N. 191 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 maggio 2014

Ordinanza del 16 maggio  2014  emessa  dal  Tribunale  amministrativo
regionale per la Liguria  sui  ricorsi  riuniti  proposti  da  Desama
Costruzioni S.r.l. contro  Ministero  dell'interno  e  Arte  Savona -
Azienda regionale territoriale  per  l'edilizia  della  provincia  di
Savona e Lamone Moreda S.r.l.. 
 
Giustizia amministrativa -  Competenza  territoriale  inderogabile  -
  Previsione che la competenza territoriale relativa al provvedimento
  da cui deriva l'interesse a ricorrere attrae  a  se'  anche  quella
  relativa agli atti presupposti dello  stesso  provvedimento  tranne
  che si tratti di atti normativi o generali, per la cui impugnazione
  restano fermi gli ordinari criteri di attribuzione della competenza
  - Violazione del principio di uguaglianza  per  irragionevolezza  -
  Incidenza sul diritto  di  azione  in  giudizio  -  Violazione  del
  principio del giudice naturale - Violazione dei principi del giusto
  processo per l'eccessiva difficolta' frapposto al diritto di  agire
  e di resistere in giudizio. 
- Decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, art.  13,  comma  4-bis,
  introdotto dall'art. 1, comma  1,  lett.  a),  n.  2,  del  decreto
  legislativo 14 settembre 2012, n. 160. 
- Costituzione, artt. 3, 24, 25 e 111. 
(GU n.46 del 5-11-2014 )
 
        IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LIGURIA 
                          (Sezione Seconda) 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 170 del 2013,  proposto  da:  DE.SA.MA  Costruzioni
S.r.l., rappresentata e difesa dagli avv. Felice Laudadio,  Francesco
Picca  e  Giovanni  Bormioli,  con  domicilio  eletto  presso  l'avv.
Giovanni Bormioli nel suo studio in Genova, piazza Dante, 9/14; 
    Contro  Ministero  dell'interno,  in  persona  del  Ministro  pro
tempore, rappresentato e difeso  dall'Avvocatura  distrettuale  dello
Stato, domiciliataria ex lege in Genova, viale Brigate Partigiane, 2;
A.R.T.E. Savona - Azienda Regionale Territoriale per l'Edilizia della
provincia di Savona, in persona dell'Amministratore Unico in  carica,
rappresentata e difesa dagli avv. Paolo Gaggero e Sabina Petroni, con
domicilio eletto presso  l'avv.  Paolo  Gaggero  nel  suo  studio  in
Genova, via Roma, 3/9; 
    Sul ricorso numero di registro generale 171 del  2013,  integrato
da  motivi  aggiunti,  proposto  da:  DE.SA.MA  Costruzioni   S.r.l.,
rappresentata e difesa dagli avv. Felice Laudadio, Francesco Picca  e
Giovanni  Bormioli,  con  domicilio  eletto  presso  l'avv.  Giovanni
Bormioli nel suo studio in Genova, piazza Dante, 9/14; 
    Contro  Ministero  dell'interno,  in  persona  del  Ministro  pro
tempore, rappresentato e difeso  dall'Avvocatura  distrettuale  dello
Stato, domiciliataria ex lege in Genova, viale Brigate Partigiane, 2;
A.R.T.E. Savona - Azienda Regionale Territoriale per l'Edilizia della
provincia di Savona, in persona dell'Amministratore Unico in  carica,
rappresentata e difesa dagli avv. Paolo Gaggero  e  Sabrina  Petroni,
con domicilio eletto presso l'avv. Paolo Gaggero nel  suo  studio  in
Genova, via Roma, 3/9; 
    Nei confronti di Limone Moreda  S,r.1.,  rappresentata  e  difesa
dall'avv.  Giovanni  Lauricella,  con  domicilio  eletto  presso   la
segreteria del T.A.R. Liguria in Genova, via dei Mille, 9; 
    Per l'annullamento quanto al ricorso n. 170 del 2013: 
        dell'informativa ex art. 4 del D.Lgs. n.  490  del  1994  del
Dirigente  dell'Area  1/Ter/O.S.P.  della  Prefettura  di  Napoli  n.
I/2/21409/Area1/TER OSP e degli atti alla stessa presupposti,  tra  i
quali gli ulteriori  approfondimenti  svolti  dalle  FF.OO.,  nonche'
della determina n. 0018384 del 17 dicembre 2012 dell'ARTE di Savona e
del decreto dell'Amministratore Unico n. 281 del  17  dicembre  2012,
successivamente comunicati, contenenti risoluzione del  contratto  di
appalto del 24 gennaio 2011, n. 5775 e dell'atto di sottomissione del
19 luglio 2012 rep. 6201 ad oggetto lavori di nuova costruzione di un
fabbricato  di  edilizia  residenziale  pubblica,  costituito  da  33
alloggi,  in  Albenga,  localita'  San  Fedele,  e   di   ogni   atto
preordinato, connesso e conseguente, ivi  compresa  la  comunicazione
della Prefettura di Savona n. 18359 del 17 dicembre 2012; 
    quanto al ricorso n. 171 del 2013: 
        dell'informativa ex art. 4 del D.Lgs. n.  490  del  1994  del
Dirigente  dell'Area  1/Ter/O.S.P.  della  Prefettura  di  Napoli  n.
1/2/21409/Area1/TER OSP e degli atti alla stessa presupposti,  tra  i
quali gli ulteriori  approfondimenti  svolti  dalle  FF.OO.,  nonche'
della determina n. 0018384 del 17 dicembre 2012 dell'ARTE di Savona e
del decreto dell'Amministratore Unico n. 282 del  17  dicembre  2012,
successivamente comunicati, contenenti risoluzione del  contratto  di
appalto del 27 settembre 2012 rep. 6207 ad oggetto lavori di recupero
della ex Centrale  ENEL  di  Savona,  e  di  ogni  atto  preordinato,
connesso e conseguente, ivi compresa  la  nota  della  Prefettura  di
Savona di trasmissione del provvedimento della Prefettura  di  Napoli
n. 18359 del 17 dicembre 2012; 
    e, con ricorso per motivi aggiunti, per l'annullamento: 
        dell'aggiudicazione definitiva in favore dell'impresa  Lamone
Moreda S.r.l. del completamento dei lavori di  ricupero  ex  centrale
ENEL in Savona, loc.  Lavagnola,  con  realizzazione  di  88  alloggi
e.r.p., ottenuti con  decreto  dell'Amministrazione  n.  218  del  16
luglio 2013, successivamente comunicato, nonche' per la  declaratoria
di inefficacia del contratto eventualmente stipulato. 
    Visti i ricorsi, i motivi aggiunti e i relativi allegati; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visti  gli  atti  di  costituzione  in  giudizio  del   Ministero
dell'interno, dell'A.R.T.E. Savona e di Lamone Moreda S.r.l.; 
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 marzo 2014  il  dott.
Richard Goso e uditi per le parti i difensori  come  specificato  nel
verbale. 
    A seguito di interdittiva antimafia ex  artt.  4  del  d.lgs.  n.
490/1994 e 10 del d.P.R. n.  252/1998,  emessa  dalla  Prefettura  di
Napoli nei confronti dell'impresa ricorrente con provvedimento del  6
dicembre 2012, l'Azienda Regionale Territoriale per l'Edilizia  della
provincia  di  Savona   (A.R.T.E.)   adottava   atti   consequenziali
consistenti nella risoluzione del contratto di appalto  stipulato  in
data 24 gennaio 2011 per la costruzione di un fabbricato di  edilizia
residenziale pubblica nel territorio del comune di Albenga (SV) e del
contratto di appalto stipulato in  data  27  settembre  2012  per  il
ricupero dell'ex centrale E.N.E.L. di Savona. 
    Con ricorsi giurisdizionali rispettivamente rubricati ai nn.  170
e  171  r.g.   del   2013,   l'impresa   interessata   impugnava   le
determinazioni  su  indicate,   deducendo   articolate   censure   di
legittimita'  nei  confronti  dell'atto  presupposto   (l'informativa
antimafia) e  l'illegittimita'  in  via  derivata  delle  risoluzioni
contrattuali disposte dall'A.R.T.E. 
    Previa costituzione  in  giudizio  dell'A.R.T.E.  Savona,  i  due
ricorsi erano chiamati all'udienza camerale del 7 marzo 2013, fissata
per la trattazione delle istanze cautelari  incidentalmente  proposte
da parte ricorrente, all'esito della quale, con ordinanze nn. 92 e 93
emesse in pari data, era sollevata d'ufficio, ai sensi dell'art.  73,
comma 3, cod. proc. amm., la questione della competenza  territoriale
del T.A.R. adito. 
    Le  parti  prendevano  posizione  sulla  questione   come   sopra
sollevata: l'intimata Amministrazione dell'interno,  costituitasi  in
giudizio con il patrocinio dell'Avvocatura distrettuale  dello  Stato
di Genova, indicava  quale  giudice  territorialmente  competente  il
T.A.R.  Campania,  Napoli,  rilevando  che  l'interesse  a  ricorrere
derivava dall'interdittiva emessa dal Prefetto di  Napoli,  mentre  i
provvedimenti dell'A.R.T.E. Savona erano stati censurati solo in  via
derivata;  l'A.R.T.E.  e   l'impresa   ricorrente,   dichiarando   di
condividere i principi affermati dall'Adunanza plenaria del Consiglio
di Stato con le ordinanze nn.  33  e  34  del  2012,  ritenevano  che
sussistesse, invece, la  competenza  territoriale  dell'adito  T.A.R.
Liguria. 
    I due ricorsi, quindi, erano chiamati all'udienza camerale del 21
marzo 2013 e trattenuti per la decisione delle istanze cautelari. 
    Con ordinanza della  Sezione  n.  532  del  27  marzo  2013,  era
disposta la riunione dei due ricorsi in quanto connessi dal punto  di
vista oggettivo e soggettivo nonche' accomunati dall'identita'  delle
questioni dedotte. 
    Inoltre, discostandosi  dichiaratamente  dall'orientamento  della
Plenaria, il Collegio  optava  per  la  competenza  territoriale  del
Tribunale amministrativo nella cui circoscrizione ha sede l'autorita'
prefettizia autrice dell'atto presupposto, conseguentemente indicando
quale giudice competente il T.A.R. Campania, sede di Napoli. 
    In  accoglimento  dell'istanza  di  regolamento   di   competenza
proposta  dall'impresa  ricorrente,  il  Consiglio  di   Stato,   con
ordinanza della terza Sezione n. 3976 del 29 luglio  2013,  riformava
il provvedimento suddetto, dichiarando competente il T.A.R. Liguria. 
    Nel prosieguo del giudizio, parte ricorrente impugnava con motivi
aggiunti il provvedimento del 16  luglio  2013,  con  cui  l'A.R.T.E.
aveva aggiudicato ad altra  impresa  i  lavori  di  ricupero  dell'ex
centrale E.N.E.L. di Savona  (ric.  n.  171/2013),  proponendo  anche
domanda di inefficacia del contratto. 
    All'udienza camerale del 3 ottobre 2013, il  difensore  di  parte
ricorrente dichiarava di rinunciare alle istanze  cautelari  proposte
nei due giudizi. 
    In seguito, veniva depositata in atti  copia  della  sentenza  n.
5746 del 4 dicembre  2013,  con  cui  la  prima  Sezione  del  T.A.R.
Campania, Napoli,  aveva  annullato  l'interdittiva  antimafia  della
Prefettura di Napoli 6 dicembre 2012, impugnata  anche  nel  presente
giudizio, sulla base della quale la  ricorrente  medesima  era  stata
esclusa da una gara d'appalto indetta da Ferrovia Nord S.p.a. 
    I due ricorsi, infine, sono stati chiamati  all'udienza  pubblica
del 6 marzo 2014 e ritenuti in decisione. 
    In  sede  di  trattazione  orale,  le  parti  hanno  ribadito  le
rispettive  conclusioni:  il  difensore  di  parte   ricorrente,   in
particolare, ha rilevato che, in ragione del tempo trascorso,  doveva
ritenersi  sostanzialmente  venuto  meno   l'interesse   dell'impresa
all'aggiudicazione dei due appalti (tanto che nel ricorso n. 171/2013
non era stata presentata domanda di subentro nel  contratto),  mentre
la definizione nel merito dei due giudizi conservava piena attualita'
ai fini di successive iniziative risarcitorie. 
    1) Tutto cio' premesso, il Collegio  dubita,  in  relazione  agli
artt.  3,  24,  25  e  111  della  Costituzione,  della  legittimita'
costituzionale del comma 4-bis dell'art. 13 del D.Lgs. 2 luglio 2010,
n.  104  (codice   del   processo   amministrativo),   che,   secondo
l'interpretazione assunta dal diritto vivente, attrae alla competenza
territoriale relativa al provvedimento da cui  deriva  l'interesse  a
ricorrere  quella  relativa  agli  atti  presupposti   dallo   stesso
provvedimento, anche nel caso di connessione fra  atto  principale  e
atti consequenziali, fatta solamente eccezione per l'impugnazione  di
atti normativi o generali. 
    2) Il comma 4-bis citato e' stato introdotto dall'art.  1,  comma
1, lett. a), n. 2, del D.Lgs. 14 settembre 2012, n. 160 (cd. «secondo
correttivo»), allo scopo di disciplinare, con riferimento ai numerosi
casi di  connessione  tra  atti  amministrativi  che  ricadono  nella
competenza di diversi tribunali amministrativi, lo spostamento  della
competenza per ragioni di connessione. 
    Tale  disposizione  prevede  che  «la   competenza   territoriale
relativa al provvedimento  da  cui  deriva  l'interesse  a  ricorrere
attrae a se' anche quella relativa agli atti presupposti dallo stesso
provvedimento». 
    E'  stabilita  un'eccezione   (non   rilevante   nella   presente
fattispecie) concernente gli atti normativi e generali, «per  la  cui
impugnazione restano fermi gli ordinari criteri di attribuzione della
competenza». 
    3)  La  soluzione  dell'accennata   questione   di   legittimita'
costituzionale concerne la disposizione processuale sulla base  della
quale  il  Consiglio  di  Stato,  con   l'ordinanza   n.   3976/2013,
richiamando principi espressi dall'Adunanza Plenaria  nelle  sentenze
nn. 33 e  34  del  2012,  ha  affermato  la  competenza  territoriale
dell'adito Tribunale amministrativo. 
    E' proprio in  virtu'  dell'applicazione  di  tale  disposizione,
cioe', che questo Tribunale si trova investito della controversia  in
esame. 
    Appare evidente, dunque, l'intrinseca rilevanza  della  questione
di legittimita' costituzionale della disposizione medesima, sollevata
con la presente ordinanza. 
    Se, infatti, siffatta  questione  fosse  ritenuta  fondata  dalla
Consulta, la controversia dovrebbe essere rimessa per  competenza  al
T.A.R. della Campania, secondo le originarie richieste  della  stessa
Amministrazione dell'interno. 
    4) Quanto, poi, alla non manifesta infondatezza della  questione,
sollevata d'ufficio, va osservato che il comma  4-bis  dell'art.  13,
cori. proc.  amm.,  secondo  l'interpretazione  assunta  dal  diritto
vivente, regola il rapporto di connessione attraendo alla  competenza
territoriale inderogabile  relativa  all'atto  consequenziale  quella
relativa all'atto principale presupposto. 
    Il caso emblematico e' proprio quello, controverso  nel  presente
giudizio,  dell'interdittiva  prefettizia  cui  abbia  fatto  seguito
l'adozione di misure strettamente consequenziali (esclusione da  gare
d'appalto o risoluzione di contratti  gia'  stipulati)  da  parte  di
amministrazioni aventi sede in diverse  circoscrizioni  di  tribunale
amministrativo,  laddove  ciascuno  dei  provvedimenti  connessi   e'
direttamente  lesivo  e   determina   autonomamente   l'interesse   a
ricorrere, ma  l'interdittiva  si  configura  chiaramente  come  atto
principale che per di piu', nel caso  della  cosiddetta  interdittiva
tipica, rende doverosa l'applicazione delle misure consequenziali. 
    In tali ipotesi, prima dell'entrata  in  vigore  del  codice  del
processo amministrativo, era comunemente affermata la competenza  del
T.A.R. nella cui circoscrizione  era  ricompresa  la  Prefettura  che
aveva adottato l'informativa (cfr., ad es., T.A.R.  Calabria,  Reggio
Calabria, 28 gennaio 2011, n. 45). 
    Dopo, l'entrata in vigore del codice, invece, l'Adunanza plenaria
del  Consiglio  di  Stato,  sostanzialmente  valorizzando  l'elemento
rappresentato   dalla   dimensione   spaziale   degli   effetti   dei
provvedimenti impugnati, ha invariabilmente ritenuto  competente  per
la controversia avente ad oggetto  tanto  l'interdittiva  quanto  gli
atti consequenziali il  giudice  territorialmente  competente  per  i
provvedimenti susseguenti, precisando da ultimo che tale  conclusione
doveva ritenersi esplicitamente confermata dal legislatore con lo jus
superveniens di cui al citato comma 4-bis. 
    Siffatta  interpretazione  e'  ormai  consolidata  ed  identifica
certamente il diritto vivente, essendo stata ribadita,  con  analoghi
supporti argomentativi, da tre decisioni della Plenaria  susseguitesi
a breve distanza temporale: le ordinanze n. 33 del 24 settembre 2012,
n. 34 del 19 novembre 2012 (espressamente richiamate dal Consiglio di
Stato nell'ordinanza n. 3976 cit.) e n. 3 del 4 febbraio 2013. 
    Ed invero, questo Tribunale aveva ritenuto che la disposizione in
esame potesse prestarsi anche ad una diversa lettura che  ne  avrebbe
circoscritto la portata applicativa all'ipotesi  di  connessione  tra
atto principale e atto presupposto, senza comprendere il diverso caso
della connessione tra atti principali (le interdittive  antimafia)  e
atti consequenziali o applicativi  (le  misure  rescissorie  adottate
dalle amministrazioni appaltanti),  dove  i  secondi  si  pongono  in
rapporto di completa subordinazione giuridica rispetto ai primi. 
    Questa interpretazione alternativa aveva trovato applicazione nel
presente giudizio, inducendo il Tribunale ad individuare, sulla  base
del criterio di accessorieta' previsto dall'art. 31 cod. proc.  civ.,
la competenza territoriale del  T.A.R.  Campania,  nella  convinzione
che,  nel  rapporto  tra  domanda  di  annullamento  dell'informativa
antimafia e domanda di annullamento dell'atto consequenziale, dovesse
essere attribuita prevalenza alla prima  per  la  sua  principalita',
mentre la seconda riveste un ruolo prettamente accessorio. 
    Essa e' stata sconfessata, pero' dal Consiglio di Stato, con  una
decisione  essenzialmente  motivata  con  riferimento   ai   principi
affermati dall'Adunanza plenaria. 
    Cio' dimostra che  non  sussiste,  allo  stato,  un  orientamento
giurisprudenziale, seppure minoritario, che si ponga in contrasto con
la linea  interpretativa  fatta  propria  dalla  Plenaria,  la  quale
costituisce, pertanto, compiuta espressione del diritto vivente della
cui costituzionalita' questo giudice dubita (sil diritto vivente come
oggetto di questione di legittimita' costituzionale, cfr., da ultimo,
Corte cost., 15 novembre 2012, n. 253). 
    5) Cosi' intesa, pero', la disposizione in parola  confligge  con
il  canone   di   ragionevolezza   desumibile   dall'art.   3   della
Costituzione, innanzi tutto in quanto, anziche' valorizzare il legame
del giudice con la realta' del territorio  in  cui  opera,  opta  per
l'attribuzione della lite ad un giudice che  puo'  essere  (come  nel
presente caso) assai lontano dal luogo in cui si e' svolta la vicenda
sostanziale  all'origine  del  contenzioso,  ossia   distante   dalle
autorita'  amministrative  e  di  polizia  che   hanno   curato   gli
accertamenti  istruttori  sfociati   nell'adozione   dell'informativa
antimafia. 
    Ne risulta  compromessa,  dunque,  l'esigenza  di  vicinanza  del
giudice ai fatti che e' chiamato a conoscere (le circostanze di fatto
sulle quali si fonda l'adozione della misura di prevenzione), con  la
possibilita' che la  cognizione  della  lite  sia  attribuita  ad  un
giudice non altrettanto idoneo a fornire una  risposta  di  giustizia
adeguata al caso concreto. 
    Sotto altro aspetto, ancor piu' grave appare  la  violazione  del
canone  della  ragionevolezza  insita  nel  fatto  che  la   ripetuta
disposizione non assicura l'univocita' delle pronunce giurisdizionali
relative alla medesima fattispecie. 
    Essa,  infatti,  implica  di  per  se',   laddove   la   medesima
interdittiva antimafia abbia  dato  luogo  all'adozione  di  distinte
misure rescissorie da parte di amministrazioni aventi sede in diverse
circoscrizioni di tribunale amministrativo, il pericolo  di  risposte
giurisdizionali dissimili nei contenuti e, in  ipotesi,  contrastanti
tra loro. 
    Un esempio concreto e' fornito  proprio  dalla  presente  vicenda
contenziosa,  dove  il  giudice  adito  e'  chiamato  a  vagliare  la
legittimita' di un atto principale che, nelle more del  giudizio;  e'
stato annullato dal T.A.R. Campania, con  una  pronuncia  che  questo
Tribunale  potrebbe  eventualmente  non  condividere  (o  non   poter
assumere per diversita' delle censure prospettate),  conseguentemente
determinandosi per il rigetto del ricorso. 
    La criticita' presente nella  soluzione  apprestata  dal  diritto
vivente si  identifica,  percio',  con  la  possibile  formazione  di
giudicati contrastanti rispetto alla stessa vicenda  sostanziale:  si
tratta  di  un  inconveniente  che  non  puo'  essere   integralmente
eliminato grazie all'opera di uniformazione eventualmente svolta  dal
giudice d'appello in quanto, oltre all'evenienza  che  non  tutte  le
pronunce siano appellate,  anche  in  quest'ultima  sede  permane  la
possibilita' che le questioni  controverse  siano  fatte  oggetto  di
valutazioni non coincidenti. 
    Ne',  peraltro,  l'irragionevolezza  sarebbe  esclusa  se  questo
Tribunale, tenendo conto della statuizione di annullamento ancora non
definitiva sopravvenuta in altro giudizio, che ha privato allo  stato
il provvedimento principale di  ogni  rilievo  sul  piano  giuridico,
ritenesse di dichiarare improcedibili i ricorsi in esame nella  parte
in cui viene impugnata la presupposta misura di prevenzione, giacche'
in tal modo si determinerebbe l'automatica caducazione di atti di una
stazione appaltante che non e' stata  presente  nel  giudizio  presso
altro T.A.R., il cui esito ha determinato la caducazione stessa. 
    Tale risultato, che sembra dimostrare  ex  se  l'irragionevolezza
della  disposizione  de  qua  nell'interpretazione  privilegiata  dal
diritto  vivente,  non  potrebbe  verificarsi,  ovviamente,   se   la
competenza si radicasse in capo al giudice nella  cui  circoscrizione
ha sede l'autorita' emanante l'informativa  antimafia,  ossia  l'atto
che costituisce oggetto  principale  della  domanda  di  annullamento
nonche'  l'unico  gravato,  di  norma,  con  specifiche  censure   di
legittimita'. 
    Sotto ulteriore aspetto,  l'irragionevolezza  della  disposizione
deve  ravvisarsi  anche  nella  circostanza  che  essa  finisce   con
l'affidare,   in   realta',   il    giudizio    sulla    legittimita'
dell'informativa antimafia in modo del tutto casuale, cioe' al T.A.R.
chiamato per primo a decidere (ovvero che comunque si pronuncia prima
degli altri), cosi' violando anche il principio del giudice  naturale
precostituito per legge stabilito dall'art. 25, comma 1, Cost. 
    6) Si rileva, in secondo luogo, la violazione  del  canone  della
piena ed effettiva tutela giurisdizionale affermato dagli  artt.  24,
comma 1, e 111, comma 1, Cost., poiche' l'interpretazione assunta dal
diritto vivente del comma 4-bis dell'art. 13, cod. proc. amm.,  rende
inutilmente ed eccessivamente difficoltoso  l'esercizio  del  diritto
delle parti di agire (e di resistere) in giudizio a tutela delle loro
posizioni soggettive. 
    Da   un   lato,   infatti,   si   costringe   l'impresa   colpita
dall'interdittiva antimafia ad adire un tribunale diverso  da  quello
nella cui circoscrizione ha sede  l'autorita'  prefettizia  emanante,
coincidente di massima con la sede dell'impresa stessa,  ovvero,  nel
caso di atti applicativi di diverse stazioni appaltanti, a  impugnare
l'informativa dinanzi a diversi tribunali, dovendo  affrontare  spese
ulteriori rispetto a quelle gia' elevate (particolarmente in  materia
di pubblici appalti) per l'accesso alla giustizia. 
    Dall'altro, si rende  piu'  difficoltosa  e  meno  tempestiva  la
difesa sia della Prefettura che, qualora la stessa interdittiva venga
impugnata con una pluralita' di ricorsi, si vede costretta a svolgere
distintamente le proprie difese nelle singole  sedi  giurisdizionali,
sia delle stazioni appaltanti diverse da quella chiamata in causa nel
giudizio presso il TAR che  pronuncia  per  primo  sulla  domanda  di
annullamento dell'informativa (addirittura escluse da quest'ultimo). 
    La presente  vicenda  contenziosa  fornisce,  ancora  una  volta,
dimostrazione concreta delle disfunzioni ipotizzate, dal momento  che
l'impresa ricorrente, avente sede in provincia di Napoli,  ha  dovuto
impugnare  il  medesimo  provvedimento  interdittivo,  emesso   dalla
Prefettura di Napoli, dinanzi al T.A.R. Liguria e al T.A.R. Campania.
Analoghe difficolta'  ha  conosciuto,  peraltro,  l'Avvocatura  dello
Stato, autonomamente chiamata a difendersi  nei  due  giudizi.  E  la
stazione appaltante  ligure  si  lamenta,  da  parte  sua,  di  dover
«subire» l'esito di un giudizio sulla  legittimita'  dell'informativa
(svoltosi presso il T.A.R. Campania) al quale non e' stata chiamata a
partecipare. 
    7) Paiono sussistere, pertanto, sia la denunciata violazione  dei
canoni affermati dagli artt. 3, 24, 25 e 111 Cost. sia il presupposto
concernente la rilevanza della  questione,  poiche'  la  disposizione
dettata   dall'art.   13,   comma   4-bis,   cod.   proc   .    amm.,
nell'interpretazione assunta dal diritto vivente, impedisce che cause
inscindibilmente  connesse  siano  concentrate  presso  il  Tribunale
amministrativo nella cui  circoscrizione  ha  sede  l'amministrazione
autrice del provvedimento principale (che costituisce il vero oggetto
della domanda proposta in giudizio) e rende  difficoltosa  la  difesa
delle parti, confliggendo altresi' con il principio di concentrazione
della tutela. 
    La rilevanza della questione  non  viene  meno  per  effetto  del
sopravvenuto mutamento della normativa sostanziale sulle informative,
atteso che la nuova disciplina introdotta con il codice  delle  leggi
antimafia  non  trova  applicazione  ratione  temporis  nel  presente
giudizio. 
    8) In relazione a tutto quanto precede,  il  giudizio  dev'essere
sospeso e gli atti vanno trasmessi alla Corte costituzionale, essendo
rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 13, comma 4-bis, del D.Lgs. 2  luglio  2010,
n. 104 (codice del processo  amministrativo),  per  violazione  degli
articoli 3, 24, 25 e 111 della Costituzione. 
    9) Ogni ulteriore statuizione in rito, nel  merito  e  in  ordine
alle spese resta riservata alla decisione definitiva. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Il Tribunale Amministrativo Regionale  per  la  Liguria  (Sezione
Seconda), non definitivamente pronunciando  sui  ricorsi  riuniti  in
epigrafe, dichiara rilevante e non manifestamente infondata, ai sensi
di cui in motivazione, la questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 13, comma 4-bis, cod. proc. amm., in relazione  agli  artt.
3, 24, 25 e 111 Cost. 
    Dispone la sospensione del presente giudizio. 
    Ordina   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale. 
    Ordina che, a cura della segreteria della  Sezione,  la  presente
ordinanza sia notificata alle parti in  causa  e  al  Presidente  del
Consiglio dei ministri nonche' comunicata ai Presidenti della  Camera
dei deputati e del Senato della Repubblica. 
    Riserva alla decisione definitiva ogni ulteriore  statuizione  in
rito, nel merito e in ordine alle spese. 
 
    Cosi' deciso in Genova nella camera di  consiglio  del  giorno  6
marzo 2014 con l'intervento dei magistrati: 
 
        Giuseppe Caruso, Presidente; 
        Paolo Peruggia, Consigliere; 
        Richard Goso, Consigliere, Estensore. 
 
                        Il Presidente: Caruso 
 
 
                                                    L'estensore: Goso