N. 194 ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 agosto 2014
Ordinanza del 6 agosto 2014 emessa dal Tribunale di Verona nel procedimento penale a carico di Andrioli Gabriele ed altri. Edilizia e urbanistica - Opere su beni paesaggistici eseguite in assenza di autorizzazione o in difformita' da essa - Trattamento sanzionatorio - Casi in cui i lavori ricadono su immobili o aree che, per le loro caratteristiche paesaggistiche, siano stati dichiarati di notevole interesse pubblico con apposito provvedimento emanato in epoca antecedente alla realizzazione dei lavori - Lamentata previsione della pena della reclusione da uno a quattro anni, anziche' delle pene, di natura contravvenzionale, di cui all'art. 44, lettera c), del d.P.R. n. 380 del 2001 - Disparita' di trattamento sanzionatorio rispetto alle condotte materialmente identiche su beni non dichiarati di notevole interesse pubblico con apposito provvedimento, ma che quell'interesse pubblico hanno in forza della legge - Parita' di trattamento rispetto alle condotte piu' gravi di cui all'art. 181-bis, lettera b), del d.lgs. n. 42 del 2004 - Violazione del principio di ragionevolezza e del principio della finalita' rieducativa della pena. - Decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, art. 181, comma 1-bis, lettera a). - Costituzione, artt. 3 e 27. In via subordinata: Edilizia e urbanistica - Opere su beni paesaggistici eseguite in assenza di autorizzazione o in difformita' da essa - Previsione che per determinate condotte, ferma restando l'applicazione delle sanzioni amministrative di cui all'art. 167 del d.lgs. n. 42 del 2004, qualora l'autorita' amministrativa competente accerti la compatibilita' paesaggistica, non si applicano le pene di cui all'art. 44, lettera c), del d.P.R. n. 380 del 2001 - Lamentata non operativita' della disposizione anche rispetto ai casi indicati dall'art. 81, comma 1-bis, lettera a), del d.lgs. n. 42 del 2004 - Disparita' di trattamento - Violazione del principio di ragionevolezza e del principio della finalita' rieducativa della pena. - Decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, art. 181, commi 1-ter, 1-quater e 1-quinquies. - Costituzione, artt. 3 e 27.(GU n.46 del 5-11-2014 )
TRIBUNALE DI VERONA Ordinanza Il giudice, dott. Giorgio Piziali, nel procedimento a carico di Andrioli Gabriele + 4, oltre ad altri reati qui non rilevanti, risultano contestati le seguenti violazioni dell'art. 181 comma 1-bis lett. a) del dlvo 42 del 2004: a Gabriele Andrioli e Chiara Salzani (capo b) per avere realizzato in assenza della prescritta autorizzazione paesaggistica un mutamento di destinazione d'uso da annesso rustico a civile abitazione di un immobile da loro realizzato in zona dichiarata di notevole interesse pubblico e sottoposta a vincolo paesaggistico con DM 23.5.1957; ancora a Gabriele Andrioli e Chiara Salzani (capo b) per avere realizzato in assenza della prescritta autorizzazione paesaggistica una piscina parzialmente interrata sempre nella stessa zona dichiarata di notevole interesse pubblico e sottoposta a vincolo paesaggistico con DM 23.5.1957; ancora a Gabriele Andrioli e Chiara Salzani (capo e) per avere pavimentato con colate di calcestruzzo un tratto di capezzagna, in assenza della prescritta autorizzazione, nella stessa zona dichiarata di notevole interesse pubblico e sottoposta a vincolo paesaggistico con DM 23.5.1957; infine a Gabriele Andrioli, Pietro Venturini e Michele Giacopuzzi (capo e) per aver realizzato un corpo di fabbrica in difformita' dalla prescritta autorizzazione, per essere l'opera piu' alta di 40 cm rispetto a quanto autorizzato, nella zona dichiarata di notevole interesse pubblico e sottoposta a vincolo paesaggistico con DM 23.5.1957; rispetto a queste violazioni la difesa degli imputati Gabriele Andrioli e Chiara Salzani, con memoria depositata in data 3.6.2014, ha eccepito l'illegittimita' costituzionale della norma sanzionatoria cosi' contestata, nella parte in cui esclude l'operativita' della sanatoria prevista dai commi 1-ter e 1-quater dello stesso art. 181 citato, malgrado il carattere minore degli interventi eseguiti, avendo documentato nel corso del giudizio che la locale Sovrintendenza ha espresso un «parere favorevole circa la compatibilita' delle opere ...rispetto al contesto paesaggistico di riferimento». Sentite le parti all'udienza del 5.6.2014 osserva quanto segue. 1. Rilevanza. In atti (prodotto all'udienza del 18.7.2013 dalla difesa Giacopuzzi) risulta effettivamente il parere reso in data 19.4.2011 dalla locale Sovrintendenza e confluito anche nel permesso di costruire in sanatoria con il quale e' stato espresso «parere favorevole circa la compatibilita' delle opere ...rispetto al contesto paesaggistico di riferimento» in relazione alle modifiche prospettiche e degli esterni di cui alle opere confluire nel capo di imputazione. In aggiunta a cio' e', altresi', emerso dall'istruttoria che la piscina di cui al capo b) e' stata rimossa. Si deve, quindi, convenire che ove effettivamente fosse illegittima l'esclusione delle violazioni dell'art. 181 comma 1-bis del dlvo 42 del 2004 dalla disciplina dai commi 1-ter e 1-quater dello stesso art. 181 l'esito del procedimento sarebbe diverso per le opere comprese nel citato parere favorevole reso dalla Sovrintendenza. Ma va aggiunto che l'esito sarebbe diverso anche per la realizzazione della piscina, ove si estendesse, per l'evidente omogeneita', la medesima eccezione anche al comma 1-quinquies, il quale in caso di rimessione in pristino delle aree o degli immobili soggetti a vincoli paesaggistici da parte del trasgressore, prima che venga disposta d'ufficio dall'autorita' amministrativa, e comunque prima che intervenga la condanna, estingue il reato di cui al comma 1, ma non quello di cui al comma 1-bis. Ma, in modo ancor piu' ampio, l'esito del procedimento sarebbe del tutto diverso, incidendo direttamente anche sul regime sanzionatorio e sui termini di prescrizione, per tutte le condotte, anche quelle non comprese nel parere favorevole circa la compatibilita' delle opere ...rispetto al contesto paesaggistico di riferimento» o non rimosse, se emergesse un'ancora piu' radicale illegittimita' costituzionale della differenziazione realizzata dal comma 1-bis lettera a) rispetto al comma 1, e rispetto anche al disposto dell'art. 734 c.p., nonche', per altro verso , dell'identita' di disciplina dettata nel comma 1-bis tra i casi assolutamente incomparabili di cui alla lettera a) e quelli di cui alla lettera b). Aspetto quest'ultimo, che involge piu' radicalmente il regime sanzionatorio, sul quale, come si vedra' subito, appare parimenti fortemente fondato il dubbio di illegittimita' costituzionale. 2. Non manifesta infondatezza. Fermo quanto detto circa la rilevanza, si ritiene che non sia manifestamente infondata, in relazione al parametro costituzionale di cui agli artt. 3 e 27 della Costituzione, l'eccezione di illegittimita' dell'art. 181, commi 1-ter e 1-quater del dlvo 2004 n. 42, nonche' la questione di legittimita' dello stesso art. 181, comma 1-quinquies, nella parte in cui ne e' esclusa l'operativita' rispetto alle condotte di cui al comma 1-bis, lettera a) dell'art. 181. Ma, in modo anche piu' radicale, come si e' anticipato, si ritiene che non sia manifestamente infondata, sempre in relazione al parametro costituzionale di cui agli artt. 3 e 27 della Costituzione anche la questione relativa alla differenza sanzionatoria tra i fatti di cui al comma 1 e quelli di cui al comma 1-bis lettera a) del citato art. 181, e, per converso, l'omogeneita' sanzionatoria tra i fatti di cui al comma 1-bis lettera a) e quelli di cui al comma 1-bis lettera b) del citato art. 181. 2.a Il tessuto normativo di riferimento. Per affrontare la questione e' necessario, in primo luogo, ricostruire il tessuto normativo di riferimento. L'art. 181 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, dedicato alle «opere eseguite in assenza di autorizzazione o in difformita' da essa», prevede al comma l che «chiunque, senza la prescritta autorizzazione o in difformita' di essa, esegue lavori di qualsiasi genere su beni paesaggistici e' punito con le pene previste dall'articolo 44, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380». Pene di natura contravvenzionale. Al comma 1-bis, invece, e' sanzionata con la piu' grave pena «della reclusione da uno a quattro anni» la condotta di chi esegue i medesimi lavori di cui al comma 1, se (lettera a) «ricadano su immobili od aree che per le loro caratteristiche paesaggistiche siano stati dichiarati di notevole interesse pubblico con apposito provvedimento emanato in epoca antecedente alla realizzazione dei lavori», oppure, disgiuntamente, se (lettera b) «ricadano su immobili od aree tutelati per legge ai sensi dell'articolo 142 ed abbiano comportato un aumento dei manufatti superiore al trenta per cento della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento della medesima superiore a settecentocinquanta metri cubi, ovvero ancora abbiano comportato una nuova costruzione con una volumetria superiore ai mille metri cubi». La differenza sanzionatoria tra il comma 1 e il comma 1-bis e' da ricondurre all'intervento effettuato con l'articolo 1, comma 36, della legge 15 dicembre 2004, n. 308, che ha aggiunto, appunto, il comma 1-bis, unitamente ai successivi commi 1-ter 1-quater e 1-quinquies. Commi ulteriori il cui contenuto e' il seguente: «1-ter. Ferma restando l'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie di cui all'articolo 167, qualora l'autorita' amministrativa competente accerti la compatibilita' paesaggistica secondo le procedure di cui al comma 1-quater, la disposizione di cui al comma l non si applica: a) per i lavori, realizzati in assenza o difformita' dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati; b) per l'impiego di materiali in difformita' dall'autorizzazione paesaggistica; c) per i lavori configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380. 1-quater. Il proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo dell'immobile o dell'area interessati dagli interventi di cui al comma 1-ter presenta apposita domanda all'autorita' preposta alla gestione del vincolo ai fini dell'accertamento della compatibilita' paesaggistica degli interventi medesimi. L'autorita' competente si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni. 1-quinquies. La rimessione in pristino delle aree o degli immobili soggetti a vincoli paesaggistici da parte del trasgressore, prima che venga disposta d'ufficio dall'autorita' amministrativa, e comunque prima che intervenga la condanna, estingue il reato di cui al comma 1». L'effetto complessivo che residua all'innesto effettuato nel 2004 con la legge n. 308 e', quindi, una disciplina che sanziona in modo estremamente piu' contenuto le condotte poste in essere su beni paesaggistici cosi' definiti per legge, rispetto alle identiche condotte poste in essere su beni dichiarati di notevole interesse pubblico con apposito provvedimento e che ammette, rispetto alle sole condotte poste in essere su beni paesaggistici cosi' definiti per legge, sia eventi estintivi del reato (la rimessione in pristino) che vere e proprie sanatorie successive (in questo caso con alcuni limiti). 2.b Irragionevolezza del trattamento deteriore che subisce l'autore del reato di cui al comma 1-bis lettera a). Ora, questo serio aggravio di pena, e l'esclusione di ogni successiva sanatoria o estinzione del reato, e' evidentemente comprensibile e ragionevole per gli interventi di cui alla lettera b) dell'art. 181 comma 1-bis, perche' in questo caso si e' in presenza di opere di impatto estremamente rilevante, per aver comportato un aumento dei manufatti superiore al trenta per cento della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento della medesima superiore a settecentocinquanta metri cubi, ovvero ancora abbiano comportato una nuova costruzione con una volumetria superiore ai mille metri cubi. L'identico aggravio di pena, invece, appare del tutto privo di giustificazione razionale rispetto alla lettera a) della medesima norma, perche' e' inspiegabile e ingiustamente iniquo il trattamento deteriore che subisce l'autore del reato di cui al comma 1-bis lettera a), rispetto all'autore della condotta di cui al comma 1. E cio': a) sia rispetto al soggetto che pone in essere condotte materialmente identiche, su beni non dichiarati di notevole interesse pubblico con apposito provvedimento, ma che quell'interesse pubblico hanno in forza della legge; b) sia rispetto al soggetto che pone in essere le ben piu' gravi condotte di cui alla ricordata lettera b) dell'art. 181 comma 1-bis. a) Infatti, per dirlo con riferimento al caso specifico qui in esame, per aver realizzato un corpo di fabbrica piu' alto di 40 cm rispetto a quanto autorizzato, viene integrato un delitto e non una contravvenzione, e senza la possibilita' di godere ai fini penali dell'autorizzazione successivamente rilasciata in sanatoria, solo perche' la zona in cui e' ubicato l'immobile e' dichiarata di notevole interesse pubblico e sottoposta a vincolo paesaggistico con un apposito provvedimento, nel caso il DM 23.5.1957, e non gia' dichiarata tale ex lege. Gia' per questo aspetto il confronto non trova alcuna giustificazione razionale comprensibile, perche', anzi, dovrebbero semmai essere i beni la cui evidenza paesaggistica e' talmente chiara e importante da avere un riconoscimento generale e astratto di fonte direttamente legislativa a meritare una tutela maggiore, non gia' un bene il cui rilievo paesaggistico non deriva direttamente dalla legge, ma da un atto amministrativo. Con questa soluzione legislativa, per dirlo con riferimento al caso specifico, risulta piu' grave alzare di 40 centimetri un edificio sito nella Valpolicella, che non realizzare un aumento dei manufatti entro il trenta per cento della volumetria della costruzione originaria, oppure realizzare una nuova costruzione con una volumetria entro i mille metri cubi sul territorio costiero compreso in una fascia della profondita' di 300 metri dalla linea di battigia. E cio' in quanto il territorio costiero compreso in una fascia della profondita' di 300 metri dalla linea di battigia riceve una tutela ex lege, per cui per ogni opera su esso eseguita l'intervento sanzionatorio previsto e' di natura esclusivamente contravvenzione, per di piu' sanabile, a meno che non ricorrano i casi della lettera b) del comma 1-bis dell'art. 181. Quindi l'affermazione che e' stabilmente fatta dalla Corte di cassazione per cui la differenziazione del regime sanzionatorio complessivo tra il comma 1 e il comma 1 si giustificherebbe perche' «si tratta di una scelta del legislatore e che riguarda situazioni in realta' non omogenee» (ad esempio Sez. 3, Sentenza n. 33542 del 19/6/2012) e' altamente insoddisfacente, perche' se davvero sono situazioni non omogenee (e cio', come si vedra', e' fortemente dubbio) di certo ad essere trattate in maniera deteriore sono le situazioni semmai meno gravi, perche' riguardano beni di rilievo ambientale inferiore, in quanto non qualificate come tali dalla legge per l'intrinseca valenza ambientale che li caratterizza. E certamente non e' tollerabile da un sistema sanzionatorio che si incentra ex art. 27 Cost. sulla finalita' rieducativa della pena che vi siano esiti sanzionatori cosi' macroscopicamente ingiusti sul piano della comparazione delle situazioni, perche' esisti cosi' macroscopicamente ingiusti rendono la pena ingiusta e, quindi, non rieducativa. b) Ma vi e' dell'altro, perche' un'altra evidente distonia del sistema sanzionatorio emerge dal raffronto interno alle due lettere del comma 1-bis dell'art. 181, queste si' relative a due situazioni del tutto non omogenee, ma trattate, sotto il profilo penale, allo stesso modo. Infatti, per restare sempre al caso di specie, per aver realizzato un corpo di fabbrica piu' alto di 40 cm rispetto a quanto autorizzato, in ragione del solo fatto che l'intervento e' stato effettuato in una zona dichiarata di notevole interesse pubblico e sottoposta a vincolo paesaggistico con un apposito provvedimento e non gia' ex lege, il trattamento sanzionatorio viene ad essere identico a quello previsto per l'esecuzione, su beni dichiarati di notevole interesse pubblico e sottoposti a vincolo paesaggistico ex lege, di opere di straordinario impatto ambientale: come effettuare un aumento dei manufatti superiore al trenta per cento della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, eseguire un ampliamento della medesima superiore a settecentocinquanta metri cubi, ovvero ancora realizzare una nuova costruzione con una volumetria superiore ai mille metri cubi. Anche cio' e' certamente non tollerabile da un sistema sanzionatorio che per la finalita' rieducativa che la pena deve avere, come detto, non puo' ammettere esiti sanzionatori cosi' macroscopicamente ingiusti sul piano della comparazione delle situazioni. c) Ma vi e' in aggiunta da segnalare, a questo riguardo, che il trattamento sanzionatorio dettato dall'art. 181 comma 1-bis lettera a), tanto piu' risulta incomprensibile, in presenza di situazioni in cui l'amministrazione preposta alla tutela del vincolo ritiene il bene non leso, se lo si confronta con il trattamento sanzionatorio previsto dall'art. 734 c.p., che si occupa del caso in cui le bellezze naturali soggette a speciale protezione dell'Autorita' siano state distrutte o alterate. In forza dell'art. 734 c.p., infatti, la pena per chi distrugge o altera le bellezze naturali soggette a speciale protezione dell'Autorita' e' della sola ammenda fino a 6197,00 euro. A questo giudice non sfugge che puo' essere opportuno, in termini di corretta finalita' della pena, sanzionare maggiormente un reato di pericolo, per anticipare la soglia di tutela del bene, ma di certo non pare tollerabile, nel confronto con l'art. 27 Cost. e con l'art. 3 Cost., che chi abbia omesso di chiedere l'autorizzazione (o abbia disatteso l'autorizzazione chiesta) per eseguire opere in zone soggette a speciale protezione dell'Autorita' per la loro caratteristica di bellezza naturale possa subire una condanna fino a quattro anni di reclusione, malgrado l'amministrazione preposta alla tutela del bene ritenga questo non leso, e, invece, ove il bene sia distrutto o alterato, incorra nella sanzione dell'ammenda fino a 6197,00 euro. 2b. Possibile ratio della differenza di regime sanzionatorio. E' necessario, pero', che ci si confronti anche con l'assunto per cui la logica di questo sistema sanzionatorio differenziato sarebbe da ricercare proprio nel fatto che l'ordinamento intenderebbe punire piu' gravemente chi pone in essere la medesima condotta pericolosa per il paesaggio se questa riguarda un bene dichiarato espressamente, con un apposito provvedimento, di rilievo paesaggistico, proprio perche' la presenza di un provvedimento espresso, adottato con le forme pubbliche e partecipate dettate dagli artt. 136 ss del dlvo in esame 2004/42, darebbe al bene un rilievo ed un'evidenza maggiore rispetto alle aree che sono, invece, protette «solo» ex lege. Rispetto all'ipotesi che sia questa la spiegazione della strana differenza sanzionatoria, occorre, pero', per prima cosa, segnalare che nella versione originaria probabilmente il comma 1-bis in esame intendeva effettivamente ispirarsi a questa idea, visto che nella lettera a) il regime sanzionatorio deteriore era riferito ai beni dichiarati di specifico interesse paesaggistico «ai sensi dell'articolo 136»: ossia in esito ad una procedura pubblica e partecipata definita nel dettaglio dall'art. 136 del dlvo 2004/42. Tuttavia, con l'articolo 28 del d.lgs. 24 marzo 2006, n. 157 quell'inciso e' stato soppresso, rendendo, quindi, evidente che il regime sanzionatorio deteriore si applica ai beni dichiarati di specifico interesse paesaggistico con qualsiasi provvedimento, anche diverso da quello pubblico e partecipato di cui all'art. 136, e nello specifico con tutti i provvedimenti gia' resi in passato in varie forme e fatti salvi dall'art. 157 del Codice in esame. In conseguenza, infatti, la Corte di cassazione ha affermato che «il delitto paesaggistico previsto dall'art. 18, comma primo bis, lett. a), del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (esecuzione di lavori di qualsiasi genere su beni paesaggistici ricadenti su immobili od aree che, siano stati dichiarati di notevole interesse pubblico con apposito provvedimento emanato in epoca antecedente alla realizzazione dei lavori), e' configurabile anche se la dichiarazione di notevole interesse pubblico sia intervenuta con provvedimento emesso ai sensi delle disposizioni previgenti. (Fattispecie relativa all'abusiva realizzazione di una pista di atterraggio in zona vincolata, dichiarata di notevole interesse pubblico con D.M. 21 febbraio 1958)» (sez, III, sentenza n. 9278 del 26/01/2011). A fronte di cio' l'unico dato differenziante tra i casi del comma 1 e del comma 1-bis lettera a) sarebbe allora semplicemente da ricercare nella fonte del vincolo, da riportare al comma 1 se la fonte e' la legge e da riportare al comma 1-bis se la fonte e' uno specifico provvedimento. Ma questo esito impone numerose ulteriori osservazioni che confermano l'assoluta assenza di ragionevolezza di fondare una cosi' grave differenziazione sanzionatoria sulla fonte da cui promana il vincolo. a) La prima osservazione e' che, in questo modo, contando solamente (per giustificare la sanzione piu' elevata) la presenza o meno di un provvedimento specifico di vincolo, si finisce, di fatto, con il sanzionare maggiormente una condotta solo perche' include il mancato rispetto del provvedimento (amministrativo) che il vincolo ha deliberato. In tal modo, pero', si realizza un'evidente sproporzione anche rispetto al sistema sanzionatorio complessivo nel punire cosi' gravemente quell'inottemperanza, perche', ad esempio, in materie di rango costituzionale almeno pari al paesaggio e all'ambiente, l'inottemperanza ai provvedimenti amministrativi comporta pene assai piu' contenute: si veda per tutti l'art. 650 c.p. b) La seconda osservazione e' che quella differenza di regime sanzionatorio e' ancora meno giustificabile nei casi in cui, come quello qui in esame, il provvedimento che ha dichiarato il bene di notevole interesse pubblico e lo ha sottoposto a vincolo paesaggistico investe un'area di dimensioni estese, com'e' la Valpolicella, e non solo un singolo e specifico bene. Quel vincolo, infatti, in questo modo viene ad essere del tutto identico ad alcuni di quelli di fonte legislativa e non dotato di quella delimitazione, specificita' e individuabilita' da cui discenderebbe un'ipotetica giustificazione del maggior rigore sanzionatorio. Col paradosso evidente e inaccettabile che la Valpolicella, per stare sempre ancorati al processo in cui la questione si sta ponendo, se dovesse diventare un parco o una riserva nazionale o regionale avrebbe una tutela penale inferiore rispetto a quella che ha oggi, proprio perche' e' solo dichiarata area di interesse paesaggistico, senza assurgere a parco o a riserva. c) Ma la terza osservazione, che contribuisce a rendere tanto piu' priva di giustificazione la differenza di regime sanzionatorio tra comma 1 e comma 1-bis lettera a) dell'art. 181 dlvo 2004/42, deriva dal fatto che l'art. 142 del dlgs 2004 n. 42, che elenca le «aree tutelate per legge», quindi ricomprese nel comma 1 dell'art. 181, include alcuni beni che hanno effettivamente rilievo ambientale in se stessi, per la loro stessa natura (stranamente per questo ritenuti dal legislatore di minor valore) che sono: a) i territori costieri compresi in una fascia della profondita' di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare; b) i territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondita' di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi; d) le montagne per la parte eccedente 1.600 metri sul livello del mare per la catena alpina e 1.200 metri sul livello del mare per la catena appenninica e per le isole; e) i ghiacciai e i circhi glaciali; g) i territori coperti da foreste e da boschi, ancorche' percorsi o danneggiati dal fuoco, l) i vulcani. Ma accanto a questi beni l'art. 142 qualifica alcuni beni aree tutelate per legge, e quindi ricompresi nel comma 1 dell'art. 181, solo in quanto individuate da appositi provvedimenti. Cosi' per i fiumi, i torrenti, i corsi d'acqua (e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna) quella qualita' di area protetta per legge la assumono solo se si tratta di corsi d'acqua «iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775». Analogamente per le zone umide per acquisire la qualita' di area protetta per legge occorre che siano incluse nell'elenco previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448. Per i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonche' i territori di' protezione esterna dei parchi, tanto piu' e' proprio un provvedimento che attribuisce quella qualita'. Allo stesso modo per i territori sottoposti a vincolo di rimboschimento, come definiti dall'articolo 2, commi 2 e 6, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227, di nuovo e' un provvedimento che li individua. Infine, per le aree assegnate alle universita' agrarie e le zone gravate da usi civici ancora una volta sono provvedimenti specifici a far sorgere quella qualita' e quindi la qualifica di area protetta. Pertanto, rispetto a questi beni, che trovano si' la loro tutela nella definizione legale di aree tutelate, ma che per essere inclusi in quella tutela richiedono un provvedimento, ancora maggiormente sfugge cosa possa giustificare la cosi' seria differenza nel regime sanzionatorio penale che risulta dall'art. 181 in esame. 2.C. Omogeneita' dei beni per come disciplinati nell'intero dlvo 2004/42. Da ultimo, infine, a confermare l'irragionevolezza del sistema sanzionatorio penale che residua all'articolazione dei commi 1 e 1-bis lettera a) dell'art. 181 dlvo 2004/42 e' il fatto che in tutto il testo del dlvo 2004/42 la disciplina dei beni di interesse paesaggistico e' esattamente identica, senza alcuna differenza in ragione del fatto che siano tutelati dalla legge, in forza dell'articolo 142, oppure siano tutelati in forza di provvedimenti espressi ai sensi degli articoli 136, 143, comma 1, lettera d), e 157. Infatti, l'art. 146, ad esempio, sottopone tutti i beni cosi' individuati alla medesima disciplina e, anzi, anche sul piano lessicale distingue le aree tutelate ex art. 142 dalle altre in modo estremamente tenue, definendo le prime «tutelate dalla legge» e le altre tutelate «in base alla legge» a termini degli articoli 136, 143, comma 1, lettera d), e 157. Ma, soprattutto, rilevante e' che l'art. 167 disciplina la possibilita' di accedere ad una valutazione di compatibilita' paesaggistica successiva all'esecuzione dell'opera, senza differenziare tra le opere che intervengono su beni tutelati ex lege o su beni tutelati con specifici provvedimenti, escludendo, invece, questa possibilita' solo in ragione della tipologia delle opere, ammettendo la valutazione di compatibilita' paesaggistica solo: a) per i lavori, realizzati in assenza o difformita' dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati; b) per l'impiego di materiali in difformita' dall'autorizzazione paesaggistica; c) per i lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell'articolo 3 del decreto dei Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380. Con l'effetto che ai fini amministrativi per le opere di quel tipo, anche se intervenute su beni riconducibili al disposto del comma 1-bis lettera a) dell'art. 181, e' possibile per l'autore del reato ottenere la sanatoria, ma senza, pero', che detta sanatoria, in questo solo caso, precluda l'applicazione della grave sanzione penale. In conclusione, effettivamente, quindi, non trova sostegno, al confronto con gli artt. 3 e 27 della Costituzione, il fatto che l'art. 181, comma 1-bis lettera a) del decreto legislativo n. 42, anche al di fuori dei casi indicati nell'art. 181, comma 1-bis lettera b) del medesimo decreto legislativo, preveda la sanzione della reclusione da uno a quattro anni, invece che le pene previste dall'articolo 44, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, come stabilito per le condotte di cui al comma 1 dell'art. 181. 2.d. Questione subordinata. Ma in ogni caso, oppure almeno in via subordinata al rigetto della questione principale (ove questa venisse disattesa), appare altrettanto fondata la questione di legittimita' costituzionale, per contrarieta' all'art. 3 e all'art. 27 della Costituzione, dell'art. 181, commi 1-ter, 1-quater e 1-quinquies del decreto legislativo n. 42 del 2004, nella parte in cui queste previsioni non operano anche rispetto ai casi indicati nell'art. 181, comma 1-bis lettera a) del decreto legislativo n. 42 del 2004. Per questo aspetto, per prima cosa occorre richiamare quanto gia' detto fin qui, perche' anche la previsione di cause di estinzione del reato o di sanatorie che escludono la punibilita' entra nel complessivo impianto sanzionatorio, per cui, di nuovo, nulla consente di comprendere la ragione per cui per l'identica (se non meno grave) condotta non sia possibile ottenere alcuna sanatoria o conseguire, con un comportamento ripristinatorio alcuna estinzione del reato. Perche', per dirlo sempre con riferimento ai casi oggetto del presente procedimento, non si comprende la ragione per cui rimuovere una piscina realizzata senza autorizzazione in Valpolicella, area vincolata con apposito decreto ministeriale, non estingua il reato, mentre rimuovere la stessa piscina realizzata senza autorizzazione a venti metri dalla linea di battigia estingua il reato. Ma per questo aspetto sembra decisivo quanto osservato dalla stessa Corte costituzionale con l'ordinanza n. 439 del 2007, ripetitiva dell'ordinanza n. 144 del 2007. Se, infatti, la corte ha chiarito che in forza della propria giurisprudenza costante «non e' possibile una pronuncia additiva tesa ad estendere una disposizione derogatoria ed eccezionale, a meno che non sussista piena identita' di funzione tra le discipline poste a raffronto (v., ex multis, sentenza n. 149 del 2005)», tuttavia, proprio escludendo in quel caso l'estendibilita' alle violazioni edilizie dell'art. 181 comma 1-quinquies del dlvo 2004/42 la Corte ha osservato che in quel caso «tale estensione non e' possibile, trattandosi di fattispecie criminose analoghe, ma non identiche», soprattutto perche' «il reato edilizio previsto dall'articolo 44 del d.P.R. n. 380 del 2001 ed il reato paesaggistico previsto dall'art. 181 del decreto legislativo n. 42 del 2004, hanno oggetti giuridici diversi». Una valutazione che, infatti, deve certamente essere diversa nel raffronto tra le due previsioni sanzionatore incluse nell'art. 181, perche' qui l'oggetto giuridico e' esattamente identico. Ma, soprattutto, la stessa Corte costituzionale ha, proprio nella citata ordinanza, osservato: «che i reati paesistici ed ambientali tutelano il paesaggio e l'ambiente e cioe' dei beni materiali (cfr. sentenze numeri 367 e 378 del 2007), mentre i reati edilizi tutelano il rispetto di un bene astratto, e cioe' la disciplina amministrativa dell'uso del territorio; che, pertanto, pur avendo entrambi i reati la natura di reati di pericolo (avendo il legislatore in ambo i casi ritenuto necessario anticipare al massimo livello possibile la soglia di tutela degli interessi), la diversita' degli oggetti "finali" protetti dai due reati giustifica discipline sanzionatorie e fattispecie estintive differenziate; che, in particolare, la materialita' del bene paesaggistico-ambientale conferisce un valore essenziale alla rimessione in pristino del paesaggio e dell'ambiente, alla quale, in definitiva, tende l'intero sistema sanzionatorio in questa materia; che, proprio in considerazione della straordinaria importanza della tutela "reale" dei beni paesaggistici ed ambientali, il legislatore, nell'ambito delle sue scelte di politica legislativa, ha deciso di incentivarla in varie forme: sia riconoscendo attenuanti speciali a favore di chi volontariamente ripari le conseguenze dannose dei reati previsti a tutela delle acque (art. 140 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante "Norme in materia ambientale"), sia subordinando alla riduzione in pristino il beneficio della sospensione condizionale della pena nei reati collegati alla gestione del ciclo dei rifiuti (artt. 139, 255, 257 e 260 del decreto legislativo n. 152 del 2006), sia, infine, riconoscendo, come nel caso in esame, valore prevalente al ripristino del bene paesaggistico rispetto alla stessa pretesa punitiva dello Stato». Considerazioni che certamente impongono un esito diverso, rispetto a quello adottato con la citata decisione, nel caso in cui, come qui si chiede, venga richiesto di estendere, per evitare ingiustificate e irragionevoli disparita' di regime, il regime del comma 1-quinquies (ma analogo discorso deve essere compiuto per i commi 1-ter e 1-quater) anche alle condotte di cui al comma 1-bis dell'art. 181.
P.Q.M. Visto l'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87 e l'art. 159 c.p. Dichiara non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale, per contrarieta' all'art. 3 e all'art. 27 della Costituzione, dell'art. 181, comma 1-bis lettera a) del decreto legislativo n. 42 del 2004, nella parte in cui punisce, anche al di fuori dei casi indicati nell'art. 181, comma 1-bis lettera b) del decreto legislativo n. 42 del 2004, con la sanzione della reclusione da uno a quattro anni, invece che con le pene previste dall'articolo 44, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, come previsto rispetto alle condotte di cui al comma 1 dell'art. 181, le condotte in esso disciplinate, Dichiara, in via subordinata, non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale, per contrarieta' all'art. 3 e all'art. 27 della Costituzione, dell'art. 181, commi 1-ter, 1-quater e 1-quinquies del decreto legislativo n. 42 del 2004, nella parte in cui non operano anche rispetto ai casi indicati nell'art. 181, comma 1-bis lettera a) del decreto legislativo n. 42 del 2004, Ordina, di conseguenza, l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Dispone che la presente ordinanza sia integralmente notificata e comunicata alle parti e che sia altresi' notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata al Presidente della Camera dei deputati e al Presidente del Senato della Repubblica. Dispone la sospensione del procedimento. Manda la cancelleria per gli adempimenti. Verona, 5 agosto 2014 Il Giudice: dott. Giorgio Piziali