N. 259 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 novembre 2014

Ordinanza del 10 novembre 2014 emessa dal Tribunale per  i  minorenni
di Bologna sul ricorso proposto da B.E.M.. 
 
Adozione e affidamento -  Riconoscimento  in  Italia  della  sentenza
  straniera che ha pronunciato l'adozione del minore  in  favore  del
  coniuge del genitore - Fattispecie relativa a unione omogenitoriale
  fra adottante e genitore biologico confluita in matrimonio same-sex
  celebrato all'estero - Possibilita' per il giudice di valutare, nel
  caso concreto, se  il  riconoscimento  risponda  all'interesse  del
  minore, "a prescindere dal fatto  che  il  matrimonio  [non]  abbia
  prodotto effetti in Italia (come per la fattispecie del  matrimonio
  tra  persone   dello   stesso   sesso)"   -   Esclusione,   secondo
  l'interpretazione  conformata  al  diritto  vivente  -   Sacrificio
  assoluto  e  incondizionato  della  possibilita'  che  la  famiglia
  formatasi all'estero continui ad essere "famiglia" anche in  Italia
  - Violazione del diritto  alla  "vita  familiare"  garantito  dalla
  Convenzione per la salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  (CEDU)  -
  Difetto di proporzionalita' e adeguatezza delle norme  censurate  -
  Contrasto con il principio internazionale ed  europeo  secondo  cui
  ogni atto riguardante un  minore  deve  conformarsi  al  preminente
  interesse  del  minore  stesso  -  Violazione  del   principio   di
  ragionevolezza e del  diritto  fondamentale  del  fanciullo  a  una
  famiglia. 
- Legge 4 maggio 1983, n. 184, artt. 35 e 36. 
- Costituzione, artt. 2, 3,  30  e  117;  CEDU  (Convenzione  per  la
  salvaguardia dei diritti dell'uomo), art. 8 (e art. 14); Corte EDU,
  decisioni X e altri c. Austria del 19 febbraio  2013  e  Wagner  c.
  Lussemburgo del 28 settembre  2007;  Convenzione  sui  diritti  del
  fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989, ratificata e  resa
  esecutiva con legge 27 maggio  1991,  n.  176,  art.  3,  comma  1;
  Convenzione  europea  sull'esercizio  dei  diritti  del  fanciullo,
  adottata dal Consiglio d'Europa a Strasburgo il  25  gennaio  1996,
  ratificata e resa esecutiva con legge 20 marzo 2003, n.  77;  Carta
  dei diritti fondamentali dell'Unione Europea (Carta di Nizza) del 7
  dicembre 2000, adottata a Strasburgo il 12 dicembre 2007, art.  24,
  commi secondo e terzo. 
(GU n.4 del 28-1-2015 )
 
                TRIBUNALE PER I MINORENNI DI BOLOGNA 
 
    Il  Tribunale  per  i  Minorenni  di  Bologna,  in   composizione
collegiale e cosi' composto: 
        Dr. Giuseppe Spadaro - Presidente rel.; 
        Dr. Elisabetta Tarozzi - Giudice; 
        Dr. Maria Clede Garavini - Giudice onorario; 
        Dr. Daniele Stumpo - Giudice onorario; 
    Riunito in Camera di Consiglio  in  data  6  novembre  2014,  nel
procedimento iscritto al n. 72 dell'anno 2014, instaurato  da  B.  E.
M., nata a Kingston (New York, USA), il 20 maggio 1961, rappresentata
e difesa dall'Avv. Claudio Pezzi; 
    Ha pronunciato la seguente ordinanza (artt. 134 Cost.,  23  legge
11 marzo 1953 n. 87) avente ad oggetto: ricorso ex art. 41, comma II,
legge n. 218/1995, per il riconoscimento della sentenza straniera  di
adozione General Judgment of Adoption n. 0310-71486 del Tribunale  di
Prima Istanza dello Stato  dell'Oregon,  Contea  di  Multnomah,  USA,
pronunciata in  data  22  gennaio  2004,  con  la  quale  si  dispone
l'adozione piena della minore J. B. S. E. (nata a Portland, USA, il 4
ottobre 2003, cittadina americana), in favore della ricorrente e  con
mantenimento della responsabilita' genitoriale congiunta  alla  madre
biologica J. E. A. 
 
                              In fatto 
 
    1. Sul processo. 
    E. M. B.  presentava  ricorso  in  data  26  marzo  2014  per  il
riconoscimento della sentenza straniera di adozione General  Judgment
of Adoption n. 0310-71486 del Tribunale di Prima Istanza dello  Stato
dell'Oregon, Contea di Multnomah, USA, pronunciata in data 22 gennaio
2004, con la quale si disponeva l'adozione piena della minore  J.  B.
S.  E.,  in  favore  della  ricorrente  e  con   mantenimento   della
responsabilita' genitoriale congiunta alla madre biologica J. E. A. A
sostegno della richiesta produceva: la copia autentica della sentenza
del  Tribunale  dell'Oregon,  munita  di   apostille   e   traduzione
consolare; la copia autentica del certificato di nascita di S. E.  J.
B., con apostille e traduzione; la  copia  autentica  del  matrimonio
contratto da E. B. e E. J. con apostille e  traduzione.  Il  Pubblico
Ministero  riteneva  necessario  acquisire  informazioni  sul  nucleo
familiare  e  rassegnava  in  tal  senso  le  Sue  conclusioni,   con
provvedimento del 17 aprile 2014. Con decreto  del  26  maggio  2014,
venivano convocate dinanzi a questo Tribunale, per poterne  acquisire
l'audizione,  la  ricorrente  nonche'  la  J.  e  la  minore  S.   E.
L'audizione veniva svolta in data 4 giugno 2014. La ricorrente (B.) e
la J. confermavano di avere contratto matrimonio negli Stati Uniti  e
riferivano che la minore (figlia della J., adottata in America  dalla
B.) aveva avuto la nonna materna (deceduta) in Aosta, e quivi  ancora
aveva i famigliari. In sede di audizione emergeva che: le  due  mogli
(B. e J.) convivevano da 20 anni e avevano contratto  matrimonio  nel
2013 dopo un periodo  di  domestic  partnership  iniziato  nel  2008;
ognuna delle due aveva partorito un figlio; la ricorrente, un maschio
(A.); la J. una femmina (S.  E.);  in  entrambi  i  casi,  gravidanza
portata a termine a seguito di inseminazione artificiale da  donatore
anonimo; ognuna delle due aveva adottato, in  America,  il  figlio/la
figlia dell'altra; si erano trasferite in  Italia  da  settembre.  La
minore sentita dichiarava: «queste due signore  sono  le  mie  mamme.
Sono tutte e due buone e severe. Gioco con tutte e due».  Aggiungeva:
«se il Tribunale non dovesse accettare la  mia  richiesta  di  essere
adottata anche in Italia da mamma E. sarebbe un peccato perche' avrei
molto dispiacere  per  il  fatto  di  non  essere  riconosciuta  come
italiana». Conclusa l'istruttoria, il P.M. esprimeva parere contrario
al ricorso, con provvedimento del 23 settembre 2014. Secondo  il  PM,
la domanda non poteva trovare accoglimento:  l'ordinamento  giuridico
interno prevedeva l'adozione del figlio del coniuge solo in  presenza
di un matrimonio riconosciuto dalla legge italiana (art. 44 lett.  B,
legge n. 184/1983), quale non doveva ritenersi fosse  quello  oggetto
di lite (celebrato da due sponsali di sesso femminile all'estero). Il
Tribunale riservava la decisione. 
    2. Sulla ricostruzione dei fatti 
    Vanno svolte premesse preliminari in ordine allo sfondo  fattuale
e storico che assiste la domanda di Giustizia. S. E.  J.  B  .  e'  -
anche agli effetti della legge italiana - figlia biologica di  J.  E.
A., J. E. A. - agli effetti della legge americana - e' coniuge di  E.
M. B. , E.M.B. - agli  effetti  della  legge  americana  -  e'  madre
adottiva di S. J. B. (11 anni compiuti). Il legame genitoriale tra la
B. e  S.  trae  linfa  da  un  provvedimento  di  adozione  formatosi
all'estero, in uno Stato in cui  e'  consentito  al  coniuge  di  una
famiglia  omogenitoriale,  di  adottare   il   figlio   del   partner
(possibilita', in tempi recenti, ammessa  con  riguardo  all'art.  44
comma I, lett. d, da Trib. Minorenni Roma, sentenza 30 giugno 2014 n.
299, est. C. Cavallo). S. e' nata dalla J. - in data 4 ottobre 2003 -
a seguito di inseminazione artificiale allorche' la  J.  stessa  gia'
conviveva con la B., la minore e', cioe',  nata  nell'ambito  di  uno
specifico progetto di genitorialita' delle  due  madri  (biologica  e
adottiva). Subito dopo la nascita, la B.  ha  presentato  domanda  di
adozione di  S.  il  Tribunale  adito  (Trib.  Oregon)  ha  accertato
l'idoneita'  della  richiedente  a  svolgere  il  ruolo  di  madre  e
l'idoneita' del nucleo familiare ad ospitare la bambina; ha,  quindi,
statuito l'adozione con sentenza di adozione  n.  0310-71486  del  22
gennaio 2004. Stesse circostanze si sono  registrate  per  il  figlio
della B. (A. R. B., nato da inseminazione artificiale  a  giugno  del
2004 e adottato dalla J.). Il procedimento adottivo si e' svolto  con
piene connotazioni giurisdizionali, dinanzi ad Autorita' giudiziaria,
secondo norme deputate a garantire il primario interesse  del  minore
(v. sentenza straniera in atti). In data 6 giugno 2013,  nello  stato
di Washington, la B. e la J.;  hanno  contratto  matrimonio  ad  ogni
effetto della  legge  americana.  Il  27  marzo  2013,  il  Consolato
Generale d'Italia con sede a San Francisco ha attestato  che  la  B.,
cittadina statunitense, e' anche cittadina italiana per  discendenza.
L'intero nucleo familiare ha, oggi, residenza in Bologna.  La  moglie
della ricorrente gode di permesso di  soggiorno  europeo,  rilasciato
dalla Questura di Bologna nel 2013, per motivi familiari. 
    Con il ricorso  introduttivo  del  procedimento,  la  B.  non  ha
presentato domanda finalizzata ad ottenere  l'adozione  della  figlia
biologica del proprio coniuge (poiche' l'adozione e' gia' intervenuta
in America) ma ha richiesto - anche in nome della figlia  adottata  -
il riconoscimento - in Italia -  del  provvedimento  statunitense  di
adozione della minore  S.  E.  J.  B.  Al  momento  del  ricorso,  e'
dimostrato che la ricorrente e  sua  moglie  hanno  convissuto  nello
Stato in cui e' stata pronunciata l'adozione, da ben oltre due  anni,
con  effettiva  residenza  anagrafica,  prima  del  trasferimento  in
Italia. A fini del controllo giudiziale riservato a questo Tribunale,
sussistono tutti i presupposti (in astratto)  per  il  riconoscimento
della sentenza: l'adozione,  pero',  e'  germinata  da  una  famiglia
omogenitoriale. 
 
                             In diritto 
 
    I provvedimenti di adozione formati in America sono riconoscibili
in Italia ai sensi dell'art. 41 della legge 31 maggio 1995 n. 218  e,
pertanto: 1) si applicano gli articoli 64, 65  e  66  della  medesima
legge; 2) restano, pero', ferme le disposizioni delle leggi  speciali
in materia di adozione dei minori (in primis, artt. 35, 36  legge  n.
184/1983).  Quanto  al  primo  aspetto,  nel  caso  di  specie   sono
soddisfatte  tutte  le  condizioni   di   carattere   procedurale   e
processuale in genere, tenuto conto del procedimento  giurisdizionale
perfezionatosi in America,  secondo  legalita'  e  sulla  base  della
competenza dell'Autorita' adita (v. rilievi gia' svolti al riguardo).
Tuttavia, la riconoscibilita' del provvedimento straniero  che,  come
nel caso di specie, dia luogo alla nascita di  rapporti  di  famiglia
richiede che questo non  sia  nella  sostanza  «contrario  all'ordine
pubblico interno». Quanto al secondo aspetto - che si lega all'ultimo
rilievo svolto - l'adozione perfezionatasi all'estero (con  specifico
riguardo al caso di  specie:  Stato  dell'Oregon,  USA)  puo'  essere
dichiarata efficace in Italia a condizione che risponda ai  requisiti
previsti dalla normativa interna (artt. 35,  36  comma  IV  legge  n.
184/1983), su intervento dell'Autorita' giudiziaria. Si pone, allora,
il  problema  di  verificare  se  l'adozione  da  parte  di  genitore
omosessuale possa ritenersi satisfattivo delle richieste della  legge
interna, in conformita' all'ordine pubblico.  Giova  premettere  che,
certamente, il minore puo' essere adottato dal coniuge  del  genitore
(art. 44 lett. b). Tuttavia, sulla scorta della lettura (in combinato
disposto) degli artt. 41 legge n. 218/95 e 44 legge n.  184/83  -  da
ritenersi prevalente  e  maggioritaria,  di  fatto  corrispondente  a
«diritto vivente» - si esclude che un minore possa essere adottato da
persona che sia coniuge del genitore  nell'ambito  di  un  matrimonio
same-sex contratto all'estero. Si afferma  che  «l'adozione  in  casi
particolari prevista dalla lett. b) dell'art.  44  l.  adoz.  non  e'
certamente applicabile agli omosessuali per difetto del requisito del
rapporto di coniugio tra genitore naturale e adottante»  («naturale»,
leggasi: biologico). Si richiama il criterio della imitatio  naturae.
In altri termini, per semplificare nel caso di specie, la  donna  non
potrebbe  adottare  la  figlia  di  sua  moglie.  Queste  conclusioni
traggono  linfa   dalla   necessaria   diversita'   dei   sessi   che
costituirebbe il presupposto  implicito  -  e  inderogabile  -  della
disciplina  adottiva;  principio  cosi'  cogente  da  dovere   essere
collocato nell'ambito di quelli che si connotano  per  partecipazione
all'area semantica dell'Ordine  pubblico  interno.  Ritenendo  questa
regola da collocare nell'ambito di quelle irremovibili,  ne  consegue
che l'atto di cui si richiede il  riconoscimento  non  puo'  produrre
effetti in Italia: poiche' in America ha  adottato  una  persona  che
coniuge non puo' ritenersi ai fini della  legge  italiana  e  poiche'
comunque si tratta di adozione  fuori  dall'ambito  di  una  famiglia
matrimoniale. Come e' emerso, il  problema  giuridico  che  si  pone,
quindi, riguarda gli  status  familiari  costituiti  all'estero.  Con
specifico riferimento al caso di specie, come ha scritto  di  recente
la  dottrina  proprio  sul  tema,   «l'unico   ostacolo   all'accesso
all'adozione e', di fatto, lo sbarramento  all'istituto  matrimoniale
che i gay e le lesbiche ancora subiscono». 
    Questa lettura, cosi' sinteticamente illustrata, costituisce come
noto l'approdo di un  «diritto  vivente»,  formatosi  in  calce  alla
lettura degli artt. 35 e 36 l. ad. Secondo l'indirizzo costante della
Suprema Corte (v. Cass. Civ., sez. I, 14 febbraio 2011 n. 3572),  «in
tema di adozione, la disposizione di cui all'art. 36,  quarto  comma,
della legge 4 maggio 1993, n. 184  (nel  testo  sostituito  ad  opera
dell'art. 3 della legge 31 dicembre  1998,  n.  476)  -  secondo  cui
l'adozione pronunciata all'estero su istanza  di  cittadini  italiani
che dimostrino, al  momento  della  pronuncia,  di  aver  soggiornato
continuativamente nel Paese straniero e di avervi avuto la  residenza
da almeno due anni, viene riconosciuta ad ogni effetto in Italia  con
provvedimento del tribunale per  i  minorenni  -  non  ha  introdotto
alcuna deroga al principio generale  enunciato  nell'art.  35,  terzo
comma, della legge n. 184  del  1983  citata,  secondo  il  quale  la
trascrizione nei registri dello stato civile  italiano  dell'adozione
di un minore pronunciata all'estero non  puo'  avere  mai  luogo  ove
«contraria ai principi  fondamentali  che  regolano  nello  Stato  il
diritto di famiglia e dei minori». Tra questi  principi  v'e'  quello
secondo cui  l'adozione  e'  consentita  solo  «a  coniugi  uniti  in
matrimonio», ai sensi dell'art. 6 della legge n. 184 del 1983». 
    Questo orientamento oggi desta perplessita',  se  applicato  allo
specifico  caso  di  specie:  genitori  con  ventennale   convivenza,
confluita in matrimonio regolarmente celebrato all'estero, in cui  il
coniuge del genitore ha adottato il figlio di quest'ultimo. 
    Il matrimonio celebrato all'estero tra persone  di  sesso  uguale
non e' piu' considerabile  come  contrario  all'ordine  pubblico:  la
concezione  secondo  cui  la  diversita'  di  sesso  dei  nubendi  e'
presupposto indispensabile, per cosi' dire naturalistico della stessa
esistenza del matrimonio non e' piu'  condivisibile,  alla  luce  del
mutato quadro sociale ed europeo. Il  matrimonio  same-sex,  infatti,
non e' inesistente ma improduttivo di effetti giuridici in Italia per
l'assenza di una specifica legge (Cass. Civ.,  sez.  I,  sentenza  15
marzo 2012 n. 4184, Pres. Luccioli, rel. Di Palma). Cio' discende dal
fatto che la  coppia  formata  da  persone  dello  stesso  sesso  e',
comunque, da considerare come «famiglia»  (CEDU,  Schalk  &  Kopf  v.
Austria; piu' di recente, v. Corte EDU 19 febbraio 2013,  X  e  altri
c/Austria,  c.  19010/07)  e  rientra  nell'ambito  delle  formazioni
sociali presidiate dall'art.  2  della  Carta  costituzionale  (Corte
Cost., 11 giugno 2014 n. 170). A ben vedere, si «sgretola» allora uno
dei principali motivi che ostava al riconoscimento, in Italia, di  un
legame familiare tra un minore e due  genitori  omosessuali:  che  il
rapporto tra i medesimi urtasse  contro  l'ordine  pubblico  interno.
Cosi' piu' non e' e certo  non  potra'  piu'  essere.  Il  matrimonio
same-sex e' semplicemente inefficace in Italia ma non inesistente. 
    Cio' detto,  la  disciplina  in  considerazione,  in  materia  di
riconoscimento    dell'adozione    perfezionatasi    all'estero,    e
limitatamente a tale profilo (il solo qui rilevante),  sembra  allora
presentare almeno due profili di censura, sotto la lente dei principi
costituzionali:  in  primis,  nella  parte  in  cui,  per   la   sola
omosessualita' dei genitori, ostacola in modo assoluto alla  famiglia
formatasi all'estero, di continuare ad  essere  «famiglia»  anche  in
Italia (impedendo che  la  decisione  straniera  produca  effetti  in
Italia). E' noto che la Corte delle Leggi ha avuto modo di  affermare
che «nell'ambito applicativo dell'art. 2 Cost., spetta al Parlamento,
nell'esercizio della sua piena discrezionalita', individuare le forme
di garanzia e di riconoscimento  per  le  unioni  omosessuali»:  cio'
tuttavia non toglie che resta, pero', comunque, «riservata alla Corte
costituzionale la possibilita' di intervenire a tutela di  specifiche
situazioni», nel quadro  di  un  controllo  di  ragionevolezza  della
rispettiva disciplina (Corte cost., 15 aprile 2010 n.  138).  Ebbene,
pare innegabile che la condizione dei  coniugi  di  stesso  sesso,  i
quali  -  dopo  la  formazione  di  una  famiglia  «in  modo  legale»
all'estero - intendano proseguire nella loro vita di coppia, pur dopo
il trasferimento in Italia, sia riconducibile a quella  categoria  di
situazioni «specifiche» e «particolari» di coppie dello stesso sesso,
con riguardo alle quali ricorrono i  presupposti  per  un  intervento
della  Corte  costituzionale  per  il  profilo  di  un  controllo  di
adeguatezza  e  proporzionalita'  della   disciplina   adottata   dal
legislatore. La fattispecie peculiare che viene qui in considerazione
coinvolge, infatti,  da  un  lato,  l'interesse  dello  Stato  a  non
modificare il modello eterosessuale del matrimonio (e della famiglia)
e, dall'altro lato, l'interesse della  coppia  omogenitoriale  a  che
l'unione dei  membri  della  famiglia  non  sia  cancellata  in  modo
completo e irreversibile con il sacrificio integrale della dimensione
giuridica preesistente (nel caso di specie, ventennale). La normativa
risolve un tale contrasto di interessi in termini di tutela esclusiva
di quello statuale disgregando in modo  incondizionato  cio'  che  la
famiglia ha costruito in oltre vent'anni di unione. In questa  misura
di reazione legislativa, a parere del Tribunale si registra un vulnus
al precetto dell'art.  2  Cost.  e  dell'art.  3  Cost. E'  opportuno
precisare che qui non viene  in  considerazione  il  differente  caso
della trascrizione del matrimonio omosessuale in Italia:  lo  sguardo
dell'interprete, in questa ipotesi, non e'  rivolto  al  rapporto  di
coniugio e all'interesse dei partners, ma e'  diretto  esclusivamente
al  rapporto  genitoriale  e  all'interesse  preminente  del  minore.
Nemmeno viene in  rilievo  la  creazione  ab  interno  di  un  legame
familiare tra un minore e una coppia  omogenitoriale:  si  tratta  di
valutare se, a determinate condizioni,  possa  essere  valutata  come
riconoscibile quella che ab  externo  si  e'  gia'  formata,  per  il
limitato caso in cui uno dei genitori sia gia', senza  alcun  dubbio,
genitore del minore (il coniuge dell'adottante). 
    E qui  il  secondo  profilo  di  censura.  Il  veto  assoluto  di
riconoscibilita' della decisione straniera cancella in modo  netto  e
irrazionale la possibilita', per il giudice italiano, di condurre  un
vaglio  giudiziale   sull'effettivo   best   interest   del   minore,
vanificando principi di matrice  internazionale  ed  europea.  1)  La
Convenzione sui diritti  del  fanciullo,  fatta  a  New  York  il  20
novembre 1989, ratificata e resa esecutiva in  Italia  con  legge  27
maggio 1991, n. 176, dispone nell'art. 3, primo comma, che «in  tutte
le  decisioni  relative  ai  fanciulli,  di  competenza   sia   delle
istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali,
delle  autorita'   amministrative   o   degli   organi   legislativi,
l'interesse superiore del fanciullo deve  essere  una  considerazione
preminente»; 2) la Convenzione europea sull'esercizio dei diritti dei
fanciulli, adottata dal Consiglio d'Europa a Strasburgo il 25 gennaio
1996, ratificata e resa esecutiva con legge 20 marzo 2003, n. 77, nel
disciplinare il processo decisionale nei procedimenti riguardanti  un
minore,  detta  le  modalita'  cui   l'autorita'   giudiziaria   deve
conformarsi «prima di giungere  a  qualunque  decisione»,  stabilendo
(tra l'altro) che l'autorita'  stessa  deve  acquisire  «informazioni
sufficienti  al  fine  di  prendere  una   decisione   nell'interesse
superiore  del  minore»;  3)  la  Carta  dei   diritti   fondamentali
dell'Unione europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007
a Strasburgo, nell'art. 24, comma secondo, prescrive  che  «in  tutti
gli atti  relativi  ai  minori,  siano  essi  compiuti  da  autorita'
pubbliche o da istituzioni private, l'interesse superiore del  minore
deve essere considerato preminente»; e il comma  terzo  del  medesimo
articolo  aggiunge  che  «il  minore  ha  diritto   di   intrattenere
regolarmente  relazioni  personali  e  contatti  diretti  con  i  due
genitori, salvo qualora cio' sia contrario al suo interesse». 
    Come  si  vede,  nell'ordinamento  internazionale  e'   principio
acquisito che in  ogni  atto  comunque  riguardante  un  minore  deve
tenersi presente il  suo  interesse,  considerato  preminente.  Sono,
dunque,   da   escludere   quegli   automatismi   che   elidono    la
responsabilita' genitoriale senza consentire al giudice di verificare
in che modo debba essere presidiato l'interesse  del  fanciullo  (sul
punto, ad es., cfr. Corte costituzionale, 23 febbraio 2012 n. 31). Ne
consegue che, diversamente ragionando, si perviene  ad  un  risultato
contrario al principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.) e al  diritto
fondamentale del fanciullo a una famiglia (artt. 2,  30,  31  Cost.).
Peraltro, l'impossibilita' di riconoscere il provvedimento  adottivo,
formato all'estero, in favore di famiglia omogenitoriale,  si  palesa
in contrasto con gli artt. 8  e  14  della  Convenzione  Europea  dei
Diritti dell'Uomo (per un  caso,  diverso  ma  che  enuncia  principi
generali validi anche in questa ipotesi: v.  Corte  EDU  19  febbraio
2013, X e altri c/ Austria, c. 19010/07). Per completezza,  pare  che
il parametro (interposto) - di cui all'art. 8 CEDU - possa  ritenersi
vulnerato anche sulla scorta del contenuto precettivo, come  indicato
dalla sentenza della Corte EDU, nel caso Wagner c/  Lussemburgo,  del
28 settembre 2007 (c. 67240/01). Nel caso di specie,  i  giudici  del
Lussemburgo avevano respinto l'exequatur di  una  sentenza  peruviana
che aveva pronunciato l'adozione di una minore in favore di genitrice
non coniugata. La Corte Edu ha accertato la  violazione  dell'art.  8
della Convenzione e ricordato che il rifiuto di concedere l'exequatur
della   sentenza   straniera   di    adozione    piena    rappresenta
«un'interferenza con il diritto  al  rispetto  della  vita  familiare
(...) e tale ingerenza, per non costituire una violazione dell'art. 8
Cedu deve essere prevista dalla legge, perseguire uno  o  piu'  scopi
legittimi tra quelli previsti dal secondo comma dell'art. 8 ed essere
necessaria in una societa' democratica per  il  raggiungimento  degli
stessi». La sentenza della Corte di  Strasburgo  in  commento  indica
dunque una soluzione precisa e lo fa con chiarezza. Si  differenziano
innanzitutto i casi in cui si discute di autorizzazione  all'adozione
da quelli in cui si chiede  il  riconoscimento  di  una  sentenza  di
adozione gia' esecutiva in un altro Stato.  In  questi  ultimi  casi,
secondo i giudici europei, quando si sia gia' formata  di  fatto  una
famiglia, e' inammissibile un rigetto della  richiesta  di  exequatur
che contrasti con l'interesse del minore nel caso concreto. 
    Per tutti i profili sin qui esposti, il Tribunale per i Minorenni
di Bologna giudica necessario  sollevare  questione  di  legittimita'
costituzionale degli artt. 35, 36 legge n. 184/1983  nella  parte  in
cui - come interpretati secondo Diritto vivente - non  consentono  al
giudice di valutare, nel caso concreto, se risponda all'interesse del
minore adottato, il riconoscimento della sentenza straniera che abbia
pronunciato la sua adozione in favore del  coniuge  del  genitore,  a
prescindere dal fatto che  il  matrimonio  del  caso  abbia  prodotto
effetti in Italia (come per la fattispecie del matrimonio tra persone
dello stesso sesso). Al riguardo, 
 
                        Osserva quanto segue 
 
    1. In  punto  di  rilevanza,  la  questione  e'  da  considerarsi
senz'altro    rilevante.    In    assenza    della    pronuncia    di
incostituzionalita', al Tribunale adito verrebbe precluso non gia' la
possibilita' ma il dovere di valutare, in concreto e in  applicazione
dei principi generali che informano tutta la legge sulle adozioni, la
sussistenza del  superiore  interesse  della  minore  a  ottenere  il
riconoscimento, anche nell'ordinamento italiano,  di  un  vincolo  di
filiazione gia' regolarmente costituito per un ordinamento  giuridico
straniero. Inoltre, in assenza di una pronuncia della illustre  Corte
adita, il ricorso dovrebbe essere rigettato  perche'  attualmente  le
norme impugnate precludono al Tribunale di riconoscere  la  decisione
adottiva straniera,  pronunciata  in  favore  di  persona  unita  dal
genitore biologico del minore adottato, da matrimonio same-sex. 
    2.   In   punto   di   ammissibilita'   della   questione,    una
interpretazione adeguatrice risulta  infruttuosa. E'  noto  a  questo
Tribunale che  tra  i  diversi  significati  giuridici  astrattamente
possibili il Giudice deve selezionare quello che  sia  conforme  alla
Costituzione; il sospetto di illegittimita' costituzionale,  infatti,
e'  legittimo  solo  allorquando  nessuno  dei  significati,  che  e'
possibile estrapolare dalla disposizione normativa, si sottragga alle
censure di incostituzionalita' (Corte cost., 12 marzo 1999, n. 65  in
Cons. Stato, 1999, II,  366).  Tuttavia,  nel  caso  di  specie,  una
lettura differente da quella consolidata nel  tempo  e'  impossibile,
poiche' le norme di cui si discute sono state  ripetutamente  oggetto
di  interventi  della  Suprema  Corte  che  ne  ha,  per  tal   modo,
consolidato l'univoco significato nel tempo. 
    3. Nel  merito  le  disposizioni  impugnate  sono  sospettate  di
incostituzionalita' per violazione degli artt. 2, 3, 30 e  117  della
Carta costituzionale,  per  tutti  i  motivi  sopra  esposti;  quanto
all'art. 117 cit., sub specie di violazione  dell'art.  8  Cedu  come
norma interposta, in particolare perche' il rifiuto di  concedere  il
riconoscimento della  sentenza  straniera  di  adozione,  senza  aver
previamente potuto valutare in concreto la sussistenza del  superiore
interesse del minore, e' una  palese  violazione  delle  disposizioni
contenute nella stessa Cedu. 
    4. Norme violate e petitum. Per  quanto  sin  qui  osservato,  si
sospetta la illegittimita' costituzionale degli artt.  35,  36  della
legge n. 184/1983 nella parte in  cui  -  come  interpretati  secondo
Diritto vivente - non consentono al giudice  di  valutare,  nel  caso
concreto, se risponda all'interesse del minore adottato (all'estero),
il riconoscimento della sentenza straniera che abbia  pronunciato  la
sua adozione in favore del coniuge del genitore,  a  prescindere  dal
fatto che il matrimonio stesso abbia prodotto effetti in Italia (come
per la fattispecie del matrimonio tra persone dello stesso sesso). 
    Alla luce di tutte le considerazioni svolte, il Tribunale  per  i
Minorenni di Bologna; 
 
                               P.Q.M. 
 
    Visti gli artt. 134 Cost., 23 legge 11 marzo 1953 n. 87. 
    Ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale  degli  artt.  35,  36  della  legge  n.
184/1983 nella parte in  cui  -  come  interpretati  secondo  diritto
vivente - non consentono al giudice di valutare, nel  caso  concreto,
se  risponda  all'interesse  del  minore  adottato  (all'estero),  il
riconoscimento della sentenza straniera che abbia pronunciato la  sua
adozione in favore del coniuge del genitore, a prescindere dal  fatto
che il matrimonio stesso abbia prodotto effetti in Italia  (come  per
la fattispecie del matrimonio tra persone dello stesso sesso). 
    Sospende il giudizio e  dispone  l'immediata  trasmissione  degli
atti  alla  Corte  costituzionale,  unitamente   alla   prova   delle
comunicazioni e notificazioni previste a seguire. 
    Ordina che, a cura della Cancelleria, la presente ordinanza venga
notificata alle parti del processo, al Presidente del  Consiglio  dei
ministri, nonche' comunicata ai Presidenti della Camera dei  deputati
e del Senato della Repubblica. 
        Cosi' deciso in Bologna, 6 novembre 2014 
 
                     Il Presidente est: Spadaro