N. 19 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 aprile 2014

Ordinanza del 28 aprile 2014 del Tribunale - Sezione specializzata in
materia di impresa di Milano  nel  procedimento  civile  promosso  da
Milana Marco ed altri contro Banca d'Italia e Ministero dell'economia
e delle finanze.. 
 
Moneta -  Conversione  in  euro  delle  lire  fuori  corso  legale  -
  Previsione, introdotta dal decreto-legge n. 201 del  2011,  che  le
  banconote, i biglietti e le monete in lire ancora  in  circolazione
  si prescrivono a favore dell'Erario con decorrenza immediata e  che
  il relativo controvalore e' versato all'entrata del bilancio  dello
  Stato e riassegnato al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato
  -  Conseguente  anticipazione  al  6   dicembre   2011   (data   di
  pubblicazione e di entrata in vigore  del  suddetto  decreto-legge)
  del termine di prescrizione del 28  febbraio  2012,  fissato  dalla
  legge n. 289 del 2002 - Denunciata estinzione immediata del diritto
  dei  possessori  di  lire  fuori  corso  a  convertirle  in   euro,
  riconosciuto dalle leggi precedenti - Violazione del  principio  di
  affidamento  e  di  certezza  del  diritto  -  Irragionevolezza   -
  Ingiustificato privilegio per  una  categoria  di  creditori  dello
  Stato (possessori di titoli del debito  pubblico)  a  discapito  di
  un'altra (possessori di lire) - Espropriazione  a  beneficio  dello
  Stato  (e  dei  possessori  di  titoli  di  Stato)  di  un   "bene"
  appartenente ai privati, costituito  dal  controvalore  delle  lire
  ancora in circolazione - Contrasto con il diritto al  rispetto  dei
  propri beni, sancito dal Protocollo  addizionale  alla  Convenzione
  per la salvaguardia dei diritti dell'uomo (CEDU), come interpretato
  dalla Corte di Strasburgo. 
- Decreto-legge  6   dicembre   2011,   n.   201,   convertito,   con
  modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, art. 26. 
- Costituzione, artt. 3, 42, comma terzo, 97 e 117, primo  comma,  in
  relazione  all'art.  1  del  primo  Protocollo   addizionale   alla
  Convenzione  per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo  (CEDU)
  [ratificata e resa esecutiva in Italia dalla legge 4  agosto  1955,
  n. 848]. 
(GU n.9 del 4-3-2015 )
 
                       IL TRIBUNALE DI MILANO 
 
 
             Sezione specializzata in materia di impresa 
 
    Nella persona del giudice  Guido  Vannicelli  ha  pronunciato  la
seguente ordinanza nella causa civile di  I°  grado  iscritta  al  n.
18936/2012 R.g.  promossa  da  Marco  Milana  (c.f.MLNMRC76A05F205B),
Nunzio Antonio Mentino (c.f. MNTNZNC54C09I293K), Daniela Baldan (C.F.
BLDDNL57L57L41L736), Maria Scipioni (C.F. SCPMRA55M60H501W), Domenico
Canale   (C.F.   CNLDNC45S11B403N)   e   Giuseppe   Viterale    (C.F.
VTRGPP61M11H485D), elettivamente domiciliati  in  Milano,  via  della
Commenda 35, presso il procuratore e difensore avv. Marcello Pistilli
attori; 
    contro Banca d'Italia (C.F. 00997670583), rappresentata e  difesa
dagli avv.ti  Marco  Mancini,  Adriana  Pavesi  e  Giovanni  Lupi  ed
elettivamente domiciliata presso la sede dell'Istituto in Milano, via
Cordusio 5 convenuta; 
    e nei confronti di Ministero dell'economia e delle finanze  (C.F.
80207790587),  rappresentato  e  difeso   ex   lege   dall'Avvocatura
Distrettuale di Stato di Milano, via Freguglia 1 terzo chiamato 
    1. Marco Milana, Nunzio Antonio Mentino,  Daniela  Baldan,  Maria
Scipioni, Domenico  Canale,  Giuseppe  Viterale  hanno  convenuto  in
giudizio la Banca d'Italia per sentirla condannare al pagamento di  €
27.543,67, quale controvalore delle banconote in lire presentate  per
la conversione in euro entro il termine del 28 febbraio 2012. 
    A sostegno della propria domanda gli  attori  hanno  allegato  di
essersi recati presso varie filiali della Banca  d'Italia,  obbligate
ai sensi dell'art. 87 L. 289/2002 ad  effettuare  la  conversione  da
lire in euro di tutte le  banconote  fuori  corso  legale  presentate
entro il termine del  28  febbraio  2012  ma  di  avere  ottenuto  un
diniego, giustificato in base all'art. 26 del D.L. 6 dicembre 2011 n.
121, pubblicato nella G.U. del 6 dicembre 2011 e convertito nella  L.
22 dicembre 2011,  n.  201,  a  tenore  del  quale  "in  deroga  alle
disposizioni di cui all'articolo 3, commi 1 ed 1 bis, della  legge  7
aprile 1997, n. 96, e all'articolo 52-ter, commi  1  ed  1  bis,  del
decreto legislativo 24 giugno 1998, n. 213, le banconote, i biglietti
e le monete in lire ancora in circolazione si  prescrivono  a  favore
dell'Erario con decorrenza immediata ed il relativo  controvalore  e'
versato all'entrata del bilancio dello Stato per  essere  riassegnato
al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato". 
    1).1 Gli attori hanno preliminarmente lamentato  l'illegittimita'
costituzionale del citato art. 26 del. D.L. 201/2011, sostenendo  che
tale disposizione viola il principio del legittimo affidamento  e  il
principio di certezza giuridica desumibili dagli artt. 3 e 24  Cost.,
laddove introduce - in contrasto con essi e  sostituendo  il  termine
prescrizionale  del  28  febbraio   2012   originariamente   previsto
dall'art. 87 della L.  289/2002  (1)  -  l'immediata  estinzione  del
diritto dei detentori di banconote e monete  in  Lire  di  convertire
presso le filiali della Banca d'Italia la valuta ormai fuori corso. 
    1).2 In tesi attorea, Part. 26 del D.L. 201/2011 violerebbe anche
gli artt. 2, 24 e 117, comma 1 Cost., con riferimento agli artt.  17,
36, 38 e 54, nonche' l'art. 1 del Protocollo n. 1 CEDU,  cosi'  come.
interpretato dalla giurisprudenza della  Corte  Europea  dei  Diritti
dell'Uomo. 
    In  particolare,  l'art.  1  del  Protocollo   addizionale   CEDU
contempla  un  equo  contemperamento  fra  le  esigenze   di   tutela
dell'interesse pubblico  e  le  istanze  di  protezione  dei  diritti
individuali fondamentali; tale per cui, a  parere  della  Corte  EDU,
ciascuno  Stato  aderente  gode  si'   di   un   certo   margine   di
discrezionalita' nella  scelta  degli  strumenti  di  attuazione  dei
provvedimenti ma  l'interesse  pubblico,  che  costituisce  lo  scopo
ultimo del legislatore, non puo' essere perseguito in base  a  scelte
prive di ragionevole fondamento. 
    1).3 Da ultimo - secondo gli attori - si  ravviserebbe  anche  la
violazione degli artt. 3 e 97 Cost. nella parte in cui non  e'  stato
previsto  alcun  termine  di  vacatio   legis,   ma   la   decorrenza
dell'effetto legale estintivo del diritto alla conversione  e'  stata
immediata ed istantanea. 
    In via principale, parte  attrice  ha  lamentato  l'inadempimento
dell'obbligazione ex lege da parte  di  Banca  d'Italia  che  si  era
rifiutata di convertire le monete e le banconote in Lire,  nonostante
le richieste degli attori fossero intervenute entro  il  28  febbraio
2012, termine previsto dall'art. 87 della L. 289/2002. 
    Sulla base di tale inadempimento ha chiesto il  risarcimento  del
danno patrimoniale e non  patrimoniale,  oltre  alla  condanna  della
convenuta al pagamento di € 27.543,67 quale controvalore della valuta
presentata per la conversione. 
    2.  Ai  fini  della  miglior  comprensione  dei   termini   della
controversia e della rilevanza, per la sua risoluzione, del sindacato
che si richiede a codesta Alta  Corte  in  ordine  alla  legittimita'
costituzionale dell'art. 26 del D.L.  6  dicembre  2011  n.  121,  si
procede di seguito a ritrascrivere parzialmente la  motivazione  e  -
interamente -  il  dispositivo  della  sentenza  emessa   da   questo
Tribunale in data odierna: 
    " (...) Gli attori hanno quindi  lamentato,  in  via  principale,
l'inadempimento da parte della Banca d'Italia dell'obbligazione su di
essa incombente ex lege di convertire in euro correnti le monete e le
banconote in Lire ancora in  circolazione,  nonostante  le  richieste
degli attori fossero intervenute entro il termine a tal fine previsto
dall'art. 87 della L. 289/2002. 
    Hanno percio' chiesto la condanna dell'Istituto di emissione  sia
al  pagamento  di  €  27.543,67  quale  controvalore   della   valuta
presentata per la  conversione,  sia  al  risarcimento  del  danno  -
patrimoniale e non - arrecato loro da tale inadempimento. 
    B. La Banca d'Italia ha eccepito in via pregiudiziale: 
    a) la carenza di giurisdizione del  giudice  ordinario  a  favore
della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo; 
    b)  il  proprio  difetto  di  legittimazione  passiva,  dovendosi
ritenere per contro legittimato il Ministero  dell'economia  e  delle
finanze. 
    In subordine,  ha  contestato  nel  merito  la  fondatezza  delle
domande di parte attrice per essersi essa limitata  ad  adempiere  ad
obblighi impostile ex lege; onde ha concluso per il  loro  rigetto  e
chiesto la chiamata in causa  del  terzo  Ministero  dell'economia  e
delle finanze per essere da esso manlevato in caso di condanna. 
    C. Il terzo chiamato s'e' costituito  associandosi  all'eccezione
pregiudiziale di difetto di giurisdizione del  giudice  ordinario;  e
contestando nel merito la fondatezza sia delle  domande  attoree  che
della domanda di manleva svolta nei suoi confronti dalla convenuta. 
    D. All'esito delle memorie ex art. 183 comma 6° c.p.c. il giudice
istruttore ha ritenuto la causa matura per la decisione. 
    All'udienza dei 28 febbraio 2014  le  parti  hanno  precisato  le
conclusioni richiamando quelle articolate negli atti  introduttivi  e
la causa, spirati il 22 aprile 2014 i termini ex art. 190 c.p.c.,  e'
passata in decisione. 
    E. La convenuta ha eccepito il difetto di giurisdizione a  favore
della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in  base  al
combinato disposto degli artt. 133, lett. v) C.P.A. e 81  del  D.P.R.
n. 398/2003, in quanto i biglietti e le monete fuori corso legale non
piu' convertibili - integrando un credito al  portatore  assimilabile
al credito portato  dai  titoli  del  debito  pubblico  prescritti  -
rientrerebbero "tra le controversie sul debito pubblico". 
    Ritiene in proposito il Tribunale di dover invece condividere  la
diversa  qualificazione  della  fattispecie  offerta  dagli   attori,
allorche' hanno sottolineato come il "debito pubblico" sia costituito
dalle  passivita'  delle  amministrazioni   pubbliche   riconducibili
(secondo la definizione rinvenibile nel SEC 95) a "biglietti,  monete
e depositi, titoli a breve termine nonche' altri crediti  a  medio  e
lungo termine"; mentre i biglietti e le monete fuori corso legale non
costituiscono  debito  pubblico,  in  quanto  inserite  nel  bilancio
d'esercizio dell'anno 2003 della Banca d'Italia sotto la voce  "altre
passivita'" (2) . 
    Ne consegue, coerentemente, l'esclusione  dalle  controversie  in
materia di "debito pubblico" devolute  alla  giurisdizione  esclusiva
del Giudice amministrativo della fattispecie per cui e' causa. 
    F. La Banca d'Italia ha altresi' eccepito il proprio  difetto  di
legittimazione passiva in quanto i fondi corrispondenti alle lire non
convertite, stante l'anticipazione della prescrizione, sono confluiti
nel Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato senza in alcun  modo
tramutarsi per esso in utili. 
    Premesso  che  gli  attori,  richiamando  tal  quali  le  domande
contenute    in    citazione,    non    hanno    inteso    estenderle
all'amministrazione dello Stato terza chiamata, rileva  il  Tribunale
che l'art. 87 L. 289/2002 ha conferito alla Banca d'Italia un vero  e
proprio mandato ex lege. 
    Cio' ha comportato per la stessa, quale mandataria del  Ministero
dell'economia e delle finanze, la titolarita' sotto il  lato  passivo
di un autonomo obbligo di effettuare la  conversione  in  euro  delle
vecchie lire e trasferire ai  terzi  l'importo  convertito;  a  nulla
rilevando nel rapporto con i  presentatori  dei  biglietti  di  banca
fuori corso legale il fatto che il beneficiario delle Somme derivanti
dalle monete non convertite fosse il  M.E.F.,  atteso  anche  che  il
corrispondente valore nominale e' stato definitivamente  collocato  a
garanzia del Fondo ammortamento dei titoli di Stato. 
    G. Cio' precisato in via pregiudiziale,  Ritiene  questo  Giudice
che il  merito  della  domanda  non  possa  essere  affrontato  senza
preliminarmente risolvere la questione di costituzionalita' sollevata
dagli attori in relazione all'art. 26 del D.L.  6  dicembre  2011  n.
121, pubblicato nella G. U. del 6 dicembre 2011 e'  convertito  nella
L. 22 dicembre 2011, n. 201. 
    Trattandosi, come si andra' ad esporre in separata ordinanza,  di
dubbio di legittimita' costituzionale non  manifestamente  infondato,
il Tribunale non puo' esimersi dal  sollevare  la  questione  innanzi
alla Corte  Costituzionale,  organo  deputato  in  via  esclusiva  al
sindacato di costituzionalita' delle leggi; sospendendo  il  giudizio
in attesa del responso del Giudice delle Leggi. 

(1) Secondo  cui,  peraltro,  «ove  l'andamento   delle   conversioni
    eccedesse quello stimato, la Banca procedera' al regolamento  del
    relativo importo con addebito nei confronti dell'erario.» 

(2) Doc. 10 parte attrice. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Il Tribunale,  non  definitivamente  pronunciando  sulla  domanda
proposta da Marco Milana, Nunzio  Antonio  Mentino,  Daniela  Baldan,
Maria Scipioni, Domenico Canale e  Giuseppe  Viterale  nei  confronti
della Banca d'Italia con  citazione  notificata  il  12  marzo  2012,
nonche' sulla domanda proposta dall'istituto convenuto  con  atto  di
chiamata notificato al Ministero dell'economia  e  delle  finanze  in
data 21 novembre 2012, cosi' dispone: 
        1.  rigetta  l'eccezione  di  carenza  di  giurisdizione  del
giudice ordinario proposta  dalla  Banca  d'Italia  e  dal  Ministero
dell'Economia e delle Finanze; 
        2. rigetta altresi' l'eccezione di carenza di  legittimazione
passiva sollevata dalla Banca d'Italia; 
        3. dispone con separata ordinanza la trasmissione degli  atti
alla cancelleria della Corte  costituzionale  e  la  sospensione  del
giudizio (...)". 
    3. L'art. 26 del D.L. 6 dicembre 2011 n. 121, pubblicato in  G.U.
il 6 dicembre 2011 e convertito nella L. 22 dicembre  2011,  n.  201,
prescrive che "in deroga alle disposizioni  di  cui  all'articolo  3,
commi 1 ed 1 bis, della legge 7 aprile 1997, n.  96,  e  all'articolo
52-ter, commi 1 ed 1 bis, del decreto legislativo 24 giugno 1998,  n.
213, le banconote,  i  biglietti  e  le  monete  in  lire  ancora  in
circolazione si  prescrivono  a  favore  dell'Erario  con  decorrenza
immediata ed il relativo  controvalore  e'  versato  all'entrata  del
bilancio  dello  Stato  per   essere   riassegnato   al   Fondo   per
l'ammortamento dei titoli di Stato". 
    Tale norma ha quindi disposto, innovando  in  peius  rispetto  al
termine prescrizionale decennale del 28 febbraio 2012 fissato con  la
L. 289/2002, non tanto  un  diverso  termine  prescrizionale  "breve"
quanto la vera e propria estinzione "con  decorrenza  immediata"  del
diritto di convertire in moneta corrente le banconote, i biglietti  e
le monete in lire in euro gia' riconosciuto ai loro possessori. 
    L'applicazione di tale disposizione normativa di  fonte  primaria
e' quindi il necessario presupposto per raccoglimento  o  il  rigetto
della  domanda  formulata  dagli  attori,  che  hanno   pacificamente
presentato per la conversione la quantita' di vecchie lire oggetto di
domanda antecedentemente allo spirare del termine di  prescrizione  a
tale fine originariamente previsto, ma successivamente all'entrata in
vigore dell'art.  26  del  decreto  legge  n.  121/2011;  circostanza
documentata dalle raccomandate a mano prodotte da parte attrice e dal
verbale del Comando Carabinieri del Nucleo Banca d'Italia versati  in
atti dagli attori. 
    Qualora   la   norma   qui   impugnata   non    fosse    ritenuta
incostituzionale  la  domanda  di  adempimento  svolta  dagli  attori
dovrebbe  infatti  essere  rigettata,  in  quanto  il  rifiuto  della
convenuta sarebbe da ritenere legittimo; e  per  quanto  riguarda  la
condanna risarcitoria contestualmente richiesta,  dovrebbe  ritenersi
efficacemente offerta dall'Istituto di emissione la prova liberatoria
richiesta dall'art. 1218 cod. civ. 
    4. Tanto premesso in punto rilevanza, questo giudice  ritiene  di
dover formulare  la  questione  di  legittimita'  costituzionale  nei
termini che seguono. 
    A. Violazione degli artt. 3 e 97 Cost.: principio di  affidamento
e di certezza del diritto. 
    La norma in  parola  cosi'  come  formulata  crea  un  vulnus  al
legittimo affidamento maturato in capo ai  possessori  di  lire  che,
circa  due  mesi  prima  della   scadenza   decennale   del   termine
prescrizionale fissato ad hoc dal legislatore hanno  visto  frustrato
il proprio diritto di credito nei confronti della Banca d'Italia. 
    La stessa giurisprudenza della Corte Costituzionale, ancorando il
principio del  legittimo  affidamento  all'art.  3  della  Carta,  ha
affermato che il principio in parola, quale elemento essenziale dello
Stato di diritto, deve essere ricondotto al principio di  eguaglianza
dinanzi  alla  legge,  sub  specie  del  rispetto  del  canone  della
ragionevolezza, di cui all'art. 3, comma primo, Cost. 
    La Corte costituzionale  ha,  peraltro,  affermato  il  principio
secondo cui "l'affidamento del cittadino  nella  sicurezza  giuridica
che, quale essenziale elemento  dello  Stato  di  diritto,  non  puo'
essere leso da disposizioni retroattive, le quali  trasmodino  in  un
regolamento irrazionale di situazioni sostanziali  fondate  su  leggi
precedenti" (3) . 
    Il medesimo principio puo' applicarsi mutatis mutandis  anche  al
caso di  specie,  pur  se  la  norma  in  questione  non  ha  effetto
retroattivo, ma incide sulle situazioni sostanziali basate  su  leggi
precedenti "con effetto immediato". 
    Ancora, la stessa  Corte  costituzionale  ha  affermato  che  "il
legislatore, in materia di fissazione del termine prescrizionale gode
di  ampia  discrezionalita',  con   l'unico   limite   dell'eventuale
irragionevolezza qualora  esso  venga  determinato  in  modo  da  non
rendere effettiva la possibilita' di esercizio del diritto ci cui  si
riferisce, e di conseguenza, inoperante la tutela voluta accordare al
cittadino leso" (4) . 
    Pare al Tribunale che nel caso di specie, la discrezionalita'  di
cui gode il legislatore sia stata esercitata in modo irragionevole  e
arbitrario. 
    L'irragionevolezza si evidenzia particolarmente laddove la  norma
dispone che "il relativo  controvalore  e'  versato  all'entrata  del
bilancio  dello  Stato  per   essere   riassegnato   al   Fondo   per
l'ammortamento dei titoli di Stato". 
    In tal modo il legislatore ha inteso garantire  i  possessori  di
titoli di  Stato  consolidando  il  relativo  Fondo  Ammortamento,  a
discapito dei possessori  di  lire,  operando  una  scelta  priva  di
fondamento logico e ragionevole. 
    Il privilegio di una categoria di creditori dello Stato  rispetto
ad un'altra non trova alcun tipo di giustificazione. 
    Il  vaglio  della  Corte  Costituzionale,  come  essa  stessa  ha
insegnato, puo' e deve spingersi a  valutare  le  scelte  legislative
nella misura in cui la discrezionalita' di cui  gode  il  legislatore
trova il limite invalicabile della  non  manifesta  irragionevolezza;
atteso che "uno scrutinio che direttamente investa  il  merito  delle
scelte del legislatore, e' possibile soltanto ove l'opzione normativa
contrasti in modo manifesto con il canone della ragionevolezza,  vale
a dire si appalesi, in concreto, come espressione di un uso  distorto
della discrezionalita', che raggiunga una soglia di evidenza tale  da
atteggiarsi alla stregua di una figura, per cosi'  dire,  sintomatica
di  eccesso  di  potere  e,  dunque,  di  sviamento   rispetto   alle
attribuzioni che l'ordinamento assegna alla funzione legislativa" (5)
. 
    B. Violazione degli artt. 42, comma 3, Cost. e 117, comma 1 Cost.
in relazione all'art. 1 Protocollo Addizionale CEDU. 
    Ma  anche  ove  si  volesse  reputare  che  la   discrezionalita'
legislativa sia  stata  nella  specie  utilizzata  in  non  modo  non
manifestamente  irragionevole,  essendosi  voluto  previlegiare   una
categoria di  creditori  dello  Stato  rispetto  ad  un'altra  ovvero
possessori di titoli di Stato rispetto a possessori di lire, non puo'
mancare di rilevarsi come la scelta legislativa abbia  violato  altri
ed ulteriori precetti costituzionali. 
    L'intervento legislativo qui oggetto  di  censura  ha  nei  fatti
realizzato  una  sorta  di  "espropriazione"  in  quanto  la  mancata
conversione non determina la perdita tout court del controvalore,  ma
semplicemente la conseguenza giuridica che di tale  controvalore  non
possano piu' beneficiare i  possessori  delle  banconote  di  vecchio
conio. 
    Ne beneficia, invece ed infatti, in primis lo Stato che,  tramite
il trasferimento del controvalore al Fondo Ammortamento dei Titoli di
Stato, vede rafforzata la propria solvibilita'  rispetto  al  credito
vantato alla scadenza dai possessori dei titoli del debito pubblico. 
    Ma ne beneficiano in ultima analisi anche i possessori dei titoli
di Stato, che di contro vedono rafforzarsi la  garanzia  del  proprio
credito. 
    Tali  benefici,  lo   si   ripete,   vengono   ottenuti   tramite
un'operazione che costituisce una vera e propria espropriazione di un
bene con conseguente violazione dell'art. 42, comma  3,  Cost.,  117,
primo comma, Cost. in relazione  all'art.  I  Protocollo  addizionale
CEDU. 
    Ai fini dell'applicazione dell'art. 1 del Protocollo addizionale,
secondo cui "ogni persona fisica o giuridica ha diritto  al  rispetto
dei suoi beni" e "nessuno puo' essere privato della sua proprieta' se
non per causa di utilita' pubblica e nelle condizioni previste  dalla
legge  e  dai  principi  generali  del  diritto  internazionale",  e'
considerato "bene" pure "[...] un profitto futuro... se  il  guadagno
e' stato acquisito o e' stato oggetto d'un credito  esigibile  [...]"
(6) . 
    Ne consegue  che  l'eventuale  interesse  generale  sotteso  alla
scelta legislativa non e' sufficiente ad operare l'espropriazione  di
un bene, secondo una  definizione  convenzionalmente  orientata,  che
appartiene ai privati. 
 
                              P .T. M. 
 
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87, 
    Ritenutane la rilevanza e non manifesta infondatezza, 
    1) rimette alla Corte costituzionale la questione di legittimita'
costituzionale  dell'art.  26  del  D.L.  6  dicembre  2011  n.  121,
pubblicato nella G.U. del 6 dicembre 2011 e convertito  nella  L.  22
dicembre  2011,  n.  201,  a  norma  del  quale:  "In   deroga   alle
disposizioni di cui all'articolo 3, commi 1 ed 1 bis, della  legge  7
aprile 1997, n. 96, e all'articolo 52-ter, commi  1  ed  1  bis,  del
decreto legislativo 24 giugno 1998, n. 213, le banconote, i biglietti
e le monete in lire ancora in circolazione si  prescrivono  a  favore
dell'Erario con decorrenza immediata ed il relativo  controvalore  e'
versato all'entrata del bilancio dello Stato per  essere  riassegnato
al Fondo per l'ammortamento dei  titoli  di  Stato",  per  violazione
degli artt. 3, 97, 42, comma 3,  Cost.  e  117,  comma  1,  Cost.  in
relazione all'art. 1 Protocollo Addizionale CEDU; 
    2) sospende il giudizio a quo sino alla decisione della questione
di cui al capo 1); 
    3) dispone l'immediata trasmissione degli atti  alla  cancelleria
della Corte Costituzionale; 
    4) ordina che, a cura della Cancelleria,  la  presente  ordinanza
sia notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei  Ministri
e sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento, 
        Milano, 28 aprile 2014 
 
                       Il giudice: Vannicelli 
 

(3) Cosi', in particolare, Corte Cost. sent. n. 416/99 

(4) Cfr. Corte Cost. ord. n. 16/2006 

(5) Cosi' Corte Cost. sent. n. 313/1995 

(6) Cosi' la Cote EDU nella sentenza «Saggio contro Italia», sez. II,
    del 25 ottobre 2011, in ricorso n. 41879/1998