N. 30 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 novembre 2014
Ordinanza del 20 novembre 2014 del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia sul ricorso proposto da Settembrini Piergiorgio contro Universita' degli studi di Milano e Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca. Universita' ed istituzioni di alta cultura - Professori universitari - Previsto trattenimento in servizio oltre i limiti di eta' per il collocamento a riposo - Abrogazione di detta previsione con il decreto-legge censurato, convertito nella legge 11 agosto 2014, n. 114 - Violazione del principio di uguaglianza - Lesione del principio di autonomia dell'universita' - Violazione dei limiti costituzionali alla decretazione di urgenza per l'assenza dei presupposti di straordinarieta' e d'urgenza - Violazione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione. - Decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, nella legge 11 agosto 2014, n. 114, art. 1, comma 1. - Costituzione, artt. 3, 33, comma sesto, 77, comma secondo, e 97, comma secondo.(GU n.11 del 18-3-2015 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA (Sezione Terza) Ha pronunciato la presente Ordinanza sul ricorso numero di registro generale 279 del 2014, integrato da motivi aggiunti, proposto da Piergiorgio Settembrini, rappresentato e difeso dagli avvocati Andrea Guarino e Giancarlo Tanzarella, con domicilio eletto presso lo studio di quest'ultimo, in Milano, piazza Velasca, 5; Contro l'Universita' degli Studi di Milano ed il Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Milano, presso la quale domiciliano in Milano, via Freguglia n. 1; Per l'annullamento Con ricorso introduttivo: del provvedimento con cui il Consiglio di Amministrazione dell'Universita' degli Studi di Milano ha deliberato di non accogliere la richiesta avanzata dal ricorrente di permanere in servizio per un ulteriore biennio a decorrere dal 1° novembre 2014; di tutti gli atti presupposti, consequenziali, connessi o comunque collegati al predetto, ivi espressamente inclusi: il verbale della seduta del Consiglio di Amministrazione dell'Universita' degli Studi di Milano in data 29 ottobre 2013 in parte qua; il provvedimento, di estremi e contenuto non meglio conosciuti, con cui il Senato Accademico dell'Universita' degli Studi di Milano ha «espresso in linea di massima parere favorevole all'adozione dei criteri prospettati dal Consiglio di Amministrazione ai fini della valutazione delle domande di permanenza in servizio dei docenti per un biennio oltre i limiti di eta' per il collocamento a riposo, in adesione ai principi enunciati dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 83/2013» cosi' come riportato nelle «Comunicazioni del Senato Accademico» del 16 luglio 2013 pubblicate on line; il provvedimento, di estremi e contenuto non meglio conosciuti, con cui il Consiglio di Amministrazione dell'Universita' degli Studi di Milano «ha definito i criteri cui attenersi nelle decisioni sulle domande di permanenza in servizio dei docenti per un biennio oltre i limiti di eta' per il collocamento a riposo» cosi' come riportato nelle «Comunicazioni del Consiglio di Amministrazione» del 23 luglio 2013 pubblicate on line; il verbale n. 9/2013 della seduta del Consiglio del Dipartimento di scienze biomediche e cliniche «Luigi Sacco» dell'Universita' degli Studi di Milano in data 26 settembre 2013 con cui e' stato espresso parere contrario all'accoglimento della richiesta di permanenza in servizio del ricorrente; la nota prot. 34915 del 14 novembre 2013 del Rettore dell'Universita' degli Studi di Milano, con cui e' stato comunicato al ricorrente il rigetto della istanza di permanenza in servizio e si stabilisce il suo collocamento a riposo a decorrere dal 1° novembre 2014; Con ricorso per motivi aggiunti: del decreto rettorale n. 15813 del 4 dicembre 2013, con cui l'Universita' degli Studi di Milano ha disposto il collocamento a riposo per limiti di eta' del ricorrente a decorrere dal 1° novembre 2014; del verbale del Consiglio di Amministrazione dell'Universita' degli Studi di Milano del 23 luglio 2013 con cui sono stati definiti «Criteri e fini della valutazione delle domande di permanenza in servizio dei docenti per un biennio oltre i limiti di eta' per il collocamento a riposo, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 83/2013», depositato in giudizio dall'Amministrazione in data 8 febbraio 2014; della nota dell'Universita' degli Studi di Milano prot. 25682 del 2 settembre 2013 con cui viene trasmessa al Dipartimento «Luigi Sacco» la domanda di trattenimento in servizio del ricorrente per il rilascio del parere di competenza, depositata in giudizio dall'Amministrazione in data 8 febbraio 2014; di tutti gli atti presupposti, consequenziali, connessi o comunque collegati ai predetti ivi espressamente inclusi: il verbale della «riunione istruttoria» del Consiglio di Amministrazione del giorno 11 luglio 2013, di estremi e contenuto non meglio conosciuti in quanto non depositato in giudizio dall'Amministrazione, richiamata nel verbale del Consiglio di Amministrazione del 23 luglio 2013; il verbale della seduta del Senato Accademico del 16 luglio 2013, di estremi e contenuto non meglio conosciuti in quanto non depositato in giudizio dall'Amministrazione, richiamata nel verbale del Consiglio di Amministrazione del 23 luglio 2013, in cui il Senato Accademico avrebbe condiviso «in linea di principio l'orientamento espresso dal Consiglio di Amministrazione nella riunione istruttoria dell'11 luglio». Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Visti gli atti della causa; Visti gli atti di costituzione in giudizio dell'Universita' degli Studi di Milano e del Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 ottobre 2014 il dott. Diego Spampinato e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Il ricorrente impugna gli atti in epigrafe, affidando il ricorso introduttivo ai seguenti motivi. 1. Violazione e falsa applicazione dell'art. 97 Cost. e della circolare del Ministero della Pubblica Amministrazione e dell'Innovazione n. 10 del 20 ottobre 2008; violazione dei canoni di imparzialita' e buon andamento dell'attivita' amministrativa. Avendo il ricorrente proposto domanda di trattenimento in servizio il 22 maggio 2013, ed essendo stati fissati i criteri dal Consiglio di Amministrazione in data 23 luglio 2013, sussisterebbe violazione del principio generale di predeterminazione dei criteri di valutazione, corollario del canone di imparzialita' e buon andamento di cui all'art. 97 Cost., e della citata circolare n. 10/2008, con cui le singole amministrazioni sarebbero state invitate ad adottare preventivamente i criteri per la valutazione delle domande di trattenimento in servizio. 2. Violazione del principio tempus regit actum; eccesso di potere per errore nei presupposti. Essendo la domanda del ricorrente del 22 maggio 2013, essa avrebbe dovuto - per effetto del riespandersi della situazione giuridica soggettiva conseguente alla pronuncia di annullamento della Corte Costituzionale n. 83 del 15 maggio 2013 - essere valutata sulla base dei criteri stabiliti con le delibere del Consiglio di Amministrazione del 27 gennaio 2009 e del Senato Accademico del 2 dicembre 2008 e del 29 settembre 2009. 3. Violazione e falsa applicazione dell'art. 16 del decreto legislativo n. 503/92; eccesso di potere per irragionevolezza e illogicita'; difetto assoluto di motivazione. I criteri indicati nella delibera del Consiglio di Amministrazione del 23 luglio 2013 posti alla base del provvedimento di rigetto sarebbero comunque illegittimi, essendo elusivi dell'art. 72 del D.L. n. 112/08, venendo pretermessa ogni considerazione delle esigenze organizzative e funzionali dei servizi propri dell'Amministrazione, nonche' la valutazione della particolare esperienza del dipendente e della sua specifica idoneita' a contribuire all'efficiente andamento dei servizi; il trattenimento in servizio sarebbe concesso solo ai titolari di finanziamenti per la ricerca da parte di soggetti internazionali ritenuti di «massimo livello». Tale criterio sarebbe ingiusto e discriminante, non essendo infatti tutte le discipline accademiche per loro natura suscettibili di finanziamenti per la ricerca da parte di enti internazionali. Il criterio inoltre introdurrebbe elementi di arbitrarieta', affidando comunque al Consiglio di Amministrazione il potere di qualificare o meno ente di «massimo livello» l'agenzia finanziatrice. Inoltre, elementi di arbitrarieta' caratterizzerebbero l'ulteriore criterio indicato dal Consiglio di Amministrazione, non essendo comprensibile su quale base il Consiglio di Amministrazione riconoscerebbe il carattere di imprescindibilita' delle esigenze didattiche ovvero attribuirebbe la qualifica di strategico e irrinunciabile ad un settore scientifico. 4. Eccesso di potere per difetto di istruttoria ed errore nei presupposti; difetto di motivazione. Il provvedimento di rigetto sarebbe errato in diverse sue parti; in particolare: a) laddove affermerebbe che il ricorrente svolge un monte ore di insegnamento pari a 30 ore, non tenendo conto del monte ore destinato all'insegnamento nella Scuola di specializzazione aggregata; b) laddove opererebbe - ai fini della valutazione se l'organico sia in grado di garantire il funzionamento dei corsi e dei servizi propri di chirurgia vascolare nel caso di mancato trattenimento in servizio di un docente della specifica materia - una ricognizione dell'organico del settore scientifico disciplinare Med/22 (chirurgia vascolare), nonche' degli altri due settori Med/21 (chirurgia toracica) e Med/23 (chirurgia cardiaca) ricompresi nel settore concorsuale 06/E1 (Chirurgia Cardiotoracico-polmonare); tale raggruppamento in un unico settore concorsuale assolverebbe all'esigenza di consentire una sufficiente rotazione di docenti nell'ambito delle commissioni concorsuali che annualmente devono provvedere al conferimento dell'abilitazione nazionale, anche in settori quali la chirurgia vascolare, caratterizzato da un esiguo numero di professori di I e di II fascia; c) laddove avrebbe omesso qualsiasi valutazione in ordine alla prosecuzione del servizio svolto dal ricorrente presso l'Ospedale S. Carlo Borromeo, avendo tale ospedale espressamente chiesto all'Universita' che venisse garantita la continuita' della direzione da parte del ricorrente. 5. Violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 10 della legge 241/90 e dell'art. 9 del Regolamento dell'Universita' degli Studi di Milano recante «Norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi»; mancata comunicazione di avvio del procedimento. L'avvio del procedimento non sarebbe stato comunicato al ricorrente, dovendo invece la comunicazione di avvio del procedimento essere inviata anche nell'ipotesi di procedimento ad iniziativa di parte. 6. Violazione e falsa applicazione dell'art. 10-bis della legge 241/90 e dell'art. 10 del Regolamento dell'Universita' degli Studi di Milano recante «Norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso cd documenti amministrativi»; omessa comunicazione del preavviso di rigetto, violazione del principio del giusto procedimento. Il provvedimento impugnato non sarebbe stato preceduto dal preavviso di rigetto, che avrebbe consentito al ricorrente di formulare le proprie osservazioni scritte. 7. Violazione e falsa applicazione dell'art. 20, comma 1, e 3, legge 241/90 e art. 11, comma 1, del Regolamento dell'Universita' degli Studi di Milano recante «Norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi»; mancato annullamento/revoca in autotutela del silenzio assenso formatosi sull'istanza. Nel caso di procedimenti di autorizzazione a permanere in servizio per un biennio oltre i limiti di eta', l'allegato 1/1-I del citato Regolamento stabilirebbe in sessanta giorni decorrenti dalla presentazione dell'istanza il termine finale per l'adozione del provvedimento; l'intervenuta formazione del silenzio-assenso comporterebbe quindi la consumazione del potere da parte dell'Amministrazione di decidere sull'istanza, potendo l'Amministrazione emanare un provvedimento tardivo di rigetto solo dopo aver previamente annullato in autotutela il silenzio-assenso. Nel caso di specie, l'Universita' avrebbe adottato il provvedimento finale del procedimento 176 giorni dopo la data di presentazione dell'istanza, e decorsi 116 giorni dalla formazione del silenzio-assenso, senza che il provvedimento di rigetto fosse preceduto da provvedimento di annullamento in autotutela del silenzio-assenso. 8. Violazione e falsa applicazione dell'art. 16 del decreto legislativo n. 503/92; sviamento di potere; travisamento della sentenza della Corte Costituzionale n. 83/2013. L'Amministrazione avrebbe valutato la domanda di permanenza in servizio non solo in base ai criteri indicati per i trattenimenti in servizio, ma anche sulla base di criteri estranei all'ambito di applicazione dell'art. 72 del D.L. n. 112/08, quali quelli di cui agli artt. 9, comma 31, del D.L. n. 78/2010, e 66, comma 13-bis, della legge n. 133/08, essendo gli eventuali effetti dell'accoglimento della domanda di permanenza in servizio con riguardo alle potenzialita' di assunzione di nuovo personale del tutto estranei ai criteri cui il Legislatore avrebbe vincolato la discrezionalita' dell'amministrazione in materia. 9. Violazione del combinato disposto degli artt. 14, comma 6, e 10, comma 6, del Regolamento generale dell'Universita' degli Studi di Milano. In data 26 settembre 2013 il Consiglio del Dipartimento di scienze biomediche e cliniche «Luigi Sacco» di Milano, cui afferisce il prof. Settembrini, si sarebbe riunito per esprimere il parere richiesto dal Consiglio d'amministrazione per il trattenimento in servizio del ricorrente; in tale seduta il segretario verbalizzante, giusto verbale di seduta, risulterebbe essere stato assente, da cio' derivando l'impossibilita' per quest'ultimo di poter firmare il verbale; dallo stesso verbale risulterebbe inoltre l'assenza del Direttore del Dipartimento; non si comprenderebbe quindi chi abbia verificato la presenza del numero legale al momento dell'apertura della seduta stessa e quello al momento della deliberazione sulla domanda del ricorrente. Da cio' discenderebbe l'invalidita' del verbale e del parere ivi espresso. L'Amministrazione si e' costituita, spiegando difese in rito e nel merito; in particolare, ha eccepito l'irricevibilita' del ricorso nella parte in cui censura la delibera del Consiglio d'amministrazione dell'Universita' resistente 23 luglio 2013, trattandosi di atto immediatamente lesivo. Il ricorrente ha quindi depositato in data 4 aprile 2014 un ricorso per motivi aggiunti, con cui impugna gli atti in epigrafe, affidato ai seguenti motivi. 1. Violazione e falsa applicazione dell'art. 16, comma 1, decreto legislativo n. 503/92, come modificato dall'art. 72, comma 7, D.L. n. 112/08, convertito dalla legge n. 133/08, e della sentenza della Corte costituzionale n. 83/2013; violazione dell'art. 97 Cost.; violazione dei canoni di imparzialita' e buon andamento dell'attivita' amministrativa; eccesso di potere per sviamento, difetto di istruttoria, errore nei presupposti, contraddittorieta', motivazione perplessa. Il Consiglio di amministrazione violerebbe i principi di cui alla citata sentenza 83/2013, secondo cui ne' il risparmio di spesa, ne' il ricambio generazionale potrebbero essere invocati per eludere la valutazione concreta sull'utilita' della permanenza in servizio della specifica professionalita' del docente che ne fa istanza, ponendo a fondamento dei criteri per la valutazione delle istanze di permanenza in servizio la preoccupazione che i trattenimenti in servizio vengano ad erodere la capacita' di nuove assunzioni dell'Ateneo. Cio' si sarebbe riverberato sul procedimento di valutazione dell'istanza prodotta dal ricorrente, rigettata in assenza di una valutazione concreta sia delle obiettive esigenze connesse all'insegnamento della chirurgia vascolare e al relativo reparto, sia della caratura professionale del ricorrente in relazione a dette esigenze e alle possibilita' concrete di un tempestivo avvicendamento nell'incarico. 2. Eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione, illogicita' e irragionevolezza. Nel verbale del 23 luglio 2013 si leggerebbe che le domande di permanenza in servizio dei docenti sarebbero state valutate «in coerenza con i principi enunciati dalla Corte Costituzionale», e che i parametri valutativi indicati dalla Corte Costituzionale «non possono non costituire il metro di giudizio fondamentale ed esclusivo», mentre nel provvedimento di rigetto della domanda di trattenimento in servizio del ricorrente non vi sarebbe alcun elemento afferente la ponderazione dei criteri indicati dalla Corte costituzionale. 3. Violazione e falsa applicazione dell'art. 16, comma 1, decreto legislativo n. 503/92, come modificato dall'art. 72, comma 7, D.L. n. 112/08 convertito dalla legge n. 133/08; elusione della sentenza della Corte costituzionale n. 83/2013; violazione dell'art. 97 Cost.; violazione dei canoni di imparzialita' e buon andamento dell'attivita' amministrativa; eccesso di potere per sviamento, difetto di istruttoria, errore nei presupposti, contraddittorieta', motivazione perplessa. Premesso che, successivamente alla proposizione del ricorso introduttivo, e precisamente il 20 gennaio 2014, il ricorrente avrebbe ricevuto comunicazione dall'Universita' che con decreto rettorale n. 15813 del 4 dicembre 2013 era stato disposto il suo collocamento a riposo a decorrere dal 1° novembre 2014, diretta conseguenza del provvedimento di rigetto della sua domanda di permanenza in servizio del 29 ottobre 2013, gia' impugnato con il ricorso introduttivo, il ricorrente con il ricorso per motivi aggiunti impugna anche tale provvedimento, unitamente agli altri citati in epigrafe, per i medesimi vizi enunciati nei presenti motivi aggiunti, nonche' nel ricorso introduttivo, cui fa espresso rinvio e che in sede di motivi aggiunti intende integralmente riproposti. A tenore del verbale di udienza, alla camera di consiglio del giorno 11 febbraio 2014 «... parte ricorrente rinuncia alla sospensiva e chiede un'invio al merito a breve. Il Presidente accoglie e rinvia la discussione della causa all'Udienza Pubblica del 4 novembre 2014 ...»; quindi, con istanza depositata il 4 aprile 2014, ha chiesto l'anticipazione dell'udienza pubblica, che e' stata concessa con decreto presidenziale 23 aprile 2014, n. 347, che ha anticipato l'udienza al 7 ottobre 2014. Con memoria depositata il 22 luglio 2014, parte ricorrente ha posto la necessita' di sollevare questione di legittimita' costituzionale nei confronti dell'art. 1 del D.L., 24 giugno 2014, n. 90, che al comma 1 abroga del tutto l'istituto dei trattenimenti in servizio, dettando poi al comma 2 una disciplina transitoria, cio' che implicherebbe una pronuncia di improcedibilita' dei ricorsi per sopravvenuta carenza di interesse. L'Avvocatura dello Stato ha in proposito eccepito che la questione di legittimita' costituzionale sarebbe irrilevante, sia perche' oggetto del giudizio non sarebbe una proroga, ma solo la valutazione circa la legittimita' o meno di un provvedimento di diniego precedente, sia perche' il ricorso sarebbe comunque infondato. All'udienza pubblica del 7 ottobre 2014 la causa e' stata trattata e trattenuta per la decisione. In tale sede, parte ricorrente ha chiesto la decisione della domanda cautelare nonche' la decisione nel merito del ricorso. Con ordinanza 8 ottobre 2014, n. 1319, questa Sezione III «... Ritenuto: - che, in disparte ogni considerazione circa la compatibilita' dell'istituto del rinvio al merito con le ragioni di urgenza che caratterizzano la fase cautelare e circa l'assenza di tale istituto nel codice del processo amministrativo, risulta che la domanda cautelare e' stata rinunciata alla camera di consiglio del giorno 11 febbraio 2014, e che quindi non vi e' luogo a provvedere circa la domanda formulata in sede di camera di consiglio del giorno 7 ottobre 2014 ...», ha dichiarato non luogo a provvedere sulla richiesta, formulata alla udienza pubblica del giorno 7 ottobre 2014, di decisione della domanda cautelare. Tanto premesso, preliminarmente, occorre dare conto della eccezione di irricevibilita' del ricorso introduttivo in relazione alle censure spiegate nei confronti della delibera del Consiglio di Amministrazione del 23 luglio 2013, formulata dall'Avvocatura erariale con la memoria depositata in data 8 febbraio 2014 (pagg. 4-5). Tale eccezione, in quanto afferente una questione pregiudiziale prescindente dal merito della vicenda, deve essere valutata preliminarmente al merito, ivi compresa la prospettata questione di legittimita' costituzionale. L'eccezione e' agevolmente superabile, essendo il provvedimento lesivo non la predeterminazione dei criteri cui attenersi nelle decisioni «... delle domande di permanenza in servizio dei docenti per un biennio oltre i limiti di eta' per il collocamento a riposo ...», operata con la citata delibera del 23 luglio 2013, ma il diniego del trattenimento in servizio deliberato dal Consiglio di Amministrazione il 29 ottobre 2013, che di quei criteri fa applicazione. Conseguentemente, essendo stato il diniego reso noto al ricorrente mediante comunicazione dell'Universita' resistente n. prot. 34915 del 14 novembre 2013, il ricorso introduttivo, notificato in data 30 dicembre 2013 e depositato il 21 gennaio 2014, risulta tempestivo. Per quanto riguarda invece la decisione nel merito del ricorso, il Collegio ritiene che debba essere sollevata questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1, del D.L. 24 giugno 2014, n. 90, convertito in legge, senza modificazioni del comma di cui si tratta, con legge 11 agosto 2014, n. 114. Innanzitutto, non e' condivisibile l'eccezione della Avvocatura dello Stato circa l'irrilevanza della questione ai fini della decisione del presente giudizio, atteso che la norma prospettata come incostituzionale rileverebbe con riferimento alla sussistenza della possibilita' giuridica del ricorso che, in quanto condizione dell'azione, deve essere delibata precedentemente al merito. Dispone infatti in proposito l'art. 276 cpc, comma 2, richiamato dall'art. 76, comma 4, cpa: «Il collegio, sotto la direzione del presidente, decide gradatamente le questioni pregiudiziali proposte dalle parti o rilevabili d'ufficio e quindi il merito della causa» (in tal senso, pacificamente, anche la giurisprudenza: ex plurimis, Cons. Stato, AP, sentenze 25 febbraio 2014, n. 9, e 7 aprile 2011, n. 4; Cons. Stato, Sez. III, 7 aprile 2014, n. 1634). E che l'art. 1 del D.L. n. 90/2014 incida sulla possibilita' giuridica dell'azione non e' in dubbio, anche alla luce della recente giurisprudenza dell'Adunanza Plenaria secondo cui «... l'azione di annullamento davanti al giudice amministrativo e' soggetta - sulla falsariga del processo civile - a tre condizioni fondamentali che, valutate in astratto con riferimento alla causa petendi della domanda e non secundum eventum litis, devono sussistere al momento della proposizione della domanda e permanere fino al momento della decisione; tali condizioni sono: I) c.d. titolo o possibilita' giuridica dell'azione - cioe' la situazione giuridica soggettiva qualificata in astratto da una norma, ovvero, come altri dice, la legittimazione a ricorrere discendente dalla speciale posizione qualificata del soggetto che lo distingue dal quisque de populo rispetto all'esercizio del potere amministrativo -; II) l'interesse ad agire ex art. 100 c.p.c. (o interesse al ricorso, nel linguaggio corrente del processo amministrativo); III) la legitimatio ad causam (o legittimazione attiva/passiva, discendente dall'affermazione di colui che agisce/ resiste in giudizio di essere titolare del rapporto controverso dal lato attivo o passivo)...» (Cons. Stato, AP, 25 febbraio 2014, n. 9). Infatti, l'art. 1, comma 1, del D.L. n. 90/2014, elimina in radice l'istituto del trattenimento in servizio mediante l'abrogazione dell'art. 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, dell'articolo 72, commi 8, 9, 10, del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, e dell'articolo 9, comma 31, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78. L'abrogazione della norma che istituisce e qualifica la situazione giuridica soggettiva del ricorrente, quindi, farebbe venire meno la possibilita' giuridica dell'azione. Venendo meno la norma istitutiva della situazione giuridica soggettiva, nemmeno si puo' porre una questione di difetto di interesse eventualmente determinato dalla infondatezza del ricorso nel merito. Infatti - se pure, seguendo la logica della eccezione dell'Avvocatura dello Stato, l'infondatezza nel merito della questione sottoposta al Giudice potesse, in ipotesi, determinare l'irrilevanza della questione di legittimita' costituzionale - la mancanza della norma che istituisce e qualifica la posizione giuridica soggettiva fa venire meno in radice ogni parametro giuridico per la decisione nel merito, a cui - conseguentemente - non si potrebbe comunque giungere, residuando cosi' spazio solo per una pronuncia in rito di improcedibilita' per sopravvenuta carenza di interesse. Cosi' positivamente delibata la rilevanza della questione di legittimita' costituzionale proposta, il Collegio passa alla delibazione di non manifesta infondatezza della questione. Parte ricorrente deduce la violazione dell'art. 3 e dell'art. 117, comma 1, Cost., sul presupposto che l'art. 1, comma 1, del D.L. 90/2014 non avrebbe previsto alcuna distinzione fra coloro che avevano maturato il diritto a presentare domanda di trattenimento in servizio da tutti gli altri dipendenti pubblici, cio' integrando disparita' di trattamento e violazione del principio, interno e comunitario, del legittimo affidamento e del principio' della sicurezza giuridica. Deduce altresi' lesione del principio del legittimo affidamento e della certezza del diritto, in quanto l'abrogazione dell'istituto del trattenimento in servizio sarebbe il frutto di una scelta legislativa «... improvvisa e arbitraria ...». Il principio della certezza del diritto, ed il suo corollario inerente la tutela del legittimo affidamento, in quanto principi generali dell'ordinamento comunitario, imporrebbero che una normativa che comporti conseguenze svantaggiose per i privati fosse chiara e precisa e che la sua applicazione fosse prevedibile per gli amministrati (sentenza CGE 12 dicembre 2013 nella causa C-362/12, punto 44; sentenza CGE 7 giugno 2005 nella causa C-17/03, punto 80), mentre, nel caso in esame, l'abrogazione dell'art. 16 del decreto legislativo n. 503/92 sarebbe avvenuta in maniera del tutto improvvisa ed arbitraria, e senza che si tenessero in dovuta considerazione situazioni particolari, come quella del ricorrente, in cui si sarebbe fatto legittimo affidamento sull'accoglimento della propria domanda di permanenza in servizio. Cio' sarebbe comprovato dalla circostanza che l'abrogazione e' intervenuta per mezzo di un decreto legge. A seguire, parte ricorrente deduce la violazione dell'art. 97 e dell'art. 33, comma 6, Cost. L'art. 1 del D.L. n. 90/2014 sarebbe norma espressamente diretta a favorire il ricambio generazionale nelle pubbliche amministrazioni che, a sua volta, sarebbe «misura urgente» per garantire e realizzare l'efficienza dell'Amministrazione. L'efficienza delle pubbliche amministrazioni passerebbe quindi, nell'impostazione della norma, necessariamente attraverso un generale ricambio generazionale dei dipendenti pubblici, trascurando pero' le ripercussioni che potrebbero derivarne sui principi del buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97 Cost.) e, nel caso di specie, trattandosi di docente universitario, della tutela dell'autonomia universitaria (art. 33, comma 6 Cost.). Non si sarebbe infatti tenuto conto dell'esigenza di bilanciamento fra la necessita' di assicurare il ricambio generazionale all'interno dell'Amministrazione con l'obiettivo di garantirne il buon andamento. Da cio' argomentando, parte ricorrente deduce anche violazione del principio di ragionevolezza, di cui l'art. 3 Cost. costituirebbe espressione, in quanto sacrificherebbe le legittime aspettative dei dipendenti pubblici ad essere trattenuti in servizio senza che cio' sia sorretto da una valida ragione giustificatrice e senza bilanciare tale esigenza con l'esigenza di assicurare il rispetto del buon andamento delle pubbliche amministrazioni. Parte ricorrente deduce inoltre violazione dell'art. 77, comma 2, Cost. La norma sarebbe stata adottata in assenza dei presupposti di straordinarieta', necessita' ed urgenza di provvedere. Premesso che la prospettazione di parte ricorrente non e' condivisibile in relazione alla dedotta disparita' di trattamento, atteso che non appare ricorrere l'identita' di situazioni che la giurisprudenza della Corte costituzionale postula come presupposto per la violazione dell'art. 3 Cost. (ex plurimis, sentenza 12 novembre 2004, n. 340), la questione di legittimita' costituzionale non appare manifestamente infondata, secondo quanto a seguire, in relazione ad altri profili. Innanzitutto la disposizione viola li principio di ragionevolezza, che trova fonte costituzionale nell'art. 3 Cost., quello di affidamento, quello del buon andamento dell'Amministrazione, di cui all'art. 97 Cost., e quello dell'autonomia delle Universita', di cui all'art. 33, comma 6, Cost. Con sentenza 9 maggio 2013, n. 83, il Giudice delle leggi ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'articolo 25 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, rubricato Collocamento a riposo dei professori e dei ricercatori, che stabiliva l'inapplicabilita' dell'art. 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, a professori e ricercatori universitari, per: a) irragionevolezza della norma; b) disparita' di trattamento. Con riferimento al primo di tali profili, la Corte ha affermato che: «... il legislatore ben puo' emanare disposizioni che vengano a modificare in senso sfavorevole per gli interessati la disciplina dei rapporti di durata, anche se l'oggetto di questi sia costituito da diritti soggettivi perfetti, unica condizione essendo che tali disposizioni «non trasmodino in un regolamento irrazionale, frustrando, con riguardo a situazioni sostanziali fondate sulle leggi precedenti, l'affidamento dei cittadini nella sicurezza giuridica, da intendersi quale elemento fondamentale dello Stato di diritto» (sentenze n. 166 del 2012, n. 302 del 2010, n. 236 e n. 206 del 2009 ...»; «... la norma de qua non puo' trovare giustificazione sull'interesse al ricambio generazionale del personale docente, del pari invocato dalla difesa dello Stato. Al riguardo, si deve osservare che, senza dubbio, rientra nella discrezionalita' del legislatore l'obiettivo di favorire il ricambio generazionale nell'ambito dell'istruzione universitaria. Tuttavia, filmo restando in via generale tale principio, e' pur vero che il perseguimento di questo obiettivo deve essere bilanciato con l'esigenza, a sua volta riconducibile al buon andamento dell'amministrazione e percio' nello schema del citato art. 97 Cost., di mantenere in servizio - peraltro per un arco di tempo limitato - docenti in grado di dare un positivo contributo per la particolare esperienza professionale acquisita in determinati o specifici settori ed in funzione dell'efficiente andamento dei servizi. In questo quadro si colloca disposto dell'art. 16, comma 1, del decreto legislativo n. 503 del 1992, nel testo modificato dall'art. 72, comma 7, del d.l. n. 112 del 2008, poi convertito dalla legge n. 133 del 2008. Detta norma realizza, per l'appunto, il suddetto bilanciamento, affidando all'amministrazione la facolta' di accogliere o no la richiesta del dipendente, in base alle proprie esigenze organizzative e funzionali e secondo i criteri nella norma medesima indicati ...». La Corte costituzionale ha quindi ritenuto irragionevole la norma che escludeva i soli docenti universitari dalla possibilita' di fruire del trattenimento in servizio sia sotto il profilo della violazione dell'affidamento, sia sotto il profilo della insufficienza della esigenza di realizzazione di un ricambio generazionale quale sua unica ratio. Con riguardo a tale ultimo punto, peraltro, proprio l'affidamento alla valutazione discrezionale dell'Amministrazione della facolta' di accogliere o no la richiesta del dipendente, in base alle proprie esigenze organizzative e funzionali e secondo i criteri normativi, e' stato individuato quale punto di equilibrio fra «... l'obiettivo di favorire il ricambio generazionale nell'ambito dell'istruzione universitaria ...» e «... l'esigenza, a sua volta riconducibile al buon andamento dell'amministrazione e percio' nello schema del citato art. 97 Cost., di mantenere in servizio - peraltro per un arco di tempo limitato - docenti in grado di dare un positivo contributo per la particolare esperienza professionale acquisita in determinati o specifici settori ed in funzione dell'efficiente andamento dei servizi ...». Ora, non e' in dubbio che la disposizione di cui si tratta persegua esclusivamente l'obiettivo del ricambio generazionale del personale delle pubbliche amministrazioni. L'art. 1 e' infatti rubricato Disposizioni per il ricambio generazionale nelle pubbliche amministrazioni, ed e' inserito nel Capo I, Misure urgenti in materia di lavoro pubblico, del Titolo I, Misure urgenti per l'efficienza della p.a. e per il sostegno dell'occupazione. Anche l'esame dei lavori preparatori conferma che la ratio della norma sia quella del ricambio generazionale. Nella relazione all'Atto Camera n. 2486, recante Conversione in legge del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante misure ingenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari, si legge infatti che: «... L'articolo 1 (Disposizioni per il ricambio generazionale nelle pubbliche amministrazioni), al comma 1, introduce una regola generale, riguardante tutte le categorie del pubblico impiego, del collocamento a riposo al raggiungimento dei limiti di eta', abrogando le disposizioni che consentono il trattenimento in servizio per un biennio e per i magistrati fino al compimento del settantacinquesimo anno di eta'. La disposizione e' finalizzata a favorire il ricambio generazionale in un momento di crisi del sistema economico nel suo complesso e di blocco delle assunzioni. Pur non essendo un fenomeno di grande rilevanza in termini quantitativi, l'istituto che si abroga ha lo svantaggio, sotto il profilo qualitativo, di non favorire politiche di ricambio generazionale per le seguenti ragioni: 1) aumenta la gia' elevata eta' media dei dipendenti pubblici in quanto coloro che normalmente potrebbero essere collocati in pensione per raggiunti limiti di eta' possono restare in servizio per altri due anni arrivando a lavorare fino a 67 o 68 anni, a seconda della data di maturazione del requisito pensionistico; 2) non consente di realizzare risparmi da cessazione che, in relazione al regime del turn over; alimentano il budget spendibile per nuove munizioni; 3) e' considerato dalla normativa vigente alla stessa stregua di una nuova assunzione, con la conseguenza che per finanziarlo vengono distratte le risorse assunzionali che potrebbero essere meglio finalizzate all'assunzione di giovani. Quanto evidenziato ai punti 2) e 3) consente di comprendere meglio il doppio effetto negativo che il trattenimento in servizio determina rispetto alle politiche di ringiovanimento della pubblica amministrazione ...». A fortiori, tale ratio appare confermata anche dal contenuto della relazione tecnica che, con riferimento alle misure di cui al comma 1, prevede maggiori oneri per il bilancio pubblico. Si legge infatti nella relazione tecnica: «... Tenuto conto del regime transitorio previsto, differente per le tipologie di soggetti in esame, e dello stratificarsi delle successive generazioni, dalla disposizione conseguono i seguenti maggiori oneri ...»; a tale passaggio fanno seguito le tabelle sugli effetti lordi e netti fino al 2018, che prevedono un aumento degli oneri - complessivamente nel periodo - di 669 milioni di euro al lordo e di 467,3 milioni di euro al netto. La relazione tecnica prosegue dopo le tabelle affermando: «... Dopo l'anno 2018 gli oneri mostrano un andamento decrescente in particolare per il progressivo venir meno dell'impatto in termini di maggiori erogazioni per anticipo delle liquidazioni per trattamenti di fine servizio...», senza pero' quantificare questo andamento discendente ne' allegare tabelle a supporto (le tabelle contenute nella relazione tecnica si fermano al 2018); trattandosi di un andamento discendente di maggiori oneri, se ne deduce comunque che, pur essendo in linea di tendenziale riduzione, anche dopo il 2018 vi saranno comunque maggiori oneri rispetto alla situazione anteriore, senza che risulti specificato ne' fino a quando vi saranno maggiori oneri ne' la loro quantificazione. Quindi, non determinando un risparmio di spesa, ed anzi essendo fonte di maggiori oneri, il comma 1 non puo' trovare ragioni nella esigenza di tutela del bilancio. La disposizione viola poi l'art. 77, comma 2, Cost, per carenza dei presupposti di straordinarieta', necessita' ed urgenza. In proposito la Corte costituzionale, nel solco di precedente giurisprudenza, ha avuto modo di affermare che «... la preesistenza di una situazione di fatto comportante la necessita' e l'urgenza di provvedere tramite l'utilizzazione di uno strumento eccezionale, quale il decreto-legge, costituisce un requisito di validita' costituzionale dell'adozione del predetto atto, di modo che l'eventuale evidente mancanza di quel presupposto configura in primo luogo un vizio di illegittimita' costituzionale del decreto-legge che risulti adottato al di fuori dell'ambito applicativo costituzionalmente previsto ...» (Corte cost., 30 aprile 2008, n. 128), precisando anche che il difetto dei presupposti di legittimita' della decretazione d'urgenza, in sede di scrutinio di costituzionalita' deve risultare evidente, e che tale difetto di presupposti, una volta intervenuta la conversione, si traduce in un vizio in procedendo della relativa legge, con cio' escludendo l'eventuale efficacia sanante di quest'ultima. Applicando l'insegnamento della Corte costituzionale, occorre verificare, alla stregua degli indici intrinseci ed estrinseci della norma censurata, se nel caso di specie risulti evidente la carenza del requisito della straordinarieta' del caso di necessita' e d'urgenza di provvedere. L'epigrafe del decreto reca l'intestazione «Misure ingenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari» ed il preambolo e' cosi' testualmente formulato: «Ritenuta la straordinaria necessita' e urgenza di emanare disposizioni volte a favorire la piu' razionale utilizzazione dei dipendenti pubblici, a realizzare interventi di semplificazione dell'organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici e ad introdurre ulteriori misure di semplificazione per l'accesso dei cittadini e delle imprese ai servizi della pubblica amministrazione; Ritenuta la straordinaria necessita' ed urgenza di introdurre disposizioni volte a garantire un miglior livello di certezza giuridica, correttezza e trasparenza delle procedure nei lavori pubblici, anche con riferimento al completamento dei lavori e delle opere necessarie a garantire lo svolgimento dell'evento Expo 2015; Ritenuta altresi' la straordinaria necessita' ed urgenza di emanare disposizioni per l'efficiente informatizzazione del processo civile, amministrativo, contabile e tributario, nonche' misure per l'organizzazione degli uffici giudiziari, al fine di assicurare la ragionevole durata del processo attraverso l'innovazione dei modelli organizzativi e il piu' efficace impiego delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione». Nessun collegamento e' ravvisabile tra tali premesse e la previsione di cui si prospetta l'illegittimita' costituzionale. Il secondo ed il terzo paragrafo del preambolo fanno riferimento ad ambiti che con la norma di cui si tratta non hanno manifestamente niente a che vedere, essendo riferiti il secondo ai lavori pubblici ed il terzo all'organizzazione degli uffici giudiziari ed alla informatizzazione del processo. Nemmeno il primo paragrafo risulta avere qualche attinenza con la norma in questione. Come gia' evidenziato, l'art. 1, comma 1, e' norma che persegue esclusivamente l'obiettivo del ricambio generazionale nelle pubbliche amministrazioni, come desumibile, oltre che dal tenore della disposizione, anche dalla rubrica dell'art. 1, dalla sua collocazione nell'ambito del decreto legge, e dai lavori preparatori. Da un punto di vista formale (in disparte la formulazione tautologica del primo paragrafo, che lo riduce ad una mera clausola di stile, di fatto impedendo il controllo giurisdizionale della Corte costituzionale sulle ragioni di necessita' ed urgenza), nessuna delle ragioni giustificative della straordinaria necessita' ed urgenza di provvedere evidenziate nel preambolo fa riferimento al sostegno dell'occupazione, al lavoro giovanile ovvero al ricambio generazionale nell'ambito del pubblico impiego. E nemmeno si puo' ritenere che le misure di cui all'art. 1, comma 1, del decreto legge possano avere una qualche attinenza con «la piu' razionale utilizzazione dei dipendenti pubblici», «la semplificazione dell'organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici» o con «la semplificazione per l'accesso dei cittadini e delle imprese ai servizi della pubblica amministrazione», ambiti evidentemente afferenti l'efficienza dell'Amministrazione. Infatti, con la citata sentenza 83/2013, come gia' visto, la Corte ha avuto modo di precisare che una norma la cui unica ratio sia da ricondurre alla esigenza di realizzazione di un ricambio generazionale sia illegittima dal momento che «... perseguimento di questo obiettivo deve essere bilanciato con l'esigenza, a sua volta riconducibile al buon andamento dell'amministrazione e percio' nello schema del citato art. 97 Cost., di mantenere in servizio - peraltro per un arco di tempo limitato - docenti in grado di dare un positivo contributo per la particolare esperienza professionale acquisita in determinati o specifici settori ed in funzione dell'efficiente andamento dei servizi ...». L'efficienza dell'Amministrazione, riconducibile a livello costituzionale al citato art. 97, non puo' quindi essere perseguita con una norma che faccia venire meno il punto di equilibrio individuato dalla Corte costituzionale a tutela proprio del buon andamento dell'Amministrazione. Ne consegue che in nessuna parte del preambolo sia dato conto delle ragioni di necessita' ed urgenza che imponevano l'adozione - a mezzo di decreto legge - della norma di cui all'art. 1, comma 1. E' certamente nella facolta' del Governo emanare disposizioni urgenti volte a sostenere l'occupazione giovanile. Esso, tuttavia, avrebbe dovuto rendere ragione dell'esistenza della necessita' e dell'urgenza di tale intervento normativo. Cio' non e' stato fatto, in violazione dell'art. 77, comma 2, Cost. Infine, e' il caso di evidenziare come, anche in considerazione del breve lasso di tempo trascorso dalla emanazione della sentenza 83/2013, che ha statuito sullo stesso ambito, seppure limitatamente ai docenti universitari, il preambolo del decreto legge avrebbe dovuto motivare sul punto, quantomeno proprio relativamente a tale categoria di impiego pubblico. La questione di legittimita' costituzionale non e' quindi manifestamente infondata. Il presente giudizio non puo' conseguentemente essere deciso senza sollevare questione di legittimita' costituzionale che il Collegio ritiene, per quanto esposto, rilevante e non manifestamente infondata. Ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, deve quindi essere disposta la sospensione del giudizio in corso e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
P. Q. M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione III): dichiara rilevante per la decisione del presente giudizio e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1, del DL 24 giugno 2014, n. 90, convertito con legge 11 agosto 2014, n. 114, per violazione degli artt. 3, 33, comma 6, 77, comma 2, e 97, Cost., secondo quanto in motivazione; sospende il giudizio in corso, riservando ogni ulteriore decisione all'esito del giudizio innanzi alla Corte costituzionale; dispone la trasmissione degli atti, a cura della Segreteria, alla Corte costituzionale; ordina che la presente ordinanza sia notificata, a cura della Segreteria, a tutte le parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei ministri e che sia comunicata al Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente della Camera dei deputati. Cosi' deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 7 ottobre 2014 con l'intervento dei magistrati: Adriano Leo, Presidente Antonio De Vita, Primo Referendario Diego Spampinato, Primo Referendario, Estensore Il presidente: Adriano Leo L'estensore: Diego Spampinato