N. 257 ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 novembre 2014
Ordinanza del 6 novembre 2014 emessa dal Tribunale regionale di giustizia amministrativa di Trento sul ricorso proposto da Hassouni Belkacem contro Comunita' della Vallagarina. Patrocinio a spese dello Stato - Condizioni per l'ammissione al patrocinio - Limite reddituale - Incremento del limite reddituale nel caso di coniugi e familiari conviventi - Applicabilita' soltanto al processo penale - Violazione del principio di uguaglianza per irragionevolezza ed ingiustificata disparita' di trattamento di situazioni omogenee - Lesione del diritto di difesa - Incidenza sul principio della tutela giurisdizionale. - Decreto legislativo 30 maggio 2002, n. 113, artt. 76, comma 2, e 92, come riprodotti nel decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115. - Costituzione, artt. 3, primo comma, 24, commi primo e terzo, e 113, primo comma.(GU n.4 del 28-1-2015 )
IL TRIBUNALE REGIONALE DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA DI TRENTO (Sezione Unica) Ha pronunciato la presente ordinanza nel giudizio introdotto con il ricorso 11/14, proposto da Hassouni Belkacem, rappresentato e difeso dall'avv. L. De Guelmi, con domicilio eletto presso il suo studio in Trento, via S. Croce 10; Contro la Comunita' della Vallagarina, in persona del legale rappresentante pro tempore, assistita e difesa dall'avv. F. Dalbosco, con domicilio eletto in Trento, via Paradisi 15/1 presso lo studio dell'avv. E. Valentini; Per l'annullamento della determinazione 14 ottobre 2013, n. 1375/BG-530, nella parte in cui: dispone l'esclusione di Hassouni Belkacem dalla graduatoria vigente per l'assegnazione di alloggio pubblico, la sua decadenza del ricorrente dall'eventuale corresponsione del contributo integrativo sulla locazione di alloggio privato, nonche' l'impossibilita' di ripresentare una nuova domanda per l'accesso ai predetti benefici nei successivi cinque anni. Visti il ricorso e relativi allegati; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Visto l'atto di costituzione in giudizio della Comunita' della Vallagarina; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 settembre 2014 il cons. avv. A. Gabbricci e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue. 1.1. La Comunita' di Valle della Vallagarina, come le analoghe Comunita' istituite sul territorio della Provincia autonoma di Trento, e' un ente pubblico, il quale ha competenza in materia di attivita' socio-assistenziali e di edilizia abitativa, e di cui fa parte, tra gli altri Comuni, anche Rovereto, dove, all'epoca dei fatti di causa, risiedeva Hassouni Belkacem, insieme alla sua famiglia. 1.2. All'inizio del 2013 il Belkacem presento' domanda alla Comunita', affinche' gli fosse assegnato in locazione un alloggio pubblico. L'Ente, il successivo 9 agosto, gli comunico' che, per la sua posizione in graduatoria, era disponibile un appartamento a Isera - un altro Comune incluso nella stessa Comunita' - ma l'interessato vi rinuncio' espressamente, ritenendone disagevole l'ubicazione. 1.3. Cosi', con determinazione 14 ottobre 2013, n. 1375/sg-530, il responsabile del Servizio edilizia dell'Ente dichiaro' il Belkacem decaduto dal beneficio della locazione per l'alloggio proposto, e lo escluse dalle graduatorie vigenti, in applicazione dell'art. 11 del regolamento di esecuzione della l.p. 7 novembre 2005, n. 15, secondo il quale non sarebbe stato consentito al rinunciante di presentare un'analoga domanda alla stessa Comunita' prima che fossero trascorsi cinque anni dall'avvenuta rinuncia. 1.4. Ancora, nella successiva comunicazione del 18 ottobre, l'Ente rammento' che, ex art. 34, II comma, dello stesso regolamento, l'interessato era anche decaduto dall'eventuale corresponsione «del contributo integrativo sulla locazione di alloggio privato dal mese successivo la data di presentazione della rinuncia». 1.5. Il Belkacem impugno' la deliberazione del 14 ottobre, conferendo mandato nelle forme ordinarie all'avv. Lorenzo de Guelmi; ma, al momento del deposito presso la Segreteria del T.R.G.A. dell'atto introduttivo notificato, il ricorrente chiese, sia pure volendo conservare il precedente difensore, di essere ammesso al patrocinio a spese dello Stato, a' sensi del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, recante il Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia. 1.6. Tuttavia, la commissione, istituita, a' sensi dell'art. 14 dell'allegato 2 delle norme di attuazione del d.lgs. n. 104/2010, per deliberare in via provvisoria e anticipata su tali richieste, la respinse per mancanza del requisito reddituale: Belkacem l'ha allora ripresentata a questo giudice, sollevando anche espliciti dubbi sulla costituzionalita' della disciplina applicata. 2.1. Orbene, e' intanto certo che il Collegio ha competenza a decidere sull'istanza, secondo un'interpretazione estensiva - ma certo costituzionalmente orientata all'osservanza dell'art. 24, III comma, Cost. su cui ultra - dell'art. 126, III comma, del d.P.R. n. 115/2002, per cui se il consiglio dell'ordine degli avvocati "respinge o dichiara inammissibile l'istanza [di ammissione al patrocinio], questa puo' essere proposta al magistrato competente per il giudizio": nel processo amministrativo il ripetuto art. 14 delle disp. att. ha cioe' soltanto sostituito il consiglio dell'ordine con la commissione, lasciando per il resto inalterata la disciplina della materia. 2.2.1. E' altresi' incontestabile che la questione vada esaminata preliminarmente, essendo attinente, sia pure latamente, allo svolgimento della funzione difensiva, e non si puo' dubitare che l'accoglimento della domanda gioverebbe tuttora al ricorrente. 2.2.2. Per effetto dell'ammissione al patrocinio, infatti, sono prenotati a debito il contributo unificato, le spese di notifica e i diritti di copia, per cui dovrebbero essere restituite al Belkacem le somme relative gia' corrisposte; egualmente, sono prenotati gli onorari e le spese dovuti al difensore, che si deve supporre il ricorrente abbia solo in parte anticipato. 3.1.1. Peraltro, l'ammissione al patrocinio richiede una duplice condizione, l'una di natura reddituale, cui si e' accennato, e l'altra di plausibilita' della posizione sostanziale, che' l'art. 74, II comma, del d.P.R. n. 115/2002, prescrive come sia assicurato "il patrocinio nel processo civile, amministrativo, contabile, tributario e negli affari di volontaria giurisdizione, per la difesa del cittadino non abbiente quando le sue ragioni risultino non manifestamente infondate". 3.1.2. Ora, e' evidente che, se le ragioni del Belkacem fossero "manifestamente infondate", sarebbe inutile delibare la questione del reddito, e a fortiori sollevare una questione di costituzionalita' con riguardo alla relativa disciplina: e' percio' necessario prendere anzitutto in esame il contenuto delle censure. 3.2.1. Orbene, la l.p. 7 novembre 2005, n. 15, disciplina gli interventi provinciali in materia di edilizia abitativa; essa e' stata poi integrata dal regolamento di esecuzione, approvato con il decreto del presidente della Provincia (d.p.p.) 12 dicembre 2011, n. 17-75 Leg.. 3.2.2. Tale regolamento, all'art. 11, I comma, dispone che il rifiuto dell'alloggio proposto in locazione comporta "la decadenza dal beneficio, l'esclusione dalla graduatoria e l'inammissibilita' della domanda, di alloggio a canone sostenibile presentata presso lo stesso ente locale per cinque anni decorrenti dalla data del rifiuto"; il successivo art. 34, a sua volta, prevede la decadenza del contributo integrativo in favore di nuclei familiari in locazione sul libero mercato, sempre in caso di rifiuto di un alloggio pubblico. 3.2.3. Tuttavia, lo stesso art. 11, al II comma, stabilisce una serie di casi, da ritenere tassativi, in cui il rifiuto non determina gli effetti pregiudizievoli appena ricordati: in particolare, "Non comporta le conseguenze di cui al comma 1 il rifiuto dell'alloggio proposto in locazione nei seguenti casi: ... c) nel nucleo familiare sono presenti soggetti con invalidita' certificata pari o superiore al 75 per cento o di [sic] soggetti minori o ultrasessantacinquenni con accertata difficolta' a svolgere gli atti quotidiani della vita o i compiti e le funzioni della loro eta'". 3.3.1. Ebbene, secondo il ricorrente, il provvedimento di decadenza qui impugnato sarebbe viziato da carenza di motivazione e violerebbe il ripetuto art. 11, lett. c), il quale escluderebbe dalla decadenza tutti i nuclei familiari in cui siano comunque presenti soggetti minori, anche non affetti da invalidita': la locuzione relativa alla difficolta' di svolgere atti e compiti ordinari andrebbe cioe' riferita solo ai soggetti ultra sessantacinquenni, «essendo evidente» secondo lo Hassouni «che la "o" apposta tra le parole "minori" e "ultra sessantacinquenni" porta ad una alternativa e non certo ad una valutazione aggiuntiva», cio' che si sarebbe potuto affermare «se ed in quanto al posto della "o" vi fosse stata una "e"». 3.3.2. Inoltre, soggiunge Belkacem, la locuzione impiegata "non avrebbe ragione di esistere se non per le persone maggiorenni e non potrebbe essere applicata ai minori dal momento che la loro situazione di dipendenza vuoi giuridica vuoi economica dai propri genitori, impedisce loro di svolgere funzioni e compiti in autonomia». 3.3.3. Cosi', nel caso di specie, la decadenza, disposta, con il provvedimento impugnato, si fonderebbe su di un'"applicazione analogica" della disposizione, per cui la deliberazione impugnata "avrebbe comunque dovuto rendere note le motivazioni per le quali, nel caso concreto, propendeva per una applicazione analogica piuttosto che restrittiva della norma", mentre "la tutela dei minori e' invece un argomento molto forte e decisamente preferibile laddove vi siano dubbi interpretativi". 3.4. Orbene, il Collegio e' consapevole che l'interpretazione proposta dal ricorrente e' d'incerta sostenibilita', ma ritiene non di meno che le censure proposte, nel loro complesso; non siano "manifestamente infondate": non siano, cioe', inconciliabili, gia' a un primo sommario esame, con fondamentali principi dell'ordinamento giuridico, regole esegetiche e di esperienza comunemente acquisite, o con la documentazione depositata in giudizio. 3.5. Ne segue che il patrocinio potrebbe essere concesso al Belkacem, per quanto concerne la sostenibilita' delle censure proposte, e con vantaggio per il ricorrente, anche in questa fase del giudizio. 4.1. Passando ora alla questione reddituale, va intanto tenuto presente che il Belkacem, nella sua istanza alla commissione presso il T.R.G.A., si era dichiarato "capo famiglia e padre di ben sei figli con i quali convive assieme alla moglie", tre dei quali ancora minorenni; aveva aggiunto che il suo reddito complessivo, per l'anno 2012, ammontava complessivamente ad € 13.325,92 ne' egli disponeva di beni immobili, in Italia o altrove; aveva precisato che moglie e figli" erano tutti a suo carico, per cui "ai sensi dell'art. 92 [del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115] il tetto massimo del reddito di euro 10.766,33 si eleva di euro 7.230,37". 4.2. Orbene, per chiarire il senso dell'ultima parte della dichiarazione bisogna ricordare che il citato d.P.R. n. 115/2002, stabilisce all'art. 76, I comma, il limite massimo di reddito imponibile, di cui deve disporre un soggetto per essere ammesso al patrocinio. Piu' volte aggiornato, esso e' attualmente pari a € 11.369,24 mentre, nel gennaio 2013, ammontava effettivamente a € 10.766,33: si tratta di una disposizione avente forza e valore di legge, poiche' e' contenuta, oltre che nel d.P.R. n. 115/2002, anche nel coevo d.lgs. n. 113/2002, il quale appunto contiene il "testo unico delle disposizioni legislative in materia di spese di giustizia" che, con il d.P.R. n. 114/2002 ("testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di spese di giustizia") confluisce nel d.P.R. n. 115/2002. 4.3. A sua volta, il II comma dello stesso art. 76, precisa che "[s]alvo quanto previsto dall'articolo 92, se l'interessato convive con il coniuge o con altri familiari, il reddito e' costituito dalla somma dei redditi conseguiti nel medesimo periodo da ogni componente della famiglia, compreso l'istante"; l'art. 92 - anche esso avente forza di legge, secondo quanto appena detto per l'art 76 - stabilisce poi che "Se l'interessato all'ammissione al patrocinio convive con il coniuge o con altri familiari, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 76, comma 2, ma i limiti di reddito indicati dall'articolo 76, comma 1, sono elevati di euro 1.032,91 per ognuno dei familiari conviventi". 4.4. Per vero, l'apparente contraddittorieta' dei due articoli e' facilmente spiegabile: mentre il primo e' incluso nel Titolo I (Disposizioni generali sul patrocinio a spese dello Stato nel processo penale, civile, amministrativo, contabile e tributario) della Parte III (Patrocinio a spese dello Stato), l'art. 92 fa parte del successivo Titolo II (Disposizioni particolari sul patrocinio a spese dello Stato nel processo penale) della stessa Parte III, ed e' dunque norma speciale, la quale si applica, nei limiti segnati dal titolo, e cioe' appunto solo per il processo penale. 4.5. Solo cosi', del resto, si giustifica la presenza di due disposizioni distinte: che', se l'incremento della soglia reddituale si applicasse a tutti i processi, sarebbe stato sufficiente prevedere la relativa disposizione una volta soltanto, nell'ambito delle disposizioni generali. 4.6. Ne segue che, secondo le disposizioni vigenti, la domanda di ammissione andrebbe respinta, poiche' appunto il reddito del Belkacem, l'unico di una famiglia pur cosi' numerosa, supera la soglia di cui all'art. 76, I comma, la quale non puo' essere elevata per i familiari conviventi; viceversa, se di questi si potesse tener conto, la domanda di ammissione andrebbe accolta. 5.1. E' in questo contesto, e proprio per verificare quest'ultima possibilita', che e' doveroso per il Collegio esaminare l'eccezione d'incostituzionalita' della disciplina sin qui considerata, proposta dallo stesso ricorrente, e che non appare manifestamente infondata. 5.2.1. Invero, l'art. 24 della Costituzione fissa, al I comma, principio per cui tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi: disposizione che va integrata, per quanto qui d'interesse, con il successivo art. 113, per cui contro gli atti della pubblica amministrazione e' sempre ammessa la tutela giurisdizionale. 5.2.2. Il III comma dello stesso art. 24, affinche' tale principio possa trovare concreta attuazione, stabilisce che sono assicurati non abbienti, con appositi istituiti, i mezzi per agire e difendersi "davanti ad ogni giurisdizione": essa, dunque, non pone alcuna distinzione tra i diversi tipi di processo, fissando soltanto il comune parametro della condizione di "non abbiente". 5.3.1. Tale previsione ha poi trovato organica attuazione nel testo unico in materia di spese di giustizia, di cui al ripetuto d.P.R. n. 115/2002, il cui art. 74 dispone, al I comma, che e' "assicurato patrocinio nel processo penale per la difesa del cittadino non abbiente, indagato, imputato, condannato, persona offesa da reato, danneggiato che intenda costituirsi parte civile, responsabile civile ovvero civilmente obbligato per la pena pecuniaria"; di seguito, il II comma, gia' ricordato, aggiunge che e', altresi', "assicurato il patrocinio nel processo civile, amministrativo, contabile, tributario e negli affari di volontaria giurisdizione, per la difesa del cittadino non abbiente quando le sue ragioni risultino non manifestamente infondate". 5.3.2. L'art. 74, in effetti, diversamente dalla Costituzione, tiene distinto il processo penale dagli altri giudizi, ma solo per introdurre per questi ultimi il requisito della non manifesta infondatezza, ribadendo che la normativa vuole comunque assicurare il patrocinio ai "non abbienti": e nulla fa supporre che a tale espressione corrisponda un significato diverso in ciascuno dei due commi successivi. 5.3.3. Il combinato disposto degli artt. 76 e 92 contraddice pero' l'equilibrio tra i diversi processi che la disciplina costituzionale e quella di principio, ex art. 74 cit., hanno definito. 5.3.4. Infatti, per effetto di tali due disposizioni, nel processo penale e' ammesso al patrocinio a spese dello Stato il cittadino, anche se disponga di un reddito superiore alla soglia prefissata (oggi € 11.369,24, all'epoca € 10.766,33), purche' abbia familiari, conviventi ma non produttori di reddito (il caso in esame), ciascuno dei quali incrementa la soglia di € 1.032,91. 5.3.5. A tali condizioni, egli e' dunque considerato ancora "non abbiente", ma lo e' soltanto riguardo a quel tipo di processo; non e' invece ammesso al gratuito patrocinio - e non e' dunque "non abbiente" - chi si trovi nelle medesime condizioni reddituali e familiari, se la sua domanda si riferisse ad un processo diverso da quello penale. 5.4.1. Le previsioni normative in esame introducono cosi' due diverse soglie reddituali, in relazione al tipo di processo, ma cio' non ha alcuna ragionevole giustificazione. Invero, la condizione di non abbienza e' un dato economico oggettivo, che e' stato stabilito in via generale dal legislatore, nella sua discrezionalita', e viene poi adeguato "in relazione alla variazione, accertata dall'ISTAT, dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, verificatasi nel biennio precedente" (art. 77 d.lgs. n. 115/02). 5.4.2. E', dunque, un parametro che non ha alcuna logica relazione con un determinato tipo di processo, o con una determinata categoria di situazioni giuridiche soggettive: e', semplicemente, il concreto limite reddituale sotto il quale si ritiene che un cittadino non possa permettersi di sopportare - anche contraendo un prestito - le spese di un processo, e il criterio per determinarlo non puo' che essere lo stesso, quale il processo sia. 5.4.3. Cosi', la disciplina piu' volte richiamata, nel suo combinato disposto, viola anzitutto l'art. 24, III comma, Cost. che si riferisce a una generica condizione di non abbiente, senza distinguere i diversi tipi di giudizio, e viola altresi' il principio di eguaglianza, di cui all'art. 3 Cost., poiche' il rito processuale diverso non giustifica un diverso trattamento, essendo lo stesso affatto irrilevante, rispetto alla generale finalita' di tutela giudiziale, ex art. 24, I comma, Cost. che la disciplina sul patrocinio a spese dello Stato e' destinata a realizzare, e che viene cosi' frustrata, con violazione anche dello stesso art. 24, I comma. 5.4.4. D'altro canto, le norme qui censurate si presentano altresi' irragionevoli, nella differenziazione introdotta, con ulteriore violazione dell'art. 3 Cost.. E' certamente equo che, nel valutare se un soggetto sia in grado di sostenere l'onere economico di un giudizio, venga data rilevanza alla presenza di conviventi, e cio' tanto per l'ipotesi che essi siano titolari di reddito, quanto per il caso che non ne dispongano, e gravino dunque su quel soggetto, essendo ovvio che cio' accresce, di fatto, i suoi impegni. economici, anche rispetto a chi disponga dello stesso reddito, ma non lo debba ripartire con altri conviventi. 5.4.5. Al contrario, la normativa vigente non da' rilevanza ai conviventi privi di reddito nel caso di processi diversi da quello penale, creando, tra, l'altro, un'ulteriore peculiare incongruenza, di cui si da' conto anche se non rilevante in causa: invero, tale disciplina trovera' o meno applicazione per la stessa situazione soggettiva risarcitoria, a seconda che questa sia fatta valere mediante costituzione di parte civile, o con un separato giudizio civile (o amministrativo). 5.5. In conclusione, e' rilevante nel presente giudizio - stante la domanda, in questo presentata, d'ammissione al patrocinio a spese dello Stato - e non manifestamente infondata, per contrasto con gli artt, 3, I comma, 24, I e III comma, e 113, I comma, Cost. la questione di legittimita' costituzionale del combinato disposto dell'art. 76, II comma, e 92 del d.lgs. n. 113/2002 e del d.P.R. n. 115/2002, nella parte in cui stabilisce che l'incremento del limite di reddito, per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, per ognuno dei familiari conviventi con il richiedente, si applica soltanto al processo penale. 5.6. Il giudizio va pertanto sospeso sino alla pronuncia della Corte costituzionale sulle questioni di costituzionalita' sollevate. Spese al definitivo.
P.Q.M. Il Tribunale regionale di giustizia amministrativa per la regione autonoma del Trentino - Alto Adige/Südtirol, sede di Trento, non definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe: a) dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale del combinato disposto dell'art. 76, II comma, e 92 del d.lgs. 30 maggio 2002, n. 113, e riprodotti nel d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per contrasto con gli artt. 3, I comma, 24, I e III comma, e 113, I comma, Cost. b) sospende il giudizio in corso sino alla decisione sulla proposta questione di costituzionalita'; c) ordina che la presente ordinanza sia notificata, a cura della segreteria del Tribunale regionale di giustizia amministrativa, a tutte le parti in causa e al Presidente del Consiglio dei ministri, e che sia comunicata al presidente del Senato della Repubblica e al presidente della Camera dei deputati; d) dispone la trasmissione degli atti, a cura della stessa segreteria, alla Corte costituzionale. Cosi' deciso in Trento nella camera di consiglio addi' 25 settembre 2014 con l'intervento dei signori magistrati: Armando Pozzi, Presidente; Angelo Gabbricci, consigliere, estensore; Paolo Devigili, consigliere. Il Presidente: Pozzi L'estensore: Gabbricci