N. 259 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 novembre 2014
Ordinanza del 10 novembre 2014 emessa dal Tribunale per i minorenni di Bologna sul ricorso proposto da B.E.M.. Adozione e affidamento - Riconoscimento in Italia della sentenza straniera che ha pronunciato l'adozione del minore in favore del coniuge del genitore - Fattispecie relativa a unione omogenitoriale fra adottante e genitore biologico confluita in matrimonio same-sex celebrato all'estero - Possibilita' per il giudice di valutare, nel caso concreto, se il riconoscimento risponda all'interesse del minore, "a prescindere dal fatto che il matrimonio [non] abbia prodotto effetti in Italia (come per la fattispecie del matrimonio tra persone dello stesso sesso)" - Esclusione, secondo l'interpretazione conformata al diritto vivente - Sacrificio assoluto e incondizionato della possibilita' che la famiglia formatasi all'estero continui ad essere "famiglia" anche in Italia - Violazione del diritto alla "vita familiare" garantito dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo (CEDU) - Difetto di proporzionalita' e adeguatezza delle norme censurate - Contrasto con il principio internazionale ed europeo secondo cui ogni atto riguardante un minore deve conformarsi al preminente interesse del minore stesso - Violazione del principio di ragionevolezza e del diritto fondamentale del fanciullo a una famiglia. - Legge 4 maggio 1983, n. 184, artt. 35 e 36. - Costituzione, artt. 2, 3, 30 e 117; CEDU (Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo), art. 8 (e art. 14); Corte EDU, decisioni X e altri c. Austria del 19 febbraio 2013 e Wagner c. Lussemburgo del 28 settembre 2007; Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n. 176, art. 3, comma 1; Convenzione europea sull'esercizio dei diritti del fanciullo, adottata dal Consiglio d'Europa a Strasburgo il 25 gennaio 1996, ratificata e resa esecutiva con legge 20 marzo 2003, n. 77; Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea (Carta di Nizza) del 7 dicembre 2000, adottata a Strasburgo il 12 dicembre 2007, art. 24, commi secondo e terzo.(GU n.4 del 28-1-2015 )
TRIBUNALE PER I MINORENNI DI BOLOGNA Il Tribunale per i Minorenni di Bologna, in composizione collegiale e cosi' composto: Dr. Giuseppe Spadaro - Presidente rel.; Dr. Elisabetta Tarozzi - Giudice; Dr. Maria Clede Garavini - Giudice onorario; Dr. Daniele Stumpo - Giudice onorario; Riunito in Camera di Consiglio in data 6 novembre 2014, nel procedimento iscritto al n. 72 dell'anno 2014, instaurato da B. E. M., nata a Kingston (New York, USA), il 20 maggio 1961, rappresentata e difesa dall'Avv. Claudio Pezzi; Ha pronunciato la seguente ordinanza (artt. 134 Cost., 23 legge 11 marzo 1953 n. 87) avente ad oggetto: ricorso ex art. 41, comma II, legge n. 218/1995, per il riconoscimento della sentenza straniera di adozione General Judgment of Adoption n. 0310-71486 del Tribunale di Prima Istanza dello Stato dell'Oregon, Contea di Multnomah, USA, pronunciata in data 22 gennaio 2004, con la quale si dispone l'adozione piena della minore J. B. S. E. (nata a Portland, USA, il 4 ottobre 2003, cittadina americana), in favore della ricorrente e con mantenimento della responsabilita' genitoriale congiunta alla madre biologica J. E. A. In fatto 1. Sul processo. E. M. B. presentava ricorso in data 26 marzo 2014 per il riconoscimento della sentenza straniera di adozione General Judgment of Adoption n. 0310-71486 del Tribunale di Prima Istanza dello Stato dell'Oregon, Contea di Multnomah, USA, pronunciata in data 22 gennaio 2004, con la quale si disponeva l'adozione piena della minore J. B. S. E., in favore della ricorrente e con mantenimento della responsabilita' genitoriale congiunta alla madre biologica J. E. A. A sostegno della richiesta produceva: la copia autentica della sentenza del Tribunale dell'Oregon, munita di apostille e traduzione consolare; la copia autentica del certificato di nascita di S. E. J. B., con apostille e traduzione; la copia autentica del matrimonio contratto da E. B. e E. J. con apostille e traduzione. Il Pubblico Ministero riteneva necessario acquisire informazioni sul nucleo familiare e rassegnava in tal senso le Sue conclusioni, con provvedimento del 17 aprile 2014. Con decreto del 26 maggio 2014, venivano convocate dinanzi a questo Tribunale, per poterne acquisire l'audizione, la ricorrente nonche' la J. e la minore S. E. L'audizione veniva svolta in data 4 giugno 2014. La ricorrente (B.) e la J. confermavano di avere contratto matrimonio negli Stati Uniti e riferivano che la minore (figlia della J., adottata in America dalla B.) aveva avuto la nonna materna (deceduta) in Aosta, e quivi ancora aveva i famigliari. In sede di audizione emergeva che: le due mogli (B. e J.) convivevano da 20 anni e avevano contratto matrimonio nel 2013 dopo un periodo di domestic partnership iniziato nel 2008; ognuna delle due aveva partorito un figlio; la ricorrente, un maschio (A.); la J. una femmina (S. E.); in entrambi i casi, gravidanza portata a termine a seguito di inseminazione artificiale da donatore anonimo; ognuna delle due aveva adottato, in America, il figlio/la figlia dell'altra; si erano trasferite in Italia da settembre. La minore sentita dichiarava: «queste due signore sono le mie mamme. Sono tutte e due buone e severe. Gioco con tutte e due». Aggiungeva: «se il Tribunale non dovesse accettare la mia richiesta di essere adottata anche in Italia da mamma E. sarebbe un peccato perche' avrei molto dispiacere per il fatto di non essere riconosciuta come italiana». Conclusa l'istruttoria, il P.M. esprimeva parere contrario al ricorso, con provvedimento del 23 settembre 2014. Secondo il PM, la domanda non poteva trovare accoglimento: l'ordinamento giuridico interno prevedeva l'adozione del figlio del coniuge solo in presenza di un matrimonio riconosciuto dalla legge italiana (art. 44 lett. B, legge n. 184/1983), quale non doveva ritenersi fosse quello oggetto di lite (celebrato da due sponsali di sesso femminile all'estero). Il Tribunale riservava la decisione. 2. Sulla ricostruzione dei fatti Vanno svolte premesse preliminari in ordine allo sfondo fattuale e storico che assiste la domanda di Giustizia. S. E. J. B . e' - anche agli effetti della legge italiana - figlia biologica di J. E. A., J. E. A. - agli effetti della legge americana - e' coniuge di E. M. B. , E.M.B. - agli effetti della legge americana - e' madre adottiva di S. J. B. (11 anni compiuti). Il legame genitoriale tra la B. e S. trae linfa da un provvedimento di adozione formatosi all'estero, in uno Stato in cui e' consentito al coniuge di una famiglia omogenitoriale, di adottare il figlio del partner (possibilita', in tempi recenti, ammessa con riguardo all'art. 44 comma I, lett. d, da Trib. Minorenni Roma, sentenza 30 giugno 2014 n. 299, est. C. Cavallo). S. e' nata dalla J. - in data 4 ottobre 2003 - a seguito di inseminazione artificiale allorche' la J. stessa gia' conviveva con la B., la minore e', cioe', nata nell'ambito di uno specifico progetto di genitorialita' delle due madri (biologica e adottiva). Subito dopo la nascita, la B. ha presentato domanda di adozione di S. il Tribunale adito (Trib. Oregon) ha accertato l'idoneita' della richiedente a svolgere il ruolo di madre e l'idoneita' del nucleo familiare ad ospitare la bambina; ha, quindi, statuito l'adozione con sentenza di adozione n. 0310-71486 del 22 gennaio 2004. Stesse circostanze si sono registrate per il figlio della B. (A. R. B., nato da inseminazione artificiale a giugno del 2004 e adottato dalla J.). Il procedimento adottivo si e' svolto con piene connotazioni giurisdizionali, dinanzi ad Autorita' giudiziaria, secondo norme deputate a garantire il primario interesse del minore (v. sentenza straniera in atti). In data 6 giugno 2013, nello stato di Washington, la B. e la J.; hanno contratto matrimonio ad ogni effetto della legge americana. Il 27 marzo 2013, il Consolato Generale d'Italia con sede a San Francisco ha attestato che la B., cittadina statunitense, e' anche cittadina italiana per discendenza. L'intero nucleo familiare ha, oggi, residenza in Bologna. La moglie della ricorrente gode di permesso di soggiorno europeo, rilasciato dalla Questura di Bologna nel 2013, per motivi familiari. Con il ricorso introduttivo del procedimento, la B. non ha presentato domanda finalizzata ad ottenere l'adozione della figlia biologica del proprio coniuge (poiche' l'adozione e' gia' intervenuta in America) ma ha richiesto - anche in nome della figlia adottata - il riconoscimento - in Italia - del provvedimento statunitense di adozione della minore S. E. J. B. Al momento del ricorso, e' dimostrato che la ricorrente e sua moglie hanno convissuto nello Stato in cui e' stata pronunciata l'adozione, da ben oltre due anni, con effettiva residenza anagrafica, prima del trasferimento in Italia. A fini del controllo giudiziale riservato a questo Tribunale, sussistono tutti i presupposti (in astratto) per il riconoscimento della sentenza: l'adozione, pero', e' germinata da una famiglia omogenitoriale. In diritto I provvedimenti di adozione formati in America sono riconoscibili in Italia ai sensi dell'art. 41 della legge 31 maggio 1995 n. 218 e, pertanto: 1) si applicano gli articoli 64, 65 e 66 della medesima legge; 2) restano, pero', ferme le disposizioni delle leggi speciali in materia di adozione dei minori (in primis, artt. 35, 36 legge n. 184/1983). Quanto al primo aspetto, nel caso di specie sono soddisfatte tutte le condizioni di carattere procedurale e processuale in genere, tenuto conto del procedimento giurisdizionale perfezionatosi in America, secondo legalita' e sulla base della competenza dell'Autorita' adita (v. rilievi gia' svolti al riguardo). Tuttavia, la riconoscibilita' del provvedimento straniero che, come nel caso di specie, dia luogo alla nascita di rapporti di famiglia richiede che questo non sia nella sostanza «contrario all'ordine pubblico interno». Quanto al secondo aspetto - che si lega all'ultimo rilievo svolto - l'adozione perfezionatasi all'estero (con specifico riguardo al caso di specie: Stato dell'Oregon, USA) puo' essere dichiarata efficace in Italia a condizione che risponda ai requisiti previsti dalla normativa interna (artt. 35, 36 comma IV legge n. 184/1983), su intervento dell'Autorita' giudiziaria. Si pone, allora, il problema di verificare se l'adozione da parte di genitore omosessuale possa ritenersi satisfattivo delle richieste della legge interna, in conformita' all'ordine pubblico. Giova premettere che, certamente, il minore puo' essere adottato dal coniuge del genitore (art. 44 lett. b). Tuttavia, sulla scorta della lettura (in combinato disposto) degli artt. 41 legge n. 218/95 e 44 legge n. 184/83 - da ritenersi prevalente e maggioritaria, di fatto corrispondente a «diritto vivente» - si esclude che un minore possa essere adottato da persona che sia coniuge del genitore nell'ambito di un matrimonio same-sex contratto all'estero. Si afferma che «l'adozione in casi particolari prevista dalla lett. b) dell'art. 44 l. adoz. non e' certamente applicabile agli omosessuali per difetto del requisito del rapporto di coniugio tra genitore naturale e adottante» («naturale», leggasi: biologico). Si richiama il criterio della imitatio naturae. In altri termini, per semplificare nel caso di specie, la donna non potrebbe adottare la figlia di sua moglie. Queste conclusioni traggono linfa dalla necessaria diversita' dei sessi che costituirebbe il presupposto implicito - e inderogabile - della disciplina adottiva; principio cosi' cogente da dovere essere collocato nell'ambito di quelli che si connotano per partecipazione all'area semantica dell'Ordine pubblico interno. Ritenendo questa regola da collocare nell'ambito di quelle irremovibili, ne consegue che l'atto di cui si richiede il riconoscimento non puo' produrre effetti in Italia: poiche' in America ha adottato una persona che coniuge non puo' ritenersi ai fini della legge italiana e poiche' comunque si tratta di adozione fuori dall'ambito di una famiglia matrimoniale. Come e' emerso, il problema giuridico che si pone, quindi, riguarda gli status familiari costituiti all'estero. Con specifico riferimento al caso di specie, come ha scritto di recente la dottrina proprio sul tema, «l'unico ostacolo all'accesso all'adozione e', di fatto, lo sbarramento all'istituto matrimoniale che i gay e le lesbiche ancora subiscono». Questa lettura, cosi' sinteticamente illustrata, costituisce come noto l'approdo di un «diritto vivente», formatosi in calce alla lettura degli artt. 35 e 36 l. ad. Secondo l'indirizzo costante della Suprema Corte (v. Cass. Civ., sez. I, 14 febbraio 2011 n. 3572), «in tema di adozione, la disposizione di cui all'art. 36, quarto comma, della legge 4 maggio 1993, n. 184 (nel testo sostituito ad opera dell'art. 3 della legge 31 dicembre 1998, n. 476) - secondo cui l'adozione pronunciata all'estero su istanza di cittadini italiani che dimostrino, al momento della pronuncia, di aver soggiornato continuativamente nel Paese straniero e di avervi avuto la residenza da almeno due anni, viene riconosciuta ad ogni effetto in Italia con provvedimento del tribunale per i minorenni - non ha introdotto alcuna deroga al principio generale enunciato nell'art. 35, terzo comma, della legge n. 184 del 1983 citata, secondo il quale la trascrizione nei registri dello stato civile italiano dell'adozione di un minore pronunciata all'estero non puo' avere mai luogo ove «contraria ai principi fondamentali che regolano nello Stato il diritto di famiglia e dei minori». Tra questi principi v'e' quello secondo cui l'adozione e' consentita solo «a coniugi uniti in matrimonio», ai sensi dell'art. 6 della legge n. 184 del 1983». Questo orientamento oggi desta perplessita', se applicato allo specifico caso di specie: genitori con ventennale convivenza, confluita in matrimonio regolarmente celebrato all'estero, in cui il coniuge del genitore ha adottato il figlio di quest'ultimo. Il matrimonio celebrato all'estero tra persone di sesso uguale non e' piu' considerabile come contrario all'ordine pubblico: la concezione secondo cui la diversita' di sesso dei nubendi e' presupposto indispensabile, per cosi' dire naturalistico della stessa esistenza del matrimonio non e' piu' condivisibile, alla luce del mutato quadro sociale ed europeo. Il matrimonio same-sex, infatti, non e' inesistente ma improduttivo di effetti giuridici in Italia per l'assenza di una specifica legge (Cass. Civ., sez. I, sentenza 15 marzo 2012 n. 4184, Pres. Luccioli, rel. Di Palma). Cio' discende dal fatto che la coppia formata da persone dello stesso sesso e', comunque, da considerare come «famiglia» (CEDU, Schalk & Kopf v. Austria; piu' di recente, v. Corte EDU 19 febbraio 2013, X e altri c/Austria, c. 19010/07) e rientra nell'ambito delle formazioni sociali presidiate dall'art. 2 della Carta costituzionale (Corte Cost., 11 giugno 2014 n. 170). A ben vedere, si «sgretola» allora uno dei principali motivi che ostava al riconoscimento, in Italia, di un legame familiare tra un minore e due genitori omosessuali: che il rapporto tra i medesimi urtasse contro l'ordine pubblico interno. Cosi' piu' non e' e certo non potra' piu' essere. Il matrimonio same-sex e' semplicemente inefficace in Italia ma non inesistente. Cio' detto, la disciplina in considerazione, in materia di riconoscimento dell'adozione perfezionatasi all'estero, e limitatamente a tale profilo (il solo qui rilevante), sembra allora presentare almeno due profili di censura, sotto la lente dei principi costituzionali: in primis, nella parte in cui, per la sola omosessualita' dei genitori, ostacola in modo assoluto alla famiglia formatasi all'estero, di continuare ad essere «famiglia» anche in Italia (impedendo che la decisione straniera produca effetti in Italia). E' noto che la Corte delle Leggi ha avuto modo di affermare che «nell'ambito applicativo dell'art. 2 Cost., spetta al Parlamento, nell'esercizio della sua piena discrezionalita', individuare le forme di garanzia e di riconoscimento per le unioni omosessuali»: cio' tuttavia non toglie che resta, pero', comunque, «riservata alla Corte costituzionale la possibilita' di intervenire a tutela di specifiche situazioni», nel quadro di un controllo di ragionevolezza della rispettiva disciplina (Corte cost., 15 aprile 2010 n. 138). Ebbene, pare innegabile che la condizione dei coniugi di stesso sesso, i quali - dopo la formazione di una famiglia «in modo legale» all'estero - intendano proseguire nella loro vita di coppia, pur dopo il trasferimento in Italia, sia riconducibile a quella categoria di situazioni «specifiche» e «particolari» di coppie dello stesso sesso, con riguardo alle quali ricorrono i presupposti per un intervento della Corte costituzionale per il profilo di un controllo di adeguatezza e proporzionalita' della disciplina adottata dal legislatore. La fattispecie peculiare che viene qui in considerazione coinvolge, infatti, da un lato, l'interesse dello Stato a non modificare il modello eterosessuale del matrimonio (e della famiglia) e, dall'altro lato, l'interesse della coppia omogenitoriale a che l'unione dei membri della famiglia non sia cancellata in modo completo e irreversibile con il sacrificio integrale della dimensione giuridica preesistente (nel caso di specie, ventennale). La normativa risolve un tale contrasto di interessi in termini di tutela esclusiva di quello statuale disgregando in modo incondizionato cio' che la famiglia ha costruito in oltre vent'anni di unione. In questa misura di reazione legislativa, a parere del Tribunale si registra un vulnus al precetto dell'art. 2 Cost. e dell'art. 3 Cost. E' opportuno precisare che qui non viene in considerazione il differente caso della trascrizione del matrimonio omosessuale in Italia: lo sguardo dell'interprete, in questa ipotesi, non e' rivolto al rapporto di coniugio e all'interesse dei partners, ma e' diretto esclusivamente al rapporto genitoriale e all'interesse preminente del minore. Nemmeno viene in rilievo la creazione ab interno di un legame familiare tra un minore e una coppia omogenitoriale: si tratta di valutare se, a determinate condizioni, possa essere valutata come riconoscibile quella che ab externo si e' gia' formata, per il limitato caso in cui uno dei genitori sia gia', senza alcun dubbio, genitore del minore (il coniuge dell'adottante). E qui il secondo profilo di censura. Il veto assoluto di riconoscibilita' della decisione straniera cancella in modo netto e irrazionale la possibilita', per il giudice italiano, di condurre un vaglio giudiziale sull'effettivo best interest del minore, vanificando principi di matrice internazionale ed europea. 1) La Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 27 maggio 1991, n. 176, dispone nell'art. 3, primo comma, che «in tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza sia delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorita' amministrative o degli organi legislativi, l'interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente»; 2) la Convenzione europea sull'esercizio dei diritti dei fanciulli, adottata dal Consiglio d'Europa a Strasburgo il 25 gennaio 1996, ratificata e resa esecutiva con legge 20 marzo 2003, n. 77, nel disciplinare il processo decisionale nei procedimenti riguardanti un minore, detta le modalita' cui l'autorita' giudiziaria deve conformarsi «prima di giungere a qualunque decisione», stabilendo (tra l'altro) che l'autorita' stessa deve acquisire «informazioni sufficienti al fine di prendere una decisione nell'interesse superiore del minore»; 3) la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, nell'art. 24, comma secondo, prescrive che «in tutti gli atti relativi ai minori, siano essi compiuti da autorita' pubbliche o da istituzioni private, l'interesse superiore del minore deve essere considerato preminente»; e il comma terzo del medesimo articolo aggiunge che «il minore ha diritto di intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con i due genitori, salvo qualora cio' sia contrario al suo interesse». Come si vede, nell'ordinamento internazionale e' principio acquisito che in ogni atto comunque riguardante un minore deve tenersi presente il suo interesse, considerato preminente. Sono, dunque, da escludere quegli automatismi che elidono la responsabilita' genitoriale senza consentire al giudice di verificare in che modo debba essere presidiato l'interesse del fanciullo (sul punto, ad es., cfr. Corte costituzionale, 23 febbraio 2012 n. 31). Ne consegue che, diversamente ragionando, si perviene ad un risultato contrario al principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.) e al diritto fondamentale del fanciullo a una famiglia (artt. 2, 30, 31 Cost.). Peraltro, l'impossibilita' di riconoscere il provvedimento adottivo, formato all'estero, in favore di famiglia omogenitoriale, si palesa in contrasto con gli artt. 8 e 14 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo (per un caso, diverso ma che enuncia principi generali validi anche in questa ipotesi: v. Corte EDU 19 febbraio 2013, X e altri c/ Austria, c. 19010/07). Per completezza, pare che il parametro (interposto) - di cui all'art. 8 CEDU - possa ritenersi vulnerato anche sulla scorta del contenuto precettivo, come indicato dalla sentenza della Corte EDU, nel caso Wagner c/ Lussemburgo, del 28 settembre 2007 (c. 67240/01). Nel caso di specie, i giudici del Lussemburgo avevano respinto l'exequatur di una sentenza peruviana che aveva pronunciato l'adozione di una minore in favore di genitrice non coniugata. La Corte Edu ha accertato la violazione dell'art. 8 della Convenzione e ricordato che il rifiuto di concedere l'exequatur della sentenza straniera di adozione piena rappresenta «un'interferenza con il diritto al rispetto della vita familiare (...) e tale ingerenza, per non costituire una violazione dell'art. 8 Cedu deve essere prevista dalla legge, perseguire uno o piu' scopi legittimi tra quelli previsti dal secondo comma dell'art. 8 ed essere necessaria in una societa' democratica per il raggiungimento degli stessi». La sentenza della Corte di Strasburgo in commento indica dunque una soluzione precisa e lo fa con chiarezza. Si differenziano innanzitutto i casi in cui si discute di autorizzazione all'adozione da quelli in cui si chiede il riconoscimento di una sentenza di adozione gia' esecutiva in un altro Stato. In questi ultimi casi, secondo i giudici europei, quando si sia gia' formata di fatto una famiglia, e' inammissibile un rigetto della richiesta di exequatur che contrasti con l'interesse del minore nel caso concreto. Per tutti i profili sin qui esposti, il Tribunale per i Minorenni di Bologna giudica necessario sollevare questione di legittimita' costituzionale degli artt. 35, 36 legge n. 184/1983 nella parte in cui - come interpretati secondo Diritto vivente - non consentono al giudice di valutare, nel caso concreto, se risponda all'interesse del minore adottato, il riconoscimento della sentenza straniera che abbia pronunciato la sua adozione in favore del coniuge del genitore, a prescindere dal fatto che il matrimonio del caso abbia prodotto effetti in Italia (come per la fattispecie del matrimonio tra persone dello stesso sesso). Al riguardo, Osserva quanto segue 1. In punto di rilevanza, la questione e' da considerarsi senz'altro rilevante. In assenza della pronuncia di incostituzionalita', al Tribunale adito verrebbe precluso non gia' la possibilita' ma il dovere di valutare, in concreto e in applicazione dei principi generali che informano tutta la legge sulle adozioni, la sussistenza del superiore interesse della minore a ottenere il riconoscimento, anche nell'ordinamento italiano, di un vincolo di filiazione gia' regolarmente costituito per un ordinamento giuridico straniero. Inoltre, in assenza di una pronuncia della illustre Corte adita, il ricorso dovrebbe essere rigettato perche' attualmente le norme impugnate precludono al Tribunale di riconoscere la decisione adottiva straniera, pronunciata in favore di persona unita dal genitore biologico del minore adottato, da matrimonio same-sex. 2. In punto di ammissibilita' della questione, una interpretazione adeguatrice risulta infruttuosa. E' noto a questo Tribunale che tra i diversi significati giuridici astrattamente possibili il Giudice deve selezionare quello che sia conforme alla Costituzione; il sospetto di illegittimita' costituzionale, infatti, e' legittimo solo allorquando nessuno dei significati, che e' possibile estrapolare dalla disposizione normativa, si sottragga alle censure di incostituzionalita' (Corte cost., 12 marzo 1999, n. 65 in Cons. Stato, 1999, II, 366). Tuttavia, nel caso di specie, una lettura differente da quella consolidata nel tempo e' impossibile, poiche' le norme di cui si discute sono state ripetutamente oggetto di interventi della Suprema Corte che ne ha, per tal modo, consolidato l'univoco significato nel tempo. 3. Nel merito le disposizioni impugnate sono sospettate di incostituzionalita' per violazione degli artt. 2, 3, 30 e 117 della Carta costituzionale, per tutti i motivi sopra esposti; quanto all'art. 117 cit., sub specie di violazione dell'art. 8 Cedu come norma interposta, in particolare perche' il rifiuto di concedere il riconoscimento della sentenza straniera di adozione, senza aver previamente potuto valutare in concreto la sussistenza del superiore interesse del minore, e' una palese violazione delle disposizioni contenute nella stessa Cedu. 4. Norme violate e petitum. Per quanto sin qui osservato, si sospetta la illegittimita' costituzionale degli artt. 35, 36 della legge n. 184/1983 nella parte in cui - come interpretati secondo Diritto vivente - non consentono al giudice di valutare, nel caso concreto, se risponda all'interesse del minore adottato (all'estero), il riconoscimento della sentenza straniera che abbia pronunciato la sua adozione in favore del coniuge del genitore, a prescindere dal fatto che il matrimonio stesso abbia prodotto effetti in Italia (come per la fattispecie del matrimonio tra persone dello stesso sesso). Alla luce di tutte le considerazioni svolte, il Tribunale per i Minorenni di Bologna;
P.Q.M. Visti gli artt. 134 Cost., 23 legge 11 marzo 1953 n. 87. Ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 35, 36 della legge n. 184/1983 nella parte in cui - come interpretati secondo diritto vivente - non consentono al giudice di valutare, nel caso concreto, se risponda all'interesse del minore adottato (all'estero), il riconoscimento della sentenza straniera che abbia pronunciato la sua adozione in favore del coniuge del genitore, a prescindere dal fatto che il matrimonio stesso abbia prodotto effetti in Italia (come per la fattispecie del matrimonio tra persone dello stesso sesso). Sospende il giudizio e dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, unitamente alla prova delle comunicazioni e notificazioni previste a seguire. Ordina che, a cura della Cancelleria, la presente ordinanza venga notificata alle parti del processo, al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Cosi' deciso in Bologna, 6 novembre 2014 Il Presidente est: Spadaro