N. 30 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 novembre 2014

Ordinanza del 20 novembre 2014 del Tribunale amministrativo regionale
per la Lombardia sul  ricorso  proposto  da  Settembrini  Piergiorgio
contro Universita' degli studi di Milano e Ministero dell'istruzione,
dell'universita' e della ricerca. 
 
Universita' ed istituzioni di alta cultura - Professori  universitari
  - Previsto trattenimento in servizio oltre i limiti di eta' per  il
  collocamento a riposo - Abrogazione  di  detta  previsione  con  il
  decreto-legge censurato, convertito nella legge 11 agosto 2014,  n.
  114 -  Violazione  del  principio  di  uguaglianza  -  Lesione  del
  principio di autonomia dell'universita'  -  Violazione  dei  limiti
  costituzionali alla  decretazione  di  urgenza  per  l'assenza  dei
  presupposti  di  straordinarieta'  e  d'urgenza  -  Violazione  del
  principio di buon andamento della pubblica amministrazione. 
- Decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni,
  nella legge 11 agosto 2014, n. 114, art. 1, comma 1. 
- Costituzione, artt. 3, 33, comma sesto, 77, comma  secondo,  e  97,
  comma secondo. 
(GU n.11 del 18-3-2015 )
 
        IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA 
                           (Sezione Terza) 
 
    Ha pronunciato  la  presente  Ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro  generale  279  del  2014,  integrato  da  motivi  aggiunti,
proposto da Piergiorgio Settembrini,  rappresentato  e  difeso  dagli
avvocati Andrea Guarino e Giancarlo Tanzarella, con domicilio  eletto
presso lo studio di quest'ultimo, in Milano, piazza Velasca, 5; 
    Contro l'Universita'  degli  Studi  di  Milano  ed  il  Ministero
dell'istruzione, dell'universita' e della  ricerca,  in  persona  dei
rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e  difesi
dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Milano, presso  la  quale
domiciliano in Milano, via Freguglia n. 1; 
 
                         Per l'annullamento 
 
    Con ricorso introduttivo: 
    del  provvedimento  con  cui  il  Consiglio  di   Amministrazione
dell'Universita'  degli  Studi  di  Milano  ha  deliberato   di   non
accogliere la richiesta  avanzata  dal  ricorrente  di  permanere  in
servizio per un ulteriore biennio a decorrere dal 1° novembre 2014; 
    di  tutti  gli  atti  presupposti,  consequenziali,  connessi   o
comunque collegati al predetto, ivi espressamente inclusi: 
    il  verbale  della  seduta  del  Consiglio   di   Amministrazione
dell'Universita' degli Studi di Milano in data  29  ottobre  2013  in
parte qua; 
    il provvedimento, di estremi e contenuto non  meglio  conosciuti,
con cui il Senato Accademico dell'Universita' degli Studi  di  Milano
ha «espresso in linea di massima parere favorevole  all'adozione  dei
criteri prospettati dal Consiglio di Amministrazione  ai  fini  della
valutazione delle domande di permanenza in servizio dei  docenti  per
un biennio oltre i limiti di eta' per il collocamento  a  riposo,  in
adesione ai  principi  enunciati  dalla  Corte  Costituzionale  nella
sentenza n. 83/2013» cosi' come riportato  nelle  «Comunicazioni  del
Senato Accademico» del 16 luglio 2013 pubblicate on line; 
        il  provvedimento,  di  estremi  e   contenuto   non   meglio
conosciuti, con cui il Consiglio di Amministrazione  dell'Universita'
degli Studi di Milano «ha definito  i  criteri  cui  attenersi  nelle
decisioni sulle domande di permanenza in servizio dei docenti per  un
biennio oltre i limiti di eta' per il collocamento  a  riposo»  cosi'
come riportato nelle «Comunicazioni del Consiglio di Amministrazione»
del 23 luglio 2013 pubblicate on line; 
    il verbale n. 9/2013 della seduta del Consiglio del  Dipartimento
di scienze biomediche e cliniche «Luigi Sacco» dell'Universita' degli
Studi di Milano in data 26 settembre 2013 con cui e'  stato  espresso
parere contrario all'accoglimento della richiesta  di  permanenza  in
servizio del ricorrente; 
    la  nota  prot.  34915  del  14   novembre   2013   del   Rettore
dell'Universita' degli Studi di Milano, con cui e'  stato  comunicato
al ricorrente il rigetto della istanza di permanenza in servizio e si
stabilisce il suo collocamento a riposo a decorrere dal  1°  novembre
2014; 
    Con ricorso per motivi aggiunti: 
    del decreto rettorale n. 15813  del  4  dicembre  2013,  con  cui
l'Universita' degli Studi di Milano ha  disposto  il  collocamento  a
riposo per limiti di eta' del ricorrente a decorrere dal 1°  novembre
2014; 
    del verbale del  Consiglio  di  Amministrazione  dell'Universita'
degli Studi di Milano del 23 luglio 2013 con cui sono stati  definiti
«Criteri e fini della valutazione  delle  domande  di  permanenza  in
servizio dei docenti per un biennio oltre i limiti  di  eta'  per  il
collocamento  a  riposo,  a  seguito  della  sentenza   della   Corte
Costituzionale    n.     83/2013»,     depositato     in     giudizio
dall'Amministrazione in data 8 febbraio 2014; 
    della nota dell'Universita' degli Studi di Milano prot. 25682 del
2 settembre 2013 con  cui  viene  trasmessa  al  Dipartimento  «Luigi
Sacco» la domanda di trattenimento in servizio del ricorrente per  il
rilascio  del  parere   di   competenza,   depositata   in   giudizio
dall'Amministrazione in data 8 febbraio 2014; 
    di  tutti  gli  atti  presupposti,  consequenziali,  connessi   o
comunque collegati ai predetti ivi espressamente inclusi: 
    il  verbale  della  «riunione  istruttoria»  del   Consiglio   di
Amministrazione del giorno 11 luglio 2013, di estremi e contenuto non
meglio   conosciuti   in   quanto   non   depositato   in    giudizio
dall'Amministrazione,  richiamata  nel  verbale  del   Consiglio   di
Amministrazione del 23 luglio 2013; 
    il verbale della seduta del Senato Accademico del 16 luglio 2013,
di estremi e contenuto non meglio conosciuti in quanto non depositato
in  giudizio  dall'Amministrazione,  richiamata   nel   verbale   del
Consiglio di Amministrazione del 23 luglio 2013,  in  cui  il  Senato
Accademico avrebbe condiviso «in linea  di  principio  l'orientamento
espresso dal Consiglio di Amministrazione nella riunione  istruttoria
dell'11 luglio». 
    Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; 
    Visti gli atti della causa; 
    Visti gli atti di costituzione in giudizio dell'Universita' degli
Studi di Milano e del Ministero dell'istruzione,  dell'universita'  e
della ricerca; 
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 ottobre 2014 il dott.
Diego Spampinato e uditi per le parti i  difensori  come  specificato
nel verbale; 
    Il ricorrente impugna gli atti in epigrafe, affidando il  ricorso
introduttivo ai seguenti motivi. 
      1. Violazione e falsa applicazione dell'art. 97 Cost.  e  della
circolare   del   Ministero   della   Pubblica   Amministrazione    e
dell'Innovazione n. 10 del 20 ottobre 2008; violazione dei canoni  di
imparzialita' e buon andamento dell'attivita' amministrativa.  Avendo
il ricorrente proposto domanda di trattenimento  in  servizio  il  22
maggio 2013, ed essendo stati fissati  i  criteri  dal  Consiglio  di
Amministrazione in data 23 luglio 2013, sussisterebbe violazione  del
principio generale di predeterminazione dei criteri  di  valutazione,
corollario del canone  di  imparzialita'  e  buon  andamento  di  cui
all'art. 97 Cost., e della citata circolare n. 10/2008,  con  cui  le
singole  amministrazioni  sarebbero  state   invitate   ad   adottare
preventivamente  i  criteri  per  la  valutazione  delle  domande  di
trattenimento in servizio. 
      2. Violazione del principio  tempus  regit  actum;  eccesso  di
potere per errore nei presupposti. Essendo la domanda del  ricorrente
del  22  maggio  2013,  essa  avrebbe  dovuto  -  per   effetto   del
riespandersi della situazione giuridica soggettiva  conseguente  alla
pronuncia di annullamento della Corte Costituzionale  n.  83  del  15
maggio 2013 - essere valutata sulla base dei criteri stabiliti con le
delibere del Consiglio di Amministrazione del 27 gennaio 2009  e  del
Senato Accademico del 2 dicembre 2008 e del 29 settembre 2009. 
      3. Violazione e falsa applicazione  dell'art.  16  del  decreto
legislativo n. 503/92;  eccesso  di  potere  per  irragionevolezza  e
illogicita'; difetto assoluto  di  motivazione.  I  criteri  indicati
nella delibera del Consiglio di Amministrazione del  23  luglio  2013
posti alla base  del  provvedimento  di  rigetto  sarebbero  comunque
illegittimi, essendo elusivi dell'art. 72 del D.L. n. 112/08, venendo
pretermessa  ogni  considerazione  delle  esigenze  organizzative   e
funzionali  dei  servizi  propri  dell'Amministrazione,  nonche'   la
valutazione della particolare esperienza del dipendente e  della  sua
specifica  idoneita'  a  contribuire  all'efficiente  andamento   dei
servizi; il  trattenimento  in  servizio  sarebbe  concesso  solo  ai
titolari di  finanziamenti  per  la  ricerca  da  parte  di  soggetti
internazionali ritenuti di «massimo livello». Tale  criterio  sarebbe
ingiusto e discriminante, non essendo  infatti  tutte  le  discipline
accademiche per loro natura  suscettibili  di  finanziamenti  per  la
ricerca  da  parte  di  enti  internazionali.  Il  criterio   inoltre
introdurrebbe  elementi  di  arbitrarieta',  affidando  comunque   al
Consiglio di Amministrazione il potere di qualificare o meno ente  di
«massimo  livello»  l'agenzia  finanziatrice.  Inoltre,  elementi  di
arbitrarieta' caratterizzerebbero l'ulteriore criterio  indicato  dal
Consiglio di Amministrazione, non essendo comprensibile su quale base
il  Consiglio  di  Amministrazione  riconoscerebbe  il  carattere  di
imprescindibilita' delle esigenze didattiche ovvero attribuirebbe  la
qualifica di strategico e irrinunciabile ad un settore scientifico. 
      4. Eccesso di potere per difetto di istruttoria ed  errore  nei
presupposti; difetto di  motivazione.  Il  provvedimento  di  rigetto
sarebbe errato in diverse  sue  parti;  in  particolare:  a)  laddove
affermerebbe che il ricorrente svolge un monte  ore  di  insegnamento
pari  a  30  ore,  non  tenendo  conto  del   monte   ore   destinato
all'insegnamento  nella  Scuola  di  specializzazione  aggregata;  b)
laddove opererebbe - ai fini della valutazione se l'organico  sia  in
grado di garantire il funzionamento dei corsi e dei servizi propri di
chirurgia vascolare nel caso di mancato trattenimento in servizio  di
un docente della specifica materia - una  ricognizione  dell'organico
del settore scientifico disciplinare  Med/22  (chirurgia  vascolare),
nonche' degli altri due settori Med/21 (chirurgia toracica) e  Med/23
(chirurgia  cardiaca)  ricompresi  nel  settore   concorsuale   06/E1
(Chirurgia Cardiotoracico-polmonare); tale raggruppamento in un unico
settore  concorsuale  assolverebbe  all'esigenza  di  consentire  una
sufficiente  rotazione  di  docenti  nell'ambito  delle   commissioni
concorsuali  che  annualmente  devono  provvedere   al   conferimento
dell'abilitazione nazionale, anche  in  settori  quali  la  chirurgia
vascolare, caratterizzato da un esiguo numero di professori di I e di
II fascia; c) laddove avrebbe omesso qualsiasi valutazione in  ordine
alla  prosecuzione  del  servizio  svolto   dal   ricorrente   presso
l'Ospedale S. Carlo  Borromeo,  avendo  tale  ospedale  espressamente
chiesto all'Universita' che venisse garantita  la  continuita'  della
direzione da parte del ricorrente. 
    5. Violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 10 della legge
241/90 e dell'art. 9 del Regolamento dell'Universita' degli Studi  di
Milano recante «Norme in materia di procedimento amministrativo e  di
diritto   di   accesso   ai   documenti   amministrativi»;    mancata
comunicazione di avvio del procedimento. L'avvio del procedimento non
sarebbe  stato  comunicato   al   ricorrente,   dovendo   invece   la
comunicazione  di  avvio  del  procedimento  essere   inviata   anche
nell'ipotesi di procedimento ad iniziativa di parte. 
    6. Violazione e falsa applicazione dell'art. 10-bis  della  legge
241/90 e dell'art. 10 del Regolamento dell'Universita' degli Studi di
Milano recante «Norme in materia di procedimento amministrativo e  di
diritto di accesso cd documenti amministrativi»; omessa comunicazione
del  preavviso  di  rigetto,  violazione  del  principio  del  giusto
procedimento. Il provvedimento impugnato non sarebbe stato  preceduto
dal preavviso di rigetto, che avrebbe  consentito  al  ricorrente  di
formulare le proprie osservazioni scritte. 
      7. Violazione e falsa applicazione dell'art. 20, comma 1, e  3,
legge 241/90 e art. 11, comma  1,  del  Regolamento  dell'Universita'
degli Studi di Milano  recante  «Norme  in  materia  di  procedimento
amministrativo e di diritto di accesso ai documenti  amministrativi»;
mancato  annullamento/revoca  in  autotutela  del  silenzio   assenso
formatosi sull'istanza. Nel caso di procedimenti di autorizzazione  a
permanere in  servizio  per  un  biennio  oltre  i  limiti  di  eta',
l'allegato 1/1-I del  citato  Regolamento  stabilirebbe  in  sessanta
giorni decorrenti dalla presentazione dell'istanza il termine  finale
per  l'adozione  del  provvedimento;  l'intervenuta  formazione   del
silenzio-assenso comporterebbe quindi la consumazione del  potere  da
parte  dell'Amministrazione   di   decidere   sull'istanza,   potendo
l'Amministrazione emanare un provvedimento tardivo  di  rigetto  solo
dopo aver previamente annullato in  autotutela  il  silenzio-assenso.
Nel caso di specie, l'Universita' avrebbe adottato  il  provvedimento
finale del procedimento 176 giorni  dopo  la  data  di  presentazione
dell'istanza,   e   decorsi   116   giorni   dalla   formazione   del
silenzio-assenso,  senza  che  il  provvedimento  di  rigetto   fosse
preceduto  da  provvedimento  di  annullamento  in   autotutela   del
silenzio-assenso. 
      8. Violazione e falsa applicazione  dell'art.  16  del  decreto
legislativo  n.  503/92;  sviamento  di  potere;  travisamento  della
sentenza della Corte  Costituzionale  n.  83/2013.  L'Amministrazione
avrebbe valutato la domanda di permanenza in  servizio  non  solo  in
base ai criteri indicati per i trattenimenti in  servizio,  ma  anche
sulla base di criteri estranei all'ambito di  applicazione  dell'art.
72 del D.L. n. 112/08, quali quelli di cui agli artt.  9,  comma  31,
del D.L. n. 78/2010, e 66,  comma  13-bis,  della  legge  n.  133/08,
essendo gli eventuali  effetti  dell'accoglimento  della  domanda  di
permanenza in servizio con riguardo alle potenzialita' di  assunzione
di nuovo personale del tutto estranei ai criteri cui  il  Legislatore
avrebbe  vincolato  la   discrezionalita'   dell'amministrazione   in
materia. 
      9. Violazione del combinato disposto degli artt. 14, comma 6, e
10, comma 6, del Regolamento generale dell'Universita' degli Studi di
Milano. In data 26 settembre 2013 il Consiglio  del  Dipartimento  di
scienze biomediche e cliniche «Luigi Sacco» di Milano, cui  afferisce
il prof. Settembrini, si sarebbe  riunito  per  esprimere  il  parere
richiesto dal Consiglio d'amministrazione  per  il  trattenimento  in
servizio del ricorrente; in tale seduta il segretario  verbalizzante,
giusto verbale di seduta, risulterebbe essere stato assente, da  cio'
derivando l'impossibilita'  per  quest'ultimo  di  poter  firmare  il
verbale; dallo stesso  verbale  risulterebbe  inoltre  l'assenza  del
Direttore del Dipartimento; non si comprenderebbe  quindi  chi  abbia
verificato la presenza del numero  legale  al  momento  dell'apertura
della seduta stessa e quello al  momento  della  deliberazione  sulla
domanda del  ricorrente.  Da  cio'  discenderebbe  l'invalidita'  del
verbale e del parere ivi espresso. 
    L'Amministrazione si e' costituita, spiegando difese  in  rito  e
nel merito; in particolare, ha eccepito l'irricevibilita' del ricorso
nella   parte   in   cui   censura   la   delibera   del    Consiglio
d'amministrazione  dell'Universita'  resistente   23   luglio   2013,
trattandosi di atto immediatamente lesivo. 
    Il ricorrente ha quindi depositato  in  data  4  aprile  2014  un
ricorso per motivi aggiunti, con cui impugna gli  atti  in  epigrafe,
affidato ai seguenti motivi. 
    1. Violazione e falsa applicazione dell'art. 16, comma 1, decreto
legislativo n. 503/92, come modificato dall'art. 72, comma 7, D.L. n.
112/08, convertito dalla legge n.  133/08,  e  della  sentenza  della
Corte costituzionale  n.  83/2013;  violazione  dell'art.  97  Cost.;
violazione   dei   canoni   di   imparzialita'   e   buon   andamento
dell'attivita'  amministrativa;  eccesso  di  potere  per  sviamento,
difetto di istruttoria, errore nei  presupposti,  contraddittorieta',
motivazione perplessa. Il Consiglio di amministrazione  violerebbe  i
principi di cui alla citata sentenza  83/2013,  secondo  cui  ne'  il
risparmio di spesa, ne' il ricambio generazionale  potrebbero  essere
invocati per eludere  la  valutazione  concreta  sull'utilita'  della
permanenza in servizio della specifica professionalita'  del  docente
che  ne  fa  istanza,  ponendo  a  fondamento  dei  criteri  per   la
valutazione delle istanze di permanenza in servizio la preoccupazione
che i trattenimenti in servizio vengano ad erodere  la  capacita'  di
nuove  assunzioni  dell'Ateneo.  Cio'  si  sarebbe  riverberato   sul
procedimento di valutazione  dell'istanza  prodotta  dal  ricorrente,
rigettata in assenza di una valutazione concreta sia delle  obiettive
esigenze connesse all'insegnamento della  chirurgia  vascolare  e  al
relativo reparto, sia della caratura professionale del ricorrente  in
relazione a  dette  esigenze  e  alle  possibilita'  concrete  di  un
tempestivo avvicendamento nell'incarico. 
    2.  Eccesso  di  potere  per  difetto  assoluto  di  motivazione,
illogicita' e irragionevolezza. Nel verbale del  23  luglio  2013  si
leggerebbe che le domande  di  permanenza  in  servizio  dei  docenti
sarebbero state valutate «in coerenza con i principi enunciati  dalla
Corte Costituzionale», e che i parametri  valutativi  indicati  dalla
Corte Costituzionale «non possono non costituire il metro di giudizio
fondamentale ed esclusivo», mentre nel provvedimento di rigetto della
domanda di trattenimento in servizio del ricorrente  non  vi  sarebbe
alcun elemento afferente la ponderazione dei criteri  indicati  dalla
Corte costituzionale. 
    3. Violazione e falsa applicazione dell'art. 16, comma 1, decreto
legislativo n. 503/92, come modificato dall'art. 72, comma 7, D.L. n.
112/08 convertito dalla legge  n.  133/08;  elusione  della  sentenza
della Corte costituzionale n. 83/2013; violazione dell'art. 97 Cost.;
violazione   dei   canoni   di   imparzialita'   e   buon   andamento
dell'attivita'  amministrativa;  eccesso  di  potere  per  sviamento,
difetto di istruttoria, errore nei  presupposti,  contraddittorieta',
motivazione   perplessa.   Premesso   che,    successivamente    alla
proposizione del ricorso introduttivo, e precisamente il  20  gennaio
2014, il ricorrente avrebbe ricevuto  comunicazione  dall'Universita'
che con decreto rettorale n. 15813 del  4  dicembre  2013  era  stato
disposto il suo collocamento a riposo a  decorrere  dal  1°  novembre
2014, diretta conseguenza del  provvedimento  di  rigetto  della  sua
domanda di permanenza in servizio del 29 ottobre 2013, gia' impugnato
con il ricorso introduttivo, il ricorrente con il ricorso per  motivi
aggiunti impugna anche  tale  provvedimento,  unitamente  agli  altri
citati in epigrafe, per i medesimi vizi enunciati nei presenti motivi
aggiunti, nonche' nel ricorso introduttivo, cui fa espresso rinvio  e
che in sede di motivi aggiunti intende integralmente riproposti. 
    A tenore del verbale di udienza, alla  camera  di  consiglio  del
giorno  11  febbraio  2014  «...  parte  ricorrente   rinuncia   alla
sospensiva e  chiede  un'invio  al  merito  a  breve.  Il  Presidente
accoglie e rinvia la discussione della causa all'Udienza Pubblica del
4 novembre 2014 ...»; quindi, con  istanza  depositata  il  4  aprile
2014, ha chiesto l'anticipazione dell'udienza pubblica, che e'  stata
concessa con decreto presidenziale 23 aprile 2014,  n.  347,  che  ha
anticipato l'udienza al 7 ottobre 2014. 
    Con memoria depositata il 22 luglio  2014,  parte  ricorrente  ha
posto  la  necessita'  di   sollevare   questione   di   legittimita'
costituzionale nei confronti dell'art. 1 del D.L., 24 giugno 2014, n.
90, che al comma 1 abroga del tutto l'istituto dei  trattenimenti  in
servizio, dettando poi al comma 2 una  disciplina  transitoria,  cio'
che implicherebbe una pronuncia di improcedibilita' dei  ricorsi  per
sopravvenuta carenza di interesse. 
    L'Avvocatura  dello  Stato  ha  in  proposito  eccepito  che   la
questione di legittimita'  costituzionale  sarebbe  irrilevante,  sia
perche' oggetto del giudizio non sarebbe  una  proroga,  ma  solo  la
valutazione circa la legittimita'  o  meno  di  un  provvedimento  di
diniego  precedente,  sia  perche'  il   ricorso   sarebbe   comunque
infondato. 
    All'udienza pubblica  del  7  ottobre  2014  la  causa  e'  stata
trattata e trattenuta per la decisione. 
    In tale sede, parte ricorrente  ha  chiesto  la  decisione  della
domanda cautelare nonche' la decisione nel merito del ricorso. 
    Con ordinanza 8 ottobre 2014, n. 1319, questa  Sezione  III  «...
Ritenuto:  -  che,  in  disparte   ogni   considerazione   circa   la
compatibilita' dell'istituto del rinvio al merito con le  ragioni  di
urgenza che caratterizzano la fase cautelare  e  circa  l'assenza  di
tale istituto nel codice del processo amministrativo, risulta che  la
domanda cautelare e' stata rinunciata alla camera  di  consiglio  del
giorno 11 febbraio 2014, e che quindi non vi e'  luogo  a  provvedere
circa la domanda formulata in sede di camera di consiglio del  giorno
7 ottobre 2014 ...», ha  dichiarato  non  luogo  a  provvedere  sulla
richiesta, formulata alla udienza pubblica del giorno 7 ottobre 2014,
di decisione della domanda cautelare. 
    Tanto  premesso,  preliminarmente,  occorre  dare   conto   della
eccezione di irricevibilita' del ricorso  introduttivo  in  relazione
alle censure spiegate nei confronti della delibera del  Consiglio  di
Amministrazione  del  23  luglio  2013,   formulata   dall'Avvocatura
erariale con la memoria depositata in data  8  febbraio  2014  (pagg.
4-5). 
    Tale eccezione, in quanto afferente una  questione  pregiudiziale
prescindente  dal  merito  della  vicenda,   deve   essere   valutata
preliminarmente al merito, ivi compresa la prospettata  questione  di
legittimita' costituzionale. 
    L'eccezione e' agevolmente superabile, essendo  il  provvedimento
lesivo non la  predeterminazione  dei  criteri  cui  attenersi  nelle
decisioni «... delle domande di permanenza in  servizio  dei  docenti
per un biennio oltre i limiti di eta' per il  collocamento  a  riposo
...», operata con la citata  delibera  del  23  luglio  2013,  ma  il
diniego del trattenimento in servizio  deliberato  dal  Consiglio  di
Amministrazione  il  29  ottobre  2013,  che  di  quei   criteri   fa
applicazione. 
    Conseguentemente,  essendo  stato  il  diniego   reso   noto   al
ricorrente  mediante  comunicazione  dell'Universita'  resistente  n.
prot. 34915 del 14 novembre 2013, il ricorso introduttivo, notificato
in data 30 dicembre 2013 e depositato il  21  gennaio  2014,  risulta
tempestivo. 
    Per quanto riguarda invece la decisione nel merito  del  ricorso,
il  Collegio  ritiene  che  debba  essere  sollevata   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1, del D.L. 24  giugno
2014, n. 90, convertito in legge, senza modificazioni  del  comma  di
cui si tratta, con legge 11 agosto 2014, n. 114. 
    Innanzitutto, non e' condivisibile l'eccezione  della  Avvocatura
dello  Stato  circa  l'irrilevanza  della  questione  ai  fini  della
decisione del presente giudizio, atteso che la norma prospettata come
incostituzionale rileverebbe con riferimento alla  sussistenza  della
possibilita'  giuridica  del  ricorso  che,  in   quanto   condizione
dell'azione, deve essere delibata precedentemente al merito. 
    Dispone infatti in proposito l'art. 276 cpc, comma 2,  richiamato
dall'art. 76, comma 4, cpa: «Il  collegio,  sotto  la  direzione  del
presidente, decide gradatamente le questioni  pregiudiziali  proposte
dalle parti o rilevabili d'ufficio e quindi il  merito  della  causa»
(in tal senso, pacificamente, anche la giurisprudenza:  ex  plurimis,
Cons. Stato, AP, sentenze 25 febbraio 2014, n. 9, e 7 aprile 2011, n.
4; Cons. Stato, Sez. III, 7 aprile 2014, n. 1634). 
    E che l'art. 1 del D.L.  n.  90/2014  incida  sulla  possibilita'
giuridica dell'azione non e' in dubbio, anche alla luce della recente
giurisprudenza dell'Adunanza Plenaria secondo cui  «...  l'azione  di
annullamento davanti al giudice amministrativo e'  soggetta  -  sulla
falsariga del processo civile - a tre  condizioni  fondamentali  che,
valutate in astratto con riferimento alla causa petendi della domanda
e non secundum eventum litis,  devono  sussistere  al  momento  della
proposizione  della  domanda  e  permanere  fino  al  momento   della
decisione; tali  condizioni  sono:  I)  c.d.  titolo  o  possibilita'
giuridica dell'azione -  cioe'  la  situazione  giuridica  soggettiva
qualificata in astratto da una norma, ovvero,  come  altri  dice,  la
legittimazione  a  ricorrere  discendente  dalla  speciale  posizione
qualificata del soggetto che  lo  distingue  dal  quisque  de  populo
rispetto all'esercizio del potere amministrativo -;  II)  l'interesse
ad agire ex art. 100 c.p.c. (o interesse al ricorso,  nel  linguaggio
corrente del processo amministrativo); III) la legitimatio ad  causam
(o legittimazione attiva/passiva,  discendente  dall'affermazione  di
colui che agisce/ resiste in giudizio di essere titolare del rapporto
controverso dal lato attivo  o  passivo)...»  (Cons.  Stato,  AP,  25
febbraio 2014, n. 9). 
    Infatti, l'art. 1, comma 1,  del  D.L.  n.  90/2014,  elimina  in
radice   l'istituto   del   trattenimento   in   servizio    mediante
l'abrogazione dell'art. 16 del decreto legislativo 30 dicembre  1992,
n. 503, dell'articolo 72, commi 8, 9, 10, del D.L. 25 giugno 2008, n.
112, e dell'articolo 9, comma 31, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78. 
    L'abrogazione  della  norma  che  istituisce   e   qualifica   la
situazione  giuridica  soggettiva  del  ricorrente,  quindi,  farebbe
venire meno la possibilita' giuridica dell'azione. 
    Venendo meno  la  norma  istitutiva  della  situazione  giuridica
soggettiva, nemmeno  si  puo'  porre  una  questione  di  difetto  di
interesse eventualmente determinato dalla  infondatezza  del  ricorso
nel merito. 
    Infatti  -  se  pure,  seguendo   la   logica   della   eccezione
dell'Avvocatura  dello  Stato,  l'infondatezza   nel   merito   della
questione sottoposta al  Giudice  potesse,  in  ipotesi,  determinare
l'irrilevanza della questione di  legittimita'  costituzionale  -  la
mancanza  della  norma  che  istituisce  e  qualifica  la   posizione
giuridica  soggettiva  fa  venire  meno  in  radice  ogni   parametro
giuridico per la decisione nel merito, a cui - conseguentemente - non
si potrebbe comunque giungere, residuando cosi' spazio solo  per  una
pronuncia in rito di improcedibilita'  per  sopravvenuta  carenza  di
interesse. 
    Cosi' positivamente delibata  la  rilevanza  della  questione  di
legittimita'  costituzionale  proposta,  il   Collegio   passa   alla
delibazione di non manifesta infondatezza della questione. 
    Parte ricorrente deduce la violazione  dell'art.  3  e  dell'art.
117, comma 1, Cost., sul presupposto che l'art. 1, comma 1, del  D.L.
90/2014 non  avrebbe  previsto  alcuna  distinzione  fra  coloro  che
avevano maturato il diritto a presentare domanda di trattenimento  in
servizio da tutti gli  altri  dipendenti  pubblici,  cio'  integrando
disparita' di trattamento  e  violazione  del  principio,  interno  e
comunitario,  del  legittimo  affidamento  e  del  principio'   della
sicurezza giuridica. 
    Deduce altresi' lesione del principio del legittimo affidamento e
della certezza del diritto, in quanto l'abrogazione dell'istituto del
trattenimento in servizio sarebbe il frutto di una scelta legislativa
«... improvvisa e arbitraria ...». 
    Il principio della certezza del diritto,  ed  il  suo  corollario
inerente la tutela del  legittimo  affidamento,  in  quanto  principi
generali dell'ordinamento comunitario, imporrebbero che una normativa
che comporti conseguenze svantaggiose per i privati  fosse  chiara  e
precisa  e  che  la  sua  applicazione  fosse  prevedibile  per   gli
amministrati (sentenza CGE 12 dicembre  2013  nella  causa  C-362/12,
punto 44; sentenza CGE 7 giugno 2005 nella causa C-17/03, punto  80),
mentre, nel caso in esame, l'abrogazione  dell'art.  16  del  decreto
legislativo  n.  503/92  sarebbe  avvenuta  in  maniera   del   tutto
improvvisa  ed  arbitraria,  e  senza  che  si  tenessero  in  dovuta
considerazione situazioni particolari, come quella del ricorrente, in
cui si sarebbe fatto legittimo  affidamento  sull'accoglimento  della
propria domanda di permanenza in servizio.  Cio'  sarebbe  comprovato
dalla circostanza che l'abrogazione e' intervenuta per  mezzo  di  un
decreto legge. 
    A seguire, parte ricorrente deduce la violazione dell'art.  97  e
dell'art. 33, comma 6, Cost. 
    L'art. 1 del D.L. n. 90/2014 sarebbe norma espressamente  diretta
a favorire il ricambio generazionale nelle pubbliche  amministrazioni
che, a sua volta, sarebbe «misura urgente» per garantire e realizzare
l'efficienza  dell'Amministrazione.  L'efficienza   delle   pubbliche
amministrazioni passerebbe  quindi,  nell'impostazione  della  norma,
necessariamente attraverso un  generale  ricambio  generazionale  dei
dipendenti  pubblici,  trascurando   pero'   le   ripercussioni   che
potrebbero derivarne sui principi del buon andamento  della  pubblica
amministrazione (art. 97 Cost.) e, nel caso di specie, trattandosi di
docente  universitario,  della  tutela  dell'autonomia  universitaria
(art. 33, comma 6 Cost.). 
    Non  si   sarebbe   infatti   tenuto   conto   dell'esigenza   di
bilanciamento  fra  la   necessita'   di   assicurare   il   ricambio
generazionale all'interno  dell'Amministrazione  con  l'obiettivo  di
garantirne il buon andamento. Da cio' argomentando, parte  ricorrente
deduce anche violazione  del  principio  di  ragionevolezza,  di  cui
l'art. 3 Cost. costituirebbe espressione, in  quanto  sacrificherebbe
le legittime aspettative dei dipendenti pubblici ad essere trattenuti
in servizio senza  che  cio'  sia  sorretto  da  una  valida  ragione
giustificatrice e senza bilanciare tale esigenza  con  l'esigenza  di
assicurare  il  rispetto   del   buon   andamento   delle   pubbliche
amministrazioni. 
    Parte ricorrente deduce inoltre violazione dell'art. 77, comma 2,
Cost. La norma sarebbe stata adottata in assenza dei  presupposti  di
straordinarieta', necessita' ed urgenza di provvedere. 
    Premesso  che  la  prospettazione  di  parte  ricorrente  non  e'
condivisibile in relazione alla dedotta  disparita'  di  trattamento,
atteso che non appare ricorrere  l'identita'  di  situazioni  che  la
giurisprudenza della Corte costituzionale  postula  come  presupposto
per la  violazione  dell'art.  3  Cost.  (ex  plurimis,  sentenza  12
novembre 2004, n. 340), la questione di  legittimita'  costituzionale
non appare manifestamente infondata, secondo  quanto  a  seguire,  in
relazione ad altri profili. 
    Innanzitutto   la   disposizione   viola    li    principio    di
ragionevolezza, che trova fonte  costituzionale  nell'art.  3  Cost.,
quello    di    affidamento,    quello     del     buon     andamento
dell'Amministrazione,  di   cui   all'art.   97   Cost.,   e   quello
dell'autonomia delle Universita', di cui all'art. 33, comma 6, Cost. 
    Con sentenza 9 maggio 2013, n. 83,  il  Giudice  delle  leggi  ha
dichiarato l'illegittimita'  costituzionale  dell'articolo  25  della
legge 30 dicembre 2010, n. 240, rubricato Collocamento a  riposo  dei
professori  e  dei  ricercatori,  che  stabiliva   l'inapplicabilita'
dell'art. 16 del decreto legislativo 30  dicembre  1992,  n.  503,  a
professori e ricercatori universitari, per: a) irragionevolezza della
norma; b) disparita' di trattamento. 
    Con riferimento al primo di tali profili, la Corte  ha  affermato
che: 
      «... il legislatore ben puo' emanare disposizioni che vengano a
modificare in senso sfavorevole per gli interessati la disciplina dei
rapporti di durata, anche se l'oggetto di questi  sia  costituito  da
diritti  soggettivi  perfetti,  unica  condizione  essendo  che  tali
disposizioni  «non  trasmodino   in   un   regolamento   irrazionale,
frustrando, con riguardo a situazioni sostanziali fondate sulle leggi
precedenti, l'affidamento dei cittadini nella sicurezza giuridica, da
intendersi  quale  elemento  fondamentale  dello  Stato  di  diritto»
(sentenze n. 166 del 2012, n. 302 del 2010, n. 236 e n. 206 del  2009
...»; 
      «...  la  norma  de  qua  non  puo'   trovare   giustificazione
sull'interesse al ricambio generazionale del personale  docente,  del
pari  invocato  dalla  difesa  dello  Stato.  Al  riguardo,  si  deve
osservare che,  senza  dubbio,  rientra  nella  discrezionalita'  del
legislatore  l'obiettivo  di  favorire  il   ricambio   generazionale
nell'ambito dell'istruzione universitaria. Tuttavia,  filmo  restando
in via generale tale principio, e' pur vero che il  perseguimento  di
questo obiettivo deve essere bilanciato con l'esigenza, a  sua  volta
riconducibile al buon andamento dell'amministrazione e percio'  nello
schema del citato art. 97 Cost., di mantenere in servizio -  peraltro
per un arco di tempo limitato - docenti in grado di dare un  positivo
contributo per la particolare esperienza professionale  acquisita  in
determinati  o  specifici  settori  ed  in  funzione  dell'efficiente
andamento dei servizi. In questo quadro si colloca disposto dell'art.
16, comma 1, del decreto legislativo  n.  503  del  1992,  nel  testo
modificato dall'art. 72, comma 7, del  d.l.  n.  112  del  2008,  poi
convertito dalla legge n. 133 del 2008.  Detta  norma  realizza,  per
l'appunto, il suddetto bilanciamento,  affidando  all'amministrazione
la facolta' di accogliere o no la richiesta del dipendente,  in  base
alle proprie esigenze organizzative e funzionali e secondo i  criteri
nella norma medesima indicati ...». 
    La Corte costituzionale ha quindi ritenuto irragionevole la norma
che escludeva i  soli  docenti  universitari  dalla  possibilita'  di
fruire del trattenimento in  servizio  sia  sotto  il  profilo  della
violazione dell'affidamento, sia sotto il profilo della insufficienza
della esigenza di realizzazione di un  ricambio  generazionale  quale
sua unica ratio. 
    Con riguardo a tale ultimo punto, peraltro, proprio l'affidamento
alla valutazione discrezionale dell'Amministrazione della facolta' di
accogliere o no la richiesta del dipendente,  in  base  alle  proprie
esigenze organizzative e funzionali e secondo i criteri normativi, e'
stato individuato quale punto di equilibrio fra «...  l'obiettivo  di
favorire  il  ricambio  generazionale   nell'ambito   dell'istruzione
universitaria ...» e «... l'esigenza, a sua  volta  riconducibile  al
buon andamento dell'amministrazione e percio' nello schema del citato
art. 97 Cost., di mantenere in servizio - peraltro  per  un  arco  di
tempo limitato - docenti in grado di dare un positivo contributo  per
la particolare esperienza professionale acquisita  in  determinati  o
specifici  settori  ed  in  funzione  dell'efficiente  andamento  dei
servizi ...». 
    Ora, non e' in dubbio  che  la  disposizione  di  cui  si  tratta
persegua esclusivamente l'obiettivo del  ricambio  generazionale  del
personale delle pubbliche amministrazioni. 
    L'art. 1  e'  infatti  rubricato  Disposizioni  per  il  ricambio
generazionale nelle pubbliche amministrazioni,  ed  e'  inserito  nel
Capo I, Misure urgenti in materia di lavoro pubblico, del  Titolo  I,
Misure  urgenti  per  l'efficienza  della  p.a.  e  per  il  sostegno
dell'occupazione. 
    Anche l'esame dei lavori preparatori conferma che la ratio  della
norma sia quella del ricambio generazionale. 
    Nella relazione all'Atto Camera n. 2486, recante  Conversione  in
legge del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante misure ingenti
per  la  semplificazione  e  la  trasparenza  amministrativa  e   per
l'efficienza degli uffici giudiziari,  si  legge  infatti  che:  «...
L'articolo  1  (Disposizioni  per  il  ricambio  generazionale  nelle
pubbliche  amministrazioni),  al  comma  1,  introduce   una   regola
generale, riguardante tutte le categorie del  pubblico  impiego,  del
collocamento a riposo al raggiungimento dei limiti di eta', abrogando
le disposizioni che consentono il trattenimento in  servizio  per  un
biennio e per i magistrati fino al compimento del  settantacinquesimo
anno di eta'. La disposizione e' finalizzata a favorire  il  ricambio
generazionale in un momento di crisi del sistema  economico  nel  suo
complesso e di blocco delle assunzioni. Pur non essendo  un  fenomeno
di grande rilevanza in termini quantitativi, l'istituto che si abroga
ha lo svantaggio, sotto  il  profilo  qualitativo,  di  non  favorire
politiche di ricambio  generazionale  per  le  seguenti  ragioni:  1)
aumenta la gia' elevata eta' media dei dipendenti pubblici in  quanto
coloro che normalmente potrebbero essere collocati  in  pensione  per
raggiunti limiti di eta' possono restare in servizio  per  altri  due
anni arrivando a lavorare fino a 67 o 68 anni, a seconda  della  data
di maturazione  del  requisito  pensionistico;  2)  non  consente  di
realizzare risparmi da cessazione che, in  relazione  al  regime  del
turn over; alimentano il budget spendibile per nuove munizioni; 3) e'
considerato dalla normativa vigente alla stessa stregua di una  nuova
assunzione, con la conseguenza che per finanziarlo vengono  distratte
le risorse assunzionali  che  potrebbero  essere  meglio  finalizzate
all'assunzione di giovani.  Quanto  evidenziato  ai  punti  2)  e  3)
consente di comprendere meglio il  doppio  effetto  negativo  che  il
trattenimento  in  servizio  determina  rispetto  alle  politiche  di
ringiovanimento della pubblica amministrazione ...». 
    A fortiori, tale ratio  appare  confermata  anche  dal  contenuto
della relazione tecnica che, con riferimento alle misure  di  cui  al
comma 1, prevede maggiori oneri per il bilancio pubblico. 
    Si legge infatti nella relazione tecnica: «... Tenuto  conto  del
regime transitorio previsto, differente per le tipologie di  soggetti
in esame, e dello stratificarsi delle successive  generazioni,  dalla
disposizione conseguono  i  seguenti  maggiori  oneri  ...»;  a  tale
passaggio fanno seguito le tabelle sugli effetti lordi e  netti  fino
al 2018, che prevedono un aumento degli oneri - complessivamente  nel
periodo - di 669 milioni di euro al lordo e di 467,3 milioni di  euro
al netto. 
    La relazione tecnica prosegue dopo le  tabelle  affermando:  «...
Dopo l'anno 2018 gli  oneri  mostrano  un  andamento  decrescente  in
particolare per il progressivo venir meno dell'impatto in termini  di
maggiori erogazioni per anticipo delle liquidazioni  per  trattamenti
di fine  servizio...»,  senza  pero'  quantificare  questo  andamento
discendente ne' allegare tabelle a  supporto  (le  tabelle  contenute
nella relazione tecnica  si  fermano  al  2018);  trattandosi  di  un
andamento discendente di maggiori oneri, se ne deduce  comunque  che,
pur essendo in linea di tendenziale riduzione, anche dopo il 2018  vi
saranno comunque maggiori oneri rispetto alla  situazione  anteriore,
senza che risulti specificato ne' fino a quando vi  saranno  maggiori
oneri ne' la loro quantificazione. 
    Quindi, non determinando un risparmio di spesa, ed  anzi  essendo
fonte di maggiori oneri, il comma 1 non puo'  trovare  ragioni  nella
esigenza di tutela del bilancio. 
    La disposizione viola poi l'art. 77, comma 2, Cost,  per  carenza
dei presupposti di straordinarieta', necessita' ed urgenza. 
    In proposito la Corte costituzionale,  nel  solco  di  precedente
giurisprudenza, ha avuto modo di affermare che «...  la  preesistenza
di una situazione di fatto comportante la necessita' e  l'urgenza  di
provvedere tramite  l'utilizzazione  di  uno  strumento  eccezionale,
quale  il  decreto-legge,  costituisce  un  requisito  di   validita'
costituzionale  dell'adozione  del  predetto  atto,   di   modo   che
l'eventuale evidente mancanza di quel presupposto configura in  primo
luogo un vizio di illegittimita' costituzionale del decreto-legge che
risulti   adottato    al    di    fuori    dell'ambito    applicativo
costituzionalmente previsto ...» (Corte cost.,  30  aprile  2008,  n.
128), precisando anche che il difetto dei presupposti di legittimita'
della   decretazione   d'urgenza,   in   sede   di    scrutinio    di
costituzionalita' deve risultare evidente,  e  che  tale  difetto  di
presupposti, una volta intervenuta la conversione, si traduce  in  un
vizio  in  procedendo  della  relativa  legge,  con  cio'  escludendo
l'eventuale efficacia sanante di quest'ultima. 
    Applicando l'insegnamento  della  Corte  costituzionale,  occorre
verificare, alla stregua degli indici intrinseci ed estrinseci  della
norma censurata, se nel caso di specie risulti  evidente  la  carenza
del  requisito  della  straordinarieta'  del  caso  di  necessita'  e
d'urgenza di provvedere. L'epigrafe del decreto  reca  l'intestazione
«Misure   ingenti   per   la   semplificazione   e   la   trasparenza
amministrativa e per l'efficienza  degli  uffici  giudiziari»  ed  il
preambolo e' cosi' testualmente formulato: «Ritenuta la straordinaria
necessita' e urgenza di emanare disposizioni volte a favorire la piu'
razionale  utilizzazione  dei  dipendenti  pubblici,   a   realizzare
interventi  di  semplificazione  dell'organizzazione   amministrativa
dello Stato e degli enti pubblici e ad introdurre ulteriori misure di
semplificazione per  l'accesso  dei  cittadini  e  delle  imprese  ai
servizi della pubblica  amministrazione;  Ritenuta  la  straordinaria
necessita' ed urgenza di introdurre disposizioni volte a garantire un
miglior livello di  certezza  giuridica,  correttezza  e  trasparenza
delle  procedure  nei  lavori  pubblici,  anche  con  riferimento  al
completamento dei lavori e delle  opere  necessarie  a  garantire  lo
svolgimento dell'evento Expo 2015; Ritenuta altresi' la straordinaria
necessita'  ed  urgenza  di  emanare  disposizioni  per  l'efficiente
informatizzazione del processo civile,  amministrativo,  contabile  e
tributario,  nonche'  misure  per   l'organizzazione   degli   uffici
giudiziari, al fine di assicurare la ragionevole durata del  processo
attraverso l'innovazione dei modelli organizzativi e il piu' efficace
impiego delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione». 
    Nessun  collegamento  e'  ravvisabile  tra  tali  premesse  e  la
previsione di cui si prospetta l'illegittimita' costituzionale. 
    Il secondo ed il terzo paragrafo del preambolo fanno  riferimento
ad ambiti che con la norma di cui si tratta non hanno  manifestamente
niente a che vedere, essendo riferiti il secondo ai  lavori  pubblici
ed il  terzo  all'organizzazione  degli  uffici  giudiziari  ed  alla
informatizzazione del processo. 
    Nemmeno il primo paragrafo risulta avere qualche attinenza con la
norma in questione. 
    Come gia' evidenziato, l'art. 1, comma 1, e' norma  che  persegue
esclusivamente l'obiettivo del ricambio generazionale nelle pubbliche
amministrazioni,  come  desumibile,  oltre  che  dal   tenore   della
disposizione, anche dalla rubrica dell'art. 1, dalla sua collocazione
nell'ambito del decreto legge, e dai lavori preparatori. 
    Da un  punto  di  vista  formale  (in  disparte  la  formulazione
tautologica del primo paragrafo, che lo riduce ad una  mera  clausola
di stile, di fatto impedendo il controllo giurisdizionale della Corte
costituzionale sulle ragioni di necessita' ed urgenza), nessuna delle
ragioni giustificative della straordinaria necessita' ed  urgenza  di
provvedere evidenziate  nel  preambolo  fa  riferimento  al  sostegno
dell'occupazione,   al   lavoro   giovanile   ovvero   al    ricambio
generazionale nell'ambito del pubblico impiego. 
    E nemmeno si puo' ritenere che le misure di cui all'art. 1, comma
1, del decreto legge possano avere una qualche attinenza con «la piu'
razionale utilizzazione dei dipendenti pubblici», «la semplificazione
dell'organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici»
o con «la semplificazione per l'accesso dei cittadini e delle imprese
ai servizi  della  pubblica  amministrazione»,  ambiti  evidentemente
afferenti l'efficienza dell'Amministrazione. 
    Infatti, con la citata sentenza  83/2013,  come  gia'  visto,  la
Corte ha avuto modo di precisare che una norma la cui unica ratio sia
da  ricondurre  alla  esigenza  di  realizzazione  di   un   ricambio
generazionale sia illegittima dal momento che  «... perseguimento  di
questo obiettivo deve essere bilanciato con l'esigenza, a  sua  volta
riconducibile al buon andamento dell'amministrazione e percio'  nello
schema del citato art. 97 Cost., di mantenere in servizio -  peraltro
per un arco di tempo limitato - docenti in grado di dare un  positivo
contributo per la particolare esperienza professionale  acquisita  in
determinati  o  specifici settori  ed  in  funzione   dell'efficiente
andamento dei servizi ...». 
    L'efficienza  dell'Amministrazione,   riconducibile   a   livello
costituzionale al citato art. 97, non puo' quindi  essere  perseguita
con  una  norma  che  faccia  venire  meno  il  punto  di  equilibrio
individuato dalla Corte costituzionale  a  tutela  proprio  del  buon
andamento dell'Amministrazione. 
    Ne consegue che in nessuna parte del  preambolo  sia  dato  conto
delle ragioni di necessita' ed urgenza che imponevano l'adozione -  a
mezzo di decreto legge - della norma di cui all'art. 1, comma 1. 
    E' certamente nella facolta'  del  Governo  emanare  disposizioni
urgenti volte a sostenere l'occupazione  giovanile.  Esso,  tuttavia,
avrebbe dovuto rendere  ragione  dell'esistenza  della  necessita'  e
dell'urgenza di tale intervento normativo. 
    Cio' non e' stato fatto, in violazione  dell'art.  77,  comma  2,
Cost. 
    Infine, e' il caso di evidenziare come, anche  in  considerazione
del breve lasso di tempo trascorso dalla  emanazione  della  sentenza
83/2013, che ha statuito sullo stesso ambito,  seppure  limitatamente
ai docenti universitari,  il  preambolo  del  decreto  legge  avrebbe
dovuto motivare sul punto, quantomeno proprio  relativamente  a  tale
categoria di impiego pubblico. 
    La  questione  di  legittimita'  costituzionale  non  e'   quindi
manifestamente infondata. 
    Il presente giudizio  non  puo'  conseguentemente  essere  deciso
senza sollevare  questione  di  legittimita'  costituzionale  che  il
Collegio ritiene, per quanto esposto, rilevante e non  manifestamente
infondata. Ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo  1953,  n.  87,
deve quindi essere disposta la sospensione del giudizio in corso e la
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Il Tribunale Amministrativo Regionale per la  Lombardia  (Sezione
III): 
    dichiara rilevante per la decisione del presente giudizio  e  non
manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 1, comma 1, del DL 24 giugno 2014, n.  90,  convertito  con
legge 11 agosto 2014, n. 114, per violazione degli artt. 3, 33, comma
6, 77, comma 2, e 97, Cost., secondo quanto in motivazione; 
    sospende  il  giudizio  in  corso,  riservando   ogni   ulteriore
decisione all'esito del giudizio innanzi alla Corte costituzionale; 
    dispone la trasmissione degli atti, a cura della Segreteria, alla
Corte costituzionale; 
      ordina che la presente ordinanza sia notificata, a  cura  della
Segreteria, a tutte le parti in causa ed al Presidente del  Consiglio
dei  ministri  e  che  sia  comunicata  al  Presidente   del   Senato
della Repubblica ed al Presidente della Camera dei deputati. 
    Cosi' deciso in Milano nella camera di  consiglio  del  giorno  7
ottobre 2014 con l'intervento dei magistrati: 
        Adriano Leo, Presidente 
        Antonio De Vita, Primo Referendario 
        Diego Spampinato, Primo Referendario, Estensore 
 
                                           Il presidente: Adriano Leo 
 
                                        L'estensore: Diego Spampinato