N. 65 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 26 agosto 2014
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 26 agosto 2014 (della Provincia autonoma di Trento). Bilancio e contabilita' pubblica - Destinazione dei proventi della lotta all'evasione fiscale - Applicabilita' fino al 2013 della riserva all'erario statale delle maggiori entrate derivanti dal contrasto all'evasione ai fini della confluenza nel Fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale e destinazione dal 2014 delle maggiori entrate alla copertura degli oneri derivanti dal decreto-legge n. 66 del 2014 - Ricorso della Provincia autonoma di Trento - Impugnazione proposta in via cautelativa - Denunciata violazione del regime di autonomia finanziaria provinciale - Insussistenza delle condizioni richieste dalle norme statutarie e attuative per la riserva allo Stato del maggior gettito provinciale di tributi erariali - Violazione dell'autonomia finanziaria provinciale e dei principi di leale collaborazione e di delimitazione temporale - Richiamo a precedente ricorso (n. 142 del 2011) proposto alla Corte costituzionale dalla stessa Provincia autonoma avverso l'art. 2, comma 36, del decreto-legge n. 138 del 2011. - Decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, art. 7, comma 1. - Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), artt. 8, 9, 16, Titolo VI (in particolare artt. 75, 79, 80, come sostituito dall'art. 1, comma 518, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, 81), 103, 104 e 107; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 268, artt. 9, 10, 10-bis, 16, 17, 18 e 19; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, in particolare artt. 2 e 4; d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526, in particolare art. 8; Costituzione, artt. 117, comma sesto, e 120, in combinato disposto con l'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Bilancio e contabilita' pubblica - Riduzione della spesa pubblica per acquisti di beni e servizi in ogni settore - Previsione che alla riduzione concorrono, per il 2014, le Regioni e le Province autonome con un risparmio di 700 milioni di euro, le Province e le Citta' metropolitane con un risparmio di 340 milioni di euro e i Comuni con 360 milioni di euro - Previsione che le stesse riduzioni sono applicabili, in ragione d'anno, a decorrere dal 2015 - Previsione che la determinazione degli obiettivi di spesa per le Province, i Comuni e le Citta' metropolitane e' effettuata con le modalita' di cui all'art. 47 del decreto-legge n. 66 del 2014 - Previsione che le Regioni e le Province autonome possono adottare misure alternative di contenimento della spesa corrente al fine di conseguire risparmi comunque non inferiori a quelli stabiliti - Ricorso della Provincia autonoma di Trento - Denunciata introduzione di norme statali di coordinamento finanziario diretto o, in subordine, prive del carattere di principi di coordinamento della finanza pubblica - Contrasto con la disciplina statutaria del concorso delle Province autonome agli obiettivi di stabilita', perequazione e solidarieta' - Inosservanza del principio dell'accordo e delle procedure per la modifica dei rapporti finanziari tra Stato e autonomie speciali - Imposizione unilaterale alle Province autonome di un ulteriore contributo alla finanza pubblica - Violazione dell'autonomia di spesa delle Province autonome, delle competenza provinciale in materia di finanza locale e dell'autonomia di spesa comunale - Possibile sottrazione ed acquisizione al bilancio statale di risorse provinciali. - Decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, art. 8, commi 4, 6, 7 e 10. - Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), artt. 8, 9, 16, Titolo VI (in particolare artt. 75, 79, 80, come sostituito dall'art. 1, comma 518, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, 81), 103, 104 e 107; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 268, artt. 9, 10, 10-bis, 16, 17, 18 e 19; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, in particolare artt. 2 e 4; d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526, in particolare art. 8; Costituzione, artt. 117, comma sesto, e 120, in combinato disposto con l'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Bilancio e contabilita' pubblica - Controllo della spesa per incarichi di consulenza, studio e ricerca e per i contratti di collaborazione coordinata e continuativa - Previsione dall'anno 2014 di tetti massimi di spesa al conferimento degli incarichi e alla stipula dei contratti, determinati in termini percentuali rispetto alla spesa di ciascuna amministrazione per il proprio personale dipendente, come risultante dal conto annuale del 2012 - Previsione per le autonomie territoriali della facolta' di rimodulare o adottare misure alternative di contenimento della spesa corrente, al fine di conseguire risparmi comunque non inferiori a quelli derivanti dall'applicazione dei tetti - Ricorso della Provincia autonoma di Trento - Denunciata introduzione di norme statali di coordinamento finanziario diretto - Contrasto con la disciplina statutaria del concorso delle Province autonome agli obiettivi di stabilita', perequazione e solidarieta' - Inosservanza del principio dell'accordo tra Stato e autonomie speciali in materia finanziaria - Violazione dell'autonomia di spesa delle Province autonome e degli enti locali trentini - Possibile sottrazione ed acquisizione al bilancio statale di risorse provinciali. - Decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, art. 14, commi 1, 2 e 4-ter. - Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), artt. 8, 9, 16, Titolo VI (in particolare artt. 75, 79, 80, come sostituito dall'art. 1, comma 518, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, 81), 103, 104 e 107; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 268, artt. 9, 10, 10-bis, 16, 17, 18 e 19; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, in particolare artt. 2 e 4; d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526, in particolare art. 8; Costituzione, artt. 117, comma sesto, e 120, in combinato disposto con l'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Bilancio e contabilita' pubblica - Riduzione delle spese fiscali - Previsione che siano individuati e ridotti, con decreto ministeriale, i Comuni nei quali, a decorrere dall'anno d'imposta 2014, si applica l'esenzione dall'ICI per i terreni ricadenti in aree montane o di collina; che sia recuperato al bilancio statale il conseguente maggior gettito annuo di almeno 350 milioni di euro; e che il recupero avvenga, per i Comuni delle Province autonome, con il meccanismo dell'accantonamento delle quote di compartecipazione ai tributi erariali - Ricorso della Provincia autonoma di Trento - Denunciata violazione della competenza legislativa primaria provinciale in materia di finanza locale e di tributi locali - Sottrazione ai Comuni di risorse ad essi destinate - Insussistenza delle condizioni richieste dalle norme statutarie e attuative per la riserva allo Stato del maggior gettito provinciale di tributi erariali - Violazione dell'autonomia finanziaria provinciale - Contrasto con il sistema statutario di concorso delle Province autonome agli obiettivi di finanza pubblica - Inosservanza del principio dell'accordo e delle procedure per la modifica dei rapporti finanziari tra Stato e autonomie speciali - Contrasto con la norma statutaria che riserva alle Province autonome i nove decimi di tutte le entrate tributarie destinate in via generale allo Stato - Irragionevolezza complessiva del meccanismo previsto dalla norma censurata. - Decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, art. 22, comma 2, sostitutivo dell'art. 4, comma 5-bis, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44. - Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), artt. 8, 9, 16, Titolo VI (in particolare artt. 75, 79, 80, come sostituito dall'art. 1, comma 518, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, 81), 103, 104 e 107; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 268, artt. 9, 10, 10-bis, 16, 17, 18 e 19; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, in particolare artt. 2 e 4; d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526, in particolare art. 8; Costituzione, artt. 117, comma sesto, e 120, in combinato disposto con l'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Bilancio e contabilita' pubblica - Contributo delle Regioni e delle Province autonome alla finanza pubblica - Previsione per la Provincia autonoma di Trento di un concorso finanziario di 42 milioni di euro per l'anno 2015 e di 59 milioni di euro per gli anni dal 2015 al 2017 mediante riduzione del complesso delle spese finali in termini di competenza eurocompatibile risultante dal consuntivo 2011 - Previsione per la medesima Provincia autonoma di un ulteriore concorso di 36.507 migliaia di euro per l'anno 2014 e di 24.891 migliaia di euro per ciascuno degli anni 2015-2017 da realizzare mediante accantonamenti a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali - Ricorso della Provincia autonoma di Bolzano - Richiamo alle censure formulate in precedenti ricorsi (n. 14 del 2014 e n. 35 del 2013) avverso gli artt. 1, commi 499, 500 e 526, della legge n. 147 del 2013 e 1, commi 455 e 456, della legge n. 228 del 2012 - Denunciata determinazione unilaterale da parte dello Stato degli obblighi relativi al patto di stabilita' interno - Imposizione alla ricorrente di un ulteriore contributo finanziario, in contrasto con le previsioni statutarie sul concorso provinciale agli obiettivi di finanza pubblica - Violazione del principio dell'accordo e delle procedure di regolazione dei rapporti finanziari tra Stato e autonomie speciali - Violazione dell'autonomia di spesa delle Province autonome - Indebita acquisizione forzosa al bilancio statale di risorse provinciali - In subordine: Violazione del principio di ragionevolezza. - Decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, art. 46, commi 1, 2 (modificativo dell'art. 1, comma 454, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, come modificato dall'art. 1, comma 499, della legge 27 dicembre 2013, n. 147) e 3 (sostitutivo dell'art. 1, comma 526, della legge 27 dicembre 2013, n. 147). - Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), artt. 8, 9, 16, Titolo VI (in particolare artt. 75, 79, 80, come sostituito dall'art. 1, comma 518, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, 81), 103, 104 e 107; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 268, artt. 9, 10, 10-bis, 16, 17, 18 e 19; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, in particolare artt. 2 e 4; d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526, in particolare art. 8; Costituzione, artt. 117, comma sesto, e 120, in combinato disposto con l'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Bilancio e contabilita' pubblica - Concorso delle Regioni e delle Province autonome alla riduzione della spesa pubblica - Previsione di un contributo aggiuntivo alla finanza pubblica pari a 500 milioni di euro per l'anno 2014 e a 750 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017, in ambiti di spesa e per importi proposti in sede di autocoordinamento dalle medesime Regioni e Province autonome e recepiti con intesa sancita dalla Conferenza permanente o, in mancanza d'essa, determinati dal Governo - Ricorso della Provincia autonoma di Trento - Denunciato contrasto con il principio dell'applicabilita' delle disposizioni della legge costituzionale n. 3 del 2001 alle autonomie speciali solo per le parti in cui risultino ad esse piu' favorevoli - Imposizione alla ricorrente di un ulteriore contributo finanziario, in contrasto con le previsioni statutarie sul concorso provinciale agli obiettivi di finanza pubblica - Violazione del principio dell'accordo e delle procedure di regolazione dei rapporti finanziari tra Stato e autonomie speciali - Carattere meramente virtuale dell'intesa in Conferenza permanente - Inosservanza del riparto di potesta' regolamentare tra Stato e Regioni - Lesione del principio di leale collaborazione - Possibile acquisizione indebita al bilancio statale di risorse provinciali. - Decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, art. 46, comma 6. - Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), artt. 8, 9, 16, Titolo VI (in particolare artt. 75, 79, 80, come sostituito dall'art. 1, comma 518, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, 81), 103, 104 e 107; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 268, artt. 9, 10, 10-bis, 16, 17, 18 e 19; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, in particolare artt. 2 e 4; d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526, in particolare art. 8; Costituzione, artt. 117, comma sesto, e 120, in combinato disposto con l'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Bilancio e contabilita' pubblica - Concorso delle Province, delle Citta' metropolitane e dei Comuni alla riduzione della spesa pubblica - Previsione che i Comuni assicurano un contributo alla finanza pubblica pari a 375,6 milioni di euro per l'anno 2014 e 563,4 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017, con corrispondenti riduzioni del fondo di solidarieta' comunale - Previsione che il riparto delle riduzioni tra i Comuni e' determinato con decreto del Ministro dell'interno - Previsione che, in caso di incapienza, l'Agenzia delle Entrate provvede al recupero delle somme nei confronti dei Comuni interessati all'atto del riversamento agli stessi Comuni dell'IMU e che le somme recuperate sono versate ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato - Previsione che i Comuni possono rimodulare o adottare misure alternative di contenimento della spesa corrente, al fine di conseguire risparmi comunque non inferiori a quelli stabiliti - Ricorso della Provincia autonoma di Trento - Impugnazione proposta in via cautelativa - Denunciata violazione del potere di coordinamento finanziario spettante alla ricorrente nei confronti degli enti locali - Violazione della competenza provinciale primaria in materia di finanza locale e del divieto di attribuire competenze amministrative ad organi statali nelle materie di competenza propria provinciale - In subordine: Sottrazione alla ricorrente del potere di ripartire le riduzioni tra i Comuni trentini - Violazione della competenza provinciale in materia di finanza locale e delle competenze amministrative degli organi provinciali. - Decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, art. 47, commi 8, 9, 11 e 12. - Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), artt. 8, 9, 16, Titolo VI (in particolare artt. 75, 79, 80, come sostituito dall'art. 1, comma 518, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, 81), 103, 104 e 107; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 268, artt. 9, 10, 10-bis, 16, 17, 18 e 19; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, in particolare artt. 2 e 4; d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526, in particolare art. 8; Costituzione, artt. 117, comma sesto, e 120, in combinato disposto con l'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Bilancio e contabilita' pubblica - Copertura finanziaria delle spese disposte dal decreto-legge n. 66 del 2014 - Previsione che, ai fini della compensazione degli effetti in termini di fabbisogno ed indebitamento netto, si provvede mediante utilizzo delle maggiori entrate e dalle minori spese derivanti dal medesimo decreto-legge - Ricorso della Provincia autonoma di Trento - Impugnazione proposta in via cautelativa - Denunciata riserva allo Stato di entrate statutariamente spettanti alle Province autonome (in particolare, delle maggiori entrate e dei risparmi di spesa derivanti dal decreto-legge n. 66 del 2014) - Insussistenza delle condizioni richieste dalle norme statutarie e attuative per la riserva allo Stato del maggior gettito provinciale di tributi erariali - Violazione dell'autonomia finanziaria provinciale e della competenza provinciale in materia di finanza locale. - Decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, art. 50, comma 10. - Statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), artt. 8, 9, 16, Titolo VI (in particolare artt. 75, 79, 80, come sostituito dall'art. 1, comma 518, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, 81), 103, 104 e 107; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 268, artt. 9, 10, 10-bis, 16, 17, 18 e 19; d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, in particolare artt. 2 e 4; d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526, in particolare art. 8; Costituzione, artt. 117, comma sesto, e 120, in combinato disposto con l'art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.(GU n.45 del 29-10-2014 )
Ricorso della Provincia autonoma di Trento (cod. fisc. 00337460224), in persona del Presidente della Giunta provinciale pro tempore dott. Ugo Rossi, previa deliberazione della Giunta provinciale 14 luglio 2014, n. 1208 (doc. 1) e delibera di ratifica del Consiglio provinciale 24 luglio 2014, n. 11 (doc. 2), rappresentata e difesa, come da procura speciale n. rep. 28039 del 22 luglio 2014 (doc. 3), rogata dal dott. Tommaso Sussarellu, Ufficiale rogante della Provincia, dall'avv. prof. Giandomenico Falcon (cod. fisc. FLCGDM45C06L736E) di Padova, dall'avv. Nicolo' Pedrazzoli (cod. fisc. PDRNCL56R01G428C) dell'Avvocatura della Provincia di Trento, nonche' dall'avv. Luigi Manzi (cod. fisc. MNZLGU34E15H501Y) di Roma, con domicilio eletto presso quest'ultimo in via Confalonieri, n.5, Roma; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'articolo 7, comma 1; dell'articolo 8, commi 4, 6, 7, e 10; dell'articolo 14, commi 1, 2 e 4-ter; dell'articolo 22, comma 2; dell'articolo 46, commi 1, 2, 3 e 6; dell'articolo 47, commi 8, 9, 11 e 12; dell'articolo 50, comma 10, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, recante «Misure urgenti per la competitivita' e la giustizia sociale. Deleghe al Governo per il completamento della revisione della struttura del bilancio dello Stato, per il riordino della disciplina per la gestione del bilancio e il potenziamento della funzione del bilancio di cassa, nonche' per l'adozione di un testo unico in materia di contabilita' di Stato e di tesoreria», convertito, con modificazioni, nella legge 23 giugno 2014, n. 89, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 143 del 23 giugno 2014; Per violazione: degli articoli 8, 9, 16, 103, 104 e 107 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Statuto speciale), nonche' delle correlative norme di attuazione; del titolo VI dello Statuto speciale, in particolare degli articoli 75, 79, 80 e 81, e delle relative norme di attuazione (decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268, in particolare articoli 9, 10, 10-bis, 16, 17, 18 e 19); del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266, in particolare articoli 2 e 4; del d.P.R. 19 novembre 1987, n. 526, in particolare articolo 8; degli articoli 117, sesto comma, e 120 della Costituzione in combinato disposto con l'articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3; nonche' del principio di leale collaborazione, nei modi e per i profili di seguito illustrati. Fatto e diritto Premessa Il presente ricorso si riferisce ad alcune disposizioni del d.l. 24 aprile 2014, n. 66, ed in particolare all'art. 7 (Destinazione dei proventi della lotta all'evasione fiscale), all'art. 8 (Trasparenza e razionalizzazione della spesa pubblica per beni e servizi), all'art. 14 (Controllo della spesa per incarichi di consulenza, studio e ricerca e per i contratti di collaborazione coordinata e continuativa), all'art. 22 (Riduzione delle spese fiscali), all'art. 46 (Concorso delle regioni e delle province autonome alla riduzione della spesa pubblica), all'art. 47 (Concorso delle province, delle citta' metropolitane e dei comuni alla riduzione della spesa pubblica) e all'art. 50 (Disposizioni finanziarie). Poiche' tali disposizioni hanno contenuto eterogeneo, risulta preferibile evitare una illustrazione generale in fatto, e trattare invece direttamente delle singole disposizioni impugnate, esponendo in relazione a ciascuna di esse sia il contenuto che le censure e gli argomenti in diritto. E' da precisare, pero', in via preliminare, che il d.l. n. 66/2014 contiene anche una clausola di salvaguardia. Infatti, l'art. 50-bis dispone che «le disposizioni del presente decreto si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano secondo le procedure previste dai rispettivi statuti e dalle relative norme di attuazione». Con riferimento a clausole di salvaguardia formulate in tal modo, codesta Corte ha precisato che «esse sono volte ad escludere la diretta applicazione agli enti ad autonomia speciale delle disposizioni dettate dal legislatore statale che non siano compatibili con quanto stabilito negli statuti speciali e nelle norme di attuazione degli stessi, al di fuori delle particolari procedure previste dai rispettivi statuti (sentenza n. 193 del 2012)» (v. la sent. n. 229/2013, punto 8.1 del Diritto). Dunque, la presente impugnazione e' proposta in via cautelativa, con riferimento a disposizioni che, per il loro contenuto, potrebbero essere intese come applicabili alla Provincia di Trento nonostante la clausola di salvaguardia di cui sopra. 1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 1. L'art. 7, comma 1, dispone quanto segue: «le disposizioni di cui all'articolo 2, comma 36, terzo e quarto periodo, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138,... si applicano fino all'annualita' 2013 con riferimento alla valutazione delle maggiori entrate dell'anno medesimo rispetto a quelle del 2012. Le maggiori entrate strutturali ed effettivamente incassate nell'anno 2013 derivanti dall'attivita' di contrasto all'evasione fiscale, valutate ai sensi del predetto articolo 2, comma 36, in 300 milioni di euro annui dal 2014, concorrono alla copertura degli oneri derivanti dal presente decreto». Il richiamato art. 2, comma 36, d.l. n. 138/2011 (cosi' come modificato dall'art. 1, comma 299, legge n. 228/2012), stabilisce, al terzo periodo, che, «a partire dall'anno 2013, il Documento di economia e finanza contiene una valutazione, relativa all'anno precedente, delle maggiori entrate strutturali ed effettivamente incassate derivanti dall'attivita' di contrasto dell'evasione fiscale». Nel quarto periodo si stabilisce che «dette maggiori risorse, al netto di quelle necessarie al mantenimento dell'equilibrio di bilancio e alla riduzione del rapporto tra il debito e il prodotto interno lordo, nonche' di quelle derivanti a legislazione vigente dall'attivita' di recupero fiscale svolta dalle regioni, dalle province e dai comuni, unitamente alle risorse derivanti dalla riduzione delle spese fiscali, confluiscono in un Fondo per la riduzione strutturale della pressione .fiscale e sono finalizzate al contenimento degli oneri fiscali gravanti sulle famiglie e sulle imprese, secondo le modalita' di destinazione e di impiego indicate nel medesimo Documento di economia e finanza» (enfasi aggiunta). L'art. 2, comma 36, d.l. n. 138/2011 e' stato impugnato da questa Provincia con ricorso n. 142/2011, attualmente pendente. Il primo periodo dell'art. 7, comma 1, d.l. n. 66/2014, in quanto conferma l'applicazione fino all'annualita' 2013 delle norme contestate con il succitato ricorso, risulta illegittimo per le stesse ragioni gia' fatte valere nel ricorso in questione, che di seguito si ripropongono. Il ricorso n. 142/2011 tracciava in primo luogo un quadro del regime di autonomia finanziaria provinciale, e prospettava l'ipotesi che in tale quadro si potesse dare alle disposizioni impugnate un'interpretazione adeguatrice, come segue: Quanto alla riserva delle entrate all'erario, conviene in primo luogo ricordare lo speciale regime di autonomia finanziaria della Provincia autonoma di Trento, disciplinato dal Titolo VI dello Statuto di autonomia. In particolare, l'articolo 75 stabilisce che «sono attribuite alle province le seguenti quote del gettito delle sottoindicate entrate tributarie dello Stato, percette nei rispettivi territori provinciali: a) i nove decimi delle imposte di registro e di bollo, nonche' delle tasse di concessione governativa;... c) i nove decimi dell'imposta sul consumo dei tabacchi per le vendite afferenti ai territori delle due province; d) i sette decimi dell'imposta sul valore aggiunto, esclusa quella relativa all'importazione...; e) i nove decimi dell'imposta sul valore aggiunto relativa all'importazione determinata assumendo a nferimento i consumi finali; j) i nove decimi del gettito dell'accisa sulla benzina, sugli oli da gas per autotrazione e sui gas petroliferi liquefatti per autotrazione erogati dagli impianti di distribuzione situati nei territori delle due province, nonche' i nove decimi delle accise sugli altri prodotti energetici ivi consumati; g) i nove decimi di tutte le altre entrate tributarie erariali, dirette o indirette, comunque denominate, inclusa l'imposta locale sui redditi, ad eccezione di quelle di spettanza regionale o di altri enti pubblici» [...] Le previsioni del sopra citato art. 75 dello Statuto sono state completate e meglio definite dalle norme di attuazione di cui al d.lgs. n. 268/1992. Per quanto qui rileva, l'art. 9 di tale decreto dispone che «il gettito derivante da maggiorazioni di aliquote o dall'istituzione di nuovi tributi, se destinato per legge, per finalita' diverse da quelle di cui al comma 6 dell'art. 10 e al comma 1, lettera b), dell'art. 10-bis, alla copertura, ai sensi dell'art. 81 della Costituzione, di nuove specifiche spese di carattere non continuativo che non rientrano nelle materie di competenza della regione o delle province, ivi comprese quelle relative a calamita' naturali, e' riservato allo Stato, purche' risulti temporalmente delimitato, nonche' contabilizzato distintamente nel bilancio statale e quindi quantificabile»; si aggiunge poi che «fuori dei casi contemplati nel presente articolo si applica quanto disposto dagli articoli 10 e 10-bis». [...] Peraltro, l'art. 19-bis dello stesso d.l. n. 138/2011 dispone che «l'attuazione delle disposizioni del presente decreto nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano avviene nel rispetto dei loro statuti e delle relative norme di attuazione e secondo quanto previsto dall'articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42». Il comma 1 di quest'ultima disposizione stabilisce che «le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano, nel rispetto degli statuti speciali, concorrono al conseguimento degli obiettivi di perequazione e di solidarieta' ed all'esercizio dei diritti e doveri da essi derivanti, nonche' al patto di stabilita' interno e all'assolvimento degli obblighi posti dall'ordinamento comunitario, secondo criteri e modalita' stabiliti da norme di attuazione dei rispettivi statuti, da definire, con le procedure previste dagli statuti medesimi, entro il termine di ventiquattro mesi stabilito per l'emanazione dei decreti legislativi di cui all'articolo 2 e secondo il principio del graduale superamento del criterio della spesa storica di cui all'articolo 2, comma 2, lettera m)». Non e' esclusa, dunque, un'interpretazione delle disposizioni in questione nel senso che la riserva all'erario non operi per le somme relative alla provincia di Trento. Nel senso dell'interpretazione «adeguatrice» potrebbe far concludere il principio di specialita', confortato anche da quanto considerato nella sentenza di codesta Corte n. 152 del 2011, che ha ritenuto l'applicabilita' anche nella Regione siciliana di norme simili a quelle qui impugnate, che riservavano all'erario il gettito di tributi compartecipati dalla Regione Sicilia, «posto che il d.l. in esame non contiene alcuna formula che possa configurarsi quale clausola di salvaguardia delle attribuzioni delle Regioni ad autonomia speciale»: clausola che invece, come ora esposto, in questo caso esiste. Per il caso in cui l'art. 2, comma 36, terzo e quarto periodo, fosse ritenuto applicabile alla Provincia di Trento, valevano invece - come valgono ora - le seguenti censure: Il quarto periodo risulta, ad avviso della ricorrente Provincia autonoma, del tutto illegittimo, mentre il terzo periodo e' impugnato solo in quanto l'attivita' di rilevazione in esso prevista e' finalizzata all'attuazione del quarto periodo. Si tratta, infatti, di maggiori entrate che non derivano dall'aumento delle aliquote o dall'introduzione di nuovi tributi, ma semplicemente dalla lotta all'evasione, cioe' da un piu' rigoroso accertamento degli obblighi tributari preesistenti. Le maggiori entrate che ne derivano sono pur sempre entrate connesse alle aliquote e ai tributi esistenti, quelli il cui gettito spetta per i nove decimi alla Provincia secondo le disposizioni statutarie. Manca dunque qualunque fondamento per la destinazione ad un Fondo statale di tali maggiori entrate, che risulta pertanto in frontale contrasto con lo Statuto. La fondatezza di tale censura e' confermata anche dalla recente sent. n. 152/2011, che ha dichiarato "costituzionalmente illegittimo l'art. 1, comma 6, del d.l. n. 40 del 2010, nella parte in cui stabilisce che le entrate derivanti dal recupero dei crediti d'imposta «sono riversate all'entrata del bilancio dello Stato e restano acquisite all'erario», anche con riferimento a crediti d'imposta inerenti a tributi che avrebbero dovuto essere riscossi nel territorio della Regione siciliana". La sentenza stabilisce che "e' alla Regione siciliana... che spetta, non solo provvedere al detto recupero, ma anche acquisire il gettito da esso derivante, posto che tale gettito, lungi dal costituire frutto di una nuova entrata tributaria erariale, non e' altro che l'equivalente del gettito del tributo previsto (al di fuori dei casi nei quali e' concesso il credito d'imposta), che compete alla Regione sulla base e nei limiti dell'art. 2 del d.PR. n. 1074 del 1965". La medesima sent. n. 152/2011 ha poi annullato l'art. 3, comma 2-bis, d.l. n. 40/2010, in quanto "la previsione della esclusiva destinazione a fondi erariali del gettito derivante dalla definizione agevolata di tali controversie inerenti alla contestazione di tributi erariali che avrebbero dovuto essere riscossi nel territorio regionale si pone in contrasto con il principio di cui all'art. 2 delle norme di attuazione, non potendo peraltro neppure ritenersi che le entrate derivanti dalla richiamata definizione agevolata delle controversie tributarie siano "entrate nuove". Per quanto riguarda poi il terzo periodo del comma 36, esso e' affetto dagli stessi vizi appena illustrati (essendo strettamente collegato al quarto periodo). Inoltre, ove in denegata ipotesi dovesse risultare legittimo il trattenimento delle somme in questione al bilancio dello Stato, esso risulterebbe illegittimo per violazione del principio di leale collaborazione, perche' la quantificazione delle maggiori entrate derivanti dalla lotta all'evasione viene operata senza intesa con la Provincia di Trento, benche' tale quantificazione incida direttamente e negativamente sulla dimensione delle risorse che spettano alla Provincia. Si puo' qui aggiungere a quanto gia' considerato nel ricorso n. 142/2011 che l'art. 7, comma 1, primo periodo, d.l. n. 66/2014, che conferma l'applicazione dell'art. 2, comma 36, terzo e quarto periodo, viola l'art. 75 St. e l'art. 9 d.lgs. n. 268/1992 non solo per l'evidente ragione che le maggiori entrate in questione non derivano dall'aumento delle aliquote o dall'introduzione di nuovi tributi, ma anche perche' la riserva non rispetta affatto i requisiti posti per la sua legittimita' costituzionale dall'art. 9 d.lgs. n. 268/1992, requisiti sintetizzati dalla sentenza di codesta Corte n. 182/2010. In particolare, dato che il comma 36, quarto periodo, prevede la confluenza delle maggiori risorse "in un Fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale", mancano sia la destinazione a "nuove specifiche spese di carattere non continuativo", sia la delimitazione temporale, sia la contabilizzazione distinta, tale non potendosi considerare la valutazione preventiva di tali entrate nel documento di economia e finanza. E' da sottolineare, peraltro, che la sentenza di codesta Corte n. 241 del 2012 ha deciso, con riferimento alle altre quattro Regioni speciali, le questioni sollevate in relazione all'art. 2, comma 3 e 36, d.l. n. 138/2011. La Corte ha ritenuto che, in virtu' della clausola di salvaguardia (sopra citata) di cui all'art. 19-bis d.l. n. 138/2011, le norme del decreto-legge n. 138 del 2011 siano "inapplicabili agli enti a statuto speciale ove siano in contrasto con gli statuti e le relative norme di attuazione". Il giudice costituzionale ha anche sottolineato che l'art. 27 legge n. 42/2009 "pone una vera e propria «riserva di competenza alle norme di attuazione degli statuti» speciali per la modifica della disciplina finanziaria degli enti ad autonomia differenziata..., cosi' da configurarsi quale autentico presidio procedurale della specialita' finanziaria di tali enti". La Corte ha dunque verificato se le riserve allo Stato previste dalle norme qui impugnate fossero o meno consentite dagli Statuti speciali e dalle norme di attuazione delle Regioni ricorrenti. In particolare, in relazione alla impugnazione da parte della Regione Sicilia del comma 36, terzo periodo, la Corte ha osservato (punto 7.4 del Diritto) che, "ove l'evasione abbia ad oggetto entrate tributarie interamente e nominativamente riservate all'Erario in base alla normativa statutaria, la questione deve essere dichiarata non fondata, perche' si verifica la condizione del «rispetto» delle norme statutarie richiesta dal menzionato art. 19-bis del decreto-legge n. 138 del 2011 ai fini della diretta applicabilita' alle Regioni speciali della normativa impugnata, con esclusione, dunque, di qualsiasi violazione di tali parametri". Ove, invece, "l'evasione abbia ad oggetto entrate non nominativamente riservate allo Stato dalla normativa di rango statutario, e' necessario valutare [...] se la riserva del gettito all'Erario sia conforme alla normativa statutaria siciliana". Secondo la Corte, "nella specie, si e' in presenza di una entrata tributaria (in quanto effetto dell'attivita' di contrasto all'evasione fiscale), ma non «nuova» (perche' il recupero delle somme sottratte al fisco non comporta alcuna modifica della legislazione fiscale vigente, ne' determina un "nuovo provento") e, comunque, priva [...] della destinazione specifica richiesta dal combinato disposto degli artt. 36 dello statuto e 2 delle correlative norme di attuazione in materia finanziaria ai fini della devoluzione del gettito all'Erario". Poiche' "la riserva allo Stato di tali somme (non nominativamente destinate allo Stato dallo statuto speciale) non e' consentita dalla normativa di rango statutario, il mancato «rispetto» dello statuto comporta, in forza della clausola di salvaguardia di cui all'art. 19-bis, l'inapplicabilita' alla Regione ricorrente dell'impugnato terzo periodo del comma 36 e, quindi, la non fondatezza della questione". Si ritiene che tale conclusione debba valere anche per la Provincia di Trento, dato che l'art. 9 d.lgs. n. 268/1992 pone requisiti ulteriori e piu' stringenti rispetto alla norma di attuazione dello Statuto siciliano (cioe', all'art. 2 d.P.R. n. 1074/1965, che ammette la riserva all'erario a condizione che si tratti di "nuove entrate tributarie il cui gettito sia destinato con apposite leggi alla copertura di oneri diretti a soddisfare particolari finalita' contingenti o continuative dello Stato specificate nelle leggi medesime"). Poiche' l'art. 7, comma 1, primo periodo, rinvia a norme che codesta Corte ha gia' dichiarato inapplicabili alle Regioni speciali, esso e' da ritenere inapplicabile a questa Provincia in virtu' dell'art. 50-bis d.l. n. 66/2014, che - come visto - contiene una clausola di salvaguardia delle competenze delle Regioni speciali. La presente censura, dunque, e' formulata per l'ipotesi in cui, invece, si ritenesse che la disposizione impugnata del d.l. n. 66/2014 esprima una autonoma intenzione legislativa nel senso della applicabilita'. L'art. 7, comma 1, secondo periodo, come visto, dispone che "le maggiori entrate strutturali ed effettivamente incassate nell'anno 2013 derivanti dall'attivita' di contrasto all'evasione fiscale, valutate ai sensi del predetto articolo 2, comma 36, in 300 milioni di euro annui dal 2014, concorrono alla copertura degli oneri derivanti dal presente decreto". Dunque, rispetto al primo periodo del comma 1, la norma de qua ha ad oggetto la stessa tipologia di entrate ma muta dal 2014 (se cosi' si deve intendere la formula davvero oscura della disposizione) la destinazione della riserva: mentre nel caso del primo periodo si tratta di un Fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale, nel caso del secondo periodo si tratta della "copertura degli oneri derivanti dal presente decreto". Anche l'art. 7, comma 1, secondo periodo, viola l'art. 75 dello Statuto e l'art. 9 d.lgs. n. 268/1992, per le medesime ragioni sopra esposte. In sintesi, le entrate derivanti dalla lotta all'evasione fiscale sono le stesse entrate che spettano pro quota alla Provincia ai sensi dell'art. 75 St., per cui non e' legittima la loro riserva allo Stato. Ne' tale riserva puo' giustificarsi ai sensi dell'art. 9 d.lgs. n. 268/1992, perche' il gettito in questione non deriva "da maggiorazioni di aliquote o dall'istituzione di nuovi tributi". Se pure vi derivassero, la riserva allo Stato non sarebbe legittima in quanto manca la delimitazione temporale, come mostra la valutazione di tali entrate in 300 milioni annui "dal 2014" e risulta in ogni caso illegittima la mancata delimitazione della riserva a quelle che nel d.l. n. 66/2014 possano considerarsi "nuove specifiche spese di carattere non continuativo". 2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 8, commi 4, 6, 7, e 10. L'art. 8, comma 4, dispone che, "a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, riducono la spesa per acquisti di beni e servizi, in ogni settore, per un ammontare complessivo pari a 2.100 milioni di euro per il 2014 in ragione di: a) 700 milioni di euro da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano; b) 700 milioni di euro, di cui 340 milioni di euro da parte delle province e citta' metropolitane e 360 milioni di euro da parte dei comuni; c) 700 milioni di curo, comprensivi della riduzione di cui al comma 11, da parte delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33". Le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 11, comma 1, d.lgs. n. 33/2013 coincidono con quelle di cui all'art. 1, comma 2, d.lgs. n. 165/2001. L'art. 8, comma 4, stabilisce anche che "le stesse riduzioni si applicano, in ragione d'anno, a decorrere dal 2015". Il comma 6 statuisce, poi, che "la determinazione degli obiettivi di riduzione di spesa per le regioni e le province autonome e' effettuata con le modalita' di cui all'articolo 46" (peraltro l'art. 46 contiene diverse disposizioni, ragion per cui non e' chiaro a quale di esse intenda rinviare l'art. 8, comma 6); dal canto suo, il comma 7 dispone che "la determinazione degli obiettivi di spesa per le province, i comuni e le citta' metropolitane e' effettuata con le modalita' di cui all'articolo 47". Infine, il comma 10 dispone che "le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono adottare misure alternative di contenimento della spesa corrente al fine di conseguire risparmi comunque non inferiori a quelli derivanti dall'applicazione del comma 4". I. In primo luogo, i commi 4, 6 e 10 dell'art. 8 violano l'art. 79 dello Statuto, che ad avviso della ricorrente Provincia autonoma di Trento regola in modo esaustivo i modi in cui la Provincia concorre "all'assolvimento degli obblighi di carattere finanziario posti dall'ordinamento comunitario, dal patto di stabilita' interno e dalle altre misure di coordinamento della finanza pubblica stabilite dalla normativa statale" (comma l), al comma 2 stabilisce che "le misure di cui al comma 1 possono essere modificate esclusivamente con la procedura prevista dall'articolo 104 e fino alla loro eventuale modificazione costituiscono il concorso agli obiettivi di finanza pubblica di cui al comma 1" (enfasi aggiunta), e al comma 3 aggiunge che "non si applicano le misure adottate per le regioni e per gli altri enti nel restante territorio nazionale". Dunque, l'applicazione alla Provincia di Trento dell'art. 8, comma 4, che rappresenta una misura di coordinamento finanziario, si pone in contrasto con l'art. 79 St. Alla Provincia e' noto che codesta Corte, a partire dalla sent. n. 221/2013 in poi, ha limitato l'ambito di applicazione dell'art. 79 St., collegandolo al solo patto di stabilita' e dichiarando la soggezione delle Province autonome ai principi di coordinamento della finanza pubblica. E' pero' chiaro che l'art. 8, comma 4, non e' una norma "di materia" avente finalita' di coordinamento finanziario, ma e' una vera e propria norma di coordinamento diretto della finanza pubblica. Esso, dunque, non ricadrebbe nell'ambito dell'art. 79, comma 4, secondo periodo dello Statuto e, dunque, ne risulterebbe confermata l'inapplicabilita' alla Provincia. Sia tuttavia consentito sottoporre a codesta Corte una ulteriore riflessione sul significato da attribuire all'art. 79 St. Nella sent. n. 221/2013 codesta Corte ha ritenuto che l'art. 79 non regoli anche le misure di coordinamento della finanza pubblica. Essa ha condiviso la tesi dell'Avvocatura, secondo la quale l'art. 79 "riguarda le modalita' del concorso delle Province autonome agli obiettivi di finanza pubblica stabiliti con il patto di stabilita' interno, e non significa che - una volta rispettati i saldi di bilancio prefissati - la Provincia possa disattendere i principi generali di coordinamento della finanza pubblica". La "necessita' di utilizzare il metodo pattizio" sarebbe "espressamente circoscritta agli obiettivi del patto di stabilita' interno e alla definizione dei saldi di bilancio da conseguire in ciascun periodo". La tesi sarebbe anche supportata dal comma 4 dello stesso articolo, e precisamente dal fatto che, "mentre il primo periodo del comma 4 del medesimo art. 79 prevede che «le disposizioni statali relative all'attuazione degli obiettivi di perequazione e di solidarieta', nonche' al rispetto degli obblighi derivanti dal patto di stabilita' interno, non trovano applicazione con riferimento alla regione e alle province e sono in ogni caso sostituite da quanto previsto dal presente articolo», il successivo periodo - relativo non al patto di stabilita', ma, piu' in generale, al coordinamento della finanza pubblica - precisa che «la regione e le province provvedono alle finalita' di coordinamento della finanza pubblica contenute in specifiche disposizioni legislative dello Stato, adeguando la propria legislazione ai principi costituenti limiti ai sensi degli articoli 4 e 5» dello Statuto". Secondo tale decisione, dunque, l'art. 79 dello Statuto speciale detterebbe "una specifica disciplina riguardante il solo patto di stabilita' interno", mentre "per le altre disposizioni in materia di coordinamento della finanza pubblica, la Regione Trentino-Alto Adige e le Province autonome si conformano alle disposizioni legislative statali, legiferando entro i limiti stabiliti dallo Statuto, in particolare agli articoli 4 e 5". Di qui la sentenza trae la conclusione che "di conseguenza, il citato art. 79 non modifica l'obbligo della Provincia autonoma di Bolzano di adeguare la sua legislazione ai principi di coordinamento della finanza pubblica". Tale giurisprudenza e' stata seguita, tuttavia senza ulteriori giustificazioni, da ulteriori sentenze: v. le sentt. nn. 127/2014 e 72/2014. In realta', come alla Provincia autonoma di Trento non sembra si possa negare ad un ulteriormente approfondito esame della disposizione, l'art. 79 St. si occupa del coordinamento finanziario in piu' punti. Esso distingue chiaramente tra norme di coordinamento finanziario diretto e norme regolatrici delle varie materie con finalita' di coordinamento finanziario. L'art. 79, comma 1, prevede che la Provincia faccia fronte agli obblighi di coordinamento finanziario diretto in diversi modi, e uno di questi e' il patto di stabilita'. Dunque, il patto di stabilita' non e' qualcosa di alternativo al coordinamento finanziario ma contiene regole specifiche di coordinamento finanziario. Il comma 4, secondo periodo (secondo cui "la regione e le province provvedono alle finalita' di coordinamento della finanza pubblica contenute in specifiche disposizioni legislative dello Stato, adeguando la propria legislazione ai principi costituenti limiti ai sensi degli articoli 4 e 5"), invece, si occupa delle norme sulle diverse materie che abbiano finalita' di coordinamento, e per esse rinvia non ai criteri che valgono per il coordinamento finanziario relativo alle altre Regioni, ma ai limiti specifici di ogni materia come indicati dagli artt. 4 e 5 dello Statuto. Dunque, non risulta esatto affermare - in termini generici - il vincolo delle Province autonome ai "principi di coordinamento della finanza pubblica", perche' il vincolo e' espressamente limitato, per le materie di potesta' primaria, ai limiti di cui all'art. 4 Statuto. Infatti, i "principi di coordinamento della finanza pubblica" costituiscono riferimento alla materia concorrente di cui all'art. 117, terzo comma, Cost. ma, se il significato del secondo periodo del comma 4 dell'art. 79 fosse quello indicato nella sent. n. 221/2013, non avrebbe senso il riferimento che esso contiene - invece - ai limiti propri di ciascuna materia provinciale, e dunque per le competenze primarie ai soli limiti di cui all'art. 4 dello Statuto. Proprio tale riferimento convince invece che la disposizione del comma 4, secondo periodo, si riferisce alle norme statali che non siano direttamente misure di finanza pubblica ma che regolino le diverse materie con "finalita' di coordinamento della finanza pubblica": e in relazione a tali norme mantiene la normale ampiezza della potesta' legislativa provinciale e i normali rapporti tra legislazione provinciale e legislazione statale. Dunque, l'art. 79 contiene diverse norme, e fra queste solo il comma 3 ed il comma 4, primo periodo, concernono specificamente il patto di stabilita' interno. Il senso e lo scopo generale della disposizione sono invece chiariti dal comma 1, che stabilisce chiaramente che "la regione e le province concorrono al conseguimento degli obiettivi di perequazione e di solidarieta' e all'esercizio dei diritti e dei doveri dagli stessi derivanti nonche' all'assolvimento degli obblighi di carattere finanziario posti dall'ordinamento comunitario, dal patto di stabilita' interno e dalle altre misure di coordinamento della finanza pubblica stabilite dalla normativa statale" nei modi di seguito specificati. Dunque, l'art. 79 non intende solo definire il modo in cui la Provincia e lo Stato determinano "gli obblighi relativi al patto di stabilita' interno con riferimento ai saldi di bilancio da conseguire in ciascun periodo". Tali obblighi sono essi stessi - in questa prospettiva - solo una delle "modalita' di coordinamento della finanza pubblica" con cui la Provincia concorre all'assolvimento degli obblighi di carattere finanziario (v. art. 79, comma 1, lett. d); ma l'art. 79 prevede anche le altre modalita' (lett. a), b) e c) del comma 1), che complessivamente "costituiscono il concorso agli obiettivi di finanza pubblica di cui al comma 1" (art. 79, comma 2, enfasi aggiunta), fra i quali, appunto, rientrano gli obiettivi posti - come detto - "dalle altre misure di coordinamento della finanza pubblica stabilite dalla normativa statale". Dunque, anche all'assolvimento degli obblighi derivanti da tali "altre misure di coordinamento della finanza pubblica stabilite dalla normativa statale" le Province autonome concorrono (oltre che con le misure di cui alle lettere a, b e c) "con le modalita' di coordinamento della finanza pubblica definite al comma 3", ed in particolare secondo il principio dell'accordo, da esso definito. Ne consegue che non pare esatto affermare che l'art. 79 "detta una specifica disciplina riguardante il solo patto di stabilita' interno" e che le Province autonome restano soggette a tutte le norme statali recanti principi di coordinamento della finanza pubblica. Come detto espressamente dallo stesso art. 79, comma 2, la disposizione riguarda anche e principalmente il concorso agli obiettivi di finanza pubblica, che rimane disciplinato dallo stesso art. 79, sino a sua modifica secondo le regole dell'art. 104 Statuto. Ne risulta l'illegittimita' delle restrizioni apportate dalle disposizioni impugnate. In via subordinata, va comunque rilevato che l'art. 8, comma 4, non rappresenta neppure un principio di coordinamento della finanza pubblica, in quanto tale disposizione impone un vincolo permanente ("Le stesse riduzioni si applicano, in ragione d'anno, a decorrere dal 2015") e rigido quanto a risultato quantitativo da raggiungere. Si puo' ricordare che la sent. n. 193/2012 ha dichiarato illegittimi l'art. 20, commi 4 e 5, del d.l. n. 98 del 2011, e l'art. 1, comma 8, del d.l. n. 138 del 2011 perche' facevano venir meno la temporaneita' dei contributi alla finanza pubblica, e - tramite pronunce sostitutive - ha limitato i tagli al 2014. Ed ovviamente la lesione non viene meno per il fatto che ai sensi del comma 10 la ricorrente Provincia e' autorizzata ad adottare "misure alternative" di contenimento della spesa corrente, che producano risparmi "comunque non inferiori": rimane infatti il meccanismo di permanente limitazione della spesa corrente della Provincia. Le disposizioni di cui all'art. 8, comma 4, 6 e 10, dunque, violano l'autonomia provinciale di spesa e l'art. 117, comma 3, Cost. II. Quanto sopra esposto si riferisce all'art. 8, commi 4, 6 e 10, nella parte in cui essi limitano la spesa della Provincia, costringendola a forzosi risparmi. Qualora, poi, le stesse disposizioni fossero intese - in virtu' del collegamento con l'art. 50, comma 10 (sul quale v. infra) - nel senso di imporre una vera e propria sottrazione di risorse alla Provincia autonoma, mediante la loro acquisizione al bilancio statale, esse violerebbero anche l'art. 75 dello Statuto, perche' risorse affluite al bilancio provinciale in esecuzione di tale norma statutaria sarebbero avocate allo Stato in aperto contrasto con lo Statuto. Inoltre, a giustificare tali disposizioni non potrebbe valere neppure la giurisprudenza costituzionale appena illustrata, perche' l'art. 8 non si limiterebbe a coordinare la finanza pubblica, limitando la spesa delle Province, ma disporrebbe una vera e propria avocazione di risorse dalla Provincia allo Stato. E sembra davvero evidente che le risorse che lo Statuto, fonte di rango costituzionale, assegna alla Provincia, non possono essere trasferite allo Stato mediante fonte avente rango di legge ordinaria, al di fuori di' quanto previsto dallo Statuto stesso. Poiche' le norme in questione impongono alla Provincia un ulteriore contributo alla finanza pubblica in modo unilaterale, in contrasto con la norma concertata di cui all'art. 79 St. e al di fuori delle procedure previste dagli artt. 103, 104 e 107 dello Statuto, l'art. 8, commi 4, 6 e 10, viola anche le norme statutarie appena citate ed il principio dell'accordo che, come risulta dalla giurisprudenza costituzionale (v. le sentt. nn. 82/2007, 353/2004, 39/1984, 98/2000, 133/2010), domina il regime dei rapporti finanziari fra Stato e Regioni speciali. Tale principio emerge chiaramente dal Titolo VI dello Statuto, dato che le norme di esso sono modificabili (salva la legge costituzionale di cui' all'art. 103 St., adottata su parere dei consigli provinciali e regionale) solo "con legge ordinaria dello Stato su concorde richiesta del Governo e, per quanto di rispettiva competenza, della regione o delle due province" (art. 104) e possono essere attuate e integrate solo con la speciale procedura paritetica di cui all'art. 107 St. La procedura concertata di cui all'art. 104 e' stata appunto seguita per le modifiche apportate dalla legge n. 191/2009 e ora l'art. 79, comma 3, St. ha codificato il principio consensuale (comunque sempre seguito dalle leggi statali finanziarie) per la conclusione del patto di stabilita'. Le sentenze di codesta Corte sopra citate hanno confermato l'essenzialita' e la generalita' del principio consensuale nella materia dei rapporti finanziari Stato-Regioni speciali, ed esso e' stato ribadito anche dall'art. 27 legge n. 42/2009. In relazione ai comuni situati in provincia di Trento, l'art. 8, comma 4, lett. b), e comma 7, risulta illegittimo per ragioni corrispondenti a quelle appena esposte (alle quali, dunque, si rinvia ad integrazione di quello che ora si dira'). L'art. 79, comma 3, St. dispone che, "fermi restando gli obiettivi complessivi di finanza pubblica, spetta alle province stabilire gli obblighi relativi al patto di stabilita' interno e provvedere alle funzioni di coordinamento con riferimento agli enti locali", e che "non si applicano le misure adottate per le regioni e per gli altri enti nel restante territorio nazionale". Dunque, lo Stato non puo' imporre direttamente tagli di spesa ai comuni trentini, perche' l'art. 79 St. riserva il potere di coordinamento finanziario alla Provincia. Si noti che, nel contesto, appare del tutto ovvio che "le funzioni di coordinamento" di cui si tratta sono, appunto, le funzioni di coordinamento della finanza pubblica: le medesime di cui si parla al comma 1. Inoltre, l'art. 8, comma 4, lett. b) e comma 7, lede anche la competenza provinciale in materia di finanza locale, prevista dagli artt. 80 e 81 St. E' da segnalare che l'art. 80 e' stato modificato dall'art. 1, comma 518, legge n. 147/2013 (approvato ai sensi e per gli effetti dell'art. 104 dello Statuto di autonomia), e che in forza di cio' la competenza in questione ha assunto ora carattere primario. L'art. 80 e' stato attuato dall'art. 17 d.lgs. n. 268/1992, il cui comma 3 dispone che "nel rispetto delle competenze regionali in materia di ordinamento dei comuni, le province disciplinano con legge i criteri per assicurare un equilibrato sviluppo della finanza comunale, ivi compresi i limiti all'assunzione di personale, le modalita' di ricorso all'indebitamento, nonche' le procedure per l'attivita' contrattuale". E' dunque illegittima la sostituzione della legge statale nell'esercizio di una competenza propria del legislatore provinciale. La lesione della competenza provinciale in materia di finanza locale sarebbe poi aggravata qualora le norme in questione fossero intese, in virtu' del collegamento con l'art. 50, comma 10, nel senso di imporre una sottrazione di risorse ai comuni (v. supra): infatti, le risorse dei comuni provengono in larga misura dalla Provincia (v. l'art. 81, comma 2, St.). Ancora, l'art. 8, comma 4, lett. b) e comma 7, viola gli artt. 103, 104 e 107 St. ed il principio dell'accordo in materia finanziaria, perche' incide unilateralmente sull'autonomia di spesa dei comuni trentini, in contrasto con il regime finanziario concertato con la Provincia. Infine, anche le norme de quibus non sono principi di coordinamento della finanza pubblica: oltre al carattere permanente del limite e la sua rigida determinazione quantitativa (gia' censurati supra), e' da sottolineare che ai comuni non sembra applicabile l'art. 8, comma 10 ("Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono adottare misure alternative di contenimento della spesa corrente al fine di conseguire risparmi comunque non inferiori a quelli derivanti dall'applicazione del comma 4"), e, dunque, il settore in cui operare i tagli risulta vincolato: cio' implica che le norme in questione limitino una voce di puntuale di spesa, con ulteriore violazione dell'art. 117, comma 3, Cost. e dell'autonomia di spesa comunale. 3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 14, commi 1, 2 e 4-ter. L'art. 14, comma 1, dispone che, "ad eccezione delle Universita', degli istituti di formazione, degli enti di ricerca e degli enti del servizio sanitario nazionale, fermi restando i limiti derivanti dalle vigenti disposizioni e in particolare le disposizioni di cui all'articolo 6, comma 7, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, [...] e all'articolo 1, comma 5, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101 [...], le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell'articolo l, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, a decorrere dall'anno 2014, non possono conferire incarichi di consulenza, studio e ricerca quando la spesa complessiva sostenuta nell'anno per tali incarichi e' superiore rispetto alla spesa per il personale dell'amministrazione che conferisce l'incarico, come risultante dal conto annuale del 2012, al 4,2% per le amministrazioni con spesa di personale pari o inferiore a 5 milioni di euro, e all'1,4% per le amministrazioni con spesa di personale superiore a 5 milioni di euro". Analogamente, l'art. 14, comma 2, stabilisce che, "ferme restando le disposizioni di cui ai commi da 6 a 6-quater dell'articolo 7 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e i limiti previsti dall'articolo 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 [...], le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, con esclusione delle Universita', degli istituti di formazione, degli enti di ricerca e degli enti del servizio sanitario nazionale, a decorrere dall'anno 2014, non possono stipulare contratti di collaborazione coordinata e continuativa quando la spesa complessiva per tali contratti e' superiore rispetto alla spesa del personale dell'amministrazione che conferisce l'incarico come risultante dal conto annuale del 2012, al 4,5% per le amministrazioni con spesa di personale pari o inferiore a 5 milioni di euro, e all'1,1% per le amministrazioni con spesa di personale superiore a 5 milioni di euro". Come si puo' vedere, mentre il gia' censurato art. 8 impone una riduzione predefinita di spesa, la cui entita' e' fissata in termini assoluti, l'art. 14, commi 1 e 2, pone all'acquisizione di prestazioni lavorative esterne un tetto massimo di spesa, determinato in termini percentuali rispetto alla spesa per il personale dipendente. In modo corrispondente a quanto stabilito dall'art. 8, comma 10, l'art. 14, comma 4-ter, aggiunge che "alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, alle province e alle citta' metropolitane e ai comuni, e' comunque concessa, in coerenza e secondo le modalita' previste al comma 10 dell'articolo 8 e ai commi 5 e 12 dell'articolo 47, la facolta' di rimodulare o adottare misure alternative di contenimento della spesa corrente, al fine di conseguire risparmi comunque non inferiori a quelli derivanti dall'applicazione dei commi 1 e 2 del presente articolo". La disposizione consente dunque di superare il massimo posto all'acquisizione di prestazioni esterne, ma impone comunque una limitazione della spesa. Dunque, nella sostanza l'art. 14, comma 1, 2 e 4-ter, ha struttura analoga rispetto alle norme dell'art. 8 gia' impugnate: anch'esso, infatti, detta norme di coordinamento finanziario diretto che, qualora ritenute applicabili in provincia di Trento, si pongono in contrasto con l'art. 79 St., per le ragioni esposte nel punto 2), sottopunto I. Inoltre, le norme in questione violerebbero gli artt. 103, 104 e 107 St. ed il principio dell'accordo in materia finanziaria, per i motivi illustrati sempre nel punto 2. Infine, esse violerebbero anche l'art. 117, comma 3, Cost. e l'autonomia provinciale di spesa, dato che anche i limiti di cui all'art. 14 non sono temporanei, in quanto operano "a decorrere dall'anno 2014" (v. il comma 1 ed il comma 2). Nella parte in cui le norme in questione si rivolgono agli enti locali trentini, esse violano gli art. 79, comma 3, 80 e 81 St., l'art. 17 d.lgs. n. 268/1992 e gli altri parametri indicati nell'ultima parte del motivo n. 2, per le ragioni ivi esposte. Ove poi si dovesse ritenere che il risparmio cosi' imposto alla Provincia ed ai suoi enti locali non costituisce soltanto una limitazione della spesa, ma un trasferimento di risorse al bilancio statale in forza dell'art. 50, comma 10, le impugnate disposizioni di cui all'art. 14 - in collegamento con quella dell'art. 50, comma 10 - sarebbero illegittime per le ragioni esposte nel punto 2), sottopunto II. 4) Illegittimita' costituzionale dell'art. 22, comma 2. L'art. 22, comma 2 (che sostituisce l'art. 4, comma 5-bis, d.l. n. 16/2012), prevede che siano individuati con decreto ministeriale "i comuni nei quali, a decorrere dall'anno di imposta 2014, si applica l'esenzione di cui alla lettera h) del comma 1 dell'articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, sulla base dell'altitudine riportata nell'elenco dei comuni italiani predisposto dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT)". La norma richiamata prevede l'esenzione Unici per "i terreni agricoli ricadenti in aree montane o di collina". L'art. 22, comma 2, dispone inoltre che "dalle disposizioni di cui al presente comma deve derivare un maggior gettito complessivo annuo non inferiore a 350 milioni di euro a decorrere dal medesimo anno 2014". Da cio' si ricava che il d.m. deve ridurre i comuni esenti, cioe' qualificare forzosamente non montani o non collinari comuni che prima erano considerati tali. La disposizione dispone poi che tale maggior gettito sia recuperato allo Stato, con modalita' differenziate tra i comuni delle Regioni ordinarie (e Sicilia e Sardegna) e i comuni delle regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta e delle province autonome di Trento e di Bolzano: per questi, il recupero avviene "in sede di attuazione del comma 17 dell'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201". L'art. 13 d.l. n. 201/2011 regola l'Anticipazione sperimentale dell'Imu ed il comma 17 dispone che "con le procedure previste dall'articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, le regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta, nonche' le Province autonome di Trento e di Bolzano, assicurano il recupero al bilancio statale del predetto maggior gettito stimato dei comuni ricadenti nel proprio territorio", aggiungendo pero' che, "fino all'emanazione delle norme di attuazione di cui allo stesso articolo 27, a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali, e' accantonato un importo pari al maggior gettito stimato di cui al precedente periodo". L'art. 22, comma 2, e' impugnato nella parte in cui prevede una riduzione dei comuni esenti, in quella in cui dispone che il maggior gettito e' avocato al bilancio dello Stato e nella parte in cui dispone che il recupero del maggior gettito sia "operato, [...] per i comuni delle regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta e delle province autonome di Trento e di Bolzano, in sede di attuazione del comma 17 dell'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201". La riserva allo Stato di parte del gettito Imu ed il meccanismo dell'accantonamento sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali spettanti alle Province autonome sono gia' stati contestati piu' volte da questa Provincia, mediante impugnazione del predetto art. 13, comma 17, d.l. n. 201/2011 (ricorso n. 34/2012), dell'art. 1, comma 380, lett. h) legge n. 228/2012 (ricorso n. 35/2013), del d.l. n. 102/2013 (ricorso n. 3/2014), del d.l. n. 133/2013 (ricorso n. 29/2014) e della legge n. 147/2013 (ricorso n. 14/2014). L'art. 22, comma 2, nella parte in cui prevede l'avocazione del maggior gettito e ribadisce l'applicazione del meccanismo in questione, risulta illegittimo per le ragioni gia' esposte nei precedenti ricorsi, che qui sostanzialmente si riproporranno, precisando che la sostituzione dell'art. 80 St. ad opera dell'art. 1, comma 518, legge n. 147/2013 non fa che avvalorare tali censure, dato che la competenza statutaria provinciale in materia di finanza locale ha ora assunto rango primario. In primo luogo, pero', l'art. 22, comma 2, e' illegittimo nella parte in cui prevede una riduzione dei comuni esenti, per invasione della potesta' legislativa primaria della Provincia in materia di tributi locali. Infatti, l'art. 80 dello Statuto (come modificato dall'art. 1, comma 518, legge n. 147/2013) stabilisce quanto segue: "1. Le province hanno competenza legislativa in materia di finanza locale. 2. Nelle materie di competenza, le province possono istituire nuovi tributi locali. La legge provinciale disciplina i predetti tributi e i tributi locali comunali di natura immobiliare istituiti con legge statale, anche in deroga alla medesima legge, definendone le modalita' di riscossione e puo' consentire agli enti locali di modificare le aliquote e di introdurre esenzioni, detrazioni e deduzioni. [...] 4. La potesta' legislativa nelle materie di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo e' esercitata nel rispetto dell'articolo 4 e dei vincoli derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea". Dunque, le esenzioni in materia di Ici (ora di Imu) ricadono chiaramente nella competenza legislativa primaria della Provincia di Trento. L'art. 80 menziona espressamente l'introduzione delle esenzioni ma pare ovvio che la competenza provinciale si estende anche alla eliminazione di una precedente esenzione, come nel caso della norma qui impugnata. E' percio' del tutto illegittimo che lo Stato, addirittura con un d.m. non regolamentare, vada ad incidere sul regime delle esenzioni dall'Ici nei comuni trentini: l'uso del d.m. implica anche violazione dell'art. 2 d.lgs. n. 266/1992, sia per la diretta applicabilita' di esso sia perche' l'art. 2, d.lgs. n. 266/1992 preclude atti statali non legislativi nelle materie provinciali. Che poi la finanza locale sia materia provinciale non puo' certo essere dubitato. Essa lo era anche prima della modifica dell'art. 80 Statuto, ma il nuovo testo, oltre a trasformarla in materia di potesta' primaria, ne definisce meglio l'ambito. L'art. 80 St., infatti, attribuisce ora al "sistema provinciale" una nuova competenza, che consente di scegliere una manovra fiscale complessiva, idonea a favorire la crescita del sistema economico locale. Tale competenza e' compromessa se lo Stato riduce esso, arbitrariamente, le esenzioni di un tributo locale. E' chiaro, infatti, che Provincia e comuni devono tener conto del carico fiscale dei cittadini, nel momento in cui modulano i tributi locali. E' chiara dunque la violazione dell'art. 80 dello Statuto. L'art. 22, comma 2, e' poi illegittimo nella parte in cui prevede il "recupero del maggior gettito" a favore dello Stato (quarto periodo del nuovo art. 4, comma 5-bis, d.l. n. 16/2012). Tale norma viola sia il succitato art. 80 dello Statuto, perche' si sostituisce alla legge provinciale nella disciplina di un tributo di competenza provinciale primaria, sia l'art. 81, comma 2, dello Statuto ("Allo scopo di adeguare le finanze dei comuni al raggiungimento delle finalita' e all'esercizio delle funzioni stabilite dalle leggi, le province di Trento e di Bolzano corrispondono ai consumi stessi idonei mezzi finanziari, da concordare fra il Presidente della relativa Provincia ed una rappresentanza unitaria dei rispettivi comuni"), perche' la sottrazione ai comuni di risorse ad essi destinate incide sulla finanza comunale, che fa parte della "finanza allargata" delle Province autonome. In altre parole, qualunque manovra statale riguardante la finanza comunale ha ripercussioni sull'autonomia finanziaria della Provincia, che deve far fronte ai bisogni finanziari dei comuni. Cio' risulta chiaramente dallo stesso art. 22, comma 2, che - dopo aver previsto il recupero allo Stato del maggior gettito - dispone che, nelle autonomie speciali dotate di competenza in materia di finanza locale, tale recupero avvenga mediante il meccanismo dell'accantonamento sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali spettanti alle Province autonome. In sostanza, lo Stato prevede un maggior gettito di un tributo locale, dispone l'avocazione a se' di tale maggior gettito ma poi pretende di trattenere le corrispondenti risorse sugli importi che spettano alla Provincia in base allo Statuto. La previsione dell'accantonamento si pone chiaramente in contrasto con l'art. 75 dello Statuto e con l'art. 9 d.lgs. n. 268/1992, perche' pretende di avocare allo Stato risorse di spettanza provinciale, al di fuori dei casi previsti. Non sussiste, infatti, alcuna delle condizioni di cui all'art. 9 d.lgs. n. 268/1992: il maggior gettito non deriva "da maggiorazioni di aliquote o dall'istituzione di nuovi tributi" (ma dalla esclusione di alcuni comuni dall'esenzione), non e' destinato per legge alla copertura "di nuove specifiche spese", non e' temporalmente delimitato ("a decorrere dal... 2014") e non e' "contabilizzato distintamente nel bilancio statale". E' evidente che le risorse che lo Statuto prevede come entrate provinciali sono cosi' stabilite perche' esse vengano utilizzate dalla Provincia per lo svolgimento delle sue funzioni costituzionali, e non perche' esse vengano "accantonate". L'istituto dell'accantonamento non ha nel sistema statutario cittadinanza alcuna. Inoltre, l'art. 22, comma 2, viola l'art. 79 St. perche' l'avocazione e' disposta con il fine del concorso agli obiettivi di finanza pubblica, mentre la norma statutaria configura un sistema completo di concorso delle Province a tali obiettivi, non derogabile se non con le modalita' previste dallo Statuto, come testualmente afferma l'art. 79, comma 2. Statuto (v. altresi' il motivo n. 2, sottopunto I). Ancora, la norma impugnata viola il principio dell'accordo che regola i rapporti fra Stato e Regioni speciali in materia finanziaria (v. il motivo n. 2, sottopunto II). L'art. 22, comma 2, viola poi gli artt. 103, 104 e 107 St., proprio perche' pretende di derogare agli artt. 75 e 79 St. e al d.lgs. n. 268/1992 con una fonte primaria "ordinaria". L'art. 107 St. e' violato anche perche' l'art. 13, comma 17, d.l. n. 201/2011 (richiamato dalla norma qui impugnata) pretende di vincolare unilateralmente il contenuto delle norme di attuazione. Infine, l'art. 22, comma 2, viola sostanzialmente anche l'art. 75, lett. g), dello Statuto, che attribuisce alla Provincia "i nove decimi di tutte le altre entrate tributarie erariali, dirette o indirette, comunque denominate". Infatti, anche se la norma impugnata adotta un meccanismo elusivo ed irragionevole (v. intra), la realta' e' che una quota dell'Imu (relativa a certi terreni e a certi comuni) e' riservata allo Stato e, dunque, e' un'entrata "erariale". Infatti, se una quota di Imu e' riservata allo Stato, essa rientra tra le "entrate tributarie erariali, dirette o indirette, comunque denominate", di cui all'art. 75, comma 1, lett. g), St., il cui senso e' esattamente quello di riservare al sistema locale i nove decimi di tutte le entrate tributarie destinate in via generale allo Stato. In questi termini, i nove decimi del maggior gettito dovrebbero spettare alla Provincia, ai sensi dell'art. 75 Statuto: percio' l'art. 22, comma 2, si pone in contrasto con l'art. 75, comma 1, lett. g) dello Statuto. Sia consentito, da ultimo, evidenziare la complessiva irragionevolezza del meccanismo predisposto dall'art. 22, comma 2. Mentre le norme impugnate con i ricorsi di questa Provincia sopra citati prevedevano il versamento di parte dell'Imu allo Stato, con depauperamento diretto dei comuni e indiretto della Provincia, la norma de qua dispone un maggior gettito Imu ma, irragionevolmente, stabilisce che lo Stato riceva l'importo corrispondente dalla Provincia. Poiche' non c'e' alcuna ragione logica che possa giustificare tale meccanismo, la norma risulta irragionevole, con ulteriore lesione indiretta dell'autonomia legislativa e finanziaria della Provincia (artt. 80 e 81 St.). 5) Illegittimita' costituzionale dell'articolo 46, commi 1, 2, 3 e 6. I. L'art. 46, comma 1, stabilisce che "le Regioni a statuto speciale e le province autonome, in conseguenza dell'adeguamento dei propri ordinamenti ai principi di coordinamento della finanza pubblica, introdotti dal presente decreto, assicurano un contributo alla finanza pubblica pari a quanto previsto nei commi 2 e 3". Come si vede, il comma 1 non ha di per se' un contenuto autonomo, limitandosi a "qualificare" il "contributo alla finanza pubblica" previsto dai commi 2 e 3 come "conseguenza dell'adeguamento dei propri ordinamenti ai principi di coordinamento della finanza pubblica". Ora, sulla problematica generale del rapporto tra lo Statuto, ed in particolare l'art. 79, e la questione del coordinamento della finanza pubblica sia consentito di rinviare alle ragioni gia' esposte nel motivo n. 2 (sottopunto I) del presente ricorso. Comunque sia di queste, pero', i commi 2 e 3 sono autonomamente illegittimi per le ragioni di seguito esposte. II. Il comma 2 modifica l'art. 1, comma 454, legge n. 228/2012. In particolare, e' sostituita la Tabella di cui al comma 454, lett. d), che ora prevede, per le Province autonome, un aumento del saldo programmatico dell'esercizio 2011 di 42 milioni per l'anno 2014 e di 59 milioni per gli anni dal 2015 al 2017 (prima il comma 454, dopo la modifica operata dal comma 499 dell'art. 1 della legge n. 147/2013, prevedeva, rispettivamente, un aumento di 25 e di 34 milioni). Il comma 454 si riferisce anche alle Province autonome in virtu' di quanto disposto dall'art. 1, comma 455, legge n. 228/2012, come modificato dall'art. 1, comma 500, legge n. 147/2013. La ricorrente Provincia autonoma ha gia' impugnato, nel gia' ricordato ricorso avverso la legge n. 147/2013, sia il comma 499 che il comma 500 dell'art. 1 legge n. 147/2013. L'art. 46, comma 2, aggrava la lesione prodotta dalle suddette norme, dal punto di vista quantitativo, ed e' dunque affetto dai medesimi vizi. L'accoglimento delle censure prospettate nei precedenti ricorsi priverebbe quanto ora previsto dall'art. 46, comma 2, del d.l. n. 66 del 2014 del proprio oggetto e del proprio contesto normativo, rendendolo inapplicabile. Per tuziorismo, si riportano comunque, riferendole ad esso, le censure gia' rivolte all'art. 1, comma 499 e 500, legge n. 147/2013, a loro volta corrispondenti a quelle rivolte alla versione originaria del comma 455 (e 456) nel ricorso n. 35/2013: Il comma 455 dispone che, "al fine di assicurare il concorso agli obiettivi di finanza pubblica, la regione Trentino-Alto Adige e le province autonome di Trento e di Bolzano concordano con il Ministro dell'economia e delle finanze, per ciascuno degli anni dal 2013 al 2016, il saldo programmatico calcolato in termini di competenza mista, determinato aumentando il saldo programmatico dell'esercizio 2011: a) degli importi indicati per il 2013 nella tabella di cui all'articolo 32, comma 10, della legge 12 novembre 2011, n. 183; b) del contributo previsto dall'articolo 28, comma 3, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201... come rideterminato dall'articolo 35, comma 4, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1,... e dall'articolo 4, comma 11, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16...; c) degli importi indicati nel decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, relativi al 2013, 2014, 2015 e 2016 [ora anche 2017], emanato in attuazione dell'articolo 16, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95,...; [ora anche "d) degli importi indicati nella tabella di cui al comma 454"] d) [ora d-bis)] degli ulteriori contributi disposti a carico delle autonomie speciali". A tale fine, "entro il 31 marzo di ciascun anno, il presidente dell'ente trasmette la proposta di accordo al Ministro dell'economia e delle finanze". Il comma 456 stabilisce che, "in caso di mancato accordo di cui ai commi 454 e 455 entro il 31 luglio, ... gli obiettivi della regione Trentino-Alto Adige e delle province autonome di Trento e di Bolzano sono determinati applicando agli obiettivi definiti nell'accordo relativo al 2011 i contributi previsti dal comma 455". Dunque, il comma 455 prevede in teoria l'accordo tra la Provincia ed il Ministro dell'economia e delle finanze per il patto di stabilita', ma in realta' stabilisce unilateralmente che il saldo programmatico "determinato aumentando il saldo programmatico dell'esercizio 2011" dei contributi previsti da alcune leggi. Il comma 456 conferma il carattere illusorio della determinazione concordata del patto, in quanto rende facoltativo l'accordo. I commi 455 e 456 violano, in primo luogo, l'art. 79, comma 3, primo periodo dello Statuto (secondo il quale "al fine di assicurare il concorso agli obiettivi di finanza pubblica, la regione e le province concordano con il Ministro dell'economia e delle finanze gli obblighi relativi al patto di stabilita' interno con riferimento ai saldi di bilancio da conseguire in ciascun periodo"), che assicura la natura pattizia della regolazione degli obblighi relativi al patto di stabilita' interno. Inoltre, essi violano il principio dell'accordo in materia finanziaria, risultante dalla giurisprudenza costituzionale (sentenze n. 82 del 2007, n. 353 del 2004, n. 39 del 1984, n. 98 del 2000 e n. 133 del 2010)" [su cio' v. il punto 2, sottopunto II, del presente ricorso]. Risulta dunque evidente, per i motivi indicati, l'illegittimita' costituzionale anche dell'art. 46, comma 2, d.l. n. 66/2014, in quanto utilizza i medesimi illegittimi meccanismi normativi. III. Il comma 3 dell'art. 46 sostituisce l'art. 1, comma 526, legge n. 147/2013, gia' impugnato da questa Provincia. Nel testo modificato la disposizione stabilisce che, "con le procedure previste dall'articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano assicurano un ulteriore concorso alla finanza pubblica per l'importo complessivo di 440 milioni di euro per l'anno 2014 e di 300 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017", e che, "fino all'emanazione delle norme di attuazione di cui al predetto articolo 27, l'importo del concorso complessivo di cui al primo periodo del presente comma e' accantonato, a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali, secondo gli importi indicati, per ciascuna regione a statuto speciale e provincia autonoma, nella tabella seguente [...]", dalla quale risulta, per la Provincia di Trento, un importo di 36.507.000 e per il 2014 e di 24.891.000 € per gli anni 2015-2017. La nuova norma, dunque, aggrava la lesione arrecata dall'originario art. 1, comma 526, sia dal punto di vista temporale (il comma 526 riguardava solo il 2014, mentre ora a questo si aggiungono ulteriori tre anni) sia da quello quantitativo (la tabella prevedeva, per la Provincia di Trento e per il 2014, un accantonamento di 19.913.000 euro). Contro di esso, dunque, valgono le censure gia' svolte contro l'art. l, comma 526, legge n. 147/2013, che di seguito comunque si riformulano. In effetti, anche il nuovo comma 526 prevede una riduzione di spesa a carico delle Regioni speciali ed un rinvio alle norme di attuazione per l'attuazione di tale previsione; inoltre, esso dispone sempre - in attesa delle norme di attuazione - un accantonamento sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali e reca una tabella che determina la somma da accantonare. Esso dunque viola gli artt. 75, 79, 103, 104 e 107 dello Statuto speciale, il principio dell'accordo in materia finanziaria e l'art. 2, comma 108, legge n. 191/2009. E' innanzi tutto violato l'art. 79 St., per i motivi gia' esposti nel punto 2, sottopunto I, del presente ricorso, in quanto si dispone un concorso della Provincia al risanamento della finanza statale, al di la' di quanto previsto dalla norma statutaria, che definisce in modo esaustivo gli strumenti con cui la Provincia concorre agli obiettivi di finanza pubblica. Indipendentemente da cio', il comma 526 (come modificato dall'art. 46, comma 3, d.l. n. 66/2014) altera unilateralmente l'assetto dei rapporti finanziari tra Stato e Provincia di Trento, violando il principio dell'accordo che domina tali rapporti e gli artt. 103, 104 e 107 dello Statuto, per i motivi gia' esposti nel punto 2, sottopunto II, del presente ricorso. Anche il rinvio alle norme di attuazione e' illegittimo, in quanto l'art. 79 e' modificabile solo con la procedura di cui all'art. 104 St. e non in sede di attuazione. Inoltre, la norma in questione determina (illegittimamente) un vincolo di contenuto per le norme di attuazione, per cui il rinvio alla fonte "concertata" appare fittizio e contrasta con l'art. 107 St. Infine, la previsione dell'accantonamento viola l'art. 75, dato che le somme da esso garantite alla Provincia vengono indebitamente ridotte. Esso viola altresi' l'art. 2, comma 108, legge n. 191/2009 (approvato ai sensi dell'art. 104 St.: v. l'art. 2, comma 106, legge n. 191/2009), che, nel dare attuazione all'art. 75 St., ha stabilito che "le quote dei proventi erariali spettanti alla regione Trentino-Alto Adige/Südtirol e alle province autonome di Trento e di Bolzano ai sensi degli articoli 69, 70 e 75" dello Statuto, "a decorrere dal 1° gennaio 2011, sono riversate dalla struttura di gestione individuata dall'articolo 22 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, per i tributi oggetto di versamento unificato e di compensazione, e dai soggetti a cui affluiscono, per gli altri tributi, direttamente alla regione e alle province autonome sul conto infruttifero, intestato ai medesimi enti, istituito presso la tesoreria provinciale dello Stato, nei modi e nei tempi da definire con apposito decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, adottato previa intesa con la regione e le province autonome". Sono dunque lesivi e costituzionalmente illegittimi sia il principio stesso del trasferimento di risorse provinciali allo Stato, sia le modalita' applicative, nei termini sopra esposti. Va espressamente notato che, benche' la rubrica dell'art. 46 parli di concorso delle regioni e delle province autonome alla "riduzione della spesa pubblica", la previsione dell'accantonamento si traduce - ben oltre la semplice riduzione - in una forzosa acquisizione allo Stato delle risorse che lo statuto di autonomia garantisce alla Provincia autonoma. Tale, e non altro, e' infatti il significato del passaggio di risorse da tali autonomie speciali allo Stato. La lesione si raddoppia: alla violazione dell'autonomia di spesa si somma l'illegittima sottrazione di risorse. E' dunque costituzionalmente illegittimo - per diretta violazione dell'art. 75 dello Statuto - il principio stesso di tale acquisizione. Infatti l'art. 75 St. attribuisce alle Province quote del gettito di determinate entrate tributarie dello Stato, percepite nei rispettivi territori provinciali, e poi "nove decimi di tutte le altre entrate tributarie erariali, dirette o indirette, comunque denominate" (comma 1, lett. g), affinche' queste vengano spese nell'esercizio delle funzioni e competenze costituzionali della Provincia stessa, e non affinche' lo Stato ne possa disporre a suo piacimento. Oltre a prevedere unilateralmente un ulteriore concorso alla finanza pubblica, in violazione dell'art. 79 St., a predeterminare il contenuto delle norme di attuazione (in contrasto con l'art. 107 St.) e a disporre un accantonamento (in contrasto con l'art. 75 St.), il comma 526 non precisa il criterio di riparto dell'ulteriore concorso tra le diverse autonomie speciali e, in tal modo, non consente una verifica di proporzionalita' del riparto stesso. In subordine alle censure principali va percio' rilevato che, cosi' operando, il comma 526 viola l'art. 3 Cost. (principio di ragionevolezza) e che tale violazione si traduce in una lesione dell'autonomia finanziaria della Provincia. IV. L'art. 46, comma 6, d.l. n. 66/2014 dispone che "le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, in conseguenza dell'adeguamento dei propri ordinamenti ai principi di coordinamento della finanza pubblica introdotti dal presente decreto e a valere sui risparmi derivanti dalle disposizioni ad esse direttamente applicabili ai sensi dell'articolo 117, comma secondo, della Costituzione, assicurano un contributo alla finanza pubblica pari a 500 milioni di euro per l'anno 2014 e di 750 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017, in ambiti di spesa e per importi proposti in sede di autocoordinamento dalle regioni e province autonome medesime, tenendo anche conto del rispetto dei tempi di pagamento stabiliti dalla direttiva 2011/7/UE, nonche' dell'incidenza degli acquisti centralizzati, da recepire con Intesa sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro il 31 maggio 2014, con riferimento all'anno 2014 ed entro il 31 ottobre 2014, con riferimento agli anni 2015 e seguenti". Dispone inoltre che in assenza "di tale intesa entro i predetti termini, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottarsi, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, entro 20 giorni dalla scadenza dei predetti termini, i richiamati importi sono assegnati ad ambiti di spesa ed attribuiti alle singoli regioni e Province autonome di Trento e Bolzano, tenendo anche conto del Pil e della popolazione residente, e sono eventualmente rideterminati i livelli di finanziamento degli ambiti individuati e le modalita' di acquisizione delle risorse da parte dello Stato". Tale disposizione e' stata attuata, con riferimento al 2014, con intesa del 29 maggio 2014, recepita con d.m. del 26 giugno 2014, in base al quale, "per l'anno 2014, il contributo delle Regioni a statuto ordinario in termini di saldo netto da finanziare per un importo complessivamente pari a 500 milioni di euro, ai sensi dell'art. 46, comma 6, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, e' realizzato mediante la riduzione delle seguenti risorse: a) risorse destinate all'acquisto di materiale rotabile su gomma e di materiale rotabile ferroviario, nonche' di vaporetti e ferry-boat... per 300 milioni di euro; b) Fondo per lo sviluppo e la coesione... sulla programmazione 2007-2013 per 200 milioni di euro". Dunque, l'art. 46, comma 6, contemplerebbe un contributo anche delle Regioni speciali ma, con riferimento al 2014, gli atti attuativi hanno previsto solo un contributo delle Regioni ordinarie: probabilmente essendosi resi conto, in sede di attuazione, che l'ulteriore inclusione delle autonomie speciali era dovuto ad un lapsus del legislatore, data l'evidente duplicazione - che altrimenti si sarebbe verificata - con la contribuzione gia' prevista per esse dal comma 3. In ogni modo, la previsione dell'art. 46, comma 6, e' essa stessa illegittima, nella parte in cui include la Provincia autonoma di Trento, sotto diversi profili. Intanto, la' dove presuppone la soggezione della Provincia di Trento ai "principi di coordinamento della finanza pubblica, introdotti dal presente decreto", e' illegittima per le ragioni gia' esposte nel motivo n. 2 (sottopunto I) del presente ricorso. In secondo luogo, essa, la' dove menziona le "disposizioni ad esse direttamente applicabili ai sensi dell'articolo 117, comma secondo, della Costituzione", viola l'art. 10 l. cost. 3/2001, in base al quale le disposizioni della l. cost. 3/2001 si applicano alle Regioni speciali solo la' dove siano piu' favorevoli. Poiche' l'art. 117, comma 2, Cost. prevede le materie di competenza esclusiva statale, in termini generali e' a priori escluso che esso sia applicabile alle Regioni speciali. Per essere poi piu' precisi, esso e' suscettibile di applicarsi alle autonomie speciali quando le competenze statali siano soltanto il risvolto negativo di una nuova competenza derivante alle autonomie speciali dalla riforma del Titolo V del 2001: ma e' chiaro che il legislatore del d.l. n. 66/2014 non aveva in mente simili sottigliezze, e si riferiva illegittimamente a competenze statali esercitabili come tali in qualunque degli ambiti di cui all'art. 117, secondo comma, Cost. L'art. 46, comma 6, poi, viola l'art. 79 St. perche' prevede un ulteriore contributo alla finanza pubblica da parte della Provincia di Trento, al di la' di quanto previsto, in termini esaustivi, dall'art. 79 stesso in relazione al concorso provinciale agli obiettivi di finanza pubblica (v. il punto 2, sottopunto I, del presente ricorso). Inoltre, la norma in questione altera unilateralmente l'assetto dei rapporti finanziari tra Stato e Provincia di Trento, violando il principio dell'accordo che domina tali rapporti e gli artt. 103, 104 e 107 dello Statuto, per i motivi gia' esposti nel punto 2, sottopunto II, del presente ricorso. Ne' tale conclusione potrebbe essere mutata per il fatto che il d.P.C.m. di cui all'ultimo periodo dell'art. 46, comma 6, deve tener conto "del Pil e della popolazione residente", potendo dunque avere anche carattere perequativo. Infatti, l'art. 79 dello Statuto regola anche gli strumenti con cui le Province "concorrono al conseguimento degli obiettivi di perequnione e di solidarieta' e all'esercizio dei diritti e dei doveri dagli stessi derivanti". Dunque, l'art. 46, comma 6, contrasta in particolare con l'art. 79, comma 1, dello Statuto speciale, in quanto, introducendo ulteriori forme di concorso alla finanza pubblica ed una ulteriore intesa per la quantificazione del rispettivo concorso a livello regionale, anche a fini perequativi, non e' compatibile con l'accordo gia' concluso a norma dell'articolo 104 dello Statuto speciale, anche per il concorso al conseguimento degli obiettivi di perequazione ai sensi del predetto comma 1 dell'articolo 79 dello Statuto. Ulteriormente, ed in subordine a quanto ora detto, e' illegittima la previsione di termini decorsi i quali passa direttamente allo Stato il potere di unilaterale decisione degli stessi oggetti rimessi all'intesa. Si tratta infatti di una previsione che rende totalmente virtuale la stessa previsione dell'intesa, e rimette in realta' ogni decisione allo Stato. Ne' tale passaggio di poteri puo' giustificarsi in forza dell'art. 120 Cost., sia per difetto dei relativi presupposti (non essendo affatto in gioco l'unita' giuridica o economica del paese), sia in quanto - come codesta ecc.ma Corte cost. ha sottolineato - lo stesso art. 120 si applica alla ricorrente Provincia solo al di fuori delle materie di garanzia diretta dello Statuto, acquisite in forza del riformato Titolo V (sent. n. 236/2004). E' da sottolineare che, secondo l'ultimo periodo dell'art. 46, comma 6, in mancanza di intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, lo Stato non solo determina gli importi spettanti alle singole regioni ma li assegna anche "ad ambiti di spesa", cosi condizionando in modo ancora piu' grave l'autonomia di spesa della Provincia, in contrasto anche con l'art. 117, comma 3, Cost., in base al quale lo Stato non puo', in sede di coordinamento finanziario, limitare specifiche voci di spesa. Inoltre, la previsione del d.P.C.m. in questione implica una violazione dell'art. 117, comma 6, Cost. e dell'art. 2 d.lgs. n. 266/1992, che precludono l'adozione di atti statali sublegislativi nelle materie di competenza concorrente (come e' il coordinamento della finanza pubblica). Ancora, l'ultimo periodo dell'art. 46, comma 6, viola il principio di leale collaborazione la' dove non prevede che l'adozione del d.P.C.m. avvenga con il coinvolgimento delle Regioni. Si sono sin qui contestate talune delle previsioni dell'art. 46, comma 6, in quanto esse impongono un "contributo alla finanza pubblica" in termini di riduzione di spesa. Tuttavia, la parte finale della disposizione, la' dove fa riferimento alla rideterminazione dei "livelli di finanziamento degli ambiti individuati" e alle "modalita' di acquisizione delle risorse da parte dello Stato", induce a pensare che la disposizione potrebbe intendere tali riduzioni di spesa come trasferimenti di risorse al bilancio dello Stato. In questo caso, la norma sarebbe ulteriormente ed ancor piu' gravemente illegittima per violazione dell'art. 75 dello Statuto, anche in collegamento con l'art. 79, in quanto questo definisce le misure con le quali la Provincia autonoma concorre "agli obiettivi di finanza pubblica" (comma 2), e di tutte le ulteriori disposizioni che assicurano le entrate e l'autonomia finanziaria della ricorrente Provincia. 6) Illegittimita' costituzionale dell'articolo 47, commi 8, 9, 11 e 12. L'art. 47 regola il Concorso delle province, delle citta' metropolitane e dei comuni alla riduzione della spesa pubblica. Per la provincia di Trento, tale disposizione - qualora ritenuta applicabile nonostante la clausola di salvaguardia di cui all'art. 50-bis - rileva solo in relazione ai comuni. Il comma 8 dell'art. 47 dispone che "i comuni, a valere sui risparmi connessi alle misure indicate al comma 9, assicurano un contributo alla finanza pubblica pari a 375,6 milioni di euro per l'anno 2014 e 563,4 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017", e che, "a tal fine, il fondo di solidarieta' comunale, come determinato ai sensi dell'articolo 1, comma 380-ter della legge 24 dicembre 2012, n. 228, e' ridotto di 375,6 milioni di curo per l'anno 2014 e di 563,4 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017". In base al comma 9, "gli importi delle riduzioni di spesa e le conseguenti riduzioni di cui al comma 8 per ciascun comune sono determinati con decreto del Ministro dell'interno da emanare entro il termine del 30 giugno, per l'anno 2014 e del 28 febbraio per gli anni successivi, sulla base dei seguenti criteri: a) per quanto attiene agli interventi di cui all'articolo 8, relativi alla riduzione della spesa per beni e servizi, la riduzione e' operata nella misura complessiva di 360 milioni di euro per il 2014 e di 540 milioni di curo per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017, proporzionalmente alla spesa media, sostenuta nell'ultimo triennio, relativa ai codici SIOPE indicati nella tabella A allegata al presente decreto [...]; b) per quanto attiene agli interventi di cui all'articolo 15, relativi alla riduzione della spesa per autovetture di 1,6 milioni di curo, per l'anno 2014, e di 2,4 milioni di curo per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017, la riduzione e' operata in proporzione al numero di autovetture possedute da ciascun comune comunicato annualmente al Ministero dell'interno dal Dipartimento della Funzione Pubblica; c) per quanto attiene agli interventi di cui all'articolo 14 relativi alla riduzione della spesa per incarichi di consulenza, studio e ricerca e per i contratti di collaborazione coordinata e continuativa, di 14 milioni di curo, per l'anno 2014 e di 21 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017, la riduzione e' operata in proporzione alla spesa comunicata al Ministero dell'interno dal Dipartimento della Funzione Pubblica". Il comma 11 statuisce che, "in caso di incapienza, sulla base dei dati comunicati dal Ministero dell'interno, l'Agenzia delle Entrate provvede al recupero delle predette somme nei confronti dei comuni interessati all'atto del riversamento agli stessi comuni dell'imposta municipale propria di cui all'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201". Le somme "recuperate sono versate ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato ai fini della successiva riassegnazione al pertinente capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'interno". Infine, il comma 12 dispone che "i Comuni possono rimodulare o adottare misure alternative di contenimento della spesa corrente, al fine di conseguire risparmi comunque non inferiori a quelli derivanti dall'applicazione del comma 9". Sembra in primo luogo evidente che, applicando le normali regole di interpretazione, le disposizioni sopra esposte non sono destinate ad applicarsi ai comuni trentini, la cui condizione di specialita', sotto il profilo della regolazione della finanza, deriva dalla gia' illustrata competenza primaria della Provincia, disposta dagli artt. 79, comma 3, 80 e 81 dello Statuto. Tale interpretazione e' poi avvalorata, oltre che dalla clausola di salvaguardia di cui all'art. 50-bis, dal fatto che il Fondo di solidarieta' (che, in base all'art. 47, comma 8, si riduce in modo corrispondente ai risparmi imposti ai comuni) non e' destinato ai comuni della provincia di Trento (v. l'art. 1, comma 382, legge n. 228/2012: "Entro il 28 febbraio 2013 il Ministero dell'interno eroga ai comuni delle Regioni a statuto ordinario ed ai comuni della Regione Siciliana e della Regione Sardegna un importo, a titolo di anticipo su quanto spettante per l'anno 2013 a titolo di Fondo di solidarieta' comunale"). Dunque, i commi 8, 9, 11 e 12 dell'art. 47 sono qui impugnati in via meramente prudenziale, qualora si ritenga che il comma 8, riferendosi genericamente ai "comuni", sia applicabile anche ai comuni trentini. In questo caso, sarebbe chiaro il contrasto tra le norme impugnate e l'art. 79, comma 3, dello Statuto speciale. Infatti, le norme sopra riportate impongono ai comuni di operare una riduzione delle spese la cui entita' e' determinata nel complesso dalla stessa legge, e sara' determinata per i singoli enti locali da un decreto del Ministro dell'interno. L'art. 79, comma 3, St. dispone che, "fermi restando gli obiettivi complessivi di finanza pubblica, spetta alle province stabilire gli obblighi relativi al patto di stabilita' interno e provvedere alle funzioni di coordinamento con riferimento agli enti locali", e che "non si applicano le misure adottate per le regioni e per gli altri enti nel restante territorio nazionale". Dunque, lo Stato non puo' imporre direttamente tagli di spesa ai comuni trentini, perche' l'art. 79 St. riserva il potere di coordinamento finanziario alla Provincia. Inoltre, i commi 8, 9, 11 e 12 dell'art. 47 lederebbero anche la competenza provinciale in materia di finanza locale, prevista dagli artt. 80 e 81 St. (competenza che, per effetto delle modifiche introdotte nell'art. 80 dall'art. 1, comma 518, legge n. 147/2013, ha assunto ora carattere primario). L'art. 80 e' stato attuato dall'art. 17 d.lgs. n. 268/1992, il cui comma 3 dispone che "nel rispetto delle competenze regionali in materia di ordinamento dei comuni, le province disciplinano con legge i criteri per assicurare un equilibrato sviluppo della finanza comunale, ivi compresi i limiti all'assunzione di personale, le modalita' di ricorso all'indebitamento, nonche' le procedure per l'attivita' contrattuale". Sarebbe dunque illegittima la sostituzione della legge statale nell'esercizio di una competenza propria del legislatore provinciale. In definitiva, la Provincia e' competente sia per la disciplina del patto di stabilita' dei rispettivi enti locali sia per le forme di finanziamento dei medesimi, ragion per cui sarebbe chiaramente lesiva una disciplina che mira ad imporre una riduzione delle spese comunali e, in alternativa ("in caso di incapienza"), prevede che l'Agenzia delle Entrate provveda "al recupero delle predette somme nei confronti dei comuni interessati all'atto del riversamento agli stessi comuni dell'imposta municipale propria" di cui all'art. 13 d.l. n. 201/2011 (art. 47, comma 11). Quest'ultima norma risulterebbe, in particolare, illegittima per le ragioni gia' esposte con riferimento all'art. 22, comma 2, che pure devolve allo Stato una parte del gettito Imu. Inoltre, i commi 9 e 11, in quanto attribuiscono a organi statali funzioni che si sovrapporrebbero con le competenze degli organi provinciali, sarebbero altresi' in contrasto con l'articolo 4 d.lgs. n. 266/1992, poiche' quest'ultimo, nelle materie di competenza delle Province autonome, riserva ad esse ed ai rispettivi organi l'esercizio delle correlative funzioni amministrative. In via ulteriormente subordinata, sempre per l'inopinata ipotesi che la disposizione risultasse applicabile anche ai comuni della ricorrente Provincia, sarebbe inoltre illegittima la disposizione di cui al comma 9, secondo la quale "gli importi delle riduzioni di spesa e le conseguenti riduzioni di cui al comma 8 per ciascun comune sono determinati con decreto del Ministro dell'interno", nei termini temporali e secondo i criteri descritti dalla stessa disposizione, sopra citata. Infatti, posto in via principale che nessun ulteriore contributo puo' essere richiesto al di fuori delle descritte procedure di cui all'art. 79 dello Statuto, quand'anche in denegata ipotesi fossero dovuti ulteriori contributi a favore dello Stato da parte dei comuni del territorio trentino, il compito di ripartire tra i singoli comuni il relativo onere spetterebbe comunque alle Province autonome ed ai rispettivi organi, sulla base della competenza in materia di finanza locale di cui agli artt. 79, comma 3, 80 e 81 dello Statuto, nonche' delle regole in tema di rapporti tra fonti provinciali e fonti statali poste dall'art. 2 d.lgs. n. 266 del 1992 (compresa l'esclusione di fonti secondarie statali) e delle regole concernenti il divieto di attribuzione di poteri amministrativi ad organi statali poste dall'art. 4 dello stesso decreto. 7) Illegittimita' costituzionale dell'art. 50, comma 10. L'art. 50, intitolato Disposizioni «finanziarie, regola tra l'altro la copertura finanziaria delle spese disposte dal d.l. n. 66 del 2014. In particolare, il comma 10 dispone che "agli oneri derivanti dagli articoli 1, 2, 4, comma 11, 5, 9, comma 9, 16, commi 6 e 7, 27, comma 1, 31, 32, 35, 36, 45, 48, comma 1, e dal comma 6 del presente articolo, ad esclusione degli oneri cui si provvede ai sensi del comma 9 del presente articolo, pari a 6.563,2 milioni di curo per l'anno 2014, a 6.184,7 milioni di euro per l'anno 2015, a 7.062,8 milioni di euro per l'anno 2016, a 6.214 milioni di euro per l'anno 2017 e a 4.069 a decorrere dall'anno 2018, che aumentano a 7.600,839 milioni di euro per l'anno 2014, a 6.229,8 milioni di euro per l'anno 2015, a 6.236 milioni di curo per l'anno 2017 e a 4.138,7 milioni di euro a decorrere dall'anno 2018 ai «fini della compensazione degli effetti in termini di fabbisogno ed indebitamento netto, si provvede mediante utilizzo delle maggiori entrate e dalle minori spese derivanti dal presente provvedimento" (enfasi aggiunta). Che dall'applicazione del d.l. n. 66 del 2014 derivino, anche per la ricorrente Provincia (e per i comuni e gli altri enti facente parte del sistema della finanza provinciale), maggiori entrate e minori spese non e' contestabile. Quanto alle maggiori entrate, in particolare, cio' deriva dal fatto che per Statuto e' devoluta alla Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol e alle province autonome di Trento e di Bolzano una quota del gettito derivante dalle entrate tributarie erariali percette nei rispettivi territori nella proporzione definita dal medesimo Statuto speciale (articolo 75 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670). In termini esemplificativi, derivano alla ricorrente Provincia maggiori entrate da: 1) l'incremento delle imposte sui redditi di cui al d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, introdotto dall'articolo 3 (Disposizioni in materia di redditi di natura finanziaria); 2) l'incremento per l'anno 2014 dell'aliquota dell'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi applicata ai fondi pensione prevista dall'articolo 17, comma 1, del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252 (Disciplina delle forme pensionistiche complementari), elevata per l'anno 2014 dall'articolo 4, comma 6-ter (Disposizioni di coordinamento e modifiche alla legge 27 dicembre 2013, n. 147); 3) l'incremento del prelievo fiscale sui prodotti da fumo (a decorrere dal l ° agosto 2014) previsto dal comma 3 dell'articolo 14 del decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, e confermato dall'articolo 5 (Modifiche all'articolo 14 del decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, e all'articolo 10 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23); 4) le maggiori entrate derivanti dall'attivita' di contrasto all'evasione fiscale previste dall'articolo 7 (Destinazione dei proventi della lotta all'evasione fiscale), nei termini illustrati dal presente ricorso; 5) le maggiori entrate per imposta sul valore aggiunto derivanti dalle misure previste dal titolo III (Pagamento dei debiti delle Pubbliche amministrazioni) del decreto-legge in esame, o dall'aumento delle accise risultante dal comma 11 dell'articolo 50 (Disposizioni finanziarie) al fine di raggiungere l'obiettivo di maggior gettito pari a 650 milioni di euro per l'anno 2014; 6) le maggiori entrate, per l'importo complessivo annuo non inferiore a 350 milioni di euro dal 2014, previste dalla disposizione del decreto-legge che innova la disciplina sull'esenzione dall'IMQ per terreni agricoli (sopra descritto articolo 22, comma 2, che sostituisce il comma 5-bis dell'articolo 4 del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16). Ugualmente, dalle limitazioni poste dal d.l. 66/2014 derivano minori spese. Rilevano qui, in particolare, le limitazioni derivanti dagli articoli 8, 14 e 15, sui cui profili di illegittimita' costituzionale ci si e' soffermati nei precedenti punti del presente ricorso. In questo quadro, la Provincia autonoma di Trento ritiene, in via principale, che la disposizione di cui all'art. 50, comma 10, nella parte in cui stabilisce che "ai fini della compensazione degli effetti in termini di fabbisogno ed indebitamento netto, si provvede mediante utilizzo delle maggiori entrate e dalle minori spese derivanti dal presente provvedimento", vada intesa nel senso che essa si riferisca alle maggiori entrate che naturalmente, secondo le regole ordinarie del sistema, siano destinate ad affluire al bilancio dello Stato, e corrispondentemente alle minori spese che secondo le regole ordinarie del sistema istituzionale siano destinate a tradursi in risparmi per il bilancio dello Stato. In altre parole, alla ricorrente Provincia sembra chiaro che, ove le singole e specifiche disposizioni del decreto-legge determinino incrementi di entrate fiscali, a tali entrate vada comunque applicato l'articolo 75 dello Statuto, il quale riserva alla Regione e Province autonome di Trento e di Bolzano la pertinente quota del gettito derivante dalle entrate tributarie erariali percette nei rispettivi territori. Diversamente potrebbe dirsi solo per effetto di non meno specifiche riserve all'erario operate dalle medesime disposizioni, in presenta dei presupposti previsti dallo stesso Statuto e dalle relative norme di attuazione, sopra piu' volte ricordate. Ugualmente, eventuali risparmi di spesa cui la Provincia fosse tenuta sulla base di legittime norme statali non potrebbero che rimanere assegnate, in ogni modo, al bilancio provinciale, come parte delle entrate spettanti alla Provincia, in attesa di poter essere spese una volta venuti meno i vincoli di coordinamento finanziario. Tutto cio', si badi bene, in forza delle ordinarie regole interpretative, che vietano di intendere norme generali, di livello legislativo ordinario, come rivolte a contraddire norme speciali, per giunta dotate di superiore forza normativa, come le disposizioni dello Statuto di autonomia. Allo stesso risultato, del resto, si perviene applicando il canone dell'interpretazione costituzionalmente conforme. In ogni modo, e' fuor di dubbio che tale interpretazione e' ulteriormente rafforzata dalla clausola di salvaguardia di cui all'art. 50-bis, in forza della quale "le disposizioni del presente decreto si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano secondo le procedure previste dai rispettivi statuti e dalle relative norme di attuazione". La presente impugnazione e' dunque formulata in via meramente cautelativa, per l'ipotesi che il comma 10 dell'articolo 50, nonostante quanto sopra considerato, dovesse intendersi come diretto a riservare allo Stato entrate che secondo lo Statuto spettano alle province autonome, ed in particolare le maggiori entrate e i risparmi di spesa derivanti dalle disposizioni sopra riportate. Sarebbe infatti violato, in questo caso, in primo luogo l'articolo 75 dello Statuto speciale e la normativa di attuazione statutaria contenuta nel decreto legislativo n. 268 del 1992, che regolano in modo puntuale le entrate spettanti alle Province autonome e tassativamente le ipotesi di riserva all'erario di nuove o maggiori entrate di natura tributaria. Sotto tale specifico profilo, in particolare, la norma in contestazione apparirebbe evidentemente priva dei necessari requisiti della delimitazione temporale e della separata contabilizzazione nel bilancio statale, tale da consentirne la quantificazione: oltre che, in generale, del requisito della destinazione a nuove specifiche spese di carattere non continuativo che non rientrano nelle materie di competenza della regione o delle province, come richiesto in particolare dall'art. 9 del citato decreto. Sarebbero violati inoltre gli articoli 79, 103, 104 e 107 dello Statuto, per le stesse ragioni gia' esposte al punto 2. Per quanto riguarda le maggiori entrate o minori spese dei comuni e comunque degli enti facenti parte della finanza provinciale sarebbero violati altresi' gli articoli 79, comma 3, 80 e 81 dello Statuto, nei termini pure sopra illustrati al punto 2.
P.Q.M. La Provincia autonoma di Trento, come sopra rappresentata e difesa, chiede: voglia codesta Corte costituzionale dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'articolo 7, comma 1; dell'articolo 8, commi 4, 6, 7, e 10; dell'articolo 14, commi 1, 2 e 4-ter; dell'articolo 22, comma 2; dell'articolo 46, commi 1, 2, 3 e 6; dell'articolo 47, commi 8, 9, 11 e 12; dell'articolo 50, comma 10, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, recante "Misure urgenti per la competitivita' e la giustizia sociale. Deleghe al Governo per il completamento della revisione della struttura del bilancio dello Stato, per il riordino della disciplina per la gestione del bilancio e il potenziamento della funzione del bilancio di cassa, nonche' per l'adozione di un testo unico in materia di contabilita' di Stato e di tesoreria", convertito, con modificazioni, nella legge 23 giugno 2014, n. 89, nelle parti, nei termini e sotto i profili esposti nel presente ricorso. Prof. avv. Giandomenico Falcon - Avv. Nicolo' Pedrazzoli - Avv. Luigi Manzi