N. 16 SENTENZA 27 gennaio - 26 febbraio 2015

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Agricoltura - Residui vegetali sottoposti a rilascio, triturazione  o
  abbruciamento  -  Esclusione  dall'ambito  di  applicazione   della
  disciplina sui rifiuti. 
- Legge della Regione Marche 18 marzo  2014,  n.  3  (Modifiche  alla
  legge  regionale  23  febbraio  2005,  n.  6  -   Legge   forestale
  regionale), art. 9; legge  della  Regione  autonoma  Friuli-Venezia
  Giulia 28 marzo 2014, n. 5 (Disposizioni urgenti in materia di  OGM
  e modifiche alla legge regionale 23 aprile 2007, n. 9  -  Norme  in
  materia di risorse forestali), art. 2. 
-   
(GU n.9 del 4-3-2015 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Alessandro CRISCUOLO; 
Giudici  :Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe  FRIGO,  Paolo  GROSSI,
  Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA,  Sergio  MATTARELLA,
  Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO,  Silvana
  SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 9, comma  1,
della legge della Regione Marche 18 marzo 2014, n. 3 (Modifiche  alla
legge regionale 23 febbraio 2005, n. 6 - Legge forestale regionale) e
dell'art. 2 della legge della Regione autonoma Friuli-Venezia  Giulia
28 marzo 2014, n.  5  (Disposizioni  urgenti  in  materia  di  OGM  e
modifiche alla legge regionale 23  aprile  2007,  n.  9  -  Norme  in
materia di risorse forestali), promossi dal Presidente del  Consiglio
dei ministri con ricorsi notificati il 23-27  maggio  2014  e  il  28
maggio-4 giugno 2014, depositati in cancelleria il 29 maggio e  il  3
giugno 2014 ed iscritti rispettivamente ai nn. 35 e 36  del  registro
ricorsi 2014. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Marche; 
    udito nell'udienza  pubblica  del  27  gennaio  2015  il  Giudice
relatore Marta Cartabia; 
    uditi  l'avvocato  dello  Stato  Massimo  Salvatorelli   per   il
Presidente del Consiglio dei ministri e l'avvocato Stefano Grassi per
la Regione Marche. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso spedito  per  la  notifica  il  23  maggio  2014,
ricevuto dalla resistente  il  27  maggio  2014  e  depositato  nella
cancelleria di questa Corte il 29 maggio 2014 (reg. ric.  n.  35  del
2014), il Presidente del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha  impugnato  l'art.  9
della legge della Regione Marche 18 marzo 2014, n. 3 (Modifiche  alla
legge regionale 23 febbraio 2005, n. 6 - Legge forestale  regionale),
in riferimento all'art. 117, primo comma e secondo comma, lettera s),
della Costituzione. 
    1.1.-  Il  ricorrente  ha  ricordato  che  l'impugnato  art.   9,
introducendo il comma 6-bis nell'art. 19 della  legge  della  Regione
Marche 23  febbraio  2005,  n.  6  (Legge  forestale  regionale),  ha
stabilito che «Fermo restando il rispetto delle distanze indicate  ai
commi 2 e 6, costituisce utilizzo in agricoltura l'abbruciamento  del
materiale di cui al medesimo  comma  6,  ovvero  di  altro  materiale
agricolo e forestale naturale non pericoloso, in quanto  inteso  come
pratica ordinaria finalizzata alla prevenzione degli incendi o metodo
di controllo agronomico di fitopatie, di  fitofagi  o  di  infestanti
vegetali». 
    Ad  avviso  del  ricorrente  tale  disposizione,   che   consente
l'utilizzo in agricoltura della combustione di materiale  agricolo  e
forestale  non  pericoloso  (paglia,  stoppie  e  materiale  vegetale
derivante da colture erbacee ed arboree e dalla distruzione  di  erbe
infestanti, rovi e simili), intesa come pratica ordinaria finalizzata
alla prevenzione di incendi e infestazioni, afferirebbe alla  materia
dei rifiuti. Poiche' quest'ultima rientrerebbe  nella  materia  della
tutela dell'ambiente, attribuita alla potesta' legislativa  esclusiva
statale,  la  disposizione  violerebbe  l'art.  117,  secondo  comma,
lettera s), Cost. 
    Nel ricorso e' stato poi richiamato il contenuto  dell'art.  185,
comma 1, lettera f), del decreto legislativo 3 aprile  2006,  n.  152
(Norme in materia ambientale), il quale, recependo la  previsione  di
cui all'art. 2  della  direttiva  19  novembre  2008,  n.  2008/98/CE
(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai rifiuti
e che abroga alcune direttive), ha  escluso  dall'applicazione  della
normativa sui rifiuti «[...] paglia, sfalci e potature, nonche' altro
materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso utilizzati  in
agricoltura, nella selvicoltura o per la  produzione  di  energia  da
tale  biomassa  mediante  processi  o  metodi  che  non   danneggiano
l'ambiente ne' mettono in pericolo la salute umana».  Ad  avviso  del
ricorrente, tale disposizione conterrebbe una disciplina  eccezionale
rispetto alla normativa quadro  sui  rifiuti  e,  pertanto,  dovrebbe
essere oggetto di un'interpretazione restrittiva, ai sensi  dell'art.
14 delle «preleggi»: da cio' discenderebbe la non  applicabilita'  di
questa esclusione ai casi di combustione di tali materiali effettuata
direttamente sui terreni agricoli. 
    Secondo la prospettazione dell'Avvocatura generale dello Stato, i
materiali vegetali in questione, pertanto, per poter  essere  esclusi
dalla disciplina  sui  rifiuti,  dovrebbero  essere  riutilizzati  in
attivita' agricole o impiegati in  impianti  aziendali  per  produrre
energia, calore  e  biogas,  mediante  processi  che  non  danneggino
l'ambiente o la salute umana; e dovrebbero,  altresi',  soddisfare  i
requisiti posti  dall'art.  184-bis  del  d.lgs.  n.  152  del  2006,
introdotto dall'art. 12, comma 1, del decreto legislativo 3  dicembre
2010, n. 205 (Disposizioni di attuazione della  direttiva  2008/98/CE
del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008  relativa
ai  rifiuti  e  che  abroga   alcune   direttive)   ai   fini   della
classificazione come «sottoprodotti», anziche' come  «rifiuti».  Tale
classificazione, inoltre, ad avviso del ricorrente, dovrebbe avvenire
sulla base di  una  valutazione  effettuata  caso  per  caso,  e  non
operabile in astratto dal legislatore. 
    Sulla base di questi elementi, l'Avvocatura generale dello  Stato
ha sostenuto che l'impugnato art. 9 della legge reg. Marche n. 3  del
2014, operando una esclusione  a  priori  e,  in  via  generale,  dei
residui  vegetali  sottoposti   ad   abbruciamento   dall'ambito   di
applicazione della disciplina  sui  rifiuti,  contrasterebbe  con  la
disciplina contenuta nel d.lgs. n. 152 del 2006 e con quella  di  cui
alla  direttiva  2008/98/CE,  ponendosi,   pertanto   in   violazione
dell'art. 117, primo comma e secondo comma, lettera s), Cost. 
    1.2.- Con memoria del 30 giugno  2014,  depositata  il  3  luglio
2014, si e' costituita in giudizio la Regione Marche,  chiedendo  che
la questione promossa dal Presidente del Consiglio dei  ministri  sia
dichiarata non fondata. 
    In particolare,  la  Regione  Marche  ha  sottolineato  come  nel
ricorso non si neghi che  l'abbruciamento  di  materiale  agricolo  o
forestale non pericoloso costituisca una  normale  pratica  agricola;
tuttavia, si sostiene che essa non potrebbe rientrare  nel  campo  di
applicazione dell'art. 185, comma 1, lettera f), del  d.lgs.  n.  152
del 2006, data la natura eccezionale di questa norma. Ad avviso della
Regione Marche, al contrario, la  combustione  di  paglia,  sfalci  e
potature rispetterebbe tutte le condizioni poste dall'art. 185, comma
1, lettera f), del d.lgs. n. 152 del 2006 e dall'art. 2, paragrafo 1,
lettera f), della direttiva n. 2008/98/CE: ossia che, da un lato,  si
tratti di materiali agricoli  o  forestali  naturali  non  pericolosi
utilizzati nell'attivita' agricola e che, dall'altro,  questi  ultimi
siano sottoposti a processi o metodi che non  danneggino  l'ambiente,
ne' mettano in pericolo la salute umana. Tale attivita', in  effetti,
risulterebbe tutelare sia l'ambiente, sia la salute, dal momento che,
tra  l'altro,  previene  gli  incendi  e  consente  il  controllo  di
fitopatie, fitofagi, infestanti vegetali, nonche' la mineralizzazione
degli elementi contenuti nei residui organici e  la  riduzione  delle
avversita' biotiche sui terreni interessati. 
    Sempre  secondo  la  Regione  Marche  non  si  potrebbe   neppure
sostenere la asserita natura eccezionale della  disposizione  di  cui
all'art. 185, comma 1, lettera f), del d.lgs. n. 152 del 2006. Non si
tratterebbe,  infatti,  di  interpretare  in   via   analogica   tale
disposizione, nella parte in  cui  esclude  alcuni  residui  agricoli
dalla categoria dei rifiuti,  bensi'  di  operare  un'interpretazione
estensiva della medesima. Rappresenterebbe, poi,  principio  pacifico
quello secondo cui le norme  eccezionali  sarebbero  suscettibili  di
interpretazione  estensiva  (Corte  di  cassazione,  quinta   sezione
civile, sentenza 23 aprile 2014, n.  9136).  La  Regione  Marche  ha,
inoltre, sostenuto  che  l'interpretazione  proposta  dal  ricorrente
risulterebbe irragionevole,  perche'  determinerebbe  un  trattamento
differenziato  per  due  attivita'  tipicamente  agricole,  quali  la
trinciatura di elementi vegetali, che  sarebbe  ammessa,  e  la  loro
combustione, che sarebbe, invece, vietata. 
    In secondo luogo, la resistente ha osservato che la  disposizione
impugnata, che si inserisce  nella  legge  forestale  regionale,  non
interverrebbe  nella  materia  dei  rifiuti,  ma   riguarderebbe   la
disciplina di una normale  e  da  sempre  ammessa  pratica  agricola.
Pertanto, essa rientrerebbe  nell'ambito  di  una  delle  materie  di
competenza legislativa residuale regionale ai  sensi  dell'art.  117,
quarto comma, Cost. (in questo senso, con  riferimento  alla  materia
«agricoltura», da ultimo, la  sentenza  n.  62  del  2013  di  questa
Corte). 
    Infine, la Regione  Marche  ha  richiamato  i  contenuti  di  una
sentenza della Corte di cassazione (terza sezione penale, sentenza 11
aprile 2013, n.  16474),  nella  quale  si  e'  assolto  un  soggetto
imputato per aver effettuato  lo  smaltimento  di  rifiuti,  mediante
combustione, di frasche e residui da potatura, perche' tale attivita'
e' stata ritenuta  rientrare  nella  normale  pratica  agricola,  con
conseguente esclusione, ai sensi dell'art. 185, comma 1, lettera  f),
del d.lgs. n. 152 del 2006, dei relativi  materiali  dal  novero  dei
rifiuti. 
    1.3.- Con successiva memoria, depositata il 2  gennaio  2015,  in
prossimita' dell'udienza pubblica, la Regione Marche ha ribadito  gli
argomenti che dovrebbero condurre a ritenere non fondato il  ricorso,
dal momento che la norma censurata, per un verso, non  contrasterebbe
ne' con i principi fissati dal  legislatore  europeo  ne'  da  quelli
stabiliti da  quello  statale;  e,  per  altro  verso,  costituirebbe
esercizio della  competenza  legislativa  residuale  regionale  nella
materia «agricoltura». 
    Riguardo al primo assunto, oltre  agli  argomenti  gia'  presenti
nella precedente memoria, la  Regione  Marche  ha  fatto  leva  sulla
disciplina statale sopravvenuta:  in  particolare,  sul  nuovo  comma
6-bis dell'art. 182 del d.lgs. n. 152 del  2006,  aggiunto  dall'art.
14, comma 8, lettera b), del decreto-legge  24  giugno  2014,  n.  91
(Disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e
l'efficientamento    energetico    dell'edilizia     scolastica     e
universitaria,  il  rilancio  e  lo  sviluppo   delle   imprese,   il
contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonche' per
la definizione immediata di  adempimenti  derivanti  dalla  normativa
europea), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1,  della
legge 11 agosto 2014, n. 116. Con tale disposizione, si e'  stabilito
che  «costituiscono  normali  pratiche  agricole  consentite  per  il
reimpiego dei materiali come sostanze concimanti o ammendanti, e  non
attivita' di gestione dei rifiuti», «[l]e attivita' di raggruppamento
e abbruciamento in piccoli cumuli  e  in  quantita'  giornaliere  non
superiori a tre metri steri per ettaro dei materiali vegetali di  cui
all'art. 185, comma 1, lettera f)» del medesimo codice dell'ambiente.
Al contempo, e' stata vietata  la  combustione  di  residui  vegetali
agricoli e forestali nei periodi di massimo rischio per  gli  incendi
boschivi, come dichiarati dalle Regioni; e si e' concessa ai Comuni e
alle  altre  amministrazioni  competenti  in  materia  ambientale  la
facolta' di  sospendere,  differire  o  vietare  la  combustione  del
materiale in questione «in tutti i casi in cui sussistono  condizioni
metereologiche, climatiche o ambientali sfavorevoli e in tutti i casi
in cui da tale attivita' possano derivare rischi per  la  pubblica  e
privata  incolumita'  e  per  la  salute   umana,   con   particolare
riferimento al rispetto dei  valori  annuali  delle  polveri  sottili
(PM10)». Ad avviso della Regione Marche, la legge regionale censurata
si limiterebbe a replicare  quanto  ora  risultante  dalla  normativa
statale, stabilendo, altresi', l'applicabilita' di  ulteriori  limiti
di sicurezza e di prevenzione dei rischi di incendio e chiarendo  che
l'attivita' di abbruciamento di tale materiale  costituisce  utilizzo
in agricoltura «in quanto intesa come pratica  ordinaria  finalizzata
alla prevenzione degli incendi o metodo di  controllo  agronomico  di
fitopatie, di fitofagi o di infestanti vegetali». 
    Sempre ad avviso  della  Regione  Marche,  un'ulteriore  conferma
dell'infondatezza  della  censura  si  potrebbe  ricavare   dall'art.
256-bis del d.lgs. n. 152 del 2006, aggiunto dall'art.  3,  comma  1,
del decreto-legge 10 dicembre  2013,  n.  136  (Disposizioni  urgenti
dirette a  fronteggiare  emergenze  ambientali  e  industriali  ed  a
favorire  lo  sviluppo  delle  aree  interessate),  convertito,   con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 6 febbraio 2014,  n.
6, e quindi novellato dall' art. 14, comma 8, lettera b-sexies),  del
decreto-legge  n.  91  del  2014,  convertito,   con   modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge n. 116 del  2014.  In  particolare,
l'esclusione   dell'applicazione   della   nuova   disciplina   sulla
combustione illecita  dei  rifiuti  «all'abbruciamento  di  materiale
agricolo o forestale naturale, anche derivato  da  verde  pubblico  o
privato», disposta dal legislatore statale «[f]ermo  restando  quanto
previsto  dall'art.  182,  comma  6-bis»  del  codice  dell'ambiente,
confermerebbe,  in  modo  inequivocabile,  la  coerenza  della  norma
regionale impugnata rispetto ai principi della  legislazione  statale
(che ora adotterebbe una  formulazione  letterale  analoga  a  quella
impiegata dal legislatore regionale). 
    Infine, nella memoria, la Regione Marche, allo scopo di sostenere
che  la  norma  censurata  rientri   nella   competenza   legislativa
regionale,   ha   sinteticamente   richiamato   l'evoluzione    della
giurisprudenza costituzionale sia in materia di tutela dell'ambiente,
in cui la legislazione  statale,  in  particolare  riguardo  a  norme
relative alla gestione dei rifiuti, e' stata  ritenuta  in  grado  di
imporsi sull'autonomia delle Regioni anche quando  queste  esercitino
proprie potesta' legislative (sentenze n. 269, n. 232  e  n.  70  del
2014 e n. 300 del 2013),  sia  in  materia  di  agricoltura,  materia
quest'ultima pacificamente  attribuita  alla  competenza  legislativa
residuale regionale (sentenze n. 116 del 2006, n. 282  e  n.  12  del
2004).  La  Regione  ha  sostenuto,  in  proposito,  che   la   Corte
costituzionale potrebbe accogliere un'interpretazione meno rigida dei
limiti derivanti dalla legislazione statale  in  materia  di  «tutela
dell'ambiente» nei  casi  in  cui  -  come  quello  di  specie  -  la
precisazione  del  contenuto  e  delle   modalita'   di   svolgimento
dell'attivita' agricola interferisca con  i  limiti  fissati  per  la
tutela  dell'ambiente,  ma,  al  contempo,  contribuisca  a  definire
positivamente il valore costituzionale  che  deve  essere  perseguito
tanto dal legislatore statale quanto  da  quello  regionale.  Quindi,
poiche'   la   disciplina   riconducibile   all'agricoltura   e,   in
particolare, alla silvicoltura risulterebbe strettamente  intersecata
con la tutela dell'ambiente, in quanto volta - anche ai  sensi  della
definizione  di  agricoltura  adottata  a  livello  comunitario  -  a
mantenere la terra in buone condizioni agronomiche ed ambientali,  le
Regioni ben potrebbero attuare e chiarire la portata della disciplina
di principio fissata dal legislatore comunitario  e  dal  legislatore
statale. 
    2.- Con ricorso spedito  per  la  notifica  il  28  maggio  2014,
ricevuto dalla  resistente  il  4  giugno  2014  e  depositato  nella
cancelleria di questa Corte il 3 giugno 2014 (reg.  ric.  n.  36  del
2014), il Presidente del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha  impugnato  l'art.  2
della legge della Regione autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  28  marzo
2014, n. 5 (Disposizioni urgenti in materia di OGM e  modifiche  alla
legge regionale 23 aprile 2007, n. 9 - Norme in  materia  di  risorse
forestali), in riferimento all'art. 117, primo comma e secondo comma,
lettera s), della Costituzione. 
    2.1.-  Il  ricorrente  ha  ricordato  che  l'impugnato  art.   2,
introducendo il comma 3-ter dell'art. 16 della  legge  della  Regione
autonoma Friuli-Venezia Giulia 23 aprile 2007, n. 9 (Norme in materia
di risorse forestali), ha stabilito, nella lettera  a),  che:  «Ferme
restando  le  disposizioni  regionali  in  materia   di   antincendio
boschivo, e' ammesso il reimpiego nel ciclo colturale di  provenienza
dei residui ligno-cellulosici derivanti da  attivita'  selvicolturali
di cui all'articolo 14, comma 1, lettera a), da potature,  ripuliture
o  da  altri  interventi  agricoli  e  forestali,  previo   rilascio,
triturazione o abbruciamento in loco, entro 250 metri  dal  luogo  di
produzione,  purche'  il  materiale  triturato  e  le  ceneri   siano
reimpiegate nel ciclo colturale, tramite distribuzione, come sostanze
concimanti o ammendanti e lo spessore del materiale  distribuito  non
superi i 15 centimetri nel caso della triturazione e i  5  centimetri
nel caso delle ceneri». Nella successiva lettera b), il medesimo art.
2,  introducendo  il  comma  4-bis  dell'art.  17  della  legge  reg.
Friuli-Venezia Giulia n. 9 del 2007, ha previsto la relativa sanzione
amministrativa: «La  violazione  delle  modalita'  esecutive  di  cui
all'articolo 16, comma 3-ter, comporta l'applicazione di una sanzione
amministrativa pecuniaria da 50 euro a 300 euro». 
    Ad avviso del ricorrente, la disposizione impugnata, escludendo a
priori,  e  in  via  generale,  i  residui  vegetali  sottoposti   ad
abbruciamento  dalla  disciplina  sulla  gestione  dei  rifiuti,   si
porrebbe in contrasto con la normativa  statale  di  cui  agli  artt.
184-bis e 185 del d.lgs. n. 152  del  2006  e  con  la  direttiva  n.
2008/98/CE, eccedendo percio'  le  competenze  statutarie  in  quanto
violerebbe l'art. 117, primo comma e secondo comma, lettera s), Cost. 
    Infatti,  secondo  quanto  prospettato  dall'Avvocatura  generale
dello Stato, perche' i materiali  vegetali  siano  classificati  come
«sottoprodotti», e percio' esclusi dal campo  di  applicazione  della
normativa   sui   rifiuti,   dovrebbero   risultare   in    concreto,
contemporaneamente e cumulativamente sussistenti tutti i requisiti  e
le condizioni elencati dall'art. 184-bis del d.lgs. n. 152 del  2006,
oltre al necessario utilizzo in agricoltura, nella selvicoltura o per
la  produzione  di  energia  mediante  processi  o  metodi  che   non
danneggino l'ambiente ne' mettano in pericolo  la  salute  umana,  ai
sensi dell'art. 185 del medesimo decreto legislativo. 
    2.2.-  La  Regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  non  si  e'
costituita in giudizio. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con due distinti ricorsi  il  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri ha impugnato, rispettivamente, l'art. 9  della  legge  della
Regione Marche 18 marzo 2014, n. 3 (Modifiche alla legge regionale 23
febbraio 2005, n. 6 - Legge forestale regionale)  e  l'art.  2  della
legge della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 28 marzo 2014,  n.
5 (Disposizioni urgenti in materia di  OGM  e  modifiche  alla  legge
regionale 23 aprile  2007,  n.  9  -  Norme  in  materia  di  risorse
forestali), entrambi in  riferimento  all'art.  117,  primo  comma  e
secondo comma, lettera s), della Costituzione. 
    Nel primo ricorso e' censurato l'art. 9 della legge  reg.  Marche
n. 3 del 2014, nella  parte  in  cui  esclude  a  priori  e,  in  via
generale, dall'ambito di applicazione della  disciplina  sui  rifiuti
alcuni  residui  vegetali  (paglia;   stoppie;   materiale   vegetale
derivante da colture erbacee ed arboree, e dalla distruzione di  erbe
infestanti, rovi o  simili;  altro  materiale  agricolo  e  forestale
naturale non pericoloso) sottoposti ad abbruciamento, in  riferimento
all'art. 117, primo comma e secondo  comma,  lettera  s),  Cost.,  in
quanto contrasterebbe con la disciplina contenuta negli artt. 184-bis
e 185, comma 1, lettera f), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.
152 (Norme in materia ambientale) e nella direttiva 19 novembre 2008,
n. 2008/98/CE (Direttiva  del  Parlamento  europeo  e  del  Consiglio
relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive). 
    Nel secondo ricorso  e'  censurato  l'art.  2  della  legge  reg.
Friuli-Venezia Giulia n. 5 del 2014, nella parte  in  cui  esclude  a
priori  e,  in  via  generale,  dall'ambito  di  applicazione   della
disciplina   sui   rifiuti   alcuni   residui    vegetali    (residui
ligno-cellulosici derivanti da attivita' selvicolturali, da potature,
ripuliture o da altri interventi agricoli e forestali), sottoposti  a
rilascio, triturazione o abbruciamento in loco, ad alcune  condizioni
- ossia: a) il trattamento avvenga  entro  250  metri  dal  luogo  di
produzione; b) il materiale triturato e le ceneri  siano  reimpiegate
nel ciclo colturale, tramite distribuzione, come sostanze  concimanti
o ammendanti; c) lo spessore del materiale distribuito non  superi  i
15 centimetri nel caso della triturazione e i 5 centimetri  nel  caso
delle ceneri -, in riferimento all'art. 117, primo  comma  e  secondo
comma, lettera s), Cost., in quanto contrasterebbe con la  disciplina
contenuta nei citati artt. 184-bis e 185, comma 1,  lettera  f),  del
d.lgs. n. 152 del 2006,  e  nella  citata  direttiva  n.  2008/98/CE,
eccedendo percio' le competenze statutarie. 
    2.- Occorre preliminarmente  disporre  la  riunione  dei  giudizi
introdotti con i ricorsi di cui sopra, in quanto invocano i  medesimi
parametri e  implicano  la  soluzione  di  questioni  sostanzialmente
connesse (ex plurimis, sentenze n. 209, n. 165 e n. 144 del 2014). 
    3.-  Relativamente  al  ricorso  n.  36  del  2014  proposto  nei
confronti della legge reg. Friuli-Venezia Giulia n. 5  del  2014,  si
segnala - sempre in via preliminare - che  gli  artt.  95,  comma  1,
lettera b), e 96 della legge della  Regione  autonoma  Friuli-Venezia
Giulia  26  giugno  2014,  n.  11   (Disposizioni   di   riordino   e
semplificazione in materia di risorse agricole e forestali, bonifica,
pesca e lavori pubblici), pubblicata nel Bollettino  Ufficiale  della
Regione Friuli-Venezia Giulia 2 luglio 2014, n. 27, S.O.  n.  12,  ed
entrata in vigore il 3 luglio 2014, hanno  disposto  l'abrogazione  -
rispettivamente - dell'art. 16, comma 3-ter, e  dell'art.  17,  comma
4-bis,  della  legge  reg.  Friuli-Venezia  Giulia  n.  9  del  2007,
introdotti  dall'impugnato  art.  2  della  legge   regionale   sopra
richiamata (entrata in vigore il 1° aprile 2014). 
    Secondo consolidata giurisprudenza  costituzionale,  perche'  sia
dichiarata la cessazione della materia  del  contendere  occorre  che
sussistano  due  requisiti:  a)   la   sopravvenuta   abrogazione   o
modificazione delle  norme  censurate  in  senso  satisfattivo  della
pretesa avanzata con il ricorso; b) la  mancata  applicazione,  medio
tempore, delle norme abrogate o modificate (ex plurimis, sentenze  n.
8 del 2015, n. 269 e n. 68 del 2014, n. 300, n. 193 e n. 32 del  2012
e n. 325 del 2011). 
    Nel  caso  di  specie,  la  prima   condizione   puo'   ritenersi
sussistente, dal momento che la legge regionale n.  11  del  2014  ha
disposto l'abrogazione delle due disposizioni introdotte dalla  norma
impugnata. Quanto alla seconda condizione, essa  non  puo'  reputarsi
soddisfatta,  ancorche'  le  disposizioni  introdotte   dalla   norma
impugnata siano rimaste in vigore per  un  arco  temporale  piuttosto
limitato, pari a poco piu' di tre mesi, dal momento  che  non  sembra
potersene  escludere   l'applicazione   medio   tempore,   anche   in
considerazione del fatto che, in virtu' del loro contenuto, esse  non
richiedono ulteriori sviluppi normativi  o  organizzativi  per  poter
essere implementate. 
    Non sono, pertanto, riscontrabili i presupposti per dichiarare la
cessazione della materia del contendere, relativamente al ricorso  n.
36 del 2014 proposto nei confronti della  legge  reg.  Friuli-Venezia
Giulia n. 5 del 2014. 
    4.- Nel merito le questioni non sono fondate. 
    4.1.- Per una corretta comprensione delle norme regionali oggetto
del  presente  giudizio,  e'  necessario  ricostruire   sommariamente
l'evoluzione del  quadro  normativo  relativo  all'abbruciamento  dei
residui  vegetali,  in  rapporto  alla  disciplina  in   materia   di
smaltimento dei  rifiuti,  adottata  in  attuazione  delle  direttive
europee e collocata all'interno del codice dell'ambiente  di  cui  al
decreto legislativo n. 152 del 2006 (Parte quarta: artt. 177-266). 
    Ai  sensi  di  quanto  originariamente   stabilito   dal   codice
dell'ambiente, infatti, erano esclusi  dall'ambito  dell'applicazione
della disciplina della gestione dei rifiuti soltanto «le carogne ed i
seguenti rifiuti agricoli: materie fecali ed altre sostanze  naturali
non pericolose utilizzate nelle attivita' agricole ed in  particolare
i materiali litoidi o vegetali e  le  terre  da  coltivazione,  anche
sotto forma di fanghi, provenienti dalla pulizia e dal  lavaggio  dei
prodotti vegetali riutilizzati nelle normali pratiche agricole  e  di
conduzione dei fondi rustici,  anche  dopo  trattamento  in  impianti
aziendali  ed  interaziendali  agricoli  che   riducano   i   carichi
inquinanti e potenzialmente patogeni dei materiali di partenza» (art.
185, comma 1, lettera e), del testo originario del d.lgs. n. 152  del
2006). Nella vigenza di tale normativa, la Corte di cassazione (terza
sezione penale, sentenza 4 novembre 2008, n.  46213)  aveva  ritenuto
che l'eliminazione, mediante incenerimento,  dei  rami  degli  alberi
tagliati  fosse  da  considerarsi  illecita,   non   potendo   essere
qualificata  come  una  forma  di  utilizzazione  di  tali  materiali
nell'ambito di un'attivita' produttiva. 
    Il quadro normativo e' mutato a seguito  dell'entrata  in  vigore
del decreto legislativo 3 dicembre  2010,  n.  205  (Disposizioni  di
attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento  europeo  e  del
Consiglio del 19 novembre 2008  relativa  ai  rifiuti  e  che  abroga
alcune direttive), il cui art. 13, riscrivendo  integralmente  l'art.
185 del codice dell'ambiente -  e  riprendendo  letteralmente  quanto
stabilito dall'art. 2, paragrafo 2, lettera f),  della  direttiva  n.
2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio - ha  previsto,  al
comma 1, lettera  f),  che  dall'applicazione  della  disciplina  sui
rifiuti sono  escluse,  tra  l'altro,  «le  materie  fecali,  se  non
contemplate dal comma 2,  lettera  b),  paglia,  sfalci  e  potature,
nonche' altro materiale agricolo o forestale naturale non  pericoloso
utilizzati in agricoltura, nella selvicoltura o per la produzione  di
energia  da  tale  biomassa  mediante  processi  o  metodi  che   non
danneggiano l'ambiente ne' mettono in pericolo la salute umana». Alla
luce  di  questo  nuovo  quadro  normativo,  e'  mutata  altresi'  la
giurisprudenza di legittimita'. Sempre la terza sezione penale  della
Corte di cassazione (sentenza 7 marzo 2013, n.  16474)  ha,  infatti,
ritenuto che la combustione degli sfalci e dei residui  da  potatura,
ove non abbia determinato un danno per l'ambiente o messo in pericolo
la salute umana, rientri nella normale pratica  agricola:  dunque,  i
materiali relativi devono essere esclusi dal novero dei rifiuti. 
    Nonostante  l'avallo  della  Corte  di  cassazione,  la  suddetta
interpretazione   e'   stata   contraddetta   dalle   «Linee    guida
dell'attivita' operativa  2013»  del  Corpo  forestale  dello  Stato,
dettate con nota del Ministero delle politiche agricole alimentari  e
forestali del 10 aprile 2013, prot. n.  458.  In  esse,  pur  dandosi
conto dell'entrata in vigore del  d.lgs.  n.  205  del  2010,  se  ne
propone  una  interpretazione  volta   a   sminuirne   il   contenuto
innovativo,  stabilendo  che,  salvo  che  vi  sia  un  utilizzo   in
agricoltura o per la produzione di energia, «la combustione sul campo
di rifiuti vegetali  configura  reato  di  illecito  smaltimento  dei
rifiuti, sanzionato penalmente» dall'art. 256, comma 1, del d.lgs. n.
152 del 2006. 
    Anche a  seguito  di  tale  interpretazione  adottata  dal  Corpo
forestale dello Stato, diversi legislatori regionali sono intervenuti
sulla questione, con discipline di tenore diverso, ma tutte dirette a
chiarire, sulla scorta  di  quanto  gia'  affermato  dalla  Corte  di
cassazione, che l'abbruciamento dei residui  vegetali,  ove  rispetti
determinate condizioni, rientra nella normale pratica agricola ed  e'
percio' attivita'  sottratta  alla  disciplina  dei  rifiuti  e  alle
relative sanzioni. 
    E' in questo contesto ordinamentale che debbono essere  collocate
e  comprese  le  due  leggi  regionali  impugnate.  Esse  sono  state
approvate al fine di superare talune interpretazioni della  normativa
del  codice  dell'ambiente  affermatesi  in  via  amministrativa  che
sminuivano  la  portata  innovativa   delle   modifiche   al   codice
dell'ambiente  apportate,  nel  2010,  in  conformita'  alla   citata
direttiva dell'Unione europea. In tal modo, i  legislatori  regionali
hanno inteso fornire elementi di certezza agli imprenditori agricoli,
che altrimenti si sarebbero trovati esposti al rischio di  incorrere,
nell'esercitare una tradizionale pratica agricola e anche per piccoli
quantitativi di materiale vegetale, in sanzioni di notevole gravita'. 
    4.2.-  Occorre  ancora  rimarcare  che  recentemente   anche   il
legislatore statale e' intervenuto  sulla  materia,  con  l'art.  14,
comma 8,  lettera  b),  del  decreto-legge  24  giugno  2014,  n.  91
(Disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e
l'efficientamento    energetico    dell'edilizia     scolastica     e
universitaria,  il  rilancio  e  lo  sviluppo   delle   imprese,   il
contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonche' per
la definizione immediata di  adempimenti  derivanti  dalla  normativa
europea), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1,  della
legge 11 agosto 2014, n. 116. Tale disposizione  esplicita,  con  una
novella   al   codice   dell'ambiente,   che   «[l]e   attivita'   di
raggruppamento e abbruciamento  in  piccoli  cumuli  e  in  quantita'
giornaliere non superiori a tre metri steri per ettaro dei  materiali
vegetali di cui all'articolo 185, comma 1, lettera f), effettuate nel
luogo  di  produzione,  costituiscono   normali   pratiche   agricole
consentite per il reimpiego dei materiali come sostanze concimanti  o
ammendanti, e non attivita' di gestione dei rifiuti» (art. 182, comma
6-bis, del d.lgs. n. 152 del 2006). Al tempo stesso,  il  legislatore
statale ha vietato la combustione di residui vegetali agricoli «[n]ei
periodi di massimo rischio per gli incendi boschivi, dichiarati dalle
regioni» e ha attribuito  ai  comuni  e  alle  altre  amministrazioni
competenti  in  materia  ambientale  «la  facolta'   di   sospendere,
differire o vietare la combustione del materiale di cui  al  presente
comma all'aperto  in  tutti  i  casi  in  cui  sussistono  condizioni
meteorologiche, climatiche o ambientali sfavorevoli e in tutti i casi
in cui da tale attivita' possano derivare rischi per  la  pubblica  e
privata  incolumita'  e  per  la  salute   umana,   con   particolare
riferimento al rispetto dei livelli  annuali  delle  polveri  sottili
(PM10)». 
    Con un ulteriore intervento di coordinamento, sempre ad opera del
decreto-legge n.  91  del  2014,  come  convertito  si  e',  inoltre,
disposto - novellando l'art. 256-bis del  codice  dell'ambiente,  che
era stato inserito dall'art. 3, comma 1 del decreto-legge 10 dicembre
2013, n. 136 (Disposizioni urgenti dirette a  fronteggiare  emergenze
ambientali e  industriali  ed  a  favorire  lo  sviluppo  delle  aree
interessate), convertito, con modificazioni,  dall'art.  1,  comma  1
della legge 6  febbraio  2014,  n.  6  -,  che  la  disciplina  sulla
combustione illecita dei rifiuti non si applica «all'abbruciamento di
materiale agricolo o forestale  naturale,  anche  derivato  da  verde
pubblico o privato» e che resta fermo «quanto previsto dall'art. 182,
comma 6-bis» del medesimo codice dell'ambiente (comma introdotto  dal
gia' ricordato decreto-legge n. 91 del 2014, come convertito). 
    4.3.- Alla luce di quanto fin qui  esposto,  appare  chiaro  che,
come attestato a piu' riprese dalla Corte di Cassazione  (oltre  alle
gia' citate sentenze,  si  veda,  ancor  piu'  esplicitamente,  terza
sezione penale, sentenza 7 gennaio 2015, n. 76), l'art. 185, comma 1,
lettera  f),  del   codice   dell'ambiente   (e   quindi   anche   le
corrispondenti disposizioni della direttiva n. 2008/98/CE) consentiva
- pure anteriormente all'introduzione del comma 6-bis all'art. 182 da
ultimo ricordata - di annoverare tra le attivita' escluse dall'ambito
di applicazione della normativa sui rifiuti l'abbruciamento  in  loco
dei residui vegetali,  considerato  ordinaria  pratica  applicata  in
agricoltura e nella selvicoltura. 
    In questa chiave, dunque, si puo'  ritenere  che  il  legislatore
regionale sia legittimamente intervenuto  sul  punto,  nell'esercizio
della propria competenza nella materia  «agricoltura»,  di  carattere
residuale per le Regioni a statuto ordinario (ex  plurimis,  sentenze
n. 62 del 2013, n. 116 del 2006 e  n.  282  e  n.  12  del  2004)  ed
esclusiva per la Regione autonoma  Friuli-Venezia  Giulia,  ai  sensi
dell'art. 4, primo comma, numero 2), della  legge  costituzionale  31
gennaio 1963, n. 1 (Statuto  speciale  della  Regione  Friuli-Venezia
Giulia). 
    Peraltro,  dato  che  attiene  alla  «tutela  dell'ambiente»,  di
competenza esclusiva dello Stato,  la  definizione  degli  ambiti  di
applicazione  della  normativa  sui  rifiuti,  oltre  i  quali   puo'
legittimamente dispiegarsi  la  competenza  regionale  nella  materia
«agricoltura  e  foreste»,  restano  fermi  i   vincoli   posti   dal
sopravvenuto comma 6-bis dell'art. 182 del  codice  dell'ambiente  al
fine di  assicurare  che  l'abbruciamento  dei  residui  vegetali  in
agricoltura - in conformita'  del  resto  a  quanto  stabilito  dalla
normativa dell'Unione europea - non danneggi l'ambiente  o  metta  in
pericolo la salute umana. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 9 della legge della Regione Marche 18  marzo
2014, n. 3 (Modifiche alla legge regionale 23 febbraio 2005, n.  6  -
Legge forestale regionale), promossa, in  riferimento  all'art.  117,
primo comma e seconda comma,  lettera  s),  della  Costituzione,  dal
Presidente del Consiglio dei ministri  con  il  ricorso  indicato  in
epigrafe (reg. ric. n. 35 del 2014); 
    2)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 2 della legge della  Regione  Friuli-Venezia
Giulia 28 marzo 2014, n. 5 (Disposizioni urgenti in materia di OGM  e
modifiche alla legge regionale 23  aprile  2007,  n.  9  -  Norme  in
materia di risorse forestali), promossa, in riferimento all'art. 117,
primo comma e secondo comma,  lettera  s),  della  Costituzione,  dal
Presidente del Consiglio dei ministri  con  il  ricorso  indicato  in
epigrafe (reg. ric. n. 36 del 2014). 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 27 gennaio 2015. 
 
                                F.to: 
                  Alessandro CRISCUOLO, Presidente 
                      Marta CARTABIA, Redattore 
                Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 26 febbraio 2015. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                    F.to: Gabriella Paola MELATTI