N. 11 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 16 gennaio 2015

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 16 gennaio 2015 (della Regione Veneto). 
 
Opere pubbliche - Misure di semplificazione per le opere incompiute e
  misure finanziarie a favore degli enti territoriali, introdotte dal
  decreto-legge n. 133 del 2014 (c.d. "sblocca Italia") - Previsione,
  per le opere segnalate dai Comuni alla Presidenza del Consiglio dei
  ministri  dal  2  al  15  giugno  2014  e   per   quelle   inserite
  nell'elenco-anagrafe nazionale delle  opere  pubbliche  incompiute,
  della  facolta'  di  riconvocazione  della  Conferenza  di  Servizi
  funzionale  al  riesame  dei  pareri  ostativi  alla  realizzazione
  dell'opera  nonche'  della  facolta'  di   avvalimento,   a   scopo
  consulenziale-acceleratorio,   dell'apposita   cabina   di    regia
  istituita  presso  la  Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri  -
  Esclusione dal patto di stabilita' interno dei  pagamenti  connessi
  alle  opere  segnalate  e  fissazione   di   importi,   condizioni,
  destinatari e modalita' di compensazione finanziaria di tale misura
  - Ricorso della Regione Veneto - Denunciata sostanziale  esclusione
  delle Regioni dalle misure agevolative adottate - Violazione  sotto
  piu' profili del canone  di  ragionevolezza,  in  collegamento  con
  quello di buon andamento della Pubblica Amministrazione - Incidenza
  su diritti inviolabili dell'uomo (in particolare,  su  quello  alla
  salute) - Violazione del  riparto  di  competenze  legislative  tra
  Stato e Regioni  in  materia  di  "governo  del  territorio"  e  di
  "coordinamento della finanza pubblica" - Lesione  delle  competenze
  amministrative  comunali  attratte  in  sussidiarieta'  a   livello
  regionale - Sostanziale disparita' di trattamento fra  Regioni  del
  Mezzogiorno e del Centro-Nord quanto alle entrate rivenienti  dalla
  concessione  della  coltivazione  di   idrocarburi   -   Violazione
  dell'autonomia e della responsabilita' finanziaria  delle  Regioni,
  in relazione al residuo fiscale proprio di ognuna -  Lesione  delle
  regole di solidarieta' attiva, non discriminazione e imparzialita',
  che gravano sull'intero sistema delle autonomie locali. 
- Decreto-legge  12  settembre  2014,   n.   133,   convertito,   con
  modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, art. 4,  commi
  1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 (modificativo dell'art. 31, comma 9-bis,  della
  legge 12 novembre 2011, n. 183) e 9. 
- Costituzione, artt. 2, 3, 97, 114, primo comma, 117,  comma  terzo,
  118 e 119; legge 5 maggio 2009, n. 42, art. 2, comma 2,  lett.  a),
  e), f), m) e p). 
Ambiente  -  Misure  urgenti  per   la   mitigazione   del   dissesto
  idrogeologico, introdotte dal decreto-legge n. 133 del  2014  (c.d.
  "sblocca Italia") - Previsione che gli interventi in  materia  sono
  individuati con decreto del Presidente del Consiglio  dei  ministri
  su  proposta  del  Ministro  dell'ambiente  e  della   tutela   del
  territorio e del mare - Determinazione di criteri e modalita' degli
  interventi sul reticolo idrografico ed  attribuzione  di  carattere
  prioritario  alla  delocalizzazione  di  edifici  e  infrastrutture
  potenzialmente pericolosi per la pubblica incolumita' -  Previsione
  che il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio  e  del
  mare revoca le risorse assegnate alle Regioni per la  realizzazione
  di interventi di mitigazione del rischio idrogeologico per i  quali
  alla data del 30 settembre 2014 non e' stato pubblicato il bando di
  gara o non e' stato disposto l'affidamento dei lavori, nonche'  per
  gli interventi che risultano difformi dalle finalita'  stabilite  -
  Previsione che l'ISPRA (Istituto superiore per la protezione  e  la
  ricerca ambientale) assicura l'espletamento degli accertamenti ed i
  sopralluoghi necessari all'istruttoria entro il 30 novembre 2014  -
  Ricorso  della  Regione  Veneto  -  Denunciata  esorbitanza   dalla
  competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia  di  tutela
  dell'ambiente - Violazione della potesta'  legislativa  concorrente
  delle Regioni in materia di "governo del territorio"  -  Violazione
  del principio di leale collaborazione,  per  omessa  previsione  di
  alcun  coinvolgimento  della  Regione   nell'individuazione   degli
  interventi - Manifesta irragionevolezza del termine finale per  gli
  accertamenti e i sopralluoghi dell'ISPRA  -  Incidenza  su  diritti
  inviolabili dell'uomo (in particolare, sui diritti alla vita e alla
  salute) - Sottrazione di risorse gia' assegnate alle Regioni, senza
  alcuna  verifica  concreta  e  senza  tener   conto   del   residuo
  fiscale proprio di ognuna. 
- Decreto-legge  12  settembre  2014,   n.   133,   convertito,   con
  modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, art. 7,  commi
  2 e 3. 
- Costituzione, artt. 2, 3, 97, 114, primo comma, 117,  comma  terzo,
  118 e 119. 
Bilancio e contabilita' pubblica - Disposizioni in materia di finanza
  delle Regioni, introdotte dal decreto-legge n. 133 del  2014  (c.d.
  "sblocca Italia") - Previsione che le Regioni a  statuto  ordinario
  sono tenute per l'anno 2014 ad effettuare le  spese  nei  confronti
  dei beneficiari, a valere su una serie di autorizzazioni  di  spesa
  stabilite  dalla  legislazione  vigente  (tra  cui  quelle  per  le
  istituzioni scolastiche paritarie, per il diritto allo studio,  per
  contributi e benefici a studenti  anche  con  disabilita'),  e  che
  versano all'entrata del bilancio dello Stato la quota di spesa  non
  effettuata - Previsione che per l'anno 2014 non si applicano talune
  esclusioni dai vincoli del patto  di  stabilita'  interno  previste
  dalla  legislazione  statale  -  Ricorso  della  Regione  Veneto  -
  Denunciata esorbitanza dalla determinazione, di competenza statale,
  dei principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza
  pubblica  -  Lesione   dell'autonomia   finanziaria   regionale   -
  Interferenza con l'esercizio della potesta'  legislativa  regionale
  in materia di istruzione - Compressione dell'autonomia  finanziaria
  di  spesa  delle   Regioni,   senza   tener   conto   del   residuo
  fiscale proprio di ognuna. 
- Decreto-legge  12  settembre  2014,   n.   133,   convertito,   con
  modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, art. 42, commi
  1 (aggiuntivo dei commi 7-bis, 7-ter e 7-quater  dell'art.  46  del
  decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni,
  dalla legge 23 giugno 2014, n. 89), 2  (modificativo  dell'art.  1,
  comma 517, della legge 27 dicembre 2013, n. 147),  3  (modificativo
  dell'art. 1, comma 140, della legge 13 dicembre 2010, n. 220)  e  4
  (modificativo dell'art. 1, comma 525, della legge 27 dicembre 2013,
  n. 147). 
- Costituzione, artt. 2, 3, 97, 117, comma terzo, 118 e 119. 
(GU n.8 del 25-2-2015 )
     Ricorso  per  la  Regione  Veneto   (c.f.   80007580279;   p.iva
02392630279), in persona del  Presidente  pro  tempore  della  Giunta
regionale Dott. Luca  Zaia,  con  sede  in  Venezia,  Palazzo  Balbi,
Dorsoduro 3901, rappresentata e difesa,  giusta  deliberazione  della
Giunta regionale n. 2471 del 23 dicembre 2014  e  pedissequo  mandato
speciale a margine del presente ricorso,  dagli  avv.ti  prof.  Mario
Bertolissi del  Foro  di  Padova  (c.f.  BRTMRA  8T28  L483  I;  pec:
mario.bertolissi@ordineavvocatipadova.it; fax: 049 83 60  938),  Ezio
Zanon coordinatore dell'Avvocatura regionale (c.f. ZNNZEI57L07B563 K;
pec: ezio.zanon@coavenezia.it; fax: 041 27949 2)  e  dall'avv.  Luigi
Manzi   del   Foro   di   Roma   (c.f.   MNZLGU34E15   H501Y;    pec:
luigimanzi@ordineavvocatiroma.org; fax: 06  3211370),  con  domicilio
eletto  presso  lo  studio  legale  del  terzo,  in  Roma,   via   F.
Confalonieri n. 5; 
    Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore (c.f.
80188230587), rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale
dello Stato (c.f. 80224030587), con sede in Roma, via dei  Portoghesi
n. 12; 
    Per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli artt.
4, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 9; 7, commi 2 e 3; 42, commi 1, 2, 3 e
4, del decreto-legge 12 settembre 2014,  n.  133,  rubricato  «Misure
urgenti per l'apertura dei cantieri,  la  realizzazione  delle  opere
pubbliche,  la  digitalizzazione  del   Paese,   la   semplificazione
burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la  ripresa
delle attivita' produttive»,  convertito,  con  modificazioni,  dalla
legge 11 novembre 2014, n. 164, pubblicata nel Supplemento  ordinario
n. 85 della Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n.  262  del
11 novembre 2014, per violazione degli artt. 2, 3, 97, 114, comma  1,
117, comma 3, 118 e 119 della Costituzione. 
 
                                Fatto 
 
    Con il d.l.  n.  133  del  12  settembre  2014,  convertito,  con
modificazioni,  dalla  legge  n.  164  dell'11  novembre   2014,   il
legislatore  statale  e'   intervenuto   in   diversi   settori   con
disposizioni finalizzate a consentire al nostro Paese il  superamento
della situazione di grave crisi economica che lo attanaglia,  tant'e'
che tale decreto-legge e' meglio conosciuto come decreto c.d. Sblocca
Italia. 
    La Regione Veneto ha individuato, nel  corpo  del  provvedimento,
una   serie   di   disposizioni   normative   che   appaiono   lesive
dell'autonomia  regionale  costituzionalmente   garantita:   in   una
prospettiva che guarda all'avvenire del Paese. 
    In ragione di cio', la Regione Veneto  deve  chiedere  a  codesto
ecc.mo Collegio la  dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale
delle disposizioni normative in  epigrafe  indicate  per  i  seguenti
motivi di 
 
                               Diritto 
 
I. Premesse 
    1. Nonostante rappresenti ormai, senz'altro a  parole,  un  luogo
comune la denuncia di un'evasione fiscale e contributiva enorme e  di
tassi insostenibili di inefficienza (1) , tali da porre il  Paese  in
condizione di non essere in grado di escogitare rimedi da  opporre  a
un doloroso, preoccupante declino; nonostante sia noto  a  tutti  che
misure indifferenziate - c.d. lineari, che si ricollegano alla  spesa
storica di ciascun ente - siano, sul versante delle entrate  e  delle
spese, destinate non a ridurre,  ma  ad  incrementare  gli  squilibri
territoriali; nonostante tutto cio', i Governi che si sono succeduti,
l'uno all'altro, pare procedano secondo  una  logica  deterministica,
vale a dire in assenza di cio' che illumina le scelte, rendendole, ad
un tempo, razionali e ragionevoli. 
    Certo, non sono mancate le  sollecitazioni.  Per  rimanere  fermi
all'ottica del giudizio di legittimita' costituzionale  delle  leggi,
proprio la Regione Veneto ha sottoposto a codesto Ecc.mo  Collegio  -
da  cinque  lustri  almeno,  con  garbo  e  precisione  millimetrica,
attraverso questo  patrocinio  -  il  problema  costituzionale  della
differenziazione, il cui  principio  e'  stato  formalizzato  con  la
novella costituzionale del 2001, che ha modificato l'art. 118  Cost.;
mentre, per l'innanzi, poteva dirsi espressione dell'art. 3, comma 2,
Cost., che e' sicuro presidio di un'eguaglianza  che  non  vuole  mai
trasformarsi in egualitarismo, anche ai sensi di cio' che dispone - e
impone - l'art. 97 Cost. 
    Simili prospettive - che hanno dato voce a pulsioni istituzionali
coerenti, ad un tempo, con principi politici e costituzionali di alto
profilo  -  si  ricollegavano  e  si  ricollegano  tutt'ora   a   una
preoccupazione  risalente  di  tanti  (2)  ,  i  quali,   pur   nella
"diversita'   delle   opinioni",   hanno   "espresso   la    medesima
preoccupazione, e cioe' che  i  settori  parassitari  della  societa'
italiana, che traggono i loro privilegi dal rapporto  con  il  potere
politico, abbiano raggiunto una massa critica, che mette seriamente a
repentaglio  le  possibilita'  di  crescita  e  di  sviluppo   civile
dell'Italia" (3) . 
    A distanza, pur cosi' grande, di tempo, e'  necessario  ripartire
da  qui:  da  questa  inascoltata  sollecitazione,  visti  gli  esiti
negativi cui si e' giunti, avendone  trascurato  il  senso  profondo;
viste le prospettive, che non si possono alimentare  di  ragionamenti
che si basano su premesse ordinamentali prive di fondamento. Infatti,
la rilevanza costituzionale e il significato normativo  dei  principi
di sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza, di  cui  all'art.
118, comma 1, Cost., non  possono  prescindere  da  cio'  che  e'  ed
accade: da quella  che  Francesco  De  Sanctis  denominava  la  "cosa
effettuale" (4) Con la conseguenza - dovrebbe,  finalmente,  divenire
scontata - che la legge non puo' disporre trascurando, oltretutto  in
nome dell'irresponsabilita', azioni positive  e  negative,  meriti  e
demeriti, in violazione, tra l'altro, degli artt. 2, 3, 97, 117,  118
e  119  Cost.,  che  vorrebbero,  prefigurandola  sottotraccia,   una
Repubblica coesa. Non soltanto formalmente una e  indivisibile,  come
promette l'art. 5 Cost., sulla carta (5) . 
    2. Sostiene il Presidente del Consiglio - Matteo Renzi - che, nei
decenni che lo hanno preceduto,  forieri  dell'attuale  tracollo  del
sistema-Paese, Parlamenti, Governi e relative maggioranze  non  hanno
saputo risolvere alcun problema strutturale.  D'altra  parte,  con  i
consueti,  collaudati  e  ripetuti  criteri  di  giudizio  non   c'e'
riuscita, ancorche' incolpevolmente, la Corte  costituzionale  (6)  e
neanche, per parte sua, questa difesa della Regione Veneto. Tuttavia,
e'  indispensabile,  per  almeno  tentare  di  uscire  dalle  secche,
ripensare     portata      e      limiti      delle      disposizioni
costituzionali-parametro qui fatte valere - gli artt. 2, 3, 97,  117,
118 e 119 Cost. - le quali non possono  continuare  a  misurarsi  con
riferimenti di indole astratta e, per cio' solo,  irreali;  dovendosi
confrontare, invece, con dati di fatto che riassumono in se' la  vita
quotidiana di cio' che l'art. 114 Cost.  definisce  come  Repubblica:
insieme di enti e, soprattutto, di collettivita' (7) 
    Per costruire un percorso limpido nelle sue premesse e  nei  suoi
sviluppi, e' opportuno, comunque, ricordare, in estrema sintesi, quel
che e' accaduto quanto meno a partire dal 2001:  spartiacque  tra  il
testo originario del Titolo V della Parte II della Costituzione e  il
nuovo testo, introdotto dalla legge costituzionale n. 3/2001.  Prima,
i rapporti Stato-Regioni sono stati regolati sulla  base  del  limite
dell'interesse nazionale (e delle altre  Regioni)  che,  abbinato  al
limite territoriale, e' stato concepito, contrastando  nettamente  le
intenzioni  del  Costituente  e  la  lettera   stessa   della   Legge
fondamentale, come limite  di  legittimita'.  La  potesta'  regionale
finanziaria e' stata ridotta, non a caso, a potesta'  sostanzialmente
regolamentare  (8)  Dopo,  le   materie-funzione   hanno   sostituito
l'interesse nazionale e il risultato non e' mutato:  fatta  eccezione
per l'ulteriore amministrativizzazione del contezioso costituzionale,
cui e' indispensabile ridare slancio sul piano  qualitativo.  Avrebbe
dovuto concorrere a realizzare un simile programma  l'attuazione  del
c.d. federalismo fiscale, ma gli sviluppi  istituzionali  sono  stati
ben altri: piu' precisamente, del  tutto  diversi.  Di  cio'  bisogna
essere consapevoli, se  si  intende  concorrere  alla  riforma  della
Repubblica, che esige un netto cambio di rotta (9) . 
    Per il momento, vale la pena di  accennare  a  quel  che  si  era
auspicato: di concepire il federalismo  fiscale  quale  strumento  di
contrasto del "declino [dell'Italia]  che  ha  imboccato  nell'ultimo
decennio: la produttivita' ristagna, l'occupazione aumenta solo nella
componente straniera, la pressione e l'evasione fiscale  restano  fra
le piu' alte al mondo, i servizi pubblici permangono inefficienti, il
welfare continua a privilegiare i padri  e  penalizzare  i  figli..."
(10) ; quindi, si sarebbe dovuto evitare di "aumentare le funzioni ad
essi [enti regionali]  delegate",  funzioni  destinate  "ad  attrarre
maggiori risorse pubbliche, in cambio della promessa di usarle meglio
in futuro" (11) ; piuttosto, avendo di mira  l'interesse  del  Paese,
"il  ceto  politico"  avrebbe  dovuto  rendersi  conto  "che  l'unica
possibilita' che ha l'Italia di fermare il declino e' di rimettere in
movimento  le  sue  locomotive,  ossia   i   territori   produttivi",
attenuando  progressivamente  il  "parassitismo  dei  territori  piu'
spreconi" (12)  Tutto  cio',  sul  presupposto  che  il  regionalismo
italiano  era,  fin  dall'origine,  a  macchia  di  leopardo  (13)  ,
disancorato da  qualunque  responsabilita',  e  che  vi  erano  stati
massicci trasferimenti di risorse a  favore  del  Sud  (14)  ,  senza
risultati degni di nota,  come  testimoniano  le  vicende  che  hanno
interessato, da ultimo, il Comune di Roma (15) 
    Ma l'auspicio non si e' tradotto in realta'. Ed e' per questo che
la questione  va  affrontata  muovendo  da  quel  che  si  e'  sempre
trascurato:   la   valorizzazione   dei    "territori    produttivi",
nell'interesse del Paese, che non puo'  continuare  a  sopportare  il
"parassitismo dei territori piu' spreconi". Non si e' finora tradotto
in realta' perche' il federalismo istituzionale e fiscale sono  stati
fraintesi. Infatti, "se andiamo alle radici e lasciamo  da  parte  il
folclore...  e'  piuttosto  chiaro  che  la  ratio   principale   del
federalismo non era, all'origine, quella di rendere  piu'  efficiente
la  Pubblica  amministrazione,   o   di   restituire   alle   regioni
settentrionali il maltolto (circa 50 miliardi  di  euro,  secondo  le
stime piu' prudenti contenute in questo libro). No, la funzione e  lo
scopo del  federalismo  erano  piu'  semplici  e  piu'  fondamentali:
permettere ai territori piu'  dinamici  e  produttivi  del  Paese  di
tornare  a  crescere  a  un   ritmo   ragionevole,   liberandoli   da
un'oppressione fiscale che - nei primi anni  Novanta  -  stava  ormai
soffocando l'economia  italiana,  sempre  meno  capace  di  espandere
l'occupazione,  reggere  la  concorrenza   internazionale,   innovare
prodotti e  processi"  (16)  .  Insomma  -  lo  si  ribadisce  -  "il
federalismo  ...  fiscale  doveva  ...  rimettere  i  produttori   in
condizioni di produrre" (17) . Un modo  concreto  per  realizzare  la
giustizia (18) 
    Se e' cosi', e' evidente che le leggi dello Stato vanno valutate,
nell'ottica costituzionale, alla luce di queste  ragioni  sostanziali
connesse con il bene comune, dopo aver reso  espliciti  gli  elementi
che concorrono a identificarlo e a costituirlo. In gioco  vengono  le
competenze e  il  relativo  riparto;  ma,  soprattutto,  i  contenuti
imposti dalle  deliberazioni  legislative,  la  cui  legittimita'  va
riscontrata - come si e' accennato - in base a presupposti che devono
essere individuati tenendo ben presente la "cosa effettuale, come  te
la porge l'esperienza e l'osservazione" (19)  Il  che  significa:  e'
necessario prescindere dall'ente quale persona giuridica  astratta  e
guardare, invece, all'ente in concreto. A come legifera,  amministra,
reperisce risorse e spende: bene o male sono aspetti  imprescindibili
di un qualunque serio discorso "costituzionale". 
    3. La "giustizia territoriale" (20) , infatti, e' un  problema  -
forse, il problema dei problemi - attorno  al  quale  ruota  l'intero
Titolo V  della  Parte  II  della  Legge  fondamentale.  Titolo  che,
attraverso l'elenco delle  materie  di  cui  all'art.  117,  richiama
l'intera Parte  I,  per  ragioni  che  non  e'  neppure  il  caso  di
enunciare. Richiama, in particolare,  l'art.  53,  secondo  il  quale
"tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della
loro capacita' contributiva". Tutti - e' noto - equivale a  cittadini
e stranieri; persone fisiche ed enti, territoriali e no. Quanto  agli
enti territoriali, il loro concorso non puo' essere definito in  modo
arbitrario, ma deve  tenere  conto  di  alcune  regole  fondamentali,
valide per tutti: piu' precisamente, per tutti i soggetti di  cui  e'
"costituita" la Repubblica, secondo quanto dispone l'art. 114,  comma
1, Cost. Il criterio deve essere quello della solidarieta' (art. 2) e
dell'eguaglianza (art. 3), per cui ogni deroga deve  corrispondere  a
un valore costituzionalmente protetto, da scrutinare secondo l'ottica
della   ragionevolezza.   Ragionevole   non   e'   privilegiare    il
"parassitismo dei territori piu' spreconi", a  danno  dei  "territori
piu' produttivi", pena la "decrescita" (21) : che e' quel che  si  e'
puntualmente verificato. D'altra parte,  il  legislatore  statale  ha
preferito l'eguaglianza formale e l'entificazione,  non  dando  alcun
seguito a richieste volte ad affrontare, seriamente,  il  tema  della
"giustizia territoriale". 
    4. Provvedimenti legislativi statali che dettano regole uniformi,
quando  tra  ente  ed  ente  sussistono  gradi   anche   elevati   di
differenziazione; misure che  agevolano  oppure  sanzionano,  secondo
schemi  incentrati  su  una  determinazione  cronologica  casuale  e,
comunque, di carattere astratto; revoche o  attribuzioni  di  risorse
svincolate  da  ragioni  in  grado   di   spiegare   e   giustificare
comportamenti  disomogenei;  irrilevanza   dei   riscontri   fattuali
relativi al quando e come si e' intervenuti; conferimento,  piuttosto
che di poteri, di obblighi sostanziali e procedurali  di  adempimento
di compiti eterodeterminati con irresponsabilita' conseguente di  chi
decide, vale a dire dello Stato: tutto questo ed altro ancora - se ne
riparlera' ex professo, tra poco - concorrono  a  svilire  la  logica
fatta propria dal  Costituente,  che  ha  pensato  all'autonomia,  al
pluralismo,  alla   responsabilita'   e,   dal   2001,   anche   alla
sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza (art. 118,  comma  1,
Cost.). 
    Per evitare simili esiti, che pongono a repentaglio,  oltretutto,
presente e futuro della Repubblica, e' necessario individuare  alcuni
elementi di fatto, cui riportarsi, senza se e senza ma (22) : essendo
indispensabile - come si e' notato (23)  - che,  "se  l'Italia  vuole
fermare il declino e tornare a crescere, di quei 50  miliardi  almeno
una parte deve rientrare al  Nord,  e  deve  servire  a  rimettere  i
produttori in condizione di fare il loro mestiere" (24) . Detto anche
in altro modo,  si  tratta  di  ridurre  "l'oppressione  fiscale  dei
territori piu' produttivi" (25) . La Regione vi puo'  concorrere  sia
attenuando la propria leva  tributaria  sia  impiegando  le  maggiori
risorse disponibili ad essa spettanti in  spese  di  investimento:  a
motivo di  quel  che  si  denomina  residuo  fiscale  e  per  ragioni
elementari di giustizia, dipendenti dalla riduzione di inefficienze e
sprechi, che si realizza allocando diversamente i mezzi che lo  Stato
da' alle Regioni, secondo quel che la Costituzione si attende. 
    5.  La  Costituzione,  infatti,  non   puo'   trascurare   alcuni
essenziali dati di fatto (26) . Oggi, non ci si  puo'  permettere  di
non essere lungimiranti, proiettando il futuro della Repubblica oltre
se stessi, rinunciando a punti  di  vista  che  hanno  mutilato  ogni
prospettiva. Serve un nuovo ordine - l'"ordine delle autonomie"  (27)
 - che salvaguarda, ripensandolo, il pluralismo: non piu'  anarchico,
ma responsabile. Per dare voce  istituzionale  alla  categoria  della
responsabilita',  e'  opportuno  riflettere   ed   apportare   alcune
rettifiche, rispetto ad omissioni - gravi, deleterie omissioni -  che
rappresentano consolidati luoghi comuni (28) . 
    (a) Allo scopo, serve un differente ancoraggio, che corrisponde a
un inusuale punto di vista, costituito dagli squilibri  territoriali.
Infatti, "l'idea e'  che,  per  capire  i  mali  dell'Italia  occorra
partire dagli squilibri territoriali, ma che per  vedere  nitidamente
tali squilibri non basti guardare il Paese a occhio nudo,  o  secondo
le solite lenti della contabilita' nazionale. Quello di  cui  abbiamo
bisogno  e'  una  radiografia  molto  accurata,  una  sorta  di   TAC
(tomografia assiale computerizzata) che mostri - e  misuri  nel  modo
piu' preciso possibile - l'anatomia economico-sociale del  Paese.  E'
questo il compito della contabilita' nazionale liberale" (29) 
    Infatti, la contabilita' nazionale trascura cio' che consente  di
"descrivere  adeguatamente  un  territorio"  (30)  .   Trascura,   in
particolare: il parassitismo  (perche'  non  distingue  "fra  settore
produttivo e settore improduttivo") (31)  ,  l'evasione  (perche'  si
disinteressa   della   "pressione   fiscale   effettiva    sopportata
dall'economia regolare": "l'evasione fiscale non entra in alcun  modo
nella contabilita' nazionale") (32) , la sottoproduzione e lo  spreco
(dove "sottoproduzione significa che con la stessa spesa, si potrebbe
generare un output maggiore. Spreco significa che, il medesimo output
potrebbe essere prodotto con una spesa minore") (33) , il livello dei
prezzi ["non sappiamo nulla sulle differenze territoriali (ad esempio
regionali) nel livello generale dei prezzi.  Possiamo  dire  che  nel
2008 i prezzi erano saliti del 2,3% rispetto al 2007, ma non siamo in
grado di dire, per un dato  anno,  di  quanto  i  prezzi  del  Veneto
superino o siano inferiori a quelli della Calabria"] (34) 
    Una diversa contabilita', invece (35) , considera attentamente il
tasso  di  parassitismo,  il  tasso  di   evasione,   il   tasso   di
sottoproduzione e spreco, il  livello  dei  prezzi  (36)  .  Essa  si
configura come "una descrizione completa degli scambi che determinano
- congiuntamente - il bilancio della Pubblica  amministrazione  e  il
suo doppio, ossia i suoi effetti sul settore market  [e'  il  settore
produttivo]  dell'economia".  In  particolare,  per  quanto   attiene
all'evasione fiscale, proprio essa da' "i frutti piu' interessanti  a
livello  territoriale,  stante  che  i  tassi  di  evasione   variano
drasticamente da una regione all'altra" (37) . 
    (b) Veniamo, dunque, agli squilibri  territoriali,  per  come  li
coglie e li descrive la contabilita' nazionale  liberale.  Da  questo
punto di vista (38) , ove si considerino peso  della  popolazione  in
eta' di lavoro, tasso di occupazione  e  prodotto  per  occupato  del
settore market (attivita' produttive), ci si trova di  fronte  a  "un
quadro sconcertante, specialmente se lo si osserva in una prospettiva
di lungo periodo: il deficit di sviluppo del Mezzogiorno  e'  enorme,
e' cresciuto nel tempo, e forse non c'era prima dell'Unita' d'Italia"
(39) . D'altra parte, enorme e'  il  peso  dell'amministrazione,  che
intermedia  rilevanti  quantita'  di   risorse   senza   apprezzabili
risultati (40) , dal momento che sulla "spesa  nominale  per  consumi
pubblici" gravano "gli sprechi  che  avvengono  nella  erogazione  di
servizi" (41) . Da analisi serie, per quanto sempre  discutibili,  si
ricava che "il tasso medio di spreco e' prossimo a zero in  Lombardia
(2,8%), e' molto basso (sotto il 15%) in tutto  il  Nord  eccetto  la
Liguria, e poi sale piuttosto regolarmente scendendo da Nord  a  Sud,
fino ad attestarsi vicino al 50% in Sicilia, Calabria,  Basilicata  e
Sardegna". Altro dato: "la spesa pro capite del Sud e' del  13%  piu'
alta di quella del Nord, mentre  i  servizi  pro  capite  prestati  -
nonostante la maggiore spesa - sono inferiori di quasi il 30%" (42) 
    Se ne puo' prescindere, sempre e comunque, quando  si  da'  e  si
toglie? (43) . Oggi - si rileva - "il peso del  settore  improduttivo
dell'economia - ovvero  l'interposizione  pubblica  'in  crescita'  -
sfiora  il  50%  del  PIL  market".  Ci   si   domanda,   non   certo
retoricamente: "questo carico e' distribuito in modo territorialmente
equo oppure no? (44) . E  "quanto  guadagnerebbe  o  perderebbe  ogni
regione se il tasso di parassitismo fosse uniforme in tutta l'Italia?
(45) . Ecco un appunto sintetico, che trova conferma  in  massime  di
esperienza  (46)  :  "Si  vede  bene  che,  di  fatto,  il  peso  del
parassitismo dei territori ad alta spesa pubblica  grava  in  massima
parte su tre sole regioni, che per la dimensione delle loro  economie
e per la capacita' di  contenere  la  spesa  improduttiva  reggono  i
disavanzi di tutte le altre. Si  tratta  della  Lombardia,  che  cede
qualcosa come 24,9 miliardi all'anno, del Veneto, con  8,8  miliardi,
dell'Emilia-Romagna, con 8,0 miliardi.  In  tutto  fa  41,7  miliardi
all'anno, pari a circa l'85% delle  risorse  che  ogni  anno  passano
dalle regioni parsimoniose  verso  tutte  le  altre.  Aggiungendo  le
risorse trasferite dalle  altre  tre  regioni  virtuose  -  Piemonte,
Toscana, Marche - si arriva a un totale di oltre 49,5 miliardi, ossia
l'equivalente di due o tre Finanziarie" (47) 
    E poi: "Quanto e' grande il sommerso in Italia? A quanto  ammonta
l'evasione fiscale e contributiva?". "Rispondere a queste domande  e'
essenziale,  perche'  il  differenziale  di  evasione  e'  uno  degli
squilibri territoriali fondamentali" (48) . Ferme restando  tutte  le
difficolta' del caso (49) , si sostiene (50) che "il valore  aggiunto
sommerso si aggira intorno ai 250-300 miliardi di euro, e  l'evasione
(mancato gettito) e' compresa fra 100 e 150 miliardi".  Questa  stima
e' stata ottenuta - qui sta il  pregio  -  "regione  per  regione,  e
consente quindi di  farci  un  quadro  degli  squilibri  territoriali
nell'intensita' dell'evasione" (51) . Il risultato e' sconcertante ed
e' il seguente: "La Lombardia ha un'intensita' di evasione  inferiore
al 13%. Cio' significa che il contribuente  lombardo,  per  ogni  100
euro di tasse pagate, ne occulta meno di 13 (12,5 per la precisione).
- All'estremo opposto, il contribuente calabrese ne occulta 85, ossia
sette volte piu' del suo compatriota lombardo. A una  certa  distanza
dalla virtuosa Lombardia si situano l'Emilia-Romagna e il Veneto, con
un'intensita' attorno al 19%. Poco piu' in la', ma sempre al di sotto
della media italiana (26,4%), incontriamo altre quattro  regioni  del
Centro-nord: Friuli, Lazio, Piemonte e Trentino.  -  E  al  di  sopra
della media italiana? - Qui troviamo tutte le  regioni  del  Sud,  ma
anche due regioni del Nord (Valle d'Aosta e Liguria)  e  tre  regioni
del Centro (Toscana, Marche e Umbria). La  regione  meridionale  piu'
virtuosa e'  l'Abruzzo  con  un'intensita'  pari  al  30,5%.  Fra  le
restanti regioni meridionali, infine, si  nota  il  primato  negativo
delle tre  regioni  di  mafia:  Calabria  (85,3%),  Sicilia  (63,4%),
Campania (55,3%)" (52) 
    Luca Ricolfi conclude cosi': "In barba ai proclami  leghisti,  la
regione del Paese con la resistenza fiscale piu' bassa [id  est:  con
il tasso piu' alto di fedelta' fiscale] e' la  Lombardia,  mentre  le
regioni con la resistenza fiscale piu' alta [id  est:  con  il  tasso
piu' basso di fedelta' fiscale] sono quelle di mafia (38,4%), con una
punta del 46% in  Calabria.  Come  dire  che  un  cittadino  lombardo
protesta ma alla fine versa 1'89% del dovuto, un cittadino  calabrese
non protesta ma versa solo il 54% del dovuto" (53) . Il che pone  una
questione  non  proprio  irrilevante,  ove  si  rifletta  avendo  ben
presenti i principi di solidarieta' (di cui agli artt. 2 e 53  Cost.)
e di unita' e indivisibilita' della Repubblica  (di  cui  all'art.  5
Cost.), declinati dal punto di vista della "cosa effettuale"  (54)  :
la quale mette a  nudo  l'ipocrisia  interessata  delle  declamazioni
formali  non  accompagnate  -come  ebbe  a  notare  Ettore   Passerin
D'Entreves - da "cose attuose", dalle quali "soltanto puo'  scaturire
una nuova realta'" (55) 
    (c)  La  realta',  invece,  continua   a   esibire   dati   dalle
implicazioni istituzionali perverse, di cui il  Giudice  delle  leggi
deve finalmente  occuparsi.  Il  cosiddetto  residuo  fiscale  e'  un
elemento quantitativo con il quale e' indispensabile misurarsi. O con
quel che, comunque, gli si accosta, in nome  di  riflessioni  che  ne
rivelano un qualche limite, non  idoneo  a  scalfirne,  peraltro,  il
significato  istituzionale  (56)  .  Basti  considerare  le   analisi
compiute da due studiosi della Banca d'Italia su dati 2004-2006  (57)
: "le iniquita' denunciate ... nell'anno di transizione fra  prima  e
seconda Repubblica paiono essere una sorta di invariante della nostra
storia repubblicana, qualcosa che  riscopriamo  ciclicamente  ma  che
nessun governo e nessuna politica hanno mai veramente scalfito"  (58)
. 
    Il residuo fiscale - cui si fara' riferimento  anche  in  seguito
per le ragioni poc'anzi accennate (59)  -  lo  si  e'  voluto  meglio
precisare  quando  si  e'  parlato   di   "teoria   della   giustizia
territoriale", che guarda - per stabilire se  "un  territorio  e'  in
debito  o  in  credito  di  un  certo  ammontare"  di  risorse  -   a
"un'allocazione 'giusta' delle risorse disponibili" (60) . In  questa
prospettiva, vi sono quattro capisaldi da rispettare: il principio di
equita' fiscale, il principio di responsabilita'  territoriale  e  il
principio di solidarieta', nonche' il principio di convergenza (61) .
Tre, invece, sono le "componenti fondamentali del credito (debito) di
ogni territorio": il credito fiscale, il credito da efficienza  e  il
credito da parsimonia (62) , di una evidenza lapalissiana. Si possono
seguire criteri diversi e, finanche,  antitetici  nel  combinare  tra
loro  solidarieta'  e  responsabilita'.  Comunque  sia,  in  concreto
esistono Regioni "aiutate", Regioni "assistite" e Regioni "spoliate":
"regioni cioe' che, pur essendo deboli, anziche' ricevere di piu'  di
quel che loro spetterebbe in base  al  loro  prodotto  (solidarieta')
ricevono addirittura di meno (spoliazione)" (63)  .  Ovviamente,  "il
fatto che i territori deboli beneficino di meccanismi  ridistributivi
di  tipo  solidaristico  implica  ...  che  vi  siano  ...  territori
donatori'. L'indagine dimostra che "in una situazione di  spoliazione
... si trovano Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana e
Marche"; mentre usufruiscono di  una  "appropriazione  ...  tutte  le
regioni a statuto speciale del Nord,  la  Liguria  e  il  Lazio  (che
tuttavia e' un caso speciale, perche' include la capitale Roma)" (64)
. 
    In  breve:  il  Centro   d'Italia   "non   si   discosta   troppo
dall'equilibrio contabile" (il riferimento e'  a  Toscana,  Umbria  e
Marche); "completamente squilibrata, invece,  risulta  la  situazione
contabile del Nord e del Sud, con il Nord che e' in attivo  in  tutti
gli ambiti e cede complessivamente 50,6  miliardi  di  euro  all'anno
(circa 3 punti di PIL), e il Sud che  e'  in  passivo  in  tutti  gli
ambiti e si appropria di 41,2 miliardi". Ed ecco la  conclusione,  da
brivido, ove si  guardi  alla  Repubblica  e  al  suo  avvenire:  "il
trasferimento di risorse, dunque, e' essenzialmente un  trasferimento
da Nord a Sud, che priva ogni anno il Nord di un ammontare di risorse
che corrisponde a  qualcosa  come  il  7%  del  PIL  market  da  esso
prodotto. Un saccheggio silenzioso e  invisibile  che  non  puo'  non
fiaccare la capacita' delle Regioni del Nord di  produrre  ricchezza,
ossia precisamente la materia prima su cui poggia la  redistribuzione
a favore delle regioni deboli" (65) . 
    Se  "produrre  ricchezza"  e'  un  problema  che  non   interessa
l'Italia, questo ricorso e' infondato: manifestamente  infondato.  Ma
se non e' cosi'  -  perche'  non  e'  cosi'  -,  allora  e'  fondato:
manifestamente fondato, per ragioni che l'ecc.ma Corte non  manchera'
di riconoscere. 
    6.  Come  si  e'  ripetutamente   sottolineato,   e'   necessario
riconsiderare il significato normativo e, quindi,  portata  e  limiti
delle disposizioni costituzionali di cui agli artt. 2,  3,  97,  117,
118 e 119 Cost.  In  modo  particolare,  per  quel  che  riguarda  il
coordinamento della finanza pubblica e del sistema  tributario  (art.
117, comma 3, e art. 119, comma 1), che non puo'  essere  considerato
esclusivamente quale espressione di un potere sovraordinato; e  cio',
in particolare, quando sono in gioco situazioni giuridiche soggettive
previste e garantite dalla Legge fondamentale (66) .  Il  termine  di
riferimento non sono, in queste  circostanze,  il  potere  statale  e
regionale  tra  loro  comparati  secondo  una  relazione  di   stampo
gerarchico. E  neppure  viene  in  gioco  la  competenza  dell'uno  e
dell'altro, sebbene l'uso che lo Stato fa di quel che la Costituzione
ad esso riserva. Sotto questo profilo, la Regione Veneto si limita  a
contestare la violazione  di  clausole  costituzionali  generali  che
valgono per tutti: persone fisiche o giuridiche che siano, a  maggior
ragione quando queste  ultime  sono  -  come  le  Regioni  sono,  per
pacifica giurisprudenza di codesta Corte -  enti  esponenziali  delle
relative comunita'. Le quali - come si precisera' tra  breve  -  sono
destinate a veder incrementata oppure diminuita la  tutela  che  loro
attribuisce la Costituzione a seconda che possano disporre oppure  no
di maggiori risorse. Perche' - come e' noto - tutti i diritti costano
(67) 
    Le  risorse  appunto!  In  gioco  vengono   -   considerate   con
riferimento al nesso entrate-spese (di cui all'art. 53  Cost.)  -  la
"giustizia territoriale" e l'insieme delle relative implicazioni.  In
particolare, oltre alle tutele specifiche da accordare a chi vive  in
un dato territorio, in gioco c'e' l'avvenire  della  Repubblica,  per
come la qualifica l'art. 114  Cost.;  avvenire  che  esige,  per  non
trasformarsi in declino irreversibile, che i  "territori  produttivi"
non continuino ad essere danneggiati dal "parassitismo dei  territori
piu' spreconi" (68) . Non si tratta di opinioni, ma di dati di fatto,
i quali impongono di declinare il dovere di  solidarieta'  economica;
l'eguaglianza   sostanziale;    il    buon    andamento    (che    e'
dell'amministrazione e della legislazione); la  potesta'  legislativa
concorrente;  i  principi  di  sussidiarieta',  differenziazione   ed
adeguatezza, nonche' l'autonomia finanziaria come un corpus unitario:
nel senso che tutti i principi devono risultare condizionanti  e,  al
tempo stesso, condizionati da quel che si e' definito  poc'anzi  come
pluralismo non piu' anarchico, ma responsabile (69) . 
    E' alla luce di queste  premesse  che  sono  state  formulate  le
eccezioni di illegittimita' costituzionale che seguono, nei confronti
degli  atti  legislativi  del  c.d.  Sblocca   Italia:   insieme   di
disposizioni, di un profilo talmente basso, da  creare  problemi  non
marginali addirittura nell'individuazione numerica dei commi, ai fini
dell'impugnazione. 
II. Sulle singole questioni di legittimita' costituzionale 
    1. Illegittimita' costituzionale dell'art. 4, commi 1, 2,  3,  4,
5, 6, 7 e 9, d.l. n. 133/2014, convertito, con  modificazioni,  dalla
legge n. 164/2014 per violazione degli artt. 2, 3, 97, 114, comma  1,
117, comma 3, 118 e 119 della Costituzione. 
    L'art. 4 d.l. n. 133/2014, convertito, con  modificazioni,  dalla
legge n. 164/2014, rubricato "Misure di semplificazione per le  opere
incompiute segnalate dagli Enti locali e misure finanziarie a  favore
degli  Enti  territoriali",  dispone,  per  quanto  qui  interessa  e
comunque  in  estrema   sintesi   (rinviando   alla   lettura   delle
disposizioni per ogni ulteriore dettaglio), quanto segue: 
        (i)  al  fine  di  favorire  la  realizzazione  delle   opere
segnalate dai Comuni alla Presidenza del Consiglio dei Ministri dal 2
al 15 giugno 2014 e di quelle inserite nell'elenco-anagrafe nazionale
delle opere pubbliche incompiute  di  cui  all'art.  44-bis  d.l.  n.
201/2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214/2011 (70)
, per le quali la problematica emersa attenga al mancato concerto tra
amministrazioni interessate al procedimento amministrativo,  e'  data
facolta' di  riconvocare  la  conferenza  di  servizi  funzionale  al
riesame dei pareri ostativi  alla  realizzazione  dell'opera  e  cio'
anche se la conferenza  di  servizi  fosse  gia'  stata  definita  in
precedenza. In ogni caso i termini  relativi  al  procedimento  della
conferenza di servizi sono ridotti alla meta' (comma 1); 
        (ii) nel caso del mancato perfezionarsi del  procedimento  in
ragione di ulteriori difficolta' amministrative, e' data facolta'  di
avvalersi, a scopo consulenziale-acceleratorio, dell'apposita  cabina
di regia istituita presso la Presidenza del  Consiglio  dei  Ministri
(comma 2); 
        (iii)  "i  pagamenti  connessi  agli  investimenti  in  opere
oggetto di segnalazione entro il 15 giugno 2014 alla  Presidenza  del
Consiglio dei Ministri, nel limite di 250 milioni di Euro per  l'anno
2014, sono esclusi dal patto  di  stabilita'  interno  alle  seguenti
condizioni, accertate a seguito di apposita istruttoria a cura  degli
Uffici della medesima  Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri,  da
concludere entro  30  giorni  dall'entrata  in  vigore  del  presente
decreto: 
          a) le opere alle quali si riferiscono  i  pagamenti  devono
essere state preventivamente previste nel Programma  Triennale  delle
opere pubbliche; 
          b) i pagamenti devono riguardare opere realizzate, in corso
di realizzazione o per le quali sia possibile l'immediato  avvio  dei
lavori da parte dell'ente locale richiedente; 
          c) i pagamenti per i quali viene richiesta l'esclusione del
patto di stabilita' devono essere effettuati  entro  il  31  dicembre
2014; 
          c-bis) i pagamenti per i quali viene richiesta l'esclusione
dal patto di stabilita' devono riguardare prioritariamente l'edilizia
scolastica,  gli  impianti  sportivi,  il  contrasto   del   dissesto
idrogeologico, la sicurezza stradale" (comma 3); 
        (iv) sulla base dell'istruttoria  condotta  dalla  Presidenza
del Consiglio dei Ministri, con d.p.c.m. sono  individuati  i  Comuni
che beneficiano della esclusione dal patto di  stabilita'  interno  e
l'importo dei pagamenti da escludere (comma 4); 
        (v)  i  pagamenti  sostenuti  successivamente  alla  data  di
entrata in vigore  del  decreto-legge  relativi  a  debiti  in  conto
capitale degli enti territoriali  per  gli  anni  2014  e  2015  sono
esclusi dai vincoli del patto di stabilita' interno  per  un  importo
complessivo di 300 milioni di euro (200 milioni di euro relativamente
all'anno 2014 e 100 milioni relativamente all'anno  2015)  (comma  5)
(71) ; 
        (vi) con riguardo all'anno  2014,  "l'esclusione  di  cui  al
secondo periodo dell'alinea del comma 5 e' destinata per  50  milioni
di  euro  ai   pagamenti   dei   debiti   delle   regioni   sostenuti
successivamente alla data del 1°  luglio  2014,  ivi  inclusi  quelli
ascrivibili ai codici gestionali da 2139 a 2332, che  beneficiano  di
entrate rivenienti dall'applicazione  dell'articolo  20,  commi  1  e
1-bis, del decreto legislativo  25  novembre  1996,  n.  625  (72)  ,
superiori a 100 milioni". Ai fini della distribuzione  del  rimanente
importo dell'esclusione tra i singoli enti territoriali, i Comuni, le
Province e le Regioni comunicano al Ministero dell'economia  e  delle
finanze gli spazi finanziari di cui  necessitano.  "Con  decreti  del
Ministero dell'economia e delle finanze, sulla  base  delle  predette
comunicazioni, entro il 10 ottobre 2014  e  il  15  marzo  2015  sono
individuati per ciascun ente, su base proporzionale, gli importi  dei
pagamenti   da   escludere   dal   patto   di   stabilita'    interno
rispettivamente nel 2014 e 2015" (comma 6); 
        (vii) la modifica del  comma  9-bis  dell'art.  31  legge  n.
183/2011, il quale comunque si riferisce solo  a  Comuni  e  Province
(comma 7); 
        (viii) le specifiche modalita' di compensazione degli effetti
finanziari  in  termini  di  fabbisogno  e  di  indebitamento   netto
derivanti  dai  commi  3,  5  e  8  dell'art.  4  d.l.  n.  133/2014,
convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  n.  164/2014,  pari  a
complessivi 450 milioni di euro per  l'anno  2014,  180  milioni  per
l'anno 2015, 100 milioni per l'anno 2016 e 70 milioni per l'anno 2017
(comma 9) (73) . 
    La suddetta disposizione normativa, nei  vari  commi  in  cui  e'
articolata  che  sono  qui  impugnati,  e'  in   contrasto   con   la
Costituzione per una molteplicita' di profili. 
    Innanzitutto, essa appare violare gli artt. 3 e 97 Cost. e l'art.
114, comma 1, Cost.  Quest'ultimo  precetto  costituzionale  dispone,
come noto,  che  "la  Repubblica  e'  costituita  dai  Comuni,  dalle
Province, dalle Citta' metropolitane, dalle Regioni e  dallo  Stato".
La Regione, dunque, e' ente  che  si  pone  sullo  stesso  piano  dei
Comuni,  unici  destinatari  delle  misure   di   semplificazione   e
finanziarie (di forte agevolazione) previste dall'art. 4 del  decreto
c.d. Sblocca Italia. Pur  tuttavia,  la  Regione  e'  sostanzialmente
esclusa dalle misure di agevolazione previste dai commi 1, 2, 3, 4  e
9 dell'art. 4 e cio' in modo assolutamente contrario al  fondamentale
canone costituzionale di ragionevolezza, di cui all'art. 3  Cost.  (a
sua volta, da leggersi in combinato disposto con l'art. 97 Cost.,  in
base al quale la  legge  deve  assicurare  il  buon  andamento  della
pubblica amministrazione). Indici di tale irragionevolezza  normativa
sono, tra gli altri: 
        a) il fatto che l'art. 4, comma 1, si prefigga  lo  scopo  di
favorire la realizzazione delle sole opere segnalate dai Comuni  alla
Presidenza del Consiglio dei Ministri nel solo periodo  compreso  tra
il 2 e il 15 giugno 2014: il 2 giugno non e'  forse  la  Festa  della
Repubblica? E, allora, quali Comuni mai possono avere segnalato opere
pubbliche  incompiute   quel   giorno?   E   perche'   mai   limitare
l'agevolazione alle opere incompiute segnalate in un  arco  temporale
cosi' breve?; 
        b) il  fatto  che  le  opere  pubbliche  incompiute  iscritte
nell'elenco-anagrafe  di  cui  all'art.  44-bis  d.l.  n.   201/2011,
convertito, con modificazioni, dalla legge n. 213/2011 siano iscritte
in un elenco istituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti, il quale, a sua volta, e' articolato a livello  regionale:
e' forse ragionevole configurare una disposizione  normativa  che  si
rivolge alle sole opere pubbliche incompiute di competenza comunale e
non anche a quelle di competenza regionale, che generalmente sono  di
maggiore impatto e rilievo per la collettivita?; 
        c) il fatto che, in  base  al  comma  3  dell'art.  4,  siano
esclusi dal patto di stabilita' interno  i  soli  pagamenti  connessi
agli investimenti in  opere  di  competenza  dei  Comuni  oggetto  di
segnalazione entro il 15 giugno 2014: perche' mai tale previsione non
e' estesa anche ai pagamenti connessi agli investimenti in  opere  di
competenza delle Regioni? Opere che, peraltro, sono, per lo piu',  di
maggiore estensione, impatto e rilievo per la collettivita? 
    L'irragionevolezza  della  disciplina   normativa   si   traduce,
altresi',  nella  violazione  dell'art.  2  Cost.,  secondo  cui   la
Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo. La
Regione, come noto, ha una pluralita' di competenze ed  esercita  una
pluralita' di funzioni amministrative. Si pensi,  per  esempio,  alle
competenze ed alle funzioni esercitate in materia  di  "tutela  della
salute" ed alle opere che alle  stesse  sono  connesse  (ampliamento,
ristrutturazione, adeguamento tecnologico di  strutture  ospedaliere,
per esempio). Non agevolare la realizzazione di opere  simili,  anche
mediante l'esclusione dal patto di stabilita' interno  dei  pagamenti
connessi agli investimenti in opere del genere,  finisce  per  ledere
uno dei  fondamentali  diritti  inviolabili  dell'uomo:  quello  alla
salute. Non puo' dimenticarsi, poi, che la  Regione  e'  titolare  di
molte funzioni amministrative attratte alla stessa (e  sottratte,  in
ragione di cio', a Comuni, Province e Citta' metropolitane)  al  fine
di assicurare l'esercizio unitario delle funzioni stesse (in puntuale
rispetto dell'art. 118, comma 1, Cost.). 
    E' appena il caso di rilevare che la Regione Veneto e' pienamente
legittimata a denunciare la violazione degli artt. 2, 3 e  97  Cost.,
perche', pur trattandosi di precetti costituzionali  che  formalmente
non attengono al riparto delle competenze  legislative  tra  Stato  e
Regione, cionondimeno  la  loro  violazione  comporta,  nel  caso  di
specie,   una    compromissione    delle    attribuzioni    regionali
costituzionalmente garantite o,  comunque,  ridonda  sul  riparto  di
competenze   legislative   (in   questo   senso,   e'   pacifica   la
giurisprudenza della Corte costituzionale: si vedano le sentt. nn. 33
e 128/2011 e 52 e  156/2010).  Non  senza  aggiungere  che  la  Corte
costituzionale ha gia' dichiarato costituzionalmente illegittime, per
manifesta  irragionevolezza,  disposizioni  di  legge   statale   che
fissavano termini perentori allo scadere dei quali scattavano effetti
irreversibili (si veda,  sebbene  con  riguardo  ad  una  fattispecie
diversa, ma per i  principi  pacificamente  estensibili  al  caso  in
questione, Corte cost., sent. 24 luglio 2013, n. 236). 
    L'art. 4 si rivela, poi, costituzionalmente illegittimo anche per
violazione del fondamentale riparto  di  competenze  legislative  tra
Stato e Regione di cui all'art. 117 Cost. 
    Come noto, i lavori pubblici non sono riconducibili ad  una  sola
materia tra quelle enumerate nell'art. 117 Cost., dal momento  che  i
medesimi   e   l'intera   attivita'   contrattale   della    pubblica
amministrazione si qualificano in base all'oggetto  cui  afferiscono.
Pertanto, non e' configurabile ne' una  materia  relativa  ai  lavori
pubblici nazionali, ne' una materia attinente ai lavori  pubblici  di
interesse  regionale,  ne'  e'  possibile  tracciare  il  riparto  di
competenze legislative  tra  Stato  e  Regioni  secondo  un  criterio
soggettivo, distinguendo tra gare indette da amministrazioni  statali
e regionali o sub-regionali. In questo senso, si e' espressa la Corte
costituzionale, a far data dalla nota sent. 23 novembre 2007, n.  401
(e con altre successive, tra cui la sent. 1°  agosto  2008,  n.  322,
relativa alla Regione Veneto, e la sent. 17 dicembre 2008, n. 411). 
    Ebbene, la disciplina del comma 1 dell'art. 4 (e cosi' quella  di
cui ai commi 2, 3,  4  e  9),  finalizzata,  com'e',  a  favorire  la
realizzazione di opere  segnalate  dai  Comuni  alla  Presidenza  del
Consiglio  dei  Ministri  o  inserite  nell'elenco-anagrafe,  di  cui
all'art. 44-bis d.l.  n.  201/2011,  convertito,  con  modificazioni,
dalla legge n. 213/2011, per le quali non si sia raggiunta  un'intesa
in sede di conferenza di servizi,  deve  essere  certamente  ascritta
alla "programmazione di lavori  pubblici"  ed  all'"approvazione  dei
progetti a fini urbanistici ed  espropriativi",  le  quali  rientrano
nella materia di cui  all'art.  117,  comma  3,  Cost.  "governo  del
territorio", che, nella lettura datane dalla Corte  costituzionale  a
far data dalla sent. 7 ottobre 2003, n. 307, "comprende, in linea  di
principio, tutto cio' che  attiene  all'uso  del  territorio  e  alla
localizzazione  di  impianti  o  attivita'".  Non  senza  aggiungere,
peraltro, che proprio  l'art.  4,  comma  2,  d.lgs.  n.  163/2006  -
giudicato  conforme  a  Costituzione  dalla  sentenza   della   Corte
costituzionale n. 401/2007 - dispone che, "relativamente alle materie
oggetto di competenza concorrente, le regioni e le province  autonome
di Trento e di Bolzano esercitano la potesta' normativa nel  rispetto
dei principi fondamentali contenuti nelle norme del presente  codice,
in  particolare,  in  tema  di  programmazione  di  lavori  pubblici,
approvazione  dei  progetti  a  fini  urbanistici  ed  espropriativi,
organizzazione amministrativa, compiti e requisiti  del  responsabile
del procedimento, sicurezza del lavoro". Essendo la materia  "governo
del territorio" una  materia  di  potesta'  legislativa  concorrente,
l'art. 4 del decreto c.d. Sblocca Italia appare del tutto illegittimo
nella parte in cui non prevede alcun coinvolgimento legislativo della
Regione, alla quale, invece, spetta, in  tale  materia,  la  potesta'
legislativa,  salvo  che   per   la   determinazione   dei   principi
fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato. 
    Nella parte in cui esclude dal  Patto  di  stabilita'  interno  i
pagamenti connessi agli  investimenti  in  opere  di  competenza  dei
Comuni oggetto di segnalazione entro il 15 giugno 2014,  il  comma  3
dell'art. 4 si pone in contrasto con l'art. 117, comma 3, Cost.,  la'
dove ascrive  alla  competenza  legislativa  concorrente  la  materia
"coordinamento  della  finanza  pubblica".  E'  noto  che  la   Corte
costituzionale  ha  inquadrato  nella  materia  "coordinamento  della
finanza pubblica" il c.d. Patto di stabilita' interno,  vale  a  dire
quell'insieme di disposizioni legislative statali (spesso caotiche  e
contraddittorie,  contenute  nella  legge  finanziaria  -   oggi   di
stabilita' - o anche in altri provvedimenti legislativi, per lo  piu'
emergenziali, se non altro nella forma) finalizzate  a  garantire  il
rispetto da parte dell'Italia del  Patto  europeo  di  stabilita'  (e
crescita).   Sebbene   la    Corte    costituzionale    abbia    dato
un'interpretazione piuttosto estensiva dei  "principi  fondamentali",
che lo  Stato  ha  il  potere  di  fissare  in  tale  materia  (anche
valorizzando gli artt. 11 e 117,  comma  1,  Cost.),  e'  vero  pure,
tuttavia, che, "quanto  ai  requisiti  delle  norme  statali  recanti
principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, questa
Corte ha individuato due condizioni: 'in primo luogo, che si limitino
a porre obiettivi di riequilibrio della medesima, intesi nel senso di
un transitorio contenimento complessivo, anche se non generale, della
spesa corrente; in secondo luogo, che non prevedano in modo esaustivo
strumenti o modalita' per il  perseguimento  dei  suddetti  obiettivi
(sent. n. 237 del 2009). I vincoli derivanti dal Patto di  stabilita'
interno si applicano in modo uniforme a tutti gli  enti  territoriali
di una certa dimensione, trattandosi di una misura in qualche modo di
emergenza,  che  tende  a  realizzare,  nell'ambito   della   manovra
finanziaria annuale disposta con legge,  un  obiettivo  di  carattere
nazionale (sentenza n. 36 del 2004)" (cosi',  tra  le  piu'  recenti,
Corte cost., sent. 6 novembre 2009, n. 384). 
    Se questi sono i principi che le disposizioni normative sul  c.d.
Patto di stabilita' interno debbono rispettare,  e'  evidente  che  i
medesimi non sono  affatto  ottemperati  dal  comma  3  dell'art.  4,
peraltro anche  qui  per  il  completo  esautoramento  della  Regione
dall'esercizio delle competenze  legislative  ad  essa  spettanti  in
quella che, indubitabilmente, e' una materia di potesta'  legislativa
concorrente. 
    Alla violazione dell'art. 117, comma 3, Cost. consegue, de plano,
quella dell'art. 118 Cost., specialmente per il fatto che, prevedendo
una simile misura di agevolazione per i soli  Comuni,  l'art.  4  del
decreto  c.d.  Sblocca  Italia  finisce  per   ledere   la   potesta'
amministrativa regionale  nel  momento  in  cui  la  Regione  intenda
attrarre   al   livello   regionale   le   funzioni    amministrative
astrattamente spettanti ai Comuni al fine di assicurarne  l'esercizio
unitario e  sempre  nel  rispetto  dei  principi  di  sussidiarieta',
differenziazione ed adeguatezza. 
    Analoghe censure devono essere rivolte al comma 5 dell'art. 4 del
decreto c.d.  Sblocca  Italia,  laddove  si  avesse  a  ritenere  che
l'espressione "enti territoriali" non si riferisca alle  Regioni,  ma
solo agli enti locali (Comuni, Province, Citta' metropolitane). 
    Quanto al comma 6, poi, evidente e' la sostanziale disparita'  di
trattamento della disciplina tra le  Regioni  del  Mezzogiorno  e  le
Regioni non del Mezzogiorno. 
    Come si e' visto,  il  comma  6  dell'art.  4  dispone  che,  con
riguardo all'anno 2014,  "l'esclusione  di  cui  al  secondo  periodo
dell'alinea del comma 5 e'  destinata  per  50  milioni  di  curo  ai
pagamenti dei debiti delle  regioni  sostenuti  successivamente  alla
data del 1° luglio 2014, ivi inclusi  quelli  ascrivibili  ai  codici
gestionali da 2139 a 2332,  che  beneficiano  di  entrate  rivenienti
dall'applicazione dell'articolo 20, commi  1  e  1-bis,  del  decreto
legislativo 25 novembre 1996, n. 625, superiori a 100 milioni". 
    Ebbene, le entrate di cui ai commi 1 e 1-bis dell'art. 20  d.lgs.
n.  625/1996  derivano  dal  versamento  da  parte  dei  titolari  di
concessione  di  coltivazione  di  idrocarburi  di  un'aliquota   del
prodotto della coltivazione.  Ora,  mentre  alle  Regioni  a  Statuto
ordinario non del Mezzogiorno e' corrisposta un'aliquota pari al 55%,
alle  Regioni  a  Statuto  ordinario  del  Mezzogiorno,  invece,  "e'
corrisposta, per il finanziamento di strumenti  della  programmazione
negoziata nelle aree di  estrazione  e  adiacenti,  anche  l'aliquota
destinata allo Stato". 
    Stando cosi' le cose, evidente e' la  disparita'  di  trattamento
(e, dunque, la violazione dell'art. 3 Cost.) tra  la  Regione  Veneto
(Regione a Statuto ordinario non del  Mezzogiorno)  e  le  Regioni  a
Statuto ordinario del Mezzogiorno, le quali piu'  facilmente  avranno
entrate rivenienti dall'applicazione dell'art. 20, commi 1  e  1-bis,
del decreto legislativo 25 novembre 1996, n.  625,  superiori  a  100
milioni, e cio' in ragione del fatto che l'aliquota che  il  titolare
della   concessione   di   coltivazione   di   idrocarburi   dovrebbe
corrispondere allo Stato la versa alla Regione. 
    L'illegittimita' costituzionale del comma 9 dell'art. 4  discende
da quella dei commi 3 e 5, impugnati, dal  momento  che  il  comma  9
disciplina le modalita' di compensazione degli effetti finanziari  in
termini di fabbisogno e di indebitamento netto derivanti, per  quanto
qui interessa, dai commi 3 e 5. 
    Proprio  la  disparita'  di  trattamento  tra  le   Regioni   del
Centro-nord e quelle  del  Mezzogiorno  consente  di  articolare,  in
chiusura,  la  censura  di  violazione  dell'art.  119   Cost.,   una
violazione  che  e'  dato   rinvenire,   a   parere   della   difesa,
nell'esorbitante residuo fiscale della Regione Veneto. 
    Come noto, "il residuo fiscale coglie il  'saldo'  fra  cio'  che
ciascuna Regione riceve  in  termini  di  spesa  pubblica  e  il  suo
contributo  in  termini  di  prelievo  fiscale,  dove  tale   'saldo'
sintetizza la diversa capacita' fiscale delle  Regioni  e,  al  tempo
stesso, i flussi redistributivi che livellano gli squilibri derivanti
dall'incapacita'  di  coprire  la  spesa  geografica  di   pertinenza
(incapacita' dietro la quale si evidenziano i divari  nello  sviluppo
socio-economico)" (74) . 
    "Emblematico in tal senso e' [proprio] il caso del Veneto, che e'
stato oggetto di approfondita e dettagliata disamina  in  vari  studi
condotti da  Unioncamere  del  Veneto,  da  cui  e'  emerso  come  la
[p]ubblica [a]mministrazione  spenda  in  servizi  per  il  cittadino
residente in Veneto circa  €  10.117  pro  capite,  a  fronte  di  un
prelievo (pro capite) pari ad € 13.522 (media 2007-2009; Grafico  3).
Cio' significa che un cittadino  del  Veneto  versa  allo  Stato  [,]
tramite le imposte [,] una somma superiore  di  €  3.405  rispetto  a
quanto (non) riceva dallo  Stato  stesso  poi  in  termini  di  spesa
pubblica. 
    Per valore del residuo fiscale il  Veneto  si  colloca  al  terzo
posto della graduatoria delle Regioni italiane in avanzo finanziario,
alle spalle della Lombardia (7.198 euro  pro  capite)  e  dell'Emilia
Romagna (4.203 euro pro capite). ... [Del] gruppo delle  Regioni  che
vantano un saldo fiscale positivo fanno parte anche Piemonte,  Lazio,
Toscana  e  Marche.  Fatta  eccezione  per   Friuli-Venezia   Giulia,
Trentino-Alto Adige, Liguria, Umbria e  Abruzzo,  che  registrano  un
residuo fiscale molto contenuto (che indica un sostanziale equilibrio
fra entrate e spese), tutte le altre  Regioni  evidenziano  un  saldo
negativo. 
    Per  comprendere  appieno  la  stortura  di  tale   sistema,   e'
sufficiente raffrontare il dato del Veneto [,] appena  segnalato  [,]
con quello di una Regione del Mezzogiorno [,] come la Calabria;  tale
Regione ha un residuo fiscale negativo, pari  a  €  2.797,  ovverosia
ogni cittadino calabro versa allo Stato molto meno rispetto a  quanto
riceve successivamente all'intervento perequativo. 
    Cio' significa che se i contribuenti veneti potessero  trattenere
tutte  le  imposte   che   versano,   potrebbero   contare   su   una
disponibilita'  di  spesa  media  aggiuntiva  pari  a  16,6  miliardi
all'anno. 
    La maggiore disponibilita' di spesa produrrebbe  l'aumento  degli
investimenti  del  surplus  di  risorse  sul  territorio,   con   una
conseguente crescita del PIL locale, unitamente  ad  una  presumibile
maggiore efficienza in tutti i settori. 
    Supponendo di 'spalmare',  infatti,  il  residuo  fiscale  veneto
sulle varie funzioni  di  spesa,  potremmo  verificare  che,  volendo
citare solo qualche  dato  ipotetico,  la  spesa  per  la  sanita'  e
l'assistenza sociale potrebbe passare da € 1.344 pro capite  a  quasi
2.400; il budget  investito  in  trasporti  locali  e  infrastrutture
potrebbe aumentare dagli attuali € 399 pro capite sino a oltre € 700.
Il tutto senza aggravio per il contribuente. 
    Tale situazione si verifica a causa della  normativa  attuale  in
tema di perequazione, che non riesce a sganciarsi da  parametri  come
quello della spesa storica, criterio che sembra  premiare,  piuttosto
chi spende di piu'. 
    Le risorse prelevate da Regioni ["]virtuose["]  quali  Lombardia,
Emilia-Romagna  e  Veneto  vanno,  infatti,  a  finanziare  il  fondo
perequativo[,]  che  viene  utilizzato  per  ripianare  i   disavanzi
maturati dalle Regioni poco virtuose come Abruzzo, Molise,  Campania,
Basilicata, Puglia, Sicilia, Sardegna e Calabria (75) . 
    Tutto cio', al fine di  chiarire  che,  nel  momento  in  cui  il
residuo  fiscale  di  una  Regione  raggiunge  livelli  quali  quelli
materializzatisi nella Regione Veneto, ove,  come  si  e'  visto,  il
singolo cittadino versa in media allo Stato oltre  3.500  €  in  piu'
rispetto a quello che riceve dallo  Stato  stesso,  si  verifica  una
indiscutibile  violazione  dell'art.  119  Cost.,   il   quale,   pur
prevedendo meccanismi perequativi (commi 3 e 5), purtroppo abusati da
parte del legislatore statale (76) , chiaramente stabilisce al  comma
2, e  per  quanto  qui  interessa,  che  le  Regioni  "dispongono  di
compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile  al  loro
territorio". Il comma  2  dell'art.  119  Cost.,  dunque,  ha  inteso
prevedere "un legame certo tra le risorse finanziarie e il territorio
che le ha prodotte, sia per ragioni di trasparenza, sia per questioni
che afferiscono alla maggiore  responsabilizzazione  da  parte  degli
amministratori" (77) . 
    Nel dare attuazione all'art. 119 Cost., il legislatore statale ha
voluto rendere espliciti i contenuti normativi di  principio  con  la
legge 5 maggio 2009, n. 42. Nel fare cio', ha previsto, tra  l'altro,
che l'uguaglianza e la  solidarieta'  non  si  concretizzino  mai  in
egualitarismo e in irresponsabilita'. Per questo, ha stabilito  -  in
particolare all'art. 2 - che il coordinamento della finanza  pubblica
e  del  sistema  tributario  rispetti  l'esigenza  di  una  "maggiore
responsabilizzazione"  (comma  2,  lett.  a);  sia  coerente  con  il
"principio di territorialita'" e con il "rispetto  del  principio  di
solidarieta' e dei principi di  sussidiarieta',  differenziazione  ed
adeguatezza" (comma 2,  lett.  e);  consenta  "proprie  politiche  di
bilancio da parte di Regioni ..." (comma 2, lett. f); sia  funzionale
al "superamento, per tutti  i  livelli  istituzionali,  del  criterio
della spesa storica" (comma 2, lett. m),  "in  modo  da  favorire  la
corrispondenza  tra  responsabilita'  finanziaria  e  amministrativa"
.(comma  2,  lett.  p).  Dunque,  autonomia  e  responsabilita',  che
presuppongono il rispetto di principi - anche  formalmente  di  rango
costituzionale  -  quali  sono   i   "principi   di   sussidiarieta',
differenziazione ed adeguatezza"  (art.  118,  comma  1,  Cost.).  E'
appena  il  caso  di  osservare  che  la  lesione  di  queste  regole
fondamentali comporta la violazione pure degli artt. 2, 3 e 97 Cost.:
vale a dire di  solidarieta'  attiva,  di  non-discriminazione  e  di
imparzialita', che grava sull'intero sistema delle autonomie locali. 
    Cio' si verifica, senza dubbio, quando il legislatore trascura le
differenze. Quanto alla Regione Veneto,  ad  esempio,  per  quel  che
attiene all'apporto che la comunita' regionale da' alla Repubblica ex
art. 53 Cost., che determina un  rilevante  residuo  fiscale,  e  per
quanto riguarda le politiche regionali aventi di mira la  mitigazione
del  rischio  idrogeologico  (vedi  infra).  La  carenza  di  risorse
"adeguate", rispetto all'apporto positivo" dato dalla Regione  Veneto
in termini di fiscalita', genera  un  cortocircuito,  prodotto  dalla
prassi, mai superata  dallo  Stato,  di  procedere  "linearmente":  a
prescindere  da  qualunque   presupposto   concreto,   valutabile   e
riscontrabile. 
    Evidente e', dunque, per tornare  all'art.  4  del  decreto-legge
c.d. Sblocca Italia qui impugnato, che, nel momento in cui si esclude
la Regione dal novero dei soggetti  (tutti  in  posizione  paritaria,
secondo la logica dell'art. 114, comma 1, Cost.) che  possono  fruire
di determinate agevolazioni finanziarie in ordine alla  realizzazione
di opere pubbliche, prevedendosi, invece, che  di  tali  agevolazioni
possano  fruire  solo  i  Comuni  (qualunque  sia   la   Regione   di
appartenenza),   si   finisce   per   ledere,   oltre   ai   precetti
costituzionali sopra richiamati, anche l'art. 119 Cost.,  tanto  piu'
quando, come nel caso  della  Regione  Veneto,  la  stessa  abbia  un
consistente  residuo  fiscale,  vale  a   dire   (e   volendo   usare
un'espressione piu' immediata) un consistente credito nei'  confronti
dello Stato: piu' precisamente, della Repubblica. 
2. Illegittimita' costituzionale dell'art. 7, commi 2 e  3,  d.l.  n.
133/2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 164/2014, per
violazione degli artt. 2, 3, 97, 114, comma 1, 117, comma  3,  118  e
119 della Costituzione. 
    L'art. 7, del decreto-legge c.d. Sblocca Italia,  (faticosamente)
rubricato "Norme in materia di gestione di risorse idriche. Modifiche
urgenti al  decreto  legislativo  3  aprile  2006,  n.  152,  per  il
superamento delle procedure  di  infrazione  2014/2059,  2004/2034  e
2009/2034, sentenze C-565-10 del 19 luglio  2012  e  C-85-13  del  10
aprile  2014;  norme  di  accelerazione  degli  interventi   per   la
mitigazione del rischio idrogeologico e per l'adeguamento dei sistemi
di collettamento, fognatura e depurazione degli  agglomerati  urbani;
finanziamento di opere urgenti di sistemazione  idraulica  dei  corsi
d'acqua  nelle  aree  metropolitane  interessate   da   fenomeni   di
esondazione e alluvione", reca due commi (2  e  3)  che,  secondo  la
Regione Veneto, sono del tutto incostituzionali, per  violazione  dei
parametri indicati nell'epigrafe del presente motivo. 
    Il comma 2 dell'art. 7 stabilisce,  in  estrema  sintesi,  quanto
segue (si rinvia alla lettura integrale della disposizione  per  ogni
ulteriore  dettaglio,   vista   anche   la   formulazione   piuttosto
farraginosa): 
        (i)  "a  partire  dalla  programmazione  2015,   le   risorse
destinate al finanziamento degli interventi in materia di mitigazione
del  rischio  idrogeologico  sono  utilizzate  tramite   accordo   di
programma sottoscritto dalla  Regione  interessata  e  dal  Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che definisce
altresi' la quota di cofinanziamento regionale"; 
        (ii) gli interventi in materia  di  mitigazione  del  rischio
idrogeologico  "sono  individuati  con  decreto  del  Presidente  del
Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare"; 
        (iii)  "le  risorse  sono  prioritariamente  destinate   agli
interventi integrati, finalizzati sia alla  mitigazione  del  rischio
sia alla tutela e al recupero degli ecosistemi e della biodiversita',
ovvero che integrino gli obiettivi  della  direttiva  2000/60/CE  del
Parlamento  europeo  e  del  Consiglio,  del  23  ottobre  2000,  che
istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque,  e
della direttiva 2007/60/CE del Parlamento europeo  e  del  Consiglio,
del 23 ottobre 2007, relativa alla valutazione e  alla  gestione  dei
rischi di alluvioni"; 
        (iv) "a questo tipo di interventi integrati  ...  in  ciascun
accordo di programma deve essere destinata una percentuale minima del
20 per  cento  delle  risorse"  e  "nei  suddetti  interventi  assume
priorita'  la  delocalizzazione  di  edifici  e   di   infrastrutture
potenzialmente pericolosi per la pubblica incolumita'"; 
        (v)  "l'attuazione  degli  interventi   e'   assicurata   dal
Presidente della Regione in qualita' di Commissario di Governo contro
il  dissesto  idrogeologico  con  i   compiti,   le   modalita',   la
contabilita'  speciale  e  i  poteri  di  cui  all'articolo  10   del
decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 11 agosto 2014, n. 116"; 
        (vi) "gli interventi  sul  reticolo  idrografico  non  devono
alterare ulteriormente l'equilibrio sedimentario dei  corsi  d'acqua,
bensi' tendere ovunque  possibile  a  ripristinarlo,  sulla  base  di
adeguati bilanci del trasporto solido a scala  spaziale  e  temporale
adeguata". 
    Il comma 3 dell'art. 7 dispone, in estrema sintesi, quanto  segue
(anche qui si rinvia alla lettura  della  norma  per  ogni  ulteriore
dettaglio): 
        (i) "il Ministro dell'ambiente e della tutela del  territorio
e del mare, avvalendosi dell'Istituto superiore per la  protezione  e
la   ricerca   ambientale   (ISPRA),   previo    parere    favorevole
dell'Autorita' di  distretto  territorialmente  competente,  provvede
alla revoca, anche parziale, delle risorse assegnate alle  Regioni  e
agli altri enti con ... decreti  del  Presidente  del  Consiglio  dei
Ministri ... per la realizzazione di interventi  di  mitigazione  del
rischio idrogeologico per i quali alla data del 30 settembre 2014 non
e' stato pubblicato  il  bando  di  gara  o  non  e'  stato  disposto
l'affidamento dei lavori, nonche' per gli  interventi  che  risultano
difformi dalle finalita' suddette"; 
        (ii) "l'ISPRA assicura l'espletamento degli accertamenti ed i
sopralluoghi necessari all'istruttoria entro il 30 novembre 2014"; 
        (iii)  "le  risorse   rivenienti   dalle   suddette   revoche
confluiscono in un apposito  fondo,  istituito  presso  il  Ministero
dell'ambiente e della tutela  del  territorio  e  del  mare,  e  sono
riassegnate per la medesima  finalita'  di  mitigazione  del  rischio
idrogeologico". 
    Il comma 2 dell'art. 7 del  decreto  legge  c.d.  Sblocca  Italia
appare, innanzitutto, costituzionalmente illegittimo  per  violazione
dell'art. 117, comma 3, Cost., che ascrive alla potesta'  legislativa
concorrente statale e regionale la materia "governo  del  territorio"
(la potesta' legislativa  spetta  alla  Regione,  salvo  che  per  la
determinazione dei principi fondamentali, riservata allo Stato). 
    E' evidente, infatti, che  disposizioni  legislative  statali  in
materia  di  mitigazione  del  rischio  idrogeologico,  quali  quelle
dell'art. 7 del decreto-legge c.d. Sblocca Italia  sopra  richiamate,
non  possano  essere  inquadrate  esclusivamente  nella  materia   di
potesta' legislativa esclusiva  dello  Stato  "tutela  dell'ambiente,
dell'ecosistema e dei beni culturali" (art. 117, comma  2,  lett.  s,
Cost.), come pur qualche giurisprudenza costituzionale  ha  ritenuto,
poiche' esse indubbiamente intersecano anche la materia - di potesta'
legislativa concorrente ex art. 117, comma 3, Cost.  -  del  "governo
del territorio": e' dimostrato, per esempio, dal fatto che il comma 2
dell'art. 7 puntualizza espressamente che, negli interventi integrati
cui fa riferimento, "assume priorita' la delocalizzazione di  edifici
e  di  infrastrutture  potenzialmente  pericolosi  per  la   pubblica
incolumita'". 
    Quando ci si trova dinnanzi ad intrecci di materie,  di  potesta'
legislativa  esclusiva  statale,  da  una  parte,   e   di   potesta'
legislativa  concorrente  (o  residuale  regionale),  dall'altra,  si
richiede il coinvolgimento della Regione attraverso  opportune  forme
di collaborazione della Regione interessata (cosi', si e' espressa la
Corte costituzionale in una pluralita' di sentenze, tra  cui  le  nn.
62/2005, 247/2006, 278/2010 e 33/2011). Tanto impone il principio  di
leale collaborazione, un principio  che  trova  la  sua  genesi  piu'
autentica proprio nell'art. 114, comma 1, Cost., il quale, stabilendo
che "la Repubblica e' costituita dai Comuni,  dalle  Province,  dalle
Citta' metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato",  ha  posto  sullo
stesso piano Stato e Regioni (e finanche Comuni,  Province  e  Citta'
metropolitane,  i  quali  costituiscono  un  sistema  di   "autonomie
costituzionali") e, per  l'effetto,  ha  improntato  una  "concezione
orizzontale-collegiale  dei  reciproci  rapporti  piu'  che  ...  una
visione verticale-gerarchica degli stessi" (cosi', Corte cost., sent.
1° febbraio 2006, n. 31). 
    Il  comma  2  dell'art.   7   viola   certamente   il   principio
costituzionale di leale collaborazione tra Stato  e  Regione  poiche'
dispone che gli interventi in  materia  di  mitigazione  del  rischio
idrogeologico  "sono  individuati  con  decreto  del  Presidente  del
Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro dell'ambiente e della
tutela del territorio e del mare". Cio' vuol dire, evidentemente, che
non vi e'  alcun  coinvolgimento  della  Regione  nell'individuazione
degli interventi in materia di mitigazione del rischio idrogeologico. 
    A cio' si aggiunga che, proprio perche' ci si trova  dinnanzi  ad
una disposizione legislativa che intercetta la materia  "governo  del
territorio", in cui allo Stato e' preclusa la funzione legislativa di
dettaglio, non prevedendo la disposizione in questione  alcuna  forma
di coinvolgimento regionale, risultano ancor piu'  costituzionalmente
illegittime sub-disposizioni alquanto  dettagliate,  tutte  contenute
nel comma 2 dell'art. 7 del decreto-legge c.d. Sblocca Italia,  quali
le seguenti: "In particolare, gli interventi sul reticolo idrografico
non devono alterare ulteriormente l'equilibrio sedimentario dei corsi
d'acqua, bensi' tendere ovunque possibile a ripristinarlo, sulla base
di adeguati bilanci del trasporto solido a scala spaziale e temporale
adeguata.  A  questo  tipo  di  interventi  integrati,  in  grado  di
garantire contestualmente la riduzione del rischio idrogeologico e il
miglioramento dello stato ecologico dei corsi  d'acqua  e  la  tutela
degli  ecosistemi  e  della  biodiversita',  in  ciascun  accordo  di
programma deve essere destinata una percentuale  minima  del  20  per
cento delle risorse. Nei  suddetti  interventi  assume  priorita'  la
delocalizzazione  di  edifici  e  di  infrastrutture   potenzialmente
pericolosi per la pubblica incolumita'". 
    Analoghe censure debbono essere rivolte al comma  3  dell'art.  7
del decreto-legge c.d. Sblocca Italia, in base al quale  il  Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio  e  del  mare  revoca  le
risorse assegnate alle Regioni "per la realizzazione di interventi di
mitigazione del rischio idrogeologico per i quali alla  data  del  30
settembre 2014 non e' stato pubblicato il bando  di  gara  o  non  e'
stato disposto l'affidamento dei lavori, nonche' per  gli  interventi
che risultano difformi dalle finalita' suddette".  Prevede,  inoltre,
la  disposizione   che   "l'ISPRA   assicura   l'espletamento   degli
accertamenti ed i sopralluoghi necessari all'istruttoria entro il  30
novembre 2014". 
    In ordine a tale comma, deve  essere  evidenziata,  peraltro,  la
violazione degli artt. 3 e 97 Cost., perche' - si badi bene alle date
-,  con  decreto-legge  del  12  settembre  2014,   convertito,   con
modificazioni, in data 11 novembre 2014, si individua come perentorio
il termine del 30 settembre 2014, stabilendosi che, se a  tale  data,
non si sia provveduto a pubblicare il bando di gara per l'affidamento
di lavori di realizzazione di interventi di mitigazione  del  rischio
idrogeologico o non si siano affidati i relativi lavori, il  Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede  alla
revoca delle risorse assegnate alle Regioni per la  realizzazione  di
tali interventi. Nessuna verifica concreta in contraddittorio con  la
Regione, nessuna considerazione dell'apporto positivo dato,  ex  art.
53 Cost., al concorso alle spese pubbliche. Si dispone solamente  che
l'ISPRA assicura l'espletamento degli accertamenti ed i  sopralluoghi
necessari  all'istruttoria  entro  il  30  novembre  2014.   Ora   e'
ragionevole ritenere che l'ISPRA possa, in poco  piu'  di  due  mesi,
espletare tali accertamenti e sopralluoghi? Non e' forse  ragionevole
ritenere  che  si  trattera',  nella  migliore  delle   ipotesi,   di
accertamenti e sopralluoghi piuttosto sommari e  che  si  aprira'  la
strada ad un contenzioso piuttosto acceso? V'e' piu' di  una  ragione
per  ritenere  che  il  disposto  del  comma  3   dell'art.   7   del
decreto-legge c.d. Sblocca Italia sia manifestamente irragionevole  e
debba, pertanto, essere dichiarato costituzionalmente illegittimo (si
veda, a questo riguardo, Corte cost., sent. n. 236/2013). 
    Evidente e' pure la violazione del fondamentale art. 2 Cost.,  in
base al  quale  "la  Repubblica  riconosce  e  garantisce  i  diritti
inviolabili dell'uomo", dal  momento  che  la  configurazione  di  un
potere sostanzialmente illimitato di revoca delle  risorse  assegnate
alle Regioni, per la realizzazione di interventi di  mitigazione  del
rischio idrogeologico, mette in serio pericolo i diritti  inviolabili
dei cittadini (e dei non cittadini), primo tra tutti il diritto  alla
vita e quello alla salute (in ordine alla piena legittimazione  della
Regione Veneto a sollevare censure di violazione degli artt. 2,  3  e
97 Cost., si rinvia a tutto quanto  precisato  a  margine  del  primo
motivo). 
    Alla denunciata violazione dell'art. 117, comma 3, Cost. consegue
de plano quella dell'art. 118 Cost. 
    In ordine, poi, alla  violazione  dell'art.  119  Cost.,  debbono
intendersi qui richiamate integralmente tutte le considerazioni sopra
svolte a margine del primo motivo  di  ricorso,  rilevando  che  tale
precetto costituzionale e' indubbiamente leso nel momento in  cui  ci
si trova dinanzi ad una disposizione di legge statale che attribuisce
un potere sostanzialmente illimitato allo Stato di revoca di  risorse
assegnate  alle  Regioni  per  la  realizzazione  di  interventi   di
mitigazione  del  rischio  idrogeologico,  senza   prevedere   alcuna
verifica concreta in contraddittorio con  la  Regione  interessata  e
senza tenere conto dell'eventuale residuo fiscale  della  Regione  in
questione (residuo fiscale che, nel caso  della  Regione  Veneto,  e'
piuttosto consistente: pari a circa € 3.500 pro capite). 
3. Illegittimita' costituzionale dell'art. 42, commi 1,  2,  3  e  4,
d.l. n. 133/2014,  convertito,  con  modificazioni,  dalla  legge  n.
164/2014, per violazione degli artt. 2, 3, 97, 117, comma  3,  118  e
119 della Costituzione. 
    I primi quattro commi dell'art. 42 del decreto-legge c.d. Sblocca
Italia  recano  una  serie  di  disposizioni  alquanto   puntuali   e
dettagliate "in materia" - cosi' recita la rubrica dell'art. 42 - "di
finanza delle Regioni". 
    Il comma 1 aggiunge, per quanto  qui  particolarmente  interessa,
all'art. 46 (Concorso delle regioni e delle  province  autonome  alla
riduzione della spesa pubblica) del d.l. n. 66/2014, convertito,  con
modificazioni, dalla  legge  n.  89/2014,  i  commi  7-bis,  7-ter  e
7-quater. 
    Il comma 7-bis dell'art. 46  d.l.  n.  66/2014,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge n. 89/2014, stabilisce che  le  Regioni  a
Statuto ordinario sono tenute, per l'anno 2014, ad effettuare,  fermo
restando il rispetto dei vincoli del  Patto  di  stabilita'  interno,
spese nei  confronti  dei  beneficiari  a  valere  su  una  serie  di
autorizzazioni di spesa variamente  previste  dalla  legislazione  in
vigore (si  rinvia  alla  lettura  integrale  della  disposizione  in
questione, vista anche la farraginosita' della stessa). 
    A sua volta, stando al comma  7-ter  del  medesimo  art.  46,  le
Regioni che risultino non aver  effettuato  integralmente  la  spesa,
versano all'entrata del bilancio dello Stato la quota  di  spesa  non
effettuata. 
    In base al successivo comma 7-quater del medesimo  art.  46,  per
l'anno 2014 non si applicano le esclusioni dai vincoli del  Patto  di
stabilita' interno previste da una serie di disposizioni  legislative
statali (anche qui si rinvia all'integrale lettura della disposizione
in  questione  per  evitare  di   appesantire   l'esposizione   delle
doglianze). 
    E' evidente che ci si trova dinnanzi a  disposizioni  legislative
statali dettate in materia di "coordinamento della finanza pubblica",
ma  eccedenti  la  natura  di  principi  fondamentali  e,   pertanto,
costituzionalmente illegittime per violazione dell'art. 117, comma 3,
Cost., che attribuisce alla potesta' legislativa concorrente di Stato
e Regione la materia "coordinamento della finanza pubblica". 
    Non solo. Nel momento in cui si stabilisce - al comma 7-bis - che
le Regioni a Statuto  ordinario  sono  tenute,  per  l'anno  2014  ad
effettuare   spese   nei   confronti   dei   beneficiari   a   valere
sull'autorizzazione di spesa per le istituzioni scolastiche paritarie
(art. 46, comma 7-bis, lett. a), sull'autorizzazione di spesa per  il
diritto  allo  studio   (art.   46,   comma   7-bis,   lett.   b)   e
sull'autorizzazione di spesa per contributi e benefici a favore degli
studenti anche con disabilita' (art. 46, comma 7-bis, lett. c) - solo
per citarne alcune -, e' evidente che la disposizione legislativa  in
questione interferisce con  l'esercizio  della  potesta'  legislativa
regionale nella materia - che e'  concorrente  e  relativamente  alla
quale  allo  Stato  spetta  solo  la  determinazione   dei   principi
fondamentali ex art. 117 comma 3 Cost. - dell'istruzione. 
    Venendo, poi, ai commi 7-ter e 7-quater dell'art. 46 del d.l.  n.
66/2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 89/2014,  come
modificato  dall'art.  42   d.l.   n.   133/2014,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge n.164/2014, e' innegabile che essi  ledono
l'autonomia finanziaria regionale nel momento in cui  impongono  alla
Regione di versare allo Stato la quota di spesa  non  effettuata  tra
quelle di cui al comma 7-bis, tutte  spese  -  come  si  e'  visto  -
afferenti a materie di potesta'  legislativa  concorrente.  Ulteriore
lesione si ha nel momento in cui si dispone, per l'anno 2014, la  non
applicazione di talune esclusioni dai vincoli del Patto di stabilita'
interno previste dalla vigente legislazione. 
    Insomma, l'autonomia finanziaria regionale, di cui  all'art.  119
Cost., e' drasticamente mutilata, al punto tale da ridurre la Regione
Veneto, indipendentemente  da  qualunque  valutazione  circa  i  suoi
meriti e demeriti, ad una sorta di ordinatore secondario di spesa. 
    Pure a questo proposito si debbono richiamare integralmente tutte
le argomentazioni sopra svolte a margine del primo motivo di ricorso,
rilevando che l'art. 119 Cost. e' indubbiamente violato  nel  momento
in cui ci si trova dinanzi ad una disposizione di legge  statale  che
stabilisce, puntualmente e dettagliatamente, quel che la Regione puo'
e non puo', deve e non deve spendere in ambiti di materie  riferibili
alla sua potesta' legislativa, anche solo concorrente; e  cio'  senza
prevedere alcuna verifica concreta, in contraddittorio con la Regione
interessata, e senza  tenere  conto  dell'eventuale  residuo  fiscale
della Regione medesima. Il che - all'evidenza -  si  traduce  in  una
violazione degli artt. 3 e 97 Cost.: perche' l'omessa  considerazione
di cio' che rappresenta un impiego produttivo  delle  risorse  e'  in
danno sia della Regione Veneto sia dello  Stato:  piu'  precisamente,
della Repubblica. 
    Alla violazione degli artt. 117, comma 3, e 119  Cost.  consegue,
de plano, la violazione dell'art. 118 Cost. 
    Le differenze di stile, ricostruttive e argomentative,  esistenti
tra le premesse in diritto e le singole  contestazioni  rivelano  che
ormai il degrado raggiunto dalla legislazione, priva di un  qualunque
riferimento sistematico, rende pressoche' impossibile  collegare  tra
loro disposizioni di principio e disposizioni di dettaglio (78) .  Il
dettaglio, infatti, ha preso il sopravvento, perche'  e'  prossimo  a
quel che si puo' serenamente definire mansionario. E' nelle pieghe di
un mansionario che  si  insinuano  le  misure  di  favore  oppure  di
disfavore, le cui giustificazioni sono sempre  rintracciabili  in  un
dato retorico, che non ha nulla a che fare  con  la  realta'.  Cosi',
rimane sistematicamente  inevasa  una  domanda:  possiamo  continuare
ancora a sottrarre risorse  ai  territori  produttivi?  Evidentemente
si', se e' vero che l'art. 42, comma 5 e seguenti, del  c.d.  Sblocca
Italia si occupa, a parte, della Regione  Sardegna  e  della  Regione
Sicilia: quest'ultima, ormai  ai  limiti  del  collasso  finanziario,
intenta, per altro, a pagare una legione di dirigenti. Perche' - come
si e' scritto di recente -  "la  Sicilia  nei  propri  beni  ha  piu'
dirigenti del ministero - 306 contro 191 - comprese sovraintendenze e
siti. 'Colpa di una legge che in una notte del  Duemila  ha  promosso
mille funzionari a dirigenti'" (79)  .  Ma  non  c'e'  il  vaglio  di
costituzionalita? Ma non esiste il potere  statale  di  coordinamento
della  finanza  pubblica?  Non  e'  vero   che   questo   genere   di
"fattispecie" sono a carico - in nome  di  una  solidarieta'  nobile,
declinata in modo perverso - anche del contribuente che vive  e  paga
le imposte nella Regione Veneto e nelle altre Regioni? Non  e'  vero,
ancora, che tutto cio' distrugge ricchezza nazionale e impedisce  gli
investimenti necessari per superare difficolta' oggi enormi? E poi  -
dulcis  in  fundo  -   queste   promozioni-provvidenze   non   hanno,
oltretutto,  l'effetto  di  umiliare  la  stessa  politica  regionale
siciliana in materie che dovrebbero essere un volano dell'economia? 
    Domande retoriche, le cui risposte avviliscono. Intendiamoci:  la
Regione Veneto non vuole dare lezioni a nessuno.  Si  e'  limitata  a
collegare tra loro riscontri che si possono considerare oggettivi. Lo
ha fatto pensando al Paese, oltre che a se stessa, in nome non  tanto
di virtu' (80) , quanto di risultati valutabili in termini di dare ed
avere,  intesi  come   interessi-valori   da   tutelare   a   livello
costituzionale. 
    E' qui che si inseriscono, appunto, le questioni di  legittimita'
costituzionale che hanno di mira  un  dato  disposto.  Questioni  che
rivelano la loro natura e la  loro  manifesta  fondatezza  se  le  si
colloca nell'ambito non tanto del confronto con un singolo parametro,
quanto con i  capisaldi  costituzionali  dell'ordinamento.  E  le  si
riporta, per valutarne il fondamento, a una realta'  che  ci  dice  -
sono, come si e' visto, le parole di Luca Ricolfi, ma anche di  tanti
altri - di "un saccheggio silenzioso e invisibile che  non  puo'  non
fiaccare la capacita' delle Regioni del Nord di  produrre  ricchezza,
ossia precisamente la materia prima su cui poggia la  redistribuzione
a favore delle regioni deboli" (81) . Perche', alla  fine,  sara'  un
danno - e una dannazione - per tutti. 

(1) V., rispettivamente, M. Bertolissi, Contribuenti e  parassiti  in
    una societa' civile, Jovene, Napoli, 2012, nonche' L. Hinna -  M.
    Marcantoni, Spending  Review.  E'  possibile  tagliare  la  spesa
    pubblica italiana senza farsi male?, Donzelli, Roma, 2012. 

(2) Paolo Sylos Labini, Eugenio Scalfari e Giuseppe  Turani,  Ugo  La
    Malfa, Alessandro Pizzorno, Giorgio Galli  e  Alessandra  Nannei,
    Franco Reviglio, Roberto Convenevole. V. la successiva nota 3. 

(3) L.  Ricolfi,  Il  sacco  del   Nord.   Saggio   sulla   giustizia
    territoriale, Guerini e Associati, Milano,  2012,  91  e  92,  il
    quale prosegue richiamando una severa puntualizzazione di Giorgio
    Galli e Alessandra Nannei: '  Le  risorse  assorbite  dal  lavoro
    improduttivo sono state una delle cause determinanti del processo
    involutivo che caratterizza il nostro  Paese,  e  senza  il  loro
    ridimensionamento non  sara'  possibile  ripercorrere  la  strada
    dello sviluppo ' (Il capitalismo  assistenziale,  1976).  I  nomi
    citati alla nota 2 sono  ripresi  da  questo  articolatissimo  ed
    argomentato saggio di Luca Ricolfi, al quale  si  fara'  costante
    riferimento nella redazione del presente atto. Lo scopo e' quello
    di non far perdere di vista la  realta',  con  cui  deve  fare  i
    conti,  per  primo,  anche  il  giurista,  secondo   il   limpido
    insegnamento di C. Vivante, La riforma del codice  di  commercio,
    in Nuova Antalogia, 1923,  spec.  161-162.  V.  la  nota  7.  Per
    sgombrare il campo da  equivoci  assai  diffusi,  che  divengono,
    molto spesso, argomenti difensivi dell'Avvocatura generale  dello
    Stato, e' bene non dimenticare che la lievitazione patologica del
    debito pubblico (divenuto enorme) non puo' essere  imputata  alla
    riforma costituzionale del 2001, essendosi formato, nella  misura
    a tutti nota, negli anni Ottanta del secolo scorso: v.,  ad  es.,
    I.  Musu,  Il  debito   pubblico.   Quando   lo   Stato   rischia
    l'insolvenza, il Mulino, Bologna, 2012, e A. Friedman, Ammazziamo
    il Gattopardo, Rizzoli, Milano, 2014, spec. 32 ss. V.,  altresi',
    L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 94, la' dove scrive: Di  qui
    deficit pubblici sempre piu' ampi, che nel giro  di  una  ventina
    d'anni, grosso modo dal 1972 al 1992,  porteranno  il  debito  al
    120% del PIL e l'Italia sull'orlo della bancarotta' 

(4) F. De  Sanctis,  Storia  della  letteratura  italiana,  Tascabili
    Newton, Roma, 1993, 373, nel capitolo dedicato a Machiavelli.  La
    frase intera suona cosi': Il  fondamento  scientifico  di  questo
    mondo e' la cosa effettuale, come  te  la  porge  l'esperienza  e
    l'osservazione. Quanto  a  Machiavelli,  e'  appena  il  caso  di
    osservare che  egli  era  a  diretto  contatto  con  la  realta',
    perche',  ammoniva:  Molti  si  sono  immaginati  repubbliche   e
    principati che non si sono mai visti  ne'  conosciuti  nel  mondo
    reale. Ma c'e' una tale differenza tra come si  vive  e  come  si
    dovrebbe vivere, che colui il quale trascura cio' che al mondo si
    fa, per occuparsi invece di quel che si dovrebbe  fare,  apprende
    l'arte di andare in rovina, piu' che quella di  salvarsi  (in  Il
    Principe, Bur, Milano,  1996,  78,  nella  versione  in  italiano
    moderno, curata da P. Melograni).. 

(5) Riflessioni critiche notevoli si possono leggere in  L.  Canfora,
    Intervista sul potere, a cura di A. Carioti, Laterza,  Roma-Bari,
    2013. Le istituzioni non vivono librate  in  aria;  stanno  sulla
    terra e danno ad essa un  senso,  che  e'  quello  delle  persone
    fisiche e giuridiche che la calpestano. 

(6) V., peraltro, alcuni  severi  giudizi  espressi  da  L.  Paladin,
    Diritto regionale, Cedam, Padova, 2000, passim. V.,  soprattutto,
    il magistrale saggio di G. Berti, Art. 5,  in  Commentario  della
    Costituzione, a cura di G. Branca, Zanichelli-Il  Foro  italiano,
    Bologna-Roma, 1975, 277  ss.,  nonche'  F.  Benvenuti,  Il  nuovo
    cittadino. Tra liberta' garantita e  liberta'  attiva,  Marsilio,
    Venezia, 1994. 

(7) Qui si assume, dati  i  tempi  ed  i  problemi  da  affrontare  e
    risolvere, il punto di vista reso esplicito  da  C.  Vivante,  La
    riforma del codice di commercio, cit., 161-162, la'  dove  scrive
    come, 'dopo  tanto  sforzo  dialettico  dei  civilisti  bisognava
    riprendere il contatto  colla  realta'  vivente.  lo,  e  i  miei
    colleghi e discepoli, abbiamo considerato il diritto  commerciale
    come una  scienza  di  osservazione;  vivendo  nei  porti  fra  i
    capitani, nelle aziende di assicurazione  fra  gli  assicuratori;
    nelle societa'  fra  amministratori  ed  azionisti,  raccogliendo
    tutti i frammenti che l'attivita' umana ci offriva, reputando che
    nulla sia estraneo al diritto, perche' e' composto di  tutti  gli
    elementi della vita. Abbiamo  cercato  la  conoscenza  dei  fatti
    fuori della logica, per poter poi costruire saldamente  a  rigore
    di logica'. Dunque, prima di tutto, la conoscenza dei  fatti,  ad
    es., attraverso le indagini condotte da Luca Ricolti,  del  quale
    v., altresi', Illusioni italiche. Capire il Paese in cui  viviamo
    senza dar retta ai luoghi comuni, Mondadori, Milano, 2010,  e  La
    Repubblica  delle  tasse.  Perche'  l'Italia  non  cresce   piu',
    Rizzoli, Milano, 2011. 

(8) L.  Paladin,  Diritto  regionale,  cit.,  233  ss.,  nonche'   la
    fondamentale sent. n. 271/1986  della  Corte  costituzionale.  In
    generale, per una visione d'insieme  dei  problemi  cruciali  del
    regionalismo,  ignorando  i  quali  c'e'  un  unico  sbocco:   il
    fraintendimento di ogni questione, v. G. Amato, Il  sindacato  di
    costituzionalita' sulle  competenze  legislative  dello  Stato  e
    della Regione (alla luce dell'esperienza statunitense), Giuffre',
    Milano, 1963; F. Bassanini, L'attuazione delle Regioni, La  Nuova
    Italia, Firenze, 1970; A. Barbera, Regioni e interesse nazionale,
    Giuffre',  Milano,  1973.  Risalenti,  al  pari  di   altri,   ma
    fondamentali! . 

(9) Chi scrive non ha mai creduto nella versione a sub tempo data del
    federalismo fiscale:  v.,  infatti,  M.  Bertolissi,  Federalismo
    fiscale: una nozione giuridica, in Fed fisc., n. 1/2007,  9  ss.;
    Fiscalita' e forma di Stato: un appunto, ivi, n. 2/2007, 109 ss.;
    La delega per l'attuazione del federalismo fiscale:  ragionamenti
    in termini di diritto costituzionale, ivi, n. 2/2008, 89 ss.;  La
    'funzione sovrana' del  tributo,  ivi,  n.  1/2009,  15  ss.;  Il
    federalismo fiscale e la sua cronaca, ivi, n. 2/2010, 123 ss.; Un
    imperativo  categorico:  spendere  bene,   ivi,   171   ss.;   Il
    bilanciamento tra solidarieta' e responsabilita' nell'ambito  del
    federalismo  fiscale,  n.  1/2011,  9  ss.;   Stato   sociale   e
    federalismo fiscale, ivi, n. 1-2/2012, 7 ss. 

(10) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 179. 

(11) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 180. 

(12) L. Ricolfi, Il  sacco  del  Nord,  cit.,  181,  il  quale  nota,
     altresi', dopo aver ripreso una  eloquente  puntualizzazione  di
     Vilfredo Pareto: 'I territori che vivono di trasferimenti  hanno
     finito per soffocare i  territori  che  producono.  Il  problema
     pero', e' che per uscirne avremo bisogno di una classe  politica
     coraggiosa, capace di prendere atto del nocciolo del problema. E
     il nocciolo del problema ... e' che il divario Nord-Sud e'  solo
     un divario di produzione, non di consumi e di  tenore  di  vita.
     Detto  brutalmente:  il  Mezzogiorno  non  ha  alcun   interesse
     immediato a cambiare uno stato  di  cose  che,  finora,  gli  ha
     permesso di vivere largamente al di  sopra  dei  propri  mezzi'.
     Luca Ricolfi - come lui dice di se' medesimo  -  ha  avuto  come
     maestro Claudio Napoleoni; e' uno studioso ed  intellettuale  di
     sinistra,  ma  non  si  riconosce  nella  posizione  di   quanti
     ritengono che vi siano 'territori che hanno una sorta di diritto
     naturale alla solidarieta' e territori che hanno  il  dovere  di
     concederla, sempre e comunque' (ivi, 25 e 27). 

(13) L.  Paladin,  Presentazione  di  AA.VV.,  La  prima  legislatura
     regionale 1970-1975, Giuffre', Milano, 1976, 3 ss. 

(14) M. Draghi, Considerazioni finali, in Documenti  de  Il  Sole  24
     Ore, 1° giugno 2008, 11-12: 'Sul ritardo del Mezzogiorno pesa la
     debolezza   dell'amministrazione    pubblica,    l'insufficiente
     attitudine alla cooperazione e alla fiducia, un costume  diffuso
     di noncuranza delle  norme.  Per  il  progresso  della  societa'
     meridionale   l'intervento   economico   non    e'    separabile
     dall'irrobustimento del capitale sociale. La politica  regionale
     in  favore  del  Mezzogiorno  ha  potuto  contare  nello  scorso
     decennio su un ammontare di risorse finanziarie comparabile  con
     quello  dell'intervento  straordinario  soppresso  nel  1992.  I
     risultati sono stati inferiori alle attese. La spesa pubblica e'
     tendenzialmente  proporzionale  alla  popolazione,   mentre   le
     entrate riflettono redditi e basi imponibili pro capite che  nel
     Meridione  sono  di  gran  lunga  inferiori.  Si  stima  che  il
     conseguente afflusso netto verso il Sud di risorse  intermediate
     dall'operatore pubblico, escludendo gli  interessi  sul  debito,
     sia sull'ordine del 13 per cento del prodotto  del  Mezzogiorno,
     il 3 per cento di quello nazionale. E' un  ammontare  imponente;
     per il Sud, e'  anche  il  segno  di  una  dipendenza  economica
     ininterrotta'. Sic! Un tal genere di puntualizzazioni tronca sul
     nascere ogni polemica. Del  resto  lo  stesso  Presidente  della
     Repubblica e' stato severo censore: v. G. Battistini, Napolitano
     striglia i politici: 'Colpa vostra il degrado  al  Sud',  in  la
     Repubblica, 3 dicembre 2008, 12; C. Giannini, Napolitano: il Sud
     faccia autocritica  o  e'  fuori  gioco,  in  Il  Gazzettino,  3
     dicembre 2008, 4, nonche' A. Garibaldi, Napolitano: il  Sud  non
     ha retto alla prova dell'autogoverno, in Corriere della Sera,  4
     ottobre 2009, 8. Certo, oggi la politica, tutta, e'  all'angolo,
     come osserva A. Schiavone, Non ti delego. Perche' abbiamo smesso
     di credere nella  loro  politica,  Rizzoli,  Milano,  2013.  Ma,
     proprio per questo, e' necessario che  la  Magistratura  che  e'
     garante della Costituzione  dia  il  suo  contributo,  rivedendo
     orientamenti consolidati non piu'  idonei  a  porre  rimedio  ai
     problemi del Paese: che sono di tutti e  la  Regione  Veneto  li
     espone cosi'. 

(15) E' piu' che sufficiente rinviare, senza commento di sorta, a  F.
     Fubini, Capitale brucia-miliardi.  'Cosi'  Roma  affonda  in  un
     default pagato da tutta Italia', in la Repubblica,  28  novembre
     2014, 1 e 30. Questo e' il frutto malato di una  solidarieta'  a
     senso unico, irresponsabile, che ha consentito a  Roma-capitale,
     come rileva la  Corte  dei  conti,  di  continuare  'a  spendere
     troppo, lo Stato si e' accollato i suoi debiti ma la  citta'  ha
     fallito il  risanamento.  E  divora  oltre  cinquecento  milioni
     l'anno dei contribuenti nazionali'. Vogliamo cambiare  registro?
     V.  P.  Buttafuoco,  Bruttissima   Sicilia.   Dall'autonomia   a
     Crocetta, tutta una rovina, Bompiani,  Milano,  2014.  Le  prime
     parole sono queste: 'Adesso basta. Qualcuno -  Matteo  Renzi?  -
     dica basta,  perche'  l'autonomia  sara'  cosa  santa  e  giusta
     ovunque ma in Sicilia no, e' un flagello e trascina nel  baratro
     l'Italia.  Li'  l'autonomia  regionale,  fonte  di   sprechi   e
     burocrazia, e' l'acqua  che  nutre  l'arretratezza  economica  e
     sociale di un pezzo importante del Meridione. Ed e' la fogna  in
     cui nuota la mafia'. Nessuno ha  in  tasca  la  verita',  ma  si
     tratta di discorsi che risalgono alla notte dei  tempi:  v.,  ad
     es., tenendo conto della questione qui affrontata, G. Demaria, I
     motivi  fondamentali  della  industrializzazione  regionale,  in
     AA.VV.,    Gli    squilibri    regionali    e    l'articolazione
     dell'intervento pubblico, Lerici editori, Milano, 1962,  13  ss.
     Tra l'altro, nel criticare talune prese di posizione della Corte
     costituzionale di allora, notava che 'il terreno formale su  cui
     sta sorgendo l'edificio della nuova  economia  deve  essere  ben
     diverso e deve  in  ogni  caso  essere  piu'  forte  l'influenza
     esercita dalla situazione e  dagli  obiettivi  economici'  (ivi,
     25): perche' sono questi ultimi che vanno salvaguardati. 

(16) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 14-15. 

(17) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 20. 

(18) M. Bertolissi, Federalismo fiscale: una nozione giuridica, cit.,
     27 ss.. 

(19) F. De Sanctis, Storia della letteratura italiana, cit., 373.. 

(20) E' il sottotitolo - come si e' visto - di L. Ricolfi,  Il  sacco
     del Nord, cit. 

(21) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 181. 

(22) I tempi attuali registrano  evidenti  motivi  di  malessere  nei
     confronti dei poteri locali. Le inchieste ne pongono in luce una
     mala gestio  davvero  diffusa  ed  ingiustificabile.  Purtroppo,
     pero', questo e' un problema che coinvolge l'Italia in ogni  sua
     componente: riguarda tutte  le  istituzioni  territoriali  della
     Repubblica e - cio' che conta - il cittadino, il  quale  e',  ad
     es., evasore oltre il limite della decenza. V. infra. 

(23) Da parte di chi ha stimato in 50  miliardi  di  euro  l'anno  le
     cifre  'degli  sprechi,  dell'evasione  fiscale,  e  soprattutto
     dell'immane trasferimento di risorse da Nord a Sud': L. Ricolfi,
     Il sacco del Nord, cit., 15.  Quel  che  conta  non  e'  che  la
     quantificazione sia esatta - ve ne sono tante, tutte  opinabili,
     da questo punto di vista -, ma che  un  rilevante  differenziale
     esista; e questo nessuno lo mette in discussione, come ha notato
     M. Draghi, Considerazioni finali, cit., 11-12 (v.,  infatti,  la
     nota 14). 

(24) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 15. 

(25) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 17. 

(26) Si riprenderanno - lo si e' gia' dichiarato - alcune rilevazioni
     di L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., perche' sono  suffragate
     da  rigorosi  riscontri  e  perche'  sono,  oltre  cio'  che  e'
     opinabile, trasparenti. In ogni caso, e' la realta' che parla, a
     chiunque, senza mediazioni. La realta'  e'  quella  rappresenta,
     con un vigore che fa riflettere, ad es., da F. Camon, Un  popolo
     che ha ucciso la speranza, in il mattino di Padova, 28  dicembre
     2014,  8  (la  sintesi  e':  'Niente  meritocrazia,   corruzione
     dilagante. Sta crescendo una generazione di emigranti'). E' meta
     diritto? E' diritto il combinato disposto? 

(27) Per dirla con S. Trentin, La crisi del Diritto  e  dello  Stato,
     prima edizione italiana a cura di G. Gangemi,  Gangemi  Editore,
     Roma, 2006, 198. 

(28) 'E abbiamo bisogno di scegliere una prospettiva: non esiste  mai
     il paesaggio in se', ma solo il paesaggio osservato da una certa
     angolatura, con una  certa  luce,  con  un  certo  strumento  di
     osservazione piu' o meno  sofisticato,  dall'occhio  umano  fino
     agli occhiali a  raggi  infrarossi.  Ecco,  l'idea  centrale  di
     questo libro non e'  di  fornire  una  spiegazione  per  i  mali
     dell'Italia,  e   nemmeno   di   suggerire   una   terapia,   ma
     semplicemente di offrire  al  lettore  uno  strumento  nuovo  di
     osservazione, un paio di lenti che  permettano  di  vedere  cose
     che, con gli strumenti di osservazione tradizionali proprio  non
     si vedono'. Cosi', L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit.,  35,  il
     quale aggiunge: 'Per 'strumenti  di  osservazione  tradizionali'
     intendo, essenzialmente, gli  schemi  con  cui  la  contabilita'
     nazionale rappresenta e descrive i suoi squilibri  territoriali.
     La mia  idea  e'  che,  finche'  si  adottano  tali  schemi,  e'
     impossibile vedere quel che  c'e'  da  vedere.  La  contabilita'
     nazionale mostra tante cose, ma ne nasconde molte altre, proprio
     quelle piu' importanti. Di  qui  l'idea  di  cambiare  occhiali,
     ossia di passare a uno schema di contabilita' nazionale diverso:
     la contabilita' nazionale liberale'. Ecco:  la  Regione  Veneto,
     per il tramite della  sua  odierna  difesa,  chiede  alla  Corte
     costituzionale di 'cambiare occhiali'.  In  questa  prospettiva,
     poco o nulla valgono i precedenti. 

(29) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 36. 

(30) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 37. 

(31) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 43.  Annota,  quindi: '  Il
     punto e' che, grazie al tasso di parassitismo ?, e  grazie  agli
     indici di interposizione pubblica ad esso strettamente connessi,
     molte cose che nelle pieghe della contabilita' standard  restano
     nascoste  diventano  immediatamente  visibili.  Ad  esempio   un
     sistema  economico-sociale  soffoca  perche'  il  suo  tasso  di
     parassitismo e' salito troppo. Quando un paese vive al di  sopra
     dei suoi mezzi, perche' il suo  reddito  disponibile  eccede  il
     reddito da esso prodotto. Quando un territorio  sembra  produrre
     reddito, ma in realta' consuma  il  reddito  prodotto  da  altri
     territori '. 

(32) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 45, ove si legge, altresi':
     'Per non parlare dell'aspetto territoriale del problema: se  mai
     qualcuno dovesse prendere  sul  serio  la  missione  ultima  del
     federalismo,  ossia  riportare  in  equilibrio   i   conti   dei
     territori, difficilmente potrebbe esimersi  dal  ristabilire  un
     minimo  di  uniformita'   nei   tassi   di   evasione   fiscale,
     possibilmente conducendoli verso quelli dei territori virtuosi'.
     A proposito dell'evasione, v. A.  Santoro,  L'evasione  fiscale.
     Quanto,  come  e   perche',   cit.,   nonche'   M.   Bertolissi,
     Contribuenti e parassiti, cit.; AA.VV., Evasione fiscale e  'tax
     compliance', a cura di A. Gentile  e  S.  Giannini,  il  Mulino,
     Bologna, 2012, e G. Bergonzini, Evasione fiscale: un problema di
     diritto costituzionale, in Fed. fisc., n. 2/2011, 153 ss. Ma  la
     lezione piu' alta e' di P.  Gobetti,  La  rivoluzione  liberale.
     Saggio sulla lotta politica in Italia,  Einaudi,  Torino,  1974,
     157 ss. 

(33) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit.,  49.  Quel  che  accade  in
     sanita' e' noto a tutti, con l'aggravante che a  maggiori  spese
     corrispondono, il piu' delle volte, peggiori  servizi.  In  ogni
     caso sul punto - della sottoproduzione  e  dello  spreco  -  'la
     contabilita'  nazionale  e'  muta'   e   cio'   impedisce   'una
     riorganizzazione della spesa'. Al riguardo, c'e' qualche segnale
     positivo manifestatosi 'ultimamente' (ivi, 49 e 50). 

(34) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 52. Ma  'le  differenze  di
     prezzo ... contano molto. Se si vuole fornire una  ricostruzione
     accurata degli squilibri territoriali, non si puo' fare come  se
     non esistessero o fossero trascurabili. A maggior ragione se  il
     federalismo fiscale  dovesse  basarsi,  come  sembra,  anche  su
     principi di solidarieta' e perequazione fra aree forti e deboli.
     In qualsiasi politica  di  riequilibrio  che  si  proponesse  di
     aiutare o compensare le zone piu' svantaggiate,  un  ragionevole
     calcolo dell'entita' dello 'svantaggio'  dovrebbe  certo  tenere
     conto dei consumi pubblici,  che  sono  sensibilmente  attenuati
     da σ (il tasso  di  sottoproduzione  e  spreco),  ma  anche  dei
     consumi privati, che sono  sensibilmente  modificati  da  λ,  il
     livello dei prezzi' (ivi, 54). Tutto  cio'  non  ha  costituito,
     sino ad ora, argomento di  discussione,  ancorche'  riguardi  il
     'tenore di vita di  una  popolazione'  (ivi,  52):  detto  nella
     prospettiva e con  il  linguaggio  del  diritto  costituzionale,
     ancorche' riguardi le liberta' e i diritti previsti e  garantiti
     dalla Parte I della  Legge  fondamentale,  alla  cui  tutela  la
     Regione  partecipa  -  e'  obbligata  a  partecipare   -   quale
     componente essenziale della Repubblica (art. 114 Cost.), secondo
     l'ordine delle sue attribuzioni-funzioni costituzionali.  Questa
     e' la prospettiva  di  chi  pensa,  piuttosto  che  a  un  Paese
     formalmente unitario, a un Paese sostanzialmente coeso:  che  e'
     ben altro! 

(35) Quella, ad es., che L. Ricolfi, Il sacco del Nord,  cit.,  spec.
     61  ss.,  denomina  -  come  si  e'  accennato  -  'contabilita'
     nazionale liberale'. 

(36) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 61-62,  spiega  perche'  la
     contabilita' nazionale ignora questi problemi. 

(37) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 65 e 67. 

(38) Spiegato, con dovizia di argomenti, da L. Ricolfi, Il sacco  del
     Nord, cit., 75 ss., e con grande onesta' intellettuale.  Infatti
     -  osserva  -,  'chiarito  che  il  prodotto  per  abitante  del
     Mezzogiorno e' poco piu' della meta' di quello del  Centro-nord,
     ci resta da capire  l'origine  di  questa  minore  capacita'  di
     generare  ricchezza.  Su   questo,   ovvero   sul   perche'   in
     centocinquant'anni il Sud non sia riuscito ne' a colmare ne'  ad
     accorciare sensibilmente il divario con  il  Nord,  le  opinioni
     divergono, spesso in funzione delle convinzioni  ideologiche  di
     chi le esprime. Il guaio, pero', e' che anche i dati  divergono'
     (ivi, 78). Tuttavia, vi sono  dati  che  contengono  in  se'  un
     qualche principio di prova e di spiegazione. Ad es., perche',  a
     parita' di popolazione, i 'costi della politica'  (trasferimenti
     a organi istituzionali) sono di oltre 137 milioni di euro l'anno
     per la Sicilia, mentre il Veneto spende poco piu' di 39 milioni?
     Perche' la Calabria destina - sempre nel 2014 - a manifestazioni
     e convegni quasi 6 milioni di euro e il Veneto 415.050 euro? V.,
     infatti, E. Lauria, Spese delle Regioni. Sicilia maglia nera  ma
     per le consulenze record  in  Piemonte,  in  La  Repubblica,  27
     dicembre 2014, 13. Qui, ancora una volta, non c'e' alcun intento
     polemico.  Si  evidenziano  piccole  differenze,   cui   possono
     corrispondere grandi differenze, causate dal modo -  lineare  ed
     irresponsabile - con cui lo Stato pensa  e  compone  la  finanza
     delle Regioni, a tutto danno della produttivita' dei territori a
     forte vocazione innovativa. Non e', forse,  un  caso  di  palese
     violazione della potesta' statale di coordinamento della finanza
     pubblica (artt. 117, comma 3, e 119, comma 1, Cost.), che non  a
     caso la Legge fondamentale attribuisce allo  Stato,  che  questo
     ossessivamente rivendica, e che, poi, in concreto  non  attua  o
     attua malamente? 

(39) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 83. 

(40) M. Draghi, Considerazioni finali, cit., 11-12. 

(41) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 86. Per togliere spazio  ad
     ogni polemica preconcetta, si pensi alla migrazione in  sanita':
     al fenomeno per cui l'abitante di una  Regione  si  trasferisce,
     per curarsi (per rendere concreto il diritto costituzionale alla
     tutela della  propria  salute,  ex  art.  32  Cost.),  in  altra
     Regione. 

(42) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit.,  89.  Del  resto  -  e'  un
     rilievo che proviene da  chi  ha  grande  dimestichezza  con  la
     societa' e le istituzioni italiane -, si e' sottolineato che 'la
     pubblica    amministrazione    e'    stata    travolta     dalla
     'meridionalizzazione  dello  Stato'  ...  I   meridionali   sono
     portatori di una cultura giuridica che prevede il primato  della
     forma sul contenuto. Il risultato  non  conta.  E'  una  cultura
     impastata di garanzie e di tranquillita', di non decisioni e  di
     scarsa responsabilita', di molta burocrazia e  poca  efficienza,
     di continuita' e mai di rottura.  Siamo,  in  una  parola,  alla
     negazione dei valori borghesi, al loro esatto contrario. Scrive,
     in proposito, Giuliano Amato: 'il nostro  peccato  originale  e'
     stato quello di una borghesia che  non  ha  considerato  suo  il
     problema dello Stato e lo ha abbandonato nelle  mani  dei  figli
     dei poveri'. Si tratta di un giudizio che, a una prima  lettura,
     puo'  sembrare  ingeneroso  e  sommario,   ma   ...   lo   Stato
     ottocentesco  ...  si  e'  trasformato  in  un  contenitore   di
     funzioni, facile da occupare, dove tutto si e' appiattito  verso
     il basso':  cosi'  G.  De  Rita  -  A.  Galdo,  L'eclissi  della
     borghesia, Laterza, Roma-Bari, 2011, 28. 

(43) Consideri, l'ecc.ma Corte, che l'atto normativo primario che  si
     impugna contiene pure disposizioni di favore per la Sicilia e la
     Sardegna: le quali sono si Regioni speciali, ma non esentate dal
     rispetto di cio' che dispongono, ad es., gli artt. 2 e 3 Cost. 

(44) L. Ricolfi, Il sacco del Nord,  cit.,  95  e  96.  Incide  sulle
     attivita' produttive dei territori gravati dal  parassitismo  di
     altri oppure no? E' naturale che si! 

(45) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 98. 

(46) Lo sanno tutti. 

(47) L. Ricolfi, Il sacco del  Nord,  cit.,  99-100.  Poco  oltre  si
     occupa di un''obiezione molto frequente fra  i  difensori  delle
     buone ragioni del Mezzogiorno', osservando che si fonda  su  una
     'lettura  vagamente  sovietica  della   Costituzione',   fondata
     sull'art. 2 Cost. (ivi 101),  e  discute  criticamente  'quattro
     piccoli  trucchi  statistici  che  permettono  di  pilotare   il
     risultato, costruendo  la  sorpresa  di  un  Sud  che,  anziche'
     assorbire risorse eccessive,  ne  riceve  invece  troppo  poche'
     (ivi,  102).  E'  da  ricordare  -   perche'   e'   di   rilievo
     discriminante -  che  la  contabilita'  nazionale  liberale  non
     considera tutta la spesa pubblica corrente, ma  soltanto  quella
     discrezionale (e se ne spiegano le ragioni: ivi, 104 e  passim).
     Cio' consente di rendere evidente che 'nel Sud sono elevati,  al
     tempo stesso, la quota di spesa pubblica allocata in stipendi  e
     sussidi, il parassitismo puro,  i  tassi  di  sottoproduzione  e
     spreco. Nel Nord accade esattamente il contrario: spesa pubblica
     orientata agli acquisti, basso parassitismo, sprechi  contenuti.
     Al Nord si spreca poco,  e  la  spesa  pubblica  pro  capite  e'
     modesta non solo rispetto al prodotto pro  capite  ma  anche  in
     cifra assoluta' (ivi, 105-106). 

(48) Si chiede e risponde L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 115. 

(49) Delle quali vi e' un'encomiabile consapevolezza: L. Ricolfi,  Il
     sacco del Nord, cit., 115 ss. 

(50) Ovviamente,  i  dati  non  sono  del  2014,  perche'   risalgono
     addirittura a prima della crisi del 2007-2008. Tuttavia, poiche'
     sono  in  molti  a  sostenere  che  l'evasione  e'   addirittura
     cresciuta negli anni piu' recenti,  dal  momento  che  si  evade
     anche per sopravvivere e perche' la  tassazione  complessiva  e'
     divenuta ormai insostenibile, ne viene che le stime qui  riprese
     sono  ancor   piu'   significative:   infatti,   gli   squilibri
     territoriali  non  possono  essere  che  aumentati.  Merita  una
     attenta considerazione quel che ha scritto F. Gallo, Le  ragioni
     del fisco.  Etica  e  giustizia  nella  tassazione,  il  Mulino,
     Bologna, 2007, 15-17, in specie la' dove nota che 'la  pressione
     fiscale 'effettiva' sui contribuenti 'onesti' sarebbe, poi,  del
     50,70% a fronte di quella 'apparente' del 41,42%'.  Eravamo  nel
     2007! 

(51) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 119. 

(52) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 119-120. 

(53) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 121-122.  V.,  inoltre,  A.
     Santoro, L'evasione fiscale, cit., in specie la' dove sottolinea
     quale e' stata 'l'influenza che l'evasione ha avuto  nel  nostro
     paese sulla crescita del  debito  pubblico'  (ivi,  26).  E'  un
     problema di diritto costituzionale o no?. 

(54) V. la nota 4. 

(55) E. Passerin D'Entreves,  Gli  aspetti  storici  degli  squilibri
     regionali, in AA. VV., Gli squilibri regionali,  cit.,  271.  Si
     deve osservare, poi, che 'questi  dati  [sull'evasione  fiscale]
     non  sarebbero  cosi'  drammatici  se,  nel  suo  complesso,  la
     pressione fiscale fosse in Italia a livelli ragionevoli. In  tal
     caso il peso che le regioni del Nord sopportano per sostenere  i
     consumi, pubblici e privati, del resto del Paese potrebbe essere
     considerato  un  doveroso  tributo  alla  solidarieta'  e   alla
     coesione sociale. Ma  il  punto  e'  che  la  pressione  fiscale
     corrente  [non  e'  quella  del  2014,  ancora   superiore]   e'
     enormemente aumentata nell'ultimo trentennio, passando dal 31,3%
     del 1980 al 42,7% del 2008 secondo la  contabilita'  ufficiale'.
     V. la nota 50. 

(56) Qui, infatti, quel che conta sono il problema e  l'esistenza  di
     forti scostamenti tra cio' che un territorio e  un  contribuente
     danno e ricevono. Se le somme sono, nei fatti,  a  saldo  attivo
     oppure  negativo,   e'   chiaro   che   si   pongono   questioni
     costituzionali evidenti. Si citeranno  varie  fonti  -  oltre  a
     quelle  elaborate  da  Luca  Ricolfi  -  e  si  vedra'  che,   a
     prescindere dalle quantificazioni variabili, quel che appare una
     costante e' l'esistenza di squilibri territoriali,  nei  termini
     suesposti. In ogni caso, secondo L. Ricolfi, Il sacco del  Nord,
     cit., 159, 'definito in modo non sempre identico  in  tutti  gli
     studi, il residuo fiscale pro capite  di  un  territorio  e'  la
     differenza fra cio' che il suo cittadino medio paga sotto  forma
     di tasse e contributi e cio' che riceve  sotto  forma  di  spesa
     pubblica'. Ricorda, con l'occasione, uno studio esemplare  della
     Fondazione Agnelli, elaborato su dati del 1989. 

(57) Staderini e Vadala', di cui parla L. Ricolfi, Il sacco del Nord,
     cit., 161. Per non dire di una ricerca Formez su dati 1986 e  di
     un lavoro di Francesco Forte su dati del 1973. Il volume di  AA.
     VV., Gli squilibri regionali, cit., raccoglie indagini risalenti
     al 1961! Di recente, se ne e' occupato L. Antonini,  Federalismo
     all'italiana, Marsilio, Venezia, 2013. 

(58) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 161. 

(59) L. Ricolfi, Il sacco  del  Nord,  cit.,  162-163,  ne  spiega  i
     difetti e chiarisce perche' preferisce, a quella nozione, quella
     di 'teoria della giustizia territoriale'. 

(60) L.  Ricolfi,  Il  sacco  del  Nord,  cit.,  163.   Analogamente,
     nell'ottica   del   diritto   costituzionale,   M.   Bertolissi,
     Federalismo fiscale: una nozione giuridica, cit. 

(61) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 163 e 164. Quanto  di  piu'
     scontato vi sia! 

(62) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 164-165. 

(63) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 168. 

(64) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 168 e 169. 

(65) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 172, il quale sottolinea la
     circostanza che 'le regioni attive sono tutte  al  Nord  eccetto
     Toscana e Marche, mentre il Sud  ha  solo  regioni  passive.  La
     regione con il credito piu' alto (11,4% del proprio PIL  market)
     e' la Lombardia, seguita da Veneto, Emilia-Romagna, Piemonte,  e
     poi - molto vicine al pareggio - Toscana, Marche, Friuli-Venezia
     Giulia. Le due regioni con il debito maggiore  (22,3%)  sono  le
     due isole, Sicilia e  Sardegna,  entrambe  a  statuto  speciale,
     seguite a ruota da Calabria, Basilicata, Valle d'Aosta,  Molise,
     e poi - con debiti  via  via  decrescenti  -  Campania,  Puglia,
     Lazio, Liguria, Umbria, Trentino-Alto Adige e infine Abruzzo, la
     regione meridionale con  i  conti  meno  in  disordine'.  Queste
     conclusioni sono suffragate  da  altre  ricerche  che  divergono
     soltanto per quantita' numeriche, come e'  naturale  avvenga  in
     questo genere di contesti. Salva rerum substantia, pero! 

(66) Ci  si  permette  di  rinviare  a  M.  Bertolissi,   L'autonomia
     finanziaria regionale. Lineamenti costituzionali, CEDAM, Padova,
     1983. 

(67) S. Holmes - S.R. Sunstein, Il  costo  dei  diritti.  Perche'  la
     liberta' dipende dalle tasse, il Mulino, Bologna, 2000. 

(68) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 14 ss. 

(69) V. sub 4. 

(70) In base a tale disposizione, per 'opera pubblica incompiuta'  si
     intende l'opera non completata: a) per mancanza di fondi; b) per
     cause tecniche; c)  per  sopravvenute  nuove  norme  tecniche  o
     disposizioni  di  legge;  d)  per  il  fallimento   dell'impresa
     appaltatrice; e) per il mancato interesse  al  completamento  da
     parte del gestore; f) in  tutti  i  casi  in  cui  un'opera  non
     risponda a tutti i  requisiti  previsti  dal  capitolato  e  dal
     relativo progetto esecutivo e che  non  risulti  fruibile  dalla
     collettivita' (art. 44-bis,  commi 1  e  2,  d.l.  n.  201/2011,
     convertito, con modificazioni, dalla legge n. 213/2011). 

(71) 'I  suddetti  pagamenti  devono  riferirsi  a  debiti  in  conto
     capitale: a) certi,  liquidi  ed  esigibili  alla  data  del  31
     dicembre 2013; b)  per  i  quali  sia  stata  emessa  fattura  o
     richiesta equivalente di pagamento entro il 31 dicembre 2013; c)
     riconosciuti  alla  data  del  31  dicembre  2013   ovvero   che
     presentavano i requisiti per il riconoscimento  di  legittimita'
     entro la medesima data'. 

(72) Il d.lgs. 25 novembre 1996, n. 625,  recante  'Attuazione  della
     direttiva 94/22/CEE relativa alle condizioni di  rilascio  e  di
     esercizio  delle  autorizzazioni  alla  prospezione,  ricerca  e
     coltivazione di  idrocarburi',  dispone,  ai  commi  1  e  1-bis
     dell'art.  20  (rubricato  'Destinazione  delle  aliquote   alle
     regioni  a  statuto  ordinario'),  quanto  segue:  '1.  Per   le
     produzioni ottenute a decorrere dal 1° gennaio 1997 per ciascuna
     concessione di coltivazione  situata  in  terraferma  il  valore
     dell'aliquota calcolato in base all'articolo 19 [il cui  comma 1
     dispone che, 'per le produzioni  ottenute  a  decorrere  dal  1°
     gennaio  1997,  il   titolare   di   ciascuna   concessione   di
     coltivazione e' tenuto a corrispondere allo Stato il  valore  di
     un'aliquota del prodotto della coltivazione  pari  al  7%  della
     quantita'  di  idrocarburi  liquidi  e   gassosi   estratti   in
     terraferma, e al 7% della quantita' di idrocarburi gassosi e  al
     4% della quantita' di idrocarburi liquidi estratti in mare']  e'
     corrisposto per il 55% alla regione a statuto ordinario e per il
     15% ai comuni interessati; i comuni destinano tali risorse  allo
     sviluppo  dell'occupazione   e   delle   attivita'   economiche,
     all'incremento industriale  e  ai  interventi  di  miglioramento
     ambientale, nei territori nel cui ambito si svolgono le ricerche
     e le coltivazioni. 1-bis. A decorrere al 1° gennaio  1999,  alle
     regioni a statuto ordinario del Mezzogiorno e' corrisposta,  per
     il finanziamento di  strumenti  della  programmazione  negoziata
     nelle aree di estrazione e adiacenti, anche l'aliquota destinata
     allo Stato'. 

(73) Alle suddette compensazioni si provvede come segue: 'a) quanto a
     29 milioni di euro  per  l'anno  2014,  mediante  corrispondente
     utilizzo di quota dei proventi  per  interessi  derivanti  dalla
     sottoscrizione dei  Nuovi  strumenti  finanziari,  di  cui  agli
     articoli da 23-sexies a 23-duodecies del decreto-legge 6  luglio
     2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto
     2012, n. 135, non necessari al pagamento degli interessi passivi
     da corrispondere sui titoli del debito pubblico emessi  ai  fini
     dell'acquisizione  delle  risorse   necessarie   alla   predetta
     sottoscrizione che, a tal fine,  sono  versati  all'entrata  del
     bilancio dello Stato; b) quanto a 221 milioni di euro per l'anno
     2014, mediante utilizzo  delle  somme  versate  all'entrata  del
     bilancio dello Stato ai sensi dell'articolo 148, comma 1,  della
     legge 23 dicembre 2000, n. 388, che, alla  data  di  entrata  in
     vigore del presente provvedimento, non sono state riassegnate ai
     pertinenti programmi e che sono acquisite, nel  predetto  limite
     di 221 milioni di euro, definitivamente al bilancio dello Stato;
     c) quanto a 150 milioni di euro per l'anno 2014, 180 milioni per
     l'anno 2015, 100 milioni per l'anno 2016 e 70 milioni per l'anno
     2017,  mediante  corrispondente  utilizzo  del  Fondo   per   la
     compensazione  degli   effetti   finanziari   non   previsti   a
     legislazione   vigente   conseguenti   all'attualizzazione    di
     contributi pluriennali, di cui  all'articolo  6,  comma  2,  del
     decreto-legge  7  ottobre  2008,   n.   154,   convertito,   con
     modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2008, n. 189, e successive
     modificazioni; d) quanto a 50 milioni di euro per l'anno 2014, a
     valere sugli spazi finanziari concessi e non  utilizzati  al  30
     giugno 2014 di cui al comma 9-bis dell'articolo 31  della  legge
     12 novembre 2011, n. 183'. 

(74) Cosi'  B.  Baldi,  Differenziazione  regionale   e   federalismo
     fiscale,  in  (a  cura  di)  L.  Vandelli  -  F.  Bassanini,  Il
     federalismo  alla  prova:  regole,  politiche,   diritti   nelle
     Regioni, il Mulino, Bologna, 2012, 423 ss., spec. 435. 

(75) 'Cosi' G.  A.  Bellati,  Il  riparto  del  gettito.  Problemi  e
     prospettive,  in  (a  cura  di)  F.  Palermo  -   M.   Nicolini,
     Federalismo fiscale in Europa. Esperienze straniere e spunti per
     il caso italiano, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli,  2012,
     201 ss., spec. 207 ss., il quale rileva, altresi', quanto segue:
     'E, nonostante i maggiori trasferimenti, il livello di  sviluppo
     economico del Sud non e' certo migliorato. Secondo  il  rapporto
     Svimez   2009   [SVIMEZ,   Rapporto   2009   sull'economia   del
     Mezzogiorno,  Roma  2009,  in  www.svimez.it]  dall'inizio   del
     decennio il Sud e' cresciuto meno del Centro-Nord, cosa che  non
     e' mai accaduta dal dopoguerra ad oggi, e il divario in  termini
     di PIL pro capite e' rimasto sostanzialmente invariato,  attorno
     al 58,6% di  quello  del  Centro  Nord,  anziche'  ridursi  come
     sarebbe logico aspettarsi da un sistema di flussi redistributivi
     fra le aree piu' ricche e quelle meno ricche del Paese. Inoltre,
     sempre secondo  Svimez,  se  nel  1951  nel  Mezzogiorno  veniva
     prodotto il 23,9% del Pil nazionale oggi  la  quota  e'  rimasta
     sostanzialmente immutata (23,8%). In sostanza in sessant'anni il
     Sud, pur crescendo circa agli stessi ritmi del Centro-Nord,  non
     e' riuscito e non  riesce  a  recuperare  il  gap  di  sviluppo.
     Quest'enorme 'spreco' di risorse non si e', quindi, tradotto  in
     un  vero  aiuto  alle  realta'  produttive  e  sociali,  ma   ha
     alimentato inefficienza, sprechi e rendite  di  vario  tipo.  E'
     questo, soprattutto, che rende inaccettabile l'assetto  attuale:
     sotto la giustificazione della  solidarieta'  si  cela,  spesso,
     tutt'altro'. Dati dello stesso  tenore  di  quelli  raccolti  da
     Unioncamere del Veneto si rinvengono in Baldi,  Differenziazione
     regionale e federalismo fiscale  cit.,  435  ss.  Sul  punto  si
     vedano  anche  (sempre  per  i  dati   economico-statistici   di
     riferimento) A. Staderini -  E.  Vadala',  Bilancio  pubblico  e
     flussi redistributivi interregionali:  ricostruzione  e  analisi
     dei residui fiscali nelle Regioni italiane, in (a  cura  di)  L.
     Cannari,  Mezzogiorno  e  politiche  regionali,  Banca  d'Italia
     Eurosistema, novembre 2009, 597 ss. 

(76) Si  veda  sul  tema,  tra  gli  altri,  C.  Tubertini,   Risorse
     economiche come elemento di  uniformazione,  in  Il  federalismo
     alla prova, cit., 407 ss. 

(77) Cosi', G.A. Bellati, Il riparto del gettito cit., 213. Si  veda,
     in  argomento,  anche   E.   Corali,   Federalismo   fiscale   e
     Costituzione. Essere e dover essere  in  tema  di  autonomia  di
     entrata e di spesa di Regioni ed Enti locali, Giuffre',  Milano,
     2010, 127 ss. 

(78) V.,  in  proposito,  le  riflessioni,   tanto   limpide   quanto
     persuasive, delineate da V. Italia,  Le  malattie  delle  leggi,
     Giuffre', Milano, 2014. 

(79) A. Fraschilla, Sicilia, l'ultima beffa. 300 dirigenti nei  musei
     ma non ci sono soldi per le  lampadine,  in  la  Repubblica,  16
     novembre 2014, 21. Tuttavia, e' bene ammettere che  vale  sempre
     l'ammonimento evangelico del 'Chi e'  senza  peccato  scagli  la
     prima  pietra!'.  Infatti,  se  puo'  affermare   G.   Santilli,
     Mezzogiorno con il motore al minimo,  in  Il  Sole  24  Ore,  30
     dicembre 2014, 10, e'  vero,  altresi',  che  puo'  scrivere  G.
     Ferraino, Dipendenti pubblici, a Trento costano il triplo che  a
     Catanzaro, in  Corriere  della  Sera,  7  gennaio  2015,  30,  a
     testimonianza del fatto che, dovunque, possono annidarsi rendite
     di posizione. Ma altro e' - come  si  e'  accennato  -  l'ordine
     'nazionale' dei problemi  qui  posti,  in  una  prospettiva  sia
     generale (sub I) sia particolare (sub II), che puo' essere letta
     in termini di residuo fiscale oppure, ancor  meglio,  di  teoria
     della giustizia territoriale.  Spunti  di  sicuro  interesse  si
     possono ricavare dalla lettura  del  Rapporto  sulla  situazione
     sociale del Paese 2014, elaborato  dal  Censis,  Franco  Angeli,
     Milano,  2014.  Vale  la  pena  di  riprendere  un  passo  delle
     Considerazioni  generali,  che  non  e'  neppure  il   caso   di
     commentare, data la sua estrema evidenza: 'In una societa' senza
     ordine sistemico i singoli soggetti sono a dir poco  a  disagio:
     non capiscono dove si collocano, negli anfratti o nei relitti di
     un assetto sistemico che  essi  ritengono  comunque  necessario;
     soffrono tutti gli effetti negativi,  anche  psicologici,  della
     crisi radicale delle giunture sistemiche; e si sentono alla fine
     abbandonati a se stessi (vale per il singolo  imprenditore  come
     per la singola famiglia), in  una  obbligata  solitudine.  -  Il
     sistema finisce per esser vissuto come  cosa  estranea  e  resta
     solo potenziale  oggetto  di  rancore  e  di  denuncia.  Con  la
     conseguenza  inevitabile  che  tale  estraneita'  porta   a   un
     fatalismo quasi  cinico  (tanto,  tutto  e'  fuori  controllo  e
     nessuno riesce a padroneggiarlo) e talvolta anche a  episodi  di
     secessionismo sommerso, ormai spesso presente in varie regioni e
     realta' locali, specie al Sud'. Sic! 

(80) 'Virtuoso e no' sono attributi del lessico ordinario,  dovuti  a
     cio'  che  la  quotidianita'   rivela.   Qualcuno   puo'   anche
     rammaricarsi. Ma il rammarico va ricondotto alle cause che hanno
     generato simili nuovi atteggiamenti psicologici  ed  espressioni
     un tempo ignote. 

(81) L. Ricolfi, Il sacco del Nord, cit., 172, gia' ripreso sub 5, in
     fine. 
 
                               P.Q.M. 
 
    La Regione Veneto, in persona del Presidente  pro  tempore  della
Giunta regionale, ut supra rappresentata, difesa e domiciliata, 
    Chiede che l'ecc.ma Corte costituzionale voglia: 
        dichiarare l'illegittimita'  costituzionale  degli  artt.  4,
commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 9; 7, commi 2 e 3; 42, commi 1, 2, 3 e 4,
del decreto-legge  12  settembre  2014,  n.  133,  rubricato  "Misure
urgenti per l'apertura dei cantieri,  la  realizzazione  delle  opere
pubbliche,  la  digitalizzazione  del   Paese,   la   semplificazione
burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la  ripresa
delle attivita' produttive",  convertito,  con  modificazioni,  dalla
legge 11 novembre 2014, n. 164, pubblicata nel Supplemento  ordinario
n. 85 della Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  italiana  n.  262
dell'11 novembre 2014, per violazione degli  artt.  2,  3,  97,  114,
comma 1, 117, comma 3, 118 e 119 della Costituzione. 
          Padova-Venezia-Roma, 8 gennaio 2015 
 
  prof. avv. Mario Bertolissi - avv. Ezio Zanon - avv. Luigi Manzi