N. 260 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 ottobre 2014

Ordinanza  del  28  ottobre  2014  del  Tribunale   di   Torino   nel
procedimento penale a carico di V.G.. 
 
Processo penale - Sospensione del procedimento con messa alla prova -
  Istituto  introdotto  con  la  legge  28  aprile  2014,  n.  67   -
  Preclusione dell'ammissione all'istituto degli imputati di processi
  in  primo  grado,  nei  quali  la  dichiarazione  di  apertura  del
  dibattimento sia stata  effettuata  prima  dell'entrata  in  vigore
  della legge - Assenza  di  una  disciplina  transitoria  analoga  a
  quella  prevista  per   l'applicazione   della   disciplina   della
  sospensione   del   procedimento   penale   nei   confronti   degli
  irreperibili (art. 15-bis, comma 1, della legge n. 67 del  2014)  -
  Ingiustificata disparita' di trattamento - Lesione del  diritto  di
  difesa e del diritto ad un  giusto  processo  -  Contrasto  con  il
  principio di retroattivita' della lex mitior  sancito  dall'art.  7
  della CEDU. 
- Codice di procedura penale, art.  464-bis,  aggiunto  dall'art.  4,
  comma 1, lett. a), della legge 28 aprile 2014, n. 67. 
- Costituzione, artt. 3, 24, 111 e 117,  primo  comma,  in  relazione
  all'art. 7  della  Convenzione  per  la  salvaguardia  dei  diritti
  dell'uomo e delle liberta' fondamentali. 
(GU n.5 del 4-2-2015 )
 
                    TRIBUNALE ORDINARIO DI TORINO 
 
 
                       (Sezione Quinta Penale) 
 
    Il giudice  Alessandra  Salvadori,  ha  pronunciato  la  seguente
ordinanza nella causa penale contro V. G. n. Torino 29.3.1962  dom.to
ex art. 161 c.p.p. c/o avv. Nizza in Torino c.so Vittorio Emanuele II
n. 76 - difeso di fiducia da avv. Nizza Vittorio del foro di  Torino,
imputato "del reato di cui all'art. 483  c.p.  perche'  in  occasione
dell'assemblea straordinaria totalitaria della societa' C. T. Srl  in
qualita' di amministratore dichiarava falsamente  innanzi  al  notaio
Mariatti Giorgio, di modo che ne veniva redatto verbale  destinato  a
provare  i  fatti  ivi  descritti,  essere  presente  o   validamente
rappresentato l'intero capitale sociale, mentre al contrario il socio
di maggioranza  P.  O.  ne'  era  presente  all'assemblea  ne'  aveva
rilasciato mandato ad essere rappresentato. In Chieri 26.7.2010". 
    V. G. e' stato rinviato a giudizio davanti al Tribunale di Torino
con decreto del PM in data 23.1.2013. 
    Alla prima udienza davanti al Tribunale, tenutasi  il  16.5.2014,
previa dichiarazione di contumacia del V. e costituzione della  parte
civile O. P. con l'avv. Carlo Mussa, veniva aperto il dibattimento ed
il giudice ammetteva le prove richieste dalle parti. 
    Alla successiva udienza del  26.5.2014  l'imputato  personalmente
formulava richiesta di sospensione del procedimento  con  messa  alla
prova, il difensore, chiedeva un rinvio  finalizzato  a  formalizzare
una proposta risarcitoria e, per superare la preclusione  processuale
determinata dall'intervenuta apertura del  dibattimento,  sollecitava
l'applicazione dell'art. 175 c.p.p. 
    All'udienza del 18.9.2014 la difesa depositava  documentazione  a
supporto della richiesta di  sospensione  con  messa  alla  prova  ed
insisteva per l'accoglimento della stessa prospettando - nell'ipotesi
in  cui  il  giudice  non  avesse  ritenuto  possibile  superare   la
preclusione  processuale  in  via  interpretativa  -  "questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 4 legge 28.4.2014 n.  67  nella
parte in cui non prevede  l'applicabilita'  della  messa  alla  prova
anche ai procedimenti pendenti alla data di entrata in  vigore  della
nuova  legge"  per  contrasto  con  gli  artt.  3,  117  e  24  della
Costituzione,  diffusamente  illustrata  nella  memoria  scritta  che
depositava. 
    Il  difensore  dubita  della  legittimita'  costituzionale  della
disciplina intertemporale relativa alla sospensione  con  messa  alla
prova applicabile ai processi in corso pendenti  in  primo  grado  al
momento dell'entrata in vigore della legge 67/2014. 
    La questione, nei  termini  meglio  di  seguito  specificati,  e'
rilevante ai fini della presente decisione e  non  e'  manifestamente
infondata. 
 
                              Rilevanza 
 
    Dal capo di imputazione, dagli atti contenuti nel  fascicolo  del
dibattimento,  dalla   costituzione   di   parte   civile   e   dalla
documentazione prodotta dalla difesa a sostegno  della  richiesta  di
sospensione con messa alla prova emerge la  ricorrenza  nel  caso  di
specie  di  tutti  i   presupposti   oggettivi   e   soggettivi   che
consentirebbero l'ammissione dell'imputato alla messa alla prova. 
    Ed invero. 
    La fattispecie  di  cui  all'art.  483  c.p.  e'  punita  con  la
reclusione fino a due anni e, quindi, con pena massima  inferiore  ai
limiti di cui all'art. 168-bis co. 1 c.p. (pena  edittale  detentiva,
sola, congiunta o alternativa, non superiore nel  massimo  a  quattro
anni). 
    Sono assenti le condizioni ostative  previste  dall'art.  168-bis
commi 4 e 5 c.p., non avendo l'imputato mai fruito prima della  messa
alla prova e non ricorrendo alcuno dei casi previsti  dagli  articoli
102, 103, 104, 105 e 108 c.p. 
    Il caso concreto, sulla base di quanto contestato  e  degli  atti
presenti nel fascicolo, appare di modesta gravita' in quanto relativo
ad una dichiarazione resa in occasione di un'assemblea  straordinaria
della  societa'  di  cui  l'imputato  era   amministratore,   nonche'
esclusivo proprietario delle quote sociali fiduciariamente  intestate
alla p.o. 
    L'imputato ha formulato un'offerta risarcitoria ed ha  presentato
richiesta di elaborazione all'UEPE del programma con dichiarazione di
disponibilita' a sottoporsi alle prescrizioni imposte e  svolgere  un
lavoro di pubblica utilita'. 
    Tutto quanto premesso, unitamente  all'epoca  del  fatto  e  alla
personalita'  dell'istante,  desumibile  dai  non  gravi   precedenti
penali,  riconducibili   perlopiu'   se   non   esclusivamente   allo
svolgimento  di  un'attivita'  imprenditoriale  ormai   cessata,   fa
ritenere che il V. si sia aperto ad una rivalutazione critica sul suo
passato e che, pertanto, si  atterra'  al  programma  astenendosi  in
futuro dal commettere ulteriori reati. 
    Non ricorrono, allo stato, le condizioni per la pronuncia di  una
sentenza ex art. 129 c.p.p. 
    L'unico ostacolo all'ammissione dell'imputato  e'  rappresentata,
dunque, dalla preclusione processuale stabilita dall'art. 464-bis co.
2 c.p.p. 
    Come gia' accennato, la richiesta di sospensione del procedimento
con messa alla prova e' stata formulata dall'imputato successivamente
alla dichiarazione di apertura del dibattimento  di  primo  grado  e,
pertanto, oltre il termine stabilito dalla legge. 
    Per la esatta comprensione del caso concreto va tenuto conto  che
la dichiarazione di apertura del  dibattimento  era,  alla  data  del
17.5.2014, allorche' e' entrata in  vigore  la  legge  67/2014,  gia'
intervenuta, e che la richiesta di sospensione del  procedimento  con
messa alla prova e' stata formulata dall'imputato alla prima  udienza
successiva all'introduzione del nuovo istituto. 
    Evidente, pertanto, la decisiva  rilevanza  nel  caso  di  specie
dello sbarramento processuale di cui all'art. 464-bis  co.  2  c.p.p.
poiche' la possibilita' dell'imputato  di  conseguire,  previo  esito
positivo della messa alla prova, la dichiarazione di  estinzione  del
reato per cui si procede e' direttamente collegata al superamento  di
tale preclusione. 
    In relazione a tale profilo si osserva. 
 
                  Assenza di disciplina transitoria 
 
    La legge 28.4.2014 n. 67, pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  -
serie generale n. 100 del 2.5.2014 ed in vigore  dal  17.5.2014  (che
prevede al capo I deleghe al Governo in materia di pene detentive non
carcerarie e di riforma della disciplina del  sistema  sanzionatorio;
al capo II disposizioni in materia di  sospensione  del  procedimento
con messa  alla  prova;  al  capo  III  disposizioni  in  materia  di
sospensione del  procedimento  nei  confronti  di  irreperibili)  non
conteneva alcuna disciplina transitoria. 
    Con legge 11 agosto 2014, n. 118 nel  capo  III  della  legge  28
aprile 2014, n. 67 e' stato aggiunto l'art. 15-bis concernente  norme
transitorie  per   l'applicazione   della   sola   disciplina   della
sospensione del procedimento penale nei confronti degli  irreperibili
che  cosi'  recita  "«Art.  15-bis  (Norme  transitorie).  -  1.   Le
disposizioni di cui al presente capo si applicano ai procedimenti  in
corso alla  data  di  entrata  in  vigore  della  presente  legge,  a
condizione che nei medesimi procedimenti non sia stato pronunciato il
dispositivo della sentenza di primo grado. 
    2. In deroga a quanto  previsto  dal  comma  1,  le  disposizioni
vigenti prima della data di entrata in vigore  della  presente  legge
continuano ad applicarsi  ai  procedimenti  in  corso  alla  data  di
entrata in vigore della presente legge  quando  l'imputato  e'  stato
dichiarato  contumace  e  non  e'  stato   emesso   il   decreto   di
irreperibilita'». 
    Ad oggi, non e' stata prevista alcuna disciplina transitoria  con
riferimento alla sospensione del procedimento con messa alla prova. 
    L'assenza di una disciplina transitoria per  la  sospensione  del
procedimento con  messa  alla  prova  comporta  la  mancanza  di  una
normativa specifica diretta a regolare i procedimenti  per  i  quali,
prima dell'entrata in vigore della  legge,  siano  gia'  maturate  le
preclusioni processuali di cui all'art. 464-bis c.p.p. 
    Tale lacuna differenzia l'intervento in esame da riforme analoghe
intervenute in passato  (si  pensi  all'art.  30  co.  2  del  d.lgs.
28.7.1989 n. 272  relative  alla  messa  alla  prova  degli  imputati
minorenni; all'art. 64 del d.lgs 28.8.2000 n.  274  sulla  competenza
del Giudice di Pace; all'art. 4-ter del d.l. 7.4.2000 n. 82  in  tema
di giudizio abbreviato; nonche' alla legge 12.6.2003 n. 134  in  tema
di  patteggiamento  allargato,  in  relazione  alla  quale  la  Corte
costituzionale, con sentenza n. 445 del  22.11.2006,  nel  dichiarare
manifestamente  infondata  la  questione  sollevata  in   ordine   al
contrasto della disciplina transitoria con i principi di  uguaglianza
e ragionevole durata del processo, ha rilevato come la  richiesta  di
patteggiamento debba ritenersi una modalita' di esercizio del diritto
di difesa  di  cui  all'art.  24  Cost.),  nonche'  dalla  disciplina
prevista dalla gia' citata legge 11 agosto 2014 n. 118 per l'istituto
- contestualmente introdotto - della sospensione del procedimento nei
confronti degli irreperibili. 
 
   Impossibilita' di superare la preclusione in via interpretativa 
 
    Come gia' rilevato, la  legge  67/2014  per  la  sospensione  del
procedimento con messa alla prova  -  ha  fissato  all'art.  464-bis,
comma 2 c.p.p. precisi termini processuali: "La richiesta puo' essere
proposta, oralmente o per iscritto, fino a che non siano formulate le
conclusioni  a  norma  degli  articoli  421  e  422   o   fino   alla
dichiarazione  di  apertura  del  dibattimento  di  primo  grado  nel
giudizio direttissimo e  nel  procedimento  di  citazione  diretta  a
giudizio. Se e' stato notificato il decreto di giudizio immediato, la
richiesta e' formulata entro il termine  e  con  le  forme  stabiliti
dall'art. 458, comma 1. Nel procedimento per decreto, la richiesta e'
presentata con l'atto di opposizione". 
    Sulla base  della  norma  appena  citata  il  discrimine  risulta
delimitato in modo unitario per tutti i procedimenti e processi (gia'
pendenti o successivi al momento dell'entrata in vigore  della  nuova
legge)  e  coincidente,  per   la   fase   dibattimentale,   con   la
dichiarazione di apertura del dibattimento. 
    Il gia' citato disposto dell'art. 464-bis, comma  2,  c.p.p.,  e'
assolutamente  preciso  nel  fissare  i  limiti  entro  in  quali  e'
possibile  formulare  la  richiesta  di  messa  alla   prova   -   la
dichiarazione di apertura del dibattimento per il caso che ci  occupa
-  e,  conseguentemente,  non  consente  il  superamento   di   dette
preclusioni in via interpretativa mediante una  diretta  applicazione
del generale principio di cui all'art. 2 c.p. 
    Altrettanto palese la volonta' del legislatore - ribadita nel non
aver predisposto per le norme di cui al capo II della  legge  67/2014
una norma transitoria, neppure contestualmente alla previsione di una
normativa transitoria relativa alla disciplina di cui al capo  III  -
di non voler differenziare la  disciplina  tra  processi  pendenti  e
processi nuovi. 
    A  fronte  di  cio',  l'interprete  che   volesse   superare   la
preclusione si troverebbe non tanto ad adeguare in via interpretativa
una disciplina lacunosa o suscettibile di plurime esegesi, bensi'  ad
eludere un univoco dettato normativo attraverso la costruzione di una
diversa disciplina che non trova agganci testuali o sistematici. 
    Tale conclusione, che esclude  la  possibilita'  di  una  diretta
applicazione  del  nuovo  istituto  anche  ai  processi  che  abbiano
superato le fasi  processuale  stabilite  dall'art.  464-bis  c.p.p.,
risulta avvalorata anche dai primi arresti giurisprudenziali. 
    Sul punto, merita specifica menzione  l'ordinanza  del  21.5.2014
del Tribunale di Torino con la quale  e'  stato  ritenuto  consentito
l'esercizio  del  diritto  alla  prima  occasione  utile   successiva
all'entrata in vigore della legge 67/2014, anche nel caso di avvenuta
apertura del  dibattimento,  attraverso  l'applicazione  dell'art.175
c.p.p.  Questo  il  passo  di  specifico  interesse:  "essendo  stato
superato il termine per formulare la domanda -  previsto  a  pena  di
decadenza - la posizione  soggettiva  delle  imputate  non  puo'  che
essere garantita mediante l'istituto processuale  della  restituzione
nel termine, ex art. 175 c.p.p., posto che il  rispetto  del  termine
non e' stato possibile per causa di forza maggiore  (il  c.d.  factum
principis)  e  considerato  che  le  imputate  hanno   richiesto   di
esercitare il diritto alla prima occasione utile per loro". 
    Evidente  come  nell'ordinanza  citata  (nella  quale  la  scelta
compiuta dal legislatore di  stabilire una  preclusione  processuale,
senza prevedere alcun regime  transitorio,  viene  qualificata  quale
causa di forza maggiore che  limita  il  diritto  al  trattamento  di
favore delle imputate) l'applicabilita' della nuova e piu' favorevole
normativa non discenda da un diretto ricorso al principio generale di
cui all'art. 2  c.p.,  ma  consegua  alla  diversa  soluzione  -  che
implicitamente, ma chiaramente, esclude proprio tale  possibilita'  -
del ricorso all'istituto della rimessione in termini. 
    Un simile approccio ermeneutico -  sebbene  apprezzabile  per  le
finalita' perseguite - non convince. In tal modo, infatti, il giudice
di  merito  finisce  con  il  sostituirsi  al  Giudice  delle  leggi,
introducendo in via giurisprudenziale  "un  regime  transitorio"  non
voluto dal legislatore che operi da correttivo alle scelte  normative
della cui costituzionalita' dubita. 
    Si rileva, poi, che l'impossibilita' di concedere la  messa  alla
prova ai processi in corso  in  forza  di  una  diretta  applicazione
dell'art. 2 c.p. e/o dell'art. 7 della C.E.D.U.  discende  anche  dai
generali principi applicabili in tale materia. 
    La Corte costituzionale con sentenza n.  43  del  2012,  infatti,
richiamando  anche  la  precedente  sentenza  n.  236  del  2012,  ha
affermato che "la sentenza della Corte EDU del 17 settembre 2009  nel
caso Scoppola, non ha escluso la possibilita'  che,  in  presenza  di
particolari situazioni, il  principio  di  retroattivita'  della  lex
mitior possa subire deroghe o  limitazioni,  sottolineando  come  «il
riconoscimento  da  parte  della  Corte  Europea  del  principio   di
retroattivita' in mitius - che gia' operava nel nostro ordinamento in
forza dell'art. 2, secondo, terzo  e  quarto  comma,  c.p.,  e  aveva
trovato fondamento costituzionale  attraverso  la  giurisprudenza  di
questa Corte -  non  abbia  escluso  la  possibilita'  di  introdurre
deroghe o limitazioni alla sua operativita', quando siano sorrette da
una valida giustificazione»". 
    Nel caso di specie, quindi, si deve prendere atto del  fatto  che
il legislatore ha imposto, in modo chiaro ed espresso, un limite alla
richiesta di messa alla prova, che  non  risulta  superabile  in  via
interpretativa: occorrera', quindi, secondo i  dettami  della  Corte,
verificare se detto limite sia o meno ragionevole o  meglio,  se  sia
ragionevole l'assenza di una disciplina transitoria che  consenta  di
accedere alla messa alla  prova  nei  procedimenti  pendenti,  per  i
quali, al momento dell'entrata in vigore della nuova legge,  non  era
intervenuta sentenza di primo grado. 
    Tali argomentazioni  risultano  confermate  anche  dalla  recente
sentenza della Corte di Cassazione  del  31.7.2014,  pronunciata  nel
procedimento n. 25267/14 RG,  che  ha  affermato  conclusivamente  il
seguente principio di diritto: "La sospensione del  procedimento  con
messa alla prova, di cui agli artt. 3 e 4 della legge n.  67  del  28
aprile 2014, non puo' essere richiesta dall'imputato nel giudizio  di
cassazione, ne' invocandone l'applicazione  in  detto  giudizio,  ne'
sollecitando l'annullamento con rinvio al giudice di merito.  Infatti
il beneficio dell'estinzione del reato, connesso  all'esito  positivo
della prova,  presuppone  lo  svolgimento  di  un  iter  procedurale,
alternativo alla  celebrazione  del  giudizio,  introdotto  da  nuove
disposizioni normative, per le quali, in mancanza  di  una  specifica
disciplina transitoria, vige il principio 'tempus regit  actum'.  Ne'
alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 236 del  2011,
e' configurabile alcuna lesione del principio di retroattivita' della
lex mitior, che di per se'  imponga  l'applicazione  dell'istituto  a
prescindere dalla assenza di una disciplina transitoria". 
    In particolare, il S.C.,  richiamando  dapprima  la  gia'  citata
sentenza della Corte costituzionale n. 236 del 2011, nella  parte  in
cui ammette  deroghe  al  principio  di  retroattivita'  della  legge
favorevole, se sorrette da valide giustificazioni, ha affermato  che:
"a ben  vedere  il  principio  di  retroattivita'  della  lex  mitior
presuppone una omogeneita' tra i contesti fattuali o normativi in cui
operano le disposizioni che si succedono nel tempo, posto che ...  il
principio di uguaglianza, cosi' come ne  costituisce  un  fondamento,
puo' rappresentare anche il  limite  dell'applicabilita'  retroattiva
della legge penale piu' favorevole. In altri termini, a differenza di
quello  di  irretroattivita'  della  legge  penale  sfavorevole,   il
principio di retroattivita' della legge favorevole  non  puo'  essere
senza eccezioni e l'eccezione  puo'  trovare  ragionevole  fondamento
nella diversita' dei contesti processuali". 
    Di specifico interesse  sono  i  passi  nei  quali  la  Corte  di
Cassazione esclude che la soluzione interpretativa  adottata  esponga
la disciplina legislativa a dubbi di  illegittimita'  costituzionale.
Nel sostenere tali principi, infatti, la Corte lascia  intendere  che
la  mancata  fruibilita'  del  nuovo  istituto  sarebbe   ragionevole
soltanto in relazione ai procedimenti per  i  quali  sia  gia'  stata
pronunciata sentenza di primo grado: "quando  il  processo  e'  ormai
giunto davanti al Giudice dell'impugnazione (perche' vi e' stata  una
decisione che ha definito il primo grado  di  giudizio),  non  vi  e'
spazio sistematico alcuno per dare  ingresso  ad  una  procedura  che
[...] e' strutturalmente alternativa ad ogni tipo di giudizio su  una
determinata  impugnazione";  ed  ancora:   "le   considerazioni   che
precedono evidenziano come i contesti processuali  del  processo  che
non sia giunto a sentenza in primo grado e di quelli che  si  trovano
in fase di impugnazione siano assolutamente,  strutturalmente  e  dal
punto di vista sistematico, del tutto differenti  e  non  permettano,
pertanto, di dare applicazione retroattiva alla nuova  disciplina,  a
cio' potendosi giungere solo con esplicita, specifica  ed  articolata
scelta sistematica del  legislatore,  con  una  eventuale  disciplina
transitoria". 
    Alla luce di tutto quanto esposto, quindi, non si  puo'  ritenere
direttamente applicabile la disciplina della  messa  alla  prova  nei
procedimenti  in  corso  per  i  quali  sia   gia'   intervenuta   la
dichiarazione di apertura del dibattimento. 
    Tuttavia, anche in relazione alle citate motivazioni della  S.C.,
l'assenza di una disciplina transitoria che consenta di accedere alla
messa alla prova nei procedimenti  pendenti,  per  i  quali  non  sia
intervenuta sentenza di primo grado, non appare immune  da  dubbi  di
ragionevolezza. 
 
                     Non manifesta infondatezza 
 
    Il nuovo istituto della sospensione con messa alla  prova  cumula
connotazioni di carattere processuale e sostanziale: si tratta di una
causa di estinzione del  reato  e,  al  contempo,  di  un  modulo  di
definizione alternativa del processo. 
    Tale natura 'mista' rende ancor  piu'  inappagante  la  soluzione
preclusiva dell'accesso all'istituto da parte di tutti  gli  imputati
che  (pur  presentando  i  requisiti  soggettivi  e   oggettivi   per
l'ammissione) si siano trovati, al momento della  entrata  in  vigore
della  nuova  disciplina,  in  una  fase  processuale  piu'  avanzata
rispetto alla scadenze fissate dall'art. 464-bis c.p.p. 
    Come gia' rilevato, la disciplina ricavabile  dall'assenza  nella
legge 11 agosto 2014, n.  118  di  norme  transitorie  relative  alla
sospensione con messa alla prova analoghe a quelle stabilite  per  la
sospensione del procedimento nei confronti degli irreperibili ("1. Le
disposizioni di cui al presente capo si applicano ai procedimenti  in
corso alla  data  di  entrata  in  vigore  della  presente  legge,  a
condizione che nei medesimi procedimenti non sia stato pronunciato il
dispositivo della  sentenza  di  primo  grado")  e  dalla  previsione
all'art. 464-bis c.p.p. di rigide preclusioni processuali, in difetto
di qualsiasi deroga che sancisca la non operativita' delle stesse  in
relazione ai processi in corso alla data di entrata in  vigore  della
legge 67/2014, esclude che gli imputati in processi pendenti in primo
grado, nei quali  sia  gia'  stata  effettuata  la  dichiarazione  di
apertura del dibattimento, possano  accedere  al  nuovo  procedimento
speciale e cosi' conseguire la dichiarazione di estinzione del reato. 
    Cio' impone una verifica di ragionevolezza ai sensi  dell'art.  3
Cost. del differente trattamento di soggetti  che  -  versando  nelle
medesime condizioni sostanziali - si trovino al momento  dell'entrata
in vigore della nuova legge in diversi fasi  del  processo  di  primo
grado. Infatti, il  legislatore,  individuando  un  discrimine  unico
valido tanto per i processi nuovi  quanto  per  i  processi  gia'  in
corso,  ha  disciplinato  in  modo  identico  situazioni   nettamente
difformi, consentendo unicamente agli  imputati  dei  primi  di  aver
accesso al nuovo, piu' favorevole, istituto. 
    Tale soluzione pare contrastare  altresi'  con  il  principio  di
rango costituzionale - attraverso  il  parametro  interposto  di  cui
all'art. 117 Cost., sancito  dall'art.  7  C.E.D.U.,  (cfr.  sentenza
della Corte EDU 17 settembre  2009,  Scoppola c.  Italia  resa  dalla
Grande Camera della Corte di Strasburgo) - della retroattivita' della
lex mitior. Infatti, il "momento" prescelto dal  legislatore,  mentre
risulta pienamente coerente e razionale per tutti i  processi  nuovi,
non e', quantomeno rispetto ai processi pendenti in primo grado,  nei
quali le preclusioni siano gia' maturate al momento  dell'entrata  in
vigore della nuova legge, espressivo di interessi di rilevanza almeno
pari a quelli sottesi dalla regola  della  retroattivita'  della  lex
mitior. La deroga al summenzionato principio nel caso  in  esame  non
appare, diversamente dalle ipotesi di processi che gia' si trovino in
fase  di  impugnazione,   sorretta   da   una   sufficiente   ragione
giustificativa. 
    Tale  discriminazione  -  conseguente  al  trattamento   identico
riservato a situazioni radicalmente difformi -  non  fondata  su  una
giustificazione razionale relativa al  bilanciamento  di  configgenti
interessi  di  pari  rango,  appare  tale  da  implicare  anche   una
violazione dell'art. 24 Cost., in quanto si risolve  in  una  lesione
del pieno esercizio del diritto di difesa (nel quale va inclusa anche
la facolta' di richiedere l'accesso a riti alternativi)  e  dell'art.
111 Cost. poiche' pregiudica il diritto ad essere  sottoposto  ad  un
giusto  processo  (inteso  come  diritto  ad  una  scelta  del   rito
pienamente consapevole, assunta  in  base  alla  previsione  ed  alla
ponderazione di rischi  connessi  alla  possibilita'  di  previamente
valutare le opzioni offerte e ad una ordinata, corretta e fisiologica
successione di atti processuali). 
    Sussistono,  quindi,  i  presupposti  per  rimettere  alla  Corte
costituzionale  il  giudizio  sulla  legittimita'  dell'art.  464-bis
c.p.p., affinche' stabilisca se la disciplina intertemporale  vigente
per la sospensione del procedimento con messa alla prova, in  assenza
di una disciplina transitoria analoga a quella di cui all'art. 15-bis
co. 1 della  legge  11  agosto  2014,  n.  118,  determini  in  danno
dell'imputato di un processo pendente in primo grado,  nel  quale  la
dichiarazione di apertura del dibattimento sia stata effettuata prima
dell'entrata in vigore della legge 67/2014, una discriminazione priva
di  giustificazione  razionale  ed  una  conseguente  violazione  del
diritto di applicazione della lex  mitior,  nonche'  del  diritto  di
difendersi e di essere sottoposto ad un giusto processo. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Visti gli artt. 134 della Costituzione, 23 e segg. legge 11 marzo
1953 n. 87. 
    Dichiara  rilevante  e   non   manifestamente   infondata,   come
esplicitato   in   motivazione,   la   eccezione   di    legittimita'
costituzionale per violazione degli artt. 3,  24,  111  e  117  della
Costituzione, dell'art. 464-bis c.p.p. nella parte in cui, in assenza
di una disciplina transitoria,  analoga  a  quella  di  cui  all'art.
15-bis  co.  1  della  legge  11  agosto  2014,  n.   118,   preclude
l'ammissione all'istituto  della  sospensione  del  procedimento  con
messa alla prova degli imputati di processi pendenti in primo  grado,
nei quali la dichiarazione di apertura  del  dibattimento  sia  stata
effettuata prima dell'entrata in vigore della legge 67/2014. 
    Dispone la trasmissione degli atti del  procedimento  alla  Corte
costituzionale. 
    Sospende il processo sino all'esito del giudizio  incidentale  di
legittimita' costituzionale. 
    Manda  alla  Cancelleria  per  la  notificazione  della  presente
ordinanza  al  Presidente  del  Consiglio  dei   ministri,   per   la
comunicazione ai Presidenti della Camera dei Deputati  e  del  Senato
della Repubblica. 
      Torino, 14 ottobre 2014 
 
                        Il Giudice: Salvadori 
 
    La minuta della  presente  ordinanza  e'  stata  redatta  con  la
collaborazione dei  colleghi  in  tirocinio  Marco  Picco  e  Tiziana
Proietti. 
    Depositata in udienza 28/10/2014.