N. 210 ORDINANZA (Atto di promovimento) 25 luglio 2014
Ordinanza del 25 luglio 2014 emessa dal Tribunale dei minorenni di Napoli sul ricorso proposto da C.R. e I.C.. Procedimento civile - Ricorso degli ascendenti per far valere il loro diritto a mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni - Adozione dei provvedimenti piu' idonei nell'esclusivo interesse del minore - Competenza del tribunale per i minorenni, anziche' del tribunale ordinario - Eccesso di delega - Esorbitanza dai limiti della revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione - Irragionevolezza sotto piu' profili - Lesione del principio di concentrazione processuale (segnatamente nelle ipotesi di pendenza dinanzi al tribunale ordinario del giudizio di separazione tra i coniugi o del procedimento per far valere il diritto del minore ai rapporti con i nonni). - Disposizioni di attuazione del codice civile, art. 38, primo comma, come modificato dall'art. 96, comma 1, lett. c), del decreto legislativo 28 dicembre 2013, n. 154. - Costituzione, artt. 3, 76, 77 e 111; legge 10 dicembre 2012, n. 219, art. 2, comma 1, lett. p).(GU n.48 del 19-11-2014 )
IL TRIBUNALE PER I MINORENNI DI NAPOLI riunito in camera di consiglio il giorno 8.7.014 in persona dei ss.gg. magistrati: 1) dr. A. Cirillo presidente N. 171/014 Rvg. 2) dr. N. Ramadan Bulugma giudice relatore N. 4321/14 Cron. 3) dr. A. Ricci componente privato N. Ord. 4) dr. G. Tammaro componente privato sciogliendo la riserva formulata all'odierna udienza ha emesso la seguente ORDINANZA nell'ambito della procedura civile relativa alla minore C. A. nata il 4.2.010 a Napoli; a seguito di ricorso ex art. 317 bis c.c. proposto nella qualita' di nonni paterni da C. R. nato l'8.12.44 e I. C. nata il 22.1.52, entrambi a Napoli, rappresentati e difesi dall'avv. Giuseppe Bartilotti il quale sono elettivamente domiciliati a Napoli in Largo A. sala n. 16. CONTRO I. A. nata il 2.2.79 a Napoli, in qualita' di madre esercente la responsabilita' sulla figlia minore, rappresentata e difesa dall'avv. Concetta Gentili con la quale e' elettivamente domiciliata a Napoli in via Pigna n. 86 presso lo studio dell' avv. Rosanna Lucia Maria Armone. Sentiti: il difensore della resistente che ha eccepito il difetto di illegittimita' costituzionale dell' art. 317 bis c.c. come riformato dal D.lgs n. 154/013, per eccesso di delega legislativa in relazione all'art. 2, comma 1, lettera p) della legge n. 219/12, in violazione degli artt. 76 e 77 comma I della Costituzione; il difensore dei ricorrenti, i difensori di C. C. ed il PMM che hanno chiesto il rigetto dell'eccezione per manifesta infondatezza. IN FATTO I ricorrenti sono genitori di C. C. padre della piccola C. A.. Con il ricorso introduttivo del procedimento i nonni paterni premettono: la pendenza del procedimento penale n. 9378/2013 R.G.N.R promosso dal PM di Napoli contro C. C. per abusi sessuali in danno della figlia minore; la pendenza innanzi al TM di due procedure ex artt. 330 e 336 c.c., n. 595/13 V.G. attivata dal PMM e n. 578/13 V.G. su iniziativa di I. A., nei confronti di C. C.; la pendenza di ricorso ex art. 317-bis c.c. promosso da C. C., contro I. A.; lamentano che I. A., persevera senza alcuna ragione nell'ostacolare i rapporti della piccola A. e la famiglia di origine dell'ex compagno, evidentemente confondendo le posizioni distinte e separate del padre e dei nonni, la quale ultima indubbiamente prescinde dalla fondatezza o meno delle gravi accuse mosse nei «confronti del loro figlio; chiedono all'adito TM di adottare con urgenza, ex art. 317-bis c.c., i provvedimenti piu' idonei. nell'interesse della minore C. A. al fine di tutelare il suo diritto a conservare un significativo rapporto affettivo con gli esponenti nonni paterni; disponendo, se del caso, un preliminare progetto di incontri in ambiente neutro, onde consentire la ripresa progressiva dei suddetti rapporti cessati dal mese di aprile 2013, ed altresi', attesi i comportamenti della madre della minore, disponendo un preciso calendario di incontri che consenta un rapporto costante ed equilibrato con i nonni paterni. IN DIRITTO E' avviso del collegio che sia rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 38, comma 1, disp, att. c.c. (come modificato dall'art. 96, comma 1, lett. c) nella parte in cui prevede che «sono, altresi', di competenza del tribunale per i minorenni i provvedimenti contemplati dagli articoli 251 e 317-bis del codice civile», limitatamente alla parte in cui include l'art. 317-bis, per violazione degli artt. 76, 77 e 3, 111 della Costituzione. AI riguardo si ritiene che vada integralmente condivisa per completezza argomentativa la motivazione svolta dal TM di Bologna con ordinanza 2-5 maggio 2014, che di seguito si riporta come parte integrante del presente provvedimento: In punto di rilevanza e non manifesta infondatezza OSSERVA quanto segue. [1] In punto di rilevanza, la questione e' da considerarsi senz'altro rilevante. Il d.lgs, 28 dicembre 2013 n. 154, con l'art. 42, ha introdotto, nell'art. 317-bis c.c., la legittimazione degli ascendenti a promuovere un giudizio per far valere il loro diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni. Contestualmente, il medesimo saggio normativo, con l'art. 96, comma I, lett. c., ha modificato l'art. 38, comma disp. att., c. c. inserendo, nell'ambito della competenza del Tribunale per i Minorenni, anche il procedimento su accennato, disegnato nel nuovo art. 317-bis c. c. La questione e', dunque, rilevante perche', in difetto della previsione qui censurata, la controversia non sarebbe di' competenza del Tribunale minorile, bensi' del Tribunale ordinario. Dalla soluzione della questione, pertanto, dipende la potestas decidendi di questo Ufficio (primo profilo di censura: artt. 76, 77 Cost.). Sotto un altro angolo visuale, se la previsione consentisse il cumulo processuale con il giudizio di separazione ove pendente, nel caso di specie il ricorso avrebbe dovuto essere introdotto nel giudizio separativo (che pende) dinanzi al Tribunale di (Bologna)Napoli e non dinanzi a questo Ufficio: ne seguirebbe una declaratoria in rito per dovere essere la causa riproposta dinanzi al giudice che sta trattando la separazione. Anche in questo caso, dunque, la questione e' rilevante (secondo profilo di censura: artt. 3, 111 Cost). [2]. In punto di ammissibilita' della questione, una interpretazione adeguatrice risulta infruttuosa. E' noto a questo Tribunale che tra i diversi significati giuridici astrattamente possibili il Giudice deve selezionare quello che sia conforme alla Costituzione; il sospetto di illegittimita' costituzionale, infatti, e' legittimo solo allorquando nessuno dei significati, che e' possibile estrapolare dalla disposizione normativa, si sottragga alle censure di incostituzionalita' (Corte Cost., 12 marzo 1999, n. 65 in Cons. Stato, 1999, II, 366). E, tuttavia, se e' vero che in linea di principio, le leggi si dichiarano incostituzionali perche' e' impossibile darne interpretazioni "secundurn Constitutionem" e non in quanto sia possibile darne interpretazioni incostituzionali, e' anche vero che esiste un preciso limite all'esperimento del tentativo salvifico della norma a livello ermeneutico: il giudice non puo' "piegare la disposizione fino a spezzarne il legame con il dato letterale". Ed, in tal senso, di fatto, vi sarebbe il rischio - dinnanzi ad una redazione cosi' chiara della norma - di invadere una competenza che al Giudice odierno non compete, se non altro perche' altri Organi, nell'impalcatura Costituzionale (come l'adita Corte delle Leggi), sono deputati ad espletare talune funzioni ad essi esclusivamente riservate. Ma vi e' di piu': l'interpretatio secundum constitutionem presuppone, indefettibilmente, che l'interpretazione "altra" sia "possibile", cioe', praticabile: differentemente, si creerebbe un vulnus alla certezza del diritto poiche' anche dinnanzi a norme "chiare" ogni giudicante adito potrebbe offrire uno spunto interpretativo diverso. Svolte le considerazioni riportate, reputa l'odierno Giudicante che il dato normativo non si possa prestare ad interpretazioni diverse da quella emergente dalla mera lettura del testo. Rimane, pertanto infruttuoso il doveroso tentativo da parte dell'odierno Giudice di individuare un'interpretazione compatibile con la Costituzione (Corte Cost. ord. 427/2005; ord. n. 306 del 2005). [3]. Cosi' introdotta, nel rito, la questione sollevata, nel merito la disposizione e' sospettata di incostituzionalita' per violazione degli artt. 76, 111 e 3, 111 della Carta Costituzionale, sub specie di eccesso di delega legislativa. L'introduzione di un diritto di azione in capo agli ascendenti costituisce l'applicazione del criterio dettato all'articolo 2, comma 1, lettera p), della legge delega (legge 219/2012), con il quale si attribuisce al legislatore delegato il compito di disciplinare "la legittimazione degli ascendenti a far valere il diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti"; il criterio e' attuato mediante sostituzione dell'articolo 317-bis c. c. in cui ora si prevede che «1. Gli ascendenti hanno diritti) di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni. 2. L'ascendente al quale e' impedito l'esercizio di tale diritto puo' ricorrere al giudice del luogo di residenza abituale del minore affinche' siano adottati i provvedimenti piu' idonei nell'esclusivo interesse del minore. Si' applica l'articolo 336, secondo comma». Il Legislatore delegato, tuttavia, introduce anche una modifica di diritto processuale in seno all'art. 38 disp. att. c. c. prevedendo che «sono, altresi', di competenza del tribunale per i minorenni i provvedimenti contemplati dagli articoli 251 e 317-bis del codice civile». La competenza per tali procedimenti e' attribuita al Tribunale per i minorenni «in ossequio all'orientamento giurisprudenziale dominante che riconduce tali controversie nell'alveo dell'articolo 333 c.c. (cfr. Cassazione, 24 febbraio 1981, n. 1115; Cassazione, 17 giugno 2009, n. 14091)» (in questi termini, la relazione illustrativa della Commissione cd. Bianca, addetta alla redazione del testo normativa). Reputa il Tribunale che la scelta del legislatore delegato si sia posta in stridente contrasto con la delega legislativa, eccedendo dalla cornice disegnata dalla legge delega. Deve ritenersi che non spettava al legislatore delegato di legiferare sulla competenza, registrandosi, consequenzialmente, sul punto, una norma da ritenere viziata da illegittimita' costituzionale per eccesso di delega legislativa per violazione degli artt. 76 e 77 Cost.; vizio genetico che appare particolarmente consistente dove si prenda atto del fatto che, gli stessi compilatori, davano atto di un acceso dibattito giurisprudenziale attorno alla natura delle statuizioni regolative del diritto dei nonni a frequentare i nipoti; quanto doveva indurre a rimettere agli interpreti o al legislatore futuro, un intervento ad hoc per dirimere la controversia. E' vero, infatti, che secondo una certa opinione le controversie de quibus rientrerebbero nell'art. 333 c. c. (con competenza, quindi, del giudice minorile), ma e' anche vero che, secondo altra lettura, si tratta di liti che afferiscono ne' piu' e ne' meno che all'art. 155 c. c. (oggi 33 7-ter c. c.) ovvero i provvedimenti regolativi dei tempi di frequentazione della prole presso l'uno e l'altro genitore: dunque, con competenza del giudice ordinario. Infatti, la Suprema Corte, prendendo distanze dalla tesi sposata in altre letture, ha in tempi piu' recenti affermato che l'art. 155 cod. civ., nel prevedere il diritto dei minori, figli di coniugi separati, di conservare rapporti significativi con gli ascendenti (ed i parenti di ciascun ramo genitoriale) «affida al giudice un elemento ulteriore di indagine e di valutazione nella scelta e nell'articolazione di provvedimenti da adottare in tema di affidamento, nella prospettiva di una rafforzata tutela del diritto ad una crescita serena ed equilibrata» (Cass. Civ., sez. I, 11 agosto 1011 n. 17191); non si versa, dunque, nell'ambito delle limitazioni genitoriali (333 c. c.) bensi' in quello della regolamentazione dei rapporti genitoriali (337-ter c. c). Peraltro, ad onor del vero, il precedente citato dai compilatori nella relazione illustrativa Cass. Civ., sez. 1, 17 giugno 2009 n. 14091 - non e' argomento per sostenere che le controversie ex art. 317-bis rientrino nell'ambito delle limitazioni ex art. 333 c. c. poiche', nell'arresto citato, la Cassazione si limita a dichiarare inammissibile un provvedimento finale del giudice di merito che, in un procedimento ex art. 330 c.c., aveva sospeso le visite tra una minore e i suoi nonni; ipotesi, dunque, peculiare e rientrante nell'ambito dei provvedimenti de potestate per motivi ontologici legati al tipo di intervento attivato dal ricorrente. E' allora evidente che la questione non poteva e non doveva essere affrontata dalla legge delegata che, cosi' facendo, ha superato la cornice ben delineata dalla delega. Vi e' di piu', come hanno scritto i primi commentatori, «la scelta della decretazione delegata e' in contraddizione con lo stesso spirito della l. 219/12 orientato a concentrare dinanzi al giudice ordinario tutte le questioni relative all'esercizio della responsabilita' genitoriale, ad eccezione di quelle riservate al Tribunale per i Minorenni. Comunque, il silenzio del legislatore delegante doveva essere interpretato come precisa scelta di metodo: ai sensi dell'art. 38 disp. att. c.c., comma II "sono emessi dal tribunale ordinario i provvedimenti relativi ai minori per i quali non e' espressamente stabilita la competenza di una diversa autorita' giudiziaria"; dunque, il silenzio del legislatore equivaleva ad istituire la competenza del tribunale ordinario. Vi deroga la legge attuativi in assenza di copertura legislativa», Ad ogni modo, la nonna si pone anche in contrasto con gli arti. 3, 111 Cost., per una intrinseca irragionevolezza e una rottura del principio di concentrazione processuale, dove questo era all'evidenza da privilegiare. Ebbene, l'art. 317-bis c. c. ha provocato la istituzione di una competenza funzionale esclusiva del Tribunale Minorenni ed esclude ogni ipotesi di simultaneus processus poiche' non e' ipotizzabile una connessione (con il conseguente regime ex art. 40 c.p. c.) in ipotesi di competenza funzionale inderogabile (v. Cass. Civ., sez. I, 8 marzo 2002 n. 3457). Questa interpretazione, tuttavia, conduce ad una aporia logico-giuridica insanabile. I compilatori della riforma conducono l'art. 317-bis c.c. nella cornice semantica dell'art. 333 c.c.; da qui la contraddizione: tutti i procedimenti ex art. 333 c.c. - in virtu' della legge 219/12 - possono essere trattati anche dal Tribunale Ordinario se pendente procedimento ex art. 337-bis c.c. (separazione, divorzio, 316 c.c.); i soli procedimenti ex art. 317-bis c.c., invece - in virtu' della legge delegata - devono essere trattati sempre e comunque dal Tribunale Minorenni. Cio' anche quanto penda un giudizio di separazione o di divorzio o di regolamentazione dei rapporti genitoriali in caso di minore non nato da matrimonio. In altri termini: se il 317-bis c. c. e' un procedimento ex art. 333 c. c. allora allo stesso doveva restare applicabile la norma in cui e' previsto che "per i procedimenti di cui all'articolo 333 resta esclusa la competenza del tribunale per i minorenni nell'ipotesi in cui sia in corso, tra le stesse parti, giudizio di separazione o divorzio o giudizio ai sensi dell'articolo 316 del codice civile; in tale ipotesi per tutta la durata del processo la competenza, anche per i provvedimenti contemplati dalle disposizioni richiamate nel primo periodo, spetta al giudice ordinario". Il risultato irragionevole e' evidente nel caso di specie: i minori (sono gia') coinvolti nel procedimento di separazione pendente dinanzi al tribunale ordinario, sono, (ora), solo relativamente ai rapporti con gli ascendenti, chiamati a giudizio dinanzi al Tribunale per i Minorenni. Sia dinanzi al giudice della separazione, sia dinanzi a questo zdficio, dovranno essere necessariamente ascoltati (art. 336-bis c. c.). Si realizza, cosi', la frantumazione di una tutela processuale che dovrebbe essere univoca e si crea, in danno dei minori, una proliferazione di processi che non tiene, affatto conto dell'interesse preminente del minore che illuminava l'intera legge 219/12 e, dunque, la delega legislativa. La concentrazione processuale dinanzi al giudice ordinario nemmeno avrebbe rappresentato una previsione inedita: come noto, gia' la Suprema Corte ha aperto i giudizi di separazione e divorzio al figlio maggiorenne, che puo' intervenire nel processo come parte autonoma (v. Cass. Civ., sez. I, sentenza 19 marzo 2012 n. 4296, Pres. Felicetti, rel. Campanile). Gli effetti di manifesta irragionevolezza sono visibili anche sotto altro aspetto: il dlgs 154/13 ha lasciato immutata la previsione dell'art. 155 c.c. (oggi trasfusa nell'art. 337-ter c.c.) relativa al diritto dei minori ad intrattenere regolari rapporti con gli ascendenti. Pertanto: dinanzi al Tribunale per i Minorenni, viene fatta valere la situazione giuridica soggettiva degli ascendenti; dinanzi al Tribunale ordinario, la situazione giuridica soggettiva dei nipoti. L'effetto, in presenza di processi pendenti, e' di un evidente contrasto di previsioni dispositive. Infatti, come in tempi recenti ha correttamente evidenziato il Tribunale di Milano «il dlgs 154/2013 ha riservato in modo elettivo al Tribunale per i Minorenni la competenza a pronunciarsi sul diritto degli ascendenti e, consacrando una situazione giuridica soggettiva degli stessi, ha loro conferito diretta legittimazione attiva cosi' non essendo piu' ipotizzabile una sostituzione processuale (81 c.p.c.). Resta, pero', sempre ammissibile: 1) una competenza del Tribunale ordinario nei limiti ex art. 337-ter comma c.c. dove cioe' i genitori facciano valere il "diverso" e autonomo diritto del minore ai rapporti con i nonni; 2) una competenza del Tribunale ordinario dove si tratti solo di "prendere atto" dell'accordo raggiunto dai genitori. Peraltro, e' appena il caso di ricordare che, nei tempi di spettanza del singolo genitore, questi puo' richiedere e decidere il coinvolgimento dei propri ascendenti come ritiene utile e opportuno, poiche' si tratta di regolare il contenuto della situazione giuridica a lui spettante» (Trib. Milano, sez. IX civ., ordinanza 20 marzo 2014, est. Buffone). Pertanto, dove la Corte ritenesse che la modifica dell'art. 38 disp. att. c.c. sia coperta da delega legislativa, andrebbe comunque valutato tale secondo profilo e dovrebbe essere comunque dichiarata l'incostituzionalita' della norma, per ripristinare l'euritmia creata nel sistema. [4]. NORME VIOLATE. Per quanto sin qui osservato, si ritiene che l'art. 38, comma 1, disp. att. c.c. (come modificato dall'art. 96, comma 1, lett. c) nella parte in cui prevede che «sono, altresi', di competenza del tribunale peri minorenni i provvedimenti contemplati dagli articoli 251 e 317-bis del codice civile», limitatamente alla parte in cui include l'art. 317-bis, si ponga in violazione degli artt. 76, 77 e 3, 111 della Costituzione. [5]. PETITUM Per quanto sin qui osservato, e' auspicabile un intervento della Corte adita che dichiari costituzionalmente illegittimo l'art. 38, comma I disp. att. c.c. (come modificato dall'art. 96, comma 1, lett. c) nella parte in cui prevede che «sono, altresi', di competenza del tribunale per i minorenni i provvedimenti contemplati dagli articoli 251 e 317-bis del codice civile», limitatamente alla parte in cui include l'art. 317-bis. Alla luce di tutte le considerazioni svolte, il Tribunale peri Minorenni di Napoli
P. Q. M. Visti gli artt. 134 Cost., 23 legge 11 marzo 1953 n. 87; Ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 38, comma I, disp. att. c.c. nella parte in cui prevede che «sono, altresi', di competenza del tribunale per i minorenni i provvedimenti contemplati dagli articoli 251 e 317-bis del codice civile», limitatamente alla parte in cui include l'art. 317-bis, per violazione degli arte 76, 77 e 3, 111 della Costituzione. Sospende il giudizio e dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale, unitamente alla prova delle comunicazioni e notificazioni previste a seguire. Ordina che, a cura della Cancelleria, la presente ordinanza venga notificata alle parti del processo, al Presidente del Consiglio dei Ministri, nonche' comunicata ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica. Cosi' deciso a Napoli l'8 luglio 2014 Il Presidente: Angela Cirillo Il giudice relatore: Nagia Ramadan Bulugma