armonizzazione, per quanto qui interessa, ha infatti riguardato esclusivamente (oltre l'imposta sul valore aggiunto) le accise gravanti su alcol, tabacchi e prodotti energetici. Inoltre, poiche' i "prodotti succedanei dei prodotti da fumo" non sono sottoposti ad accisa, l'imposta speciale di consumo istituita dallo Stato italiano non deve osservare i requisiti previsti dall'art. 1, par. 2, della direttiva 2008/118/CE, bensi' soltanto quelli del par. 3 del medesimo articolo. Non e' necessario, cioe', che l'imposizione abbia una finalita' specifica, ne' che essa rispetti le regole di imposizione applicabili ai fini dell'Iva o delle accise armonizzate per la determinazione della base imponibile, il calcolo, l'esigibilita' ed il controllo dell'imposta. A parere del Collegio, non vi e', poi, neanche violazione della Direttiva 2006/112/CE relativa al sistema di imposta comune sul valore aggiunto. Ai sensi dell'art. 401 le disposizioni di siffatta direttiva consentono ad uno Stato membro di mantenere o introdurre "imposte sui contratti di assicurazione, imposte sui giochi e sulle scommesse, accise, imposte di registro e qualsiasi imposta, diritto o tassa", a condizione che esse non abbiano il carattere di imposta sul volume d'affari (e che non diano luogo "negli scambi fra Stati membri, a formalita' connesse con il passaggio di una frontiera"). Le caratteristiche essenziali dell'imposta sul valore aggiunto sono le seguenti. L'IVA si applica in modo generale alle operazioni aventi ad oggetto beni o servizi; e' proporzionale a detti beni e servizi, a prescindere dal numero di operazioni effettuate; viene riscossa in ciascuna fase del procedimento di produzione e distribuzione; si applica sul valore aggiunto dei beni e dei servizi, in quanto l'imposta dovuta in occasione di una operazione viene calcolata previa detrazione di quella che e' stata versata all'atto della precedente operazione (cfr., in materia, Corte di Giustizia, sentenza 9 marzo 2000, in causa C-437/97, Wien e Wein & Co. HandelsgesmbH contro Oberösterreichische Landesregierung). Nel caso oggi in rilievo, invece, l'imposta: - e' destinata a colpire un bene specifico; - e' a struttura monofase, in quanto diviene esigibile al momento dell'immissione in consumo e non vi e' un meccanismo di deduzione analogo a quello dell'IVA; - concorre essa stessa a formare il valore finale del prodotto per cui l'IVA (come avviene nei prodotti soggetti ad accisa) grava anche sulla stessa imposta; - non e' a rivalsa obbligatoria, ne' e' vero che un effetto analogo si avrebbe a causa della sottoposizione del prodotto ad un regime tariffario in quanto, come in precedenza evidenziato, le imprese rimangono, almeno sul piano giuridico - formale, libere di fissare il prezzo di vendita del prodotto e quindi di scegliere in quale misura traslarne il peso sul consumatore. Non vi e', infine, contrasto con altre norme dei Trattati ovvero con principi di carattere generale. In particolare: - non e' violato l'art. 30 del TFUE ("i dazi doganali all'importazione o all'esportazione o le tasse di effetto equivalente sono vietati tra gli Stati membri. Tale divieto si applica anche ai dazi doganali di carattere fiscale"), in quanto l'imposta si applica tanto ai prodotti nazionali quanto a quelli di provenienza comunitaria; - non sono violati gli artt. 34 e 35, relativi al divieto di restrizioni quantitative all'importazione e/o all'esportazione, ovvero di qualsiasi misura di effetto equivalente, in quanto, anche in questo caso, l'imposta si applica a tutti i prodotti immessi in commercio nel territorio dello Stato; - non e' violato il principio di non discriminazione di cui all'art. 110 ("Nessuno Stato membro applica direttamente o indirettamente ai prodotti degli altri Stati membri imposizioni interne, di qualsivoglia natura, superiori a quelle applicate direttamente o indirettamente ai prodotti nazionali similari [...]"), in quanto l'imposta che si applica ai prodotti comunitari e' uguale a quella che si applica sui prodotti nazionali. 3.3. In definitiva, reputa il Collegio che l'art. 62-quater del TUA, non debba essere disapplicato in quanto incompatibile con i parametri comunitari evocati e che, comunque, non sia necessario rimettere alla Corte di Giustizia la questione pregiudiziale posta dalle ricorrenti. 4. Tanto premesso, in ordine all'ammissibilita' e procedibilita' del ricorso, nonche' all'insussistenza di profili idonei a giustificare la disapplicazione dell'art. 62-quater del TUA, appare tuttavia rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale della medesima disposizione, questione che il Collegio intende sollevare, d'ufficio, nei termini di seguito indicati. 4.1. Innanzitutto, in punto di rilevanza della questione, deve premettersi che i provvedimenti impugnati vengono censurati nella parte in cui gli stessi, senza curarsi di specificare quali prodotti, o sostanze possano essere considerati "succedanei" del tabacco, hanno assoggettato a regime autorizzativo, tariffario (nei sensi in precedenza specificati) e all'imposta di consumo: - qualsiasi sostanza liquida e vaporizzabile, anche non contenente nicotina; - qualsiasi dispositivo necessario a consentire la vaporizzazione, a prescindere dal fatto che essa abbia ad oggetto sostanze contenenti nicotina o, comunque, oggettivamente qualificabili come succedanee del tabacco; - prodotti accessori e strumentali, aventi uso promiscuo. Pure oggetto di rilievi e' la circostanza che l'amministrazione abbia stabilito la data del 1° gennaio 2014 per l'entrata in vigore del regime autorizzatorio, come pure il fatto che non siano state previste adeguate norme transitorie. Tali disposizioni, pero', rappresentano soltanto la pedissequa riproduzione del contenuto della fonte primaria, la quale, al comma 1, ha previsto che "A decorrere dal 1° gennaio 2014 i prodotti contenenti nicotina o altre sostanze idonei a sostituire il consumo dei tabacchi lavorati nonche' i dispostivi meccanici ed elettronici, comprese le parti di ricambio, che ne consentono il consumo, sono assoggettati ad imposta di consumo nella misura pari al 58,5 per cento del prezzo di vendita al pubblico", mentre, al comma 2, ha assoggettato la commercializzazione "dei prodotti di cui al comma 1", alla "preventiva autorizzazione da parte dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli nei confronti di soggetti che siano in possesso dei medesimi requisiti stabiliti, per la gestione dei depositi fiscali di tabacchi lavorati [...]". E' bene anche sottolineare che e' il legislatore ad avere direttamente individuato il presupposto di imposta e la base imponibile (quest'ultima rappresentata dai prodotti "succedanei" dei prodotti da fumo, secondo la definizione recata dal comma 1), mentre alla fonte secondaria e' stato rimesso soltanto di disciplinare il "contenuto e le modalita' di presentazione dell'istanza ai fini dell'autorizzazione di cui al comma 2, le procedure per la variazione dei prezzi di vendita al pubblico dei prodotti di cui al comma 1, nonche' le modalita' di prestazione della cauzione di cui al comma 3, di tenuta dei registri e documenti contabili, di liquidazione e versamento dell'imposta di consumo, anche in caso di vendita a distanza, di comunicazione degli esercizi che effettuano la vendita al pubblico, in conformita', per quanto applicabili, a quelle vigenti per i tabacchi lavorati". Non era quindi nel potere del Ministro dell'economia e delle finanze ne' di specificare quali prodotti debbano ritenersi "succedanei" dei prodotti da fumo, ne' di stabilire una data diversa dal 1° gennaio 2014, per l'entrata in vigore del nuovo regime autorizzatorio ed impositivo. Al riguardo, e' poi agevole rilevare che, sebbene l'art. 62-quater non stabilisca espressamente la data a partire dalla quale la commercializzazione dei "succedanei" dei prodotti da fumo richiede il possesso dell'autorizzazione, essa non puo' che coincidere con l'entrata in vigore del regime impositivo in quanto l'unico fine dell'autorizzazione, cosi' come strutturata, appare quello strumentale alla vigilanza fiscale. Da tale assetto deriva che i principali vizi dedotti - relativi all'ambito oggettivo di applicazione dell'imposta e del connesso regime autorizzativo, alla determinazione della base imponibile e all'introduzione di una aliquota indifferenziata - non possono che risolversi nella questione di legittimita' costituzionale della norma citata, nella parte in cui: - ha assoggettato alla preventiva autorizzazione da parte dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli la commercializzazione dei prodotti "succedanei dei prodotti da fumo", definiti come i "prodotti contenenti nicotina o altre sostanze idonei a sostituire il consumo dei tabacchi lavorati nonche' i dispostivi meccanici ed elettronici, comprese le parti di ricambio, che ne consentono il consumo"; - ha sottoposto, a decorrere dal 1° gennaio 2014, i medesimi prodotti "ad imposta di consumo nella misura pari al 58,5 per cento del prezzo di vendita al pubblico". 4.2. Relativamente alla non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale, il Collegio osserva quanto segue. 4.2.1. L'applicazione delle accise e, piu' in generale, delle imposte sui consumi, puo' avere non solo funzione di gettito fiscale, ma anche perseguire finalita' extrafiscali, strumentali a scelte di carattere politico-economico. La finalita' delle imposte speciali sui consumi puo' essere in particolare quella di disincentivare il consumo di beni che generano esternalita' negative a danno della collettivita', ovvero soltanto quella di aumentare le entrate pubbliche senza eccessivi costi di accertamento e di riscossione. Sul piano economico, e dal punto di vista della equita' distributiva, esse hanno effetti regressivi o progressivi a seconda delle tipologie di consumo e della elasticita' delle curve di domanda e di offerta. Nel caso di beni voluttuari, come l'alcol e il tabacco, e' stato rilevato ad esempio che, trattandosi di beni che generano dipendenza, i consumatori non riescono a decidere la quantita' di consumo in modo razionale, con la conseguenza che, a parita' dell'onere tributario, i soggetti a basso reddito percepiscono un sacrificio dell'imposta maggiore rispetto ai soggetti ad alto reddito. L'imposta speciale sul consumo di beni voluttuari di questo tipo avrebbe percio' ragione d'essere soltanto se finalizzata a ridurre il consumo di tali beni e non anche per la loro qualita' di beni secondari o di lusso. Dal punto di vista giuridico - costituzionale, si e' poi osservato che il presupposto giuridico-formale delle accise e delle imposte sui consumi, e cioe' il fatto del consumo, puo' includere elementi patrimoniali non utilizzabili per adempiere all'obbligazione tributaria, ma solo spendibili per soddisfare il bisogno dei contribuenti. Il consumo, di per se', non costituisce quindi indice certo di capacita' economica in quanto, perche' sia tale, occorre presumere che esso sia posto in essere con mezzi derivanti da un reddito, o, comunque, con una ricchezza propria. Inoltre e' difficile stabilire quando, in quali condizioni e in quale misura il carico fiscale si trasferisca effettivamente da un soggetto all'altro, essendo molteplici le variabili economiche, le forze e le condizioni di mercato da cui dipende la traslazione. Pertanto, per quanto concerne l'imposizione indiretta, una rigorosa applicazione del principio di capacita' contributiva, espresso dall'art. 53, comma 1, Cost., condurrebbe a ravvisare l'illegittimita' costituzionale di gran parte delle fattispecie assunte a presupposto di tale forma di imposizione. Secondo parte della dottrina, tuttavia, la capacita' contributiva richiesta dall'art. 53, comma 1, Cost., per realizzare il concorso alle spese pubbliche, non deve essere esclusivamente intesa come una capacita' espressa da presupposti che richiedono anche elementi di patrimonialita' (nel senso della necessaria identificazione del cosiddetto indice di potenzialita' economica con il patrimonio del soggetto passivo dell'obbligazione tributaria) bensi' in un'ottica meramente distributiva, in cui il soggetto passivo d'imposta e' scelto indipendentemente dalla sua forza economica a contenuto patrimoniale e in cui il raggiungimento dell'obiettivo della "giusta imposta" e' affidato conseguentemente al solo rispetto del principio di ragionevolezza previsto dall'art. 3 cost. e presupposto dall'art. 53 comma 1 cost. In sostanza, definendo la funzione fiscale come una vera e propria funzione di riparto del carico pubblico tra i consociati si consente al legislatore ordinario di assumere, quali soggetti passivi di imposta idonei a concorrere alle pubbliche spese, anche coloro che pongono in essere presupposti aventi una rilevanza economico-sociale, ma non necessariamente anche patrimoniale. L'importante e' che, come ritenuto dalla Corte costituzionale, tali presupposti siano oggettivamente rilevabili, si prestino ad essere comparati con altre situazioni fiscalmente rilevanti e siano pur sempre misurabili economicamente. Ad esempio, secondo Corte cost. n. 102/93, che richiama la sentenza n. 201 del 1975, per capacita' contributiva "deve intendersi l'idoneita' soggettiva all'obbligazione d'imposta, deducibile dal presupposto al quale la prestazione e' collegata senza che spetti al giudice della legittimita' delle leggi alcun controllo, se non, ovviamente, sotto il profilo dell'assoluta arbitrarieta' o irrazionalita' delle norme". In tali pronunce (ma cfr. anche 16 giugno 1964, n. 45, 28 luglio 1976, n. 200, 11 luglio 1989, n. 387) si afferma che il principio di capacita' contributiva risponde all'esigenza di garantire che ogni prelievo tributario abbia causa giustificatrice in "indici concretamente rilevatori di ricchezza" dai quali sia "razionalmente deducibile l'idoneita' soggettiva all'obbligazione d'imposta". Queste sentenze vanno poi lette in sintonia con quelle che riconoscono la legittimita' costituzionale di presupposti che esprimono una capacita' contributiva in termini di mera potenzialita' economica. Ad esempio, secondo la sentenza n. 156/2001 (in materia di Irap), "rientra nella discrezionalita' del legislatore, con il solo limite della non arbitrarieta', la determinazione dei singoli fatti espressivi della capacita' contributiva che, quale idoneita' del soggetto all'obbligazione di imposta, puo' essere desunta da qualsiasi indice che sia rivelatore di ricchezza e non solamente dal reddito individuale (sentenze n. 111 del 1997, n. 21 del 1996, n. 143 del 1995, n. 159 del 1985)". In pratica, l'art. 53, comma 1 viene applicato dalla Corte costituzionale in maniera congiunta con l'art. 3, "assumendo il principio di uguaglianza quale regola fondamentale ed autosufficiente di congruita' che prevale su ogni altra regola attinente ai criteri di riparto dei carichi pubblici". Secondo tale giurisprudenza, e la dottrina cui si ispira, il legislatore "deve operare il riparto del carico pubblico secondo i criteri di coerenza interna, non contraddittorieta', adeguatezza e non arbitrarieta' assicurando che a situazioni di fatto uguali corrispondano uguali regimi impositivi e, correlativamente, a situazioni diverse corrisponda un trattamento tributario diseguale". 4.2.2. Alla luce delle coordinate ermeneutiche teste' sintetizzate, il Collegio reputa non condivisibile, in primo luogo, la prospettazione delle ricorrenti secondo cui l'equiparazione del trattamento fiscale delle sigarette elettroniche a quello dei tabacchi lavorati, determini una violazione del principio di uguaglianza per il fatto che essi costituirebbero beni oggettivamente non assimilabili tra loro. Come gia' chiarito, da un punto di vista giuridico - formale, le imposte speciali sui consumi possono colpire qualunque bene che non sia gia' sottoposto ad accisa, e cio' anche al solo fine di incrementare le entrate del bilancio dello Stato. Inoltre, allo stato, non vi e' ancora una definitiva certezza scientifica circa il fatto che la sigaretta elettronica non presenti alcun rischio per la salute dell'uomo, ovvero che costituisca un presidio utile alla disassuefazione dal tabagismo. Al riguardo, va detto pero' che non convince nemmeno la posizione della difesa erariale secondo cui la principale ragione dell'intervento legislativo in esame risiederebbe nella tutela della salute dei consumatori e nel principio di precauzione. Negli atti governativi e parlamentari (in particolare, nella relazione illustrativa al d.d.l. di conversione del decreto-legge), si rinviene infatti soltanto il riferimento alla necessita' di salvaguardare le erariali derivanti dal consumo dei tabacchi lavorati, mentre, nel contesto del medesimo intervento normativo, la tutela dei consumatori viene piu' opportunamente affidata all'attivita' di "monitoraggio" da parte del Ministero della Salute "sugli effetti dei prodotti succedanei dei prodotti da fumo" (art. 11, comma 23, del d.l. n. 76/2013, come modificato dalla legge di conversione, che ha inserito un comma 10-bis nell'art. 51 della legge 16 gennaio 2003, n. 3). 4.2.3. Le ricorrenti hanno poi sostenuto che l'entita' dell'imposizione sarebbe arbitraria e che non vi sarebbe proporzione rispetto al suo presupposto economico in quanto la possibilita' di trasferire il peso dell'imposta sul rivenditore finale, o sul consumatore, rimane condizionata alla capacita' del produttore di includere la quota dell'imposta nel prezzo del prodotto immesso in consumo. E' tuttavia evidente che se il legislatore, nell'esercizio della potesta' tributaria, fosse vincolato alle regole del mercato, nessun bene potrebbe mai essere assoggettato alle imposte speciali sui consumi. Si e' inoltre gia' rilevato che, per capacita' contributiva, deve intendersi "l'idoneita' soggettiva all'obbligazione d'imposta, deducibile dal presupposto al quale la prestazione e' collegata" (Corte cost., sentenza n. 102/93, cit.). Nel caso di specie, l'indice rilevatore di capacita' contributiva e' costituito dalla percezione del prezzo di vendita dei succedanei del tabacco, in relazione al quale non puo' dubitarsi dell'idoneita' del soggetto colpito (e non gia' di quello effettivamente inciso) a far fronte all'obbligo tributario. E' comunque rimasto indimostrato che l'imposta determini l'annullamento dei margini di utile e quindi l'assoluta impossibilita', o estrema difficolta', di esercitare l'attivita' economica in esame. 4.2.4. Cio' posto, il vizio di fondo della normativa recata dall'art. 62-quater del TUA, nella parte di interesse nella presente controversia, consiste, a parere del Collegio, nella violazione dell'art. 3 della Carta fondamentale, per l'intrinseca irrazionalita' di una disposizione che non individua in maniera oggettiva, ovvero secondo categorie tecnico - giuridiche, i "prodotti succedanei dei prodotti da fumo" colpiti dall'imposta. Come noto, con la nozione di "bene succedaneo" si fa riferimento ad un bene idoneo a sostituirne altri per soddisfare un bisogno o un impiego. Si tratta, percio', di un concetto di natura empirico - economica, che riflette le preferenze "soggettive" dei consumatori. Nel caso di specie, occorre altresi' considerare che, come bene evidenziato dalle ricorrenti, il comparto delle sigarette elettroniche non ha ancora, nemmeno in sede comunitaria, una precisa qualificazione merceologica, ne' vi e' una normativa di carattere tecnico alla quale l'art. 62-quater possa, anche solo implicitamente, rinviare. Per quanto riguarda, poi, la proposta di direttiva sul tabacco e "prodotti correlati" approvata dal Parlamento Europeo il 26 febbraio 2014 (e dal Consiglio in data 14 marzo 2014), particolarmente enfatizzata dalla difesa erariale, va osservato che, allo stato, si tratta di norme non ancora vigenti, non direttamente applicabili nell'ordinamento interno e, comunque, successive all'adozione del d.l. n. 76/2013. Inoltre, siffatta normativa, sebbene contenga una analitica definizione della sigaretta elettronica, (cfr. l'art. 2, n. 16), disciplina i soli prodotti contenenti nicotina e rimette agli Stati membri "la responsabilita' di adottare norme sugli aromi", nonche' di motivare e di notificare "qualsiasi divieto di tali prodotti aromatizzati", in conformita' a quanto previsto dalla direttiva 98/34/CE (considerando n. 47). In assenza di una autonoma definizione legislativa della nozione di "prodotto succedaneo", rilevante sul piano giuridico - formale, l'individuazione delle "sostanze idonee a sostituire il consumo dei tabacchi lavorati" rimane del tutto incerta. Parimenti incerta ed opinabile appare anche l'individuazione dei prodotti che "consentono" il consumo dei succedanei del tabacco, potendo, in tale generica nozione, essere ricompresa tutta una serie di beni di natura promiscua il cui uso non e' necessariamente ed esclusivamente strumentale al fumo elettronico e la cui commercializzazione, in altri settori, e' del tutto libera. Si spiega cosi', ad esempio, la contraddittorieta' delle prime indicazioni operative contenute nelle circolari dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli le quali, pur escludendo che prodotti accessori come caricabatterie e custodie siano assoggettati all'imposta, hanno comunque stabilito che, qualora il prezzo di vendita del prodotto "succedaneo" comprenda anche gli accessori, esso concorre integralmente a formare la base imponibile. Ulteriore conseguenza dell'imprecisa formulazione della norma e della mancanza di criteri atti ad individuare con certezza le componenti della base imponibile, e' la previsione di un'aliquota indifferenziata, idonea a gravare con lo stesso peso su tutta la filiera del fumo elettronico e, come detto, anche su prodotti ad uso promiscuo. Tutte le incongruenze rilevate sono dovute alla circostanza che la finalita' perseguita (quella di recuperare la perdita di gettito sui tabacchi lavorati derivante dal mutamento delle preferenze dei consumatori), e' stata direttamente trasposta nella costruzione della fattispecie e sostituita all'oggetto dell'imposizione. A cio' si aggiunga che il legislatore non ha nemmeno ritenuto di conferire all'autorita' amministrativa, mediante la formulazione di criteri direttivi, il potere di integrare il precetto normativo e quindi di chiarire l'ambito di applicazione dell'imposta. Come gia' in precedenza evidenziato, alla fonte secondaria e' stato rimesso soltanto di disciplinare il procedimento autorizzatorio nonche' le fasi di accertamento, versamento e riscossione dell'imposta. Per altro verso, in assenza di un contenuto prescrittivo sufficientemente determinato, e quindi di una valida base legislativa, l'amministrazione e' stata lasciata sostanzialmente libera di includere (o meno) nella base imponibile qualsivoglia bene, che, secondo il suo insindacabile apprezzamento, venga ritenuto idoneo a sostituire il consumo dei tabacchi lavorati. Ne consegue la violazione non solo dei gia' richiamati principi di eguaglianza e ragionevolezza in materia tributaria, ma anche della riserva relativa di legge in materia di prestazioni imposte e di imparzialita' e buon andamento della pubblica amministrazione, (cfr., sul punto, Corte cost., sentenza n. 350 del 26.10.2007 nonche' n. 115/2011). E' quasi inutile aggiungere che l'indeterminatezza del precetto normativo lede anche il diritto di libera iniziativa economica in quanto gli operatori del settore si trovano nell'impossibilita' di pianificare correttamente i propri investimenti e di adeguare le strutture aziendali alla nuova imposizione. 5. Quanto appena argomentato giustifica la valutazione di rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale, in relazione agli articoli, 3, 23, 41 e 97 della Costituzione, dell'art. 62-quater del d.lgs. n. 504, introdotto dall'art. 11, comma 22, D.L. 28 giugno 2013, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 99, nella parte in cui: - ha assoggettato alla preventiva autorizzazione da parte dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli la commercializzazione dei prodotti "succedanei dei prodotti da fumo", definiti come i "prodotti contenenti nicotina o altre sostanze idonei a sostituire il consumo dei tabacchi lavorati nonche' i dispostivi meccanici ed elettronici, comprese le parti di ricambio, che ne consentono il consumo"; - ha sottoposto, a decorrere dal 1° gennaio 2014, i medesimi prodotti "ad imposta di consumo nella misura pari al 58,5 per cento del prezzo di vendita al pubblico". Si rende conseguentemente necessaria la sospensione del giudizio e la rimessione degli atti alla Corte costituzionale affinche' si pronunci sulla questione.
P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma, sez. II^, non definitivamente pronunciando sul ricorso, e i motivi aggiunti, di cui in premessa, cosi' dispone: 1) dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 3, 23, 41 e 97 della Costituzione, la questione di legittimita' dell'art. 62-quater del d.lgs. n. 504, introdotto dall'art. 11, comma 22, D.L. 28 giugno 2013, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 99, nella parte in cui: - ha assoggettato alla preventiva autorizzazione da parte dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli la commercializzazione dei prodotti "succedanei dei prodotti da fumo", definiti come i "prodotti contenenti nicotina o altre sostanze idonei a sostituire il consumo dei tabacchi lavorati nonche' i dispostivi meccanici ed elettronici, comprese le parti di ricambio, che ne consentono il consumo"; - ha sottoposto, a decorrere dal 1° gennaio 2014, i medesimi prodotti "ad imposta di consumo nella misura pari al 58,5 per cento del prezzo di vendita al pubblico". 2) dispone la sospensione del presente giudizio e ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale; 3) rinvia ogni ulteriore statuizione in rito, nel merito e sulle spese di lite all'esito del giudizio incidentale promosso con la presente pronuncia; 4) ordina che, a cura della Segreteria della Sezione, la presente ordinanza sia notificata alle parti costituite e al Presidente del Consiglio dei Ministri, nonche' comunicata ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica. Cosi' deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 aprile 2014 con l'intervento dei magistrati: Luigi Tosti, Presidente; Salvatore Mezzacapo, Consigliere; Silvia Martino, Consigliere, Estensore. Il Presidente: Tosti L'estensore: Martino