N. 9 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 16 gennaio 2015

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 16 gennaio 2015 (della Provincia autonoma di Trento). 
 
Ambiente - Misure urgenti in materia ambientale e per la  mitigazione
  del dissesto idrogeologico introdotte dal decreto-legge n. 133  del
  2014 (c.d. "sblocca Italia") -  Previsione  che  qualora  gli  enti
  locali non aderiscono agli enti di governo dell'ambito  individuati
  ai sensi del comma 1 entro il termine fissato dalle Regioni e dalle
  Province autonome e, comunque,  non  oltre  sessanta  giorni  dalla
  delibera di individuazione,  il  Presidente  della  Regione  stessa
  esercita,  previa  diffida  all'ente  locale  ad  adempiere   entro
  ulteriori trenta giorni, i poteri sostitutivi, ponendo le  relative
  spese a carico dell'ente inadempiente  -  Ricorso  della  Provincia
  autonoma di Trento - Denunciata lesione della sfera  di  competenza
  legislativa primaria provinciale in materia  di  ordinamento  degli
  uffici provinciali, urbanistica, viabilita',  acquedotti  e  lavori
  pubblici di interesse provinciale, assunzione  diretta  di  servizi
  pubblici e  loro  gestione  a  mezzo  di  aziende  speciali,  opere
  idrauliche della terza, quarta e quinta  categoria,  nonche'  della
  potesta'  legislativa  concorrente  provinciale   in   materia   di
  utilizzazione delle acque pubbliche, igiene  e  sanita'  e  finanza
  locale - Violazione delle funzioni amministrative provinciali nelle
  materie medesime - Lesione del principio  di  leale  collaborazione
  per violazione della norma statutaria che prevede,  in  materia  di
  utilizzazione di acque pubbliche, un piano generale di  intesa  tra
  lo Stato e la Provincia in seno ad un apposito comitato. 
- Decreto-legge  12  settembre  2014,   n.   133,   convertito,   con
  modificazioni, nella legge 11 novembre 2014, n. 164, art. 7,  comma
  1, lett. b), n. 2. 
- Statuto speciale  della  Regione  Trentino-Alto  Adige  (d.P.R.  31
  agosto 1972, n. 670), artt. 8, n. 1), n. 5), n. 6), n. 17), n. 19),
  n. 20) e n. 24); 9, n. 9) e n. 10); 14; 16; 68;  Titolo  VI  e,  in
  particolare, artt. 80 e 81;  d.lgs.  16  marzo  1992,  n.  266,  in
  particolare, art. 2; d.P.R. 20 gennaio  1973,  n.  115;  d.P.R.  22
  marzo 1974, n. 381; d.P.R. 22 marzo 1974, n. 278. 
Edilizia e urbanistica - Misure urgenti introdotte dal  decreto-legge
  n. 133 del 2014  (c.d.  "sblocca  Italia")  -  Regolamenti  edilizi
  comunali - Previsione che il regolamento che i Comuni  adottano  ai
  sensi dell'art. 2, comma 4,  deve  contenere  la  disciplina  delle
  modalita' costruttive, con particolare riguardo al  rispetto  delle
  normative tecnico-estetiche,  igienico-sanitarie,  di  sicurezza  e
  vivibilita' degli  immobili  e  delle  pertinenze  degli  stessi  -
  Previsione che in sede di Conferenza unificata venga  adottato  uno
  schema  di   regolamento   edilizio-tipo   e   che   tali   accordi
  costituiscono livello essenziale delle prestazioni, concernenti  la
  tutela della concorrenza e i diritti civili  e  sociali  -  Ricorso
  della Provincia autonoma di Trento -  Denunciata  violazione  della
  sfera  di  competenza  legislativa  primaria   e   della   potesta'
  amministrativa provinciale in materia di  urbanistica  e  di  piani
  regolatori  -   Lesione   della   potesta'   legislativa   primaria
  provinciale in materia di governo del territorio. 
- Decreto-legge  12  settembre  2014,   n.   133,   convertito,   con
  modificazioni, nella legge 11 novembre 2014, n. 164, art. 17-bis. 
- Statuto speciale  della  Regione  Trentino-Alto  Adige  (d.P.R.  31
  agosto 1972, n. 670), artt. 8, n. 5), e 16; d.lgs. 16  marzo  1992,
  n. 266, artt. 2 e 3; d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381. 
Turismo - Misure urgenti introdotte dal decreto-legge n. 133 del 2014
  (c.d. "sblocca Italia") -  Misure  per  la  riqualificazione  degli
  esercizi  alberghieri  -   Previsione   della   definizione   delle
  condizioni  di  esercizio  dei  "condhotel"  (esercizi  alberghieri
  aperti al pubblico, a gestione unitaria, composti  da  una  o  piu'
  unita' immobiliari  ubicati  nello  stesso  comune  che  forniscono
  alloggio, servizi  accessori  ed  eventualmente  vitto,  in  camere
  destinate alla ricettivita' e, in forma integrata e  complementare,
  in unita' abitative a destinazione residenziale, dotate di servizio
  autonomo di cucina, la cui superficie non puo' superare il quaranta
  per cento della superficie  complessiva  dei  compendi  immobiliari
  interessati) mediante decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei
  ministri, su proposta del Ministero  dei  beni  e  delle  attivita'
  culturali e  del  turismo,  di  concerto  con  il  Ministero  dello
  sviluppo economico, da adottare previa intesa tra Governo,  Regioni
  e Province autonome di Trento e di Bolzano in  sede  di  Conferenza
  unificata - Previsione che con  il  decreto  stesso  sono  altresi'
  stabiliti i criteri e le modalita' per la rimozione del vincolo  di
  destinazione  alberghiera  in  caso  di  interventi  edilizi  sugli
  esercizi alberghieri esistenti e limitatamente  alla  realizzazione
  della quota delle unita' abitative a destinazione  residenziale  di
  cui al medesimo comma - Previsione che le  Regioni  e  le  Province
  autonome di Trento e di Bolzano adeguano  i  propri  ordinamenti  a
  quanto disposto  dal  decreto  sopra  menzionato  -  Ricorso  della
  Provincia autonoma di Trento - Denunciata violazione della sfera di
  competenza legislativa primaria ed  amministrativa  provinciale  in
  materia di urbanistica e piani regolari, di tutela  del  paesaggio,
  di turismo ed industria  alberghiera  -  Violazione  del  principio
  costituzionale dell'esclusione  di  ogni  competenza  regolamentare
  statale in materie regionali. 
- Decreto-legge  12  settembre  2014,   n.   133,   convertito,   con
  modificazioni, nella legge 11 novembre 2014, n. 164, art. 31. 
- Costituzione, art. 117, commi quarto e sesto, in combinato disposto
  con l'art. 10 della legge costituzionale 18  ottobre  2001,  n.  3;
  Statuto speciale  della  Regione  Trentino-Alto  Adige  (d.P.R.  31
  agosto 1972, n. 670), artt. 8, n. 5), n. 6) e n. 20), e 16;  d.P.R.
  22 marzo 1974, n. 381; d.P.R. 22 marzo  1974,  n.  278;  d.lgs.  16
  marzo 1992, n. 266, art. 2. 
(GU n.8 del 25-2-2015 )
    Ricorso  della  Provincia  autonoma   di   Trento   (cod.   fisc.
00337460224), in persona del Presidente della Giunta provinciale  pro
tempore  dott.  Ugo  Rossi,   previa   deliberazione   della   Giunta
provinciale 9 dicembre 2014, n. 2196 (doc. 1) e delibera di  ratifica
del  Consiglio  provinciale  20  dicembre  2014,  n.  20  (doc.   2),
rappresentata e difesa, come da procura speciale n. rep. 28086 del 16
dicembre  2014  (doc.  3),  rogata  dal  dott.  Tommaso   Sussarellu,
Ufficiale  rogante  della  Provincia,  dall'avv.  prof.  Giandomenico
Falcon (cod. fisc. FLCGDM45C06L736E)  di  Padova,  dall'avv.  Nicolo'
Pedrazzoli  (cod.  fisc.  PDRNCL56R01G428C)   dell'Avvocatura   della
Provincia di  Trento,  nonche'  dall'avv.  Luigi  Manzi  (cod.  fisc.
MNZLGU34E15H501Y) di Roma, con domicilio eletto  presso  quest'ultimo
in via Confalonieri, n.5, Roma, 
    Contro  il  Presidente  del  Consiglio  dei   ministri   per   la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale del  decreto-legge  12
settembre 2014, n. 133, recante «Misure urgenti  per  l'apertura  dei
cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione
del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza  del  dissesto
idrogeologico  e  per  la  ripresa   delle   attivita'   produttive»,
convertito, con modificazioni, nella legge 11 novembre 2014, n.  164,
pubblicata nel Suppl. ord. n. 85 alla GU.  n.  262  dell'11  novembre
2014, con riferimento alle seguenti disposizioni: 
        articolo 7, comma 1, lettera b),  n.  2),  che  inserisce  il
comma 1-bis nell'articolo 147 del  decreto  legislativo  n.  152  del
2006; 
        articolo   17-bis,   che   inserisce   il   comma    1-sexies
nell'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 6  giugno
2001, n. 380, se ed in quanto riferibile anche alle Province autonome
ed ai comuni del rispettivo territorio; 
        articolo 31, in particolare nella parte in cui non prevede un
accordo ai sensi della lettera c) del comma  2  dell'articolo  9  del
decreto legislativo n. 281 del 1997 e nella parte in cui si riferisce
espressamente alle Province autonome, 
    per violazione: 
        dell'articolo 8, n. 1), n. 5), n. 6), n. 17), n. 19), n. 20),
n.  24);  dell'articolo  9,  n.  9)  e  n.  10);  dell'articolo   14;
dell'articolo 16; dell'articolo 68; del Titolo VI e, in  particolare,
degli articoli 80 e 81 del d.P.R. 31 agosto  1972,  n.  670  (Statuto
speciale), nonche' delle correlative norme di attuazione; 
        del decreto del Presidente della Repubblica 20 gennaio  1973,
n. 115; 
        del decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974, n.
381; 
        del decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974, n.
278; 
        del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266, in particolare
dell'art. 2; 
        del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268; 
        dell'art. 117 della Costituzione, in combinato  disposto  con
l'art. 10 legge cost. 3/2001; 
        del principio di leale collaborazione, 
    nei modi e per i profili di seguito illustrati. 
 
                                Fatto 
 
    Con la legge n. 164/2014 e' stato convertito  il  d.l.  133/2014,
c.d. «sblocca-Italia». Il decreto e' diviso in dieci capi, ognuno dei
quali reca «misure» in  diverse  materie.  Di  tale  ampio  complesso
normativo vengono qui  in  considerazione  talune  disposizioni,  che
riguardano  materie  che  sotto  diversi  profili   rientrano   nella
competenza legislativa ed amministrativa della  ricorrente  Provincia
autonoma di Trento. 
    Per vero, l'art. 43-bis dello stesso decreto-legge stabilisce che
«Le disposizioni del presente decreto sono applicabili nelle  regioni
a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e  di  Bolzano
compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti e con le relative
norme di attuazione». Con cio' esso pone  una  generale  clausola  di
salvaguardia che  in  linea  di  principio  dovrebbe  risolvere  ogni
questione, facendo (come piu' volte riconosciuto dalla giurisprudenza
di codesta ecc.ma Corte costituzionale) della compatibilita'  con  lo
statuto di autonomia il punto di discrimine tra  applicazione  e  non
applicazione delle nuove disposizioni alle autonomie speciali, ed  in
particolare alla ricorrente Provincia autonoma di Trento. 
    Tuttavia, due delle  disposizioni  qui  impugnate -  l'art.  7  e
l'art. 31 - si riferiscono espressamente alla  Provincia  di  Trento,
superando  cosi'  la  clausola  di  salvaguardia   con   la   propria
formulazione testuale; mentre  anche  l'art.  17-bis,  che  pure  non
contiene un diretto riferimento alla  ricorrente  Provincia,  per  la
propria formulazione e  per  il  riferimento  espresso  allo  «intero
territorio nazionale» pone dei dubbi, che possono essere risolti solo
mediante la sottoposizione della disposizione al giudizio di  codesta
ecc.ma Corte costituzionale. 
    Converra'  in  primo   luogo   esaminare   il   contenuto   delle
disposizioni qui impugnate. 
    Il capo III reca Misure urgenti in materia ambientale  e  per  la
mitigazione del dissesto idrogeologico e l'art. 7, inserito in questo
capo, contiene Norme in  materia  di  gestione  di  risorse  idriche,
alcune delle quali modificano l'art. 147 d.lgs. 152/2006, concernente
la  disciplina  del  servizio  idrico  integrato  (la   quale,   come
riconosciuto dallo stesso art. 176, comma 2, d.lgs. 152/2006, e  come
piu'  volte  sancito  anche  da  codesta  ecc.ma  Corte,  non   trova
applicazione nella Provincia di Trento, dotata di un proprio autonomo
sistema di gestione delle acque). 
    L'art. 7, comma 1, lett. b), n. 1  introduce  le  seguenti  norme
nell'art. 147, comma 1, d.lgs. 152/2006: «Le regioni  che  non  hanno
individuato gli enti di governo dell'ambito provvedono, con delibera,
entro il termine perentorio del 31 dicembre 2014. Decorso inutilmente
tale termine si applica l'articolo 8 della legge 5  giugno  2003,  n.
131.  Gli  enti  locali  ricadenti  nel  medesimo   ambito   ottimale
partecipano  obbligatoriamente  all'ente  di   governo   dell'ambito,
individuato dalla competente regione per ciascun ambito  territoriale
ottimale, al quale e' trasferito l'esercizio delle competenze ad essi
spettanti in materia di gestione delle risorse idriche, ivi  compresa
la programmazione delle infrastrutture idriche  di  cui  all'articolo
143, comma 1». 
    L'art. 7, comma 1, lett. b), n.  2  aggiunge  il  seguente  comma
1-bis nell'art. 147, comma 1, d.lgs. 152/2006:  «1-bis.  Qualora  gli
enti  locali  non  aderiscano  agli  enti  di   governo   dell'ambito
individuati ai sensi del comma  1  entro  il  termine  fissato  dalle
regioni e dalle province autonome e,  comunque,  non  oltre  sessanta
giorni dalla delibera di individuazione, il Presidente della  regione
esercita, previa diffida all'ente locale ad adempiere entro ulteriori
trenta giorni, i poteri sostitutivi,  ponendo  le  relative  spese  a
carico dell'ente  inadempiente.  Si  applica  quanto  previsto  dagli
ultimi due periodi dell'articolo 172, comma 4». 
    Come si puo' vedere, tale disposizione  fa  espresso  riferimento
alle Province autonome. Peraltro,  tale  richiamo  non  solo  non  e'
coerente con la generale clausola di  salvaguardia  di  cui  all'art.
43-bis, ma e' poi specificamente contraddetto dal comma  9-bis  dello
stesso art. 7, secondo il quale "Le disposizioni di cui  al  presente
articolo si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province
autonome di Trento e di Bolzano nel rispetto dei loro statuti e delle
relative norme di attuazione". 
    E' dunque possibile  che  la  menzione  delle  province  autonome
nell'art. 7, comma 1, lett. b), n.  2,  sia  il  frutto  di  un  mero
errore: tuttavia la questione non puo' essere risolta al di fuori del
giudizio da parte di codesta Corte costituzionale. Di qui la presente
impugnazione. 
    Il capo V reca Misure per il rilancio dell'edilizia e all'interno
di esso e'  compreso  l'art.  17-bis,  intitolato  Regolamento  unico
edilizio. Esso inserisce il seguente comma 1-sexies  nell'articolo  4
del testo unico delle disposizioni  legislative  e  regolamentari  in
materia edilizia, d.P.R. 380/2001: 
        «1-sexies. Il Governo, le regioni e le autonomie  locali,  in
attuazione del principio di leale collaborazione, concludono in  sede
di Conferenza unificata accordi ai sensi dell'articolo 9 del  decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281, o intese ai sensi dell'articolo 8
della legge 5 giugno 2003, n. 131, per l'adozione di  uno  schema  di
regolamento edilizio-tipo, al fine di semplificare  e  uniformare  le
norme e gli adempimenti. Ai sensi dell'articolo 117,  secondo  comma,
lettere e) e  m),  della  Costituzione,  tali  accordi  costituiscono
livello essenziale delle prestazioni,  concernenti  la  tutela  della
concorrenza e i diritti civili e sociali che devono essere  garantiti
su tutto il territorio nazionale. Il regolamento  edilizio-tipo,  che
indica i  requisiti  prestazionali  degli  edifici,  con  particolare
riguardo alla sicurezza e al risparmio energetico,  e'  adottato  dai
comuni nei termini fissati dai suddetti  accordi,  comunque  entro  i
termini previsti dall'articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e
successive modificazioni». 
    Tale  disposizione  non  menziona  espressamente  i  comuni   del
territorio della Provincia di Trento, ma contiene un riferimento alla
sua applicazione  nello  "intero  territorio  nazionale".  In  questi
termini, la disciplina che essa pone del regolamento  edilizio  unico
si porrebbe in  conflitto  con  le  competenze  costituzionali  della
Provincia (come si illustrera' nel Diritto): ed il conseguente dubbio
non puo' che essere risolto da codesta ecc.ma Corte costituzionale. 
    Infine, il capo VII  reca  Misure  urgenti  per  le  imprese.  In
particolare, l'art. 31 contiene Misure per la riqualificazione  degli
esercizi alberghieri, stabilendo quanto segue: 
        «1. Al fine di diversificare l'offerta turistica  e  favorire
gli  investimenti  volti   alla   riqualificazione   degli   esercizi
alberghieri esistenti, con decreto del Presidente del  Consiglio  dei
Ministri, su  proposta  del  Ministro  dei  beni  e  delle  attivita'
culturali e del turismo di concerto con il  Ministro  dello  sviluppo
economico, da adottare previa intesa tra Governo, Regioni e  Province
autonome di Trento e Bolzano, in  sede  di  Conferenza  Unificata  ai
sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.  281
sono definite le condizioni di esercizio dei condhotel,  intendendosi
tali  gli  esercizi  alberghieri  aperti  al  pubblico,  a   gestione
unitaria, composti da una o piu'  unita'  immobiliari  ubicate  nello
stesso comune o da parti di esse, che  forniscono  alloggio,  servizi
accessori  ed  eventualmente  vitto,   in   camere   destinate   alla
ricettivita'  e,  in  forma  integrata  e  complementare,  in  unita'
abitative a destinazione residenziale, dotate di servizio autonomo di
cucina, la cui superficie non puo' superare  il  quaranta  per  cento
della superficie complessiva dei compendi immobiliari interessati. 
    2. Con il decreto di cui al comma 1  sono  altresi'  stabiliti  i
criteri e le modalita' per la rimozione del vincolo  di  destinazione
alberghiera in caso di interventi edilizi sugli esercizi  alberghieri
esistenti e limitatamente alla realizzazione della quota delle unita'
abitative a destinazione residenziale di cui al  medesimo  comma.  In
ogni caso,  il  vincolo  di  destinazione  puo'  essere  rimosso,  su
richiesta del proprietario, solo previa restituzione di contributi  e
agevolazioni  pubbliche  eventualmente  percepiti  ove  lo   svincolo
avvenga prima della scadenza del finanziamento agevolato. 
    3. Le Regioni e le Province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano
adeguano i propri ordinamenti a quanto disposto dal decreto di cui al
comma  1  entro  un  anno  dalla  sua  pubblicazione  nella  Gazzetta
Ufficiale. Restano ferme, in quanto compatibili con  quanto  disposto
dal  presente  articolo,  le  disposizioni  di  cui  al  decreto  del
Presidente del Consiglio dei Ministri 13 settembre  2002,  pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale n. 225 del 25  settembre  2002,  recante  il
recepimento dell'accordo fra lo  Stato,  le  Regioni  e  le  Province
autonome sui principi per l'armonizzazione, la  valorizzazione  e  lo
sviluppo del sistema turistico". 
    Come si vede, anche tale  disposizione  fa  espresso  riferimento
alle Province autonome (v. il comma 3), vanificando  la  clausola  di
salvaguardia contenuta nell'art. 43-bis d.l. 133/2014 e pregiudicando
le competenze costituzionali della Provincia di Trento. 
    Le  citate  disposizioni,  ove  effettivamente  applicabili  alla
ricorrente  Provincia,  risultano  dunque  lesive  delle  prerogative
costituzionali della stessa e costituzionalmente illegittime  per  le
seguenti ragioni di 
 
                               Diritto 
 
1) Illegittimita' costituzionale dell'articolo 7,  comma  1,  lettera
b), n. 2). 
    Come illustrato nel Fatto, l'art. 7  d.l.  133/2014  modifica  le
norme  statali  relative  al  Servizio   idrico   integrato   e,   in
particolare,  l'art.  147,   avente   ad   oggetto   l'Organizzazione
territoriale del servizio idrico integrato. 
    Al comma 9-bis, l'art. 7 d.l. 133/2014 contiene una  clausola  di
salvaguardia   delle   competenze   delle   Regioni   speciali:   "Le
disposizioni di cui al presente articolo si applicano alle regioni  a
statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano  nel
rispetto dei loro statuti e delle relative nonne di attuazione". Tale
disposizione ribadisce dunque, per il servizio idrico  integrato,  la
generale clausola di salvaguardia  contenuta  nell'art.  43-bis  d.l.
133/2014: "Le disposizioni  del  presente  decreto  sono  applicabili
nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di  Trento
e di Bolzano compatibilmente con le nonne dei  rispettivi  statuti  e
con le relative norme di attuazione". 
    Inoltre, la norma impugnata modifica  una  disposizione  inserita
nella parte terza del d.lgs. 152/2006 e l'art. 176, comma 2, d.  lgs.
152/2006 dispone che "le disposizioni di cui  alla  parte  terza  del
presente decreto sono applicabili nelle regioni a statuto speciale  e
nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con le
norme dei rispettivi statuti". In effetti, in provincia di Trento non
opera  il  servizio  idrico  integrato  con  i  suoi  diversi  ambiti
ottimali, ma un sistema diverso;  dalla  sent.  412/1994  di  codesta
Corte in poi e' sempre stato pacifico che le norme  statali  relative
al servizio idrico integrato non si applicano in provincia di Trento.
Inoltre,  gli  altri  commi  dell'art.  147  d.  lgs.  152/2006   non
menzionano le Province autonome. 
    In questo quadro, sembra difficile ritenere che  la  disposizione
qui impugnata, che nel regolare il potere sostitutivo  delle  regioni
in  caso  di  mancata  adesione  dei  comuni  agli  enti  di  governo
dell'ambito,  fa  espresso  riferimento  alle  "province   autonome",
esprima una deliberata volonta' del legislatore  statale  rivolta  ad
imporre alla ricorrente Provincia un determinato modello di  gestione
del servizio idrico, e sembra  invece  ragionevole  supporre  che  il
riferimento alle Province autonome  contenuto  nell'art.  147,  comma
1-bis (come introdotto dall'art. 7, comma 1, lettera b),  n.  2  d.l.
133/2014), rappresenti un lapsus calami.  D'altro  canto,  l'espresso
riferimento alle Province autonome potrebbe essere ritenuto idoneo  a
"superare" le clausole di salvaguardia sopra  menzionate,  implicando
l'applicabilita'  in  provincia  di  Trento  dell'intera   disciplina
contenuta nell'art. 147 d. lgs. 152/2006. 
    Qualora l'art. 147, comma 1-bis, fosse inteso in  questo  secondo
senso, esso sarebbe  lesivo  delle  competenze  costituzionali  della
Provincia di Trento in materia di servizio idrico. 
    Infatti, la competenza della Provincia  in  materia  di  servizio
idrico e' stata piu' volte riconosciuta dalla  Corte  costituzionale.
Sin dalla sentenza n. 412/1994 la Corte costituzionale ha  dato  atto
che in provincia di Trento la gestione delle acque e l'organizzazione
dei servizi idrici si basano su un "complesso quadro normativo che si
e' venuto definendo prima in sede statutaria, poi attraverso le norme
di attuazione" (punto 4 in Diritto), nel quale non opera il  servizio
idrico integrato con i suoi diversi ambiti ottimali e i diversi piani
d'ambito,  ma  un  sistema  che  vede  la  Provincia  esercitare  per
acquedotti e fognature un ruolo  di  governo  e  coordinamento  delle
competenze comunali, per la depurazione un ruolo sia di  governo  sia
direttamente gestionale. 
    Corrispondentemente, dalla predetta sentenza  in  poi  e'  sempre
stato pacifico che le  norme  statali  relative  al  servizio  idrico
integrato, alle AATO e alla tariffa non si applicano in provincia  di
Trento. 
    Infatti, tale sentenza, nel decidere  i  ricorsi  delle  Province
autonome proposti contro alcune disposizioni della legge 36/1994,  ha
confermato che spetta alle Province la competenza sia  (punto  4)  in
relazione all'organizzazione che (punto 5) in relazione alla gestione
del servizio idrico integrato, ed ha sancito  l'inapplicabilita'  nel
sistema  provinciale  dell'impianto  istituzionale  ed  organizzativo
stabilito dagli articoli 8 e 9 della legge 36/1994. 
    La perdurante assoluta specialita' del regime del servizio idrico
assicurata dallo Statuto di autonomia e  dalle  norme  di  attuazione
sopra esposte, anche dopo  la  rifolina  del  Titolo  V  della  Parte
seconda  della  Costituzione,  e'  stata  ribadita   dalla   sentenza
357/2010. In questa pronuncia la Corte ricorda di avere rilevato  con
la sentenza  n.  412  del  1994,  "con  riferimento  alla  disciplina
costituzionale anteriore alla riforma del Titolo  V  della  Parte  II
della Costituzione, che la competenza a regolare  detto  servizio  e'
riservata dallo statuto  di  autonomia  alla  Provincia  autonoma  di
Trento", ed argomenta che, "poiche' la suddetta riforma, in forza del
principio ricavabile  dall'art.  10  della  legge  costituzionale  18
ottobre 2001,  n.  3,  non  restringe  la  sfera  di  autonomia  gia'
spettante alla Provincia autonoma, deve concludersi che la competenza
legislativa in ordine al servizio idrico integrato nella Provincia di
Trento,  riconosciuta  alla  Provincia  dalla  precedente   normativa
statutaria, non e' stata sostituita dalla competenza esclusiva  dello
Stato  in  materia  di  tutela  della   concorrenza   e   di   tutela
dell'ambiente". 
    D'altronde, il fondamento statutario della competenza provinciale
in materia di servizi pubblici trova ulteriore  supporto  e  conferma
nella sent. 439/2008, nella quale codesta Corte ha giudicato  di  una
legge della Provincia di  Bolzano  in  materia  di  servizi  pubblici
locali applicando l'art. 8, n.  19,  dello  Statuto  (ed  i  relativi
limiti), e non l'art. 117, co. 4, Cost. 
    Infine, e' opportuno ricordare la sent. 137/2014, nella quale  la
Corte ha ribadito  "l'esistenza  di  una  competenza  provinciale  in
materia di organizzazione del servizio idrico,  nell'esercizio  della
quale  detta  Provincia  ha  delineato   minuziosamente   il   quadro
organizzatorio del servizio idrico integrato provinciale"  (in  altro
punto si parla di "competenza, che lo statuto  di  autonomia  riserva
alla Provincia autonoma  di'  Trento,  a  regolare  integralmente  il
servizio idrico"; v. anche le sentt. 335/2008 e 233/2013). 
    La giurisprudenza costituzionale ora ricordata costituisce - come
essa  stessa  espressamente  ricorda  -  il   riconoscimento,   nella
specifica materia del servizio idrico,  di  un  complesso  quadro  di
competenze  statutarie  ed   attuative,   che   puo'   essere   cosi'
sommariamente ricostruito. 
    La Provincia autonoma di Trento e' dotata di potesta' legislativa
primaria  in  materia  di  "ordinamento  degli  uffici  provinciali",
"urbanistica", "viabilita', acquedotti e lavori pubblici di interesse
provinciale", "assunzione diretta di servizi pubblici e loro gestione
a mezzo di aziende speciali", "opere idrauliche della terza, quarta e
quinta categoria" ai sensi dell'articolo 8, nn. 1, 5,  17,  19  e  24
dello Statuto speciale. Inoltre,  essa  e'  titolare  della  potesta'
legislativa concorrente in  materia  di  "utilizzazione  delle  acque
pubbliche", "igiene e sanita'" e "finanza locale", ai sensi dell'art.
9, nn. 9 e 10, e degli artt. 80 e 81 St. 
    Nelle medesime  materie,  alla  Provincia  spettano  le  funzioni
amministrative, in virtu' dell'art. 16 dello Statuto. 
    Inoltre, l'art. 14 St. dispone che "l'utilizzazione  delle  acque
pubbliche da parte dello Stato e della provincia,  nell'ambito  della
rispettiva competenza, ha luogo in base a un piano generale stabilito
d'intesa tra i rappresentanti dello Stato e della provincia in seno a
un apposito comitato". Detto piano, reso esecutivo  con  decreto  del
Presidente della Repubblica 15 febbraio 2006, ha valore di  piano  di
bacino di rilievo nazionale per il  relativo  territorio  provinciale
(articolo 5 d.P.R. 22 marzo 1974, n. 381) e regola, tra  l'altro,  il
bilancio idrico, l'utilizzazione delle acque pubbliche, il  risparmio
e il riutilizzo della risorsa  idrica.  In  base  all'art.  8  d.P.R.
381/1974, il PGUAP "deve programmare l'utilizzazione delle acque  per
i diversi usi e contenere le linee fondamentali per  una  sistematica
regolazione dei corsi d'acqua con particolare riguardo alle  esigenze
di difesa del suolo, nel reciproco rispetto  delle  competenze  dello
Stato e della provincia interessata". In base all'art. 10, co. 2, dPR
381/1974, "dalla data di entrata in vigore  del  piano  generale  per
l'utilizzazione delle acque pubbliche, di cui al precedente  art.  8,
cessa  di  applicarsi  nel  territorio  della  provincia   il   piano
regolatore generale degli acquedotti". 
    Il predetto assetto statutario e' integrato  e  completato  dalle
norme di attuazione dello Statuto speciale. Rilevano, in particolare,
il d.P.R. 20 gennaio 1973, n.  115,  che  trasferisce  alle  Province
autonome, tra l'altro, tutti i beni del demanio idrico, in  relazione
a quanto previsto dall'articolo 68  dello  Statuto;  il  gia'  citato
d.P.R. 381/1974,  che  trasferisce  alle  Province  "le  attribuzioni
dell'amministrazione  dello  Stato  in  materia  di  urbanistica,  di
edilizia  comunque  sovvenzionata,  di  utilizzazione   delle   acque
pubbliche, di opere idrauliche, di  opere  di  prevenzione  e  pronto
soccorso per calamita'  pubbliche,  di  espropriazione  per  pubblica
utilita', di viabilita', acquedotti e lavori  pubblici  di  interesse
provinciale"  (art.  1),  e  "tutte  le  attribuzioni  inerenti  alla
titolarita'"  del  demanio  idrico,   "ed   in   particolare   quelle
concernenti  la  polizia  idraulica   e   la   difesa   delle   acque
dall'inquinamento" (art. 5); il d.P.R. 26  marzo  1977,  n.  235,  in
materia di energia e di grandi derivazioni a scopo idroelettrico,  ed
il d.lgs. 16 marzo 1992, n. 268, in materia di finanza locale. 
    Il decreto legislativo 16 marzo 1992, n.  266,  detta  poi  norme
concernenti  il  rapporto  tra  atti  legislativi  statali  e   leggi
regionali e provinciali, disponendo l'inapplicabilita', nelle materie
di  competenza  della  Provincia,  delle   disposizioni   legislative
statali, fermo restando l'onere  di  adeguamento  della  legislazione
provinciale  vigente  ai  principi   costituenti   limiti   statutari
(articolo 2). 
    In attuazione di tali  disposizioni  e  norme,  la  Provincia  di
Trento esercita tutte le attribuzioni inerenti alla  titolarita'  del
demanio idrico e ha  adottato  disposizioni  legislative  provinciali
che, nel rispetto dei principi contenuti nella  normativa  europea  e
statale  che  rappresentano  limiti  della  competenza   provinciale,
regolano il servizio idrico. 
    Per quanto riguarda l'organizzazione e la gestione  del  servizio
idrico, occorre ricordare che il sistema della Provincia di Trento si
basa su una forte centralizzazione del  sistema  depurativo  (gestito
dalla stessa  Provincia)  e  su  un  decentramento  gestionale  degli
acquedotti e del sistema fognario. 
    La  Provincia  ha  adottato,  quindi,  un  modello  organizzativo
"misto", i cui  attori  sono  la  Provincia,  i  Comuni  e  l'Agenzia
provinciale per la protezione dell'ambiente e che si fonda  su  forme
di  coordinamento  interistituzionale.  Le  regole  di  tale  sistema
risultano dagli artt. 54 ss. del dPGp 26 gennaio 1987, n. 1-41 (Testo
unico delle leggi provinciali  in  materia  di  tutela  dell'ambiente
dagli inquinamenti):  in  particolare,  l'art.  54  regola  il  piano
provinciale di risanamento delle acque e  attribuisce  ai  Comuni  la
gestione  delle  fognature,  mentre  i  depuratori  rientrano   nella
competenza della Provincia. 
    La gestione dei servizi pubblici e' stata  regolata  anche  dalle
leggi regionali sull'ordinamento dei comuni (v. la 1.r. 1/1993 ed  il
t.u. adottato con d.P.Reg. 3/2005) e dalle leggi  provinciali  6/2004
(Disposizioni in materia di organizzazione, di personale e di servizi
pubblici: v. gli artt. 10 e 11) e 3/2006 (Norme in materia di governo
dell'autonomia del Trentino). 
    Tenuto conto di cio', pare chiaro che l'art. 7,  comma  1,  lett.
b),  n.  2  d.l.  133/2014,  qualora   non   possa   essere   oggetto
dell'interpretazione  "adeguatrice"   sopra   ipotizzata,   lede   le
competenze statutarie della Provincia  di  Trento  sopra  illustrate.
Infatti, una  volta  riconosciuto  che  la  Provincia  di  Trento  e'
competente a regolare i  diversi  aspetti  del  servizio  idrico,  ne
consegue inevitabilmente l'illegittimita' e lesivita', per violazione
di tale competenza, della disposizione impugnata, nella parte in  cui
essa  menziona  le  Province  autonome  di  Trento  e   di   Bolzano,
presupponendo l'applicazione in esse di  un  sistema  territoriale  e
organizzativo del servizio che non trova riscontro nella provincia di
Trento. 
    E' evidente infatti  il  contrasto  con  quel  "complesso  quadro
normativo che si e' venuto definendo prima in  sede  statutaria,  poi
attraverso le norme di attuazione", come definito dalla  sentenza  n.
412  del  1994,  e  che  comprende  certamente  l'organizzazione  del
servizio  idrico:  sistema  che  ha  trovato  concreta  attuazione  e
traduzione  in  una   pluridecennale   organizzazione   e   attivita'
amministrativa. 
    Inoltre, la norma  impugnata  viola  l'art.  2  d.lgs.  266/1992,
perche' si rivolge alle Province pretendendo applicazione diretta  ed
imponendo ad esse un'attivita' da svolgere  (l'esercizio  del  potere
sostitutivo): poiche' cio'  avviene  in  una  materia  di  competenza
provinciale (organizzazione del servizio idrico), e' violato l'art. 2
d.lgs. 266/1992, che invece prevede il  mero  dovere  di  adeguamento
delle Province alle leggi statali  recanti  limiti  delle  competenze
provinciali. 
2) Illegittimita' costituzionale dell'articolo 17-bis 
    Come visto nel Fatto, l'art. 17-bis inserisce il  comma  1-sexies
nell'art.  4  dPR  380/2001.  Quest'ultima  disposizione  prevede   i
Regolamenti edilizi comunali. Il comma 1 dispone che "il  regolamento
che i comuni  adottano  ai  sensi  dell'articolo  2,  comma  4,  deve
contenere la disciplina delle modalita' costruttive, con  particolare
riguardo   al    rispetto    delle    normative    tecnico-estetiche,
igienico-sanitarie, di sicurezza e vivibilita' degli immobili e delle
pertinenze degli stessi". 
    La  norma  impugnata  stabilisce  che,  in  sede  di   Conferenza
unificata, venga adottato uno schema  di  regolamento  edilizio-tipo,
"al fine di semplificare e uniformare le norme e gli adempimenti". Si
precisa che "tali  accordi  costituiscono  livello  essenziale  delle
prestazioni, concernenti la tutela  della  concorrenza  e  i  diritti
civili e sociali che devono essere garantiti su tutto  il  territorio
nazionale", e si aggiunge  che  "il  regolamento  edilizio-tipo,  che
indica i  requisiti  prestazionali  degli  edifici,  con  particolare
riguardo alla sicurezza e al risparmio energetico,  e'  adottato  dai
comuni nei termini fissati dai suddetti  accordi,  comunque  entro  i
teuiiini previsti" dall'art. 2 I. 241/1990. 
    Il  comma  1-sexies  non  menziona  specificamente  le   Province
autonome e, dunque, considerando anche la  gia'  citata  clausola  di
salvaguardia di cui all'art.  43-bis  d.l.  133/2014,  esso  potrebbe
essere inteso come non rivolto ai comuni della provincia  di  Trento.
E' anche da sottolineare che, in  base  all'art.  2,  co.  2,  d.P.R.
380/2001, "le regioni a statuto speciale e le  province  autonome  di
Trento e di'  Bolzano  esercitano  la  propria  potesta'  legislativa
esclusiva, nel rispetto e nei limiti degli  statuti  di  autonomia  e
delle relative nonne di attuazione". 
    D'altro canto, il tenore  generale  della  disposizione  (che  fa
riferimento al fine di "uniformare le nonne e gli adempimenti"  e  ai
"diritti civili e sociali che devono essere  garantiti  su  tutto  il
territorio   nazionale")   potrebbe   indurre   a   interpretare   la
disposizione come destinata a  tutti  i  comuni  italiani.  Se  cosi'
fosse, essa sarebbe  lesiva  delle  competenze  costituzionali  della
Provincia in materia di urbanistica. 
    Infatti, l'art. 8, n. 5, e Part. 16 dello  Statuto  attribuiscono
alle Province potesta' legislativa primaria e potesta' amministrativa
in materia di' "urbanistica e  piani  regolatori".  Questa  Provincia
autonoma ha disciplinato compiutamente la  materia  edilizia  con  la
legge provinciale 4 marzo 2008, n. 1  (Pianificazione  urbanistica  e
governo del territorio), ed in particolare ha previsto  nell'articolo
36 (Contenuti del  regolamento  edilizio  comunale)  che  "la  Giunta
provinciale,  sentito  il  parere   della   Commissione   Urbanistica
Provinciale e del  Consiglio  delle  autonomie  locali,  approva  uno
schema di regolamento edilizio tipo per la redazione dei  regolamenti
edilizi" in ambito provinciale (comma 3; Part. 36, co. 1, indica  gli
oggetti dei regolamenti edilizi). 
    Poiche' la legge cost. 3/2001 attribuisce alle  Regioni  potesta'
concorrente in materia di "governo del territorio", e'  pacifico  che
questa Provincia ha conservato, in materia  urbanistica,  la  propria
potesta' primaria prevista dallo Statuto speciale. Come noto,  quando
lo Stato ritenga di dover tutelare interessi nazionali in materie  di
competenza statutaria delle Province  autonome,  esso  puo'  adottare
norme legislative (soggetti  al  regime  di  cui  all'art.  2  d.lgs.
266/1992) e atti di indirizzo e coordinamento ai  sensi  dell'art.  3
d.lgs.  266/1992.  Di  certo,  lo  Stato  non  puo'   pretendere   di
"espropriare" la Provincia  della  propria  potesta'  legislativa  ed
amministrativa, invocando titoli di competenza esclusiva statale  non
applicabili alla Provincia. 
    Premesso cio' in linea generale, sono ora da illustrare i diversi
profili  di  illegittimita'  della  disposizione  impugnata.  Innanzi
tutto, e' da contestare il riferimento  all'articolo  117,  comma  2,
lett. e) e m), della Costituzione.  In  base  all'art.  10  1.  cost.
3/2001, le norme del Titolo V sono applicabili alle Regioni  speciali
solo se piu' favorevoli. Dunque, le norme dell'art. 117, co. 2,  sono
applicabili alle Regioni speciali  solo  qualora  siano  collegate  a
competenze attribuite alle Regioni dai commi 3 o 4, in modo  tale  da
determinare comunque un effetto "ampliativo" per la Regione speciale.
Poiche' lo Statuto speciale, come  visto,  conferisce  alle  Province
potesta' primaria in materia urbanistica, e' chiaro  che  non  esiste
alcun titolo per applicare alle Province norme dell'art.  117,  comma
2, Cost. 
    Le esigenze unitarie tutelate dall'art. 117, co. 2, lett.  e)  ed
m) possono essere soddisfatte, in materia urbanistica ed in provincia
di Trento, attivando uno dei limiti statutari,  cioe'  essenzialmente
mediante il limite degli interessi nazionali. 
    Dunque, l'art. 17-bis e' illegittimo, in  primo  luogo,  perche',
qualora  sia  inteso  come  rivolto  anche  alle  Province  autonome,
applicherebbe ad esse titoli di competenza statale  che,  in  materia
edilizia, non possono condizionare le competenze provinciali. Oltre a
cio', il riferimento all'art. 117,  comma  2,  lett.  e)  ed  m),  e'
contestabile anche, per cosi dire, nel merito. 
    In primo luogo, la disposizione e' formulata in modo oscuro,  sia
perche' non e' chiaro se e' l'accordo in se' (cioe',  la  conclusione
dell'accordo)  a  costituire  livello  essenziale  o   se   l'accordo
definisce i livelli essenziali  delle  prestazioni,  sia  perche'  la
"tutela della concorrenza",  che  nell'art.  117,  comma  2,  e'  una
competenza autonoma, nell'art. 17-bis viene "inglobata"  nei  livelli
essenziali delle prestazioni ("livello essenziale delle  prestazioni,
concernenti  la  tutela  della  concorrenza  e  i  diritti  civili  e
sociali"). 
    In secondo  luogo,  non  si  vede  in  che  modo  il  regolamento
edilizio-tipo possa avere a che fare con la tutela della concorrenza,
a  meno  di  non  voler  ritenere  che   qualsiasi   regolazione   di
un'attivita' avente  rilievo  economico  incida  sulla  tutela  della
concorrenza. Ma  sia  consentito  osservare  che,  al  contrario,  la
giurisprudenza costituzionale ha riportato la nozione all'interno  di
confini precisi, alla garanzia della  correttezza  dei  comportamenti
reciproci tra gli operatori economici e  -  per  quanto  riguarda  il
rapporto tra poteri pubblici e imprese - alla garanzia della  parita'
di trattamento tra imprese concorrenti (cfr. sentt. n. 431 del 2007 e
n. 63 del 2008). 
    Ne' le prescrizioni del regolamento  edilizio  comunale,  che  in
pratica  possono   estendersi   all'intera   disciplina   urbanistica
dell'abitato, possono essere genericamente fatte  coincidere  con  la
definizione  di   livelli   essenziali   di   non   meglio   definite
"prestazioni" che la pubblica amministrazione  dovrebbe  erogare  per
soddisfare i diritti civili e sociali dei privati. 
    Anche sotto questo profilo, dunque, l'autoqualificazione" operata
dall'art. 17-bis risulta illegittima, in quanto non corrispondente al
reale contenuto della disposizione. 
    L'art. 17-bis risulta poi illegittimo in quanto da esso emerge la
pretesa di imporre ai comuni il regolamento edilizio-tipo "centrale",
in luogo di quello provinciale (previsto dal gia' citato art. 36 1.p.
1/2008).  Cio'  risulta   chiaramente   dall'ultimo   periodo   della
disposizione ("Il regolamento edilizio-tipo, che indica  i  requisiti
prestazionali degli edifici, con particolare riguardo alla  sicurezza
e al risparmio energetico, e' adottato dai comuni nei termini fissati
dai suddetti accordi, comunque entro i termini previsti" dall'art.  2
1. 241/1990). Dunque; la potesta' legislativa ed amministrativa della
Provincia in materia urbanistica e'  indubbiamente  lesa,  perche'  i
comuni situati in territorio trentino  sarebbero  obbligati  (qualora
l'art. 17-bis sia inteso come applicabile in provincia di  Trento)  a
recepire il regolamento-tipo  centrale,  invece  che  attenersi  allo
schema approvato  dalla  Giunta  provinciale  ai  sensi  della  legge
provinciale. 
    A questo modo l'autorita' centrale si sostituisce alla  Provincia
nell'esercizio di essenziali funzioni  amministrative  nella  materia
urbanistica (art. 8, n. 5, Statuto), in violazione diretta  dell'art.
16 dello stesso Statuto, come attuato dal dPR n. 381 del 1974. 
    Inoltre, cio' determina violazione  anche  dell'art.  2  d.  lgs.
266/1992,  in  quanto  l'ultimo  periodo  dell'art.  17-bis  pretende
immediata applicabilita' in una materia di competenza  provinciale  e
impone direttamente un'attivita' ai comuni trentini. 
    Ne' il contenuto dell'atto potrebbe essere giustificato  in  base
all'art.  3  d.lgs.  266/1992.   Infatti,   l'art.   17-bis   prevede
sostanzialmente un atto di indirizzo e coordinamento che, pero',  non
rispetta i requisiti sostanziali e procedurali di cui all'art.  3  d.
lgs. 266/1992: infatti, in base a quest'ultima disposizione, gli atti
di indirizzo "vincolano la regione e le  province  autonome  solo  al
conseguimento degli obiettivi o risultati in essi stabiliti",  mentre
l'atto previsto dall'art. 17-bis ha  un  contenuto  normativo  e  non
finalistico (si parla di "schema  di  regolamento  edilizio-tipo,  al
fine di semplificare e uniformare le norme e gli adempimenti",  e  di
"regolamento edilizio-tipo,  che  indica  i  requisiti  prestazionali
degli edifici"), tanto e' vero che i comuni sono tenuti semplicemente
ad  adottarlo.  Inoltre,  l'art.  17-bis  non   prevede   che   venga
specificamente  richiesto  il  parere  delle  Province  autonome,  in
contrasto con l'art. 3, co. 3, d. lgs. 266/1992. 
    Ne' tale obiezione potrebbe essere superata sottolineando che  lo
schema di regolamento edilizio-tipo e' adottato  con  un  accordo  in
sede di Conferenza unificata. E' vero che l'accordo di cui all'art. 9
d.lgs. 281/1997 e' di tipo "forte (l'art. 9, co.  2,  lett.  c),  non
rinvia all'art. 3 d. lgs. 281/1997) e che anche per le intese di  cui
all'art. 8, comma 6, legge 131/2003 "e'  esclusa  l'applicazione  dei
commi 3 e 4 dell'articolo 3 del decreto legislativo 28  agosto  1997,
n. 281", ma e' chiaro che la volonta' della Provincia di Trento  puo'
essere  scavalcata  nella  Conferenza  unificata,  e  quindi  che  la
Provincia puo' vedersi imporre uno  schema  di  regolamento  che  non
condivide, in luogo di quello previsto dall'art. 361.p. 1/2008. 
    Resta confermata, dunque, l'illegittimita' dell'art. 17-bis per i
motivi sopra esposti, nella parte  in  cui  esso  intenda  applicarsi
anche ai comuni della provincia di Trento. 
3) Illegittimita' costituzionale dell'articolo 31 
    Come gia' visto, l'art. 31 di. 133/2014, intitolato Misure per la
riqualificazione degli esercizi alberghieri, stabilisce che, "al fine
di diversificare l'offerta  turistica  e  favorire  gli  investimenti
volti alla riqualificazione degli esercizi alberghieri esistenti, con
decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri,  su  proposta  del
Ministro dei beni e  delle  attivita'  culturali  e  del  turismo  di
concerto con il Ministro dello sviluppo economico, da adottare previa
intesa tra Governo, Regioni e Province autonome di Trento e  Bolzano,
in sede di Conferenza Unificata ai sensi dell'articolo 9 del  decreto
legislativo 28 agosto 1997, n. 281 sono  definite  le  condizioni  di
esercizio dei condhotel", che vengono di seguito definiti. 
    Il comma 2 indica ulteriori contenuti del decreto di cui al comma
1 ("i criteri  e  le  modalita'  per  la  rimozione  del  vincolo  di
destinazione alberghiera in caso di interventi edilizi sugli esercizi
alberghieri esistenti e limitatamente alla realizzazione della  quota
delle unita' abitative a destinazione residenziale di cui al medesimo
comma") ed il comma 3 dispone che "le Regioni e le Province  autonome
di Trento e  di  Bolzano  adeguano  i  propri  ordinamenti  a  quanto
disposto dal decreto di cui al  comma  1  entro  un  armo  dalla  sua
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale". 
    Si noti che il comma 3  assume  un  significato  diverso  per  le
Regioni  a  statuto  ordinario  e  per  le  autonomie  speciali,   in
particolare per le  Province  autonome.  Per  le  Regioni  ordinarie,
infatti, tale disposizione vale a concedere  un  anno  di  tempo  per
l'attuazione del decreto. Per  le  Province  autonome,  invece,  essa
viene a stabilire in modo diretto l'applicabilita' ad  esse  di  tale
decreto (sia pure nel termine  di  un  anno),  a  prescindere  da  un
giudizio di compatibilita' con lo statuto, che sarebbe  invece  stato
dovuto  secondo  la  generale  clausola  di  salvaguardia   contenuta
nell'art. 43-bis d.l. 133/2014. 
    Ad avviso della ricorrente Provincia, il comma 3  viene  cosi'  a
sancire l'applicabilita' ad essa del decreto,  in  contrasto  con  lo
statuto, pregiudicando dunque le sue competenze costituzionali. 
    In effetti, la disposizione interviene in un complesso di materie
che  appartengono  alla  competenza  legislativa  primaria   e   alla
competenza amministrativa delle Province  autonome  di  Trento  e  di
Bolzano, quali l"'urbanistica e piani  regolatori",  la  "tutela  del
paesaggio" e il "turismo e industria alberghiera", ai sensi dell'art.
8, nn. 5, 6 e 20, e dell'art. 16 dello Statuto; le Province autonome,
inoltre, sono dotate di potesta' legislativa primaria  nella  materia
del commercio, ai sensi dell'art. 117, co. 4, Cost. e dell'art.  101.
cost. 3/2001 (v. sent. Corte cost. 183/2012). 
    La ricorrente Provincia di Trento, in particolare, ha  esercitato
tali competenze approvando la legge 15 maggio 2002, n. 7,  Disciplina
degli esercizi alberghieri ed extra-alberghieri  e  promozione  della
qualita' della ricettivita' turistica, e dettando all'articolo 13-bis
(aggiunto dall'art. 18  della  1.p.  11  marzo  2005,  n.  3,  e  poi
modificato dall'art. 155 della l.p. 4 marzo 2008, n. 1,  e  dall'art.
16 della l.p. 15 maggio  2013,  n.  9)  Disposizioni  in  materia  di
realizzazione  di  villaggi  alberghieri  e  di  residenze  turistico
alberghiere, come definiti dall'art. 5  l.p.  7/2002;  l'art.  13-bis
disciplina  anche  il  vincolo  di  destinazione  alberghiera   delle
strutture  in  questione.  L'art.   31   d.l.   133/2014   interviene
indubbiamente nelle materie  sopra  indicate  (prevalentemente  nelle
materie "urbanistica e piani regolatori", "commercio"  e  "turismo  e
industria alberghiera"). 
    Esso non si limita  a  definire  i  "condhotel",  ma  prevede  un
successivo  dPCm,   sostanzialmente   regolamentare,   al   fine   di
determinarne le "condizioni di esercizio" e di stabilire "i criteri e
le  modalita'  per  la  rimozione   del   vincolo   di   destinazione
alberghiera"; e al comma 3,  come  sopra  precisato,  si  prevede  il
dovere di adeguamento delle Province al dPCm. 
    Sennonche', la previsione del dovere di adeguamento  ad  un  atto
statale sublegislativo, sostanzialmente regolamentare,  viola  l'art.
117, comma 4, Cost., Part. 8, nn. 5 e 20, St., le relative  norme  di
attuazione (v. il  dPR  381/1974,  in  materia  urbanistica,  il  dPR
686/1973 in materia di pubblici  esercizi  ed  il  dPR  278/1974,  in
materia di turismo e  industria  alberghiera)  e  l'art.  2  d.  lgs.
266/1992. 
    L'art. 2 d. lgs. 266/1992, in particolare, stabilisce chiaramente
che le  Province  hanno  un  onere  di  adeguamento  solo  agli  atti
legislativi statali costituenti un limite  statutario.  Si  noti  che
tale vincolo di adeguamento e' in realta' illegittimo  anche  per  le
Regioni a statuto ordinario  (dato  che  l'art.  117,  co.  6,  Cost.
esclude  ogni  competenza   regolamentare   statale   nelle   materie
regionali): ma per le Province autonome le norme di attuazione  dello
statuto  delimitano  in  modo  specifico  e  preciso  gli  oneri   di
adeguamento. 
    Dunque, nei confronti  delle  Province  autonome  il  legislatore
statale doveva limitarsi a  prevedere  l'adeguamento  delle  Province
alle norme legislative statali concretanti limiti  statutari,  mentre
ha disposto l'adeguamento dell'ordinamento delle Province  "a  quanto
disposto dal decreto di cui al  comma  1  entro  un  anno  dalla  sua
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale". 
    Di   qui   l'evidente   illegittimita'    costituzionale    della
disposizione. 
    Ne' a tale censura  si  potrebbe  obiettare  che  il  dPCm  sara'
adottato previa intesa in sede  di  Conferenza  unificata,  ai  sensi
dell'art. 9 d. lgs. 281/1997. Non solo, infatti, come gia'  osservato
nel punto precedente, la volonta'  della  Provincia  di  Trento  puo'
essere scavalcata nella Conferenza unificata, e quindi  la  Provincia
puo' vedersi imporre un atto che non condivide, ma e' evidente che la
stessa Provincia non potrebbe volontariamente limitare per il  futuro
l'autonomia  che  lo   statuto   assicura   alla   propria   funzione
legislativa. 
    In via subordinata, e' poi da sottolineare che, l'art. 31,  comma
1, si riferisce ad  una  intesa  in  base  all'art.  9  del  d.  lgs.
281/1997, e che secondo il comma 2, lett. b),  di  tale  disposizione
"nel caso di mancata intesa o di urgenza si applicano le disposizioni
di cui all'articolo 3, commi  3  e  4",  del  medesimo  decreto,  che
prevedono la possibilita' di prescindere dall'intesa. 
    Ora, qualora l'intesa di cui all'art. 31, co. 1,  dovesse  essere
considerata - in forza di tale richiamo - "debole", la norma  de  qua
sarebbe ulteriormente illegittima  per  violazione  delle  competenze
provinciali sopra illustrate e del principio di leale collaborazione.
Infatti, poiche' - come  gia'  detto  -  la  disciplina  relativa  ai
"condhotel" rientra in  materie  di  competenza  regionale,  le  gia'
illustrate ragioni di illegittimita' del vincolo che la legge pone di
fronte al decreto adottato  "previa  intesa"  varrebbero  a  maggiore
ragione di fronte ad un vincolo posto senza neppure la garanzia  (che
pur non vale a renderlo legittimo, per le ragioni sopra  esposte)  di
tale previa intesa. Dunque, ove, in denegata  ipotesi,  il  carattere
vincolante del dPCm fosse ritenuto di  per  se'  non  illegittimo  da
codesta Corte, esso lo sarebbe  in  ogni  caso,  per  violazione  del
principio di leale collaborazione, nel caso in cui dovesse  ritenersi
che il difetto di tale previa intesa possa superato. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Per le esposte ragioni, la Provincia  autonoma  di  Trento,  come
sopra  rappresentata  e   difesa,   chiede   voglia   codesta   Corte
costituzionale   dichiarare   l'illegittimita'   costituzionale   del
decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, recante "Misure urgenti  per
l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere  pubbliche,  la
digitalizzazione   del   Paese,   la   semplificazione   burocratica,
l'emergenza  del  dissesto  idrogeologico  e  per  la  ripresa  delle
attivita' produttive", convertito, con modificazioni, nella legge  11
novembre 2014, n. 164, con riferimento alle seguenti disposizioni: 
        articolo 7, comma 1, lettera b),  n.  2),  che  inserisce  il
comma 1-bis nell'articolo 147 del  decreto  legislativo  n.  152  del
2006; 
        articolo   17-bis,   che   inserisce   il   comma    1-sexies
nell'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 6  giugno
2001, n. 380, se ed in quanto riferibile anche alle Province autonome
ed ai comuni del rispettivo territorio; 
        articolo 31, 
    nelle parti, nei termini e sotto i profili esposti  nel  presente
ricorso. 
 
                   Prof. avv. Giandomenico Falcon 
 
 
                       Avv. Nicolo' Pedrazzoli 
 
 
                          Avv. Luigi Manzi 
 
        Padova-Trento-Roma, 7 gennaio 2015