N. 73 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 9 ottobre 2014
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 9 ottobre 2014 (della Regione Campania).. Beni culturali - Disposizioni urgenti per la tutela del decoro dei siti culturali - Previsione che i competenti uffici territoriali del Ministero e i Comuni avviano d'intesa procedimenti di riesame delle autorizzazioni e delle concessioni di suolo pubblico, anche in deroga a disposizioni legislative di competenza regionale in materia di commercio e all'intesa sottoscritta in sede di Conferenza unificata avente ad oggetto criteri da applicare nelle procedure di selezione per l'assegnazione dei posteggi su aree pubbliche - Ricorso della Regione Campania - Denunciata invasione della competenza legislativa residuale delle Regioni in materia di artigianato e di commercio - Violazione della potesta' legislativa regionale nella materia concorrente della valorizzazione dei beni culturali - Violazione del principio di leale collaborazione - Violazione dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario. - Decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2014, n. 106, art. 4, che modifica il comma 1-bis dell'art. 52 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (aggiunto dall'art. 4-bis del decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 ottobre 2013, n. 112) e che lo rinomina in comma 1-ter. - Costituzione, artt. 5, 117, commi primo, secondo, terzo e quarto, 118, in particolare comma terzo, e 120; legge 5 giugno 2003, n. 131, art. 8, comma 6; decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, art. 70, comma 5; direttiva 2006/123/CE del 12 dicembre 2006. Beni culturali - Trasformazione di ENIT (Agenzia nazionale italiana per il turismo) in ente pubblico economico - Disciplina - Ricorso della Regione Campania - Denunciata mancata previsione, ai fini dell'approvazione del nuovo statuto, dell'intesa con le Regioni e le Province autonome, asseritamente private, in ragione del rinvio alla fonte statutaria dell'ente anche per la disciplina dell'Osservatorio del Turismo, di qualsiasi competenza al riguardo - Violazione del principio di leale collaborazione. - Decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2014, n. 106, art. 16, commi 5 e 6. - Costituzione, artt. 5, 117, commi terzo e quarto, e 118.(GU n.48 del 19-11-2014 )
Ricorso della Regione Campania (c.f.: 80011990636), in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore, On. Dott. Stefano Caldoro, rappresentata e difesa, giusta deliberazione di Giunta regionale n. 423 del 22 settembre 2014 e procura a margine del presente atto, unitamente e disgiuntamente, dall'avv. Maria D'Elia (c.f.: DLEMRA53H42F839H) e dall'avv. Almerina Bove (BVOLRN70C461262Z) dell'Avvocatura Regionale, elettivamente domiciliato presso l'Ufficio di rappresentanza della Regione Campania sito in Roma alla via Poli n. 29 (fax 081/7963591; pec: agc04.sett.02@regione.campania.it); Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli 4 e 16, commi 5 e 6, del decreto legge 31 maggio 2014, n. 83, recante "Disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo", convertito con modificazioni dalla legge 29 luglio 2014 n. 106, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 175 del 30 luglio 2014. Fatto 1. Nella Gazzetta Ufficiale - Serie Generale - n. 236 dell'8 ottobre 2013, veniva pubblicata la legge 7 ottobre 2013, n. 112, avente ad oggetto "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, recante disposizioni urgenti per la tutela, la valorizzazione e il rilancio dei beni e delle attivita' culturali e del turismo". 2. L'art. 1 comma 1 della citata legge inseriva nel decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, l'art 2-bis, a mente del quale «All'art. 52 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 sono apportate le seguenti modificazioni: a) dopo il comma 1 e' aggiunto il seguente: "1-bis. Fermo restando quanto previsto dall'art. 7-bis, i comuni, sentito il soprintendente, individuano altresi' i locali, a chiunque appartenenti, nei quali si svolgono attivita' di artigianato tradizionale e altre attivita' commerciali tradizionali, riconosciute quali espressione dell'identita' culturale collettiva ai sensi delle convenzioni UNESCO di cui al medesimo art. 7-bis, al fine di assicurarne apposite forme di promozione e salvaguardia, nel rispetto della liberta' di iniziativa economica di cui all'art. 41 della Costituzione"; b) la rubrica e' sostituita dalla seguente: "Esercizio del commercio in aree di valore culturale e nei locali storici tradizionali"». 3. L'art. 1, comma 1 della citata legge inseriva, altresi', nel decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, l'art. 4-bis, a mente del quale «All'art. 52 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, dopo il comma 1 e' aggiunto il seguente: "1-bis. Al fine di contrastare l'esercizio, nelle aree pubbliche aventi particolare valore archeologico, storico, artistico e paesaggistico, di attivita' commerciali e artigianali in forma ambulante o su posteggio, nonche' di qualsiasi altra attivita' non compatibile con le esigenze di tutela del patrimonio culturale, con particolare riferimento alla necessita' di assicurare il decoro dei complessi monumentali e degli altri immobili del demanio culturale interessati da flussi turistici particolarmente rilevanti, nonche' delle aree a essi contermini, le Direzioni regionali per i beni culturali e paesaggistici e le soprintendenze, sentiti gli enti locali, adottano apposite determinazioni volte a vietare gli usi da ritenere non compatibili con le specifiche esigenze di tutela e di valorizzazione, comprese le forme di uso pubblico non soggette a concessione di uso individuale, quali le attivita' ambulanti senza posteggio, nonche', ove se ne riscontri la necessita, l'uso individuale delle aree pubbliche di pregio a seguito del rilascio di concessioni di posteggio o di occupazione di suolo pubblico"». 4. Con ricorso ritualmente notificato e pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 4 del 22 gennaio 2014, iscritto al Registro Ricorsi con il n. 202/13 - a tutt'oggi pendente - la scrivente Amministrazione regionale ha adito Codesta Eccellentissima Corte per la declaratoria della illegittimita' costituzionale delle disposizioni di legge di cui ai citati artt. 2-bis e 4 bis, del decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91 per violazione degli artt. 117, commi 3 e 4 e 118 della Costituzione e per Violazione del principio di leale collaborazione. 5. Sulla Gazzetta Ufficiale n. 175 del 30.7.2014 e' stata successivamente pubblicata la legge 29 luglio 2014, n. 106, di conversione in legge con modificazioni del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, recante "Disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo". 6. L'art. 4 del decreto legge citato e' intervenuto, in particolare, a novellare nuovamente l'art. 52 del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, mediante rinumerazione in comma 1-ter, del comma 1-bis introdotto dall'art. 4- bis del d.l. 8 agosto 2013, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 ottobre 2013, n. 112 (oggetto del menzionato ricorso pendente innanzi a Codesta Corte con il n. 102 del 2013) e stabilendo che "Al fine di rafforzare le misure di tutela del decoro dei complessi monumentali e degli altri immobili del demanio culturale interessati da flussi turistici particolarmente rilevanti e anche in relazione al comma 5 dell'art. 70 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, di attuazione della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006 relativa ai servizi nel mercato interno, al comma 1-ter, dell'art. 52 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, come rinominato dal presente articolo, al primo periodo, le parole: «di contrastare l'esercizio, nelle aree pubbliche aventi particolare valore archeologico, storico, artistico e paesaggistico, di attivita' commerciali e artigianali in forma ambulante o su posteggio, nonche' di qualsiasi altra attivita' non compatibile con le esigenze di tutela del patrimonio culturale, con particolare riferimento alla necessita'» sono soppresse e le parole: «le Direzioni regionali per i beni culturali e paesaggistici e le sopraintendenze, sentiti gli enti locali» sono sostituite dalle seguenti: «i competenti uffici territoriali del Ministero, d'intesa con i Comuni», ed e' aggiunto, in fine, il seguente periodo.. «In particolare, i competenti uffici territoriali del Ministero e i Comuni avviano, d'intesa, procedimenti di riesame, ai sensi dell'art. 21-quinquies, della legge 7 agosto 1990, n. 241, delle autorizzazioni e delle concessioni di suol o pubblico, anche a rotazione, che risultino non piu' compatibili con le esigenze di cui al presente comma, anche in deroga a eventuali disposizioni regionali adottate in base all'art. 28, commi 12, 13 e 14, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, e successive modificazioni, nonche' in deroga ai criteri per il rilascio e il rinnovo della concessione dei posteggi per l'esercizio del commercio su aree pubbliche e alle disposizioni transitorie stabilite nell'intesa in sede di Conferenza unificata, ai sensi dell'art. 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, prevista dall'art. 70, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, recante attuazione della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006 relativa ai servizi nel mercato interno. In caso di revoca del titolo, ove non risulti possibile il trasferimento dell'attivita' commerciale in una collocazione alternativa potenzialmente equivalente, al titolare e' corrisposto da parte dell'amministrazione procedente l'indennizzo di cui all'art. 21-quinquies, comma 1, terzo periodo, della legge 7 agosto 1990, n. 241, nel limite massimo della media dei ricavi annui dichiarati negli ultimi cinque anni di attivita', aumentabile del 50 per cento in caso di comprovati investimenti effettuati nello stesso periodo per adeguarsi alle nuove prescrizioni in materia emanate dagli enti locali". Il citato art. 52, comma 1-ter del Codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, risulta, dunque, formulato nei seguenti termini: "Al fine di assicurare il decoro dei complessi monumentali e degli altri immobili del demanio culturale interessati da flussi turistici particolarmente rilevanti, nonche' delle aree a essi contermini, i competenti uffici territoriali del Ministero, d'intesa con i Comuni, adottano apposite determinazioni volte a vietare gli usi da ritenere non compatibili con le specifiche esigenze di tutela e di valorizzazione, comprese le forme di uso pubblico non soggette a concessione di uso individuale, quali le attivita' ambulanti senza posteggio, nonche', ove se ne riscontri la necessita', l'uso individuale delle aree pubbliche di pregio a seguito del rilascio di concessioni di posteggio o di occupazione di suolo pubblico. In particolare, i competenti u ici territoriali del Ministero e i Comuni avviano, d'intesa, procedimenti di riesame, ai sensi dell'art. 21-quinquies, della legge 7 agosto 1990, n. 241, delle autorizzazioni e delle concessioni di suolo pubblico, anche a rotazione, che risultino non piu' compatibili con le esigenze di cui al presente comma, anche in deroga a eventuali disposizioni regionali adottate in base all'art. 28, commi 12, 13 e 14, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, e successive modificazioni, nonche' in deroga ai criteri per il rilascio e il rinnovo della concessione dei posteggi per l'esercizio del commercio su aree pubbliche e alle disposizioni transitorie stabilite nell'intesa in sede di Conferenza unificata, ai sensi dell'art. 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, prevista dall'art. 70, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, recante attuazione della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006 relativa ai servizi nel mercato interno. In caso di revoca del titolo, ove non risulti possibile il trasferimento dell'attivita' commerciale in una collocazione alternativa potenzialmente equivalente, al titolare e' corrisposto da parte dell'amministrazione procedente l'indennizzo di cui all'art. 21-quinquies, comma 1, terzo periodo, della legge 7 agosto 1990, n. 241, nel limite massimo della media dei ricavi annui dichiarati negli ultimi cinque anni di attivita', aumentabile del 50 per cento in caso di comprovati investimenti effettuati nello stesso periodo per adeguarsi alle nuove prescrizioni in materia emanate dagli enti locali". 7. L'art. 16 dello stesso decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2014, n. 106, rubricato Trasformazione di ENIT in ente pubblico economico e liquidazione di Promuovi Italia S.p.A. dispone, inoltre, la trasformazione dell'ENIT-Agenzia nazionale del turismo in ente pubblico economico, che "nel perseguimento della missione di promozione del turismo, interviene per individuare, organizzare, promuovere e commercializzare i servizi turistici e culturali e per favorire la commercializzazione dei prodotti enogastronomici, tipici e artigianali in Italia e all'estero, con particolare riferimento agli investimenti nei mezzi digitali, nella piattaforma tecnologica e nella rete internet attraverso il potenziamento del portale "Italia.it", anche al fine di realizzare e distribuire una Carta del turista, anche solo virtuale, che consenta, mediante strumenti e canali digitali e apposite convenzioni con soggetti pubblici e privati, di effettuare pagamenti a prezzo ridotto per la fruizione integrata di servizi pubblici di trasporto e degli istituti e dei luoghi della cultura" (comma 2). A mente del comma 3, costituiscono organi dell'ENIT il presidente, il consiglio di amministrazione e il collegio dei revisori dei conti. Ai sensi del successivo comma 5, "Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto si provvede all'approvazione del nuovo statuto dell'ENIT. Lo statuto, adottato in sede di prima applicazione dal Commissario di cui al comma 4, e' approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dei beni e delle attivita' culturali e del turismo. Il presidente dell'ENIT e' nominato con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dei beni e delle attivita' culturali e del turismo"; detto statuto, ai sensi del successivo comma 6 tra l'altro "stabilisce (omissis) che il consiglio di amministrazione sia composto, oltre che dal presidente dell'ENIT, da due membri nominati dal Ministro dei beni e delle attivita' culturali e del turismo, di cui uno su designazione della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, e l'altro sentite le organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative, nel rispetto della disciplina in materia di inconferibilita' e incompatibilita' di incarichi presso le pubbliche amministrazioni di cui al decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39. Lo statuto provvede alla disciplina delle funzioni e delle competenze degli organismi sopra indicati e della loro durata, nonche' dell'Osservatorio nazionale del turismo". 8. I citati artt. 4 e 16, commi 5 e 6 del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, recante "Disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo", convertito con modificazioni dalla legge 29 luglio 2014, n. 106, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 175 del 30.7.2014 sono costituzionalmente illegittimi per i seguenti Motivi I. Illegittimita' costituzionale dell'art. 4 del decreto legge 31 maggio 2014, n.83, convertito con modificazioni dalla legge 29 luglio 2014, n.106 per violazione degli artt. 117, commi 3 e 4 e 118 della Costituzione e per violazione del principio di leale collaborazione di cui all'art.5 della Costituzione. Si e' sopra rilevato come, con ricorso R.R. 102/2013, attualmente pendente, la ascrivente Amministrazione regionale abbia denunciato a codesta Corte la illegittimita' delle previsioni di cui all'art. 4 bis, del decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, per i vizi indicati in epigrafe, all'uopo rilevando come non competa allo Stato la disciplina delle attivita' artigianali e commerciali e, in particolare, come, in seguito alla riforma del titolo V della Costituzione, la materia del commercio sia stata da Codesta Corte pacificamente ricondotta alla competenza legislativa residuale delle Regioni ex art. 117, comma 4, Cost. (cfr. sentenza 13 gennaio 2004, n. 1). Si e', del pari, messo in luce come, nel vigente assetto delle competenze, neppure spetti allo Stato l'adozione di apposite determinazioni volte a vietare le attivita' non compatibili con le specifiche esigenza di tutela e di valorizzazione delle aree di valore archeologico, storico, artistico e paesaggistico. Quanto rilevato vale, poi, a fortiori per le aree non aventi diretto valore archeologico, storico, artistico e paesaggistico, bensi' ad esse meramente "contermini". La materia della valorizzazione dei beni culturali e', d'altronde, come sopra rilevato, affidata alla competenza concorrente regionale, con la conseguenza della illegittimita' costituzionale della previsione in epigrafe anche sotto il profilo dell'eccedenza del relativo contenuto rispetto ai principi fondamentali nella materia, e del contrasto con la necessita' che essi lascino spazio per una attuazione regionale (cfr. Corte Cost., sent. 200/2009). Ebbene, le modifiche recate dall'art. 4, del decreto legge n. 83/2014 non sono satisfattive delle ragioni sottese al citato ricorso n. 102/2013, e pertanto - ferma la persistenza del'interesse alla decisione del ricorso pendente, anche in considerazione dell'applicazione medio tempore della norma - le descritte censure si ripropongono nel presente ricorso. II. Illegittimita' costituzionale dell'art. 4, del decreto legge 31 maggio 2014, n.83, convertito con modificazioni dalla legge 29 luglio 2014, n. 106 per violazione degli artt. 5, 117, commi 1, 2, 3 e 4 e 118, comma 3 e 120 della Costituzione. II.1. Le nuove previsioni presentano, inoltre, ulteriori ragioni di illegittimita', derivanti dalla violazione delle norme in rubrica. La novella in esame consente infatti all'amministrazione dello Stato e degli enti locali di derogare a disposizioni legislative di competenza regionale in materia di commercio e all'intesa, sottoscritta in sede di Conferenza unificata per "favorire l'armonizzazione delle rispettive legislazioni" (ai sensi dell'art. 8, comma 6, della legge n. 131/2003), avente ad oggetto "criteri da applicare nelle procedure di selezione per l'assegnazione dei posteggi su aree pubbliche". Piu' in particolare, detta novella si pone in patente contrasto con l'art. 117, quarto comma, Cost., laddove presuppone ancora generalmente applicatile l'art. 28, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 e derogabili le leggi regionali dettate "in base" al decreto medesimo. Codesta Corte ha gia' avuto modo di chiarire che, a seguito della modifica del Titolo V della Parte seconda della Costituzione, il predetto decreto legislativo, ai sensi dell'art. 1, comma 2, della legge n. 131/2003, si applica soltanto alle Regioni che non abbiano emanato una propria legislazione in materia di commercio (ord. 199/2006; sent. 247/2010) in quanto la potesta' legislativa ex art. 117, quarto comma, Cost. non puo' ritenersi condizionata dalla normativa statale preesistente alla riforma costituzionale del 2001 (sent. 1/2014). In particolare, la ricorrente Regione Campania ha recentemente dettato nuove disposizioni sia in materia di commercio - attraverso la legge regionale n. 1/2014 - che non consentono di ritenere ulteriormente applicabili nel territorio campano le disposizioni del decreto legislativo n. 114/1998 e le sue modificazioni e integrazioni anche successive all'entrata in vigore della riforma del Titolo V (ponendosi, in tal caso, come norme solo transitoriamente sostitutive per le Regioni che non si siano ancora dotate di una propria legislazione in materia). II.2. La disposizione impugnata contrasta, altresi', con l'art. 117, secondo, terzo e quarto comma, Cost., laddove sottrae alle Regioni, per determinate zone del loro territorio, la disciplina del commercio al dettaglio su aree pubbliche, per il generico fine di rafforzare le misure di tutela del decoro dei complessi monumentali e degli altri immobili del demanio culturale interessati da flussi turistici particolarmente rilevanti, nonche' delle aree a asse contermini. Il perseguimento di tale finalita' e' in concreto da ricondurre, infatti, alla nozione di valorizzazione del patrimonio culturale, finalizzata ad "assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso" (art. 6, comma 1, decreto legislativo n. 42/2004) e non a quella della sua tutela, che invece mira ad "individuare i beni costituenti il patrimonio culturale e a garantirne la protezione e la conservazione" (art. 3, comma 1, decreto legislativo n. 42/2004). In tale materia, alla legge dello Stato compete esclusivamente la determinazione dei principi generali, che per loro natura non possono concernere previsioni di estremo dettaglio come quelle recate, in particolare, dal secondo periodo del comma 1-ter oggetto della presente impugnativa, che non lasciano alcuno spazio per la normativa regionale, inibendone ogni possibilita' d'intervento. II.3. In via subordinata, ove volesse ritenersi che la disciplina in questione possa, almeno parzialmente, ricondursi a esigenze di tutela dei beni culturali, la legge impugnata e' comunque illegittima in quanto la normativa statale e' in ogni caso chiamata a disciplinare forme di intesa e coordinamento sul piano procedimentale ai sensi di quanto previsto dall'art. 118, terzo comma, della Costituzione, al precipuo fine di assicurare che non siano trascurate le peculiarita' locali delle Regioni (Corte Cost. 9/2004). II.4. La disciplina impugnata incide senza dubbio sulla materia del "commercio al dettaglio su aree pubbliche" di competenza residuale delle regioni (si vedano ad es. le sentenze della Corte cost. nn. 64 e 165 del 2007), gia' oggetto di precedenti specifiche intese stipulate ai sensi dell'art. 8, comma 6, della legge n. 131/2003, "per l'armonizzazione delle rispettive legislazioni o il raggiungimento di posizioni unitarie o il conseguimento di obiettivi comuni". Risultano dunque certamente violati, oltre l'art. 117 Cost., secondo, terzo e quarto comma, anche il principio di leale collaborazione di cui agli articoli 5, 118, terzo comma, e 120, secondo comma, Cost., non potendo la legge dello stato disciplinare unilateralmente, senza ricorso al procedimento partecipativo, le materie oggetto delle intese stipulate ex art. 8, comma 6, della legge n. 131/2003 (recante norme di adeguamento all'art. 120 Cost.). II.5. Le norme impugnate contrastano, altresi', sotto altro profilo con l'art. 117, primo, secondo e quarto comma, e l'art. 120, secondo comma, Cost., laddove sottraggono alle Regioni, per determinate zone del loro territorio, la disciplina del commercio al dettaglio su aree pubbliche "anche in relazione al comma 5, dell'art. 70, del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, di attuazione della direttiva 2006/123/CE del Parlamento e del Consiglio del 12 dicembre 2006 relativa ai servizi nel mercato interno". Il legislatore statale sembra, invero richiamare a fondamento del proprio intervento la propria competenza in materia di rapporti con l'Unione europea e di tutela della concorrenza: e, tuttavia, non essendo mutato il quadro costituzionale di riferimento a seguito del decreto legislativo n. 59/2010 (di attuazione della cd. Direttiva servizi), lo Stato non puo' rivendicare la sua competenza ex art. 117, secondo comma, lett. a) e lett. e), per dettare una disciplina derogatoria dell'esistente riparto di competenze tra Stato e Regioni, giacche' "le esigenze unitarie poste a base di un eventuale accentramento nello Stato della competenza ad attuare una direttiva comunitaria - in deroga al quadro costituzionale interno di riparto della funzione legislativa - devono discendere con evidenza dalla stessa normativa comunitaria, sulla base di esigenze organizzative che ragionevolmente facciano capo all'Unione europea" (Corte cost. 398/2006). In particolare, l'art. 70, comma 5, del decreto legislativo n. 59/2010 (attuazione alla direttiva 2006/123/CE), prevedendo che "con intesa in sede di Conferenza unificata, ai sensi dell'art. 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, anche in deroga al disposto di cui all'art. 16 del presente decreto, sono individuati, senza discriminazioni basate sulla forma giuridica dell'impresa, i criteri per il rilascio e il rinnovo della concessione dei posteggi per l'esercizio del commercio sulle aree pubbliche", presuppone l'esistenza di diverse e distinte competenze legislative incidenti nella materia de qua, da coordinare con intese tra autorita' competenti (ai sensi dell'art. 4, punto 9, della direttiva, trasfuso nell'art. 8, comma 1, lett. i, del decreto legislativo n. 59/2010) in attuazione del principio costituzionale di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost. L'eventuale violazione di tale principio ridonda necessariamente, pertanto, nella violazione - oltre che della Costituzione - anche dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario, in ragione della sottrazione alle autorita' competenti presupposte dalla direttiva servizi (e di cui il decreto legislativo n. 59/2010 ha fatto successiva ricognizione) dei compiti che la direttiva medesima vi rimette: nello specifico in attuazione dell'art. 16, del decreto legislativo n. 59/2010 (riproduttivo dell'art. 12 della direttiva). II.6. La norma impugnata, disponendo anche in deroga unilaterale all'intesa stipulata ai sensi dell'art. 8, comma 6, della legge 131/2003, per l'armonizzazione delle rispettive legislazioni dello Stato e delle Regioni sui criteri da applicare nelle procedure di selezione per l'assegnazione di posteggi su aree pubbliche, appare, infine, fortemente lesiva del principio di leale collaborazione e pertanto illegittima anche sotto tale profilo. III. Illegittimita' costituzionale dell'art. 16, commi 5 e 6 del decreto legge 31 maggio 2014, n. 83, convertito con modificazioni dalla legge 29 luglio 2014, n. 106 per violazione degli artt. 117, commi 3 e 4 e 118 della Costituzione e per violazione del principio di leale collaborazione di cui all'art. 5 della Costituzione. L'art. 16, del d.l. in oggetto disciplina, come sopra rilevato, la trasformazione dell'ENIT in ente pubblico economico. Il comma 5 dell'articolo in esame non prevede, ai fini dell'approvazione del nuovo statuto, alcuna intesa con le Regioni e le Province Autonome, le quali, in ragione del rinvio alla fonte statutaria dell'ente anche per la disciplina dell'Osservatorio del Turismo di cui al comma 6, sono private anche di qualsiasi competenza al riguardo. Nel regime antecedente alla normativa oggetto del presente ricorso, lo Statuto dell'Enit era approvato dal consiglio di amministrazione a maggioranza assoluta (art. 12, del D.P.R. 6 aprile 2006 n. 207) e il consiglio di amministrazione era nominato d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni (art. 5, del D.P.R. 6 aprile 2006 n. 207), in guisa da garantire il doveroso coinvolgimento delle regioni sotto tali profili. Il legislatore statale avrebbe dovuto prevedere il coinvolgimento delle Regioni, cosi' come richiesto dalla Regioni stesse in sede di conferenza delle regioni e delle province autonome in data 12 giugno 2014, tenuto conto che la materia turismo, appartenendo oramai alla competenza degli enti territoriali, deve essere trattata dallo Stato stesso con atteggiamento lealmente collaborativo (Corte cost., sent. n. 214 del 2006, sent. n. 76 e 339 del 2009).
P. Q. M. Voglia codesta Ecc.ma Corte Costituzionale, in accoglimento del presente ricorso, dichiarare l'illegittimita' costituzionale delle disposizioni impugnate, nei profili e termini sopra esposti. Avv. Bove - Avv. D'Elia