N. 9 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 maggio 2014

Ordinanza del 13 maggio 2014 della Corte  d'appello  di  Firenze  nel
procedimento civile promosso da  Menelao  Riccardo  contro  Ministero
della giustizia. 
 
Procedimento  civile  -  Equa  riparazione   per   violazione   della
  ragionevole  durata  del   processo   -   Computo   della   «durata
  ragionevole» dei procedimenti di equa  riparazione  previsti  dalla
  legge  n.  89  del  2001  -  Applicabilita'  delle  previsioni  che
  considerano rispettato il termine ragionevole se  il  processo  non
  eccede la durata di tre anni in primo grado o se il giudizio  viene
  comunque definito in modo irrevocabile in un tempo complessivo  non
  superiore a sei anni  -  Irragionevolezza  di  tali  previsioni  in
  rapporto  al  procedimento  per  equa   riparazione   -   Incongrua
  estensione  dei  termini  di  ragionevole  durata   stabiliti   per
  procedimenti di  natura  diversa  -  Contrasto  con  la  precedente
  giurisprudenza  della  Corte  di  Strasburgo  e  della   Corte   di
  Cassazione che stabiliva in due anni il termine ragionevole  per  i
  procedimenti  ex  lege   n.   89   -   Violazione   del   principio
  costituzionale di ragionevole durata del processo -  Contrasto  con
  il diritto all'equo processo (nonche' con  il  diritto  al  ricorso
  effettivo   davanti   a   un'istanza   nazionale)   e   conseguente
  inosservanza degli obblighi  internazionali  derivanti  dalla  CEDU
  (Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo). 
- Legge 24 marzo 2001, n. 89, art. 2, commi 2-bis e  2-ter,  aggiunti
  dall'art. 55, comma 1, lett. a), n. 2), del decreto-legge 22 giugno
  2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla  legge  7  agosto
  2012, n. 134. 
- Costituzione, artt. 3, primo comma,  111,  comma  secondo,  e  117,
  primo  comma,  in  relazione  all'art.  6  (e  all'art.  13)  della
  Convenzione per la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  e  delle
  liberta' fondamentali. 
(GU n.7 del 18-2-2015 )
 
                     CORTE D'APPELLO DI FIRENZE 
 
 
                       Seconda Sezione Civile 
 
    Il Consigliere designato dr. Marco Modena, 
    ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile  iscritta
al n. 153/2014 V.G. promossa da  Menelao  Riccardo,  rappresentato  e
difeso  dagli  avvocati  Salvatore   Coronas   e   Umberto   Coronas,
domiciliati presso l'avv. Andrea Ghelli, ricorrente, 
    Contro Ministero della giustizia, non costituito. 
    Letto il ricorso ex art. 3  legge  n.  89/2001,  come  modificata
dalla  legge  n.  134/2012,  depositato  il  19  marzo  2014,  e   la
documentazione integrativa depositata il 30 aprile 2014; 
    Rilevato che: 
        1) Menelao  Riccardo  ha  chiesto  equa  riparazione  per  la
eccessiva durata del procedimento (anch'esso  per  equa  riparazione)
promosso dinanzi alla Corte d'Appello di Roma, con  ricorso  r.g.v.g.
n. 50406 del 29  gennaio  2007,  poi  riassunto  dinanzi  alla  Corte
d'Appello di Perugia, giusta  ordinanza  d'incompetenza  della  Corte
d'Appello di Roma del 12 aprile 2010, con ricorso r.g.v.g n. 707  del
4 maggio 2010, e definito con decreto di accoglimento n.  46  dell'11
gennaio 2013, durato complessivamente anni 5 e mesi 10; 
        2) secondo l'art. 2, comma 2-ter, della citata  legge  n.  89
(introdotto dal D.L. n. 83/2012 conv. in l. n. 134/12)  si  considera
comunque rispettato il  termine  ragionevole  se  il  giudizio  viene
definito in modo irrevocabile in un tempo non superiore a  sei  anni;
facendo applicazione di tale criterio, pertanto, il ricorso  andrebbe
respinto; 
        3) il ricorrente sostiene che la citata  norma  riguarderebbe
soltanto i «giudizi presupposti» e non anche  i  particolari  giudizi
«equa su equa», la cui durata  ragionevole  sarebbe  stata  ravvisata
dalla  giurisprudenza  in  un  anno;   in   subordine,   propone   di
interpretare la norma nel senso che essa consenta solo di  compensare
la maggior durata di un grado con la minore durata di un altro quando
il giudizio si sia svolto in  piu'  gradi  (e  quindi  non,  pare  di
capire, quando il giudizio si sia svolto in unico grado,  come  nella
specie);  ed  in  ulteriore  subordine   eccepisce   l'illegittimita'
costituzionale  dell'art.  2,  commi  2-bis  e  2-ter   legge   cit.,
richiamando l'ordinanza di questa Corte 1-14.20.2013, nel giudizio di
cui la r.g.v.g. n. 176/2013; 
        4) la legge da applicarsi non puo' essere  interpretata  come
chiede l'opponente: l'indicazione, da parte della legge,  di  termini
di durata per ciascun tipo  di  procedimento  giudiziario,  civile  o
penale, ivi compreso quelli di esecuzione  forzata,  e  le  procedure
concorsuali, rappresenta un sistema «chiuso», che non  lascia  spazio
alcuno all'ipotesi che la  individuazione  della  ragionevole  durata
possa,  per  altri  procedimenti,  essere  lasciata   alla   liberta'
dell'interprete, e cio' anche per  i  motivi  di  contenimento  della
spesa pubblica, che palesemente  sottostanno  (insieme  a  quelli  di
accelerazione dei procedimenti) alla novella del 2012;  ne'  si  vede
come si possano da  un  lato  ritenere  compensabili  le  durate  dei
diversi gradi di giudizio quando di tali ve n'e' piu' d'uno,  ma,  al
contempo, ritenere inapplicabile, qualora sia stato esperito un  solo
grado di giudizio, il principio della ragionevolezza presunta in caso
di  definizione  irrevocabile  entro  sei  anni,  ostando,   a   tale
interpretazione, l'avverbio «comunque»; 
        5) tuttavia la normativa sopravvenuta si  pone  in  contrasto
con la giurisprudenza, sia della CEDU (in particolare la decisione in
causa CE.DI.SA.  Fortore  s.n.c.  Diagnostica  Medica  Chirurgica  c.
Italia 27 settembre 2011) che la Corte di Cassazione  (in  paricolare
le  sentenze  nn.  4914/12  e   6824/12),   formatasi   anteriormente
all'entrata in vigore del D.L. n. 83/2012, che ravvisava in soli  due
anni il termine ragionevole per i procedimenti ex lege n. 89; 
        6) risulta pertanto non manifestamente infondata la questione
di legittimita' costituzionale della normativa applicabile al caso di
specie;   l'individuazione   del   principio   costituzionale   della
«ragionevole durata» di cui all'art. 111 secondo comma Cost. non puo'
essere infatti avulsa la natura del procedimento stesso, e della  sua
«naturale» durata, che dipende in primo luogo dalla  sua  maggiore  o
minore complessita';  in  questo  quadro  il  procedimento  per  equa
riparazione e' per sua natura destinato a durare  assai  meno  di  un
giudizio ordinario di cognizione, data la semplicita' dei  fatti  che
deve accertare (la durata di un procedimento, e le ragioni della  sua
protrazione, di regola evincibili dalla mera  produzione  degli  atti
processuali), e le finalita' cui tende (indennizzare la violazione di
un diritto fondamentale leso  proprio  da  una  precedente  eccessiva
durata), oltre che per la mancanza di un doppio grado di  merito;  la
previsione di una sua «ragionevole durata» pari a  sei  anni  risulta
pertanto incongrua, e lesiva del  predetto  art.  111  secondo  comma
Cost., oltre che dell'art. 117  primo  comma,  per  violazione  degli
obblighi internazionali derivanti all'Italia dall'art. 6 (e 13,  come
meglio si specifichera' in seguito) della  predetta  Convenzione  (la
cui violazione comporta lesione dell'art. 117 primo comma Cost., come
modificato dalla legge costituzionale  n.  3  del  2001,  secondo  le
sentenze della Corte costituzionale nn. 348  e  349  del  2007  e  la
successiva giurisprudenza ad esse conforme), che stabilisce l'analogo
principio del «tempo ragionevole», e infine dell'art. 3  primo  comma
Cost. per uniforme trattamento di situazioni diverse; 
        7) non per  caso,  quindi,  il  «diritto  vivente»  (uniforme
interpretazione  di  CEDU  e  Corte  di  Cassazione  italiana,   come
recentemente  consolidatasi)  alla  vigilia  del  D.L.   n.   83/2012
affermava che la durata ragionevole di un procedimento ex lege 89 non
dovesse superare i due  anni;  e  tale  interpretazione  puo'  trarre
conforto degli stessi termini ordinatori piu'  brevi  indicati  dalla
legge fin dalla sua originaria formulazione per lo svolgimento  della
procedura di equa ripartizione (nel senso che, in presenza  di  tali,
piu' ridotti termini, difficilmente sarebbe risultato  giustificabile
un   termine   ancor   piu'   ampio   di   quello   ravvisato   dalla
giurisprudenza), che oggi, peraltro, proprio il D.L. n. 83/2012 conv.
nella legge n. 134, ha ribadito,  fissando  un  termine  ancora  piu'
breve  (trenta  giorni)  per  l'emissione  del  decreto  nella   fase
«monitoria» (art. 3, c. 4, legge n. 89 come modificata), e mantenendo
il termine di quattro mesi per la eventuale fase di opposizione (art.
5-ter, comma 5); 
        8)   ne'   potrebbe   dirsi   irrilevante    un'insufficiente
riparazione ai sensi della legge n. 89/2001, ai  fini  della  lesione
dei  diritti  costituzionalmente  garantiti  sopra  richiamati,   sol
perche' esiste la possibilita' di ottenere una  «equa  soddisfazione»
dalla CEDU, ai sensi dell'art. 41  della  Convenzione  citata,  anche
oltre i rimedi apprestati dall'ordinamento interno; e cio' in  quanto
l'art. 13 della Convenzione impone comunque agli Stati di predisporre
un rimedio interno davanti ad un giudice nazionale per la  violazione
dei diritti dalla stessa garantiti; 
        9)  in  ordine  alla  rilevanza,  si  richiama  quanto  sopra
esposto, ai punti 1 e 2, da cui consegue che, ove si dovesse ritenere
conforme a Costituzione, e conseguentemente applicare,  la  normativa
vigente, il  ricorso  andrebbe  respinto,  risultando  rispettato  il
termine ragionevole di sei anni complessivi ex art. 2,  comma  2-ter,
legge n. 89/2001 nel testo vigente; mentre invece, ove fosse  accolta
la  questione  di  legittimita'  costituzionale,  nei  termini  sopra
prospettati e che si vanno  a  precisare  ulteriormente,  il  ricorso
dovrebbe essere accolto, in quanto  la  durata  del  procedimento  ha
superato i due anni; 
        10) la questione deve investire l'art. 2, comma 2-ter,  della
legge n. 89, nella parte in cui  si  applica  anche  ai  procedimenti
previsti dalla stessa legge n. 89, e  dunque  riguardare  il  termine
sessennale complessivo del procedimento, di cui ha fatto applicazione
questa Corte nel decreto opposto; ma va estesa anche  ai  termini  di
cui al comma 2-bis (tre anni per il primo grado), che  si  renderebbe
applicabili in mancanza del predetto termine complessivo; anche  tale
termine risulterebbe infatti superiore al termine complessivo di  due
anni  individuato  dalla  citata  giurisprudenza   come   limite   di
ragionevole durata di un procedimento per equa riparazione; 
 
                              P. Q. M. 
 
    Visto l'art. 23 della  legge  11  marzo  1953,  n.  87,  dichiara
rilevante e non manifestamente infondata, ai  fini  del  giudizio  in
corso, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, commi
2-bis e 2-ter, della legge 24 marzo  2001,  n.  89,  come  modificata
dall'art. 55 del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito nella legge 7
agosto 2012, n. 134,  nella  parte  in  cui  si  applicano  anche  ai
procedimenti di equa riparazione previsti dalla stessa  legge  n.  89
del 2001, per contrasto con gli artt. 11  secondo  comma,  117  primo
comma, e 3 primo comma Cost.; 
    Dispone  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale e sospende il giudizio in corso; 
    Ordina che, a cura della Cancellerai, la presente  ordinanza  sia
notificata alle parti in causa, nonche' al Presidente  del  Consiglio
dei Ministri, e comunicata ai Presidenti della Camera dei Deputati  e
del Senato della Repubblica. 
        Firenze, 8 maggio 2014 
 
                  Il Consigliere Designato: Modena