N. 73 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 9 ottobre 2014

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 9 ottobre 2014 (della Regione Campania).. 
 
Beni culturali - Disposizioni urgenti per la tutela  del  decoro  dei
  siti culturali - Previsione che i  competenti  uffici  territoriali
  del Ministero e i Comuni avviano d'intesa procedimenti  di  riesame
  delle autorizzazioni e delle concessioni di suolo  pubblico,  anche
  in deroga a disposizioni legislative  di  competenza  regionale  in
  materia  di  commercio  e  all'intesa  sottoscritta  in   sede   di
  Conferenza unificata avente ad oggetto criteri da  applicare  nelle
  procedure di selezione per  l'assegnazione  dei  posteggi  su  aree
  pubbliche - Ricorso della Regione Campania -  Denunciata  invasione
  della competenza legislativa residuale delle Regioni in materia  di
  artigianato e di commercio - Violazione della potesta'  legislativa
  regionale nella materia concorrente della valorizzazione  dei  beni
  culturali - Violazione del  principio  di  leale  collaborazione  -
  Violazione dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario. 
- Decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, convertito, con modificazioni,
  dalla legge 29 luglio 2014, n. 106, art. 4, che modifica  il  comma
  1-bis dell'art. 52 del decreto legislativo 22 gennaio 2004,  n.  42
  (aggiunto dall'art. 4-bis del decreto-legge 8 agosto 2013,  n.  91,
  convertito, con modificazioni, dalla legge 7 ottobre 2013, n.  112)
  e che lo rinomina in comma 1-ter. 
- Costituzione, artt. 5, 117, commi primo, secondo, terzo  e  quarto,
  118, in particolare comma terzo, e 120; legge  5  giugno  2003,  n.
  131, art. 8, comma 6; decreto legislativo 26  marzo  2010,  n.  59,
  art. 70, comma 5; direttiva 2006/123/CE del 12 dicembre 2006. 
Beni culturali - Trasformazione di ENIT (Agenzia  nazionale  italiana
  per il turismo) in ente pubblico economico - Disciplina  -  Ricorso
  della Regione Campania - Denunciata  mancata  previsione,  ai  fini
  dell'approvazione del nuovo statuto, dell'intesa con le  Regioni  e
  le Province autonome, asseritamente private, in ragione del  rinvio
  alla  fonte  statutaria   dell'ente   anche   per   la   disciplina
  dell'Osservatorio del Turismo, di qualsiasi competenza al  riguardo
  - Violazione del principio di leale collaborazione. 
- Decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, convertito, con modificazioni,
  dalla legge 29 luglio 2014, n. 106, art. 16, commi 5 e 6. 
- Costituzione, artt. 5, 117, commi terzo e quarto, e 118. 
(GU n.48 del 19-11-2014 )
    Ricorso della Regione Campania (c.f.:  80011990636),  in  persona
del Presidente della Giunta regionale pro tempore, On. Dott.  Stefano
Caldoro, rappresentata  e  difesa,  giusta  deliberazione  di  Giunta
regionale n. 423 del 22  settembre  2014  e  procura  a  margine  del
presente atto, unitamente e disgiuntamente,  dall'avv.  Maria  D'Elia
(c.f.: DLEMRA53H42F839H) e dall'avv. Almerina Bove (BVOLRN70C461262Z)
dell'Avvocatura Regionale, elettivamente domiciliato presso l'Ufficio
di rappresentanza della Regione Campania sito in Roma alla  via  Poli
n. 29 (fax 081/7963591; pec: agc04.sett.02@regione.campania.it); 
    Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro  tempore  per
la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli 4  e
16, commi 5 e 6, del decreto legge 31 maggio  2014,  n.  83,  recante
"Disposizioni urgenti per la  tutela  del  patrimonio  culturale,  lo
sviluppo della cultura e il rilancio  del  turismo",  convertito  con
modificazioni dalla legge 29 luglio 2014  n.  106,  pubblicata  sulla
Gazzetta Ufficiale n. 175 del 30 luglio 2014. 
 
                                Fatto 
 
    1. Nella Gazzetta Ufficiale - Serie  Generale  -  n.  236  dell'8
ottobre 2013, veniva pubblicata la legge  7  ottobre  2013,  n.  112,
avente ad oggetto  "Conversione  in  legge,  con  modificazioni,  del
decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, recante disposizioni urgenti  per
la tutela, la valorizzazione e il rilancio dei beni e delle attivita'
culturali e del turismo". 
    2. L'art. 1 comma 1 della citata legge inseriva nel decreto-legge
8 agosto 2013, n. 91, l'art 2-bis, a mente del quale «All'art. 52 del
codice dei  beni  culturali  e  del  paesaggio,  di  cui  al  decreto
legislativo 22  gennaio  2004,  n.  42  sono  apportate  le  seguenti
modificazioni: 
      a) dopo il comma 1  e'  aggiunto  il  seguente:  "1-bis.  Fermo
restando quanto  previsto  dall'art.  7-bis,  i  comuni,  sentito  il
soprintendente,   individuano   altresi'   i   locali,   a   chiunque
appartenenti,  nei  quali  si  svolgono  attivita'   di   artigianato
tradizionale e altre attivita' commerciali tradizionali, riconosciute
quali espressione dell'identita' culturale collettiva ai sensi  delle
convenzioni UNESCO  di  cui  al  medesimo  art.  7-bis,  al  fine  di
assicurarne apposite forme di promozione e salvaguardia, nel rispetto
della liberta' di iniziativa  economica  di  cui  all'art.  41  della
Costituzione"; 
      b) la rubrica e'  sostituita  dalla  seguente:  "Esercizio  del
commercio  in  aree  di  valore  culturale  e  nei   locali   storici
tradizionali"». 
    3. L'art. 1, comma 1 della citata legge inseriva,  altresi',  nel
decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, l'art. 4-bis, a mente  del  quale
«All'art. 52 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al
decreto legislativo 22 gennaio 2004,  n.  42,  dopo  il  comma  1  e'
aggiunto il seguente: "1-bis. Al  fine  di  contrastare  l'esercizio,
nelle aree pubbliche aventi particolare valore archeologico, storico,
artistico e paesaggistico, di attivita' commerciali e artigianali  in
forma ambulante o su posteggio, nonche' di qualsiasi altra  attivita'
non compatibile con le esigenze di tutela del  patrimonio  culturale,
con particolare riferimento alla necessita' di assicurare  il  decoro
dei  complessi  monumentali  e  degli  altri  immobili  del   demanio
culturale interessati da flussi turistici particolarmente  rilevanti,
nonche' delle aree a essi contermini, le Direzioni  regionali  per  i
beni culturali e paesaggistici e le soprintendenze, sentiti gli  enti
locali, adottano apposite determinazioni volte a vietare gli  usi  da
ritenere non compatibili con le specifiche esigenze di  tutela  e  di
valorizzazione, comprese le forme di  uso  pubblico  non  soggette  a
concessione di uso individuale, quali le  attivita'  ambulanti  senza
posteggio,  nonche',  ove  se  ne  riscontri  la   necessita,   l'uso
individuale delle aree pubbliche di pregio a seguito del rilascio  di
concessioni di posteggio o di occupazione di suolo pubblico"». 
    4. Con ricorso ritualmente notificato e pubblicato sulla Gazzetta
ufficiale n. 4 del 22 gennaio 2014, iscritto al Registro Ricorsi  con
il n. 202/13 - a tutt'oggi pendente -  la  scrivente  Amministrazione
regionale ha adito Codesta Eccellentissima Corte per la  declaratoria
della illegittimita' costituzionale delle disposizioni  di  legge  di
cui ai citati artt. 2-bis e 4 bis, del decreto-legge 8  agosto  2013,
n. 91 per violazione degli artt.  117,  commi  3  e  4  e  118  della
Costituzione e per Violazione del principio di leale collaborazione. 
    5. Sulla  Gazzetta  Ufficiale  n.  175  del  30.7.2014  e'  stata
successivamente pubblicata la  legge  29  luglio  2014,  n.  106,  di
conversione in legge con modificazioni del  decreto-legge  31  maggio
2014,  n.  83,  recante  "Disposizioni  urgenti  per  la  tutela  del
patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura  e  il  rilancio  del
turismo". 
    6.  L'art.  4  del  decreto  legge  citato  e'  intervenuto,   in
particolare, a novellare nuovamente l'art. 52  del  Codice  dei  beni
culturali e del paesaggio di cui al decreto  legislativo  22  gennaio
2004, n. 42, mediante rinumerazione in comma 1-ter, del  comma  1-bis
introdotto  dall'art.  4-  bis  del  d.l.  8  agosto  2013,  n.   91,
convertito, con modificazioni, dalla legge 7  ottobre  2013,  n.  112
(oggetto del menzionato ricorso pendente innanzi a Codesta Corte  con
il n. 102 del 2013) e stabilendo che "Al fine di rafforzare le misure
di tutela del decoro dei complessi monumentali e degli altri immobili
del demanio culturale interessati da flussi turistici particolarmente
rilevanti e anche in relazione al comma 5 dell'art.  70  del  decreto
legislativo 26 marzo 2010,  n.  59,  di  attuazione  della  direttiva
2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio  del  12  dicembre
2006 relativa  ai  servizi  nel  mercato  interno,  al  comma  1-ter,
dell'art. 52 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al
decreto legislativo 22 gennaio  2004,  n.  42,  come  rinominato  dal
presente articolo, al  primo  periodo,  le  parole:  «di  contrastare
l'esercizio,  nelle  aree   pubbliche   aventi   particolare   valore
archeologico,  storico,  artistico  e  paesaggistico,  di   attivita'
commerciali e artigianali in forma ambulante o su posteggio,  nonche'
di qualsiasi altra attivita'  non  compatibile  con  le  esigenze  di
tutela del patrimonio culturale,  con  particolare  riferimento  alla
necessita'» sono soppresse e le parole: «le Direzioni regionali per i
beni culturali e paesaggistici e le sopraintendenze, sentiti gli enti
locali»  sono  sostituite  dalle  seguenti:  «i   competenti   uffici
territoriali del Ministero, d'intesa con i Comuni», ed  e'  aggiunto,
in fine, il seguente periodo.. «In particolare, i  competenti  uffici
territoriali del Ministero e i Comuni avviano, d'intesa, procedimenti
di riesame, ai sensi dell'art. 21-quinquies,  della  legge  7  agosto
1990, n. 241, delle autorizzazioni e  delle  concessioni  di  suol  o
pubblico, anche a rotazione, che risultino non piu'  compatibili  con
le esigenze di cui al presente comma, anche  in  deroga  a  eventuali
disposizioni regionali adottate in base all'art. 28, commi 12,  13  e
14, del decreto legislativo 31  marzo  1998,  n.  114,  e  successive
modificazioni, nonche' in deroga ai criteri  per  il  rilascio  e  il
rinnovo della concessione dei posteggi per l'esercizio del  commercio
su  aree  pubbliche  e  alle   disposizioni   transitorie   stabilite
nell'intesa in sede di Conferenza unificata, ai  sensi  dell'art.  8,
comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131,  prevista  dall'art.  70,
comma 5, del decreto  legislativo  26  marzo  2010,  n.  59,  recante
attuazione della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo  e  del
Consiglio del 12  dicembre  2006  relativa  ai  servizi  nel  mercato
interno. In caso di revoca del titolo, ove non risulti  possibile  il
trasferimento  dell'attivita'   commerciale   in   una   collocazione
alternativa potenzialmente equivalente, al titolare e' corrisposto da
parte dell'amministrazione procedente l'indennizzo  di  cui  all'art.
21-quinquies, comma 1, terzo periodo, della legge 7 agosto  1990,  n.
241, nel limite massimo della media dei ricavi annui dichiarati negli
ultimi cinque anni di attivita', aumentabile del 50 per cento in caso
di  comprovati  investimenti  effettuati  nello  stesso  periodo  per
adeguarsi alle nuove  prescrizioni  in  materia  emanate  dagli  enti
locali". 
    Il citato art. 52, comma 1-ter del Codice dei  beni  culturali  e
del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.  42,
risulta,  dunque,  formulato  nei  seguenti  termini:  "Al  fine   di
assicurare il decoro dei complessi monumentali e degli altri immobili
del demanio culturale interessati da flussi turistici particolarmente
rilevanti, nonche' delle aree a essi contermini, i competenti  uffici
territoriali del Ministero, d'intesa con i Comuni, adottano  apposite
determinazioni volte a vietare gli usi da  ritenere  non  compatibili
con le specifiche esigenze di tutela e di valorizzazione, comprese le
forme di uso pubblico non soggette a concessione di uso  individuale,
quali le attivita' ambulanti senza  posteggio,  nonche',  ove  se  ne
riscontri la necessita', l'uso individuale delle  aree  pubbliche  di
pregio a seguito del  rilascio  di  concessioni  di  posteggio  o  di
occupazione di suolo pubblico. In particolare,  i  competenti  u  ici
territoriali del Ministero e i Comuni avviano, d'intesa, procedimenti
di riesame, ai sensi dell'art. 21-quinquies,  della  legge  7  agosto
1990, n. 241, delle  autorizzazioni  e  delle  concessioni  di  suolo
pubblico, anche a rotazione, che risultino non piu'  compatibili  con
le esigenze di cui al presente comma, anche  in  deroga  a  eventuali
disposizioni regionali adottate in base all'art. 28, commi 12,  13  e
14, del decreto legislativo 31  marzo  1998,  n.  114,  e  successive
modificazioni, nonche' in deroga ai criteri  per  il  rilascio  e  il
rinnovo della concessione dei posteggi per l'esercizio del  commercio
su  aree  pubbliche  e  alle   disposizioni   transitorie   stabilite
nell'intesa in sede di Conferenza unificata, ai  sensi  dell'art.  8,
comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131,  prevista  dall'art.  70,
comma 5, del decreto  legislativo  26  marzo  2010,  n.  59,  recante
attuazione della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo  e  del
Consiglio del 12  dicembre  2006  relativa  ai  servizi  nel  mercato
interno. In caso di revoca del titolo, ove non risulti  possibile  il
trasferimento  dell'attivita'   commerciale   in   una   collocazione
alternativa potenzialmente equivalente, al titolare e' corrisposto da
parte dell'amministrazione procedente l'indennizzo  di  cui  all'art.
21-quinquies, comma 1, terzo periodo, della legge 7 agosto  1990,  n.
241, nel limite massimo della media dei ricavi annui dichiarati negli
ultimi cinque anni di attivita', aumentabile del 50 per cento in caso
di  comprovati  investimenti  effettuati  nello  stesso  periodo  per
adeguarsi alle nuove  prescrizioni  in  materia  emanate  dagli  enti
locali". 
    7. L'art. 16 dello stesso decreto-legge 31 maggio  2014,  n.  83,
convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio  2014,  n.  106,
rubricato  Trasformazione  di  ENIT  in  ente  pubblico  economico  e
liquidazione  di  Promuovi  Italia  S.p.A.   dispone,   inoltre,   la
trasformazione  dell'ENIT-Agenzia  nazionale  del  turismo  in   ente
pubblico  economico,  che  "nel  perseguimento  della   missione   di
promozione del  turismo,  interviene  per  individuare,  organizzare,
promuovere e commercializzare i servizi turistici e culturali  e  per
favorire la commercializzazione dei prodotti enogastronomici,  tipici
e artigianali in Italia e  all'estero,  con  particolare  riferimento
agli investimenti nei mezzi digitali, nella piattaforma tecnologica e
nella  rete  internet  attraverso  il   potenziamento   del   portale
"Italia.it", anche al fine di realizzare e distribuire una Carta  del
turista, anche solo virtuale,  che  consenta,  mediante  strumenti  e
canali digitali  e  apposite  convenzioni  con  soggetti  pubblici  e
privati, di effettuare pagamenti a prezzo ridotto  per  la  fruizione
integrata di servizi pubblici di trasporto e  degli  istituti  e  dei
luoghi della cultura" (comma 2). A mente del comma  3,  costituiscono
organi dell'ENIT il presidente, il consiglio di amministrazione e  il
collegio dei revisori dei conti. Ai sensi  del  successivo  comma  5,
"Entro centottanta  giorni  dalla  data  di  entrata  in  vigore  del
presente decreto  si  provvede  all'approvazione  del  nuovo  statuto
dell'ENIT. Lo statuto, adottato in sede  di  prima  applicazione  dal
Commissario  di  cui  al  comma  4,  e'  approvato  con  decreto  del
Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del  Ministro  dei
beni e  delle  attivita'  culturali  e  del  turismo.  Il  presidente
dell'ENIT e' nominato con decreto del  Presidente  della  Repubblica,
previa deliberazione del Consiglio  dei  ministri,  su  proposta  del
Ministro dei beni e delle attivita' culturali e del  turismo";  detto
statuto, ai sensi del successivo  comma  6  tra  l'altro  "stabilisce
(omissis) che il consiglio di amministrazione sia composto, oltre che
dal presidente dell'ENIT, da due membri  nominati  dal  Ministro  dei
beni e delle attivita'  culturali  e  del  turismo,  di  cui  uno  su
designazione della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,
le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano,  e  l'altro
sentite le organizzazioni di categoria maggiormente  rappresentative,
nel rispetto  della  disciplina  in  materia  di  inconferibilita'  e
incompatibilita' di incarichi presso le pubbliche amministrazioni  di
cui al decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39. Lo statuto  provvede
alla disciplina delle funzioni e  delle  competenze  degli  organismi
sopra  indicati  e  della  loro  durata,  nonche'   dell'Osservatorio
nazionale del turismo". 
    8. I citati artt. 4 e 16, commi 5 e 6 del decreto-legge 31 maggio
2014,  n.  83,  recante  "Disposizioni  urgenti  per  la  tutela  del
patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura  e  il  rilancio  del
turismo", convertito con modificazioni dalla legge 29 luglio 2014, n.
106, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 175  del  30.7.2014  sono
costituzionalmente illegittimi per i seguenti 
 
                               Motivi 
 
    I. Illegittimita' costituzionale dell'art. 4 del decreto legge 31
maggio 2014, n.83, convertito con modificazioni dalla legge 29 luglio
2014, n.106 per violazione degli artt. 117, commi 3 e 4 e  118  della
Costituzione e per violazione del principio di  leale  collaborazione
di cui all'art.5 della Costituzione. 
    Si e' sopra rilevato come, con ricorso R.R. 102/2013, attualmente
pendente, la ascrivente Amministrazione regionale abbia denunciato  a
codesta Corte la illegittimita' delle previsioni di  cui  all'art.  4
bis, del decreto-legge 8 agosto 2013, n. 91, per i vizi  indicati  in
epigrafe,  all'uopo  rilevando  come  non  competa  allo   Stato   la
disciplina  delle  attivita'  artigianali   e   commerciali   e,   in
particolare, come,  in  seguito  alla  riforma  del  titolo  V  della
Costituzione, la materia del commercio sia  stata  da  Codesta  Corte
pacificamente ricondotta alla competenza legislativa residuale  delle
Regioni ex art. 117, comma 4, Cost. (cfr. sentenza 13  gennaio  2004,
n. 1). Si e', del pari, messo in luce come, nel vigente assetto delle
competenze,  neppure  spetti  allo  Stato  l'adozione   di   apposite
determinazioni volte a vietare le attivita' non  compatibili  con  le
specifiche esigenza di tutela  e  di  valorizzazione  delle  aree  di
valore  archeologico,  storico,  artistico  e  paesaggistico.  Quanto
rilevato vale, poi, a fortiori per le aree non aventi diretto  valore
archeologico, storico, artistico  e  paesaggistico,  bensi'  ad  esse
meramente "contermini". La  materia  della  valorizzazione  dei  beni
culturali  e',  d'altronde,  come  sopra  rilevato,   affidata   alla
competenza  concorrente   regionale,   con   la   conseguenza   della
illegittimita' costituzionale  della  previsione  in  epigrafe  anche
sotto il profilo dell'eccedenza del relativo  contenuto  rispetto  ai
principi  fondamentali  nella  materia,  e  del  contrasto   con   la
necessita' che essi lascino spazio per una attuazione regionale (cfr.
Corte Cost., sent. 200/2009). 
    Ebbene, le modifiche recate dall'art. 4,  del  decreto  legge  n.
83/2014 non sono satisfattive delle ragioni sottese al citato ricorso
n. 102/2013, e pertanto - ferma  la  persistenza  del'interesse  alla
decisione   del   ricorso   pendente,   anche    in    considerazione
dell'applicazione medio tempore della norma - le descritte censure si
ripropongono nel presente ricorso. 
    II. Illegittimita' costituzionale dell'art. 4, del decreto  legge
31 maggio 2014, n.83, convertito con  modificazioni  dalla  legge  29
luglio 2014, n. 106 per violazione degli artt. 5, 117, commi 1, 2,  3
e 4 e 118, comma 3 e 120 della Costituzione. 
    II.1. Le nuove previsioni presentano, inoltre, ulteriori  ragioni
di illegittimita', derivanti dalla violazione delle norme in rubrica.
La novella in esame consente infatti all'amministrazione dello  Stato
e degli  enti  locali  di  derogare  a  disposizioni  legislative  di
competenza  regionale  in  materia   di   commercio   e   all'intesa,
sottoscritta  in  sede  di   Conferenza   unificata   per   "favorire
l'armonizzazione delle rispettive legislazioni" (ai  sensi  dell'art.
8, comma 6, della legge n. 131/2003), avente ad oggetto  "criteri  da
applicare  nelle  procedure  di  selezione  per  l'assegnazione   dei
posteggi su aree pubbliche". Piu' in particolare,  detta  novella  si
pone in patente  contrasto  con  l'art.  117,  quarto  comma,  Cost.,
laddove presuppone ancora generalmente  applicatile  l'art.  28,  del
decreto legislativo 31 marzo 1998,  n.  114  e  derogabili  le  leggi
regionali dettate "in base" al decreto  medesimo.  Codesta  Corte  ha
gia' avuto modo di chiarire che, a seguito della modifica del  Titolo
V  della  Parte  seconda  della  Costituzione,  il  predetto  decreto
legislativo, ai sensi dell'art. 1, comma 2, della legge n.  131/2003,
si applica soltanto alle Regioni che non abbiano emanato una  propria
legislazione in materia di commercio (ord. 199/2006; sent.  247/2010)
in quanto la potesta' legislativa ex art. 117,  quarto  comma,  Cost.
non puo' ritenersi condizionata dalla normativa statale  preesistente
alla riforma costituzionale del 2001 (sent. 1/2014). In  particolare,
la  ricorrente  Regione  Campania  ha  recentemente   dettato   nuove
disposizioni sia in  materia  di  commercio  -  attraverso  la  legge
regionale n. 1/2014 - che non consentono  di  ritenere  ulteriormente
applicabili  nel  territorio  campano  le  disposizioni  del  decreto
legislativo n. 114/1998 e le sue modificazioni e  integrazioni  anche
successive  all'entrata  in  vigore  della  riforma  del   Titolo   V
(ponendosi, in tal caso, come norme solo transitoriamente sostitutive
per le Regioni  che  non  si  siano  ancora  dotate  di  una  propria
legislazione in materia). 
    II.2. La disposizione impugnata contrasta, altresi',  con  l'art.
117, secondo, terzo e  quarto  comma,  Cost.,  laddove  sottrae  alle
Regioni, per determinate zone del loro territorio, la disciplina  del
commercio al dettaglio su aree pubbliche, per  il  generico  fine  di
rafforzare le misure di tutela del decoro dei complessi monumentali e
degli altri immobili del  demanio  culturale  interessati  da  flussi
turistici  particolarmente  rilevanti,  nonche'  delle  aree  a  asse
contermini. Il perseguimento di tale  finalita'  e'  in  concreto  da
ricondurre, infatti, alla nozione di  valorizzazione  del  patrimonio
culturale, finalizzata  ad  "assicurare  le  migliori  condizioni  di
utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio  stesso"  (art.  6,
comma 1, decreto legislativo n. 42/2004) e non  a  quella  della  sua
tutela, che  invece  mira  ad  "individuare  i  beni  costituenti  il
patrimonio culturale e a garantirne la protezione e la conservazione"
(art. 3, comma 1, decreto legislativo n. 42/2004). In  tale  materia,
alla legge dello Stato compete esclusivamente la  determinazione  dei
principi  generali,  che  per  loro  natura  non  possono  concernere
previsioni di estremo dettaglio come quelle recate,  in  particolare,
dal  secondo  periodo  del  comma  1-ter   oggetto   della   presente
impugnativa,  che  non  lasciano  alcuno  spazio  per  la   normativa
regionale, inibendone ogni possibilita' d'intervento. 
    II.3. In via subordinata, ove volesse ritenersi che la disciplina
in questione possa, almeno parzialmente,  ricondursi  a  esigenze  di
tutela dei beni culturali, la legge impugnata e' comunque illegittima
in  quanto  la  normativa  statale  e'  in  ogni  caso   chiamata   a
disciplinare forme di intesa e coordinamento sul piano procedimentale
ai sensi  di  quanto  previsto  dall'art.  118,  terzo  comma,  della
Costituzione, al precipuo fine di assicurare che non siano trascurate
le peculiarita' locali delle Regioni (Corte Cost. 9/2004). 
    II.4. La disciplina impugnata incide senza dubbio  sulla  materia
del  "commercio  al  dettaglio  su  aree  pubbliche"  di   competenza
residuale delle regioni (si vedano ad es.  le  sentenze  della  Corte
cost. nn. 64 e 165 del 2007), gia' oggetto di  precedenti  specifiche
intese stipulate ai sensi  dell'art.  8,  comma  6,  della  legge  n.
131/2003, "per l'armonizzazione delle rispettive  legislazioni  o  il
raggiungimento di posizioni unitarie o il conseguimento di  obiettivi
comuni". Risultano dunque certamente violati, oltre l'art. 117 Cost.,
secondo,  terzo  e  quarto  comma,  anche  il  principio   di   leale
collaborazione di cui agli articoli  5,  118,  terzo  comma,  e  120,
secondo comma, Cost., non potendo la legge dello  stato  disciplinare
unilateralmente, senza  ricorso  al  procedimento  partecipativo,  le
materie oggetto delle intese stipulate ex  art.  8,  comma  6,  della
legge n. 131/2003 (recante norme di adeguamento all'art. 120 Cost.). 
    II.5. Le  norme  impugnate  contrastano,  altresi',  sotto  altro
profilo con l'art. 117, primo, secondo e quarto comma, e l'art.  120,
secondo  comma,  Cost.,  laddove  sottraggono   alle   Regioni,   per
determinate zone del loro territorio, la disciplina del commercio  al
dettaglio su aree pubbliche "anche in relazione al comma 5, dell'art.
70, del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59, di attuazione della
direttiva 2006/123/CE del Parlamento e del Consiglio del 12  dicembre
2006 relativa ai servizi nel mercato interno". Il legislatore statale
sembra, invero richiamare a  fondamento  del  proprio  intervento  la
propria competenza in materia di rapporti con l'Unione europea  e  di
tutela della concorrenza: e, tuttavia, non essendo mutato  il  quadro
costituzionale di riferimento a seguito del  decreto  legislativo  n.
59/2010 (di attuazione della cd. Direttiva  servizi),  lo  Stato  non
puo' rivendicare la sua competenza ex art. 117, secondo comma,  lett.
a) e lett. e), per dettare una disciplina derogatoria  dell'esistente
riparto di competenze tra Stato  e  Regioni,  giacche'  "le  esigenze
unitarie poste a base di un eventuale accentramento nello Stato della
competenza ad attuare una direttiva comunitaria - in deroga al quadro
costituzionale interno di riparto della funzione legislativa - devono
discendere con evidenza dalla  stessa  normativa  comunitaria,  sulla
base di esigenze  organizzative  che  ragionevolmente  facciano  capo
all'Unione europea" (Corte cost. 398/2006).  In  particolare,  l'art.
70, comma 5, del decreto  legislativo  n.  59/2010  (attuazione  alla
direttiva  2006/123/CE),  prevedendo  che  "con  intesa  in  sede  di
Conferenza unificata, ai sensi dell'art. 8, comma 6,  della  legge  5
giugno 2003, n. 131, anche in deroga al disposto di cui  all'art.  16
del presente decreto, sono individuati, senza discriminazioni  basate
sulla forma giuridica dell'impresa, i criteri per il  rilascio  e  il
rinnovo della concessione dei posteggi per l'esercizio del  commercio
sulle aree pubbliche", presuppone l'esistenza di diverse  e  distinte
competenze legislative incidenti nella materia de qua, da  coordinare
con intese tra autorita' competenti (ai sensi dell'art. 4,  punto  9,
della direttiva, trasfuso nell'art. 8, comma 1, lett. i, del  decreto
legislativo n. 59/2010) in attuazione del principio costituzionale di
leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost. L'eventuale violazione
di tale principio ridonda necessariamente, pertanto, nella violazione
-  oltre  che  della  Costituzione  -  anche  dei  vincoli  derivanti
dall'ordinamento  comunitario,  in  ragione  della  sottrazione  alle
autorita' competenti presupposte dalla direttiva servizi (e di cui il
decreto legislativo n. 59/2010 ha fatto successiva ricognizione)  dei
compiti che la direttiva medesima  vi  rimette:  nello  specifico  in
attuazione  dell'art.  16,  del  decreto   legislativo   n.   59/2010
(riproduttivo dell'art. 12 della direttiva). 
    II.6. La norma impugnata, disponendo anche in deroga  unilaterale
all'intesa stipulata ai sensi  dell'art.  8,  comma  6,  della  legge
131/2003, per l'armonizzazione delle  rispettive  legislazioni  dello
Stato e delle Regioni sui criteri da  applicare  nelle  procedure  di
selezione per l'assegnazione di posteggi su aree  pubbliche,  appare,
infine, fortemente lesiva del principio  di  leale  collaborazione  e
pertanto illegittima anche sotto tale profilo. 
    III. Illegittimita' costituzionale dell'art. 16, commi 5 e 6  del
decreto legge 31 maggio 2014, n.  83,  convertito  con  modificazioni
dalla legge 29 luglio 2014, n. 106 per violazione  degli  artt.  117,
commi 3 e 4 e 118 della Costituzione e per violazione  del  principio
di leale collaborazione di cui all'art. 5 della Costituzione. 
    L'art. 16, del d.l. in oggetto disciplina, come  sopra  rilevato,
la trasformazione dell'ENIT in ente pubblico economico.  Il  comma  5
dell'articolo in esame non prevede,  ai  fini  dell'approvazione  del
nuovo statuto, alcuna intesa con le Regioni e le  Province  Autonome,
le quali, in ragione del rinvio alla fonte statutaria dell'ente anche
per la disciplina dell'Osservatorio del Turismo di cui  al  comma  6,
sono private anche di qualsiasi competenza al  riguardo.  Nel  regime
antecedente alla normativa oggetto del presente ricorso,  lo  Statuto
dell'Enit  era  approvato  dal   consiglio   di   amministrazione   a
maggioranza assoluta (art. 12, del D.P.R. 6 aprile 2006 n. 207) e  il
consiglio di amministrazione era nominato d'intesa con la  Conferenza
Stato-Regioni (art. 5, del D.P.R. 6 aprile 2006 n. 207), in guisa  da
garantire  il  doveroso  coinvolgimento  delle  regioni  sotto   tali
profili.  Il  legislatore  statale  avrebbe   dovuto   prevedere   il
coinvolgimento delle Regioni,  cosi'  come  richiesto  dalla  Regioni
stesse in sede di conferenza delle regioni e delle province  autonome
in data  12  giugno  2014,  tenuto  conto  che  la  materia  turismo,
appartenendo oramai alla competenza  degli  enti  territoriali,  deve
essere  trattata  dallo  Stato  stesso  con  atteggiamento  lealmente
collaborativo (Corte cost., sent. n. 214 del 2006, sent. n. 76 e  339
del 2009). 
 
                              P. Q. M. 
 
    Voglia codesta Ecc.ma Corte Costituzionale, in  accoglimento  del
presente ricorso, dichiarare  l'illegittimita'  costituzionale  delle
disposizioni impugnate, nei profili e termini sopra esposti. 
 
                       Avv. Bove - Avv. D'Elia