N. 249 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 novembre 2014
Ordinanza dell'11 novembre 2014 della Corte dei conti - Sez. giurisdizionale per la Regione Campania sul ricorso proposto da L.M. contro Ministero della difesa. Previdenza - Pensioni privilegiate - Diritto alla pensione di riversibilita' della madre del militare deceduto per fatto bellico o a causa di servizio che vive separata dal padre del de cuius, condizionato alla mancata corresponsione degli alimenti a prescindere dalla valutazione della situazione reddituale complessiva ex art. 70, comma 1, del d.P.R. n. 915/1978 - Violazione del principio di uguaglianza, per irragionevolezza e disparita' di trattamento tra i coniugi e tra madre vedova (cui compete l'intera pensione) e madre separata (cui compete la meta' della pensione, a patto che non goda di assegno di mantenimento) - Violazione del principio di parita' di trattamento dei coniugi. - Decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915, art. 60, commi 1 e 3. - Costituzione, artt. 3 e 29.(GU n.3 del 21-1-2015 )
LA CORTE DEI CONTI SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE CAMPANIA GIUDICE MONOCRATICO dott. Maria Cristina Razzano sciogliendo la riserva di cui al verbale d'udienza del 23 settembre 2014 ha pronunciato la seguente ordinanza nel giudizio pensionistico iscritto al n. 46558 del Registro di Segreteria, introdotto dalla sig.ra L. M. - ivi residente elettivamente domiciliata in Napoli, alla via E. Suarez (P.co Dei Risi Pal. C) n. 4/G presso lo studio dell'avv. Francesco Coppola, unitamente all'avv. Annibale Conforti (p.e.c. avv. annibale conforti@ordavvsa.it) che la rappresenta e difende in virtu' di mandato a margine del ricorso introduttivo contro MINISTERO DELLA DIFESA - Direzione Generale per il Personale militare - Reparto IV 20 Divisione - in persona del Direttore p.t. con sede in Roma al viale Dell'Esercito n. 186 per la declaratoria del diritto del ricorrente al trattamento pensionistico privilegiato di reversibilita' nel periodo dal 1/08/2000 al 31 ottobre 2002, previa rimessone della questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 60 comma 1 del decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978 n. 915 alla Corte costituzionale. Visti gli artt. 420 e 421 c.p.c. come richiamati dall'art. 5 della L. 21 luglio 2000 n. 205, gli artt. 81 e 26 Regio Decreto 13 agosto 1933 n. 1038 e l'art. 6 comma 4 D. L. n. 453/1993 conv. in L. n. 19/1994 nonche' l'art. 23 della L. n. 87/1953. Udito all'udienza pubblica del 23 settembre 2014 l'avv. Annibale Conforti per la ricorrente mentre nessuno e' comparso per l'Amministrazione resistente. Visti il ricorso introduttivo, gli atti e i documenti di causa. Considerato in fatto Con ricorso notificato il 7/10/2005 e depositato nella Segreteria il giorno 6 successivo, l'istante ha chiesto il riconoscimento dei benefici economici descritti. Ella espone di essere coniugata con, il sig, A. D. o G., e in stato di separazione personale consensuale omologata. Nel 1989 il primo dei due figli della coppia di nome G. e' morto (il 25 giugno 1989) all'eta' di 20 anni durante il servizio militare, e per tale morte, e a seguito di istanza (del marito della ricorrente) di pensione privilegiata ordinaria di reversibilita', e' stata riconosciuta la dipendenza da causa di servizio dal Ministero della difesa (in conformita' al parere del Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie, n. 8363/91 del 16 aprile 1991). La predetta pensione privilegiata ordinaria di reversibilita', benche' riconosciuta, non e' stata corrisposta a decorrere dal 10 gennaio 1997 sennonche' dal febbraio del 1997 i coniugi si sono separati di fatto e nell'anno 1999 essi hanno presentato, al Tribunale civile di Salerno, ricorso congiunto per la separazione personale consensuale. Con decreto datato 15 febbraio 2000 il Tribunale civile di Salerno ha omologato la separazione personale consensuale, prevedendo, tra l'altro, l'obbligo per il marito di corrispondere alla ricorrente la somma mensile di 550.000 lire per il suo mantenimento, a decorrere dal mese successivo a quello di proposizione della domanda. Con istanza del 17 luglio 2000 (e ricevuta dalla competente unita' organizzativa del Ministero della difesa il 10 agosto 2000), la coniuge ha inoltrato domanda al Ministero della difesa per ottenere la propria parte della predetta pensione privilegiata ordinaria di reversibilita', rappresentando, tra l'altro, che la stessa era stata in possesso per l'anno 1999, ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, di un reddito annuo complessivo, al lordo degli oneri deducibili, per un ammontare non superiore al limite di reddito cui fa riferimento l'articolo 70, comma I, del decreto del Presidente della Repubblica 915/1978 (dunque inferiore per l'anno 1999 a 13.116.033 lire e per l'anno 2000 a 18.743.400 lire). Con comunicazione datata 4 ottobre 2000, ricevuta dalla ricorrente in data posteriore al 6 ottobre 2000, la direttrice della competente divisione del Ministero della difesa rigettava la domanda amministrativa, facendo "presente che, alla luce della normativa vigente (legge 974/67 e 915/78), il titolare avente causa" era "il sig, G. A. D. [...] in quanto pur essendo" la sig.ra M. L e "legalmente separata" percepiva, "come da sentenza di separazione acquisita agli atti" dell'ufficio, "per il proprio mantenimento, un assegno dal coniuge separato". Accolto ricorso per la modifica del provvedimento di separazione, previa rinuncia della moglie all'assegno di mantenimento, la ricorrente inoltrava nuovamente domanda ai Ministero della difesa, al fine di ottenere la propria parte della predetta pensione privilegiata ordinaria di reversibilita', che le e' stata concessa a decorrere dal 10 novembre 2002. Deduce il difensore che il diniego opposto in prima battuta dal Ministero deve considerarsi illegittimo. In primo luogo denuncia la violazione e falsa applicazione dell'articolo 60, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915 laddove prevede che, "ferme restando le altre condizioni" avvenuta "[...] la separazione fra i coniugi [...] posteriormente [...] alla morte del militare [...], alla madre spetta la meta' della pensione gia' attribuita al padre o che potrebbe a questo spettare". Tra le predette condizioni l'articolo 60, primo comma, del citato Testo unico, prevede che la madre del militare viva "effettivamente separata dal marito [...] senza comunque riceverne ali alimenti", Per "alimenti", secondo la prospettazione attorea, dovrebbero intendersi i veri e propri alimenti (in senso tecnico-giuridico) e non il mantenimento: cioe' il predetto beneficio pensionistico dovrebbe ritenersi escluso in presenza di un diritto agli alimenti, ma non in presenza di un diritto al mantenimento. Infatti, i' due diritti sono da considerarsi, com'e' noto, diversi per natura giuridica, presupposti ed effetti. E, al tempo della suindicata istanza di pensione e del citato diniego amministrativo, ricorrente percepiva da suo marito un assegno di mantenimento e non un assegno alimentare. Se, invece, "gli alimenti" dovessero interpretarsi come comprensivi anche del diritto al mantenimento (argomentando a fortiori - a minori ad maius - cioe' sostenendo che se il beneficio pensionistico e' escluso in presenza di un diritto agli alimenti, a maggior ragione dovrebbe esserlo in presenza di un diritto al mantenimento), allora il primo comma dell'articolo 60 sarebbe chiaramente incostituzionale, per violazione dell'articolo 3 della Costituzione. Appare evidente, alla difesa della ricorrente, l'irrazionalita' e l'illogicita' della decisione del legislatore di riconoscere all'uomo - padre del militare morto o per causa del servizio militare o per causa di guerra, e separato (o divorziato) dalla moglie - l'intera pensione di reversibilita' (a seconda dei casi, o privilegiata ordinaria o di guerra) se quegli "in presenza degli altri requisiti richiesti, sia in possesso, ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, di un reddito annuo complessivo, ai lordo degli oneri deducibili [...], per un ammontare non superiore a" un determinato importo, e di non riconoscere, invece, alla donna - madre del militare morto o per causa del servizio militare o per causa di guerra e separata (o divorziata) dal marito - la meta' del medesimo trattamento pensionistico di reversibilita', qualora ella percepisca gli alimenti o il mantenimento, prescindendo dal fatto che quegli alimenti o quel mantenimento siano in una misura per la quale, aggiunti agli altri eventuali redditi, non sia superato il limite reddituale previsto per il marito separato. Non vi sarebbe, infatti, nessuna ragione giustificatrice di una simile discriminazione. La non manifesta infondatezza della eccepita questione di legittimita' costituzionale risulterebbe, secondo il difensore, ancor piu' evidente dalla dichiarazione, da parte della Corte costituzionale, con sentenza 30 luglio 1993, n. 361, dell'illegittimita' costituzionale del primo comma dell'articolo 42 del medesimo decreto del Presidente della Repubblica 915/1978 "nella parte in cui stabilisce che la vedova di militare deceduto per causa bellica perde il diritto a pensione se contrae nuove nozze con chi fruisca, o venga a fruire successivamente al matrimonio, di un reddito annuo superiore al limite previsto dall'art. 70 della stessa legge". Orbene, se la Corte costituzionale considera il diritto riconosciuto alla vedova come "autonomo, acquisito iure proprio e indipendentemente da valutazioni inerenti al suo status economico", e dichiara espressamente che "il legislatore lo concepisce come un diritto autonomo della beneficiaria, indipendente dalla valutazione delle sue condizioni economiche", e, pertanto riguarda le "ipotesi di diniego di erogazione della pensione o di successiva perdita", non ritiene che esse possano risultare "giustificate [...] dal venir meno dello stato vedovile", poiche' cio' "sarebbe in contrasto con l'affermato doveroso risarcimento della avvenuta perdita per causa di guerra del primo coniuge", non potrebbe essere diversa la considerazione, da parte della medesima Corte, dell'analogo diritto della madre separata dal marito e delle analoghe l'ipotesi di diniego di erogazione della pensione o di successiva perdita. Evidenzia la ricorrente che l'art. 1 del medesimo decreto del Presidente della Repubblica 915/1978 stabilisce che "La pensione, assegno o indennita' di guerra previsti dal presente testo unico costituiscono atto risarcitorio, di doveroso riconoscimento e di solidarieta' da parte dello Stato nei confronti di coloro che, a causa della guerra, abbiano subito menomazioni nell'integrita' fisica o la perdita di un congiunto". Vi sarebbe una palese discriminazione tra la donna madre del militare morto per causa bellica e separata dal marito la quale percepisce a titolo di alimenti o di mantenimento dal marito stesso un reddito minimo la quale non ha diritto alla (meta' della) pensione di guerra, nonostante tale reddito sia inferiore al limite legale - e la vedova del militare morto per causa, bellica che contrae nuove nozze, la quale, a prescindere dal reddito del nuovo coniuge, ha diritto alla (intera) pensione di guerra. Conclude per l'accoglimento del ricorso e declaratoria del diritto a percepire la meta' della pensione privilegiata di reversibilita' nel periodo (biennio 2000-2002) in cui ella era titolare dell'assegno di mantenimento e di un reddito complessivo inferiore al limite di cui all'art. 70, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 915/1978. In via gradata insiste per la remissione della questione di illegittimita' costituzionale, per violazione dell'articolo 3 della Costituzione, del primo comma dell'articolo 60 del decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915, (Decreto intitolato "Testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra»), nella parte cui subordina il diritto della moglie separata a percepire il trattamento pensionistico di reversibilita' alla mancata corresponsione degli "alimenti" a prescindere dalla valutazione della sua situazione reddituale complessiva ex art. 70, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 915/1978. In data 20/04/2006 si e' costituita in giudizio l'Amministrazione militare la quale ha precisato, in fatto, che in favore della ricorrente e' stato emesso, il provvedimento D.M. n. 604 del 1/06/2003 concessivo della pensione di reversibilita' dall'1/11/2002 al 31/11/2003 nella misura, intera e il D.M. n. 254 del 17/03/2004 concessivo della reversibilita' nella misura del 50% dall'1/08/2003 a vita. Ha chiesto il rigetto della domanda e, in via subordinata, ha spiegato l'eccezione di prescrizione quinquennale. In data 12/09/2014 la ricorrente ha depositato i seguenti documenti: copia conforme del decreto del Tribunale di Salerno del 10/06/2002; copia del Decreto del Ministero della Difesa n. 604 del 1/05/2003 modello Unico - anni 1999 - anno 2000 - anno 2001 - anno 2002 e anno 2003. All'udienza pubblica odierna, udito il procuratore costituito di parte ricorrente, il giudice si' e' riservato sulla pregiudiziale questione di legittimita' costituzionale. Rilevato in diritto La domanda della sig.ra L. M. ha oggetto la declaratoria del diritto a percepire la meta' della pensione privilegiata di reversibilita' nel periodo (biennio 2000-2002) in cui ella era titolare dell'assegno di mantenimento e di un reddito complessivo inferiore al limite di cui all'art. 70, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 915/1978. In via gradata ella chiede la remissione, alla competente Corte, della questione di illegittimita' costituzionale del primo comma dell'articolo 60 del decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915 (Decreto intitolato "Testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra"), nella parte in cui subordina il diritto della moglie separata, a percepire il trattamento pensionistico di reversibilita', alla mancata corresponsione degli "alimenti" a prescindere dalla valutazione della sua situazione reddituale complessiva ex art. 70, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 915/1978; stante la violazione dell'articolo 3 della Costituzione. In primo luogo, questo Giudice ritiene la questione di costituzionalita' sollevata nel presente giudizio, rilevante, atteso che il gravame ha "un petitum separato e distinto dalla questione di costituzionalita', sul quale il giudice mittente sia legittimamente chiamato, in ragione della propria competenza, a decidere" (C. Cost., sentenze n. 4 del 2000 e n. 38 del 2009) che il petitum medesimo concerne l'accertamento del diritto della ricorrente alla meta' del trattamento pensionistico privilegiato di reversibilita', dopo la morte del figlio per causa di servizio, nel periodo in cui ella godeva, in forza della sopravvenuta separazione, dell'assegno di mantenimento corrisposto dal marito. Va precisato che le norme in materia di pensioni di guerra di cui al citato Testo Unico (D.P.R. n. 915/1978) vengono in rilievo in virtu' del rinvio operato dall'art. 92 del d.P.R. n. 1092/1973 secondo cui "Quando la morte del dipendente e' conseguenza di infermita' o lesioni dipendenti da fatti di servizio, spetta ai congiunti la pensione privilegiata nella misura e alle condizioni previste dalle disposizioni in materia di pensioni di guerra". Per effetto dell'espresso richiamo contenuto nell'art. 92, comma 1, il particolare regime vigente in materia d'assegnazione della pensione indiretta di guerra e' divenuto pienamente applicabile, per quanto concerne l'individuazione dei requisiti necessari per la concessione della pensione privilegiata indiretta, in favore dei genitori del dipendente pubblico deceduto per causa di servizio (cosi anche Sez, Sicilia sentenza n. 498/2010 e 93/1994; sez. Lazio sentenza n. 1531/1997; sez. I Centr. d'Appello sentenza n. 465/2007). Il mancato esercizio del diritto di opzione di cui all'art. 92 comma 3, rende dunque attuale e rilevante la questione di illegittimita' costituzionale di cui ai ricorso. In secondo luogo la questione e' non manifestamente infondata. In particolare, va ricordato che la legge 17 ottobre 1967, n. 974 (intitolata "Trattamento pensionistico dei congiunti dei militari o dei dipendenti civili dello Stato vittime di azioni terroristiche o criminose e dei congiunti dei caduti per cause di servizio"), prevede - all'art. 1, comma 1 - che "ai congiunti dei militari caduti per causa di servizio o deceduti per infermita' contratta o aggravata per causa di servizio, e' attribuita la pensione privilegiata ordinaria nella misura e alle condizioni previste dalle disposizioni in materia di pensioni di guerra". Tale diritto e' stato ribadito anche dall'art. 57, comma 1 del d.P.R. 23 dicembre 1978 n. 915 (intitolato "Testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra"), alla cui stregua "Quando il militare morto per causa del servizio di guerra o attinente alla guerra od il civile deceduto per i fatti di guerra contemplati negli articoli 8 e 9 non abbia lasciato coniuge e figli con diritto a pensione, la pensione, a titolo di assegno alimentare, e' liquidata: a) al padre che abbia raggiunto l'eta' di anni 58 oppure sia comunque inabile a qualsiasi proficuo lavoro; nei casi di inabilita' temporanea si applicano le norme di cui ai primi tre commi dell'art. 12; b) alla madre vedova [...] Il sistema normativo individua, dunque, un vero e proprio ordo successionis tra i congiunti del militare deceduto per causa di servizio, in quanto soltanto in mancanza del coniuge e dei figli del de cuius, il diritto al trattamento privilegiato indiretto passa in capo al padre, purche' di eta' superiore ai 58 anni o comunque inabile a proficuo lavoro; in mancanza del padre, il trattamento pensionistico si devolve alla "madre vedova". In tal caso, tuttavia la maturazione del diritto appare subordinata al solo stato vedovile (cfr. ex multis Corte dei conti Sez. giurisd. Sicilia, sent. 13 giugno 2013 n. 2356) e non alle condizioni di eta' o di inabilita' a proficuo lavoro richiesti per il padre, come risulta confermato dall'art. 66 del medesimo d.P.R. n. 915/1978, laddove prevede che "Ove i genitori siano entrambi viventi nel momento in cui sorge il diritto alla pensione di guerra, questa, in caso di morte di uno di essi, si consolida nel superstite". Tale chiave interpretativa trova conforto nella sentenza n. 275/2002 della Corte costituzionale che, nel dichiarare la manifesta infondatezza della questione di legittimita' dell'art. 57 d.P.R. n. 915/1978 ha chiarito: "che sono stabilite delle categorie di beneficiari, le quali non concorrono tutte, contemporaneamente, poiche' la presenza di soggetti della categoria precedente esclude la chiamata di quelli della categoria successiva; che la pensione e' liquidata una volta sola al soggetto il quale si trovi in posizione prioritaria, nel momento in cui si verifica l'evento che fa sorgere il diritto alla pensione indiretta; che, fuori dei casi di operativita' del principio di consolidamento (art. 60), alla morte del beneficiario del trattamento pensionistico il diritto si estingue e non si trasmette ai soggetti appartenenti alle categorie successive; che la norma impugnata prevede che, in mancanza del coniuge o di figli del militare morto per causa del servizio di guerra o del civile deceduto per fatti di guerra sia chiamato il padre a godere del trattamento, purche' in eta' pensionabile ovvero inidoneo a qualunque proficuo lavoro, mentre la madre, ad eccezione delle ipotesi di separazione, e' chiamata, solo se vedova; che i genitori non sono quindi collocati nella stessa posizione e nello stesso ordine di chiamata dal momento che, secondo una non irragionevole scelta del legislatore, il diritto della madre sussiste solo in quanto vedova; che cio' e' sufficiente ad escludere la lamentata disparita' di trattamento, soprattutto perche' lo stato vedovile non puo' certo dirsi condizioni piu' favorevole rispetto al compimento del 58° anno di eta' ovvero all'inabilita' al lavoro". Alla madre vedova, il successivo art. 60 al comma 1 equipara, la "madre che, alla data del decesso del figlio, viveva effettivamente separata dal marito, anche se di seconde nozze, senza comunque riceverne gli alimenti"; al comma 2 "ove il marito sia il padre del militare o del civile deceduto e possegga i requisiti di legge per conseguire la pensione, questa viene divisa in parti uguali fra i genitori" e al comma 3 prevede che "Quando, ferme, restando le altre condizioni, la separazione fra i coniugi avvenga posteriormente alla morte del militare o del civile, alla madre spetta la meta' della pensione gia' attribuita al padre o che potrebbe a questo spettare". La disposizione versata nel testo unico non e' affatto innovativa dell'ordinamento previgente, dal momento che identica previsione era contenuta nell'art. 76 comma ultimo della legge n. 648/1950 e nell'art. 69 della legge n. 313/1968. Orbene, tra le "altre condizioni" cui rinvia la norma in esame deve ritenersi incluso anche quello di cui al comma 1. A voler accedere a una diversa ricostruzione esegetica, infatti, ne deriverebbe la manifesta disparita' di trattamento tra la "madre" gia' separata al momento della morte del figlio e la "madre" che si separa in un momento successivo. L'unico percorso interpretativo, costituzionalmente orientato, impone, in definitiva, di subordinare il diritto della "madre separata", di cui al comma 3, allo stesso requisito della mancata percezione dell'assegno alimentare di cui al comma 1 (cfr. Sezione IV pensioni militari, n. 70572 del 22 aprile 1987; Sezione Emilia-Romagna, n. 250 del 5 maggio 1999). Peraltro, assecondando l'argumentum a fortiori, suggerito dalla stessa ricorrente, la norma non potrebbe che rinviare, oltre che all'assegno alimentare anche all'assegno di mantenimento (certamente maggiore di quello alimentare). Riassumendo: a) l'art. 57 devolve il trattamento pensionistico in caso di premorienza del figlio (privo di coniuge e di prole), al padre, purche' abbia raggiunto 58 anni ovvero sia inabile a proficuo lavoro e abbia un reddito inferiore alla soglia prestabilita; soltanto in caso di decesso, pregresso o successivo, la pensione e' attribuita o si consolida in favore della moglie-madre vedova senza alcun ulteriore accertamento. b) l'art. 60 pone la madre vedova sullo stesso piano della madre separata, tale al momento del decesso ovvero divenuta tale per effetto di una separazione successiva. In tal caso, a prescindere dalla verifica dei requisiti di cui all'art. 57 in capo al padre (titolarita' effettiva o potenziale), in favore della madre la pensione e' devoluta, in ragione della meta', purche' non percepisca dal marito l'assegno di mantenimento ovvero gli alimenti (Sez. II Pens. Guerra, sent. 16 ottobre 1990 n. 127557 secondo cui "In ipotesi di separazione dei genitori intervenuta successivamente al decesso per fatto bellico del loro dante causa, alla madre separata e priva di alimenti - che, ai sensi dell'art. 69 della legge n. 313 del 1968, e' equiparata alla madre vedova - compete il diritto al trattamento pensionistico indipendentemente dall'esistenza, effettiva o potenziale, dello stesso titolo in capo al padre"). In caso di separazione tra i coniugi, anche se sopravvenuta alla morte del figlio militare di leva, si determina, dunque, in capo ai genitori una situazione di vera e propria contitolarita', del diritto a ricevere il trattamento pensionistico di privilegio, che si pone come derogatoria dell'ordo successionis previsto dall'art. 57. La stessa pronuncia della Consulta, prima richiamata, precisa che la madre, ad eccezione delle ipotesi di separazione, e' chiamata solo se vedova; dal che a contrario va desunto che la madre separata e' chiamata immediatamente e ope legis all'attribuzione del trattamento pensionistico indiretto. Come la madre vedova anche la madre separata diventa titolare di un diritto alla pensione del tutto autonomo. Il quadro normativo cosi' ricostruito, non sembra, nel suo complesso, reggere ai dubbi di compatibilita' costituzionale rilevati con il ricorso introduttivo. L'equiparazione ex lege tra "madre vedova" e "madre separata", infatti, appare meramente formale e non adeguatamente pregna di pari contenuto: mentre, infatti, il diritto della prima e' subordinato al suo stato vedovile e al non superamento del tetto reddituale di cui al comb. disp. degli artt. 58-70, il diritto della madre separata si appalesa condizionato alla percezione dell'assegno menzionato, qualunque ne sia l'importo. Si potrebbe, allora, verificare che l'assegno di mantenimento sia (come nel caso di specie) notevolmente al di sotto del tetto reddituale di cui all'art. 70 e che, dunque, la madre separata, soprattutto con figli (come nel caso di specie), sia privata non solo del contributo (materiale e morale) del figlio deceduto ma anche di quella forma di assistenza, rappresentata dal trattamento pensionistico in esame. Al contrario il riconoscimento di un assegno di mantenimento elevato o comunque superiore alla soglia indicata gia' di per se' sarebbe idoneo a escludere il diritto alla pensione di reversibilita' de qua. Nessuna indebita locupletazione di natura assistenziale potrebbe, allora, rinvenirsi in ipotesi del genere. Appare, di conseguenza, del tutto irragionevole e violativo del principio di parita' tra coniugi, l'art. 60, commi 1 e 3, nella misura in cui subordina il diritto della madre separata a conseguire la meta' del trattamento pensionistico indiretto alla (sola) mancata percezione dell'assegno alimentare o di mantenimento, a prescindere dalla comparazione con il limite reddituale di cui all'art. 70. In particolare le dette disposizioni sono suscettibili dei seguenti profili di illegittimita' costituzionale: - violazione dell'art. 3 Cost. per manifesta irragionevolezza e disparita' di trattamento, poiche' il legislatore ha dettato una disciplina unitaria per regolamentare situazioni giuridiche soggettive diverse. Alla madre vedova infatti, compete l'intera pensione subordinatamente al solo stato vedovile (purche' il reddito non superi il limite indicato dall'art. 70: cosi' anche Corte Conti sez. IV 20/06/1991 n. 71500); alla madre separata compete, viceversa soltanto la meta' della pensione di reversibilita', a patto che ella non goda di assegno di mantenimento (anche minimo). In realta', in entrambi i casi si riscontra la titolarita' di un diritto autonomo che dovrebbe tener conto della sola situazione reddituale della madre a prescindere, al momento della sua insorgenza come al momento della sua attribuzione, dagli "alimenti" percepiti e dalle condizioni economiche dell'ex (o di un eventuale nuovo) marito. La stessa Corte costituzionale, nella citata sentenza 30 luglio 1993 n. 361 a tal proposito chiarito la natura risarcitoria del trattamento pensionistico privilegiato di reversibilita' e la piena autonomia del diritto (questa volta) della vedova (di chi e' deceduto per causa di servizio/fatto bellico), rispetto al contesto reddituale nel quale ella viene a trovarsi, per effetto delle nuove nozze. In considerazione di tali caratteristiche, e' stata dichiarata l'illegittimita' dell'art. 42 comma 1 del d.P.R. n. 915/1978. La reversibilita' a favore del coniuge superstite dei trattamenti pensionistici di cui godeva il coniuge deceduto trova il suo precipuo fondamento non nella funzione di assistenza della vedova o del vedovo che si trovi in effettivo stato di bisogno - funzione che viene assolta solo indirettamente, essendovi altri ed appositi strumenti a tal fine predisposti dall'ordinamento - ma in quella di far proseguire almeno parzialmente, anche dopo la cessazione della comunita' coniugale, gli effetti ad essa connessi, in particolare quello di sostentamento del coniuge superstite che prima era assicurato dal reddito del de cuius, garantendo al beneficiario la protezione dalle conseguenze negative derivate dalla morte del congiunto (cosi' la stessa Corte cost. sentenze n. 70/199, sentenze n. 496/1993 e n. 286/1987 e, per le pensioni di guerra, n. 405/1993). Identica funzione va riconosciuta al trattamento pensionistico attribuibile ai genitori e, in dettaglio, alla madre vedova o separata del militare morto. - violazione dell'art. 3 Cost. per manifesta irragionevolezza e disparita' di trattamento, in quanto sono parificati emolumenti di natura completamente diversi. L'assegno alimentare, infatti, assolve a una funzione meramente solidaristica come in parte anche l'assegno di mantenimento, che ha anche quella di riequilibrare il rapporto coniugale, (stante l'ultrattivita' dell'obbligo di solidarieta' economica e morale di cui all'art. 143 c.c.). In particolare l'assegno di mantenimento ex art. 156 c.c. non presuppone lo stato di bisogno ne' la prova dell'impossibilita' a procurarsi propri redditi da parte del coniuge richiedente; questi e' chiamato a dimostrare la disparita' economica tra i coniugi e l'impossibilita' per il coniuge, cui la separazione non sia addebitabile, di mantenere il tenore di vita goduto durante il matrimonio. Diversamente, il trattamento pensionistico privilegiato di reversibilita' ha una finalita' prevalentemente risarcitoria. Invero, oltre a proclamare "risarcitorio" il titolo al trattamento pensionistico, il legislatore lo concepisce come un diritto autonomo della beneficiaria, indipendente dalla valutazione delle sue condizioni economiche, tanto che la successiva legge 8 agosto 1991, n. 261 (art. 5) ribadisce che "le somme corrisposte a titolo di pensione ... per la loro natura risarcitoria, non costituiscono reddito (cosi' Corte cost. sent. n. 361/1993). Non si comprende, di conseguenza, la ragione per cui la titolarita' dell'uno (assegno) impedisca il conseguimento dell'altro (pensione). D'altra parte mentre gli assegni periodici costituiscono per il coniuge che ne beneficia redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente e "si presumono percepiti, salvo prova contraria nella misura e alle scadenze risultanti dai relativi titoli" (artt. 50, comma 1, lett. i e 52, comma 1, lett. c, del TUIR), il trattamento pensionistico di guerra, anche in caso di reversibilita' e' irrilevante oltre che ai fini fiscali, anche ai fini previdenziali ed assistenziali, ex art. 77 del d.P.R. 23 dicembre 1978 n. 915. Cio' nonostante la Consulta (sentenza n. 143/2001) non ha mancato di rilevare che la pensione di guerra rimane rilevante al fine dell'integrazione del requisito reddituale della pensione sociale anche dopo la modifica di cui all'art. 5 della legge 8 agosto 1991, n. 261, e dopo che l'art. 3 della legge 8 agosto 1995, n. 335, nel contesto della riforma pensionistica, ha sostituito (a partire dal 1° gennaio 1996) alla pensione sociale l'assegno sociale, proprio in ragione del fatto "che l'intervento assistenziale della collettivita', espresso, nella pensione sociale prima di tale riforma, persegue il fine di soccorrere coloro che, sprovvisti di mezzi necessari per vivere, versano in uno stato di bisogno, necessariamente da emendare in adempimento del doveri inderogabili di solidarieta' economica e sociale della collettivita', sanciti dagli artt. 2 e 38 Cost.". Analoga motivazione dovrebbe essere idonea a verificare la compatibilita' dell'assegno di mantenimento/alimenti con il trattamento pensionistico di guerra di reversibilita'. - violazione dell'art. 3 Cost. e dell'art. 29 Cost. per manifesta irragionevolezza e discriminazione tra i coniugi. Sul punto, va ricordato che la Corte costituzionale ha dichiarato, in piu' occasioni, non fondate le questioni di legittimita', precisando che la normativa pensionistica esula dal campo dei diritti e doveri reciproci tra i membri del nucleo familiare, cui invece tende a riferirsi l'art. 29 della Costituzione, che salvaguarda essenzialmente i contenuti e gli scopi etico-sociali della famiglia come societa' naturale fondata sul matrimonio (cosi' Corte cost. sent. n. 70/1999). In realta' la disposizione costituzionale ha trovato concreta attuazione nella disciplina ordinaria del diritto di famiglia, secondo una linea direttrice che, nel corso degli anni, e' stata caratterizzata dal superamento dell'impostazione verticale della famiglia (fondata sul padre-capofamiglia) verso una struttura orizzontale o paritaria della stessa, basata proprio sul principio costituzionale sull'eguaglianza morale e giuridica di cui al menzionato art. 29 Cost. D'altra parte, la separazione personale non determina la cessazione del matrimonio: i principi costituzionali che governano il menage coniugale sopravvivono, pur venendo meno l'obbligo di convivenza e fedelta'. Al contrario non potrebbero trovare spazio quei "limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unita' familiare", di cui all'art. 29 comma 2 Cost., proprio in virtu' della cessata unita' familiare. In ragione di cio', non si comprende la ragione della scelta di subordinare il diritto del marito, all'intero trattamento pensionistico in esame, alle condizioni gia' indicate - potendo beneficiare della possibilita' per cui, raggiunto il limite di eta', egli possa divenire titolare del credito risarcitorio (per la perdita del figlio) se il suo reddito non superi il limite di cui all'art. 70 d.P.R. n. 915/1978 - e perche', al contrario, la moglie separata (benche' equiparata alla madre vedova) non possa beneficiare neanche della meta' della pensione, sol che percepisca un assegno di mantenimento o alimentare, anche notevolmente inferiore alla soglia indicata. - violazione dell'art. 3 per manifesta irragionevolezza e disparita' di trattamento nella misura in cui l'art. 60 discrimina la posizione della madre separata in ragione della percezione dell'assegno di mantenimento/alimentare, derogando alla norma generale di cui all'art. 58. La disposizione, infatti, prevede al primo comma che "per la liquidazione della pensione [...] occorre che ai genitori, collaterali od assimilati siano venuti a mancare, a causa della morte del militare [...], i necessari mezzi di sussistenza [...]"; al secondo comma che "si considera che siano venuti meno i necessari mezzi di sussistenza quando il richiedente si trovi nelle condizioni economiche di cui all'art. 70"; mentre l'articolo 70, primo comma stabilisce che "in tutti i casi in cui il conferimento dei trattamenti od assegni pensionistici sia subordinato dal [...] testo unico alle condizioni economiche del richiedente, i trattamenti e gli assegni medesimi sono liquidati quando il richiedente stesso, in presenza degli altri requisiti richiesti, sia in possesso, ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, di un reddito annuo complessivo, al lordo degli oneri deducibili di cui all'art. 10 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1953, n. 597, e successive modificazioni, per un ammontare non superiore a" un determinato importo. Tale limite di reddito cui fa riferimento il citato articolo 70, comma 1 (come integrato dall'art. 1, comma 1, della legge 6 ottobre 1986, n. 656, e come modificato, quest'ultimo, come dall'art. 1 della legge 10 ottobre 1989, n. 342), inizialmente di 3.520.000 lire e' stato poi gradualmente elevato (prima per decreti ministeriali del Ministro del tesoro dalla legge 18 agosto 2000, n. 236), ed e' arrivato per l'anno 1999 a 13.116.033 lire (per avere diritto ai benefici pensionistici per l'anno 2000), e per l'anno 2000 a 18.743.400 lire (per avere diritto ai benefici pensionistici per l'anno 2001). Per effetto delle successive modifiche, la soglia e' stata gradualmente elevata. Non si comprende la ragione per cui tale tetto, applicabile ai genitori - in quanto tali - subisca poi una sostanziale elisione quando venga in rilievo lo status di madre-genitore separato. La deroga non ha ragion d'essere, soprattutto in relazione all'ipotesi in cui la madre, per effetto del decesso del figlio e della sopravvenuta separazione dal coniuge, venga a soffrire una condizione di particolare bisogno e vulnerabilita', anche sotto il profilo morale o spirituale. In tale situazione, l'ordinamento giuridico, anziche' apprestarle una tutela rafforzata, la pone in una condizione di materiale sudditanza rispetto al coniuge, dal quale viene a dipendere economicamente, per effetto dell'attribuzione di un beneficio (mantenimento) che la priva, di fatto, degli effetti ristoratori e indennitari del trattamento pensionistico in esame. Tanto premesso, in applicazione dell'art. 23 della Legge n. 87/1953, riservata ogni altra decisione all'esito del giudizio innanzi alla Corte Costituzionale, il Giudice Unico solleva l'incidente di costituzionalita' dell'art. 60 comma 3 e per connessione dell'art. 60 comma 1, nella parte in cui subordinano il diritto della madre del militare deceduto per fatto bellico o a causa del servizio, che viva separata dal di lui padre, a beneficiare del trattamento pensionistico di reversibilita' a condizione della mancata corresponsione degli "alimenti" a prescindere dalla valutazione della sua situazione reddituale complessiva ex art. 70, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 915/1978, in riferimento agli artt. 3 e 29 Cost., per le ragioni che precedono, con rimessione degli atti alla Corte Costituzionale.
P.Q.M. La Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale per la Campania, in composizione monocratica, nella persona del Giudice Unico delle pensioni, dichiara rilevante per la decisione del ricorso e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 60 comma 3 e per connessione dell'art. 60 comma 1 decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915, per violazione degli artt. 3 e 29 Cost. e per l'effetto dispone la sospensione del giudizio e la trasmissione, a cura della Segreteria, degli atti alla Corte Costituzionale. Manda alla Segreteria per la notifica della presente ordinanza alle parti costituite, alla Presidenza del Consiglio dei ministri nonche' ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Cosi' deciso in Napoli il 23 settembre 2014. Il Giudice Unico: Razzano