N. 249 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 novembre 2014

Ordinanza  dell'11  novembre  2014  della  Corte  dei  conti  -  Sez.
giurisdizionale per la Regione Campania sul ricorso proposto da  L.M.
contro Ministero della difesa. 
 
Previdenza  -  Pensioni  privilegiate  -  Diritto  alla  pensione  di
  riversibilita' della madre del militare deceduto per fatto  bellico
  o a causa di servizio che vive separata dal  padre  del  de  cuius,
  condizionato  alla  mancata   corresponsione   degli   alimenti   a
  prescindere   dalla   valutazione   della   situazione   reddituale
  complessiva  ex  art.  70,  comma  1,  del  d.P.R.  n.  915/1978  -
  Violazione del principio di  uguaglianza,  per  irragionevolezza  e
  disparita' di trattamento tra i coniugi e  tra  madre  vedova  (cui
  compete l'intera pensione) e madre separata (cui compete  la  meta'
  della pensione, a patto che non goda di assegno di mantenimento)  -
  Violazione del principio di parita' di trattamento dei coniugi. 
- Decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978,  n.  915,
  art. 60, commi 1 e 3. 
- Costituzione, artt. 3 e 29. 
(GU n.3 del 21-1-2015 )
 
                         LA CORTE DEI CONTI 
 
 
           SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE CAMPANIA 
 
 
          GIUDICE MONOCRATICO dott. Maria Cristina Razzano 
 
    sciogliendo la  riserva  di  cui  al  verbale  d'udienza  del  23
settembre 2014 ha pronunciato  la  seguente  ordinanza  nel  giudizio
pensionistico iscritto  al  n.  46558  del  Registro  di  Segreteria,
introdotto  dalla  sig.ra  L.  M.  -  ivi   residente   elettivamente
domiciliata in Napoli, alla via E. Suarez (P.co Dei Risi Pal.  C)  n.
4/G presso lo studio dell'avv. Francesco Coppola, unitamente all'avv.
Annibale Conforti (p.e.c. avv. annibale conforti@ordavvsa.it) che  la
rappresenta e difende in virtu' di  mandato  a  margine  del  ricorso
introduttivo contro MINISTERO DELLA DIFESA - Direzione  Generale  per
il Personale militare - Reparto IV 20  Divisione  -  in  persona  del
Direttore p.t. con sede in Roma al viale Dell'Esercito n. 186 per  la
declaratoria del diritto del ricorrente al trattamento  pensionistico
privilegiato di  reversibilita'  nel  periodo  dal  1/08/2000  al  31
ottobre 2002, previa  rimessone  della  questione  di  illegittimita'
costituzionale dell'art. 60 comma 1 del decreto del Presidente  della
Repubblica 23 dicembre 1978 n. 915 alla Corte costituzionale. 
    Visti gli artt. 420 e 421  c.p.c.  come  richiamati  dall'art.  5
della L. 21 luglio 2000 n. 205, gli artt. 81 e 26  Regio  Decreto  13
agosto 1933 n. 1038 e l'art. 6 comma 4 D. L. n. 453/1993 conv. in  L.
n. 19/1994 nonche' l'art. 23 della L. n. 87/1953. 
    Udito all'udienza pubblica del 23 settembre 2014 l'avv.  Annibale
Conforti  per  la  ricorrente  mentre   nessuno   e'   comparso   per
l'Amministrazione resistente. 
    Visti il ricorso introduttivo, gli atti e i documenti di causa. 
 
                        Considerato in fatto 
 
    Con ricorso notificato il 7/10/2005 e depositato nella Segreteria
il giorno 6 successivo, l'istante ha chiesto  il  riconoscimento  dei
benefici economici descritti. Ella espone di essere coniugata con, il
sig, A. D. o G., e in  stato  di  separazione  personale  consensuale
omologata. Nel 1989 il primo dei due figli della coppia di nome G. e'
morto (il 25 giugno 1989) all'eta' di 20  anni  durante  il  servizio
militare, e per tale morte, e a seguito di istanza (del marito  della
ricorrente) di pensione privilegiata ordinaria di reversibilita',  e'
stata riconosciuta la dipendenza da causa di servizio  dal  Ministero
della difesa (in conformita' al parere del Comitato per  le  pensioni
privilegiate ordinarie, n. 8363/91 del 16 aprile 1991).  La  predetta
pensione   privilegiata   ordinaria   di   reversibilita',    benche'
riconosciuta, non e' stata corrisposta a  decorrere  dal  10  gennaio
1997 sennonche' dal febbraio del 1997 i coniugi si sono  separati  di
fatto e nell'anno 1999 essi hanno presentato, al Tribunale civile  di
Salerno, ricorso congiunto per la separazione personale  consensuale.
Con decreto datato 15 febbraio 2000 il Tribunale civile di Salerno ha
omologato  la  separazione  personale  consensuale,  prevedendo,  tra
l'altro, l'obbligo per il marito di corrispondere alla ricorrente  la
somma mensile di 550.000 lire per il suo  mantenimento,  a  decorrere
dal mese successivo a quello di proposizione della domanda. 
    Con istanza del 17  luglio  2000  (e  ricevuta  dalla  competente
unita' organizzativa del Ministero della difesa il 10  agosto  2000),
la coniuge  ha  inoltrato  domanda  al  Ministero  della  difesa  per
ottenere  la  propria  parte  della  predetta  pensione  privilegiata
ordinaria di reversibilita',  rappresentando,  tra  l'altro,  che  la
stessa era stata in possesso per l'anno 1999,  ai  fini  dell'imposta
sul reddito delle persone fisiche, di un reddito  annuo  complessivo,
al lordo degli oneri deducibili, per un ammontare  non  superiore  al
limite di reddito cui fa riferimento  l'articolo  70,  comma  I,  del
decreto del Presidente della Repubblica  915/1978  (dunque  inferiore
per l'anno 1999 a 13.116.033 lire e  per  l'anno  2000  a  18.743.400
lire). 
    Con  comunicazione  datata  4  ottobre   2000,   ricevuta   dalla
ricorrente in data posteriore al 6 ottobre 2000, la direttrice  della
competente divisione del Ministero della difesa rigettava la  domanda
amministrativa, facendo "presente  che,  alla  luce  della  normativa
vigente (legge 974/67 e 915/78), il titolare avente  causa"  era  "il
sig, G. A. D.  [...]  in  quanto  pur  essendo"  la  sig.ra  M.  L  e
"legalmente separata" percepiva, "come  da  sentenza  di  separazione
acquisita agli atti" dell'ufficio, "per il proprio  mantenimento,  un
assegno dal coniuge separato". 
    Accolto ricorso per la modifica del provvedimento di separazione,
previa  rinuncia  della  moglie  all'assegno  di   mantenimento,   la
ricorrente inoltrava nuovamente domanda ai Ministero della difesa, al
fine  di  ottenere  la  propria   parte   della   predetta   pensione
privilegiata ordinaria di reversibilita', che le e' stata concessa  a
decorrere dal 10 novembre 2002. 
    Deduce il difensore che il diniego opposto in prima  battuta  dal
Ministero deve considerarsi illegittimo. In primo luogo  denuncia  la
violazione e  falsa  applicazione  dell'articolo  60,  comma  3,  del
decreto del Presidente della Repubblica  23  dicembre  1978,  n.  915
laddove prevede che, "ferme restando le  altre  condizioni"  avvenuta
"[...] la separazione fra i coniugi [...] posteriormente  [...]  alla
morte del militare [...], alla madre spetta la meta'  della  pensione
gia' attribuita al padre o che potrebbe a questo  spettare".  Tra  le
predette condizioni l'articolo 60,  primo  comma,  del  citato  Testo
unico,  prevede  che  la  madre  del  militare  viva  "effettivamente
separata dal marito [...] senza comunque riceverne ali alimenti", 
    Per "alimenti", secondo  la  prospettazione  attorea,  dovrebbero
intendersi i veri e propri alimenti (in  senso  tecnico-giuridico)  e
non  il  mantenimento:  cioe'  il  predetto  beneficio  pensionistico
dovrebbe ritenersi escluso in presenza di un diritto  agli  alimenti,
ma non in presenza di un diritto al  mantenimento.  Infatti,  i'  due
diritti  sono  da  considerarsi,  com'e'  noto,  diversi  per  natura
giuridica, presupposti ed  effetti.  E,  al  tempo  della  suindicata
istanza di pensione e del citato diniego  amministrativo,  ricorrente
percepiva da suo marito un assegno di mantenimento e non  un  assegno
alimentare. 
    Se,  invece,  "gli   alimenti"   dovessero   interpretarsi   come
comprensivi  anche  del  diritto  al  mantenimento  (argomentando   a
fortiori - a minori ad maius - cioe' sostenendo che se  il  beneficio
pensionistico e' escluso in presenza di un diritto agli  alimenti,  a
maggior ragione  dovrebbe  esserlo  in  presenza  di  un  diritto  al
mantenimento),  allora  il  primo  comma  dell'articolo  60   sarebbe
chiaramente incostituzionale, per violazione  dell'articolo  3  della
Costituzione.  Appare  evidente,  alla   difesa   della   ricorrente,
l'irrazionalita' e l'illogicita' della decisione del  legislatore  di
riconoscere all'uomo - padre del  militare  morto  o  per  causa  del
servizio militare o per causa di guerra, e  separato  (o  divorziato)
dalla moglie - l'intera pensione di  reversibilita'  (a  seconda  dei
casi, o privilegiata ordinaria o di guerra) se  quegli  "in  presenza
degli  altri  requisiti  richiesti,  sia   in   possesso,   ai   fini
dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, di un  reddito  annuo
complessivo, ai lordo degli oneri deducibili [...], per un  ammontare
non superiore a"  un  determinato  importo,  e  di  non  riconoscere,
invece, alla donna -  madre  del  militare  morto  o  per  causa  del
servizio militare o per causa di guerra e separata (o divorziata) dal
marito  -  la  meta'  del  medesimo  trattamento   pensionistico   di
reversibilita',  qualora  ella   percepisca   gli   alimenti   o   il
mantenimento, prescindendo dal  fatto  che  quegli  alimenti  o  quel
mantenimento siano in una misura per la quale,  aggiunti  agli  altri
eventuali redditi, non sia superato il limite reddituale previsto per
il  marito  separato.  Non  vi  sarebbe,  infatti,  nessuna   ragione
giustificatrice di una simile discriminazione. 
    La  non  manifesta  infondatezza  della  eccepita  questione   di
legittimita' costituzionale risulterebbe, secondo il difensore, ancor
piu'   evidente   dalla   dichiarazione,   da   parte   della   Corte
costituzionale,   con   sentenza   30   luglio    1993,    n.    361,
dell'illegittimita' costituzionale del primo comma  dell'articolo  42
del medesimo decreto del Presidente della Repubblica 915/1978  "nella
parte in cui stabilisce che la vedova di militare deceduto per  causa
bellica perde il diritto a pensione se contrae nuove  nozze  con  chi
fruisca, o venga  a  fruire  successivamente  al  matrimonio,  di  un
reddito annuo superiore al limite previsto dall'art. 70 della  stessa
legge". Orbene,  se la  Corte  costituzionale  considera  il  diritto
riconosciuto alla vedova come "autonomo,  acquisito  iure  proprio  e
indipendentemente da valutazioni inerenti al suo status economico", e
dichiara espressamente che "il  legislatore  lo  concepisce  come  un
diritto autonomo della beneficiaria, indipendente  dalla  valutazione
delle sue condizioni economiche", e, pertanto riguarda le "ipotesi di
diniego di erogazione della pensione o di  successiva  perdita",  non
ritiene che esse possano risultare "giustificate [...] dal venir meno
dello  stato  vedovile",  poiche'  cio'  "sarebbe  in  contrasto  con
l'affermato doveroso risarcimento della avvenuta perdita per causa di
guerra  del  primo  coniuge",  non   potrebbe   essere   diversa   la
considerazione, da parte della medesima Corte,  dell'analogo  diritto
della madre separata dal marito e delle analoghe l'ipotesi di diniego
di erogazione della pensione o di successiva perdita. 
    Evidenzia la ricorrente che l'art. 1  del  medesimo  decreto  del
Presidente della Repubblica 915/1978  stabilisce  che  "La  pensione,
assegno o indennita' di guerra  previsti  dal  presente  testo  unico
costituiscono atto risarcitorio,  di  doveroso  riconoscimento  e  di
solidarieta' da parte dello Stato nei  confronti  di  coloro  che,  a
causa della guerra, abbiano subito menomazioni nell'integrita' fisica
o la perdita di un congiunto". 
    Vi sarebbe una palese discriminazione  tra  la  donna  madre  del
militare morto per causa bellica  e  separata  dal  marito  la  quale
percepisce a titolo di alimenti o di mantenimento dal  marito  stesso
un reddito minimo la quale non ha diritto alla (meta' della) pensione
di guerra, nonostante tale reddito sia inferiore al limite legale - e
la vedova del militare morto per causa,  bellica  che  contrae  nuove
nozze, la quale, a prescindere dal  reddito  del  nuovo  coniuge,  ha
diritto alla (intera) pensione di guerra. 
    Conclude  per  l'accoglimento  del  ricorso  e  declaratoria  del
diritto  a  percepire  la  meta'  della  pensione   privilegiata   di
reversibilita' nel  periodo  (biennio  2000-2002)  in  cui  ella  era
titolare dell'assegno di mantenimento e  di  un  reddito  complessivo
inferiore al limite di cui all'art. 70,  comma  1,  del  decreto  del
Presidente della Repubblica 915/1978. In via gradata insiste  per  la
remissione della  questione  di  illegittimita'  costituzionale,  per
violazione  dell'articolo  3  della  Costituzione,  del  primo  comma
dell'articolo 60 del  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  23
dicembre 1978, n. 915, (Decreto intitolato "Testo unico  delle  norme
in materia di pensioni di guerra»),  nella  parte  cui  subordina  il
diritto  della   moglie   separata   a   percepire   il   trattamento
pensionistico di reversibilita'  alla  mancata  corresponsione  degli
"alimenti" a  prescindere  dalla  valutazione  della  sua  situazione
reddituale  complessiva  ex  art.  70,  comma  1,  del  decreto   del
Presidente della Repubblica 915/1978. 
    In data 20/04/2006 si e' costituita in giudizio l'Amministrazione
militare la quale  ha  precisato,  in  fatto,  che  in  favore  della
ricorrente  e' stato  emesso,  il  provvedimento  D.M.  n.  604   del
1/06/2003 concessivo della pensione di reversibilita'  dall'1/11/2002
al 31/11/2003 nella misura, intera e il D.M. n.  254  del  17/03/2004
concessivo della reversibilita' nella misura del 50% dall'1/08/2003 a
vita. Ha chiesto il rigetto della domanda e, in via  subordinata,  ha
spiegato l'eccezione di prescrizione quinquennale. In data 12/09/2014
la ricorrente ha depositato i seguenti documenti: copia conforme  del
decreto del Tribunale di Salerno del 10/06/2002;  copia  del  Decreto
del Ministero della Difesa n. 604 del 1/05/2003 modello Unico -  anni
1999 - anno 2000 - anno 2001 - anno 2002 e anno 2003. 
    All'udienza pubblica odierna, udito il procuratore costituito  di
parte ricorrente, il giudice si'  e'  riservato  sulla  pregiudiziale
questione di legittimita' costituzionale. 
 
                         Rilevato in diritto 
 
    La domanda della sig.ra L. M.  ha  oggetto  la  declaratoria  del
diritto  a  percepire  la  meta'  della  pensione   privilegiata   di
reversibilita' nel  periodo  (biennio  2000-2002)  in  cui  ella  era
titolare dell'assegno di mantenimento e  di  un  reddito  complessivo
inferiore al limite di cui all'art. 70,  comma  1,  del  decreto  del
Presidente della Repubblica 915/1978. In via gradata ella  chiede  la
remissione, alla competente Corte, della questione di  illegittimita'
costituzionale del primo  comma  dell'articolo  60  del  decreto  del
Presidente  della  Repubblica  23  dicembre  1978,  n.  915  (Decreto
intitolato "Testo  unico  delle  norme  in  materia  di  pensioni  di
guerra"), nella parte  in  cui  subordina  il  diritto  della  moglie
separata, a percepire il trattamento pensionistico di reversibilita',
alla mancata corresponsione  degli  "alimenti"  a  prescindere  dalla
valutazione della sua situazione reddituale complessiva ex  art.  70,
comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 915/1978; stante
la violazione dell'articolo 3 della Costituzione. 
    In  primo  luogo,  questo  Giudice  ritiene   la   questione   di
costituzionalita'  sollevata nel presente giudizio, rilevante, atteso
che il gravame ha "un petitum separato e distinto dalla questione  di
costituzionalita', sul quale il giudice mittente  sia  legittimamente
chiamato, in ragione della propria competenza, a decidere" (C. Cost.,
sentenze n. 4 del 2000 e n. 38 del  2009)  che  il  petitum  medesimo
concerne l'accertamento del diritto della ricorrente alla  meta'  del
trattamento pensionistico privilegiato  di  reversibilita',  dopo  la
morte del figlio per causa di  servizio,  nel  periodo  in  cui  ella
godeva, in forza  della  sopravvenuta  separazione,  dell'assegno  di
mantenimento corrisposto dal marito. Va precisato  che  le  norme  in
materia di pensioni di guerra di cui al citato Testo Unico (D.P.R. n.
915/1978) vengono in rilievo in virtu' del rinvio  operato  dall'art.
92  del  d.P.R.  n.  1092/1973  secondo  cui  "Quando  la  morte  del
dipendente e' conseguenza di infermita' o lesioni dipendenti da fatti
di servizio, spetta  ai  congiunti  la  pensione  privilegiata  nella
misura e alle condizioni previste dalle disposizioni  in  materia  di
pensioni di guerra". Per  effetto  dell'espresso  richiamo  contenuto
nell'art. 92, comma 1,  il  particolare  regime  vigente  in  materia
d'assegnazione  della  pensione  indiretta  di  guerra  e'   divenuto
pienamente applicabile,  per  quanto  concerne  l'individuazione  dei
requisiti necessari per la concessione  della  pensione  privilegiata
indiretta, in favore dei genitori del  dipendente  pubblico  deceduto
per causa di servizio (cosi anche Sez, Sicilia sentenza n. 498/2010 e
93/1994; sez. Lazio sentenza n. 1531/1997; sez.  I  Centr.  d'Appello
sentenza n. 465/2007). Il mancato esercizio del diritto di opzione di
cui all'art.  92  comma  3,  rende  dunque  attuale  e  rilevante  la
questione di illegittimita' costituzionale di cui ai ricorso. 
    In secondo luogo la questione e'  non  manifestamente  infondata.
In  particolare, va ricordato che la legge 17 ottobre  1967,  n.  974
(intitolata "Trattamento pensionistico dei congiunti dei  militari  o
dei dipendenti civili dello Stato vittime di azioni  terroristiche  o
criminose e dei congiunti dei caduti per cause di servizio"), prevede
- all'art. 1, comma 1 - che "ai congiunti  dei  militari  caduti  per
causa di servizio o deceduti per infermita' contratta o aggravata per
causa di servizio, e' attribuita la pensione  privilegiata  ordinaria
nella misura e alle condizioni previste dalle disposizioni in materia
di pensioni di guerra". 
    Tale diritto e' stato ribadito anche dall'art. 57,  comma  1  del
d.P.R. 23 dicembre 1978 n. 915 (intitolato "Testo unico  delle  norme
in materia di pensioni di  guerra"),  alla  cui  stregua  "Quando  il
militare morto per causa del servizio  di  guerra  o  attinente  alla
guerra od il civile deceduto per i fatti di guerra contemplati  negli
articoli 8 e 9 non abbia lasciato  coniuge  e  figli  con  diritto  a
pensione, la pensione, a titolo di assegno alimentare, e'  liquidata:
a) al padre che abbia raggiunto l'eta' di anni 58 oppure sia comunque
inabile  a  qualsiasi  proficuo  lavoro;  nei  casi   di   inabilita'
temporanea si applicano le norme di cui ai primi tre commi  dell'art.
12; b) alla madre vedova [...] 
    Il sistema normativo individua, dunque, un vero  e  proprio  ordo
successionis tra i congiunti  del  militare  deceduto  per  causa  di
servizio, in quanto soltanto in mancanza del coniuge e dei figli  del
de cuius, il diritto al trattamento privilegiato indiretto  passa  in
capo al padre, purche' di  eta'  superiore  ai  58  anni  o  comunque
inabile a proficuo lavoro; in  mancanza  del  padre,  il  trattamento
pensionistico si devolve alla "madre vedova". 
    In  tal  caso,  tuttavia  la  maturazione  del   diritto   appare
subordinata al solo stato vedovile (cfr. ex multis  Corte  dei  conti
Sez. giurisd. Sicilia, sent. 13 giugno  2013  n.  2356)  e  non  alle
condizioni di eta' o di inabilita' a proficuo lavoro richiesti per il
padre, come risulta confermato dall'art. 66 del  medesimo  d.P.R.  n.
915/1978, laddove prevede che "Ove i genitori siano entrambi  viventi
nel momento in cui sorge il diritto alla pensione di guerra,  questa,
in caso di morte di uno di essi, si consolida nel superstite". 
    Tale chiave  interpretativa  trova  conforto  nella  sentenza  n.
275/2002 della Corte costituzionale che, nel dichiarare la  manifesta
infondatezza della questione di legittimita' dell'art. 57  d.P.R.  n.
915/1978  ha  chiarito:  "che  sono  stabilite  delle  categorie   di
beneficiari,  le  quali  non  concorrono  tutte,  contemporaneamente,
poiche' la presenza di soggetti della categoria precedente esclude la
chiamata di quelli della categoria successiva;  che  la  pensione  e'
liquidata una volta sola al soggetto il quale si trovi  in  posizione
prioritaria, nel momento in cui si verifica l'evento che  fa  sorgere
il  diritto  alla  pensione  indiretta;  che,  fuori  dei   casi   di
operativita' del principio di consolidamento (art.  60),  alla  morte
del beneficiario del trattamento pensionistico il diritto si estingue
e  non  si  trasmette  ai  soggetti   appartenenti   alle   categorie
successive; che la norma  impugnata  prevede  che,  in  mancanza  del
coniuge o di figli del militare  morto  per  causa  del  servizio  di
guerra o del civile deceduto per fatti  di  guerra  sia  chiamato  il
padre a godere del trattamento, purche' in eta'  pensionabile  ovvero
inidoneo a qualunque proficuo lavoro, mentre la madre,  ad  eccezione
delle ipotesi di separazione, e' chiamata,  solo  se  vedova;  che  i
genitori non sono quindi collocati nella  stessa  posizione  e  nello
stesso  ordine  di  chiamata  dal  momento  che,  secondo   una   non
irragionevole scelta del legislatore, il diritto della madre sussiste
solo in quanto vedova;  che  cio'  e'  sufficiente  ad  escludere  la
lamentata disparita' di trattamento,  soprattutto  perche'  lo  stato
vedovile non puo' certo dirsi condizioni piu' favorevole rispetto  al
compimento del 58° anno di eta' ovvero all'inabilita' al lavoro". 
    Alla madre vedova, il successivo art. 60 al comma 1 equipara,  la
"madre che, alla data del decesso del figlio,  viveva  effettivamente
separata dal marito,  anche  se  di  seconde  nozze,  senza  comunque
riceverne gli alimenti"; al comma 2 "ove il marito sia il  padre  del
militare o del civile deceduto e possegga i requisiti  di  legge  per
conseguire la pensione, questa viene divisa in  parti  uguali  fra  i
genitori" e al comma 3 prevede che "Quando, ferme, restando le  altre
condizioni, la separazione fra i coniugi avvenga posteriormente  alla
morte del militare o del civile, alla madre  spetta  la  meta'  della
pensione gia' attribuita al padre o che potrebbe a questo  spettare".
La disposizione versata nel testo unico  non  e'  affatto  innovativa
dell'ordinamento previgente, dal momento che identica previsione  era
contenuta nell'art.  76  comma  ultimo  della  legge  n.  648/1950  e
nell'art. 69 della legge n. 313/1968. 
    Orbene, tra le "altre condizioni" cui rinvia la  norma  in  esame
deve ritenersi incluso anche quello  di  cui  al  comma  1.  A  voler
accedere  a  una  diversa  ricostruzione   esegetica,   infatti,   ne
deriverebbe la manifesta disparita' di  trattamento  tra  la  "madre"
gia' separata al momento della morte del figlio e la "madre"  che  si
separa in un momento successivo. 
    L'unico percorso  interpretativo,  costituzionalmente  orientato,
impone,  in  definitiva,  di  subordinare  il  diritto  della  "madre
separata", di cui al comma 3, allo  stesso  requisito  della  mancata
percezione dell'assegno alimentare di cui al comma 1 (cfr. Sezione IV
pensioni  militari,  n.   70572   del   22   aprile   1987;   Sezione
Emilia-Romagna, n. 250 del 5 maggio 1999). 
    Peraltro, assecondando l'argumentum a fortiori,  suggerito  dalla
stessa ricorrente, la norma non  potrebbe  che  rinviare,  oltre  che
all'assegno alimentare anche all'assegno di mantenimento  (certamente
maggiore di quello alimentare). Riassumendo: 
        a) l'art. 57 devolve il trattamento pensionistico in caso  di
premorienza del figlio (privo di  coniuge  e  di  prole),  al  padre,
purche' abbia raggiunto 58 anni ovvero sia inabile a proficuo  lavoro
e abbia un reddito inferiore alla soglia  prestabilita;  soltanto  in
caso di decesso, pregresso o successivo, la pensione e' attribuita  o
si  consolida  in  favore  della  moglie-madre  vedova  senza   alcun
ulteriore accertamento. 
        b) l'art. 60 pone la madre vedova sullo  stesso  piano  della
madre separata, tale al momento del decesso ovvero divenuta tale  per
effetto di una separazione successiva. 
    In tal caso, a prescindere dalla verifica dei  requisiti  di  cui
all'art. 57 in capo al padre (titolarita' effettiva o potenziale), in
favore della madre la pensione e' devoluta, in ragione  della  meta',
purche' non percepisca dal marito l'assegno  di  mantenimento  ovvero
gli alimenti (Sez. II Pens. Guerra, sent. 16 ottobre 1990  n.  127557
secondo cui "In  ipotesi  di  separazione  dei  genitori  intervenuta
successivamente al decesso per fatto bellico del  loro  dante  causa,
alla madre separata e priva di alimenti - che, ai sensi dell'art.  69
della legge n. 313 del  1968,  e'  equiparata  alla  madre  vedova  -
compete il diritto  al  trattamento  pensionistico  indipendentemente
dall'esistenza, effettiva o potenziale, dello stesso titolo  in  capo
al padre"). 
    In caso di separazione tra i coniugi, anche se sopravvenuta  alla
morte del figlio militare di leva, si determina, dunque, in  capo  ai
genitori una situazione di vera e propria contitolarita', del diritto
a ricevere il trattamento pensionistico di privilegio,  che  si  pone
come derogatoria dell'ordo successionis  previsto  dall'art.  57.  La
stessa pronuncia della Consulta, prima  richiamata,  precisa  che  la
madre, ad eccezione delle ipotesi di separazione, e' chiamata solo se
vedova; dal che a contrario va  desunto  che  la  madre  separata  e'
chiamata immediatamente e ope legis all'attribuzione del  trattamento
pensionistico indiretto. 
    Come la madre vedova anche la madre separata diventa titolare  di
un diritto alla pensione del tutto autonomo. 
    Il quadro  normativo  cosi'  ricostruito,  non  sembra,  nel  suo
complesso, reggere ai dubbi di compatibilita' costituzionale rilevati
con il ricorso introduttivo. 
    L'equiparazione ex lege tra "madre vedova"  e  "madre  separata",
infatti, appare meramente formale e non adeguatamente pregna di  pari
contenuto: mentre, infatti, il diritto della prima e' subordinato  al
suo stato vedovile e al non superamento del tetto reddituale  di  cui
al comb. disp. degli artt. 58-70, il diritto della madre separata  si
appalesa  condizionato  alla  percezione   dell'assegno   menzionato,
qualunque ne sia l'importo. 
    Si potrebbe, allora, verificare che l'assegno di mantenimento sia
(come nel  caso  di  specie)  notevolmente  al  di  sotto  del  tetto
reddituale di cui all'art. 70  e  che,  dunque,  la  madre  separata,
soprattutto con figli (come nel caso di specie), sia privata non solo
del contributo (materiale e morale) del figlio deceduto ma  anche  di
quella   forma   di   assistenza,   rappresentata   dal   trattamento
pensionistico in esame. 
    Al contrario il riconoscimento  di  un  assegno  di  mantenimento
elevato o comunque superiore alla soglia indicata  gia'  di  per  se'
sarebbe idoneo a escludere il diritto alla pensione di reversibilita'
de qua.  Nessuna  indebita  locupletazione  di  natura  assistenziale
potrebbe, allora, rinvenirsi in ipotesi del genere. 
    Appare, di conseguenza, del tutto irragionevole e  violativo  del
principio di parita' tra coniugi, l'art.  60,  commi  1  e  3,  nella
misura in cui subordina il diritto della madre separata a  conseguire
la meta' del trattamento pensionistico indiretto alla (sola)  mancata
percezione dell'assegno alimentare o di mantenimento,  a  prescindere
dalla comparazione con il limite reddituale di cui  all'art.  70.  In
particolare le dette  disposizioni  sono  suscettibili  dei  seguenti
profili di illegittimita' costituzionale: 
        - violazione dell'art. 3 Cost. per manifesta irragionevolezza
e disparita' di trattamento, poiche' il legislatore  ha  dettato  una
disciplina   unitaria   per   regolamentare   situazioni   giuridiche
soggettive diverse.  Alla  madre  vedova  infatti,  compete  l'intera
pensione subordinatamente al solo stato vedovile (purche' il  reddito
non superi il limite indicato dall'art. 70: cosi' anche  Corte  Conti
sez. IV 20/06/1991 n. 71500); alla madre separata compete,  viceversa
soltanto la meta' della pensione di reversibilita', a patto che  ella
non goda di assegno di mantenimento (anche minimo).  In  realta',  in
entrambi i casi si riscontra la titolarita' di  un  diritto  autonomo
che dovrebbe tener conto della sola situazione reddituale della madre
a prescindere, al momento della sua insorgenza come al momento  della
sua attribuzione,  dagli  "alimenti"  percepiti  e  dalle  condizioni
economiche dell'ex (o di un eventuale nuovo) marito. La stessa  Corte
costituzionale, nella citata sentenza 30 luglio 1993  n.  361  a  tal
proposito   chiarito   la   natura   risarcitoria   del   trattamento
pensionistico privilegiato di reversibilita' e la piena autonomia del
diritto (questa volta) della vedova (di chi e' deceduto per causa  di
servizio/fatto bellico), rispetto al contesto  reddituale  nel  quale
ella  viene  a  trovarsi,  per  effetto   delle   nuove   nozze.   In
considerazione  di  tali   caratteristiche,   e'   stata   dichiarata
l'illegittimita' dell'art. 42 comma 1  del  d.P.R.  n.  915/1978.  La
reversibilita'  a  favore  del  coniuge  superstite  dei  trattamenti
pensionistici di cui godeva il coniuge deceduto trova il suo precipuo
fondamento non nella funzione di assistenza della vedova o del vedovo
che si trovi in effettivo  stato  di  bisogno -  funzione  che  viene
assolta solo indirettamente, essendovi altri ed appositi strumenti  a
tal  fine  predisposti  dall'ordinamento -  ma  in  quella   di   far
proseguire  almeno  parzialmente,  anche  dopo  la  cessazione  della
comunita' coniugale, gli effetti ad  essa  connessi,  in  particolare
quello  di  sostentamento  del  coniuge  superstite  che  prima   era
assicurato dal reddito del de cuius, garantendo  al  beneficiario  la
protezione  dalle  conseguenze  negative  derivate  dalla  morte  del
congiunto (cosi' la stessa Corte cost. sentenze n.  70/199,  sentenze
n. 496/1993 e n. 286/1987 e, per le pensioni di guerra, n. 405/1993).
Identica  funzione  va  riconosciuta  al  trattamento   pensionistico
attribuibile ai  genitori  e,  in  dettaglio,  alla  madre  vedova  o
separata del militare morto. 
        - violazione dell'art. 3 Cost. per manifesta irragionevolezza
e disparita' di trattamento, in quanto sono parificati emolumenti  di
natura completamente diversi. L'assegno alimentare, infatti,  assolve
a una funzione meramente solidaristica come in parte anche  l'assegno
di mantenimento, che ha anche quella  di  riequilibrare  il  rapporto
coniugale,  (stante  l'ultrattivita'  dell'obbligo  di   solidarieta'
economica  e  morale  di  cui  all'art.  143  c.c.).  In  particolare
l'assegno di mantenimento ex art. 156 c.c. non presuppone lo stato di
bisogno ne' la prova dell'impossibilita' a procurarsi propri  redditi
da parte del coniuge richiedente; questi e' chiamato a dimostrare  la
disparita' economica tra i coniugi e l'impossibilita' per il coniuge,
cui la separazione non sia addebitabile, di mantenere  il  tenore  di
vita goduto  durante  il  matrimonio.  Diversamente,  il  trattamento
pensionistico  privilegiato  di  reversibilita'  ha   una   finalita'
prevalentemente   risarcitoria.   Invero,    oltre    a    proclamare
"risarcitorio" il titolo al trattamento pensionistico, il legislatore
lo  concepisce  come  un   diritto   autonomo   della   beneficiaria,
indipendente dalla valutazione delle sue condizioni economiche, tanto
che la successiva legge 8 agosto 1991, n. 261 (art. 5) ribadisce  che
"le somme corrisposte a titolo di pensione ...  per  la  loro  natura
risarcitoria, non costituiscono reddito (cosi' Corte cost.  sent.  n.
361/1993). Non si comprende, di conseguenza, la ragione  per  cui  la
titolarita' dell'uno (assegno) impedisca il conseguimento  dell'altro
(pensione). D'altra parte mentre gli assegni periodici  costituiscono
per il coniuge che ne beneficia redditi assimilati a quelli di lavoro
dipendente e "si presumono percepiti,  salvo  prova  contraria  nella
misura e alle scadenze risultanti dai  relativi  titoli"  (artt.  50,
comma 1, lett. i e 52, comma 1, lett. c, del  TUIR),  il  trattamento
pensionistico  di  guerra,  anche  in  caso  di   reversibilita'   e'
irrilevante oltre che ai fini fiscali, anche ai fini previdenziali ed
assistenziali, ex art. 77 del d.P.R. 23 dicembre 1978  n.  915.  Cio'
nonostante la Consulta (sentenza  n.  143/2001)  non  ha  mancato  di
rilevare  che  la  pensione  di  guerra  rimane  rilevante  al   fine
dell'integrazione del requisito  reddituale  della  pensione  sociale
anche dopo la modifica di cui all'art. 5 della legge 8  agosto  1991,
n. 261, e dopo che l'art. 3 della legge 8 agosto 1995,  n.  335,  nel
contesto della riforma pensionistica, ha sostituito (a partire dal 1°
gennaio 1996) alla pensione sociale  l'assegno  sociale,  proprio  in
ragione   del   fatto   "che   l'intervento    assistenziale    della
collettivita',  espresso,  nella  pensione  sociale  prima  di   tale
riforma, persegue il fine di soccorrere  coloro  che,  sprovvisti  di
mezzi  necessari  per  vivere,  versano  in  uno  stato  di  bisogno,
necessariamente da emendare in adempimento del doveri inderogabili di
solidarieta' economica e sociale della collettivita',  sanciti  dagli
artt. 2 e 38 Cost.". Analoga motivazione  dovrebbe  essere  idonea  a
verificare la compatibilita'  dell'assegno  di  mantenimento/alimenti
con il trattamento pensionistico di guerra di reversibilita'. 
        - violazione dell'art. 3  Cost.  e  dell'art.  29  Cost.  per
manifesta irragionevolezza  e  discriminazione  tra  i  coniugi.  Sul
punto, va ricordato che la Corte  costituzionale  ha  dichiarato,  in
piu' occasioni, non fondate le questioni di legittimita',  precisando
che la normativa pensionistica esula dal campo dei diritti  e  doveri
reciproci tra i membri del  nucleo  familiare,  cui  invece  tende  a
riferirsi   l'art.   29   della   Costituzione,    che    salvaguarda
essenzialmente i contenuti e gli scopi etico-sociali  della  famiglia
come societa' naturale fondata  sul  matrimonio  (cosi'  Corte  cost.
sent. n. 70/1999).  In  realta'  la  disposizione  costituzionale  ha
trovato concreta attuazione nella disciplina ordinaria del diritto di
famiglia, secondo una linea direttrice che, nel corso degli anni,  e'
stata  caratterizzata  dal  superamento  dell'impostazione  verticale
della famiglia (fondata sul padre-capofamiglia) verso  una  struttura
orizzontale o paritaria della stessa, basata  proprio  sul  principio
costituzionale  sull'eguaglianza  morale  e  giuridica  di   cui   al
menzionato art. 29 Cost. D'altra parte, la separazione personale  non
determina la cessazione del matrimonio: i principi costituzionali che
governano  il  menage  coniugale  sopravvivono,  pur   venendo   meno
l'obbligo di convivenza  e  fedelta'.  Al  contrario  non  potrebbero
trovare  spazio  quei  "limiti  stabiliti  dalla  legge  a   garanzia
dell'unita' familiare", di cui all'art. 29 comma 2 Cost., proprio  in
virtu' della cessata unita' familiare. 
    In ragione di cio', non si comprende la ragione della  scelta  di
subordinare   il   diritto   del   marito,   all'intero   trattamento
pensionistico in  esame,  alle  condizioni  gia'  indicate -  potendo
beneficiare della possibilita' per cui, raggiunto il limite di  eta',
egli possa divenire titolare del credito risarcitorio (per la perdita
del figlio) se il suo reddito non superi il limite di cui all'art. 70
d.P.R. n. 915/1978 - e perche',  al  contrario,  la  moglie  separata
(benche' equiparata alla madre vedova) non possa beneficiare  neanche
della  meta'  della  pensione,  sol  che  percepisca  un  assegno  di
mantenimento o alimentare, anche notevolmente inferiore  alla  soglia
indicata. 
        - violazione dell'art. 3  per  manifesta  irragionevolezza  e
disparita' di trattamento nella misura in cui l'art. 60 discrimina la
posizione  della  madre  separata   in   ragione   della   percezione
dell'assegno  di  mantenimento/alimentare,   derogando   alla   norma
generale di cui all'art. 58. La  disposizione,  infatti,  prevede  al
primo comma che "per la liquidazione della pensione [...] occorre che
ai genitori, collaterali od assimilati  siano  venuti  a  mancare,  a
causa  della  morte  del  militare  [...],  i  necessari   mezzi   di
sussistenza [...]"; al secondo comma  che  "si  considera  che  siano
venuti meno i necessari mezzi di sussistenza quando il richiedente si
trovi  nelle  condizioni  economiche  di  cui  all'art.  70";  mentre
l'articolo 70, primo comma stabilisce che "in tutti i casi in cui  il
conferimento dei trattamenti od assegni pensionistici sia subordinato
dal [...] testo unico alle condizioni economiche del  richiedente,  i
trattamenti  e  gli  assegni  medesimi  sono  liquidati   quando   il
richiedente stesso, in presenza degli altri requisiti richiesti,  sia
in possesso, ai fini dell'imposta sul reddito delle persone  fisiche,
di un reddito annuo complessivo, al lordo degli oneri  deducibili  di
cui all'art. 10  del  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  29
settembre 1953, n. 597, e successive modificazioni, per un  ammontare
non superiore a" un determinato importo. Tale limite di  reddito  cui
fa riferimento  il  citato  articolo  70,  comma  1  (come  integrato
dall'art. 1, comma 1, della legge 6 ottobre  1986,  n.  656,  e  come
modificato, quest'ultimo, come dall'art. 1  della  legge  10  ottobre
1989,  n.  342),  inizialmente  di  3.520.000  lire  e'   stato   poi
gradualmente elevato (prima per decreti ministeriali del Ministro del
tesoro dalla legge 18 agosto 2000, n. 236), ed e' arrivato per l'anno
1999 a 13.116.033 lire (per avere diritto ai  benefici  pensionistici
per l'anno 2000), e per l'anno 2000  a  18.743.400  lire  (per  avere
diritto ai benefici pensionistici per l'anno 2001). Per effetto delle
successive modifiche, la soglia e' stata gradualmente elevata. 
    Non si comprende la ragione per cui tale  tetto,  applicabile  ai
genitori - in quanto tali -  subisca  poi  una  sostanziale  elisione
quando venga in rilievo lo  status  di  madre-genitore  separato.  La
deroga non ha ragion d'essere, soprattutto in  relazione  all'ipotesi
in cui  la  madre,  per  effetto  del  decesso  del  figlio  e  della
sopravvenuta separazione dal coniuge, venga a soffrire una condizione
di particolare bisogno  e  vulnerabilita',  anche  sotto  il  profilo
morale o spirituale. In  tale  situazione,  l'ordinamento  giuridico,
anziche' apprestarle una tutela rafforzata, la pone in una condizione
di materiale sudditanza  rispetto  al  coniuge,  dal  quale  viene  a
dipendere  economicamente,  per  effetto  dell'attribuzione   di   un
beneficio (mantenimento)  che  la  priva,  di  fatto,  degli  effetti
ristoratori e indennitari del trattamento pensionistico in esame. 
    Tanto premesso, in  applicazione  dell'art.  23  della  Legge  n.
87/1953,  riservata  ogni  altra  decisione  all'esito  del  giudizio
innanzi  alla  Corte  Costituzionale,  il   Giudice   Unico   solleva
l'incidente  di  costituzionalita'  dell'art.  60  comma  3   e   per
connessione dell'art. 60 comma 1, nella parte in cui  subordinano  il
diritto della madre del militare deceduto per fatto bellico o a causa
del servizio, che viva separata dal di lui padre, a  beneficiare  del
trattamento  pensionistico  di  reversibilita'  a  condizione   della
mancata  corresponsione  degli   "alimenti"   a   prescindere   dalla
valutazione della sua situazione reddituale complessiva ex  art.  70,
comma 1, del decreto del Presidente  della  Repubblica  915/1978,  in
riferimento agli artt. 3 e 29 Cost., per le  ragioni  che  precedono,
con rimessione degli atti alla Corte Costituzionale. 
 
                               P.Q.M. 
 
    La Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale per la  Campania,  in
composizione monocratica,  nella  persona  del  Giudice  Unico  delle
pensioni, dichiara rilevante per  la  decisione  del  ricorso  e  non
manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 60 comma 3 e per connessione dell'art. 60 comma  1  decreto
del Presidente  della  Repubblica  23  dicembre  1978,  n.  915,  per
violazione degli artt. 3 e  29  Cost.  e  per  l'effetto  dispone  la
sospensione del giudizio e la trasmissione, a cura della  Segreteria,
degli atti alla Corte Costituzionale. 
    Manda alla Segreteria per la notifica  della  presente  ordinanza
alle parti costituite, alla Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri
nonche' ai Presidenti della Camera dei deputati e  del  Senato  della
Repubblica. 
        Cosi' deciso in Napoli il 23 settembre 2014. 
 
                      Il Giudice Unico: Razzano