N. 213 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 febbraio 2014

Ordinanza del 28 febbraio 2014 emessa  dal  Tribunale  amministrativo
regionale per il Lazio sul ricorso proposto da  Casa  di  Cura  Marco
Polo S.r.l. contro Commissario ad acta per il Piano  di  rientro  dai
disavanzi del settore sanitario della Regione Lazio e Regione Lazio. 
 
Sanita'  pubblica  -  Razionalizzazione  e  riduzione   della   spesa
  sanitaria - Previsione che a tutti i singoli contratti e a tutti  i
  singoli accordi regionali nell'esercizio 2012,  per  l'acquisto  di
  prestazioni  sanitarie  da   soggetti   privati   accreditati   per
  l'assistenza  specialistica  ambulatoriale   e   per   l'assistenza
  ospedaliera, si applica una riduzione dell'importo e dei volumi  di
  acquisto in misura percentuale fissa, determinata dalla  Regione  e
  dalla Provincia autonoma, tali  da  ridurre  la  spesa  complessiva
  annua, rispetto alla spesa consuntivata per l'anno 2011, dello  0,5
  per cento per l'anno 2012, dell'1 per cento per l'anno 2013 e del 2
  per cento a decorrere dall'anno 2014 - Violazione dei  principi  di
  affidamento e di certezza del diritto - Incidenza sul principio  di
  tutela  della  salute  -  Lesione  del  principio  di  liberta'  ed
  iniziativa economica  privata  -  Lesione  del  principio  di  buon
  andamento della pubblica amministrazione - Violazione  della  sfera
  di competenza legislativa concorrente regionale  per  l'imposizione
  di vincoli dettagliati, anziche' di principi fondamentali. 
- Decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con  modificazioni,
  dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, art. 15, comma 14. 
- Costituzione, artt. 3, 32, 41, 97  e  117,  commi  primo  e  terzo;
  Protocollo n. 1 della Convenzione europea  dei  diritti  dell'uomo,
  art. 1. 
(GU n.49 del 26-11-2014 )
 
         IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO 
                       (SEZIONE TERZA QUATER) 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 335 del 2013, proposto da: 
        Casa di  Cura  Marco  Polo  S.r.l.,  in  persona  del  legale
rappresentante  p.t.,  rappresentata  e  difesa  dagli  avv.ti   Vito
Bellini, Maria Luisa  Bellini  e  Giuseppe  Graziosi,  con  domicilio
eletto presso il loro studio, in Roma, via Orazio, 3; 
        Contro Commissario ad acta della Regione Lazio, nominato  con
delibera  del  Consiglio  dei  ministri  in  data  16  ottobre  2012,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   Generale   dello   Stato,
domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
        la Regione Lazio, in  persona  del  Presidente  pro  tempore,
rappresentata e difesa  dall'avv.  Roberta  Barone  ed  elettivamente
domiciliata presso la sede dell'Avvocatura  Regionale  in  Roma,  Via
Marcantonio Colonna n. 27; 
    per l'annullamento del decreto  del  Commissario  ad  acta  della
Regione Lazio n. U00349/2012, in data 22  novembre  2012,  avente  ad
oggetto: «Legge n. 135/12 - Conversione in legge, con  modificazioni,
del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, recante disposizioni  urgenti
per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei  servizi  ai
cittadini - applicazione art. 15 comma 14  -  Assistenza  ospedaliera
anno 2012»; nonche' di ogni altro  atto  presupposto,  conseguente  o
connesso; 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Visti gli atti di costituzione in  giudizio  del  Commissario  ad
acta per il Piano di Rientro per il disavanzo del  Settore  Sanitario
della Regione Lazio, della Presidenza del Consiglio  dei  ministri  e
della Regione Lazio; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore designato per l'udienza pubblica del giorno 19  novembre
2013 il cons. Domenico Lundini e uditi per le parti i difensori  come
specificato nel verbale; 
 
                           Fatto e diritto 
 
    La societa' ricorrente, che gestisce in regime di  accreditamenta
con il SSR la Casa di Cura Marco Polo, con sede in Roma, fa  presente
di  svolgere,  mediante  detta.  struttura,   prestazioni   sanitarie
ospedaliere di ricovero oncologico, per le quali, anche per il  2012,
le e' stato  assegnato  relativo  budget  in  forza  di  decreto  del
Commissario ad acta, cui ha fatto seguito regolare contratto. 
    Con il proposto gravame impugna il  decreto  del  Commissario  ad
acta della Regione Lazio,  in  epigrafe  indicato  (DCA  349  del  22
novembre 2012), che ha rideterminato retroattivamente il budget  gia'
assegnato  per   il   2012   alla   suddetta   struttura   sanitaria,
disponendone,  nonostante  esso  fosse  gia'  stato   esaurito,   una
riduzione del 6,8519%. Il  suddetto  decreto  e'  stato  adottato  in
applicazione dell'art. 15, comma 14, del  decreto-legge  n.  95/2012,
convertito con legge n. 135/2012, il quale dispone  che  «A  tutti  i
singoli contratti e a tutti i singoli accordi vigenti  nell'esercizio
2012, ai sensi  dell'art.  8-quinquies  del  decreto  legislativo  30
dicembre 1992, n. 502, per l'acquisto  di  prestazioni  sanitarie  da
soggetti   privati   accreditati   per   l'assistenza   specialistica
ambulatoriale  e  per  l'assistenza  ospedaliera,  si   applica   una
riduzione dell'importo e dei corrispondenti  volumi  di  acquisto  in
misura percentuale fissa, determinata dalla regione o dalla provincia
autonoma, tale da ridurre la spesa complessiva annua,  rispetto  alla
spesa consuntivata per l'anno 2011, dello 0,5 per  cento  per  l'anno
2012, dell'i per cento per l'anno 2013 e del 2 per cento a  decorrere
dall'anno 2014». 
    Il ricorso e' affidato ai seguenti motivi di doglianza: 
        1)  Violazione  dell'art.  15,  comma  14,  della  legge   n.
135/2012, di conversione del decreto-legge  n.  95/2012.  Eccesso  di
potere. Carenza di motivazione; 
        2) Ancora violazione dell'art. 15, comma 14, della  legge  n.
135/2012, di conversione del decreto-legge  n.  95/2012.  Eccesso  di
potere.  Carenza  di  motivazione.  Difetto  di  istruttoria.  Errati
presupposti; 
        3) Ancora violazione e falsa applicazione dell'art. 15, comma
14, della legge n. 135/2012,  di  conversione  del  decreto-legge  n.
95/2012. Tardivita'. Violazione  del  principio  di  irretroattivita'
dell'atto amministrativo. Violazione dell'art. 11 delle  disposizioni
sulla legge in generale. Violazione del  principio  dell'affidamento.
Violazione dell'art. 1372 del codice civile; 
        4) Illegittimita'  costituzionale  dell'art.  15,  comma  14,
della  legge  n.  135  del  7  agosto  2012,   di   conversione   del
decreto-legge n. 95 del 6 luglio 2012; 
        5) Violazione dell'art. 117 della Costituzione; 
        6) Violazione dell'art. 3 della Costituzione. Violazione  del
principio fondamentale  del  legittimo  affidamento  nella  sicurezza
giuridica; 
        7) Violazione dell'art. 41 della Costituzione. 
    La Regione Lazio si e' costituita in giudizio e ha contro dedotto
ex adverso. 
    Alla pubblica udienza del 19 novembre 2013 il  ricorso  e'  stato
assunto in decisione. 
    E' oggetto della presente controversia il decreto del Commissario
ad acta per l'attuazione del  Piano  di  rientro  dei  disavanzi  del
settore sanitario della Regione Lazio, in epigrafe indicato,  che  ha
rideterminato i budget gia' assegnati  per  il  2012  alle  strutture
sanitarie  private  in  regime  di  accreditamento  con  il  servizio
sanitario. 
    Come sopra esposto  il  gravato  decreto  e'  stato  adottato  in
applicazione dell'art. 15, comma 14, del  decreto-legge  n.  95/2012,
convertito  con  modifiche  con  legge  n.  n.  135/2012,  il   quale
testualmente stabilisce che «A tutti i singoli contratti e a tutti  i
singoli accordi  vigenti  nell'esercizio  2012,  ai  sensi  dell'art.
8-quinquies del decreto legislativo 30 dicembre  1992,  n.  502,  per
l'acquisto di prestazioni sanitarie da soggetti  privati  accreditati
per  l'assistenza  specialistica  ambulatoriale  e  per  l'assistenza
ospedaliera,  si   applica   una   riduzione   dell'importo   e   dei
corrispondenti  volumi  di  acquisto  in  misura  percentuale  fissa,
determinata dalla regione o dalla provincia autonoma, tale da ridurre
la spesa complessiva annua,  rispetto  alla  spesa  consuntivata  per
l'anno 2011, dello 0,5 per cento per l'anno 2012,  dell'1  per  cento
per l'anno 2013 e del 2 per cento a decorrere dall'anno 2014». 
    Premesso  quanto  sopra,  rileva  il  Collegio  che  appare   non
manifestamente infondato, anche alla stregua di quanto al riguardo in
parte  dedotto  dalla  stessa  struttura  ricorrente,  il  dubbio  di
costituzionalita'  in  ordine  alla  disciplina  normativa   che   ha
giustificato l'adozione dei contestati decreti, per contrasto con gli
art.  117,  comma  3,  della  Costituzione,  con  il   principio   di
irretroattivita' delle leggi, con gli articoli 3, 32, 41,  97  e  117
comma 1, della Costituzione. 
    Relativamente alla detta violazione dell'art. 117, comma 3, della
Costituzione deve essere invero evidenziato che: 
        a)  la  Sanita'  rientra,  giusta   quanto   previsto   dalla
richiamata disposizione costituzionale, nelle materie di legislazione
concorrente per le quali spetta alle Regioni la potesta' legislativa,
salvo che per la determinazione dei principi fondamentali,  riservata
alla legislazione dello Stato; 
        b) in tale quadro normativo il menzionato art. 15, comma  14,
nel prevedere un taglio generalizzato della spesa  per  il  2012  (ed
anni successivi) che le singole regioni  sono  chiamate  a  sostenere
sulla base  di  accordi  precedentemente  stipulati  con  le  singole
strutture accreditate, non puo' in alcun modo essere  annoverata  tra
la normativa che fissa i principi fondamentali, e, pertanto, per tale
aspetto, essa risulta in palese contrasto con il richiamato art. 117,
comma 3. 
    Ed invero il Collegio, pur tenendo presente l'orientamento  della
Corte costituzionale secondo cui «l'autonomia legislativa concorrente
delle regioni nel settore della tutela della salute ed in particolare
nell'ambito della gestione del  servizio  sanitario  puo'  incontrare
limiti alla  luce  degli  obiettivi  della  finanza  pubblica  e  del
contenimento della  spesa»,  peraltro  in  un  «quadro  di  esplicita
condivisione da parte delle  regioni  della  assoluta  necessita'  di
contenere i disavanzi del settore sanitario» (sentenze n. 91 del 2012
e n. 193 del  2007),  e  secondo  cui  il  legislatore  statale  puo'
«legittimamente imporre alle Regioni vincoli alla spesa corrente  per
assicurare l'equilibrio unitario della finanza pubblica  complessiva,
in  connessione  con  il  perseguimento   di   obiettivi   nazionali,
condizionati anche da obblighi comunitari» (sentenze n. 91 del  2012,
n. 163 del 2011 e n. 52 del 2010), osserva tuttavia che  la  suddetta
disposizione, proprio perche' individua  specificatamente  i  settori
ove conseguire (con imposizione di tagli «lineari» senza alternative)
i risparmi  nella  spesa  sanitaria,  senza  limitarsi  ad  una  mera
quantificazione in via generale dei suddetti risparmi lasciando  alla
discrezionalita' dell'amministrazione regionale l'individuazione  dei
comparti di spesa dove ottenerli e delle  modalita'  per  conseguirli
(magari differenziando i  destinatari  dei  tagli  di  spesa  secondo
propri criteri apprezzati  discrezionalmente  come  piu'  rispondenti
all'interesse e alle peculiarita' regionali), risulta  non  in  linea
con quanto disposto dal menzionato art. 117, terzo  comma.  Pertanto,
la  questione  di  costituzionalita',  sotto  tale  aspetto,  non  e'
manifestamente infondata. 
    Pure non manifestamente infondata e' la violazione  dell'art.  97
Cost., oltre che dell'art. 3 della Cost., e dei principi  individuati
dalla Corte costituzionale al fine di assicurare la costituzionalita'
di una legge retroattiva. 
    In particolare, tenendo anche conto di quanto  prospettato  dalla
Casa di Cura ricorrente, va sottolineato che: 
        a) giusta il consolidato e notorio orientamento  della  Corte
costituzionale occorre che  siano  rispettati  una  serie  di  limiti
generali all'efficacia retroattiva delle leggi,  che  attengono  alla
salvaguardia, oltre che dei principi costituzionali, quale il secondo
comma dell'art. 25 Cost., di altri fondamentali  valori  di  civilta'
giuridica posti a tutela dei destinatari della norma e  dello  stesso
ordinamento, tra i quali vanno ricompresi il rispetto  del  principio
generale di ragionevolezza che ridonda  nel  divieto  di'  introdurre
ingiustificate disparita' di trattamento, la tutela  dell'affidamento
legittimamente sorto nei soggetti quale  principio  connaturato  allo
Stato  di  diritto,  la  coerenza  e  la  certezza   dell'ordinamento
giuridico; 
        b) nella fattispecie  in  esame  la  richiamata  disposizione
nonche'  il  successivo   decreto   regionale   attuativo,   adottato
quest'ultimo a fine novembre 2012 quando il  limite  del  budget  era
stato ormai sostanzialmente raggiunto, hanno inciso (limitatamente al
2012) sul legittimo  affidamento  venutosi  a  creare  in  capo  alle
singole strutture sanitarie ad erogare le prestazioni e a ricevere il
relativo   corrispettivo   cosi'   come   stabilito   nei   contratti
antecedentemente stipulati, per  la  corretta  esecuzione  dei  quali
hanno d'altra parte allestito le relative  risorse  organizzative  ed
effettuato  i  correlati  investimenti  in  materiali,  personale  ed
attrezzature. Ora al riguardo non ignora il Collegio che viene  anche
ritenuta legittima, secondo la  giurisprudenza  amministrativa  (cfr.
CdS, Ad. Pl. n. 4/2012), l'introduzione retroattiva di tetti di spesa
in materia sanitaria. Ma cio' si e'  ritenuto  che  possa  ammettersi
soltanto in presenza di tetti di spesa degli anni precedenti ai quali
gli interessati si siano potuti rapportare tenendo contemporaneamente
conto  di  ulteriori  limiti  imposti  dai  tagli   stabiliti   dalle
disposizioni  finanziarie   conoscibili   dalle   strutture   private
all'inizio e nel corso dell'anno. Oltre tale limite, invero,  non  vi
e' piu' tutela  dell'affidamento  e  questo  appare  essersi  appunto
invento nella specie per l'anno 2012 in quanto i tagli di budget sono
stati per tale anno imposti, con parziale decorrenza retroattiva  dal
1° gennaio 2012,  dalla  disposizione  legislativa  in  questione,  a
budget gia' approvati e senza alcun preesistente parametro da  cui  i
destinatari abbiano potuto preavvertire l'intervento  della  disposta
riduzione; 
        c) correlativamente a quanto  sopra,  si  profila  anche,  in
relazione al contrasto con l'art. 1  protocollo  1  CEDU  (stante  la
lesione con effetto retroattivo di un bene acquisito in  presenza  di
un affidamento  legittimamente  ingenerato  da  budget  attribuiti  e
relativi contratti stipulati), la  violazione  dell'art.  117,  primo
comma, della Costituzione (per il tramite  della  predetta  normativa
interposta); 
    Risulta poi non manifestamente infondata, ad avviso del Collegio,
anche la violazione dell'art. 41  della  Costituzione  in  quanto  la
richiamata normativa nel decurtare i budget fissati  antecedentemente
verrebbe in sostanza ad impedire  la  remunerazione  di'  prestazioni
gia' erogate, con conseguente violazione del  principio  di  liberta'
dell'attivita' economica privata. 
    Ugualmente non manifestamente infondata, nel  suddetto  contesto,
e' la violazione  dell'art.  32  della  Costituzione,  in  quanto  le
contestate riduzioni dei budget, giustificate unicamente da motivi di
ordine economico-finanziario e che fanno seguito ad altre  precedenti
riduzioni, possono determinare una compromissione  del  diritto  alla
salute costituzionalmente tutelato dall'art. 32, in palese  contrasto
con quanto affermato  dalla  Corte  costituzionale  con  sentenza  n.
309/1999, secondo la quale «le esigenze della  finanza  pubblica  non
possono assumere nel bilanciamento del legislatore un  peso  talmente
preponderante da comprimere il nucleo irriducibile del  diritto  alla
salute protetto dalla  Costituzione  come  ambito  inviolabile  della
dignita' umana». 
    La rilevanza e la pregiudizialita' delle sollevate  questioni  di
costituzionalita' per la  controversia  in  esame  appare  del  tutto
evidente, stante  che  esse  investono  la  disciplina  normativa  in
applicazione della quale e' stato adottato il contestato decreto  del
Commissario ad acta per la Sanita' della Regione Lazio. 
    Per  le  ragioni  suesposte  deve  essere  quindi   disposta   la
remissione degli atti alla Corte costituzionale e la sospensione  del
giudizio ai sensi dell'art. 134 della Costituzione, dell'art. 1 della
legge costituzionale 9 febbraio 1948 n. 1, dell'art. 23  della  legge
dell'11 marzo 1953 n. 87 e dell'art. 79 c.p.a. 
 
                               P. Q. M. 
 
    Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza
Quater),  dichiara  rilevante  e  non  manifestamente  infondata,  la
sollevata questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  15,
comma 14, del decreto-legge n. 15 del 6 luglio  2012,  convertito  in
legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1,  legge  n.  7  agosto
2012, n. 135, per contrasto con gli articoli 117 comma 3, 3, 97,  117
comma 1, 41 e 32 della Costituzione, secondo  quanto  specificato  in
motivazione. Sospende il giudizio e ordina la trasmissione degli atti
alla Corte costituzionale. 
    Dispone che, a cura della segreteria della sezione,  la  presente
ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei  ministri  e
comunicata ai Presidenti del Senato e della Camera dei Deputati. 
    Cosi' deciso in Roma nella camera  di  consiglio  del  giorno  19
novembre  2013  con  l'intervento  dei  magistrati:   Italo   Riggio,
Presidente  -  Domenico  Lundini,  Consigliere,  Estensore  -  Giulia
Ferrari, Consigliere. 
 
                        Il Presidente: Riggio 
 
 
                                                 L'estensore: Lundini