N. 7 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 15 gennaio 2015
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 15 gennaio 2015 (della Regione Lombardia). Ambiente - Misure urgenti per la realizzazione su scala nazionale di un sistema adeguato e integrato di gestione dei rifiuti urbani e per conseguire gli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio. Misure urgenti per la gestione e per la tracciabilita' dei rifiuti nonche' per il recupero dei beni in polietilene - Introduzione delle misure con decreto-legge - Ricorso della Regione Lombardia - Denunciata insussistenza dei presupposti di necessita' e urgenza per l'adozione del decreto-legge - Lamentata previsione di una riforma organica e di sistema attraverso la decretazione d'urgenza - Compressione delle competenze legislative e amministrative spettanti alle Regioni in relazione ad interventi di carattere ordinamentale - Difetto di omogeneita' e di coerenza delle misure introdotte - Denunciata ripercussione delle norme impugnate sulla programmazione regionale lombarda, in particolare sull'autosufficienza riguardante lo smaltimento mediante recupero energetico dei rifiuti indifferenziati - Incidenza sulle competenze regionali in materia di governo del territorio, di pianificazione territoriale e urbanistica, di tutela della salute, di produzione dell'energia, di coordinamento della finanza regionale e del sistema tributario, di servizi pubblici locali - Lamentato possibile aggravio della tariffa di smaltimento per il servizio al cittadino con conseguente compressione dell'autonomia finanziaria di entrata della Regione. - Decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 11 novembre 2014, n. 164, in particolare, art. 35. - Costituzione, art. 77, comma secondo, in combinato disposto con l'art. 117, commi secondo e terzo. Ambiente - Misure urgenti per la realizzazione su scala nazionale di un sistema adeguato e integrato di gestione dei rifiuti urbani e per conseguire gli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio. Misure urgenti per la gestione e per la tracciabilita' dei rifiuti nonche' per il recupero dei beni in polietilene - Previsione che gli impianti di recupero, individuati con D.P.C.M. di cui al comma 1 dell'art. 35 impugnato, sono qualificati come infrastrutture di preminente interesse nazionale, che attuano un sistema integrato e moderno di gestione di rifiuti urbani e assimilati, che i medesimi devono essere autorizzati ad operare a saturazione del carico e che dovranno rispondere alle caratteristiche degli impianti R1 - Ricorso della Regione Lombardia - Denunciata previsione di un vero e proprio programma integrato nazionale per la gestione dei rifiuti urbani e speciali mediante impianti di recupero energetico, in violazione della Direttiva 2011/42/CE (c.d. direttiva VAS) che prevede la previa valutazione ambientale strategica - Inosservanza degli obblighi internazionali in materia - Incidenza sulle competenze regionali in materia di governo del territorio, di pianificazione territoriale ed urbanistica, di produzione dell'energia, di servizi pubblici locali, nonche' in materia di tutela della salute. In via subordinata: richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia UE per l'interpretazione della direttiva 2001/42/CE (c.d. direttiva VAS) in relazione all'art. 35, comma 1, del decreto-legge n. 133 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 164 del 2014. - Decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 11 novembre 2014, n. 164, art. 35. - Costituzione, artt. 11 e 117, primo comma, in relazione alla direttiva 2001/42/CE del 27 giugno 2001, in combinato disposto con l'art. 117, commi secondo e terzo. Ambiente - Misure urgenti per la realizzazione su scala nazionale di un sistema adeguato e integrato di gestione dei rifiuti urbani e per conseguire gli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio. Misure urgenti per la gestione e per la tracciabilita' dei rifiuti nonche' per il recupero dei beni in polietilene - Previsione che, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge, con D.P.C.M. vengono individuati a livello nazionale la capacita' complessiva di trattamento di rifiuti urbani e assimilati degli impianti di incenerimento in esercizio o autorizzati a livello nazionale - Individuazione del fabbisogno residuo di impianti di recupero della frazione organica dei rifiuti urbani raccolta in maniera differenziata - Applicazione del potere sostitutivo da parte dello Stato in caso di mancato rispetto dei termini - Ricorso della Regione Lombardia - Denunciata ripercussione delle norme impugnate sulla programmazione regionale di recente approvazione - Lamentata vanificazione del lavoro pluriennale svolto in Regione per ottenere l'autosufficienza in materia di gestione di rifiuti e per contenere le conseguenze a livello di impatto ambientale e sanitario derivanti dai processi di trattamento dei rifiuti - Incidenza sulle competenze regionali in materia di governo del territorio e di tutela della salute - Attribuzione di poteri sostitutivi al Governo in difetto dei requisiti costituzionalmente previsti - Mancata previsione dell'intesa «forte» con le Regioni interessate - Violazione del principio di leale collaborazione. - Decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 11 novembre 2014, n. 164, art. 35, in particolare, commi 1, 2, 9 e 11. - Costituzione, art. 117, commi secondo e terzo, in combinato disposto con gli artt. 118 e 120. Ambiente - Misure urgenti per la realizzazione su scala nazionale di un sistema adeguato e integrato di gestione dei rifiuti urbani e per conseguire gli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio. Misure urgenti per la gestione e per la tracciabilita' dei rifiuti nonche' per il recupero dei beni in polietilene - Riduzione di un quarto dei termini residui per i procedimenti di espropriazione per pubblica utilita' degli impianti di cui al comma 1 dell'impugnato art. 35 in corso alla data di entrata in vigore del decreto-legge - Ricorso della Regione Lombardia - Denunciata incidenza su sfere di competenza della Regione - Coinvolgimento, a vario titolo, delle competenze amministrative delle autorita' competenti al rilascio delle Autorizzazioni integrate ambientali, alla conduzione delle procedure di VIA e delle operazioni di espropriazione per pubblica utilita' - Violazione del principio del legittimo affidamento dei destinatari dei provvedimenti - Violazione del principio di ragionevolezza. - Decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 11 novembre 2014, n. 164, art. 35, comma 8. - Costituzione, art. 117, commi secondo e terzo, in combinato disposto con l'art. 3. Ambiente - Misure urgenti per la realizzazione su scala nazionale di un sistema adeguato e integrato di gestione dei rifiuti urbani e per conseguire gli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio. Misure urgenti per la gestione e per la tracciabilita' dei rifiuti nonche' per il recupero dei beni in polietilene - Previsione che sono ammessi rifiuti speciali pericolosi a solo rischio infettivo - Ricorso della Regione Lombardia - Denunciata vanificazione degli sforzi di pianificazione e attuazione delle recenti politiche regionali in materia - Lamentata alterazione dell'equilibrio economico stabilito dalla Regione con possibile aggravio della tariffa di smaltimento per il servizio al cittadino - Conseguente compressione dell'autonomia finanziaria di entrata e di spesa della Regione, nonche' dei vincoli inerenti il bilancio regionale. - Decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 11 novembre 2014, n. 164, art. 35, commi 6 e 7. - Costituzione, art. 117, commi secondo e terzo, in combinato disposto con gli artt. 119 e 81.(GU n.7 del 18-2-2015 )
Ricorso della Regione Lombardia (C.F. 80050050154), con sede in Milano (20124), Piazza Citta' di Lombardia, n. 1, in persona del Presidente pro tempore, Roberto Maroni, rappresentata e difesa, in forza di procura a margine del presente atto ed in virtu' della Deliberazione di Giunta regionale n. 2922 seduta del 19 dicembre 2014 (doc. 1), dal Prof. Avv. Giovanni Guzzetta (C.F. GZZGNN66E16F158V; pec: giovanniguzzetta@ordineavvocatiroma.org; fax. 06/6789560), presso il cui studio in Roma, via Federico Cesi, 72, ha eletto domicilio e dall'Avv. Viviana Fidani (C.F. FDNVVN56L44D122W; pec: vivianafidani@milano.pecavvocati.it) - ricorrente - contro il Governo della Repubblica, in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore, con sede in Roma (00187), Palazzo Chigi - Piazza Colonna, 370, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con domicilio in Roma (00186), via dei Portoghesi, 12 - resistente. Per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modifiche, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, recante "Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attivita' produttive (SBLOCCA ITALIA)", pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana dell'11 novembre 2014, n. 262, limitatamente all'art. 35, di tale atto normativo. Fatto 1. Con decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito con modifiche dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, il Governo ha varato "Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attivita' produttive", ritenuta, per quanto qui interessa, "la straordinaria necessita' e urgenza di emanare disposizioni in materia ambientale per (...) il superamento di eccezionali situazioni di crisi connesse alla gestione dei rifiuti". 2. In particolare, l'art. 35, dell'atto normativo in esame, ha introdotto "Misure urgenti per la realizzazione su scala nazionale di un sistema adeguato e integrato di gestione dei rifiuti urbani e per conseguire gli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio. Misure urgenti per la gestione e per la tracciabilita' dei rifiuti nonche' per il recupero dei beni in polietilene". 3. Il primo comma della norma in commento, affida ad un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottare, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, l'individuazione della capacita' complessiva di trattamento di rifiuti urbani e assimilati degli impianti di incenerimento in esercizio o autorizzati a livello nazionale, con l'indicazione espressa della capacita' di ciascun impianto. Inoltre, sempre con lo stesso decreto, vengono individuati anche gli impianti di incenerimento con recupero energetico di rifiuti urbani e assimilati da realizzare per coprire il fabbisogno residuo, determinato con finalita' di progressivo riequilibrio socio-economico tra le aree del territorio nazionale e nel rispetto degli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio, tenendo conto della pianificazione regionale. Gli impianti in questione vengono qualificati come infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale ai fini della tutela della salute e dell'ambiente. 4. Il secondo comma dell'art. 35, stabilisce che per i medesimi fini di cui al comma 1, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in questione, effettui una ricognizione dell'offerta esistente e individui con proprio decreto il fabbisogno residuo di impianti di recupero della frazione organica dei rifiuti urbani raccolta in maniera differenziata, articolato per Regioni. Inoltre, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, sino alla definitiva realizzazione degli impianti necessari per l'integrale copertura del fabbisogno residuo determinato dal decreto, possono autorizzare, se tecnicamente possibile, un incremento fino al 10% della capacita' degli impianti di trattamento dei rifiuti. 5. Il terzo comma della disposizione in esame, prevede che gli impianti di recupero energetico da rifiuti, sia esistenti, sia da realizzare, siano autorizzati a saturazione del carico termico, come previsto dall'art. 237-sexies del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, qualora sia stata valutata positivamente la compatibilita' ambientale dell'impianto in tale assetto operativo, incluso il rispetto delle disposizioni sullo stato della qualita' dell'aria di cui al decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 155. Le autorita' competenti devono, entro 90 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in questione, adeguare le autorizzazioni integrate ambientali degli impianti esistenti, qualora la valutazione di impatto ambientale sia stata autorizzata a saturazione del carico termico, tenendo in considerazione lo stato della qualita' dell'aria come previsto dal citato decreto legislativo n. 155 del 2010. 6. Il quarto comma della norma in esame, dedicato agli impianti di futura realizzazione, stabilisce che i medesimi dovranno essere realizzati conformemente alla classificazione di impianti di recupero energetico R1, di cui all'allegato C alla parte IV del Codice dell'Ambiente. 7. Il quinto comma dell'art. 35, invece, si riferisce agli impianti gia' esistenti. Le competenti autorita' devono provvedere a verificare, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, la sussistenza dei requisiti per la qualificazione degli impianti medesimi come impianti di recupero energetico R1, adeguando in tal senso e nello stesso termine di 90 giorni le autorizzazioni integrate ambientali, ove ne ricorrano i presupposti. 8. Ancora, il comma sesto della norma in commento impone che negli impianti di recupero energetico sia assicurata la priorita' di accesso ai rifiuti urbani prodotti nel territorio regionale fino al soddisfacimento del relativo fabbisogno e, solo per la disponibilita' residua autorizzata, al trattamento di rifiuti urbani prodotti in altre Regioni. La disposizione prevede, altresi', che siano ammessi, in via complementare, rifiuti speciali pericolosi a solo rischio infettivo nel rispetto del principio di prossimita' sancito dall'art. 182-bis, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 152 del 2006 e delle norme generali in materia, a condizione che l'impianto sia dotato di sistema di caricamento dedicato a bocca di forno, che escluda qualsiasi contatto tra il personale addetto e il rifiuto. Le autorizzazioni integrate ambientali devono essere adeguate ai sensi del sesto comma. 9. Il settimo comma dell'art. 35, prevede il versamento di un contributo da parte dei gestori degli impianti, determinato dalla Regione nella misura massima di 20 euro per tonnellata di rifiuto urbano indifferenziato, se questa proviene da altre Regioni. Si ammette, quindi, il caso in cui impianti di recupero energetico di rifiuti urbani localizzati in una Regione smaltiscano rifiuti urbani prodotti in altre Regioni. Il contributo deve essere versato in un fondo regionale, destinato alla prevenzione della produzione dei rifiuti, all'incentivazione della raccolta differenziata, a interventi di bonifica ambientale e al contenimento delle tariffe di gestione dei rifiuti urbani. Il contributo e' corrisposto annualmente dai gestori degli impianti localizzati nel territorio della Regione che riceve i rifiuti. Nessun onere derivante dallo smaltimenti dei rifiuti di provenienza extraregionale puo' essere traslato sulle tariffe poste a carico dei cittadini. 10. Il comma otto dell'art. 35, stabilisce il dimezzamento dei termini di espletamento delle procedure di espropriazione per pubblica utilita'. Per i procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del decreto in commento, i termini residui sono ridotti di un quarto. Viceversa, i termini previsti dalla legislazione vigente per le procedure di valutazione di impatto ambientale e di autorizzazione integrata ambientale degli impianti di cui al comma 1 si considerano perentori. 11. Il nono comma dell'art. 35, prevede l'applicazione del potere sostitutivo del Governo ex art. 8, legge n. 131/2003, nel caso di mancato rispetto dei termini di cui al comma 3 (modifica delle AIA degli impianti esistenti con autorizzazione degli impianti a saturazione del carico termico, entro 90 giorni), al comma 5 (valutazione della compatibilita' degli impianti esistenti con le caratteristiche degli impianti di recupero R1, ed eventuale adeguamento delle relative AIA, entro 90 giorni), e al comma 8 (dimezzamento dei termini dei procedimenti di espropriazione per P.U, riduzione di un quarto dei termini residui per i procedimenti di espropriazione per RU in corso alla data di entrata in vigore del decreto in commento, termini previsti dalla legislazione vigente per le procedure di VIA e di AIA si considerano perentorio). 12. Il comma 10 dell'art. 35, prevede l'inserimento delle parole ", anche avvalendosi della societa' Consip Spa, per lo svolgimento delle relative procedure, previa stipula di convenzione per la disciplina dei relativi rapporti" al comma 9-bis dell'art. 11 del decreto-legge n. 101/2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 125/2013, dopo le parole "il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare". 13. Il comma 11 dell'art. 35 del d.-l. 133/2014, convertito con modifiche dalla l. n. 164/2014, prevede che all'art. 182 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e successive modificazioni, dopo il comma 3 sia inserito un comma successivo, il 3-bis, che sancisce che il divieto di cui al comma 3 non si applica ai rifiuti urbani che il Presidente della Regione ritiene necessario avviare a smaltimento, nel rispetto della normativa europea, fuori dal territorio della Regione dove sono prodotti per fronteggiare situazioni di emergenza causate da calamita' naturali per le quali e' dichiarato lo stato di emergenza di protezione civile ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225. 14. Il comma 12 della disposizione in commento modifica l'art. 234 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, abrogandone il comma 2; aggiungendo al comma 3 l'introduzione di un rappresentante indicato da ciascuna associazione maggiormente rappresentativa a livello nazionale delle categorie produttive interessate, nominato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito il Ministro dello sviluppo economico, al consiglio di amministrazione del consorzio; infine aggiungendo al comma 13 dell'art. 234 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, la previsione di un contributo percentuale di riciclaggio, stabilito in misura variabile, in relazione alla percentuale di polietilene contenuta nel bene e alla durata temporale del bene stesso. 15. Infine, il comma 13 dell'art. 35, prevede che fmo all'emanazione del decreto di cui al comma 13 dell'art. 234 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come modificato dall'articolo in commento, i contributi previsti dal medesimo art. 234, commi 10 e 13, siano dovuti nella misura del 30% dei relativi importi. 16. Le norme introdotte dall'art. 35, del d-l. n. 133 del 2014, sono avvinte da numerosi profili di illegittimita', e meritano di essere dichiarate incostituzionali da codesta Ecc.ma Corte alla luce dei seguenti motivi di Diritto I. Incostituzionalita' del d-l. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modifiche, dalla legge dell'11 novembre 2014, n. 164, e dell'articolo 35, di tale atto normativo, per violazione dell'articolo 77, comma 2, della Costituzione, in combinato disposto con l'articolo 117, secondo e terzo comma. 1. In primo luogo, l'art. 35, del d-1. n. 133 del 2014, convertito, con modifiche dalla legge dell'11 novembre 2014, n. 164, deve essere dichiarato incostituzionale per insussistenza dei presupposti di cui all'art. 77, secondo comma, della Costituzione, che ammette la decretazione d'urgenza all'esclusivo fine di fronteggiare casi straordinari di necessita' ed urgenza. Come ha recentemente chiarito codesta Ecc.ma Corte con la pronuncia n. 220 del 2013, l'adozione di un decreto-legge trova la propria legittimazione esclusivamente nella sussistenza di casi straordinari che necessitino di essere disciplinati immediatamente, in modo adatto a fronteggiare le sopravvenute e urgenti necessita'. Per questo motivo, peraltro, il legislatore ordinario, con una norma di portata generale, ha previsto che il decreto-legge debba contenere "misure di immediata applicazione" (art. 15, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400). La Consulta ha riconosciuto come la norma in esame, pur non avendo, sul piano formale, rango costituzionale, esprima ed espliciti cio' che deve ritenersi intrinseco alla natura stessa del decreto-legge, che entrerebbe in contraddizione con le sue stesse premesse, se contenesse disposizioni destinate ad avere effetti pratici differiti nel tempo, in quanto recanti, come nel caso di specie, discipline mirate alla costruzione di un nuovo sistema di gestione dei rifiuti (cfr. sentenza n. 22 del 2012). Va infine ribadito che, come ripetutamente affermato da codesta ecc.ma Corte, il vizio che affligge il decreto-legge con riferimento ai suoi presupposti abilitativi non puo' considerarsi sanato per il fatto dell'intervenuta conversione (cfr. ex plurimis sentt. 29/1995, 341/2003, 178 2004 e 171/2007). Per quanto riguarda il caso qui in esame, deve osservarsi che, sebbene il preambolo del d-l. n. 133/2014 riconosca "la straordinaria necessita' e urgenza di emanare disposizioni in materia ambientale per (...) il superamento di eccezionali situazioni di crisi connesse alla gestione dei rifiuti", in realta', il problema della gestione dei rifiuti sia tutt'altro che eccezionale e accidentale. E' fin troppo noto, infatti, che la necessita' di interventi strutturali sul sistema della gestione dei rifiuti sul territorio italiano non sia affatto una circostanza accidentale e sopravvenuta, che puo' essere ricollegata ad un "caso straordinario", passibile, in quanto tale, di essere disciplinato in via d'urgenza. Ne sono conferma le varie procedure di infrazione gia' avviate dall'Unione europea contro l'Italia per mancato adeguamento alle direttive di settore, nonche' i numerosi interventi del legislatore, nazionale e regionale, in materia, come pure i tristemente noti fatti di cronaca anche piu' recente. Di conseguenza, affidare la risoluzione di una problematica radicata e strutturale alla decretazione d'urgenza si mostra elusivo dei principi di cui all'art. 77, secondo comma, della Costituzione. 2. La "risposta" operata con il decreto-legge in oggetto, convertito dalla legge n. 164/2014, peraltro, non si presenta nemmeno in termini di soluzione "emergenziale" in attesa di una ipotetica revisione complessiva della disciplina, ma si propone - in modo incompatibile con i presupposti costituzionali richiesti e con la conseguente natura circostanziata delle soluzioni normative divisate - di realizzare e attuare un "sistema adeguato e integrato di gestione dei rifiuti urbani e per conseguire gli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio" qualificando, altresi', gli impianti interessati come "infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale, (...) garantiscono la sicurezza nazionale nell'autosufficienza, consentendo di superare e prevenire ulteriori procedure di infrazione per mancata attuazione delle norme europee di settore e limitano il conferimento di rifiuti in discarica". In questa prospettiva non si puo' non cogliere una finalita' di riassetto ordinamentale, del tutto estranea alla natura del vettore normativo utilizzato, con conseguente illegittima compressione delle competenze legislative e amministrative che alle Regioni spettano in relazione a tali interventi di carattere "ordinamentale". Con riserva di ulteriore approfondimento in seguito, non si puo' negare, infatti, che l'intervento intersechi, anche sulla base di quanto chiarito da codesta Ecc.ma Corte, profili di competenza materiale quali la tutela della salute, il governo del territorio (e in particolare la localizzazione degli impianti) e la produzione dell'energia (attesa la finalita' del decreto, rivolto "a conseguire la sicurezza nazionale nell'autosufficienza" - evidentemente anche energetica - ed a potenziare gli "impianti di recupero energetico di cui al punto R1 (nota 4), allegato C, del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152", anche mediante l'imposto utilizzo "a saturazione del carico termico"). Quella che vorrebbe introdursi attraverso la decretazione d'urgenza, insomma, costituisce una vera e propria riforma organica e di sistema, volta a risolvere un problema "strutturale" del nostro Paese, che come tale non puo' trovare la propria legittimazione in un decreto-legge. Sotto ulteriore, ma concorrente profilo, le misure introdotte dal contestato art. 35, del resto, non possono nemmeno considerarsi di immediata applicazione, anche in considerazione dei profili e delle competenze tecnico-amministrative ad esse connesse, le quali presuppongono tempi ed accertamenti istruttori amministrativi complessi. Si chiede, dunque, che venga dichiarata l'incostituzionalita' dell'art. 35, del d-l. n. 133/2014, sotto il profilo in esame. 3. In secondo luogo, il d-l. n. 133/2014, convertito con modifiche dalla l. n. 164/2014, come pure, specificamente, il relativo art. 35, meritano di essere dichiarati incostituzionali per difetto di omogeneita' e di coerenza delle misure introdotte dal Governo. Quanto all'intero atto normativo, l'estrema eterogeneita' degli interventi adottati e' ravvisabile sin dall'epigrafe del provvedimento ("Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attivita' produttive"). Essa e' resa ancora piu' evidente dal relativo, ampio, preambolo, ove si attesta la straordinaria necessita' ed urgenza di provvedere con misure volte tanto ad "accelerare e semplificare la realizzazione di opere infrastrutturali strategiche, indifferibili e urgenti, nonche' per favorire il potenziamento delle reti autostradali e di telecomunicazioni e migliorare la funzionalita' aeroportuale", quanto a disciplinare la "materia ambientale per la mitigazione del rischio idrogeologico, la salvaguardia degli ecosistemi, l'adeguamento delle infrastrutture idriche e il superamento di eccezionali situazioni di crisi connesse alla gestione dei rifiuti, nonche' di introdurre misure per garantire l'approvvigionamento energetico e favorire la valorizzazione delle risorse energetiche nazionali", quanto, infine, a realizzare la "semplificazione burocratica, il rilancio dei settori dell'edilizia e immobiliare, il sostegno alle produzioni nazionali attraverso misure di attrazione degli investimenti esteri e di promozione del Made in Italy, nonche' per il rifinanziamento e la concessione degli ammortizzatori sociali in deroga alla normativa vigente al fine di assicurare un'adeguata tutela del reddito dei lavoratori e sostenere la coesione sociale". Ad analoghe conclusioni si perviene, ovviamente, in base all'analisi delle disposizioni introdotte dai capi del decreto-legge impugnato. Come noto, codesta Ecc.ma Corte collega il riconoscimento dell'esistenza dei presupposti fattuali, di cui all'art. 77, secondo comma, Cost., ad una intrinseca coerenza delle norme contenute in un decreto-legge, o dal punto di vista oggettivo e materiale, o dal punto di vista funzionale e finalistico (cfr. sentt. n. 171 del 2007, n. 121 del 2008). Recentemente codesta Corte ha ulteriormente evidenziato, sul punto, che l'art. 15, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell'attivita' di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri) - la' dove prescrive che il contenuto del decreto-legge «deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo» - pur non avendo, in se' e per se', rango costituzionale, costituisce esplicitazione della ratio implicita nel secondo comma dell'art. 77 Cost., il quale impone il collegamento dell'intero decreto-legge al caso straordinario di necessita' e urgenza, che ha indotto il Governo ad avvalersi dell'eccezionale potere di esercitare la funzione legislativa senza previa delegazione da parte del Parlamento (Corte cost., sent. n. 22 del 2012). 4. Deve evidenziarsi, da ultimo, quanto all'ammissibilita' della presente eccezione, che i vizi sopra denunciati ridondano, come anticipato, nella menomazione delle attribuzioni costituzionali della Regione Lombardia e nel vulnus della sua autonomia finanziaria, costituzionalmente tutelati dall'art. 117, terzo comma della Costituzione. In particolare, la disciplina introdotta dal Governo incide sulle competenze regionali in materia di governo del territorio, di pianificazione territoriale ed urbanistica, di tutela della salute, di produzione dell'energia, di coordinamento della finanza regionale e del sistema tributario, di servizi pubblici locali. Piu' precisamente, le norme contestate recano significative ripercussioni sulla programmazione regionale lombarda di recente approvazione, in particolare sull'autosufficienza riguardante lo smaltimento mediante recupero energetico dei rifiuti indifferenziati. Peraltro, nel quadro degli obiettivi della nuova pianificazione, la Regione ha attivato dei tavoli di lavoro con operatori e amministratori locali per la gestione delle istruttorie di rispettiva competenza, anche al fine di sperimentare la decommissioning di alcuni impianti. Inoltre, l'autorizzazione generalizzata degli impianti con saturazione del carico termico, con le conseguenti ripercussioni in termini di emissioni, puo' risultare penalizzante rispetto alle specifiche condizioni sanitarie delle aree interessate dalla presenza di questi impianti, specie nel territorio del bacino padano, caratterizzato da condizioni climatiche favorevoli all'accumulo degli inquinanti. La misura, dunque, incide sulla competenza regionale in materia di tutela della salute, vanificando gli accertamenti istruttori gia' compiuti dalle competenti autorita' all'atto di concessione dell'autorizzazione integrata degli impianti. Da ultimo, deve rilevarsi che il sistema di smaltimento dei rifiuti in Regione Lombardia e' stato gestito in modo tale da creare delle condizioni concorrenziali, che hanno ottimizzato la tariffa di smaltimento per il servizio al cittadino; la disciplina introdotta dalle norme impugnate, con il conseguente ingresso nel mercato di ulteriori rifiuti a costi nuovamente negoziabili, potrebbe comportare anche l'aggravio della tariffa per i cittadini lombardi, con conseguente compressione dell'autonomia finanziaria di entrata della Regione. Da quanto detto discende l'ammissibilita' della presente questione di legittimita' costituzionale. Codesta Corte, infatti, con giurisprudenza costante, ritiene che le Regioni possano impugnare un decreto-legge per motivi attinenti alla pretesa violazione dell'art. 77 Cost., "ove adducano che da tale violazione derivi una compressione delle loro competenze costituzionali" (sentenza n. 6 del 2004; cfr. anche sentt. nn. 128 del 2011, 326 del 2010, 116 del 2006, 280 del 2004). Alla luce delle considerazioni che precedono, si insiste per la declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 35, del d-l. 12 settembre 2014, n. 133, convertito con modifiche dalla legge n. 164/2014, per violazione dell'art. 77, secondo comma, della Costituzione, in combinato disposto con l'art. 117, commi secondo e terzo, Cost.. II. Incostituzionalita' dell'art. 35, del d-l. 12 settembre 2014, n. 133, convertito con modifiche dalla legge dell'11 novembre 2014, n. 164, per violazione degli articoli 11 e 117, comma 1, della Costituzione, in relazione alla direttiva 2001/42/CE (c.d. direttiva VAS), in combinato disposto con l'art. 117, secondo e terzo comma, Cost. 1. Come si e' anticipato in fatto, l'art. 35, del d-l. n. 133 del 2014, convertito con modifiche dalla 1. 164 del 2014, contempla un vero e proprio programma integrato nazionale per la gestione dei rifiuti urbani e speciali mediante impianti di recupero energetico. La norma stabilisce, infatti, che gli impianti di recupero inseriti nel D.P.C.M. di cui al comma 1, sono qualificati come infrastrutture di preminente interesse nazionale, che attuano un sistema integrato e moderno di gestione di rifiuti urbani e assimilati, che i medesimi devono essere autorizzati ad operare a saturazione del carico termico e che dovranno rispondere alle caratteristiche degli impianti R1. Insomma, quello individuato dalla norma impugnata costituisce un vero e proprio atto di pianificazione in materia di gestione dei rifiuti. Come tale, allora, alla luce della Direttiva 2001/42/CE, recepita nell'ordinamento italiano dal d.lgs. n. 152/2006, detto piano avrebbe dovuto essere assoggettato alla valutazione ambientale strategica, la quale deve precedere, ex art. 3, par. 2, lett. a), della citata Direttiva, "tutti i piani e i programmi che sono elaborati (...) per la valutazione della gestione dei rifiuti" (negli stessi termini dispone l'art. 6, comma 2, lett. a), dell'attuativo d.lgs. n. 152/2006). Ancora, l'art. 4 della Direttiva, rubricato "Obblighi generali", stabilisce che "la valutazione ambientale di cui all'art. 3 deve essere effettuata durante la fase preparatoria del piano o del programma ed anteriormente alla sua adozione o all'avvio della relativa procedura legislativa". Ai sensi degli articoli da 5 a 12 della menzionata direttiva, poi, la procedura di VAS deve comprendere lo svolgimento di una verifica di assoggettabilita', l'elaborazione del rapporto ambientale, lo svolgimento di consultazioni, la valutazione del piano o del programma, del rapporto e degli esiti delle consultazioni, l'espressione di un parere motivato, l'informazione sulla decisione e il monitoraggio. Alla luce di quanto precede, l'art. 35, del d-l. n. 133 del 2014, convertito con modifiche dalla l. n. 164/2014 si mostra incostituzionale, per violazione dell'art. 117, comma 1, della Costituzione, in relazione ai suddetti obblighi stabiliti dalla Direttiva VAS, in quanto adotta un vero e proprio programma nazionale in materia di gestione integrata dei rifiuti, senza aver dato luogo alla necessaria procedura di VAS, con cio' violando gli scopi perseguiti dal legislatore europeo. 2. Ne' si dica che le suddette norme europee in materia di valutazione ambientale strategica non riguarderebbero l'attivita' legislativa degli Stati membri. In senso contrario depongono, in primo luogo, gli articoli 2 e 4 della Direttiva. Il primo stabilisce che per "piani e programmi" devono intendersi anche quelli "che sono previsti da disposizioni legislative" (art. 2, lett. a)); il secondo, come accennato, prevede che la procedura di VAS debba essere avviata "anteriormente all'avvio della procedura legislativa" di adozione del piano o programma. Alle considerazioni di ordine testuale si aggiunga anche che, ad accedere a siffatta interpretazione, gli obblighi imposti a livello europeo sarebbero facilmente eludibili dallo Stato, che potrebbe occultare sotto il nomen juris dell'atto normativo un provvedimento che reca in se' i connotati essenziali di un atto di programmazione generale, il quale deve essere obbligatoriamente sottoposto alla prescritta valutazione di impatto. E' appena il caso di dire che una diversa interpretazione della direttiva in contrasto con il suo significato letterale, richiederebbe a codesta Corte di investire mediante rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE la Corte di Giustizia dell'Unione europea, onde verificare se l'interpretazione del diritto europeo offerta dal giudice sovranazionale consenta di considerare la normativa qui impugnata con essa compatibile. In secondo luogo, anche a voler ritenere che il legislatore statale sia sottratto, nell'esercizio della funzione legislativa, all'osservanza delle procedure in materia di VAS, nell'ipotesi in cui queste ultime possano essere esperite al momento dell'attuazione della legge, la norma impugnata sarebbe comunque illegittima. L'art. 35, del d-l. n. 133/2014, convertito con l. n. 164/2014, infatti, non contempla in assoluto l'esperimento di siffatte procedure, nemmeno nel momento attuativo, e specificamente per l'adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri chiamato ad individuare gli impianti di recupero esistenti o da realizzare sul territorio nazionale, per il raggiungimento degli obiettivi perseguiti dalla norma. E' evidente, infatti, che la scelta degli impianti da considerare quali infrastrutture di preminente interesse nazionale ("con proprio decreto, individua a livello nazionale la capacita' complessiva di trattamento di rifiuti urbani e assimilati degli impianti di incenerimento in esercizio o autorizzati a livello nazionale, con l'indicazione espressa della capacita' di ciascun impianto, e gli impianti di incenerimento con recupero energetico di rifiuti urbani e assimilati da realizzare per coprire il fabbisogno residuo, determinato con finalita' di progressivo riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale e nel rispetto degli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio", art. 35, comma 1, del d-l. convertito con la l. 164/2014,), con le conseguenze delineate dal legislatore in termini di operativita' al massimo del carico termico e di trattamento dei rifiuti al fine di garantire l'autosufficienza, costituisca un'operazione di rilevantissimo impatto ambientale. Il Governo, dunque, avrebbe dovuto necessariamente prevedere che la stessa venisse assoggettata a VAS, anche alla luce della necessita' di definire criteri univoci per la distribuzione territoriale degli impianti, e per la valutazione degli impatti discendenti dalle scelte localizzative da assumere. La disciplina censurata, insomma, elude le finalita' perseguite dalla citata Direttiva, quali quella di garantire un elevato livello di protezione dell'ambiente e di contribuire all'integrazione delle considerazioni ambientali all'atto dell'elaborazione, dell'adozione e dell'approvazione dei piani e programmi, assicurando che i medesimi siano coerenti e contribuiscano alle condizioni per uno sviluppo sostenibile. 3. Anche in questo caso, da ultimo, e' bene evidenziare che le dedotte violazioni arrecano un vulnus alle competenze attribuite alla Regione Lombardia. In particolare, come si e' gia' ampiamente argomentato nel precedente motivo, la disciplina introdotta dal Governo incide sulle competenze regionali in materia di governo del territorio, di pianificazione territoriale ed urbanistica, di produzione dell'energia, di servizi pubblici locali, nonche' in materia di tutela della salute, appartenenti alla competenza legislativa concorrente e residuale delle Regioni. Per onere di brevita', si rimanda dunque a tutte le considerazioni gia' esposte nel I motivo di ricorso, le quali confermano l'ammissibilita' della presente eccezione, in quanto la normativa censurata determina, anche a fronte delle censure qui dedotte, una lesione delle competenze regionali stabilite dalla Costituzione. 4. Ne' potrebbe in senso contrario sostenersi che, a fronte della finalita' anche di tutela ambientale dell'intervento, la quale costituisce, secondo l'interpretazione di codesta Corte, un c.d. "materia trasversale", le attribuzioni regionali dovrebbero subire una indiscriminata compressione, sino alla totale pretermissione rispetto all'interesse ambientale. Tale premessa infatti non potrebbe essere condivisa per distinte e concorrenti ragioni. Innanzitutto, perche' la finalita' ambientale non e' l'unica perseguita dall'intervento normativo statale. Il primo comma dell'art. 35, infatti, non menziona nemmeno, esplicitamente, la finalita' ambientale, ma si sofferma sulla finalita' di assicurare "la sicurezza nazionale nell'autosufficienza e superare e prevenire ulteriori procedure di infrazione per mancata attuazione delle norme europee di settore e limitano il conferimento di rifiuti in discarica", soggiungendo, a proposito dell'individuazione degli impianti, che la finalita' e' quella del "progressivo riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale". Infine, com'e' noto, codesta Corte, nel riconoscere la particolare rilevanza costituzionale della tutela dell'ambiente nelle politiche legislative, e la sua idoneita' a giustificare alterazioni del riparto costituzionale (su cui si tornera' infra al punto successivo), ha costantemente e contestualmente riconosciuto che tali alterazioni non debbano essere necessariamente assolute (cfr. C. cost., 58/2013; 93/2013), ma che vadano accompagnate da adeguate giustificazioni in termini di ragionevolezza, adeguatezza e proporzionalita', nonche' da garanzie, innanzitutto procedimentali, di tipo collaborativo. Sotto il primo profilo, ad esempio, la Corte, pur quando ha riconosciuto la prevalenza della specifica disciplina statale in presenza di esigenze ambientali incomprimibili, ha comunque ammesso la residua potesta' delle Regioni di assicurare, ad esempio, livelli di tutela maggiori di quelli previsti dallo Stato (cfr. ad es. sent. 58/2013). La questione e' vieppiu' complessa se si considera che, dal complessivo intervento - finalizzato, come si e' detto, anche a consentire (o comunque a non escludere) una redistribuzione dei carichi di smaltimento tra le varie Regioni italiane - la tutela ambientale non si presenta in termini di un'operazione "win-win"; il suo esito comporta infatti un "trade-off" tra l'ipotetico miglioramento ambientale complessivo sul territorio nazionale e la possibilita' di un concreto peggioramento relativo delle condizioni ambientali delle singole Regioni, sulle quali l'impatto della nuova disciplina produrra' con certezza i propri effetti in conseguenza del riequilibrio imposto tra le aree e le condizioni di smaltimento. Se si considera che lo stesso decreto-legge dichiara che tale riequilibrio non viene operato solo per ragioni ambientali, ma anche per finalita' "di progressivo riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale" (art. 35, primo comma, d-l.), ben si comprende come si debba escludere che l'intervento possa risolversi in una pura e semplice espropriazione delle competenze legislative ed amministrative regionali, senza peraltro una adeguata "compensazione collaborativa" (si veda infra il motivo III). Stante quanto precede, la disciplina introdotta dall'art. 35, del d-l. n. 133 del 2014, convertito con modifiche dalla l. n. 164 del 2014 deve essere dichiarata incostituzionale per violazione dell'art. 117, primo comma della Costituzione, in relazione agli obblighi in materia di VAS imposti dalla Direttiva 2001/42/CE, in combinato disposto con l'art. 117, commi 2 e 3, Cost.. In via subordinata si chiede che sia effettuato un rinvio pregiudiziale, ai sensi dell'art. 267 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea alla Corte di Giustizia dell'Unione europea per la seguente questione di interpretazione della direttiva 2001/42/CE (CD. Direttiva VAS): "se gli artt. 1, 3, 4, 8 e 9 Dir. 2001/42/CE, anche in combinato disposto ostino all'applicazione di una norma, quale quella prevista dall'art. 35 comma 1 del d-l. convertito con modifiche dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, recante "Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attivita' produttive (SBLOCCA ITALIA)", pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana dell'11 novembre 2014, n. 262, la quale prevede che "il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, (...) con proprio decreto individua (...) gli impianti di incenerimento con recupero energetico di rifiuti urbani e assimilati da realizzare per coprire il fabbisogno residuo, determinato con finalita' di progressivo riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale e nel rispetto degli obiettivi di raccolta differenziata e di riciclaggio" senza prevedere che, all'atto della predisposizione di tale piano, si applichi la disciplina di valutazione ambientale strategica cosi' come prevista dalla menzionata direttiva. III. Incostituzionalita' dell'art. 35, del d-l. 12 settembre 2014, n. 133, convertito con modifiche dalla legge dell'11 novembre 2014, n. 164, per violazione dell'art. 117, commi 2 e 3, in combinato disposto con gli articoli 118 e 120 della Costituzione. Violazione del principio di leale collaborazione. 1. Come noto, per costante giurisprudenza di codesta Corte, la disciplina dei rifiuti si colloca nell'ambito della tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, di competenza esclusiva statale ex art. 117, comma 2, lett. s), della Costituzione. Tuttavia quest'ultima interferisce, per la sua natura, con altri interessi e competenze, di talche', mentre deve intendersi riservato allo Stato il potere di fissare livelli di tutela uniforme sull'intero territorio nazionale, resta comunque ferma la competenza delle Regioni alla cura di interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente ambientali (cfr. sent. n. 62 del 2008). Alla luce della pervasivita' della materia in esame, codesta Consulta ha sottolineato come, qualora si tratti di verificare la compatibilita' costituzionale di norme statali che abbiano disciplinato il fenomeno della gestione dei rifiuti, "e' necessario valutare se l'incidenza della normativa sulle materie regionali immediatamente contigue sia tale da compromettere il riparto costituzionale di cui al titolo V della Parte II della Costituzione, oltre il limite della adeguatezza, rispetto alla citata finalita' di fissazione dei livelli di tutela uniformi" (in termini, sent. n. 249 del 2009; cfr. anche sent. 378 del 2007). 2. Cio' posto, l'art. 35, del d-l. n. 133/2014, convertito con modifiche dalla l. n. 164/2014, introduce misure in materia di gestione dei rifiuti, che coinvolgono le competenze di diversi livelli di Governo. Vengono in rilievo, in primo luogo, le competenze regionali e locali in materia di governo del territorio, di pianificazione urbanistica ed edilizia, di produzione di energia, di gestione dei servizi pubblici locali, nonche' di tutela della salute. L'intervento normativo in esame, tuttavia, nel perseguire un livello uniforme di tutela a livello nazionale nella materia ambientale, compromette senz'altro, oltre il limite dell'adeguatezza, le suddette sfere di competenza regionale. Per quanto riguarda gli impatti sulla pianificazione regionale, si osservi come le misure introdotte dal contestato art. 35, hanno significative ripercussioni sulla programmazione regionale di recente approvazione. Piu' precisamente, la Giunta regionale lombarda, su indirizzo del Consiglio, ha adottato specifiche disposizioni (DGR n. 497/2013 doc. 2 e LR n. 9/2013, doc. 3), per evitare un sovradimensionamento di impianti di trattamento dei rifiuti urbani indifferenziati, eccedenza gia' evidente nelle analisi a supporto del processo di nuova pianificazione regionale e di cui allo scenario di Piano al 2020 (doc. 4). In tale scenario, e nell'ambito degli obiettivi della nuova pianificazione per la gestione dei rifiuti, la Regione inoltre ha attivato dei tavoli di lavoro con operatori e amministratori locali per la valutazione tecnica di un'ipotesi di decommissioning di alcuni impianti. Le misure introdotte dall'art. 35, dunque, incidono e vanificano gli sforzi e gli obiettivi di pianificazione e attuazione delle politiche regionali di questi anni, che hanno portato ad una tendenza alla diminuzione della produzione di rifiuti urbani pro-capite stimabile intorno al -2% (doc. 4), e alla definizione di nuovi obiettivi inerenti l'incremento della raccolta differenziata e di prevenzione nella produzione del rifiuto, obiettivi previsti nel Piano di prossima approvazione. Si consideri, sempre sotto il profilo in esame, come l'intervento normativo contestato riguardi in particolare la Regione Lombardia, la quale conta ben 11 impianti di incenerimento di Piano/per rifiuti urbani (che costituiscono la piu' ampia dotazione regionale nella gestione dei rifiuti urbani indifferenziati presente nel Paese). 3. Quanto, ancora, agli impatti sulla tutela della salute, va osservato come gli impianti della Regione Lombardia abbiano ottimizzato il processo, l'adozione di sistemi di presidio ambientale (abbattimento fumi e recupero scorie), e il recupero del calore mediante reti di teleriscaldamento, in relazione alle tipologie di rifiuti raccolti e alle caratteristiche di questi ultimi. La variazione della qualita' del rifiuto alimentato all'impianto, conseguente alla normativa introdotta dal Governo, ridurra' l'efficienza dei processi ottimizzati e aggravera' i relativi impatti ambientali e sanitari. Analogamente, va ancora una volta ribadito, la saturazione del carico termico sugli impianti che, ad oggi, presentano limitazioni, imposta dall'art. 35, non tiene in alcun conto le motivazioni ambientali, territoriali e di tutela della salute che hanno indotto l'Autorita' competenze all'apposizione di specifici vincoli. In particolare, l'autorizzazione ad operare con saturazione del carico termico potrebbe risultare penalizzante per le condizioni sanitarie delle aree interessate dalla presenza di questi impianti, specie nel bacino padano, territorio caratterizzato da forti pressioni antropiche e condizioni orografiche e meteoclimatiche favorevoli all'accumulo degli inquinanti, che in caso di massima saturazione renderebbero difficile il conseguimento del rispetto dei valori limite di qualita' dell'aria. Stante quanto precede, e' evidente come il Governo, nell'introdurre la contestata disciplina uniforme, abbia travalicato i limiti di adeguatezza al medesimo imposti a fronte dell'interferenza nelle sfere di attribuzione regionale, vanificando altresi' il lavoro pluriennale svolto in Regione Lombardia per ottenere l'autosufficienza in materia di gestione dei rifiuti, e per contenere, anche attraverso il rispetto dei principi europei di prossimita', le conseguenze a livello di impatto ambientale e sanitario derivanti dai processi di trattamento dei rifiuti. 4. Le considerazioni che precedono impongono la declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 35, del d-l. n. 133 del 2014, convertito con l. n. 164/2014, per violazione dei principi costituzionali in materia di riparto delle competenze sanciti dall'art. 117, commi secondo e terzo, della Costituzione. Concorrono con la predetta violazione anche ulteriori, gravi, profili di illegittimita' delle disposizioni impugnate. Ci si riferisce al fatto che la disciplina contestata, la quale, come detto, incide su diverse materie di competenza regionale, quali la tutela della salute e il governo del territorio, o prevede una forma collaborativa con le Regioni e con gli altri enti territoriali, interessati dal sistema di gestione dei rifiuti pianificato dal legislatore, del tutto insufficiente (comma 1) ovvero non ne prevede alcuna (in particolare al comma 2 e al comma 9). 4.1. In particolare, sotto il primo profilo, la forma di collaborazione sancita dal comma 1 non puo' ritenersi adeguata. Prevedendo che, con proprio decreto, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, "sentita" la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, individua a livello nazionale la capacita' complessiva di trattamento di rifiuti urbani e assimilati degli impianti di incenerimento in esercizio o autorizzati a livello nazionale, con l'identificazione espressa della capacita' di ciascun impianto, e gli impianti di incenerimento con recupero energetico di rifiuti urbani e assimilati da realizzare per coprire il fabbisogno residuo, tale disposizione - richiedendo che la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano sia chiamata ed esprimere un mero parere - disattende la forma di intesa "forte" richiesta secondo la giurisprudenza costante di codesta Ecc.ma Corte. 4.2. A cio' si aggiunga che, il comma 2 dell'art. 35, il quale, per i medesimi fini di cui al comma 1, prevede che il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con proprio decreto, individui il fabbisogno residuo di impianti di recupero della frazione organica dei rifiuti urbani raccolta in maniera differenziata, articolato per Regioni, esclude ogni forma di collaborazione con la Regione interessata, ledendo il principio di leale collaborazione. 5. Inoltre, il comma 9, nel disciplinare l'applicazione del potere sostitutivo da parte dello Stato sulla Regione nel caso di mancato rispetto dei termini per adeguare le autorizzazione integrate ambientali degli impianti esistenti (comma 3, art. 35), di quelli per la verifica della sussistenza dei requisiti per la qualifica di impianti di recupero energetico R1 degli impianti esistenti (comma 5) e infine, dei termini per le procedure di espropriazione per pubblica utilita' degli impianti, sia in corso che successive all'entrata in vigore del decreto in commento, di quelle per la VIA e per la AIA, viola l'art. 120 della Costituzione disciplinando una sostituzione che non e' legittimata dai requisiti costituzionalmente previsti, quali il mancato rispetto di norme di trattati internazionali o della normativa comunitaria, ovvero la tutela dell'unita' giuridica o economica e la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali. In assenza di uno o piu' dei requisiti essenziali la norma che prevede la sostituzione deve essere dichiarata illegittima. Si ritiene, inoltre, che l'art. 35, comma 9, debba essere dichiarato incostituzionale in violazione dell'art. 120, comma 2, della Costituzione, il quale nell'attribuire i poteri sostitutivi al Governo, impone alla legislazione attuativa di assicurare il rispetto del principio di leale collaborazione unitamente a quello di sussidiarieta'. Il primo, com'e' noto, richiede il coinvolgimento dei destinatari del provvedimento sostitutivo, cioe' la Regione, durante il processo di sostituzione, previsione che il comma 9 dell'art. 35 disattende; il principio di sussidiarieta' invece, ammette che la sostituzione avvenga nei limiti in cui risulti strettamente necessaria a garantire le esigenze in ragione delle quali e' costituzionalmente ammessa. Alla disciplina sui poteri sostitutivi del Governo sono, infatti, ispirate le regole procedimentali adottate dal legislatore ordinario nell'art. 8 della legge n. 131 del 2003, che prevedono oltre alla fissazione di un congruo termine per provvedere, l'audizione dell'organo inadempiente in attuazione del principio di leale collaborazione. A cio' si aggiunga che la legge n. 131/2003 prevede anche la riunione del Consiglio dei Ministri con il Presidente della Giunta regionale interessata in caso sia inutilmente decorso il termine fissato, previsione che avvalora ulteriormente la tesi della necessita' di un procedimento di cooperazione tra Stato e Regione interessata che, nell'art. 35, comma 9, viene completamente disatteso. 6. Infine, il comma 11, nel prevedere che il divieto di smaltire rifiuti urbani non pericolosi in regioni diverse da quelle dove gli stessi sono prodotti, fatti salvi eventuali accordi regionali o internazionali, qualora gli aspetti territoriali e l'opportunita' tecnico-economica di raggiungere livelli ottimali di utenza servita lo richiedano, di cui al comma 5 dell'art. 182 del d.lgs. n. 152/2006, non si applica ai rifiuti urbani che il Presidente della Regione ritiene necessario avviare a smaltimento fuori dal territorio della regione dove essi sono prodotti per fronteggiare situazioni di emergenza causate da calamita' naturali per le quali e' dichiarato lo stato di emergenza di protezione civile, appare anch'esso in contrasto con il principio di leale collaborazione tra stato e regioni e tra regioni. La regione destinataria dei rifiuti da smaltire, infatti, non e' in alcun modo messa in grado di interloquire sul destino dei rifiuti medesimi. 7. Come noto, in materia di tutela dell'ambiente questa Corte ha riconosciuto che "non si puo' discutere di materia in senso tecnico, perche' la tutela ambientale e' da intendere come valore costituzionalmente protetto, che in quanto tale delinea una sorta di «materia trasversale», in ordine alla quale si manifestano competenze diverse, anche regionali, fermo restando che allo Stato spettano le determinazioni rispondenti ad esigenze meritevoli di disciplina uniforme sull'intero territorio nazionale" (ex multis: sentenza n. 171/2012, n. 235/2011, n. 225/2009, n. 12/2009). Ne consegue che il legislatore statale e' tenuto a garantire il principio di leale collaborazione, "che per la sua elasticita' consente di aver riguardo alle peculiarita' delle singole situazioni" ed impone alla legge statale di predisporre adeguati strumenti di coinvolgimento delle regioni, a salvaguardia delle loro competenze (ex plurimis, sentenze n. 50/2005, n. 231/2005,213/2006, n. 133/2006). Nulla di tutto cio' e' stato previsto nel caso di specie. 7. Le considerazioni che precedono acquistano ancor piu' rilevanza se si considera, come detto, che la policy messa in atto dal Governo e' destinata a creare una tensione "interna" alla finalita' di tutela dell'ambiente, in quanto finisce per mettere in contrapposizione l'esigenza di tutela "nazionale" con quella di livello regionale. Cio' rende evidente l'importanza di una collaborazione tra gli enti interessati, volta a consentire - tramite l'apporto di ognuno - il raggiungimento di un punto di equilibrio - tra i tanti astrattamente possibili - quanto piu' prossimo ad un "ottimo paretiano", con esclusione di soluzioni che sacrifichino eccessivamente un interesse, senza assicurare una soddisfazione relativamente ottimale dell'altro. 8. Inoltre, sempre con riferimento all'uso del potere sostitutivo, di cui al comma 9 dell'art. 35, va rilevato che codesta Corte ha chiarito in diverse occasioni che, da quanto previsto dall'art. 118 Cost. deve desumersi anche la previsione di "eccezionali sostituzioni di un livello ad un altro di governo per il compimento di specifici atti o attivita', considerati dalla legge necessari per il perseguimento degli interessi unitari coinvolti, e non compiuti tempestivamente dall'ente competente" (sentenza n. 43 del 2004). In questa prospettiva, si e' tuttavia precisato che non puo' farsi discendere dall'art. 120, secondo comma, Cost. una riserva a favore della legge statale di ogni disciplina del potere sostitutivo, dovendosi viceversa riconoscere che "la legge regionale, intervenendo in materie di propria competenza e nel disciplinare, ai sensi dell'art. 117, terzo e quarto comma, e dell'art. 118, primo e secondo comma, Cost., l'esercizio di funzioni amministrative di competenza dei Comuni, preveda anche poteri sostitutivi in capo ad organi regionali, per il compimento di atti o attivita' obbligatorie, nel caso di inerzia o di inadempimento da parte dell'ente competente, al fine di salvaguardare interessi unitari che sarebbero compromessi dall'inerzia o dall'inadempimento medesimi" (sentenza n. 43 del 2004). Le norme impugnate, prevedendo l'intervento sostitutivo dello Stato nel caso in cui le autorita' competenti (Comuni, Province) non realizzino gli interventi contemplati dalla norma, realizza dunque una ipotesi di sostituzione statale che si attiva direttamente in caso di inerzia degli enti locali in riferimento ad ambiti di competenza regionale, senza che sia consentito alle Regioni di esercitare il proprio potere sostitutivo, ne' prevedendo alcuna forma cooperativa con le Regioni medesime, con conseguente lesione delle relative attribuzioni (cfr. sentenza n. 249 del 2009). Si insiste, dunque, per la declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 35, del d-l. n. 133 del 2014, convertito con legge n. 164 del 2014, sotto tutti i profili innanzi esposti. IV. Incostituzionalita' dell'art. 35, del d-l. 12 settembre 2014, n. 133, convertito con modifiche dalla legge dell'11 novembre 2014, n. 164, per violazione dell'art. 117, commi 2 e 3, in combinato disposto con l'art. 3 della Costituzione. Violazione del principio di ragionevolezza. 1. Come si e' ampiamente argomentato nei precedenti motivi di ricorso, le norme introdotte dall'art. 35, del d-l. n. 133/2014, incidono su sfere di competenza della Regione, e coinvolgono, a vario titolo, le competenze amministrative delle autorita' competenti al rilascio delle Autorizzazioni integrate ambientali, alla conduzione delle procedure di VIA e delle operazioni di espropriazione per P.U. Tali sfere e ambiti di competenza, oltre ad essere lesi sotto tutti i profili sopra evidenziati, si mostrano altresi' menomati per manifesta irragionevolezza con riferimento a quanto previsto dal comma 8 dell'art. 35, il quale prevede la riduzione di un quarto dei termini residui per i procedimenti di espropriazione per pubblica utilita' degli impianti di cui al comma 1 in corso alla data di entrata in vigore del decreto-legge, ponendosi cosi' in violazione del principio del legittimo affidamento dei destinatari dei provvedimenti. Stante quanto precede, si insiste per la declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 35, del d-l. n. 133 del 2014, convertito con modifiche dalla legge n. 164/2014 anche sotto i profili appena esposti. V. Incostituzionalita' dell'art. 35, del d-l. 12 settembre 2014, n. 133, convertito con modifiche dalla legge dell'11 novembre 2014, n. 164, per violazione dell'art. 117, commi 2 e 3, in combinato disposto con gli articoli 81 e 119, comma 1, della Costituzione. Da ultimo, l'art. 35, del d.l. n. 133 del 2014, convertito con modifiche dalla l. n. 164/2014, merita di essere dichiarato incostituzionale per lesione dell'autonomia finanziaria di entrata e di spesa della Regione Lombardia, nonche' dei vincoli inerenti il bilancio regionale, rispettivamente previsti dagli articoli 119 e 81 della Costituzione. Come si e' gia' avuto modo di argomentare, ad altri fini, nei precedenti motivi di ricorso, le misure introdotte dalla disposizione impugnata hanno significative ripercussioni sulla programmazione regionale di recente approvazione. In particolare, si ribadisce che gli sforzi di pianificazione e attuazione delle politiche regionali di questi anni (cfr. DGR n. 497 del 2013doc. 2 e Lr. n. 9 del 2013, doc. 3) hanno portato ad una tendenza della diminuzione della produzione di rifiuti urbani pro-capite stimabile intorno al -2% (doc. 4) e alla definizione di nuovi obiettivi inerenti l'incremento della raccolta differenziata e la prevenzione o nella produzione del rifiuto. La l.r. n. 9 del 2013, inoltre, ha sancito il principio di autosufficienza regionale nella gestione dei rifiuti. Ora, le misure introdotte dal Governo incideranno significativamente sugli equilibri economici raggiunti, sotto diversi profili. In primo luogo, la disciplina determina gravi impatti sulla pianificazione regionale poiche' il sistema di smaltimento presente nella Regione Lombardia e' gestito in modo tale da creare condizioni concorrenziali al fine di ottimizzare la tariffa di smaltimenti per il servizio al cittadino. Con l'ammissione di rifiuti speciali pericolosi a solo rischio infettivo, prevista dal comma 6 dell'art. 35, nel rispetto del principio di prossimita' sancito dall'art. 182-bis, comma 1, lettera b) del decreto legislativo n. 152 del 2006, si alterano tali equilibri. Infatti, poiche' - come detto - il sistema di smaltimento in Regione Lombardia e' attualmente gestito in modo tale da creare delle condizioni concorrenziali che hanno ottimizzato la tariffa di smaltimento per il servizio al cittadino, le misure introdotte dal Governo, ed il conseguente ingresso nel mercato di ulteriore rifiuto, a costi nuovamente negoziabili, alterera' l'equilibrio economico stabilito, con potenziale aggravio della tariffa per i cittadini lombardi. E' bensi' vero che il comma 7 prevede la possibilita' di utilizzo del fondo per ridurre le tariffe di gestione dei rifiuti urbani, ma non si hanno certezze circa la possibilita' che gli eventuali squilibri possano essere compensati in tal modo e, comunque, cio' dovrebbe avvenire pregiudicando le finalita' di bonifica a cui lo stesso fondo e' ugualmente destinato e alle quali la Regione, nella propria autonomia politico-finanziaria, intende dare priorita'. Alla luce di quanto precede, si chiede che venga dichiarata l'incostituzionalita' dell'art. 35, del d-l. n. 133 del 2014, convertito con modifiche dalla l. n. 164 del 2014, anche sotto i profili appena esposti.
P.Q.M. Voglia l'Ecc.ma Corte costituzionale adita, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, previo eventuale rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea, ex. art. 267 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea, accogliere il presente ricorso e per l'effetto dichiarare l'incostituzionalita' dell'art. 35, nel suo complesso dispositivo e in particolare con riferimento ai commi 1, 2, 6, 7, 8, 9 e 11 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 12 settembre 2014, n. 212, per violazione degli articoli 3, 77, 81, 117, commi 1, 2, e 3, 119 e 120, della Costituzione. Si depositeranno, unitamente al presente ricorso notificato, i seguenti documenti: 1) Delibera di Giunta regionale n. 2922 del 19 dicembre 2014; 2) DGR n. 497/2013; 3) LR n. 9/2013; 4) DGR n. 1990 del 20 giugno 2014 e allegato 01. Roma, 7 gennaio 2015 Prof. avv. Giovanni Guzzetta - Avv. Viviana Fidani