N. 87 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 12 novembre 2014
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 12 novembre 2014 (della Regione Lombardia).. Opere pubbliche - Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attivita' produttive - Misure urgenti per l'individuazione e la realizzazione di impianti di recupero di energia, dai rifiuti urbani e speciali, costituenti infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale - Adozione di dette misure con decreto-legge (Sblocca Italia) - Ricorso della Regione Lombardia - Denunciata violazione dei presupposti costituzionali per la decretazione d'urgenza - Lesione della sfera di competenza legislativa regionale in materia di governo del territorio, nonche' di tutela della salute, di pianificazione territoriale ed urbanistica, di produzione dell'energia, di coordinamento della finanza regionale e del sistema tributario, di servizi pubblici locali. - Decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, in particolare art. 35. - Costituzione, art. 77, comma secondo, in combinato disposto con gli artt. 117, commi secondo e terzo, e 119. Ambiente - Misure urgenti per l'individuazione e la realizzazione di impianti di recupero di energia, dai rifiuti urbani e speciali, costituenti infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale - Previsione che gli impianti di recupero inseriti nel D.P.C.M. di cui al comma 1, sono qualificati come infrastrutture di preminente interesse nazionale e che i medesimi devono essere autorizzati ad operare a saturazione del carico termico, che dovranno rispondere alle caratteristiche degli impianti R1, e che, non sussistendo vincoli di bacino, all'interno degli stessi dovra' essere data priorita' al trattamento dei rifiuti urbani provenienti dall'intero territorio nazionale - Ricorso della Regione Lombardia - Denunciata violazione di obblighi internazionali derivanti dalla normativa comunitaria (Direttiva 2011/42/CE) che prevede la previa valutazione ambientale strategica (VAS) - Lesione della sfera di competenza legislativa regionale in materia di governo del territorio, di pianificazione territoriale ed urbanistica, di produzione dell'energia, di servizi pubblici locali e di tutela della salute. - Decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, art. 35. - Costituzione, artt. 11 e 117, primo comma, in combinato disposto con l'art. 117, commi secondo e terzo. Ambiente - Misure urgenti per l'individuazione e la realizzazione di impianti di recupero di energia, dai rifiuti urbani e speciali, costituenti infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale - Previsto affidamento ad un D.P.C.M., da adottare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge impugnato, dell'individuazione degli impianti di recupero di energia e di smaltimento dei rifiuti solidi urbani e speciali gia' esistenti sul territorio nazionale o da realizzare - Previsione che tutti gli impianti esistenti e da realizzare devono essere autorizzati a saturazione del carico termico ed imposizione alle Autorita' competenti di adeguare negli stessi termini le autorizzazioni integrate ambientali degli impianti esistenti entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge impugnato - Previsione che i nuovi impianti devono essere realizzati conformemente alla classificazione di impianti di recupero energetico R1 di cui all'Allegato C alla parte IV del Codice dell'ambiente - Imposizione alle competenti Autorita' di verificare per gli impianti gia' esistenti, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge impugnato, la sussistenza dei requisiti per la qualificazione come impianti di recupero R1, revisionando in tal senso nello stesso termine di 60 giorni le autorizzazioni integrate ambientali ove ne ricorrono i presupposti - Previsione della priorita' del trattamento dei rifiuti urbani prodotti nel territorio nazionale e che, a saturazione del carico termico, potrebbero essere inoltre trattati rifiuti speciali non pericolosi o pericolosi a solo rischio sanitario, con imposizione alle autorita' competenti di adeguare negli stessi termini le autorizzazioni integrate ambientali degli impianti nel medesimo termine di 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge impugnato - Previsto dimezzamento dei termini di espletamento delle procedure di espropriazione per pubblica utilita', di VIA e di AIA, con estensione del dimezzamento ai termini residui anche di procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del decreto-legge impugnato - Previsto intervento sostitutivo del Governo nel caso di mancato rispetto dei termini di cui al comma 2 (modifiche della AIA ), al comma 4 (valutazione della compatibilita' degli impianti esistenti con le caratteristiche degli impianti di recupero R1 ed eventuale adeguamento della relativa AIA entro 60 giorni), al comma 5 (adeguamento della AIA alle priorita' di trattamento dei rifiuti urbani, nonche', a saturazione del carico termico, dei rifiuti non pericolosi o pericolosi solo a rischio sanitario, entro 60 giorni) e al comma 6 (dimezzamento dei termini dei procedimenti di espropriazione per pubblica utilita' di VIA e di AIA ) - Ricorso della Regione Lombardia - Denunciata violazione della sfera di competenza legislativa regionale in materia di governo del territorio, di pianificazione territoriale urbanistica ed edilizia, di produzione dell'energia, di coordinamento della finanza regionale e del sistema tributario, di servizi pubblici locali, di tutela della salute - Lesione del principio di sussidiarieta' - Violazione del principio di leale collaborazione, per il mancato coinvolgimento delle Regioni e degli enti locali nell'individuazione degli impianti. - Decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, art. 35. - Costituzione, art. 117, commi secondo e terzo, in combinato disposto con gli artt. 118 e 120. Ambiente - Misure urgenti per l'individuazione e la realizzazione di impianti di recupero di energia, dai rifiuti urbani e speciali, costituenti infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale - Prevista imposizione alle competenti autorita' di adeguare le autorizzazioni integrate ambientali degli impianti di recupero e smaltimento per l'operativita' a saturazione del carico termico e per la qualificazione quali impianti di recupero R1 entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge impugnato - Prevista individuazione mediante D.P.C.M. degli impianti di recupero e smaltimento da qualificarsi come infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale, da adottarsi entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge impugnato - Ricorso della Regione Lombardia - Denunciata violazione del principio di uguaglianza sotto il profilo della ragionevolezza - Lesione della sfera di competenza legislativa regionale in materia di governo del territorio, pianificazione urbanistica ed edilizia, produzione dell'energia, gestione di servizi pubblici locali e tutela della salute. - Decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, art. 35. - Costituzione, art. 117, commi secondo e terzo, in combinato disposto con l'art. 3. Ambiente - Misure urgenti per l'individuazione e la realizzazione di impianti di recupero di energia, dai rifiuti urbani e speciali, costituenti infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale - Prevista priorita' di smaltimento dei rifiuti (rifiuti urbani provenienti da tutto il territorio nazionale e rifiuti sanitari) - Ricorso della Regione Lombardia - Denunciata lesione dell'autonomia finanziaria regionale, nonche' dei vincoli inerenti il bilancio regionale. - Decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, art. 35. - Costituzione, art. 117, commi secondo e terzo, in combinato disposto con gli artt. 81 e 119, primo comma.(GU n.2 del 14-1-2015 )
Ricorso della Regione Lombardia (codice fiscale: 80050050154), con sede in Milano (20124), piazza Citta' di Lombardia n. 1, in persona del Presidente pro tempore Roberto Maroni, rappresentata e difesa, in forza di procura a margine del presente atto cd in virtu' della deliberazione di Giunta regionale n. X/2370 del 19 settembre 2014 (doc.1), dal Prof. Avv. Giovanni Guzzetta (codice fiscale: GZZGNN66E16F158V; pec: giovanniguzzetta@ordineavvocatiroma.org; fax: 06/6789560), presso il cui studio in Roma, via Federico Cesi n. 72, ha eletto domicilio e dall'Avv. Viviana Fidani (codice fiscale: FDNVVN56L44D122W; pec: vivianafidani@milano.pecavvocati.it) - Ricorrente. Contro il Governo della Repubblica, in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore, con sede in Roma (00187), Palazzo Chigi - Piazza Colonna n. 370, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con domicilio in Roma (00186), via dei Portoghesi n. 12 - resistente. Per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, recante "Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attivita' produttive (Sblocca Italia)", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 12 settembre 2014, n. 212, limitatamente all'art. 35, di tale atto normativo. Fatto 1. Con decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, il Governo ha varato "Misure ungenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attivita' produttive", ritenuta, per quanto qui interessa, "la straordinaria necessita' e urgenza di emanare disposizioni in materia ambientale per (...) il superamento di eccezionali situazioni di crisi connesse alla gestione dei rifiuti". 2. In particolare, l'art. 35, dell'atto normativo in esame, ha introdotto "misure urgenti per l'individuazione e la realizzazione di impianti di recupero di energia, dai rifiuti urbani e speciali, costituenti infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale". 3. Il primo comma della norma in commento, affida ad un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottare, su proposta del Ministro dell'Ambiente e della Tutela del territorio e del Mare, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, l'individuazione degli impianti di recupero di energia e di smaltimento dei rifiuti urbani e speciali, gia' esistenti sul territorio nazionale, ovvero da realizzare per attuare un sistema integrato e moderno di gestione di tali rifiuti, al fine di conseguire l'autosufficienza nazionale e superare le procedure di infrazione europea. Gli impianti in questione vengono qualificati come infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale ai fini della tutela della salute e dell'ambiente. 4. Il secondo comma dell'art. 35, stabilisce che tutti gli impianti, sia esistenti che da realizzare, devono essere autorizzati a saturazione del carico termico, imponendo alle competenti autorita' di adeguare in questi termini le autorizzazioni integrate ambientali degli impianti esistenti, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge. 5. Il terzo comma della norma in esame, dedicato agli impianti di futura realizzazione, stabilisce che i medesimi dovranno essere realizzati conformemente alla classificazione di impianti di recupero energetico R1, di cui all'allegato C alla parte IV del Codice dell'Ambiente. Per gli impianti gia' esistenti, invece, il quarto comma dell'art. 35, impone alle competenti autorita' di verificare, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, la sussistenza dei requisiti per la qualificazione degli impianti medesimi come impianti di recupero energetico R1, revisionando in tal senso e nello stesso termine di sessanta giorni le autorizzazioni integrate ambientali, ove ne ricorrano i presupposti. 6. Ancora, il quinto comma della norma in commento impone che negli impianti di recupero dovra' essere data priorita' al trattamento dei rifiuti urbani prodotti nel territorio nazionale e, a saturazione del carico termico, potranno essere inoltre trattati rifiuti speciali non pericolosi o pericolosi a solo rischio sanitario. Anche in questo caso, si impone alle competenti autorita' di adeguare in questi termini le autorizzazioni integrate ambientali degli impianti, nel medesimo termine di sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge. 7. Il sesto comma dell'art. 35, stabilisce il dimezzamento dei termini di espletamento delle procedure di espropriazione per pubblica utilita', di valutazione di impatto ambientale e di autorizzazione integrata ambientale degli impianti di cui al comma 1, estendendo il dimezzamento dei termini residui anche per i procedimenti che siano gia' in corso alla data di entrata in vigore del decreto-legge. 8. Da ultimo, il settimo comma dell'art. 35, prevede l'applicazione del potere sostitutivo del Governo ex art. 8, legge n. 131/2003, nel caso di mancato rispetto dei termini di cui al comma 2 (modifica delle AIA con autorizzazione degli impianti a saturazione del carico termico, entro sessanta giorni), al comma 4 (valutazione della compatibilita' degli impianti esistenti con le caratteristiche degli impianti di recupero R1, ed eventuale adeguamento delle relative AIA, entro sessanta giorni), al comma 5 (adeguamento delle AIA alle priorita' di trattamento dei rifiuti urbani prodotti nel territorio nazionale nonche', a saturazione del carico termico, dei rifiuti non pericolosi o pericolosi a solo rischio sanitario, entro sessanta giorni), e al comma 6 (dimezzamento dei termini dei procedimenti di espropriazione per P.U., di V.I.A. e di A.I.A., in corso o da eseguire in relazione agli impianti di cui al comma 1). 9. Le norme introdotte dall'art. 35, del d.l. n. 133 del 2014, sono avvinte da numerosi profili di illegittimita', e meritano di essere dichiarate incostituzionali da codesta Ecc.ma Corte alla luce dei seguenti motivi di Diritto I. Incostituzionalita' del d.l. 12 settembre 2014, n. 133, e dell'articolo 35, di tale atto normativo, per violazione dell'articolo 77, comma 2, della Costituzione, in combinato disposto con gli articoli 117, secondo e terzo comma, e 119 Cost. 1. In primo luogo, l'art. 35, del d.l. n. 133 del 2014, deve essere dichiarato incostituzionale per insussistenza dei presupposti di cui all'art. 77, secondo comma, della Costituzione, che ammette la decretazione d'urgenza all'esclusivo fine di fronteggiare casi straordinari di necessita' ed urgenza. Come ha recentemente chiarito codesta Ecc.ma Corte con la pronuncia n. 220 del 2013, l'adozione di un decreto-legge trova la propria legittimazione esclusivamente nella sussistenza di casi straordinari che necessitino di essere disciplinati immediatamente, in modo adatto a fronteggiare le sopravvenute e urgenti necessita'. Per questo motivo, peraltro, il legislatore ordinario, con una norma di portata generale, ha previsto che il decreto-legge debba contenere "misure di immediata applicazione" (art. 15, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400). La Consulta ha riconosciuto come la norma in esame, pur non avendo, sul piano formale, rango costituzionale, esprime ed esplicita cio' che deve ritenersi intrinseco alla natura stessa del decreto-legge, che entrerebbe in contraddizione con le sue stesse premesse, se contenesse disposizioni destinate ad avere effetti pratici differiti nel tempo, in quanto recanti, come nel caso di specie, discipline mirate alla costruzione di un nuovo sistema di gestione dei rifiuti (cfr. sentenza n. 22 del 2012). Per quanto riguarda il caso qui in esame, deve Osservarsi che, sebbene il preambolo del d.l. n. 133/2014 riconosca "la straordinaria necessita' e urgenza di emanare disposizioni in materia ambientale per (...) il superamento di eccezionali situazioni di crisi connesse alla gestione dei rifiuti", in realta', il problema della gestione dei rifiuti sia tutt'altro che eccezionale e accidentale. E' fin troppo noto, infatti, che la necessita' di interventi strutturali sul sistema della gestione dei rifiuti sul territorio italiano non sia affatto una circostanza accidentale e sopravvenuta, che puo' essere ricollegata ad un "caso straordinario", passibile, in quanto tale, di essere disciplinato in via d'urgenza. Ne sono conferma le varie procedure di infrazione gia' avviate dall'Unione europea contro l'Italia per mancato adeguamento alle direttive di settore, nonche' i numerosi interventi del legislatore, nazionale e regionale, in materia, come pure i tristemente noti fatti di cronaca anche piu' recente. Di conseguenza, affidare la risoluzione di una problematica radicata e strutturale alla decretazione d'urgenza, si mostra elusivo dei principi di cui all'art. 77, secondo comma, della Costituzione. 2. La "risposta" operata con il decreto-legge in oggetto, peraltro, non si presenta nemmeno in termini di soluzione "emergenziale" in attesa di una ipotetica revisione complessiva della disciplina, ma si propone - in modo incompatibile con i presupposti costituzionali richiesti e con la conseguente natura circostanziata delle soluzioni normative divisate - di realizzare e attuare un "sistema integrato e moderno di gestione di tali rifiuti atto a conseguire la sicurezza nazionale nell'autosufficienza e superare le procedure di infrazione per mancata attuazione delle norme europee di settore" qualificando, altresi', gli impianti interessati come "infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale ai fini della tutela della salute e dell'ambiente". In questa prospettiva non si puo' non cogliere una finalita' di riassetto ordinamentale, del tutto estranea alla natura del vettore normativo utilizzato, con conseguente illegittima compressione delle competenze legislative e amministrative che alle Regioni spettano in relazione a tali interventi di carattere "ordinamentale". Con riserva di ulteriore approfondimento in seguito, non si puo' negare, infatti, che l'intervento intersechi, anche sulla base di quanto chiarito da codesta eccellentissima Corte, profili di competenza materiale quali la tutela della salute, il governo del territorio (e in particolare la localizzazione degli impianti) e la produzione dell'energia (attesa la finalita' del decreto, rivolto "a conseguire la sicurezza nazionale nell'autosufficienza" - evidentemente anche energetica - ed a potenziare gli "impianti di recupero energetico di cui al punto R1 (nota 4), allegato C, del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152"; anche mediante l'imposto utilizzo "a saturazione del carico termico"). Quella che vorrebbe introdursi attraverso la decretazione d'urgenza, insomma, costituisce una vera e propria riforma organica e di sistema, volta a risolvere un problema "strutturale" del nostro Paese, che come tale non puo' trovare la propria legittimazione in un decreto-legge. Sotto ulteriore, ma concorrente profilo, le misure introdotte dal contestato art. 35, del resto, non possono nemmeno considerarsi di immediata applicazione, anche in considerazione dei profili e delle competenze tecnico-amministrative ad esse connesse, le quali presuppongono tempi ed accertamenti istruttori amministrativi complessi. Si chiede, dunque, che venga dichiarata l'incostituzionalita' dell'art. 35, del d.l. n. 133/2014, sotto il profilo in esame. 3. In secondo luogo, il d.l. n. 133/2014, come pure, specificamente, il relativo art. 35, meritano di essere dichiarati incostituzionali per difetto di omogeneita' e di coerenza delle misure introdotte dal Governo. Quanto all'intero atto normativo, l'estrema eterogeneita' degli interventi adottati e' ravvisabile sin dall'epigrafe del provvedimento ("Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attivita' produttive"). Essa e' resa ancora piu' evidente dal relativo, ampio, preambolo, ove si attesta la straordinaria necessita' ed urgenza di provvedere con misure volte tanto ad "accelerare e semplificare la realizzazione di opere infrastrutturali strategiche, indifferibili e urgenti, nonche' per favorire il potenziamento delle reti autostradali e di telecomunicazioni e migliorare la funzionalita' aeroportuale", quanto a disciplinare la "materia ambientale per la mitigazione del rischio idrogeologico, la salvaguardia degli ecosistemi, l'adeguamento delle infrastrutture idriche e il superamento di eccezionali situazioni di crisi connesse alla gestione dei rifiuti, nonche' di introdurre misure per garantire l'approvvigionamento energetico e favorire la valorizzazione delle risorse energetiche nazionali', quanto, infine, a realizzare la "semplificazione burocratica, il rilancio dei settori dell'edilizia e immobiliare, il sostegno alle produzioni nazionali attraverso misure di attrazione degli investimenti esteri e di promozione del Made in Italy, nonche' per il rifinanziamento e la concessione degli ammortizzatori sociali in deroga alla normativa vigente al fine di assicurare un'adeguata tutela del reddito dei lavoratori e sostenere la coesione sociale". Ad analoghe conclusioni si perviene, ovviamente, in base all'analisi delle disposizioni introdotte dai ben dieci capi del decreto-legge impugnato. Come noto, codesta Ecc.ma Corte collega il riconoscimento dell'esistenza dei presupposti fattuali, di cui all'art. 77, secondo comma, Cost., ad una intrinseca coerenza delle norme contenute in un decreto-legge, o dal punto di vista oggettivo e materiale, o dal punto di vista funzionale e finalistico (cfr. sentt. n. 171 del 2007, n. 121 del 2008). Recentemente codesta Corte ha ulteriormente evidenziato, sul punto, che l'art. 15, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell'attivita' di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri) - la' dove prescrive che il contenuto del decreto-legge «deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo» - pur non avendo, in se' e per se', rango costituzionale, costituisce esplicitazione della ratio implicita nel secondo comma dell'art. 77 Cost., il quale impone il collegamento dell'intero decreto-legge al caso straordinario di necessita' e urgenza, che ha indotto il Governo ad avvalersi dell'eccezionale potere di esercitare la funzione legislativa senza previa delegazione da parte del Parlamento (Corte cost., sent. n. 22 del 2012). Il difetto di coerenza e di omogeneita' riguarda anche le singole disposizioni contenute nell'art. 35, che impongono alle autorita' competenti regionali e locali il rispetto di tempistiche non coordinate e in potenziale conflitto fra loro. In particolare, ai sensi dei commi 2, 4 e 5, della disposizione in esame, le competenti autorita' dovranno adeguare le autorizzazioni integrate ambientali degli impianti entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, e cioe' prima ancora che il Governo abbia individuato, con il D.P.C.M. di cui al comma 1, da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, gli impianti di recupero e smaltimento esistenti o da realizzare. 4. Deve evidenziarsi, da ultimo, quanto all'ammissibilita' della presente eccezione, che i vizi sopra denunciati ridondano, come anticipato, nella menomazione delle attribuzioni costituzionali della Regione Lombardia e nel vulnus della sua autonomia finanziaria, costituzionalmente tutelati dagli articoli 117, terzo comma, e 119 della Costituzione. In particolare, la disciplina introdotta dal Governo incide sulle competenze regionali in materia di governo del territorio, di pianificazione territoriale ed urbanistica, di tutela della salute, di produzione dell'energia, di coordinamento della finanza regionale e del sistema tributario, di servizi pubblici locali. Piu' precisamente, le norme contestate recano significative ripercussioni sulla programmazione regionale lombarda di recente approvazione, in particolare sull'autosufficienza riguardante lo smaltimento mediante recupero energetico dei rifiuti indifferenziati. Peraltro, nel quadro degli obiettivi della nuova pianificazione, la Regione ha attivato dei tavoli di lavoro con operatori e amministratori locali per la gestione delle istruttorie di rispettiva competenza, anche al fine di sperimentare la decommissioning di alcuni impianti. Inoltre, l'autorizzazione generalizzata degli impianti con saturazione del carico termico, con le conseguenti ripercussioni in termini di emissioni, puo' risultare penalizzante rispetto alle specifiche condizioni sanitarie delle aree interessate dalla presenza di questi impianti, specie nel territorio del bacino padano, caratterizzato da condizioni climatiche favorevoli all'accumulo degli inquinanti. La misura, dunque, incide sulla competenza regionale in materia di tutela della salute, vanificando gli accertamenti istruttori gia' compiuti dalle competenti autorita' all'atto di concessione dell'autorizzazione integrata degli impianti. Da ultimo, deve rilevarsi che il sistema di smaltimento dei rifiuti in Regione Lombardia e' stato gestito in modo tale da creare delle condizioni concorrenziali, che hanno ottimizzato la tariffa di smaltimento per il servizio al cittadino; la disciplina introdotta dalle norme impugnate, con il conseguente ingresso nel mercato di ulteriori rifiuti a costi nuovamente negoziabili, potrebbe comportare anche l'aggravio della tariffa per i cittadini lombardi, con conseguente compressione dell'autonomia finanziaria di entrata della Regione. Da quanto detto discende l'ammissibilita' della presente questione di legittimita' costituzionale. Codesta Corte, infatti, con giurisprudenza costante, ritiene che le Regioni possano impugnare un decreto-legge per motivi attinenti alla pretesa violazione dell'art. 77 Cost., "ove adducano che da tale violazione derivi una compressione delle loro competenze costituzionali" (sentenza n. 6 del 2004; cfr. anche sentt. nn. 128 del 2011, 326 del 2010, 116 del 2006, 280 del 2004). Alla luce delle considerazioni che precedono, si insiste per la declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 35, del d.l. 12 settembre 2014, n. 133, per violazione dell'art. 77, secondo comma, della Costituzione, in combinato disposto con gli articoli 117, commi secondo e terzo, e 119, Cost. II. Incostituzionalita' dell'art. 35, del d.l. 12 settembre 2014, n. 133, per violazione degli articoli 11 e 117, comma 1, della Costituzione, in relazione alla direttiva 2001/42/CE (c.d. Direttiva VAS), in combinato disposto con l'art. 117, secondo e terzo comma, Cost. 1. Come si e' anticipato in fatto, l'art. 35, del d.l. n. 133 del 2014, contempla un vero e proprio programma integrato nazionale per la gestione dei rifiuti urbani e speciali mediante impianti di recupero energetico. La norma stabilisce, infatti, che gli impianti di recupero inseriti nel D.P.C.M. di cui al comma 1, sono qualificati come infrastrutture di preminente interesse nazionale, che i medesimi devono essere autorizzati ad operare a saturazione del carico termico, che dovranno rispondere alle caratteristiche degli impianti R1, e che, non sussistendo vincoli di bacino, all'interno degli stessi dovra' essere data priorita' al trattamento dei rifiuti urbani provenienti dall'intero territorio nazionale. Insomma, quello individuato dalla norma impugnata costituisce un vero e proprio atto di pianificazione in materia di gestione dei rifiuti. Come tale, allora, alla luce della direttiva 2001/42/CE, recepita nell'ordinamento italiano dal decreto legislativo n. 152/2006, detto piano avrebbe dovuto essere assoggettato alla valutazione ambientale strategica, la quale deve precedere, ex art. 3, par. 2, lett. a), della citata direttiva, "tutti i piani e i programmi che sono elaborati (...) per la valutazione della gestione dei rifiuti" (negli stessi termini dispone Part. 6, comma 2, lett. a), dell'attuativo d.lgs. n. 152/2006). Ancora, l'art. 4 della direttiva, rubricato "Obblighi generali", stabilisce che "la valutazione ambientale di cui all'art. 3 deve essere effettuata durante la fase preparatoria del piano o del programma ed anteriormente alla sua adozione o all'avvio della relativa procedura legislativa". Ai sensi degli articoli da 5 a 12 della menzionata direttiva, poi, la procedura di VAS deve comprendere lo svolgimento di una verifica di assoggettabilita', l'elaborazione del rapporto ambientale, lo svolgimento di consultazioni, la valutazione del piano o del programma, del rapporto e degli esiti delle consultazioni, l'espressione di un parere motivato, l'informazione sulla decisione e il monitoraggio. Alla luce di quanto precede, l'art. 35, del d.l. n. 133 del 2014, si mostra incostituzionale, per violazione dell'art. 117, comma 1, della Costituzione, in relazione ai suddetti obblighi stabiliti dalla Direttiva VAS, in quanto adotta un vero e proprio programma nazionale in materia di gestione integrata dei rifiuti, senza aver dato luogo alla necessaria procedura di VAS, con cio' violando gli scopi perseguiti dal legislatore europeo. 2. Ne' si dica che le suddette norme in materia di valutazione ambientale strategica non riguarderebbero l'attivita' legislativa degli Stati membri. In senso contrario depongono, in primo luogo, gli articoli 2 e 4 della direttiva. Il primo stabilisce che per "piani e programmi" devono intendersi anche quelli "che sono previsti di posizioni legislative" (art. 2, lett. a); il secondo, come accennato, prevede che la procedura di VAS debba essere avviata "anteriormente all'avvio della procedura legislativa" di adozione del piano o programma. Alle considerazioni di ordine testuale si aggiunga anche che, ad accedere a siffatta interpretazione, gli obblighi imposti a livello europeo sarebbero facilmente eludibili dallo Stato, che potrebbe occultare sotto il nomen juris dell'atto normativo un provvedimento che reca in se' i connotati essenziali di un atto di programmazione generale, il quale deve essere obbligatoriamente sottoposto alla prescritta valutazione di impatto. E' appena il caso di dire che una diversa interpretazione della direttiva in contrasto con il suo significato letterale, richiederebbe a codesta Corte di investire mediante rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE la Corte di Giustizia dell'Unione europea. In secondo luogo, anche a voler ritenere che il legislatore statale sia sottratto, nell'esercizio della funzione legislativa, all'Osservanza delle procedure in materia di VAS, in cui queste ultime possano essere esperite al momento dell'attuazione della legge, la norma impugnata sarebbe comunque illegittima. L'art. 35, del d.l. n. 133/2014, infatti, non contempla in assoluto l'esperimento di siffatte procedure, nemmeno nel momento attuativo, e specificamente per l'adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri chiamato ad individuare gli impianti di recupero esistenti o da realizzare sul territorio nazionale, per il raggiungimento degli obiettivi perseguiti dalla norma. E' evidente, infatti, che la scelta degli impianti da considerare quali infrastrutture di preminente interesse nazionale ("il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, individua, con proprio decreto, gli impianti di recupero di energia e di smaltimento dei rifiuti urbani e speciali, esistenti o da realizzare", art. 35, comma 1, del d.l., evidenziatura aggiunta), con le conseguenze delineate dal legislatore in termini di operativita' al massimo del carico termico e di trattamento dei rifiuti provenienti da tutto il territorio nazionale al fine di garantire l'autosufficienza, costituisca un'operazione di rilevantissimo impatto ambientale. La circostanza, infatti, che, nell'esercizio della propria discrezionalita' amministrativa, l'Autorita' competente a rilasciare l'autorizzazione abbia stabilito un vincolo per un livello di carico sub-massimo, richiederebbe quanto meno di verificare se un'utilizzazione a pieno regime non abbia ricadute ambientali nocive. Il Governo, dunque, avrebbe dovuto necessariamente prevedere che la stessa venisse assoggettata a VAS, anche alla luce della necessita' di definire criteri univoci per la distribuzione territoriale degli impianti, e per la valutazione degli impatti discendenti dalle scelte localizzative da assumere. La disciplina censurata, insomma, elude le finalita' perseguite dalla citata direttiva, quali quella di garantire un elevato livello di protezione dell'ambiente e di contribuire all'integrazione delle considerazioni ambientali all'atto dell'elaborazione, dell'adozione e dell'approvazione dei piani e programmi, assicurando che i medesimi siano coerenti e contribuiscano alle condizioni per uno sviluppo sostenibile. 3. Anche in questo caso, da ultimo, e' bene evidenziare che le dedotte violazioni arrecano un vulnus alle competenze attribuite alla Regione Lombardia. In particolare, come si e' gia' ampiamente argomentato nel precedente motivo, la disciplina introdotta dal Governo incide sulle competenze regionali in materia di governo del territorio, di pianificazione territoriale ed urbanistica, di produzione dell'energia, di servizi pubblici locali, nonche' in materia di tutela della salute, attratte alla competenza legislativa concorrente e residuale delle Regioni. Per onere di brevita', si rimanda dunque a tutte le considerazioni gia' esposte nel I motivo di ricorso, le quali confermano l'ammissibilita' della presente eccezione, in quanto la normativa censurata determina, anche a fronte delle censure qui dedotte, una lesione delle competenze regionali stabilite dalla Costituzione. 4. Ne' potrebbe in senso contrario sostenersi che, a fronte della finalita' anche di tutela ambientale dell'intervento, la quale costituisce, secondo l'interpretazione di codesta Corte, un c.d. "materia trasversale", le attribuzioni regionali dovrebbero subire una indiscriminata compressione, sino alla totale pretermissione rispetto all'interesse ambientale. Tale premessa infatti non potrebbe essere condivisa per distinte e concorrenti ragioni. Innanzitutto, perche' la finalita' ambientale non e' l'unica perseguita dall'intervento normativo statale. Il primo comma dell'art. 35, infatti, non menziona nemmeno, esplicitamente, la finalita' ambientale, ma si sofferma sulla finalita' di assicurare "la sicurezza nazionale nell'autosufficienza e superare le procedure di infrazione per mancata attuazione delle norme europee di settore", soggiungendo, a proposito dell'individuazione degli impianti, che "l'obiettivo e' quello di progressivo riequilibrio socio economico fra le aree del territorio nazionale", ai fini del concorso "allo sviluppo della raccolta differenziata e al riciclaggio", mentre deprimono "il fabbisogno di discariche". In secondo luogo, la finalita' di "potenziamento e creazione di impianti di recupero energetico" anche al fine di deprimere "il fabbisogno di discariche", mostrano da parte del legislatore la volonta' di perseguire le finalita' ambientali privilegiando una delle modalita' possibili e consentite, la quale pero' si realizza attraverso la produzione di energia, ed e' pertanto, dal punto di vista delle "materie" interessate, ad essa intrinsecamente intrecciata. Infine, com'e' noto, codesta Corte, nel riconoscere la particolare rilevanza costituzionale della tutela dell'ambiente nelle politiche legislative, e la sua idoneita' a giustificare alterazioni del riparto costituzionale (su cui si tornera' infra al punto successivo), ha costantemente e contestualmente riconosciuto che tali alterazioni non debbano essere necessariamente assolute (cfr. C. cost., 58/2013; 93/2013), ma che vadano accompagnate da adeguate giustificazioni in termini di ragionevolezza, adeguatezza e proporzionalita', nonche' da garanzie, innanzitutto procedimentali, di tipo collaborativo. Sotto il primo profilo, ad esempio, la Corte, pur quando ha riconosciuto la prevalenza della specifica disciplina statale in presenza di esigenze ambientali incomprimibili, ha comunque ammesso la residua potesta' delle Regioni di assicurare, ad esempio, livelli di tutela maggiori di quelli previsti dallo Stato (cfr. ad es. sent. 58/2013). La questione e' vieppiu' complessa se si considera che, dal complessivo intervento - finalizzato, come si e' detto, anche a consentire (o comunque a non escludere) una redistribuzione dei carichi di smaltimento tra le varie Regioni italiane - la tutela ambientale non si presenta in termini di un'operazione "win-win", il cui esito comporta un "trade-off" tra l'ipotetico miglioramento ambientale complessivo sul territorio nazionale e la possibilita' di un concreto peggioramento relativo delle condizioni ambientali delle Regioni, sulle quali l'impatto della nuova disciplina produrra' con certezza i propri effetti in conseguenza del riequilibrio imposto tra le aree e le condizioni di smaltimento. Se si considera che lo stesso decreto-legge dichiara che tale riequilibrio non viene operato solo per ragioni ambientali, ma anche per finalita' "di progressivo n'equilibrio socio economico fra le aree del territorio nazionale" (art. 35, primo comma, d.l.), ben si comprende come si debba escludere che l'intervento possa risolversi in una pura e semplice espropriazione delle competenze legislative ed amministrative regionali, senza peraltro alcuna "compensazione collaborativa". Stante quanto precede, la disciplina introdotta dall'art. 35, del d.l. n. 133 del 2014, deve essere dichiarata incostituzionale per violazione dell'art. 117, primo comma della Costituzione, in relazione agli obblighi in materia di VAS imposti dalla direttiva 2001/42/CE, in combinato disposto con l'art. 117, commi 2 e 3, Cost. III. Incostituzionalita' dell'art. 35, del d.l. 12 settembre 2014, n. 133, per violazione dell'art. 117, commi 2 e 3, in combinato disposto con gli articoli 118 e 120 della Costituzione. Violazione del principio di leale collaborazione. 1. Come noto, per costante giurisprudenza di questa Corte, la disciplina dei rifiuti si colloca nell'ambito della tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, di competenza esclusiva statale ex art. 117, comma 2, lett. s), della Costituzione. Tuttavia quest'ultima interferisce, per la sua natura, con altri interessi e competenze, di talche', mentre deve intendersi riservato allo Stato il potere di fissare livelli di tutela uniforme sull'intero territorio nazionale, resta comunque ferma la competenza delle Regioni alla cura di interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente ambientali (cfr. sent. n. 62 del 2008). Alla luce della pervasivita' della materia in esame, codesta Consulta ha sottolineato come, qualora si tratti di verificare la compatibilita' costituzionale di norme statali che abbiano disciplinato il fenomeno della gestione dei rifiuti, "e' necessario valutare se l'incidenza della normativa sulle materie regionali immediatamente contigue sia tale da compromettere il riparto costituzionale di cui al titolo V della Parte II della Costituzione, oltre il limite della adeguatezza, rispetto alla citata finalita' di fissazione dei livelli di tutela uniformi" (in termini, sent. n. 249 del 2009; cfr. anche sent. 378 del 2007). 2. Cio' posto, l'art. 35, del d.l. n. 133/2014, introduce misure in materia di gestione dei rifiuti, che coinvolgono le competenze di diversi livelli di Governo. Vengono in rilievo, in primo luogo, le competenze regionali e locali in materia di governo del territorio, di pianificazione urbanistica ed edilizia, di produzione di energia, di gestione dei servizi pubblici locali, nonche' di tutela della salute. L'intervento normativo in esame, tuttavia, nel perseguire un livello uniforme di tutela a livello nazionale nella materia ambientale, compromette senz'altro, oltre il limite dell'adeguatezza, le suddette sfere di competenza regionale. Per quanto riguarda gli impatti sulla pianificazione regionale, si osservi come le misure introdotte dal contestato art. 35, hanno significative ripercussioni sulla programmazione regionale di recente approvazione, in particolare sull'autosufficienza riguardante lo smaltimento tramite recupero energetico dei rifiuti indifferenziati. Piu' precisamente, la Giunta regionale lombarda, su indirizzo del Consiglio, ha adottato specifiche disposizioni (DGR n. 497/2013, doc. 2 e l.r. n. 9/2013, doc. 3), per evitare un sovradimensionamento di impianti di trattamento dei rifiuti urbani indifferenziati, esubero gia' evidente nelle analisi a supporto del processo di nuova pianificazione regionale e di cui allo scenario di Piano al 2020 (doc. 4). In tale scenario, e nell'ambito degli obiettivi della nuova pianificazione per la gestione dei rifiuti, la Regione inoltre ha attivato dei tavoli di lavoro con operatori e amministratori locali per la valutazione tecnica di un'ipotesi di decommissioning di alcuni impianti. Le misure introdotte dall'art. 35, dunque, incidono e vanificano gli sforzi e gli obiettivi di pianificazione e attuazione delle politiche regionali di questi anni, che hanno portato ad una tendenza alla diminuzione della produzione di rifiuti urbani pro-capite stimabile intorno al -2% (doc. 4), e alla definizione di nuovi obiettivi inerenti l'incremento della raccolta differenziata e di prevenzione nella produzione del rifiuto, obiettivi previsti nel piano di prossima approvazione. Si consideri, sempre sotto il profilo in esame, come l'intervento normativo contestato riguarda in particolare la Regione Lombardia, la quale conta ben 11 impianti di incenerimento di Piano/per rifiuti urbani (che costituiscono la piu' ampia dotazione regionale nella gestione dei rifiuti urbani indifferenziati presente nel Paese). 3. Quanto, ancora, agli impatti sulla tutela della salute, va Osservato come gli impianti della Regione Lombardia hanno ottimizzato il processo, l'adozione di sistemi di presidio ambientale (abbattimento fumi e recupero scorie), e il recupero del calore mediante reti di teleriscaldamento, in relazione alle tipologie di rifiuti raccolti e alle caratteristiche di questi ultimi. La variazione della qualita' del rifiuto alimentato all'impianto, conseguente alla normativa introdotta dal Governo, ridurra' l'efficienza dei processi ottimizzati e aggravera' i relativi impatti ambientali e sanitari. Analogamente, va ancora una volta ribadito, la saturazione del carico termico sugli impianti che, ad oggi, presentano limitazioni, imposta dall'art. 35, non tiene in alcun conto le motivazioni ambientali, territoriali e di tutela della salute che hanno indotto l'Autorita' competenze all'apposizione di specifici vincoli. In particolare, l'autorizzazione ad operare con saturazione del carico termico potrebbe risultare penalizzante per le condizioni sanitarie delle aree interessate dalla presenza di questi impianti, specie nel bacino padano, territorio caratterizzato da forti pressioni antropiche e condizioni orografiche e meteoclimatiche favorevoli all'accumulo degli inquinanti, che in caso di massima saturazione renderebbero difficile il conseguimento del rispetto dei valori limite di qualita' dell'aria. Stante quanto precede, e' evidente come il Governo, nell'introdurre la contestata disciplina uniforme, abbia travalicato i limiti di adeguatezza al medesimo imposti a fronte dell'interferenza nelle sfere di attribuzione regionale, vanificando altresi' il lavoro pluriennale svolto in Regione Lombardia per ottenere l'autosufficienza in materia di gestione dei rifiuti, e per contenere, anche attraverso il rispetto dei principi europei di prossimita', le conseguenze a livello di impatto ambientale e sanitario derivanti dai processi di trattamento dei rifiuti. 4. Le considerazioni che precedono impongono la declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 35, del d.l. n. 133 del 2014, per violazione dei principi costituzionali in materia di riparto delle competenze sanciti dall'art. 117, commi secondo e terzo, della Costituzione. Concorrono con la predetta violazione anche ulteriori, gravi, profili di illegittimita' delle disposizioni impugnate. Ci si riferisce al fatto che la disciplina contestata, la quale, come detto, incide su diverse materia di competenza regionale, quali la tutela della salute e il governo del territorio, non prevede alcuna forma di collaborazione, a nessun livello, con le Regioni e con gli altri enti territoriali interessati dal sistema di gestione dei rifiuti pianificato dal legislatore. Come noto, in materia di tutela dell'ambiente questa Corte ha riconosciuto che "non si puo' discutere di materia in senso tecnico, perche' la tutela ambientale e' da intendere come valore costituzionalmente protetto, che in quanto tale delinea una sorta di «materia trasversale», in ordine alla quale si manifestano competenze diverse, anche regionali, fermo restando che allo Stato spettano le determinazioni rispondenti ad esigenze meritevoli di disciplina uniforme sull'intero territorio nazionale" (ex multis: sentenza n. 171/2012, n. 235/2011, n. 225/2009, n. 12/2009). Ne consegue che il legislatore statale e' tenuto a garantire il principio di leale collaborazione, "che per la sua elasticita' consente di aver riguardo alle peculiarita' delle singole situazioni" ed impone alla legge statale di predisporre adeguati strumenti di coinvolgimento delle regioni, a salvaguardia delle loro competenze (ex plurimis, sentenze n. 50/2005, n. 231/2005, 213/2006, n. 133/2006). Nulla di tutto cio' e' stato previsto nel caso di specie. Ci si riferisce, in primo luogo, alla disciplina recata dal primo comma dell'art. 35. Quest'ultimo incarica il Presidente del Consiglio dei Ministri di individuare con decreto (su proposta del Ministro dell'Ambiente), quali saranno gli impianti di trattamento gia' esistenti o da costruire, da qualificare come infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale. Come si vede, per l'individuazione degli impianti in questione non e' previsto alcun coinvolgimento delle Regioni e degli enti locali, ne' in forma individuale, ne' attraverso il sistema delle conferenze, sebbene si tratti di una scelta che incide, in misura rilevante, sulle competenze regionali in materia di governo del territorio e di pianificazione urbanistica ed edilizia (per gli impianti di nuova costruzione), nonche' su quelle in materia di produzione dell'energia e di tutela della salute (per gli impianti gia' esistenti che dovranno essere autorizzati a saturazione del carico termico). Ora, in un recente precedente, codesta Corte ha ritenuto la compatibilita' con il dettato costituzionale dell'art. 195, comma 1, lett. f), del Codice dell'Ambiente, censurato per violazione del principio di leale collaborazione di cui agli artt. 118 e 120 Cost., proprio perche' quest'ultimo, attribuendo allo Stato l'individuazione con D.P.C.M. degli impianti di recupero e di smaltimento di preminente interesse nazionale da realizzare per la modernizzazione e lo sviluppo del Paese, aveva previsto la previa consultazione della Conferenza Unificata. In quell'occasione, la Corte ha ritenuto che la norma non eludesse il principio di leale collaborazione, in quanto "la norma impugnata prevede che la predetta funzione di individuazione degli impianti sia esercitata "sentita la conferenza unificata di cui all'art. 8, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281", e tale forma di coinvolgimento delle Regioni e degli enti locali si rivela adeguata, incidendo la predetta attivita' su competenze regionali (governo del territorio, tutela della salute) concorrenti, in ordine alle quali spetta comunque allo Stato dettare i principi fondamentali" (sent. n. 249 del 2009). Le considerazioni che precedono acquistano ancor piu' rilevanza se si considera, come detto, che la policy messa in atto dal Governo e' destinata a creare una tensione "interna" alla finalita' di tutela dell'ambiente, in quanto finisce per mettere in contrapposizione l'esigenza di tutela "nazionale" con quella di livello regionale. Cio' rende evidente l'importanza di una collaborazione tra gli enti interessati, volta a consentire - tramite l'apporto di ognuno - il raggiungimento di un punto di equilibrio - tra i tanti astrattamente possibili - quanto piu' prossimo ad un "ottimo paretiano", con esclusione di soluzioni che sacrifichino eccessivamente un interesse, senza assicurare una soddisfazione relativamente ottimale dell'altro. 5. Ma la violazione dei principi di sussidiarieta' e di leale collaborazione di cui agli articoli 118 e 120 Cost. riguarda anche le ulteriori disposizioni dell'art. 35. Come si e' premesso in fatto, queste ultime impongono alle autorita' competenti al rilascio delle AIA, il relativo adeguamento entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, consentendo l'operativita' degli impianti a saturazione del carico termico, qualificandoli, qualora ne ricorrano le condizioni, come impianti di recupero R1, nonche' adattandoli alle priorita' di smaltimento di cui al comma 5 (e cioe' con priorita' di recupero per i rifiuti urbani provenienti da tutto il territorio nazionale e per quelli non sanitari). Inoltre viene imposto alle Autorita' competenti al rilascio dei provvedimenti AIA e VIA, nonche' a quelle competenti per le procedure di espropriazione per P.U., il dimezzamento dei termini dei procedimenti eventualmente gia' in corso e di quelli futuri. L'ultimo comma dell'art. 35 stabilisce che, in caso di mancato rispetto dei predetti termini, si applica il potere sostitutivo di cui all'art. 8, della legge n. 131 del 2003 e s.m.i. Ebbene, questa Corte ha chiarito in diverse occasioni che deve desumersi da quanto previsto dall'art. 118 Cost. - il quale attribuisce in via di principio ai Comuni, in tutte le materie, le funzioni amministrative, ma riserva la possibilita' che esse, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite, sulla base dei principi di sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza, ai livelli territoriali di governo di dimensioni piu' ampie - anche la previsione di "eccezionali sostituzioni di un livello ad un altro di governo per il compimento di specifici atti o attivita', considerati dalla legge necessari per il perseguimento degli interessi unitari coinvolti, e non compiuti tempestivamente dall'ente competente" (sentenza n. 43 del 2004). In questa prospettiva, si e' tuttavia precisato che non puo' farsi discendere dall'art. 120, secondo comma, Cost. una riserva a favore della legge statale di ogni disciplina del potere sostitutivo, dovendosi viceversa riconoscere che "la legge regionale, intervenendo in materie di propria competenza e nel disciplinare, ai sensi dell'art. 117, terzo e quarto comma, e dell'art. 118, primo e secondo comma, Cost., l'esercizio di funzioni amministrative di competenza dei Comuni, preveda anche poteri sostitutivi in capo ad organi regionali, per il compimento di atti o attivita' obbligatorie, nel caso di inerzia o di inadempimento da parte dell'ente competente, al fine di salvaguardare interessi unitari che sarebbero compromessi dall'inerzia o dall'inadempimento medesimi" (sentenza n. 43 del 2004). Le norme impugnate, prevedendo l'intervento sostitutivo dello Stato nel caso in cui le autorita' competenti (Comuni, Province) non realizzino gli interventi contemplati dalla norma, realizza dunque una ipotesi di sostituzione statale che si attiva direttamente in caso di inerzia degli enti locali in riferimento ad ambiti di competenza regionale, senza che sia consentito alle Regioni di esercitare il proprio potere sostitutivo, con conseguente lesione delle relative attribuzioni (cfr. sentenza n. 249 del 2009). Si insiste, dunque, per la declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 35, del d.l. n. 133 del 2014, sotto tutti i profili innanzi esposti. IV. Incostituzionalita' dell'art. 35, del d.l. 12 settembre 2014, n. 133, per violazione dell'art. 117, commi 2 e 3, in combinato disposto con l'art. 3 della Costituzione. Violazione del principio di ragionevolezza. 1. Come si e' ampiamente argomentato nei precedenti motivi di ricorso, le norme introdotte dall'art. 35, del d.l. n. 133/2014, incidono su sfere di competenza della Regione, e coinvolgono, a vario titolo, le competenze amministrative delle autorita' competenti al rilascio delle autorizzazioni integrate ambientale, alla conduzione delle procedure di VIA e delle operazioni di espropriazione per P.U. Tali sfere e ambiti di competenza, oltre ad essere lesi sotto tutti i profili sopra evidenziati, si mostrano altresi' menomati dalla manifesta irragionevolezza e contraddittorieta' intrinseca delle varie disposizioni contenute nell'art. 35, le quali si mostrano non coordinate e in potenziale conflitto tra loro. 2. In particolare, il secondo e il terzo comma dell'art. 35, impongono alle competenti autorita' di adeguare le autorizzazioni integrate ambientali degli impianti di recupero e smaltimento (rispettivamente per l'operativita' a saturazione del carico termico, e per la qualificazione quali impianti di recupero R1), entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge. Il primo comma dell'art. 35, invece, stabilisce che il D.P.C.M. di individuazione degli impianti di recupero e smaltimento da qualificarsi come infrastrutture strategiche di preminente interesse nazionale, dovra' essere adottato entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del d.l. Tale discrasia temporale impone alle competenti autorita' di operare in un contesto giuridico incerto (cioe' prima della definitiva individuazione degli impianti da parte dello Stato), sebbene le attivita' di revisione delle AIA comportino incisivi impatti sulle competenze pianificatorie di Regioni e Province in materia di rifiuti, nonche' sulle posizioni giuridiche consolidate dei soggetti gestori degli impianti interessati. Inoltre l'autorizzazione degli impianti a saturazione del carico termico, con il conseguente aumento delle emissioni, potrebbe risultare penalizzante per le condizioni sanitarie delle aree interessate dalla presenza degli impianti, e cio' prima ancora che gli impianti in questione vengano inseriti nel D.P.C.M. di cui al comma 1, dell'art. 35. Il vizio di irragionevolezza e' ancora maggiore alla luce del fatto che i termini per l'attuazione della norma da parte delle autorita' competenti sono equivalenti a quelli per la conversione in legge del decreto, che - ovviamente - ben potrebbe essere nelle more modificato o anche non convertito dalle Camere. Sempre sotto il profilo dell'irragionevolezza, il sesto comma dell'art. 35 prevede il dimezzamento dei termini per l'espletamento delle procedure di espropriazione per pubblica utilita', di valutazione di impatto ambientale e di autorizzazione integrata ambientale "degli impianti di cui al comma 1", cioe' quelli individuati con D.P.C.M., anche nel caso in cui "tali procedimenti sono in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto", e cioe' con riferimento ad impianti che non risultano ancora inseriti (e di cui allo stato non e' certo l'inserimento) nel D.P.C.M. di cui al comma 1. Stante quanto precede, si insiste per la declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 35, del d.l. n. 133 del 2014, anche sotto i profili appena esposti. V. Incostituzionalita' dell'art. 35, del d.l. 12 settembre 2014, n. 133, per violazione dell'art. 117, commi 2 e 3, in combinato disposto con gli articoli 81 e 119, comma 1, della Costituzione. Da ultimo, l'art. 35, del d.l. n. 133 del 2014 merita di essere dichiarato incostituzionale per lesione dell'autonomia finanziaria di entrata e di spesa della Regione Lombardia, nonche' dei vincoli inerenti il bilancio regionale, rispettivamente previsti dagli articoli 119 e 81 della Costituzione. Come si e' gia' avuto modo di argomentare, ad altri fini, nei precedenti motivi di ricorso, le misure introdotte dalla disposizione impugnata hanno significative ripercussioni sulla programmazione regionale di recente approvazione, in particolare sull'autosufficienza riguardante lo smaltimento tramite recupero energetico (diretto o dopo trattamento) dei rifiuti indifferenziati. In particolare, si ribadisce che gli sforzi di pianificazione e attuazione delle politiche regionali di questi anni (cfr. DGR n. 497 del 2013, doc. 2 e l.r. n. 9 del 2013, doc. 3) hanno portato ad una tendenza alla diminuzione della produzione di rifiuti urbani pro-capite stimabile intorno al -2% (doc. 4) e alla definizione di nuovi obiettivi inerenti l'incremento della raccolta differenziata e la prevenzione nella produzione del rifiuto. La l.r. n. 9 del 2013, inoltre, ha sancito il principio di autosufficienza regionale nella gestione dei rifiuti. Ora, le misure introdotte dal Governo incideranno significativamente sugli equilibri economici raggiunti, sotto diversi profili. In primo luogo, a fronte delle priorita' di smaltimento sancite dal comma 5, dell'art. 35 (rifiuti urbani provenienti da tutto il territorio nazionale e rifiuti sanitari), verra' azzerato l'attuale surplus di potenzialita' di incenerimento degli impianti lombardi, che ad oggi soddisfa il fabbisogno di incenerimento degli altri rifiuti speciali non ritenuti prioritari dal d.l. n. 133/2014. Questi ultimi, dunque, dovranno trovare altra destinazione, probabilmente estera, con relative conseguenze di natura ambientale (effetti indiretti trasporto) ed economica. Un primo profilo di criticita' connesso allo scenario sta anche nel fatto che una parte non trascurabile del rifiuto speciale non pericoloso che non troverebbe piu' appropriata destinazione rappresenta la frazione non recuperatile residuale alla raccolta differenziata del rifiuto urbano; in tal modo, escludere dalle priorita' al conferimento agli impianti di termotrattamento anche l'ultimo segmento della filiera gestionale del rifiuto urbano penalizza quella stessa prioritaria attenzione al rifiuto urbano che il comma 5 afferma. Cio' e' tanto piu' irragionevole anche con riferimento alla finalita' di tutela ambientale, perche' la priorita' stabilita' dal decreto-legge in oggetto non appare in alcun modo corrispondere ad una coerente valutazione di pericolosita' sul piano ambientale. Con il paradosso che, a fronte di un potenziamento dello smaltimento di certi rifiuti, si rischia la creazione di un'eccedenza di altri, e della relativa necessita' di smaltimento, con effetti sull'ambiente che andrebbero quantomeno accertati preliminarmente in via istruttoria. Inoltre, l'alterazione significativa dei flussi di rifiuti in ingresso nella Regione, mettera' in crisi il sistema di mutuo soccorso tra gli impianti della rete regionale, previsto per i casi di manutenzione straordinaria (che solitamente si effettuano nel mese di agosto), e per quelli di manutenzione occasionale ed emergenziale (vale a dire nelle ipotesi di fermo degli impianti). Anche in questo caso, sono evidenti le conseguenze anche economiche, che aggraveranno i bilanci della Regione. Infine, poiche' - come detto - il sistema di smaltimento in Regione Lombardia e' attualmente gestito in modo tale da creare delle condizioni concorrenziali che hanno ottimizzato la tariffa di smaltimento per il servizio al cittadino, le misure introdotte dal Governo, ed il conseguente ingresso nel mercato di ulteriore rifiuto, a costi nuovamente negoziabili, alterera' l'equilibrio economico stabilito, con potenziale aggravio della tariffa per i cittadini lombardi. Il tutto, preme ribadirlo una volta in piu', determina una lesione sulle competenze regionali in materia di governo del territorio, di coordinamento della finanza regionale e del sistema tributario, di tutela dell'ambiente e di produzione dell'energia. Alla luce di quanto precede, si chiede che venga dichiarata l'incostituzionalita' dell'art. 35, del d.l. n. 133 del 2014, anche sotto i profili appena esposti.
P. Q. M. Voglia l'Ecc.ma Corte costituzionale adita, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, accogliere il presente ricorso e per l'effetto dichiarare l'incostituzionalita' dell'art. 35, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 12 settembre 2014, n. 212, per violazione degli articoli 3, 77, 81, 117, commi 1, 2, e 3, 119 e 120, della Costituzione. Si depositeranno, unitamente al presente ricorso notificato, i seguenti documenti: 1) Delibera di Giunta regionale n. X/2370 del 19 settembre 2014; 2) DGR n. 497/13; 3) Legge regionale n. 9 del 29 ottobre 2013; 4) DGR n. 1990 del 20 giugno 2014 e allegato 01. Roma, 4 novembre 2014 Avv. Guzzetta - Avv. Fidani