N. 29 ORDINANZA 11 febbraio - 3 marzo 2015

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Ordinamento giudiziario - Vice procuratori onorari -  Indennita'  per
  ogni udienza in relazione alla quale e' conferita la delega. 
- Decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 273 (Norme di attuazione, di
  coordinamento  e  transitorie  del  decreto  del  Presidente  della
  Repubblica  22  settembre  1988,  n.   449,   recante   norme   per
  l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario al nuovo processo penale
  ed a quello a carico degli imputati minorenni), art.  4,  comma  2,
  come modificato, dapprima, dall'art. 24-ter  del  decreto-legge  24
  novembre 2000, n.  341  (Disposizioni  urgenti  per  l'efficacia  e
  l'efficienza dell'Amministrazione della giustizia), convertito, con
  modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 19  gennaio  2001,
  n. 4, e, successivamente, dall'art. 52, comma 44,  della  legge  28
  dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del  bilancio
  annuale e pluriennale dello Stato − legge finanziaria 2002). 
-   
(GU n.10 del 11-3-2015 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Alessandro CRISCUOLO; 
Giudici  :Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe  FRIGO,  Paolo  GROSSI,
  Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario  Rosario
  MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria
  de PRETIS, Nicolo' ZANON, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              ORDINANZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 2,
del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 273 (Norme di  attuazione,
di coordinamento e  transitorie  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica 22 settembre 1988, n. 449, recante norme per l'adeguamento
dell'ordinamento giudiziario al nuovo processo penale ed a  quello  a
carico degli imputati minorenni), come  modificato  dall'art.  24-ter
del decreto-legge 24 novembre 2000, n. 341 (Disposizioni urgenti  per
l'efficacia e  l'efficienza  dell'Amministrazione  della  giustizia),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della  legge  19
gennaio 2001, n. 4, nonche' dall'art. 52, comma 44,  della  legge  28
dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2002), promosso
dal Tribunale ordinario di Firenze nel procedimento vertente tra G.P.
e il Ministero della giustizia,  con  ordinanza  del  3  marzo  2014,
iscritta al n. 167 del registro ordinanze  2014  e  pubblicata  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  43,  prima  serie  speciale,
dell'anno 2014. 
    Visto l'atto di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio dell'11 febbraio 2015 il  Giudice
relatore Paolo Grossi. 
    Ritenuto che, con  ordinanza  del  3  marzo  2014,  il  Tribunale
ordinario  di  Firenze  solleva,  in  riferimento  all'art.  3  della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  4,
comma 2, del decreto legislativo 28 luglio 1989,  n.  273  (Norme  di
attuazione, di coordinamento e transitorie del decreto del Presidente
della Repubblica  22  settembre  1988,  n.  449,  recante  norme  per
l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario al nuovo  processo  penale
ed a quello a carico  degli  imputati  minorenni),  come  modificato,
dapprima, dall'art. 24-ter del decreto-legge 24 novembre 2000, n. 341
(Disposizioni    urgenti    per    l'efficacia     e     l'efficienza
dell'Amministrazione della giustizia), convertito, con modificazioni,
dall'art. 1,  comma  1,  della  legge  19  gennaio  2001,  n.  4,  e,
successivamente, dall'art. 52, comma  44,  della  legge  28  dicembre
2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2002); 
    che  il  giudice  a  quo  premette  di  essere  stato   investito
dell'opposizione proposta da un  vice  procuratore  onorario  avverso
un'ingiunzione   di    pagamento    notificatagli    dal    direttore
amministrativo della Procura della Repubblica di Prato, con la  quale
si richiedeva la restituzione di quanto indebitamente corrisposto per
lo svolgimento, negli anni 2005 e 2006, di  attivita'  diverse  dalla
partecipazione alle udienze, tutte comunque svolte nell'ambito  della
delega ai sensi di cui all'art. 50 del decreto legislativo 28  agosto
2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza  penale  del  giudice  di
pace, a norma dell'articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468); 
    che, secondo l'opponente, la  richiesta  dell'amministrazione  si
fondava sull'interpretazione data  dalla  circolare  della  Direzione
generale  della  giustizia  civile  del  Ministero  della  giustizia,
secondo cui  la  nuova  disciplina  introdotta  dall'art.  3-bis  del
decreto-legge 2 ottobre 2008, n. 151 (Misure urgenti  in  materia  di
prevenzione e accertamento di reati, di contrasto  alla  criminalita'
organizzata  e   all'immigrazione   clandestina),   convertito,   con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 28 novembre 2008, n.
186, modificativa  dell'art.  4  denunciato,  non  prevedendo  alcuna
disposizione transitoria relativa  ad  indennita'  per  le  attivita'
svolte dal  vice  procuratore  onorario  fuori  udienza  prima  della
entrata in vigore della novella, ne escludeva il diritto per gli anni
2005 e 2006; 
    che, a giudizio dell'opponente, la normativa  in  questione,  per
non incorrere in un vizio  di  legittimita'  costituzionale,  andava,
invece, interpretata  in  senso  opposto,  in  riferimento  anche  ad
attivita'  di  preparazione  dell'udienza,  dovendosi,  diversamente,
annullare, per errore essenziale, il contratto d'opera  professionale
intercorso con l'amministrazione, con eventuale rimessione degli atti
alla Corte costituzionale  per  la  dichiarazione  di  illegittimita'
della disposizione all'esame; 
    che  il  Ministero  convenuto   resisteva   all'opposizione,   in
particolare ricostruendo le ragioni poste a fondamento  della  scelta
legislativa operata nel 2008 in tema di attivita' delegabili al  vice
procuratore onorario e  di  relativo  assoggettamento  ad  indennita'
(«attraverso una valutazione di nuovi elementi quali l'aumento  negli
ultimi anni del carico di lavoro dei magistrati onorari»), escludendo
la possibilita' di assegnare alla norma censurata una interpretazione
estensiva ed osservando che «la portata innovatrice dell'art.  3  bis
l. 186/2008 verrebbe vanificata  se  si  attribuisse  alla  normativa
previgente, attraverso un'opera ermeneutica, la stessa portata che la
riforma ha riconosciuto solo nel 2008» ed eccependo la nullita' della
domanda di annullamento del  contratto  per  «indeterminatezza  della
stessa»; 
    che il giudice  rimettente,  escludendo  di  poter  intendere  la
nozione di "udienza" nel senso  piu'  lato  di  "seduta",  reputa  la
questione non manifestamente infondata, apparendogli non conforme  al
principio  di  ragionevolezza  «ritenere  che  al  VPO   spetti   una
indennita' solo per  alcune  delle  attivita'  delegategli  -  e  che
ovviamente non puo' rifiutarsi di prestare - ed affermare che per  le
altre non gli spetti alcunche'»; 
    che, d'altra parte, l'assunto del Ministero - secondo il quale le
scelte legislative sarebbero ancorate all'obbligo di copertura di cui
all'art. 81 Cost. e si fonderebbero su valutazioni  insindacabilmente
discrezionali - costituirebbe un'obiezione non concludente, posto che
la discrezionalita' legislativa non potrebbe  «non  tener  conto  del
principio di uguaglianza»; 
    che e' intervenuto il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
chiedendo  che  la  questione  sia  dichiarata  inammissibile  o,  in
subordine, manifestamente infondata; 
    che la questione sarebbe inammissibile perche' il giudice a  quo,
da un lato, non indicherebbe, in alcun modo, quali situazioni mettere
a   confronto   ai   fini   del   riconoscimento   della    lamentata
irragionevolezza, ne' solleverebbe questione in ordine  all'efficacia
temporale della nuova normativa ne', d'altro canto,  preciserebbe  il
petitum, rimettendo alla Corte il compito di  scegliere  il  relativo
intervento, con la conseguenza che un'eventuale pronuncia additiva di
accoglimento avrebbe un contenuto non  costituzionalmente  vincolato,
con correlativa invasione della sfera di  discrezionalita'  riservata
al legislatore; 
    che, nel merito, la questione sarebbe  manifestamente  infondata,
dal momento  che,  anche  antecedentemente  alla  riforma  del  2008,
dovevano considerarsi legittimamente delegabili al  vice  procuratore
onorario attivita' diverse da  quelle  relative  alla  partecipazione
alle udienze, anche in assenza di un espresso  riconoscimento  di  un
diritto al compenso, e  dal  momento  che  la  riforma  del  2008  ha
modificato il parametro della remunerazione in riferimento a tutte le
attivita' delegabili, senza che la nuova disciplina possa, in base al
principio di irretroattivita' delle leggi, applicarsi  ai  casi  come
quello di specie, relativi ad attivita' esauritesi antecedentemente; 
    che, d'altra parte,  la  normativa  previgente  risulterebbe  del
tutto  ragionevole,  avendo  il  legislatore  individuato,  «per   la
determinazione del compenso complessivo spettante - nel  contesto  di
un rapporto onorario  e  quindi  non  condizionato  dai  vincoli  del
rapporto di lavoro  -  il  parametro  dell'udienza,  quale  attivita'
principale  e  del  magistrato  onorario,   per   la   determinazione
dell'intero  compenso,   essendo   quella   l'attivita'   prevalente,
misurabile obiettivamente secondo il criterio  temporale  adottato  e
documentabile». 
    Considerato che con ordinanza del  3  marzo  2014,  il  Tribunale
ordinario  di  Firenze  solleva,  in  riferimento  all'art.  3  della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  4,
comma 2, del decreto legislativo 28 luglio 1989,  n.  273  (Norme  di
attuazione, di coordinamento e transitorie del decreto del Presidente
della Repubblica  22  settembre  1988,  n.  449,  recante  norme  per
l'adeguamento dell'ordinamento giudiziario al nuovo  processo  penale
ed a quello a carico  degli  imputati  minorenni),  come  modificato,
dapprima, dall'art. 24-ter del decreto-legge 24 novembre 2000, n. 341
(Disposizioni    urgenti    per    l'efficacia     e     l'efficienza
dell'Amministrazione della giustizia), convertito, con modificazioni,
dall'art. 1,  comma  1,  della  legge  19  gennaio  2001,  n.  4,  e,
successivamente, dall'art. 52, comma  44,  della  legge  28  dicembre
2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2002), nella parte in cui
non prevede la corresponsione ai  vice  procuratori  onorari  di  una
indennita' anche per le attivita'  delegate  che  si  svolgano  fuori
udienza; 
    che, ad avviso del giudice rimettente, tale disciplina violerebbe
l'art. 3 Cost.  in  quanto  non  sarebbe  conforme  al  principio  di
ragionevolezza «ritenere che al VPO spetti una  indennita'  solo  per
alcune delle attivita'  delegategli  -  e  che  ovviamente  non  puo'
rifiutarsi di prestare - ed affermare che per le altre non gli spetti
alcunche'»; 
    che il giudice rimettente  ha  omesso  di  fornire  una  adeguata
motivazione  in  ordine  alla  non   manifesta   infondatezza   della
questione,   essendosi,   in   sostanza,   limitato   ad    attestare
apoditticamente - dopo una lunga rievocazione delle contrapposte tesi
delle parti del giudizio a quo - che la  «questione  non  puo'  dirsi
manifestamente infondata» e che non «e'  possibile  l'interpretazione
della norma costituzionalmente orientata sostenuta dall'attore»,  con
il  generico  evocato  richiamo  dell'art.  3  Cost.  come  parametro
costituzionale di riferimento; 
    che, in particolare, il rimettente non  ha  chiarito  se,  a  suo
giudizio, la lamentata  irragionevolezza  costituisca  una  sorta  di
vizio "intrinseco" della  norma  censurata  oppure  se  questo  vizio
emerga  dal  confronto  con  la  diversa  -  e,  per  quanto  appare,
satisfattiva - disciplina  introdotta  dal  decreto-legge  2  ottobre
2008, n. 151 (Misure urgenti in materia di prevenzione e accertamento
di   reati,   di   contrasto   alla   criminalita'   organizzata    e
all'immigrazione   clandestina),   convertito,   con   modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge  28  novembre  2008,  n.  186,  non
applicabile, ratione temporis, nel giudizio principale, e  se  dunque
questa  nuova  disciplina  debba   essere   assunta   quale   tertium
comparationis  (evenienza,  quest'ultima,   solo   indirettamente   e
fugacemente evocata); 
    che, per altro verso, lo stesso quadro  normativo  coinvolto  nel
dubbio  di  legittimita'  costituzionale  appare  non  perspicuamente
richiamato, dal momento che il predetto  art.  52,  comma  44,  della
legge n. 448 del 2001, indicato come ultima norma modificativa  della
disposizione censurata, e' stato, a sua volta, formalmente  abrogato,
a far data dal 1° luglio 2002,  dal  decreto  legislativo  30  maggio
2002, n. 113 (Testo unico delle disposizioni legislative  in  materia
di spese di giustizia - Testo B) e dal d.P.R. 30 maggio 2002, n.  115
(Testo  unico  delle  disposizioni  legislative  e  regolamentari  in
materia di  spese  di  giustizia  -  Testo  A),  senza  che  di  tale
abrogazione - e  dei  relativi  effetti  sul  piano  della  normativa
applicabile nel giudizio a quo - il giudice  rimettente  abbia  fatto
alcuna menzione o abbia mostrato di tenere alcun conto; 
    che, infine, resta del tutto indeterminato anche il contenuto del
petitum, dal momento che l'ordinanza di rimessione appare, ancora una
volta, carente nel  non  specificare  il  "tipo"  di  intervento  che
sollecita, lasciando alla Corte di svolgere il non consentito compito
di calibrare una decisione di accoglimento secondo una tra  le  tante
opzioni possibili (sull'an, sul quantum e sul quomodo delle ulteriori
indennita'  eventualmente  da   riconoscere   al   vice   procuratore
onorario), nessuna delle quali costituzionalmente vincolata; 
    che, di conseguenza, la questione proposta deve essere dichiarata
manifestamente inammissibile. 
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,  n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi  avanti  alla
Corte costituzionale. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    dichiara  la  manifesta  inammissibilita'  della   questione   di
legittimita'  costituzionale  dell'art.  4,  comma  2,  del   decreto
legislativo  28  luglio  1989,  n.  273  (Norme  di  attuazione,   di
coordinamento  e  transitorie  del  decreto  del   Presidente   della
Repubblica 22 settembre 1988, n. 449, recante norme per l'adeguamento
dell'ordinamento giudiziario al nuovo processo penale ed a  quello  a
carico  degli  imputati  minorenni),   come   modificato,   dapprima,
dall'art.  24-ter  del  decreto-legge  24  novembre  2000,   n.   341
(Disposizioni    urgenti    per    l'efficacia     e     l'efficienza
dell'Amministrazione della giustizia), convertito, con modificazioni,
dall'art. 1,  comma  1,  della  legge  19  gennaio  2001,  n.  4,  e,
successivamente, dall'art. 52, comma  44,  della  legge  28  dicembre
2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato -  legge  finanziaria  2002),  sollevata,  in
riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di
Firenze con l'ordinanza in epigrafe. 
 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'11 febbraio 2015. 
 
                                F.to: 
                  Alessandro CRISCUOLO, Presidente 
                       Paolo GROSSI, Redattore 
                Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 3 marzo 2015. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                    F.to: Gabriella Paola MELATTI