N. 191 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 maggio 2014
Ordinanza del 16 maggio 2014 emessa dal Tribunale amministrativo regionale per la Liguria sui ricorsi riuniti proposti da Desama Costruzioni S.r.l. contro Ministero dell'interno e Arte Savona - Azienda regionale territoriale per l'edilizia della provincia di Savona e Lamone Moreda S.r.l.. Giustizia amministrativa - Competenza territoriale inderogabile - Previsione che la competenza territoriale relativa al provvedimento da cui deriva l'interesse a ricorrere attrae a se' anche quella relativa agli atti presupposti dello stesso provvedimento tranne che si tratti di atti normativi o generali, per la cui impugnazione restano fermi gli ordinari criteri di attribuzione della competenza - Violazione del principio di uguaglianza per irragionevolezza - Incidenza sul diritto di azione in giudizio - Violazione del principio del giudice naturale - Violazione dei principi del giusto processo per l'eccessiva difficolta' frapposto al diritto di agire e di resistere in giudizio. - Decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, art. 13, comma 4-bis, introdotto dall'art. 1, comma 1, lett. a), n. 2, del decreto legislativo 14 settembre 2012, n. 160. - Costituzione, artt. 3, 24, 25 e 111.(GU n.46 del 5-11-2014 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LIGURIA (Sezione Seconda) Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 170 del 2013, proposto da: DE.SA.MA Costruzioni S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. Felice Laudadio, Francesco Picca e Giovanni Bormioli, con domicilio eletto presso l'avv. Giovanni Bormioli nel suo studio in Genova, piazza Dante, 9/14; Contro Ministero dell'interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Genova, viale Brigate Partigiane, 2; A.R.T.E. Savona - Azienda Regionale Territoriale per l'Edilizia della provincia di Savona, in persona dell'Amministratore Unico in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Paolo Gaggero e Sabina Petroni, con domicilio eletto presso l'avv. Paolo Gaggero nel suo studio in Genova, via Roma, 3/9; Sul ricorso numero di registro generale 171 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da: DE.SA.MA Costruzioni S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. Felice Laudadio, Francesco Picca e Giovanni Bormioli, con domicilio eletto presso l'avv. Giovanni Bormioli nel suo studio in Genova, piazza Dante, 9/14; Contro Ministero dell'interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Genova, viale Brigate Partigiane, 2; A.R.T.E. Savona - Azienda Regionale Territoriale per l'Edilizia della provincia di Savona, in persona dell'Amministratore Unico in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Paolo Gaggero e Sabrina Petroni, con domicilio eletto presso l'avv. Paolo Gaggero nel suo studio in Genova, via Roma, 3/9; Nei confronti di Limone Moreda S,r.1., rappresentata e difesa dall'avv. Giovanni Lauricella, con domicilio eletto presso la segreteria del T.A.R. Liguria in Genova, via dei Mille, 9; Per l'annullamento quanto al ricorso n. 170 del 2013: dell'informativa ex art. 4 del D.Lgs. n. 490 del 1994 del Dirigente dell'Area 1/Ter/O.S.P. della Prefettura di Napoli n. I/2/21409/Area1/TER OSP e degli atti alla stessa presupposti, tra i quali gli ulteriori approfondimenti svolti dalle FF.OO., nonche' della determina n. 0018384 del 17 dicembre 2012 dell'ARTE di Savona e del decreto dell'Amministratore Unico n. 281 del 17 dicembre 2012, successivamente comunicati, contenenti risoluzione del contratto di appalto del 24 gennaio 2011, n. 5775 e dell'atto di sottomissione del 19 luglio 2012 rep. 6201 ad oggetto lavori di nuova costruzione di un fabbricato di edilizia residenziale pubblica, costituito da 33 alloggi, in Albenga, localita' San Fedele, e di ogni atto preordinato, connesso e conseguente, ivi compresa la comunicazione della Prefettura di Savona n. 18359 del 17 dicembre 2012; quanto al ricorso n. 171 del 2013: dell'informativa ex art. 4 del D.Lgs. n. 490 del 1994 del Dirigente dell'Area 1/Ter/O.S.P. della Prefettura di Napoli n. 1/2/21409/Area1/TER OSP e degli atti alla stessa presupposti, tra i quali gli ulteriori approfondimenti svolti dalle FF.OO., nonche' della determina n. 0018384 del 17 dicembre 2012 dell'ARTE di Savona e del decreto dell'Amministratore Unico n. 282 del 17 dicembre 2012, successivamente comunicati, contenenti risoluzione del contratto di appalto del 27 settembre 2012 rep. 6207 ad oggetto lavori di recupero della ex Centrale ENEL di Savona, e di ogni atto preordinato, connesso e conseguente, ivi compresa la nota della Prefettura di Savona di trasmissione del provvedimento della Prefettura di Napoli n. 18359 del 17 dicembre 2012; e, con ricorso per motivi aggiunti, per l'annullamento: dell'aggiudicazione definitiva in favore dell'impresa Lamone Moreda S.r.l. del completamento dei lavori di ricupero ex centrale ENEL in Savona, loc. Lavagnola, con realizzazione di 88 alloggi e.r.p., ottenuti con decreto dell'Amministrazione n. 218 del 16 luglio 2013, successivamente comunicato, nonche' per la declaratoria di inefficacia del contratto eventualmente stipulato. Visti i ricorsi, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'interno, dell'A.R.T.E. Savona e di Lamone Moreda S.r.l.; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 marzo 2014 il dott. Richard Goso e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale. A seguito di interdittiva antimafia ex artt. 4 del d.lgs. n. 490/1994 e 10 del d.P.R. n. 252/1998, emessa dalla Prefettura di Napoli nei confronti dell'impresa ricorrente con provvedimento del 6 dicembre 2012, l'Azienda Regionale Territoriale per l'Edilizia della provincia di Savona (A.R.T.E.) adottava atti consequenziali consistenti nella risoluzione del contratto di appalto stipulato in data 24 gennaio 2011 per la costruzione di un fabbricato di edilizia residenziale pubblica nel territorio del comune di Albenga (SV) e del contratto di appalto stipulato in data 27 settembre 2012 per il ricupero dell'ex centrale E.N.E.L. di Savona. Con ricorsi giurisdizionali rispettivamente rubricati ai nn. 170 e 171 r.g. del 2013, l'impresa interessata impugnava le determinazioni su indicate, deducendo articolate censure di legittimita' nei confronti dell'atto presupposto (l'informativa antimafia) e l'illegittimita' in via derivata delle risoluzioni contrattuali disposte dall'A.R.T.E. Previa costituzione in giudizio dell'A.R.T.E. Savona, i due ricorsi erano chiamati all'udienza camerale del 7 marzo 2013, fissata per la trattazione delle istanze cautelari incidentalmente proposte da parte ricorrente, all'esito della quale, con ordinanze nn. 92 e 93 emesse in pari data, era sollevata d'ufficio, ai sensi dell'art. 73, comma 3, cod. proc. amm., la questione della competenza territoriale del T.A.R. adito. Le parti prendevano posizione sulla questione come sopra sollevata: l'intimata Amministrazione dell'interno, costituitasi in giudizio con il patrocinio dell'Avvocatura distrettuale dello Stato di Genova, indicava quale giudice territorialmente competente il T.A.R. Campania, Napoli, rilevando che l'interesse a ricorrere derivava dall'interdittiva emessa dal Prefetto di Napoli, mentre i provvedimenti dell'A.R.T.E. Savona erano stati censurati solo in via derivata; l'A.R.T.E. e l'impresa ricorrente, dichiarando di condividere i principi affermati dall'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con le ordinanze nn. 33 e 34 del 2012, ritenevano che sussistesse, invece, la competenza territoriale dell'adito T.A.R. Liguria. I due ricorsi, quindi, erano chiamati all'udienza camerale del 21 marzo 2013 e trattenuti per la decisione delle istanze cautelari. Con ordinanza della Sezione n. 532 del 27 marzo 2013, era disposta la riunione dei due ricorsi in quanto connessi dal punto di vista oggettivo e soggettivo nonche' accomunati dall'identita' delle questioni dedotte. Inoltre, discostandosi dichiaratamente dall'orientamento della Plenaria, il Collegio optava per la competenza territoriale del Tribunale amministrativo nella cui circoscrizione ha sede l'autorita' prefettizia autrice dell'atto presupposto, conseguentemente indicando quale giudice competente il T.A.R. Campania, sede di Napoli. In accoglimento dell'istanza di regolamento di competenza proposta dall'impresa ricorrente, il Consiglio di Stato, con ordinanza della terza Sezione n. 3976 del 29 luglio 2013, riformava il provvedimento suddetto, dichiarando competente il T.A.R. Liguria. Nel prosieguo del giudizio, parte ricorrente impugnava con motivi aggiunti il provvedimento del 16 luglio 2013, con cui l'A.R.T.E. aveva aggiudicato ad altra impresa i lavori di ricupero dell'ex centrale E.N.E.L. di Savona (ric. n. 171/2013), proponendo anche domanda di inefficacia del contratto. All'udienza camerale del 3 ottobre 2013, il difensore di parte ricorrente dichiarava di rinunciare alle istanze cautelari proposte nei due giudizi. In seguito, veniva depositata in atti copia della sentenza n. 5746 del 4 dicembre 2013, con cui la prima Sezione del T.A.R. Campania, Napoli, aveva annullato l'interdittiva antimafia della Prefettura di Napoli 6 dicembre 2012, impugnata anche nel presente giudizio, sulla base della quale la ricorrente medesima era stata esclusa da una gara d'appalto indetta da Ferrovia Nord S.p.a. I due ricorsi, infine, sono stati chiamati all'udienza pubblica del 6 marzo 2014 e ritenuti in decisione. In sede di trattazione orale, le parti hanno ribadito le rispettive conclusioni: il difensore di parte ricorrente, in particolare, ha rilevato che, in ragione del tempo trascorso, doveva ritenersi sostanzialmente venuto meno l'interesse dell'impresa all'aggiudicazione dei due appalti (tanto che nel ricorso n. 171/2013 non era stata presentata domanda di subentro nel contratto), mentre la definizione nel merito dei due giudizi conservava piena attualita' ai fini di successive iniziative risarcitorie. 1) Tutto cio' premesso, il Collegio dubita, in relazione agli artt. 3, 24, 25 e 111 della Costituzione, della legittimita' costituzionale del comma 4-bis dell'art. 13 del D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104 (codice del processo amministrativo), che, secondo l'interpretazione assunta dal diritto vivente, attrae alla competenza territoriale relativa al provvedimento da cui deriva l'interesse a ricorrere quella relativa agli atti presupposti dallo stesso provvedimento, anche nel caso di connessione fra atto principale e atti consequenziali, fatta solamente eccezione per l'impugnazione di atti normativi o generali. 2) Il comma 4-bis citato e' stato introdotto dall'art. 1, comma 1, lett. a), n. 2, del D.Lgs. 14 settembre 2012, n. 160 (cd. «secondo correttivo»), allo scopo di disciplinare, con riferimento ai numerosi casi di connessione tra atti amministrativi che ricadono nella competenza di diversi tribunali amministrativi, lo spostamento della competenza per ragioni di connessione. Tale disposizione prevede che «la competenza territoriale relativa al provvedimento da cui deriva l'interesse a ricorrere attrae a se' anche quella relativa agli atti presupposti dallo stesso provvedimento». E' stabilita un'eccezione (non rilevante nella presente fattispecie) concernente gli atti normativi e generali, «per la cui impugnazione restano fermi gli ordinari criteri di attribuzione della competenza». 3) La soluzione dell'accennata questione di legittimita' costituzionale concerne la disposizione processuale sulla base della quale il Consiglio di Stato, con l'ordinanza n. 3976/2013, richiamando principi espressi dall'Adunanza Plenaria nelle sentenze nn. 33 e 34 del 2012, ha affermato la competenza territoriale dell'adito Tribunale amministrativo. E' proprio in virtu' dell'applicazione di tale disposizione, cioe', che questo Tribunale si trova investito della controversia in esame. Appare evidente, dunque, l'intrinseca rilevanza della questione di legittimita' costituzionale della disposizione medesima, sollevata con la presente ordinanza. Se, infatti, siffatta questione fosse ritenuta fondata dalla Consulta, la controversia dovrebbe essere rimessa per competenza al T.A.R. della Campania, secondo le originarie richieste della stessa Amministrazione dell'interno. 4) Quanto, poi, alla non manifesta infondatezza della questione, sollevata d'ufficio, va osservato che il comma 4-bis dell'art. 13, cori. proc. amm., secondo l'interpretazione assunta dal diritto vivente, regola il rapporto di connessione attraendo alla competenza territoriale inderogabile relativa all'atto consequenziale quella relativa all'atto principale presupposto. Il caso emblematico e' proprio quello, controverso nel presente giudizio, dell'interdittiva prefettizia cui abbia fatto seguito l'adozione di misure strettamente consequenziali (esclusione da gare d'appalto o risoluzione di contratti gia' stipulati) da parte di amministrazioni aventi sede in diverse circoscrizioni di tribunale amministrativo, laddove ciascuno dei provvedimenti connessi e' direttamente lesivo e determina autonomamente l'interesse a ricorrere, ma l'interdittiva si configura chiaramente come atto principale che per di piu', nel caso della cosiddetta interdittiva tipica, rende doverosa l'applicazione delle misure consequenziali. In tali ipotesi, prima dell'entrata in vigore del codice del processo amministrativo, era comunemente affermata la competenza del T.A.R. nella cui circoscrizione era ricompresa la Prefettura che aveva adottato l'informativa (cfr., ad es., T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 28 gennaio 2011, n. 45). Dopo, l'entrata in vigore del codice, invece, l'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, sostanzialmente valorizzando l'elemento rappresentato dalla dimensione spaziale degli effetti dei provvedimenti impugnati, ha invariabilmente ritenuto competente per la controversia avente ad oggetto tanto l'interdittiva quanto gli atti consequenziali il giudice territorialmente competente per i provvedimenti susseguenti, precisando da ultimo che tale conclusione doveva ritenersi esplicitamente confermata dal legislatore con lo jus superveniens di cui al citato comma 4-bis. Siffatta interpretazione e' ormai consolidata ed identifica certamente il diritto vivente, essendo stata ribadita, con analoghi supporti argomentativi, da tre decisioni della Plenaria susseguitesi a breve distanza temporale: le ordinanze n. 33 del 24 settembre 2012, n. 34 del 19 novembre 2012 (espressamente richiamate dal Consiglio di Stato nell'ordinanza n. 3976 cit.) e n. 3 del 4 febbraio 2013. Ed invero, questo Tribunale aveva ritenuto che la disposizione in esame potesse prestarsi anche ad una diversa lettura che ne avrebbe circoscritto la portata applicativa all'ipotesi di connessione tra atto principale e atto presupposto, senza comprendere il diverso caso della connessione tra atti principali (le interdittive antimafia) e atti consequenziali o applicativi (le misure rescissorie adottate dalle amministrazioni appaltanti), dove i secondi si pongono in rapporto di completa subordinazione giuridica rispetto ai primi. Questa interpretazione alternativa aveva trovato applicazione nel presente giudizio, inducendo il Tribunale ad individuare, sulla base del criterio di accessorieta' previsto dall'art. 31 cod. proc. civ., la competenza territoriale del T.A.R. Campania, nella convinzione che, nel rapporto tra domanda di annullamento dell'informativa antimafia e domanda di annullamento dell'atto consequenziale, dovesse essere attribuita prevalenza alla prima per la sua principalita', mentre la seconda riveste un ruolo prettamente accessorio. Essa e' stata sconfessata, pero' dal Consiglio di Stato, con una decisione essenzialmente motivata con riferimento ai principi affermati dall'Adunanza plenaria. Cio' dimostra che non sussiste, allo stato, un orientamento giurisprudenziale, seppure minoritario, che si ponga in contrasto con la linea interpretativa fatta propria dalla Plenaria, la quale costituisce, pertanto, compiuta espressione del diritto vivente della cui costituzionalita' questo giudice dubita (sil diritto vivente come oggetto di questione di legittimita' costituzionale, cfr., da ultimo, Corte cost., 15 novembre 2012, n. 253). 5) Cosi' intesa, pero', la disposizione in parola confligge con il canone di ragionevolezza desumibile dall'art. 3 della Costituzione, innanzi tutto in quanto, anziche' valorizzare il legame del giudice con la realta' del territorio in cui opera, opta per l'attribuzione della lite ad un giudice che puo' essere (come nel presente caso) assai lontano dal luogo in cui si e' svolta la vicenda sostanziale all'origine del contenzioso, ossia distante dalle autorita' amministrative e di polizia che hanno curato gli accertamenti istruttori sfociati nell'adozione dell'informativa antimafia. Ne risulta compromessa, dunque, l'esigenza di vicinanza del giudice ai fatti che e' chiamato a conoscere (le circostanze di fatto sulle quali si fonda l'adozione della misura di prevenzione), con la possibilita' che la cognizione della lite sia attribuita ad un giudice non altrettanto idoneo a fornire una risposta di giustizia adeguata al caso concreto. Sotto altro aspetto, ancor piu' grave appare la violazione del canone della ragionevolezza insita nel fatto che la ripetuta disposizione non assicura l'univocita' delle pronunce giurisdizionali relative alla medesima fattispecie. Essa, infatti, implica di per se', laddove la medesima interdittiva antimafia abbia dato luogo all'adozione di distinte misure rescissorie da parte di amministrazioni aventi sede in diverse circoscrizioni di tribunale amministrativo, il pericolo di risposte giurisdizionali dissimili nei contenuti e, in ipotesi, contrastanti tra loro. Un esempio concreto e' fornito proprio dalla presente vicenda contenziosa, dove il giudice adito e' chiamato a vagliare la legittimita' di un atto principale che, nelle more del giudizio; e' stato annullato dal T.A.R. Campania, con una pronuncia che questo Tribunale potrebbe eventualmente non condividere (o non poter assumere per diversita' delle censure prospettate), conseguentemente determinandosi per il rigetto del ricorso. La criticita' presente nella soluzione apprestata dal diritto vivente si identifica, percio', con la possibile formazione di giudicati contrastanti rispetto alla stessa vicenda sostanziale: si tratta di un inconveniente che non puo' essere integralmente eliminato grazie all'opera di uniformazione eventualmente svolta dal giudice d'appello in quanto, oltre all'evenienza che non tutte le pronunce siano appellate, anche in quest'ultima sede permane la possibilita' che le questioni controverse siano fatte oggetto di valutazioni non coincidenti. Ne', peraltro, l'irragionevolezza sarebbe esclusa se questo Tribunale, tenendo conto della statuizione di annullamento ancora non definitiva sopravvenuta in altro giudizio, che ha privato allo stato il provvedimento principale di ogni rilievo sul piano giuridico, ritenesse di dichiarare improcedibili i ricorsi in esame nella parte in cui viene impugnata la presupposta misura di prevenzione, giacche' in tal modo si determinerebbe l'automatica caducazione di atti di una stazione appaltante che non e' stata presente nel giudizio presso altro T.A.R., il cui esito ha determinato la caducazione stessa. Tale risultato, che sembra dimostrare ex se l'irragionevolezza della disposizione de qua nell'interpretazione privilegiata dal diritto vivente, non potrebbe verificarsi, ovviamente, se la competenza si radicasse in capo al giudice nella cui circoscrizione ha sede l'autorita' emanante l'informativa antimafia, ossia l'atto che costituisce oggetto principale della domanda di annullamento nonche' l'unico gravato, di norma, con specifiche censure di legittimita'. Sotto ulteriore aspetto, l'irragionevolezza della disposizione deve ravvisarsi anche nella circostanza che essa finisce con l'affidare, in realta', il giudizio sulla legittimita' dell'informativa antimafia in modo del tutto casuale, cioe' al T.A.R. chiamato per primo a decidere (ovvero che comunque si pronuncia prima degli altri), cosi' violando anche il principio del giudice naturale precostituito per legge stabilito dall'art. 25, comma 1, Cost. 6) Si rileva, in secondo luogo, la violazione del canone della piena ed effettiva tutela giurisdizionale affermato dagli artt. 24, comma 1, e 111, comma 1, Cost., poiche' l'interpretazione assunta dal diritto vivente del comma 4-bis dell'art. 13, cod. proc. amm., rende inutilmente ed eccessivamente difficoltoso l'esercizio del diritto delle parti di agire (e di resistere) in giudizio a tutela delle loro posizioni soggettive. Da un lato, infatti, si costringe l'impresa colpita dall'interdittiva antimafia ad adire un tribunale diverso da quello nella cui circoscrizione ha sede l'autorita' prefettizia emanante, coincidente di massima con la sede dell'impresa stessa, ovvero, nel caso di atti applicativi di diverse stazioni appaltanti, a impugnare l'informativa dinanzi a diversi tribunali, dovendo affrontare spese ulteriori rispetto a quelle gia' elevate (particolarmente in materia di pubblici appalti) per l'accesso alla giustizia. Dall'altro, si rende piu' difficoltosa e meno tempestiva la difesa sia della Prefettura che, qualora la stessa interdittiva venga impugnata con una pluralita' di ricorsi, si vede costretta a svolgere distintamente le proprie difese nelle singole sedi giurisdizionali, sia delle stazioni appaltanti diverse da quella chiamata in causa nel giudizio presso il TAR che pronuncia per primo sulla domanda di annullamento dell'informativa (addirittura escluse da quest'ultimo). La presente vicenda contenziosa fornisce, ancora una volta, dimostrazione concreta delle disfunzioni ipotizzate, dal momento che l'impresa ricorrente, avente sede in provincia di Napoli, ha dovuto impugnare il medesimo provvedimento interdittivo, emesso dalla Prefettura di Napoli, dinanzi al T.A.R. Liguria e al T.A.R. Campania. Analoghe difficolta' ha conosciuto, peraltro, l'Avvocatura dello Stato, autonomamente chiamata a difendersi nei due giudizi. E la stazione appaltante ligure si lamenta, da parte sua, di dover «subire» l'esito di un giudizio sulla legittimita' dell'informativa (svoltosi presso il T.A.R. Campania) al quale non e' stata chiamata a partecipare. 7) Paiono sussistere, pertanto, sia la denunciata violazione dei canoni affermati dagli artt. 3, 24, 25 e 111 Cost. sia il presupposto concernente la rilevanza della questione, poiche' la disposizione dettata dall'art. 13, comma 4-bis, cod. proc . amm., nell'interpretazione assunta dal diritto vivente, impedisce che cause inscindibilmente connesse siano concentrate presso il Tribunale amministrativo nella cui circoscrizione ha sede l'amministrazione autrice del provvedimento principale (che costituisce il vero oggetto della domanda proposta in giudizio) e rende difficoltosa la difesa delle parti, confliggendo altresi' con il principio di concentrazione della tutela. La rilevanza della questione non viene meno per effetto del sopravvenuto mutamento della normativa sostanziale sulle informative, atteso che la nuova disciplina introdotta con il codice delle leggi antimafia non trova applicazione ratione temporis nel presente giudizio. 8) In relazione a tutto quanto precede, il giudizio dev'essere sospeso e gli atti vanno trasmessi alla Corte costituzionale, essendo rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 13, comma 4-bis, del D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104 (codice del processo amministrativo), per violazione degli articoli 3, 24, 25 e 111 della Costituzione. 9) Ogni ulteriore statuizione in rito, nel merito e in ordine alle spese resta riservata alla decisione definitiva.
P. Q. M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Seconda), non definitivamente pronunciando sui ricorsi riuniti in epigrafe, dichiara rilevante e non manifestamente infondata, ai sensi di cui in motivazione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 13, comma 4-bis, cod. proc. amm., in relazione agli artt. 3, 24, 25 e 111 Cost. Dispone la sospensione del presente giudizio. Ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Ordina che, a cura della segreteria della Sezione, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei ministri nonche' comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Riserva alla decisione definitiva ogni ulteriore statuizione in rito, nel merito e in ordine alle spese. Cosi' deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 6 marzo 2014 con l'intervento dei magistrati: Giuseppe Caruso, Presidente; Paolo Peruggia, Consigliere; Richard Goso, Consigliere, Estensore. Il Presidente: Caruso L'estensore: Goso