N. 186 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 giugno 2014

Ordinanza del 16 giugno 2014 emessa dal Collegio  arbitrale  di  Roma
nell'arbitrato in corso tra Seriana  2000  Soc.  cooperativa  sociale
ONLUS contro AUSL Roma E. 
 
 Arbitrato - Disposizioni per la prevenzione e la  repressione  della
  corruzione e dell'illegalita' - Controversia su diritti soggettivi,
  derivanti dall'esecuzione dei contratti pubblici relativi a lavori,
  servizi, forniture, concorsi di progettazione e di  idee,  comprese
  quelle conseguenti al mancato raggiungimento  dell'accordo  bonario
  previsto  dall'art.  240  -  Previsione   della   possibilita'   di
  deferimento  ad  arbitri  solo   previa   autorizzazione   motivata
  dell'organo di governo della pubblica amministrazione - Previsione,
  altresi', che l'inclusione  della  clausola  compromissoria,  senza
  preventiva autorizzazione,  nel  bando  o  nell'avviso  in  cui  e'
  indetta la gara ovvero, per le procedure senza bando,  nell'invito,
  ovvero il ricorso all'arbitrato, senza  preventiva  autorizzazione,
  sono  nulli  -  Violazione  del  principio   di   uguaglianza   per
  l'ingiustificata disparita' di trattamento rispetto alla disciplina
  degli arbitrati risultanti dal codice di procedura civile - Lesione
  del diritto di  azione  e  difesa  in  giudizio  -  Violazione  del
  principio del giudice naturale - Lesione del principio di  liberta'
  di iniziativa economica e privata - Lesione dei principi del giusto
  processo  -  Violazione  dei  principi  di  buon  andamento  e   di
  imparzialita' della pubblica amministrazione. 
- Decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, art. 241, comma 1, come
  modificato dall'art. 1, comma 19, della legge 6 novembre  2012,  n.
  190. 
- Costituzione, artt. 3, 24, 25, 41, 97, 102 e 111. 
Arbitrato - Disposizioni per la prevenzione e  la  repressione  della
  corruzione e dell'illegalita' - Controversia su diritti soggettivi,
  derivanti dall'esecuzione dei contratti pubblici relativi a lavori,
  servizi, forniture, concorsi di progettazione e di  idee,  comprese
  quelle conseguenti al mancato raggiungimento  dell'accordo  bonario
  previsto  dall'art.  240  -  Previsione   della   possibilita'   di
  deferimento  ad  arbitri  solo   previa   autorizzazione   motivata
  dell'organo di governo della pubblica amministrazione - Previsione,
  altresi', che l'inclusione  della  clausola  compromissoria,  senza
  preventiva autorizzazione,  nel  bando  o  nell'avviso  in  cui  e'
  indetta la gara ovvero, per le procedure senza bando,  nell'invito,
  ovvero il ricorso all'arbitrato, senza  preventiva  autorizzazione,
  sono nulli - Prevista non applicabilita' di dette disposizioni agli
  arbitrati conferiti o  autorizzati  prima  dell'entrata  in  vigore
  della legge censurata - Conseguente applicabilita' retroattiva alle
  clausole compromissorie  stabilite  prima  dell'entrata  in  vigore
  della norma censurata - Violazione del principio di uguaglianza per
  l'ingiustificata disparita' di trattamento rispetto alla disciplina
  degli arbitrati risultanti dal codice di procedura civile - Lesione
  del diritto di  azione  e  difesa  in  giudizio  -  Violazione  del
  principio del giudice naturale - Lesione del principio di  liberta'
  di iniziativa economica e privata - Lesione dei principi del giusto
  processo. 
- Legge 6 novembre 2012, n. 190, art. 1, comma 25. 
- Costituzione, artt. 3, 24, 25, 41, 108 e 111. 
(GU n.45 del 29-10-2014 )
Ordinanza ex art. 819-bis C.P.C. 
 
                        IL COLLEGIO ARBITRALE 
 
    Composto da: 
    prof. avv. Alberto Zito, Presidente 
    prof. avv. Angelo Clarizia, Arbitro 
    prof. avv. Angelo Tuzza, Arbitro 
    costituito per la risoluzione della controversia insorta 
 
                                 TRA 
 
    Seriana 2000 Societa' Cooperativa Sociale Onlus, in  persona  del
Presidente  e  legale  rappresentante  p.t.  sig.  Giancarlo  Opizzi,
rappresentato e difeso dall'Avv. Giuseppe Mazzini; 
 
                                  E 
 
    AUSL Roma E, in persona del legale  rappresentante  pro  tempore,
rappresentato e difeso dall'Avv. Prof. Francesco Castiello 
 
                            in dipendenza 
 
    della controversia insorta in ordine ai due  contratti  d'appalto
del 27 marzo 2007, con i quali l'AUSL Roma E affidava a Seriana  2000
l'espletamento dei servizi  di  assistenza  ai  disabili  adulti,  ad
integrazione del personale dipendente, necessari  alla  realizzazione
di  centri  sperimentali  di  riabilitazione  integrata  a  carattere
semiresidenziale,  a  favore  di  utenti  disabili   e   affetti   da
disabilita' stabilizzata a patologia complessa per soggetti residenti
nel territorio della AUSL Roma E 
 
                                FATTO 
 
    Nel corso dell'esecuzione dei  contratti  d'appalto  tra  Seriana
2000 Societa' Cooperativa Onlus e l'AUSL Roma E, sorgeva controversia
tra le parti. 
    La Seriana 2000, con atto del 13 maggio 2013,  proponeva  domanda
di  arbitrato,  dichiarando  di  volersi  avvalere   della   clausola
arbitrale prevista dall'art. 37 del Capitolato d'Oneri per  il  lotto
1, di cui riportava nel predetto atto il contenuto:  «La  risoluzione
di eventuali controversie che dovessero  insorgere  nell'applicazione
della convenzione sara' demandata ad un collegio  arbitrale  composto
da un rappresentante per ciascuna delle parti e da un  rappresentante
scelto di comune accordo». 
    Nella domanda di arbitrato  Seriana  2000  formulava  i  seguenti
quesiti: 
        «1) accertare e dichiarare il diritto di  Seriana  2000  Soc.
Coop. Sociale Onlus, per i titoli giuridici - compresi quelli legali,
contrattuali ed extracontrattuali dedotti in premessa - al  pagamento
da parte di AUSL Roma E, in persona del suo legale rappresentante pro
tempore, in suo  favore  dell'importo  di  € 1.105.634,95,  oltre  ad
interessi  legali  ovvero  commerciali  ex  decreto  legislativo   n.
231/2002 qualora piu' favorevoli, a titolo  di  adeguamenti  ISTAT  e
rinnovi del CCNL cooperative sociali incidenti sui prezzi determinati
nei rapporti  obbligatori  di  cui  in  premessa  intercorsi  tra  la
predetta e l'AUSL Roma E, ovvero a quel diverso importo e titolo  che
risulteranno   dovuti,   compresa   la   perdita   di   chance,    e,
conseguentemente; 2) condannare l'AUSL Roma E,  in  persona  del  suo
legale rappresentante pro tempore, al pagamento a favore  di  Seriana
2000 Soc. Coop. Soc. Onlus dell'importo di € 1.105.634,95,  oltre  ad
interessi  legali  ovvero  commerciali  ex  decreto  legislativo   n.
231/2002 qualora piu' favorevoli, a titolo  di  adeguamenti  ISTAT  e
rinnovi del CCNL cooperative sociali incidenti sui prezzi determinati
nei rapporti  obbligatori  di  cui  in  premessa  intercorsi  tra  la
predetta e l'AUSL Roma E, ovvero a quei diversi importi  e  per  quei
diversi  titoli   -   compresi   quelli   legali,   contrattuali   ed
extracontrattuali dedotti in premessa, compresa la perdita di  chance
- che risulteranno dovuti;  3)  con  vittoria  di  spese  e  compensi
professionali oltre IVA e CPA come per legge». 
    Nella domanda di arbitrato Seriana  2000  provvedeva  a  nominare
quale arbitro il prof. avv. Daniele Senzani. 
    L'AUSL Roma E, con Deliberazione del Direttore  Generale  dell'11
giugno 2013, prot. n. 293,  nominava  quale  arbitro  il  prof.  avv.
Angelo Tuzza. 
    Successivamente i due arbitri designavano, quale  Presidente  del
Collegio Arbitrale, il prof. avv. Alberto Zito. 
    Il difensore di  Seriana,  avv.  Giuseppe  Mazzini,  in  data  23
gennaio 2014 comunicava che con lettera A/R del 20 dicembre 2013, era
intervenuta la  revoca  dell'arbitro  Prof.  Daniele  Senzani.  Nella
stessa nota comunicava altresi' che, in  data  14  gennaio  2014,  il
prof. avv. Angelo Clarizia era stato designato quale nuovo arbitro. 
    In data 10  marzo  2014,  pertanto  si  e'  riunito  il  Collegio
Arbitrale per la definizione della procedura  arbitrale  attivata  da
Seriana 2000. 
    Nella stessa seduta il Collegio arbitrale ha ritenuto  necessario
acquisire   motivata   conferma   dell'autorizzazione   al    ricorso
all'arbitrato da parte dell'AUSL Roma E. 
    Con nota del 18 marzo 2014,  l'AUSL  Roma  E  comunicava  di  non
ritenere di aderire all'arbitrato nell'ottica  del  contenimento  dei
costi derivante da tale tipologia di contenzioso. 
    Alla successiva udienza del 19 marzo 2014, veniva  richiesta,  da
parte di Seriana 2000, la concessione  di  un  termine  per  produrre
memoria in relazione alla nota dell'AUSL Roma E. 
    E' stato percio' concesso  un  termine  alle  parti  al  fine  di
produrre scritti difensivi. 
    Con la presentazione della  memoria  nel  termine  assegnato,  la
parte attrice ha quindi insistito affinche' il  giudizio  proseguisse
ugualmente, eccependo l'incostituzionalita' sotto molteplici  profili
dell'art. 241, comma 1, del decreto  legislativo  n.  163/2006,  come
modificato a seguito della legge 6 novembre 2012 n. 190  (c.d.  legge
anticorruzione). 
    Vista la domanda di arbitrato; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti di causa. 
    Ricevuti ed esaminati gli scritti delle parti, il Collegio, nella
Camera  di  Consiglio  del  23   maggio   2014,   dopo   approfondita
valutazione, ha deliberato la seguente ordinanza. 
 
                               Diritto 
 
    1. Il collegio ritiene rilevante e non  manifestamente  infondata
la questione di costituzionalita' dell'art. 1, comma 19 e  comma  25,
della legge n. 190/2012. 
    In proposito occorre ricordare in via preliminare che l'art. 241,
comma 1, del decreto legislativo n. 163/2006, nella sua  formulazione
in vigore dal 28 novembre 2012 (ai sensi dell'art. 1, comma 19, della
legge 6 novembre 2012 n. 190, c.d. legge anticorruzione),  stabilisce
che «Le controversie su diritti soggettivi, derivanti dall'esecuzione
dei    contratti    pubblici    relativi    a    lavori,     servizi,
forniture, concorsi di  progettazione  e  di  idee,  comprese  quelle
conseguenti al mancato raggiungimento dell'accordo  bonario  previsto
dall'articolo  240,  possono  essere  deferite  ad  arbitri,   previa
autorizzazione   motivata   da   parte   dell'organo    di    governo
dell'amministrazione.  L'inclusione  della  clausola  compromissoria,
senza preventiva autorizzazione, nel bando o nell'avviso con  cui  e'
indetta la gara ovvero, per le procedure senza bando, nell'invito,  o
il  ricorso  all'arbitrato,  senza  preventiva  autorizzazione,  sono
nulli». 
    L'art. 1, comma 25, della legge n. 190/2012 stabilisce,  ai  fini
della disciplina transitoria, che «Le disposizioni di cui ai commi da
19 a 24 non si applicano agli arbitrati conferiti o autorizzati prima
della data di entrata in vigore della presente legge». 
    L'Arbitrato in esame  e'  stato  «conferito»  dopo  l'entrata  in
vigore della legge n. 190/2012, atteso che  gli  arbitri  sono  stati
nominati nel 2013 e che non e' intervenuta nessuna autorizzazione  da
parte della AUSL Roma E prima dell'entrata in vigore  della  predetta
legge, ne' poteva ragionevolmente intervenire essendo  tale  istituto
previsto dalla stessa legge n. 190/2012. Tuttavia  tale  conferimento
e' avvenuto per effetto di una clausola arbitrale pattuita. 
    Ebbene  l'art.  1,  comma  19  e  25  della  legge  n.  190/2012,
determinando  la  confluenza  dell'arbitrato  de  qua  nel  campo  di
applicazione della nuova disciplina e dunque rendendo inefficaci  con
effetto retroattivo pattuizioni assunte prima dell'entrata in  vigore
della legge stessa ovvero rimettendo alla parte pubblica il potere di
decidere  in  ordine  all'azionabilita'  della  clausola   arbitrale,
suscita dubbi di legittimita' costituzionale. 
    La questione di costituzionalita' e' dunque  rilevante  assumendo
rilievo pregiudiziale rispetto alla definizione nel merito della lite
insorta tra le parti, in quanto riguarda l'ammissibilita' del ricorso
all'arbitrato ed in ragione dell'intervenuto diniego  all'attivazione
del giudizio arbitrale da parte della AUSL Roma E. 
    2. Per effetto della disposizione di cui all'art.  1,  comma  25,
della  legge  n.  190/2012  l'obbligo  di   autorizzazione   motivata
all'arbitrato previsto dall'art. 241, comma 1, decreto legislativo n.
163/2006  trova  applicazione   anche   in   relazione   a   clausole
compromissorie antecedenti all'entrata  in  vigore  della  richiamata
legge n. 190/2012, come nel  caso  di  specie  (laddove  la  clausola
compromissoria risulta prevista dal Capitolato  d'Oneri  sottoscritto
nel 2007 e l'arbitrato conferito nel 2013). 
    In tal modo pero' la  normativa  di  cui  sopra  produce  effetti
retroattivi lesivi dei diritti e delle liberta' garantite dagli artt.
24, 41 e 108 Cost. e comunque dagli artt. 3, 25 e 111 Cost. 
    Ai sensi della novellata disciplina, ed in particolare  ai  sensi
dell'art. 1, comma 25, nell'ambito di una  controversia  si  consente
alla parte pubblica di porre nel nulla  una  clausola  compromissoria
per  effetto  di  una   disposizione   sopravvenuta,   che   travolge
l'efficacia e la vincolativita' di un patto spontaneamente  stipulato
tra le parti o a cui, comunque, la parte privata ha dato adesione. 
    Il legislatore ha quindi disatteso il principio della certezza  e
stabilita' del diritto e dell'ordinamento giuridico,  che  impone  di
non introdurre disposizioni che operino retroattivamente su  clausole
contrattuali  esistenti,  ledendo  principi  e   diritti   di   rango
costituzionale (in particolare la liberta' di iniziativa economica  e
l'autonomia negoziale e di impresa ex art. 41 Cost). 
    Il principio dell'irretroattivita' della legge non permette  alla
legge nuova di produrre effetti, oltre  che  sui  rapporti  giuridici
esauriti prima della sua entrata in vigore,  anche  su  quelli  sorti
anteriormente ed ancora in essere se, in tal modo, si rendono nulli o
comunque inefficaci atti giuridici che gia' sono stati legittimamente
adottati. 
    Come  costantemente  affermato  dalla  Corte  Costituzionale  (ex
multis Corte Cost. n.  229/1999),  l'applicazione  retroattiva  della
norma, che restringa diritti costituzionalmente tutelati, puo' essere
giustificata solo  in  ipotesi  eccezionali,  in  quei  casi  in  cui
sussistano interessi aventi parimenti rilevanza costituzionale  ed  a
condizione che vi sia un'adeguata  giustificazione  sul  piano  della
ragionevolezza (cfr. ex multis Corte Cost. n. 229/1999). 
    Nel caso di  specie  non  si  riscontrano  esigenze  che  possano
ragionevolmente  giustificare,  nell'ottica  del  bilanciamento,   la
decisione  del  legislatore  di  privare   di   efficacia,   in   via
retroattiva, le clausole compromissorie. 
    Infatti, se da un lato la facolta' delle parti  di  stipulare  un
patto  negoziale  per  adire  il  giudice  arbitrale  per  le  future
controversie e' riconosciuta e tutelata dagli  artt.  24,  41  e  108
Cost., dall'altro lato la  decisione  del  legislatore  di  estendere
l'obbligo  di  autorizzazione  motivata  all'arbitrato  ai   rapporti
scaturiti  da  clausole  compromissorie  antecedenti  alla  legge  n.
190/2012 non risulta giustificata da  un  contrapposto  interesse  di
rilevanza costituzionale di pari peso. 
    Ed invero, se in ragione dell'inserimento della norma  contestata
nella c.d. legge anticorruzione si deve intendere che la ratio  legis
si incentri nell'esigenza di prevenire la corruzione nella P.A.,  non
puo'  non  sottolinearsi  la  perplessita'   di   tale   impostazione
soprattutto se rapportata all'attribuzione, in via retroattiva, di un
diritto potestativo della Pubblica Amministrazione,  in  ordine  alla
procedibilita' o meno di' una azione giudiziaria. 
    In definitiva, la subordinazione dell'arbitrato,  attivato  sulla
base di una clausola compromissoria stipulata ante legge n. 190/2012,
ad un meccanismo di autorizzazione rimesso alla  parte  pubblica  non
sembra pertinente rispetto alla finalita' di prevenire la  corruzione
(ne'  d'altronde  dai  lavori  preparatori  della   legge   e'   dato
riscontrare alcuna giustificazione in tal senso), a  meno  di  volere
attribuire un disvalore sociale direttamente connesso dalla legge  n.
190/2012  ad  un  istituto   tutelato   a   livello   comunitario   e
costituzionale, a mente degli artt. 24, 41, 108 e 111 Cost. 
    Una tale assunzione in termini di disvalore non risulta  peraltro
costituzionalmente corretta  proprio  alla  luce  delle  disposizioni
teste' richiamate. 
    In aggiunta si deve considerare come, nell'ambito della giustizia
arbitrale sui contratti pubblici,  la  prevenzione  della  corruzione
della P.A.  sia  una  finalita'  che  riguarda  appunto  la  Pubblica
Amministrazione, la quale, nelle controversie arbitrali, non  e'  che
una delle due parti del rapporto controverso. 
    La prevenzione della corruzione della  P.A.  rappresenta  quindi,
anche a tutto voler concedere, un interesse della parte pubblica  che
in alcun modo puo' assurgere ad un interesse idoneo ad  incidere,  in
via retroattiva e tramite riconoscimento di  un  diritto  potestativo
della P.A., sul principio di parita' delle parti ex art. 111 Cost.  e
sulla autonomia negoziale ex art. 41 Cost. 
    2.1. Il Collegio dubita che la norma di cui all'art. 1, comma 25,
legge n. 190/2012 sia conforme agli artt. 3, 24, 25, 41 e  111  Cost.
anche sotto altro profilo. 
    Nello specifico la norma, nella misura in cui  ricollega  effetti
giuridici sfavorevoli (in termini di  condizioni  piu'  rigorose  per
l'accesso alla giustizia arbitrale, subordinate all'esercizio  di  un
diritto  potestativo  della.  P.A.,  sub  specie  di   autorizzazione
motivata) a  clausole  compromissorie  stipulate  e/o  accettate  nel
periodo antecedente all'entrata in vigore della legge anticorruzione,
lede   l'affidamento   di   quanti    abbiano    volontariamente    e
consapevolmente stipulato le suddette  clausole  contrattuali,  senza
poter prevedere che  sarebbero  scaturite  conseguenze  negative  sul
piano   dell'accesso   alla   giustizia,   con   cio'    affievolendo
irragionevolmente  la  certezza  nella  stabilita'  del   diritto   e
dell'ordinamento giuridico. 
    Infatti in detti casi  il  giudice  naturale  ex  art.  25  Cost.
risulta gia' individuato, seppur in via negoziale,  con  la  clausola
compromissoria, per  effetto  dell'esercizio  dell'autonomia  privata
delle parti ex art. 41 Cost. 
    In siffatto contesto  l'applicazione  in  via  retroattiva  della
norma sull'autorizzazione  all'arbitrato,  in  relazione  a  clausole
arbitrali gia' previste (e quindi  con  un  giudice  «naturale»  gia'
individuato,)  pone  un'ulteriore   limitazione   all'esercizio   del
diritto, distogliendo quindi le parti dal  giudice  precostituito  in
via negoziale e/o rendendo comunque piu' difficoltoso l'accesso  alla
giurisdizione arbitrale, in violazione degli artt. 24, 25 e 111 Cost. 
    2.2. A sua volta l'art. 241,  comma  1,  decreto  legislativo  n.
163/2006, come modificato dall'art. 1 comma  19,  legge  n.  190/2012
risulta in contrasto con gli artt. 3, 24,  25,  41,  102,  111  Cost.
sotto ulteriori profili. 
    2.2.1.   La   norma   censurata   appare   infatti   di    dubbia
costituzionalita' in quanto determina un assetto in contrasto con gli
artt. 3 e 111 della Cost., nella parte in cui sanciscono  i  principi
di parita' delle parti nel processo. 
    La disciplina dell'autorizzazione all'arbitrato ha determinato un
sistema  che,  anziche'   garantire   la   parita'   delle   armi   e
l'indipendenza degli arbitri, riconosce un privilegio processuale per
la Pubblica Amministrazione, che assume un  vero  e  proprio  diritto
potestativo  in  merito  alla  instaurazione  o  meno  del   giudizio
arbitrale. 
    In questo modo all'arbitrato in  materia  di  contratti  pubblici
viene dato un assetto  tendente  a  favorire  solo  una  parte  della
controversia, realizzando uno sbilanciamento  a  favore  della  parte
pubblica, in senso analogo a  quello  sbilanciamento  gia'  censurato
dalla Consulta nella sentenza n. 186/2013  (con  la  quale  e'  stata
dichiarata l'illegittimita' costituzionale  dell'art.  1,  comma  51,
della legge 13 dicembre 2010, n. 220). 
    D'altronde, come sottolineato dalla Consulta  nella  sentenza  n.
376 del 2001, l'arbitrato costituisce  un  procedimento  assoggettato
alle garanzie di contraddittorio e  di  imparzialita'  tipiche  della
giurisdizione civile ordinaria, ed e'  proprio  sulla  base  di  tale
principio che e' stato riconosciuto ai collegi arbitrali il potere di
sollevare le questioni di costituzionalita'. 
    Ne' d'altronde possono porsi dubbi sulla  natura  giurisdizionale
dell'arbitrato,   considerata   la   giurisprudenza    della    Corte
Costituzionale e della Corte di Cassazione  (cfr.  di  recente  anche
Cass. SS.UU. n. 24153/2013). 
    Riconoscere ad una sola delle parti il potere  di  autorizzazione
postuma all'arbitrato significa quindi attribuire ad una delle  parti
del contenzioso, come gia' evidenziato,  un  diritto  potestativo  in
ordine all'accesso alla giustizia, con contemporaneo degradamento  in
posizione di soggezione dell'altra parte del rapporto, in  violazione
dell'art. 3 Cost., nonche' dell'art. 111 Cost. 
    Con l'ulteriore conseguenza che la disciplina in  esame  viene  a
prefigurare una situazione di «asimmetria giurisdizionale» che non ha
precedenti  nell'ordinamento  e  che  contrasta  con  i  gia'  citati
parametri costituzionali. 
    2.2.2 Il Collegio rileva inoltre il contrasto con l'art. 3  della
Costituzione  anche  in  ragione  dell'ingiustificata  disparita'  di
trattamento rispetto alla disciplina degli arbitrati  risultante  dal
codice di procedura civile. 
    Non  sembra   infatti   potersi   enucleare   alcuna   differenza
sostanziale tra gli arbitrati in materia di contratti pubblici e  gli
arbitrati regolati dal c.p.c.; anche relativi a  contratti  d'appalto
c.d. privati; sicche' la  scelta  del  legislatore  di  differenziare
nettamente  la  rispettiva  disciplina,  prevedendo  una   condizione
d'accesso all'arbitrato, peraltro rimessa alla decisione di una  sola
delle parti del contratto pubblico, e' di per  se'  ingiustificata  e
irrazionale. 
    Da  un  lato  infatti  non  si  riscontrano  nella   legge   c.d.
anticorruzione ragioni per giustificare la disparita' di  trattamento
tra gli arbitrati nelle controversie regolate dall'art. 241,  decreto
legislativo  n.   163/2006,   rispetto   agli   arbitrati   ordinari,
considerata l'equiparazione dei giudizi arbitrali in materia di opere
pubbliche ai giudizi civili (cfr. ex  multis  Corte  Cost.  376/2001;
Corte Cost. 223/2013),  l'identita'  dei  poteri  esercitabili  e  le
sanzioni  tipiche  previste  dall'ordinamento   per   combattere   la
corruzione. 
    Nel contempo  e'  pacifico  che  nessuna  norma  puo'  introdurre
diversificati regimi di accesso alla giurisdizione,  a  meno  che  la
disparita' di trattamento sia giustificata dall'esigenza di  tutelare
altri principi costituzionali di pari grado. 
    Ma  nella  norma  in  esame  non  si  riscontra  alcun  principio
costituzionale da tutelare, come gia' evidenziato, con la conseguenza
che  la  disciplina  introdotta,   laddove   subordina   il   ricorso
all'arbitrato all'autorizzazione motivata  degli  organi  di  governo
della P.A., non puo' giustificare  ne'  la  limitazione  dei  privati
all'accesso alla giustizia secondo modalita' determinate da  clausole
negoziali precedentemente e  consapevolmente  stipulate  da  ambo  le
parti,   ne'   tantomeno   la   frustrazione   di   altri    principi
costituzionalmente tutelati, quali quelli previsti dagli artt.  24  e
111 Cost. 
    Di  conseguenza  la  norma  de  qua,  nel  regolare  in   termini
radicalmente divergenti situazioni  di  accesso  alla  giustizia  nel
settore  dei  contratti  pubblici   rispetto   agli   altri   settori
dell'ordinamento, determina una evidente  disparita'  di  trattamento
che si pone in aperto contrasto con l'art. 3 Cost. 
    D'altro canto tale disparita' di  trattamento  e'  immediatamente
percepibile anche riguardo alla differenza tra la disciplina speciale
in  materia  di  contratti  pubblici  e   la   disciplina   ordinaria
sull'accesso alla giustizia arbitrale. 
    Mentre nella disciplina prevista dal c.p.c.  l'eventuale  rifiuto
di una delle parti di aderire all'arbitrato  (in  violazione  di  una
specifica clausola compromissoria) non determina la nullita' del lodo
ex art. 829 c.p.c. (anzi,  un'eventuale  rifiuto  od  anche  il  mero
silenzio consente all'altra parte di ricorrere  al  Tribunale  civile
per la nomina dell'arbitro di parte), negli arbitrati di cui all'art.
241 del Codice dei Contratti il rifiuto o la  mancata  autorizzazione
della parte  pubblica  all'arbitrato  comporta,  per  cio'  solo,  la
nullita' insanabile del lodo eventualmente pronunciato. 
    Nel contempo lo stesso art. 241, comma 1,  prevede  che  la  P.A.
debba autorizzare l'arbitrato con apposita motivazione. 
    In tal modo l'accesso alla giustizia arbitrale, oltre  ad  essere
assoggettato alla potesta' di una delle parti, e' altresi'  connotato
da ampi spazi di discrezionalita' della parte contrattuale  pubblica,
che puo' rifiutare l'arbitrato senza motivazione e puo'  autorizzarlo
solo con apposita motivazione. 
    Una simile facolta',  nel  contesto  dell'apparato  sanzionatorio
previsto dall'art. 241 del Codice dei  Contratti,  potrebbe  condurre
alla nullita' del lodo anche  in  ragione  della  opinabilita'  della
motivazione all'autorizzazione (od anche  in  ragione  dell'eventuale
incompetenza dell'organo che rilascia l'autorizzazione) con ulteriore
incisione degli artt. 3 e 111 Cost. 
    3. In subordine alle suesposte questioni di costituzionalita', il
Collegio dubita della conformita' dell'art. 1, comma 19, della  legge
n. 190/2012 all'art. 97 della Costituzione. 
    La   norma    radica    in    capo    all'organo    di    governo
dell'amministrazione la competenza ad  autorizzare  motivatamente  il
deferimento ad arbitri delle controversie di  cui  al  primo  periodo
dell'art.  1,  comma  19,  con  cio'   violando   il   principio   di
imparzialita' sancito dall'art. 97 Cost., di  cui  e'  corollario  la
separazione tra politica ed amministrazione. 
    La decisione in merito alla soluzione di una disputa - legata  ad
un singolo rapporto contrattuale - attraverso  il  ricorso  (o  meno)
alla giustizia  arbitrale  e'  invero  paradigmatica  espressione  di
discrezionalita'  tecnica,  appannaggio  della   dirigenza   preposta
imparzialmente  alla   gestione,   non   gia'   atto   di   indirizzo
politico-amministrativo riservato all'organo di governo. 
    Non  e'  infatti  ravvisabile  nell'autorizzazione   motivata   a
deferire la singola lite ad arbitri alcun profilo di programmazione o
valutazioni  di  indirizzo  politico  che,  se  presenti,  andrebbero
correttamente riferite  alla  totalita'  delle  liti  insorgenti  dai
rapporti contrattuali dell'amministrazione e non certo  di  volta  in
volta ponderate in relazione allo specifico contratto cui  accede  la
clausola compromissoria da autorizzare,  con  simmetrico  rischio  di
valutazioni di natura politica non esenti da  contaminazioni  che  la
stessa norma anticorruzione si prefigge di prevenire e contrastare. 
    In altri termini, e' proprio la scelta  del  caso  concreto,  cui
l'organo di governo e' chiamato, a connotare come atto di gestione  -
riservato alla dirigenza  -  l'autorizzazione  prevista  dalla  norma
sospettata  di  incostituzionalita',  dove  l'atto  di  indirizzo   e
programmazione  -   riservato   viceversa   all'organo   di   governo
-presupporrebbe l'individuazione di  obiettivi  e  programmi  al  cui
perseguimento  deve   essere   rivolta   l'attivita'   amministrativa
dell'ente. 
    In definitiva, l'attribuzione all'organo di governo del potere di
adottare l'atto autorizzatorio, siccome atto di  gestione,  contrasta
con la necessita' della netta e chiara separazione tra  attivita'  di
indirizzo politico-amministrativo  e  funzioni  gestorie,  condizione
necessaria per garantire il rispetto dei principi di buon andamento e
di  imparzialita'  dell'azione  amministrativa  recati  dall'art.  97
Costituzione, con conseguente sospetto di  incostituzionalita'  della
norma de qua. 
    4. In conclusione, ricorrono i presupposti considerati  dall'art.
23 della legge  11  marzo  1953,  n.  87,  per  la  rimessione  delle
questioni  di  legittimita'   costituzionale   sopra   descritte,   e
segnatamente la rilevanza e l'impossibilita' di definire il  giudizio
indipendentemente dalla soluzione delle questioni e la non  manifesta
infondatezza delle stesse. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 25, legge n. 190/2012,
in relazione agli artt. 3, 24, 25, 41,  108,  111  e  dell'art.  241,
comma 1 decreto legislativo n. 163/2006, come modificato dall'art. 1,
comma 19, legge n. 190/2012 in relazione agli artt. 3,  24,  25,  41,
97, 102, 111 Cost. 
    Dispone la notificazione della presente ordinanza alle parti,  al
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  e  la   comunicazione   ai
Presidenti dei due rami del Parlamento. 
    Dispone la sospensione del giudizio arbitrale e  la  trasmissione
degli atti alla Corte Costituzionale. 
    Cosi' deciso in Roma nella camera  di  consiglio  del  23  maggio
2014. 
        Roma, 16 giugno 2014 
 
                       Prof. avv. Alberto Zito 
 
 
                     Prof. avv. Angelo Clarizia 
 
 
                       Prof. avv. Angelo Tuzza