N. 210 ORDINANZA (Atto di promovimento) 25 luglio 2014

Ordinanza del 25 luglio 2014 emessa dal Tribunale  dei  minorenni  di
Napoli sul ricorso proposto da C.R. e I.C.. 
 
Procedimento civile - Ricorso degli ascendenti per far valere il loro
  diritto a mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni -
  Adozione dei provvedimenti piu' idonei nell'esclusivo interesse del
  minore - Competenza del tribunale per  i  minorenni,  anziche'  del
  tribunale ordinario - Eccesso di delega -  Esorbitanza  dai  limiti
  della revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione
  - Irragionevolezza sotto piu' profili - Lesione  del  principio  di
  concentrazione processuale (segnatamente nelle ipotesi di  pendenza
  dinanzi al tribunale ordinario del giudizio di  separazione  tra  i
  coniugi o del procedimento per far valere il diritto del minore  ai
  rapporti con i nonni). 
- Disposizioni di attuazione del codice civile, art. 38, primo comma,
  come modificato dall'art.  96,  comma  1,  lett.  c),  del  decreto
  legislativo 28 dicembre 2013, n. 154. 
- Costituzione, artt. 3, 76, 77 e 111; legge  10  dicembre  2012,  n.
  219, art. 2, comma 1, lett. p). 
(GU n.48 del 19-11-2014 )
 
               IL TRIBUNALE PER I MINORENNI DI NAPOLI 
 
    riunito in camera di consiglio il giorno 8.7.014 in  persona  dei
ss.gg. magistrati: 
    1) dr. A. Cirillo presidente N. 171/014 Rvg. 
    2) dr. N. Ramadan Bulugma giudice relatore N. 4321/14 Cron. 
    3) dr. A. Ricci componente privato N. Ord. 
    4) dr. G. Tammaro componente privato 
    sciogliendo la riserva formulata all'odierna udienza ha emesso la
seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nell'ambito della procedura civile relativa  alla  minore  C.  A.
nata il 4.2.010 a Napoli; 
    a seguito di ricorso ex art. 317 bis c.c. proposto nella qualita'
di nonni paterni da C. R. nato l'8.12.44 e I.  C.  nata  il  22.1.52,
entrambi  a  Napoli,  rappresentati  e  difesi   dall'avv.   Giuseppe
Bartilotti il quale sono elettivamente domiciliati a Napoli in  Largo
A. sala n. 16. 
 
                               CONTRO 
 
    I. A. nata il 2.2.79 a Napoli, in qualita' di madre esercente  la
responsabilita' sulla figlia minore, rappresentata e difesa dall'avv.
Concetta Gentili con la quale e' elettivamente domiciliata  a  Napoli
in via Pigna n. 86 presso lo studio dell' avv.  Rosanna  Lucia  Maria
Armone. 
    Sentiti: 
    il difensore della resistente  che  ha  eccepito  il  difetto  di
illegittimita' costituzionale dell' art. 317 bis c.c. come  riformato
dal D.lgs n. 154/013, per eccesso di delega legislativa in  relazione
all'art. 2, comma 1, lettera p) della legge n. 219/12, in  violazione
degli artt. 76 e 77 comma I della Costituzione; 
    il difensore dei ricorrenti, i difensori di C. C. ed il  PMM  che
hanno chiesto il rigetto dell'eccezione per manifesta infondatezza. 
 
                              IN FATTO 
 
    I ricorrenti sono genitori di C. C. padre della  piccola  C.  A..
Con  il  ricorso  introduttivo  del  procedimento  i  nonni   paterni
premettono: la pendenza del procedimento penale n. 9378/2013  R.G.N.R
promosso dal PM di Napoli contro C. C. per abusi  sessuali  in  danno
della figlia minore; la pendenza innanzi al TM di  due  procedure  ex
artt. 330 e 336 c.c., n. 595/13 V.G. attivata dal  PMM  e  n.  578/13
V.G. su iniziativa di I. A., nei confronti di C. C.; la  pendenza  di
ricorso ex art. 317-bis  c.c.  promosso  da  C.  C.,  contro  I.  A.;
lamentano che I. A., persevera senza alcuna ragione nell'ostacolare i
rapporti della piccola A. e la famiglia di origine dell'ex  compagno,
evidentemente confondendo le posizioni distinte e separate del  padre
e dei nonni, la quale ultima indubbiamente prescinde dalla fondatezza
o meno delle gravi accuse  mosse  nei  «confronti  del  loro  figlio;
chiedono all'adito TM di adottare con urgenza, ex art. 317-bis  c.c.,
i provvedimenti piu' idonei. nell'interesse della  minore  C.  A.  al
fine di  tutelare  il  suo  diritto  a  conservare  un  significativo
rapporto affettivo con gli esponenti nonni  paterni;  disponendo,  se
del caso, un preliminare progetto di  incontri  in  ambiente  neutro,
onde consentire la ripresa progressiva dei suddetti rapporti  cessati
dal mese di aprile 2013, ed altresi', attesi  i  comportamenti  della
madre della minore, disponendo un preciso calendario di incontri  che
consenta un rapporto costante ed equilibrato con i nonni paterni. 
 
                             IN DIRITTO 
 
    E' avviso del collegio che sia  rilevante  e  non  manifestamente
infondata la questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  38,
comma 1, disp, att. c.c. (come  modificato  dall'art.  96,  comma  1,
lett.  c)  nella  parte  in  cui  prevede  che  «sono,  altresi',  di
competenza del tribunale per i minorenni i provvedimenti  contemplati
dagli articoli 251 e 317-bis del codice civile»,  limitatamente  alla
parte in cui include l'art. 317-bis, per violazione degli  artt.  76,
77 e 3, 111 della Costituzione. 
    AI riguardo si  ritiene  che  vada  integralmente  condivisa  per
completezza argomentativa la motivazione svolta dal TM di Bologna con
ordinanza 2-5 maggio 2014, che  di  seguito  si  riporta  come  parte
integrante del presente provvedimento: 
    In punto di rilevanza e non manifesta infondatezza 
 
                               OSSERVA 
 
    quanto segue. 
    [1] In punto  di  rilevanza,  la  questione  e'  da  considerarsi
senz'altro rilevante. Il d.lgs, 28 dicembre 2013 n. 154,  con  l'art.
42, ha introdotto, nell'art. 317-bis c.c.,  la  legittimazione  degli
ascendenti a promuovere un giudizio per far valere il loro diritto di
mantenere   rapporti   significativi   con   i   nipoti    minorenni.
Contestualmente, il medesimo saggio normativo, con l'art.  96,  comma
I, lett. c., ha  modificato  l'art.  38,  comma  disp.  att.,  c.  c.
inserendo,  nell'ambito  della  competenza  del   Tribunale   per   i
Minorenni, anche il procedimento su accennato,  disegnato  nel  nuovo
art. 317-bis c. c. La questione e',  dunque,  rilevante  perche',  in
difetto della previsione qui censurata, la controversia  non  sarebbe
di'  competenza  del  Tribunale  minorile,   bensi'   del   Tribunale
ordinario. Dalla soluzione  della  questione,  pertanto,  dipende  la
potestas decidendi di questo Ufficio (primo profilo di censura: artt.
76, 77 Cost.). 
    Sotto un altro angolo visuale, se la  previsione  consentisse  il
cumulo processuale con il giudizio di separazione ove  pendente,  nel
caso di specie  il  ricorso  avrebbe  dovuto  essere  introdotto  nel
giudizio   separativo   (che   pende)   dinanzi   al   Tribunale   di
(Bologna)Napoli e non dinanzi a questo  Ufficio:  ne  seguirebbe  una
declaratoria in rito per dovere essere la causa riproposta dinanzi al
giudice che sta trattando  la  separazione.  Anche  in  questo  caso,
dunque, la questione e' rilevante (secondo profilo di censura:  artt.
3, 111 Cost). 
    [2].  In   punto   di   ammissibilita'   della   questione,   una
interpretazione adeguatrice risulta infruttuosa.  E'  noto  a  questo
Tribunale che  tra  i  diversi  significati  giuridici  astrattamente
possibili il Giudice deve selezionare quello che  sia  conforme  alla
Costituzione; il sospetto di illegittimita' costituzionale,  infatti,
e'  legittimo  solo  allorquando  nessuno  dei  significati,  che  e'
possibile estrapolare dalla disposizione normativa, si sottragga alle
censure di incostituzionalita' (Corte Cost., 12 marzo 1999, n. 65  in
Cons. Stato, 1999, II, 366). E, tuttavia, se e' vero che in linea  di
principio,  le  leggi  si  dichiarano  incostituzionali  perche'   e'
impossibile darne interpretazioni "secundurn Constitutionem" e non in
quanto sia possibile darne interpretazioni incostituzionali, e' anche
vero che esiste  un  preciso  limite  all'esperimento  del  tentativo
salvifico della norma a livello  ermeneutico:  il  giudice  non  puo'
"piegare la disposizione fino a  spezzarne  il  legame  con  il  dato
letterale". Ed, in tal senso,  di  fatto,  vi  sarebbe  il  rischio -
dinnanzi ad una redazione cosi' chiara della norma - di invadere  una
competenza che al Giudice odierno non compete, se non  altro  perche'
altri Organi, nell'impalcatura  Costituzionale  (come  l'adita  Corte
delle Leggi), sono deputati ad  espletare  talune  funzioni  ad  essi
esclusivamente riservate. Ma vi e' di piu': l'interpretatio  secundum
constitutionem presuppone, indefettibilmente,  che  l'interpretazione
"altra" sia  "possibile",  cioe',  praticabile:  differentemente,  si
creerebbe un vulnus alla certezza del diritto poiche' anche  dinnanzi
a norme "chiare" ogni giudicante adito potrebbe  offrire  uno  spunto
interpretativo diverso. Svolte le  considerazioni  riportate,  reputa
l'odierno Giudicante che il dato normativo non si possa  prestare  ad
interpretazioni diverse da quella emergente dalla  mera  lettura  del
testo. Rimane, pertanto infruttuoso il doveroso  tentativo  da  parte
dell'odierno Giudice di  individuare  un'interpretazione  compatibile
con la Costituzione (Corte Cost.  ord.  427/2005;  ord.  n.  306  del
2005). 
    [3]. Cosi' introdotta, nel  rito,  la  questione  sollevata,  nel
merito la  disposizione  e'  sospettata  di  incostituzionalita'  per
violazione degli artt. 76, 111 e 3, 111 della  Carta  Costituzionale,
sub specie di eccesso di delega  legislativa.  L'introduzione  di  un
diritto di azione in capo agli ascendenti costituisce  l'applicazione
del criterio dettato all'articolo 2, comma 1, lettera p), della legge
delega (legge 219/2012), con il quale si attribuisce  al  legislatore
delegato  il  compito  di  disciplinare  "la   legittimazione   degli
ascendenti  a  far  valere   il   diritto   di   mantenere   rapporti
significativi  con  i  nipoti";  il  criterio  e'  attuato   mediante
sostituzione dell'articolo 317-bis c. c. in cui ora  si  prevede  che
«1. Gli ascendenti hanno diritti) di mantenere rapporti significativi
con  i  nipoti  minorenni.  2.  L'ascendente  al  quale  e'  impedito
l'esercizio di tale diritto puo' ricorrere al giudice  del  luogo  di
residenza  abituale   del   minore   affinche'   siano   adottati   i
provvedimenti piu' idonei nell'esclusivo interesse  del  minore.  Si'
applica l'articolo 336, secondo comma». 
    Il Legislatore delegato, tuttavia, introduce anche  una  modifica
di  diritto  processuale  in  seno  all'art.  38  disp.  att.  c.  c.
prevedendo che «sono, altresi', di competenza  del  tribunale  per  i
minorenni i provvedimenti contemplati dagli articoli  251  e  317-bis
del codice civile». La competenza per tali procedimenti e' attribuita
al  Tribunale  per  i   minorenni   «in   ossequio   all'orientamento
giurisprudenziale   dominante   che   riconduce   tali   controversie
nell'alveo dell'articolo 333 c.c. (cfr. Cassazione, 24 febbraio 1981,
n. 1115; Cassazione, 17 giugno 2009, n. 14091)» (in  questi  termini,
la relazione illustrativa della Commissione cd. Bianca, addetta  alla
redazione del testo normativa). 
    Reputa il Tribunale che la scelta del legislatore delegato si sia
posta in stridente contrasto con  la  delega  legislativa,  eccedendo
dalla cornice disegnata dalla legge delega. Deve  ritenersi  che  non
spettava al legislatore  delegato  di  legiferare  sulla  competenza,
registrandosi, consequenzialmente, sul punto, una norma  da  ritenere
viziata  da  illegittimita'  costituzionale  per  eccesso  di  delega
legislativa per violazione degli artt. 76 e 77 Cost.; vizio  genetico
che appare particolarmente consistente dove si prenda atto del  fatto
che, gli stessi compilatori,  davano  atto  di  un  acceso  dibattito
giurisprudenziale attorno alla natura  delle  statuizioni  regolative
del diritto dei nonni a frequentare i nipoti; quanto doveva indurre a
rimettere agli interpreti o al legislatore futuro, un  intervento  ad
hoc per dirimere la controversia. E' vero, infatti, che  secondo  una
certa opinione le controversie de quibus rientrerebbero nell'art. 333
c. c. (con competenza, quindi, del giudice  minorile),  ma  e'  anche
vero che, secondo altra lettura, si tratta di  liti  che  afferiscono
ne' piu' e ne' meno che all'art. 155 c. c.  (oggi  33  7-ter  c.  c.)
ovvero i provvedimenti regolativi dei tempi di  frequentazione  della
prole presso l'uno e l'altro genitore:  dunque,  con  competenza  del
giudice ordinario. Infatti,  la  Suprema  Corte,  prendendo  distanze
dalla tesi sposata  in  altre  letture,  ha  in  tempi  piu'  recenti
affermato che l'art. 155 cod. civ.,  nel  prevedere  il  diritto  dei
minori,  figli  di   coniugi   separati,   di   conservare   rapporti
significativi con gli  ascendenti  (ed  i  parenti  di  ciascun  ramo
genitoriale) «affida al giudice un elemento ulteriore di  indagine  e
di valutazione nella scelta e nell'articolazione di provvedimenti  da
adottare in tema di affidamento, nella prospettiva di una  rafforzata
tutela del diritto ad una  crescita  serena  ed  equilibrata»  (Cass.
Civ., sez. I, 11  agosto  1011  n.  17191);  non  si  versa,  dunque,
nell'ambito delle limitazioni  genitoriali  (333  c.  c.)  bensi'  in
quello della regolamentazione dei rapporti  genitoriali  (337-ter  c.
c). Peraltro, ad onor del vero, il precedente citato dai  compilatori
nella relazione illustrativa Cass. Civ., sez. 1, 17  giugno  2009  n.
14091 - non e' argomento per sostenere che le  controversie  ex  art.
317-bis rientrino nell'ambito delle limitazioni ex  art.  333  c.  c.
poiche', nell'arresto citato, la Cassazione si  limita  a  dichiarare
inammissibile un provvedimento finale del giudice di merito  che,  in
un procedimento ex art. 330 c.c., aveva sospeso  le  visite  tra  una
minore e i  suoi  nonni;  ipotesi,  dunque,  peculiare  e  rientrante
nell'ambito dei provvedimenti  de  potestate  per  motivi  ontologici
legati al tipo di  intervento  attivato  dal  ricorrente.  E'  allora
evidente che la questione non poteva e non doveva  essere  affrontata
dalla legge delegata che, cosi' facendo, ha superato la  cornice  ben
delineata dalla delega. Vi e' di piu', come  hanno  scritto  i  primi
commentatori,  «la  scelta  della   decretazione   delegata   e'   in
contraddizione con lo stesso spirito  della  l.  219/12  orientato  a
concentrare dinanzi al giudice ordinario tutte le questioni  relative
all'esercizio della  responsabilita'  genitoriale,  ad  eccezione  di
quelle riservate al Tribunale per i Minorenni. Comunque, il  silenzio
del legislatore delegante doveva  essere  interpretato  come  precisa
scelta di metodo: ai sensi dell'art. 38 disp.  att.  c.c.,  comma  II
"sono emessi dal tribunale  ordinario  i  provvedimenti  relativi  ai
minori per i quali non e' espressamente stabilita  la  competenza  di
una  diversa  autorita'  giudiziaria";  dunque,   il   silenzio   del
legislatore equivaleva  ad  istituire  la  competenza  del  tribunale
ordinario. Vi deroga la  legge  attuativi  in  assenza  di  copertura
legislativa», 
    Ad ogni modo, la nonna si pone anche in contrasto con  gli  arti.
3, 111 Cost., per una intrinseca irragionevolezza e una  rottura  del
principio di concentrazione processuale, dove questo era all'evidenza
da privilegiare.  Ebbene,  l'art.  317-bis  c.  c.  ha  provocato  la
istituzione di una  competenza  funzionale  esclusiva  del  Tribunale
Minorenni ed esclude ogni ipotesi di  simultaneus  processus  poiche'
non e' ipotizzabile una connessione (con  il  conseguente  regime  ex
art. 40 c.p. c.) in ipotesi di competenza funzionale inderogabile (v.
Cass. Civ., sez. I, 8 marzo 2002 n.  3457).  Questa  interpretazione,
tuttavia,  conduce  ad  una  aporia  logico-giuridica  insanabile.  I
compilatori della riforma conducono l'art. 317-bis c.c. nella cornice
semantica dell'art. 333 c.c.;  da  qui  la  contraddizione:  tutti  i
procedimenti ex art. 333  c.c. -  in  virtu'  della  legge  219/12  -
possono essere trattati anche dal  Tribunale  Ordinario  se  pendente
procedimento ex art. 337-bis c.c. (separazione, divorzio, 316  c.c.);
i soli procedimenti ex art. 317-bis c.c., invece -  in  virtu'  della
legge delegata  -  devono  essere  trattati  sempre  e  comunque  dal
Tribunale  Minorenni.  Cio'  anche  quanto  penda  un   giudizio   di
separazione  o  di  divorzio  o  di  regolamentazione  dei   rapporti
genitoriali in caso di  minore  non  nato  da  matrimonio.  In  altri
termini: se il 317-bis c. c. e' un procedimento ex  art.  333  c.  c.
allora allo stesso doveva restare applicabile  la  norma  in  cui  e'
previsto che "per  i  procedimenti  di  cui  all'articolo  333  resta
esclusa la competenza del tribunale per i minorenni  nell'ipotesi  in
cui sia in corso, tra le stesse  parti,  giudizio  di  separazione  o
divorzio o giudizio ai sensi dell'articolo 316 del codice civile;  in
tale ipotesi per tutta la durata del processo  la  competenza,  anche
per i provvedimenti contemplati  dalle  disposizioni  richiamate  nel
primo  periodo,  spetta   al   giudice   ordinario".   Il   risultato
irragionevole e' evidente nel caso di specie: i  minori  (sono  gia')
coinvolti  nel  procedimento  di  separazione  pendente  dinanzi   al
tribunale ordinario, sono, (ora), solo relativamente ai rapporti  con
gli ascendenti, chiamati  a  giudizio  dinanzi  al  Tribunale  per  i
Minorenni. Sia dinanzi al giudice della separazione,  sia  dinanzi  a
questo  zdficio,  dovranno  essere  necessariamente  ascoltati  (art.
336-bis c. c.). Si realizza, cosi', la frantumazione  di  una  tutela
processuale che dovrebbe essere univoca  e  si  crea,  in  danno  dei
minori, una proliferazione di processi che non tiene,  affatto  conto
dell'interesse preminente del minore che  illuminava  l'intera  legge
219/12  e,  dunque,  la   delega   legislativa.   La   concentrazione
processuale   dinanzi   al   giudice   ordinario   nemmeno    avrebbe
rappresentato una previsione inedita:  come  noto,  gia'  la  Suprema
Corte ha aperto  i  giudizi  di  separazione  e  divorzio  al  figlio
maggiorenne, che puo' intervenire nel processo  come  parte  autonoma
(v. Cass. Civ., sez.  I,  sentenza  19  marzo  2012  n.  4296,  Pres.
Felicetti, rel. Campanile). 
    Gli effetti di manifesta  irragionevolezza  sono  visibili  anche
sotto  altro  aspetto:  il  dlgs  154/13  ha  lasciato  immutata   la
previsione dell'art. 155 c.c. (oggi trasfusa nell'art. 337-ter  c.c.)
relativa al diritto dei minori ad intrattenere regolari rapporti  con
gli ascendenti. Pertanto: dinanzi al Tribunale per i Minorenni, viene
fatta valere la situazione  giuridica  soggettiva  degli  ascendenti;
dinanzi al Tribunale ordinario, la  situazione  giuridica  soggettiva
dei nipoti. L'effetto, in presenza di processi  pendenti,  e'  di  un
evidente contrasto di previsioni dispositive. Infatti, come in  tempi
recenti ha correttamente evidenziato il Tribunale di Milano «il  dlgs
154/2013 ha riservato in modo elettivo al Tribunale per  i  Minorenni
la  competenza  a  pronunciarsi  sul  diritto  degli  ascendenti   e,
consacrando una situazione giuridica soggettiva degli stessi, ha loro
conferito  diretta  legittimazione  attiva  cosi'  non  essendo  piu'
ipotizzabile una sostituzione processuale (81 c.p.c.). Resta,  pero',
sempre ammissibile: 1) una competenza  del  Tribunale  ordinario  nei
limiti ex art. 337-ter comma c.c.  dove  cioe'  i  genitori  facciano
valere il "diverso" e autonomo diritto del minore ai rapporti  con  i
nonni; 2) una competenza del Tribunale ordinario dove si tratti  solo
di "prendere atto" dell'accordo raggiunto dai genitori. Peraltro,  e'
appena il caso di ricordare che, nei tempi di spettanza  del  singolo
genitore, questi puo' richiedere e  decidere  il  coinvolgimento  dei
propri ascendenti come ritiene utile e opportuno, poiche'  si  tratta
di regolare il contenuto della situazione giuridica a lui  spettante»
(Trib. Milano, sez. IX civ., ordinanza 20 marzo 2014, est. Buffone). 
    Pertanto, dove la Corte ritenesse che la  modifica  dell'art.  38
disp. att. c.c. sia coperta da delega legislativa, andrebbe  comunque
valutato tale secondo profilo e dovrebbe essere  comunque  dichiarata
l'incostituzionalita' della norma, per ripristinare l'euritmia creata
nel sistema. 
    [4]. NORME VIOLATE. Per quanto sin qui osservato, si ritiene  che
l'art. 38, comma 1, disp. att. c.c. (come  modificato  dall'art.  96,
comma 1, lett. c) nella parte in cui prevede che «sono, altresi',  di
competenza del tribunale peri minorenni i  provvedimenti  contemplati
dagli articoli 251 e 317-bis del codice civile»,  limitatamente  alla
parte in cui include l'art. 317-bis, si  ponga  in  violazione  degli
artt. 76, 77 e 3, 111 della Costituzione. 
    [5]. PETITUM Per quanto sin  qui  osservato,  e'  auspicabile  un
intervento  della  Corte  adita   che   dichiari   costituzionalmente
illegittimo l'art. 38, comma  I  disp.  att.  c.c.  (come  modificato
dall'art. 96, comma 1, lett. c) nella parte in cui prevede che «sono,
altresi', di competenza del tribunale per i minorenni i provvedimenti
contemplati  dagli  articoli  251  e  317-bis  del  codice   civile»,
limitatamente alla parte in cui include l'art. 317-bis. 
    Alla luce di tutte le considerazioni svolte,  il  Tribunale  peri
Minorenni di Napoli 
 
                              P. Q. M. 
 
    Visti gli artt. 134 Cost., 23 legge 11 marzo 1953 n. 87; 
    Ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 38, comma I,  disp.  att.  c.c.
nella parte in cui prevede che «sono,  altresi',  di  competenza  del
tribunale per i minorenni i provvedimenti contemplati dagli  articoli
251 e 317-bis del codice civile», limitatamente  alla  parte  in  cui
include l'art. 317-bis, per violazione degli arte 76,  77  e  3,  111
della Costituzione. 
    Sospende il giudizio e  dispone  l'immediata  trasmissione  degli
atti  alla  Corte  Costituzionale,  unitamente   alla   prova   delle
comunicazioni e notificazioni previste a seguire. 
    Ordina che, a cura della Cancelleria, la presente ordinanza venga
notificata alle parti del processo, al Presidente del  Consiglio  dei
Ministri, nonche' comunicata ai Presidenti della Camera dei  Deputati
e del Senato della Repubblica. 
        Cosi' deciso a Napoli l'8 luglio 2014 
 
                    Il Presidente: Angela Cirillo 
 
 
             Il giudice relatore: Nagia Ramadan Bulugma