N. 31 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 agosto 2014

Ordinanza  del  12  agosto  2014  del  Tribunale   di   Trieste   nel
procedimento civile promosso da  Simeoni  Federico  ed  altri  contro
Stato italiano, Presidenza del Consiglio  dei  ministri  e  Ministero
dell'interno. 
 
Elezioni - Elezione  dei  membri  del  Parlamento  europeo  spettanti
  all'Italia - Norme speciali  di  deroga  rispetto  alla  soglia  di
  sbarramento - Limitazione alle sole minoranze  linguistiche  aventi
  uno Stato di riferimento (francese  della  Valle  d'Aosta,  tedesca
  della Provincia di Bolzano e slava  del  Friuli-Venezia  Giulia)  -
  Conseguente esclusione della minoranza friulianofona -  Lesione  di
  diritto fondamentale della persona - Violazione  del  principio  di
  uguaglianza - Lesione del principio della liberta' di voto e  della
  liberta' elettorale della predetta minoranza. 
- Legge 24 gennaio 1979,  n.  18,  come  modificata  dalla  legge  20
  febbraio 2009, n. 10, artt. 12, comma nono, 21, primo comma, nn. 1)
  e 3), e 22, commi secondo e terzo. 
- Costituzione, artt. 2, 3, 48, comma secondo, e 51, primo comma. 
(GU n.11 del 18-3-2015 )
 
                        TRIBUNALE DI TRIESTE 
                           Sezione Civile 
 
    Il Giudice, dott.ssa Anna L. Fanelli, ha pronunziato la  seguente
ordinanza ex art. 702-bis c.p.c. nel procedimento civile di I°  grado
iscritto al n. R.G. n. 1563/14 ed iniziato con ricorso depositato  il
22/05/14 da  Simeoni  Federico,  Boaro  Claudio  Antonio,  Bertolutti
Claudio, Specogna  Rinaldo,  Tribos  Fabio,  Toppano  Claudio,  Rossi
Mirco, Tasca Adriano con avv.ti on.le  L.  Besostri,  L.  Campanotto,
elettivamente dom.ti c/o avv. G. Sbisa' - parte ricorrente; 
    Contro Stato Italiano,  in  persona  del  legale  rappresentante,
Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del  Presidente  in
carica, Ministero dell'Interno, in persona del Ministro in carica con
Avvocatura  dello  Stato  -  parte  resistente,  avente  ad  oggetto:
accertamento circa esercizio diritto di voto. 
 
                                Fatto 
 
    I ricorrenti in epigrafe hanno adito questo Tribunale al fine  di
sentir accogliere le  seguenti  conclusioni:  «Piaccia  al  Tribunale
Civile di Trieste, ogni  contraria  istanza  e  deduzione  disattesa,
cosi' giudicare: previo rinvio pregiudiziale ai sensi  dell'art.  267
TFUE  alla  Corte  di  Giustizia  dell'UE  delle  questioni  relative
all'interpretazione/applicazione del diritto comunitario, avvalendosi
del procedimento pregiudiziale accelerato ai sensi dell'art. 105  del
Regolamento di procedura della Corte di Giustizia europea, cosi' come
riconosciuto dalla stessa Corte di Giustizia Europea,  con  nota  del
5.12.2009 n. C-297/01; previa rimessione alla  Corte  Costituzionale,
delle questioni incidentali di costituzionalita' che con il  presente
atto vengono dedotte in giudizio, considerata la  loro  rilevanza  ai
fini del decidere e ritenuta  la  loro  non  manifesta  infondatezza:
accertare e dichiarare il diritto dei ricorrenti  come  compiutamente
identificato nel ricorso di esercitare il  proprio  diritto  di  voto
libero, eguale, personale e diretto, e comunque a pienamente  goderne
come indisponibile e rispettata la  relativa  efficacia,  cosi'  come
attribuito e garantito  nel  suo  esercizio,  e  comunque  nella  sua
efficacia,  dalla  Costituzione  Italiana  e  dai  vigenti   Trattati
sull'Unione Europea  e  il  suo  funzionamento  e  norme  comunitarie
applicabili, anche in relazione ai principi di rango costituzionale o
paracostituzionale  propri  dell'ordinamento   di   speciale   tutela
linguistica vigente nell'ambito della Regione Autonoma Friuli Venezia
Giulia. In caso di resistenza alla domanda dei ricorrenti,  di  voler
dichiarare compensate le spese di giudizio, in quanto non  vi  e'  un
interesse privato nel suo accoglimento, ma interesse  personale  come
cittadini elettori alla regolarita' del processo elettorale.» 
    In particolare, i  ricorrenti  -  premesso  di  essere  cittadini
friulano foni (eccetto il Tasca), residenti in Comuni friulanofoni ex
art.  3  legge  n.  482/99,  nonche'   elettori   appartenenti   alla
Circoscrizione Europea II Italia Nord Orientale, come da  certificati
di iscrizione alle liste  elettorali  allegati  -  hanno  dedotto  il
proprio diritto all'esercizio del voto libero,  eguale,  personale  e
diretto per le elezioni  dei  rappresentati  italiani  al  Parlamento
Europeo «nelle forme e nei limiti previsti e garantiti dal  combinato
disposto degli articoli 1, 2, 3, 48, 49, 51, 56,  58,  e  117,  primo
comma, della Costituzione e dell'art. 3 della Convenzione Europea per
la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta'  fondamentali,
nonche' degli artt. 20, 22 , 223 e 224 TFUE, artt. 2, 6, 9, 10  e  14
TUE , Preambolo cpv 2°, artt. 10, 12, 20, 21 e 39 Carta  dei  diritti
fondamentali dell'UE, art. 1 comma 1  nn.  2),  3)  e  8),  decisione
2002/772/CE   che   modifica   l'atto   relativo   all'elezione   dei
rappresentanti al Parlamento Europeo a suffragio universale  diretto,
allegato alla decisione 76/787 CECA, CEE, Euratom e'  della  sentenza
23 aprile 1986 in  causa  294/1983  Parti  Ecologiste-Les  Verts  vs.
Parlament Europeen».  Cio',  segnatamente  denunciando  la  lesivita'
delle modifiche della legge n. 18/79 introdotte dalla legge n.  10/09
in materia di elezioni europee, e  dichiarando  quindi  di  agire  ai
sensi degli artt. 24, comma 1 e 2, e 111, comma 1 e 2, Cost., nonche'
99, 100 e 102 c.p.c.. 
    Nel costituirsi in giudizio, l'Avvocatura dello Stato ha  chiesto
rigettarsi il ricorso,  in  quanto  inammissibile  e  infondato,  fra
l'altro rilevando la  carenza  di  interesse  ad  agire  in  capo  ai
ricorrenti. 
    Sentite le parti, il Giudice si e' riservato l'ordinanza. 
    Motivi della decisione: il ricorso  e'  in  parte  fondato  e  da
accogliere, nei termini e per le ragioni che seguono. 
    Preliminarmente, puo' ritenersi rituale lo strumento adottato  ex
art. 702-bis c.p.c., in quanto avente ad  oggetto  una  questione  di
esercizio di diritti, sia pure di natura pubblica, che si assume leso
(piu' che di capacita' o  status  tali  da  implicare  il  necessario
intervento del P.M.  e  la  conseguente  competenza  collegiale),  ed
inoltre  apparendo  sussistente  ed  incontestato  il  profilo  della
competenza territoriale. 
    Inoltre, il ricorso puo'  essere  senz'altro  deciso  sulla  base
delle risultanze  documentali  gia'  in  atti,  senza  necessita'  di
specifica istruttoria. 
    Cio' premesso, va in primo luogo risolta positivamente  la  prima
questione controversa  relativa  alla  sussistenza  della  condizione
dell'azione  rappresentata  dall'interesse  ad  agire  in   capo   ai
ricorrenti. In proposito,  appaiono  invero  illuminanti  le  recenti
pronunce della Cassazione di cui alla  ordinanza  interlocutoria  dd.
21/03/13 n. 12060 e alla sentenza dd. 4/04/14 n. 8878 (prodotta dagli
istanti), dove la S.C. ha fornito risposta  affermativa  riguardo  ad
analoga ipotesi di domanda di accertamento svolta da  alcuni  singoli
elettori circa la lesione del rispettivo  diritto  all'esercizio  del
voto in modo libero, diretto e conforme  alle  previsioni  sia  della
Costituzione sia delle fonti europee, con specifico riferimento  alla
legge n. 270/05 (cd. «Porcellum»). 
    Ne' peraltro  puo'  dubitarsi  della  concretezza  ed  attualita'
dell'interesse  in  questione   stante   l'ormai   avvenuta   recente
consultazione elettorale del  maggio  2014,  posto  che  il  problema
potra' ragionevolmente riproporsi per le prossime elezioni del  2019,
salvo che non intervenga nel frattempo una modifica legislativa (allo
stato peraltro non prevedibile). 
    Vanno quindi esaminate distintamente le singole censure  proposte
(quali enucleabili dalla pur in  verita'  farraginosa  e  non  sempre
lineare narrativa del ricorso introduttivo). 
    A) Eccepita illegittimita'  dell'art.  21  comma  1  n.  3  Legge
24/01/79  n.  18,  recante  norme  sulla  «Elezione  dei  membri  del
Parlamento europeo  spettanti  all'Italia»,  siccome  poi  modificata
dalla legge 20/02/09 n. 10, in punto  assegnazione  di  seggi  al  di
fuori della Circoscrizione di riferimento a causa  del  comportamento
elettorale dei votanti in  detta  circoscrizione  (fenomeno  del  cd.
«slittamento»), un tanto costituendo  violazione  del  principio  del
«voto personale e diretto». 
    Il problema deve intendersi in realta' superato, alla luce  della
sopravvenuta abrogazione per incompatibilita' conseguente all'entrata
in vigore  della  legge  9/04/84  n.  61.  Anche  alle  elezioni  del
Parlamento Europeo  si  applica  infatti  -  come  ormai  chiaramente
affermato  dal  Consiglio  di  Stato  con  le   pronunzie   in   sede
giurisdizionale n. 2886/11 e soprattutto  con  quella  consultiva  n.
4748/13 - la stessa disciplina prevista dall'art.83 comma 1  n.8  del
D.P.R. 361/1957 in materia di elezione della Camera dei Deputati. 
    B) Illegittimita' dell'art. 21 comma 1 n. 1-bis legge  n.  18/79,
sempre come modificato  da  legge  n.  10/09,  con  riferimento  alla
prevista soglia di accesso del 4%,  che  sarebbe  incostituzionale  e
contraria alle fonti comunitarie, venendo in realta'  prevista  dalla
sola decisione 2002/772/CE, nella parte in cui introduce con l'art. 1
c. 1 n. 3) l'art. 2-bis nella decisione  76/787/CECA,  CEE,  Euratom,
che ammette la possibilita' di introdurre soglie di accesso  fino  ad
un massimo del 5% nazionale. 
    Tale  censura  e'  tuttavia  infondata,  in  proposito  ritenendo
piuttosto condivisibile quanto gia' osservato sul punto dal Tribunale
di Cagliari con l'ordinanza dd. 12/05/14, di cui si fanno quindi  qui
propri rilievi ed argomentazioni. 
    In particolare, appaiono significativi i seguenti  elementi  gia'
ivi valorizzati (e pure richiamati dall'Avvocatura dello  Stato):  I)
sul piano della stessa normativa comunitaria, l'Atto Unico firmato  a
Bruxelles il 20/09/76, che attribuisce al  legislatore  nazionale  la
facolta' di introdurre una soglia minima di sbarramento non superiore
al 5% dei  suffragi  espressi  senza  prevedere  alcun  correttivo  a
beneficio delle liste che non la raggiungono; 2) le  decisioni  della
Corte  Europea  dei  Diritti  dell'Uomo   riguardanti:   a)   ricorso
n.10226/03 Yumak e Saddak c.Turchia dd. 8/07/08  (per  cui  e'  stato
escluso che l'imposizione di una  soglia  elettorale  di  sbarramento
violi la liberta' di  espressione  dei  cittadini  e  in  particolare
l'art. 3 del Protocollo n.  1  della  Cedu);  b)  ricorso  n.11583/08
Saccomanno c. Italia dd. 13/03/12 (dove sono stati ribaditi  principi
piu' volte espressi dalla Corte nel senso che il  diritto  soggettivo
di voto di cui  all'art.3  del  Protocollo  n.1  della  Cedu  non  e'
assoluto,  potendo   essere   sottoposto   ad   alcune   «limitazioni
implicite», le  quali  sono  individuate  con  un  ampio  margine  di
discrezionalita' dagli Stati contraenti e possono avere ad oggetto  i
correttivi previsti nei  sistemi  proporzionali  per  correggere  gli
effetti negativi di  questo  tipo  di  scrutinio  ed  assicurare  una
maggiore stabilita' all'interno del Parlamento, ivi compresi i  premi
di  maggioranza  e  le  soglie  elettorali  di  sbarramento);  3)  la
pronuncia della Corte Costituzionale n.271 del 2010 dd. 8/07/10,  con
la  quale  e'  stata  dichiarata  inammissibile   la   questione   di
legittimita' dell'art. 21 comma 1  n.  2  della  legge  n.  18/79  in
riferimento agli articoli 3, 11, 48, 49, 51 e 97  della  Costituzione
nonche' agli artt. 10 del Trattato sull'Unione Europea, 10, 11, 39  e
40 della Carta dei diritti fondamentali  dell'Unione  Europea,  nella
parte in cui prevede «la soglia nazionale di  sbarramento  ...  senza
stabilire alcun correttiva, anche in sede di riparto dei  resti,  «in
particolare» non consentendo anche alle liste escluse dalla soglia di
sbarramento di partecipare all'assegnazione dei seggi attribuiti  con
il meccanismo dei resti» (piu' precisamente, ha  affermato  la  Corte
che «ove pure si ammettesse che  una  clausola  di  sbarramento,  che
estrometta del lutto dall'attribuzione dei seggi le  liste  sotto  il
4%,  senza  alcun  correttivo,  sia  in  contrasto  con  i  parametri
costituzionali indicati dal collegio  rimettente,  va  osservato  che
quest'ultimo domanda  una  pronuncia  additiva.  Il  giudice  a  quo,
infatti, chiede a questa Corte di introdurre un meccanismo diretto ad
attenuare gli effetti della soglia di  sbarramento,  consistente  nel
concedere alle liste che non l'abbiamo superata  la  possibilita'  di
partecipare, con le rispettive cifre  elettorali,  all'aggiudicazione
dei seggi distribuiti in base ai resti. Ma tale attenuazione  non  ha
una  soluzione  costituzionalmente  obbligata,  potendosi  immaginare
numerosi correttivi volti a temperare gli  effetti  della  soglia  di
sbarramento, a  partire  dalla  riduzione  della  soglia  stessa.  Ne
deriva, secondo la costante giurisprudenza di questa  corte,  che  la
questione sollevata sollecitando l'intervento additivo in assenza  di
una   soluzione   costituzionalmente   obbligata    deve    ritenersi
inammissibile ...»); 4)  la  decisione  del  Consiglio  di  Stato  n.
4786/11 dd. 16/08/11, circa l'interpretazione  da  dare  all'art.  21
comma 1 n. 2 legge n. 18/79, secondo cui la clausola  di  sbarramento
«non collide con le coordinate costituzionali in quanto  persegue  la
ragionevole finalita' di evitare una eccessiva  frammentazione  della
rappresentanza  parlamentare  attraverso  l'esclusione  delle   forze
politiche che non dimostrino sul campo  il  possesso  di  un'adeguata
rappresentativita'  ...  meccanismo  che  neppure  collide   con   la
normativa comunitaria visto  che,  al  contrario,  la  decisione  del
Consiglio 76/787/CECA, CEE, Euratom, come modificata dalla  decisione
25 giugno  2002  e  23  settembre  2002,  2002/772/CE,  riconosce  la
possibilita' ai Paesi membri  di  introdurre  una  soglia  minima  di
sbarramento per l'attribuzione dei seggi, entro il limite del 5%  dei
suffragi  validamente  espressi,  senza  prevedere  alcun   tipo   di
correttivo a beneficio delle forze politiche che non la  raggiungano.
Ne deriva che la normativa  comunitaria,  lungi  dal  considerare  il
principio di proporzionalita' incompatibile con la fissazione di  una
clausola di sbarramento, considera l'introduzione  del  quorum  quale
correttivo utile onde accrescere la stabilita' degli organi elettivi.
Si deve aggiungere che la normativa  comunitaria  non  fissa  vincoli
puntuali  agli  Stati  membri  nazionali  in  quanto   rimette   alla
discrezionalita' politica del legislatore nazionale la  scelta  circa
l'an e le modalita' di esercizio  dell'opzione.  Non  conduce  ad  un
diverso esito la  sottolineatura,  operata  in  sede  d'appello,  dei
principi di liberta',  pluralismo  e  rappresentativita'  democratica
sanciti dai Trattati di Nizza e di Lisbona, posto che  detti  cardini
ordinamentali non toccano in modo specifico la materia elettorale e',
comunque, non ostano ad una scelta normativa tesa  ci  razionalizzare
la rappresentanza parlamentare con l'introduzione di un correttivo al
principio  di  proporzionalita'  teso  scongiurare  il   rischio   di
dispersione del  voto  e  di  frammentazione  delle  forze  politiche
nazionali. Detta opzione risulta immune ai rimproveri  costituzionali
rivolti dall'appellante in quanto la democraticita' ed il  pluralismo
del sistema rappresentativo non sono lesi dalla previsione di  quorum
elettorali o di limitazione alla rappresentanza delle forze politiche
concorrenti  in  una  competizione  elettorale.  Il   sistema   della
proporzionalita' e', infatti, uno dei  possibili  sistemi  utilizzati
dal legislatore, suscettibile di deroga  mediante  temperamenti  alla
fedele  traduzione  in  seggio  dei  consensi  che   favoriscono   la
governabilita' e la razionalizzazione  del  consenso.  La  scelta  di
prevedere detta soglia di sbarramento nella misura del 4% non inficia
poi l'eguaglianza del diritto di voto ex articolo  48  Cost..  E  non
innesca una disparita' di trattamento dei candidati in contrasto  con
l'art.51 Cost.. La differenziazione operata  tra  i  candidati  e  le
liste di appartenenza non e', infatti, frutto di una  discriminazione
legislativa aprioristica ma rappresenta  la  conseguenza  fisiologica
dell'espressione della volonta' sovrana degli elettori. Alla  stregua
di dette coordinate non puo' ritenersi che il «diritto  di  tribuna»,
ossia l'assegnazione dei seggi anche ai raggruppamenti  politici  che
non  hanno  raggiunto  la  soglia  minima,  costituisca  una  pretesa
qualificata sul piano  costituzionale  o  comunitario  in  quanto  la
scelta  di  fissare  una  soglia  di   rappresentativita'   mira   al
ragionevole scopo di assicurare la presenza in Parlamento europeo  di
forze politiche che abbiano un ruolo adeguato  nel  sistema  politico
nazionale e che,  come  tali,  siano  idonee  a  concorrere  in  modo
adeguato al processo di formazione delle scelte politiche  in  ambito
europeo. Il problema del riconoscimento delle minoranze  linguistiche
al pari di ulteriori  problemi  tecnici  connessi  alla  legislazione
settoriale - quali anche i contestati effetti dello  sbarramento  con
riferimento al rimborso delle spese per le campagne elettorali -  non
possono mettere in discussione  la  scelta  legislativa  di  limitare
l'elezione alle sole liste maggiormente  rappresentative  nell'ambito
di un meccanismo elettorale in  questione  che  prevede  un  collegio
unico nazionale pur se articolalo in cinque circoscrizioni. 
    Ne' d'altronde giova in contrario il pure invocato  art.  10  del
TUE, in virtu' del quale il funzionamento dell'Unione si fonda  sulla
democrazia rappresentativa e nel Parlamento europeo sono direttamente
rappresentati i cittadini,  mentre  gli  Stati  membri  lo  sono  dal
Consiglio; principio che invero non comporta di  per  se'  pedissequo
avallo  del  sistema  proporzionale  puro  (non  temperato  cioe'  da
opportuni correttivi). 
    Idem, neanche la pronuncia dd. 9/11/11 della Corte Costituzionale
federale tedesca (che ha ritenuto  la  soglia  del  5%  contraria  ai
principi  dell'eguaglianza  nel  diritto  di  voto   e   delle   pari
opportunita' dei partiti politici)  appare  realmente  conferente  in
ordine agli assunti dei ricorrenti. 
    Ed   invero,   secondo   tale    pronuncia,    la    tradizionale
giustificazione addotta a sostegno della  legittimita'  della  soglia
minima in argomento (quale correttivo della rappresentativita'  piena
propria del sistema proporzionale puro, utile a garantire le esigenze
di stabilita', evitando altresi' una  eccessiva  frammentarieta'  dei
gruppi) sarebbe in sostanza superata, per non  essere  il  Parlamento
europeo caratterizzato dalla contrapposizione tra una maggioranza  di
governo e una opposizione, laddove il processo  di  formazione  della
volonta' parlamentare, anche quando i Trattati richiedono maggioranze
qualificate,  non  sarebbe   condizionato   dall'esistenza   di   una
maggioranza costante costituita da una stabile coalizione  di  gruppi
determinati alla quale si contrapponga una opposizione. 
    In effetti (come gia' fatto dal Tribunale di Cagliari), non  puo'
non previamente richiamarsi la sentenza  n.1  del  2014  della  Corte
Costituzionale, in  tema  di  rapporto  tra  scelte  legislative  sui
procedimenti elettorali e principi di eguaglianza del voto. Cosi', da
un  lato,  ricorda  la  Corte  che  «l'Assemblea  Costituente,   «pur
manifestando, con l'approvazione di un ordine del giorno,  il  favore
per il sistema proporzionale nell'elezione dei  membri  della  Camera
dei  deputati,  non  intese  irrigidire  questa  materia  sul   piano
normativa,  costituzionalizzando  mia  scelta  proporzionalistica   o
disponendo  formalmente  in  ordine   ai   sistemi   elettorali,   la
configurazione  dei  quali  resta  affidata  alla  legge   ordinaria»
(sentenza n.  429  del  1995).  Pertanto,  la  «determinazione  delle
formule e dei sistemi elettorali costituisce un ambito nel  quale  si
esprime con un  massimo  di  evidenza  la  politicita'  della  scelta
legislativa» (sentenza n. 242 del 2012; ordinanza n.  260  del  2002;
sentenza n. 107 del 1996). Il principio costituzionale di eguaglianza
del voto - ha inoltre rilevato questa Corte - esige  che  l'esercizio
dell'elettorato attivo avvenga in condizione di  parita',  in  quanto
«ciascun voto contribuisce potenzialmente e con pari  efficacia  alla
formazione degli organi elettivi» (sentenza n. 43 del 1961), una «non
si estende  [...]  al  risultato  concreto  della  manifestazione  di
volonta' dell'elettore che dipende [...] esclusivamente  dal  sistema
che il legislatore ordinario, non avendo la Costituzione disposto  al
riguardo, ha adottato per le elezioni politiche e amministrative,  in
relazione  alle   mutevoli   esigenze   che   si   ricollegano   alle
consultazioni popolari» (sentenza n. 43 del 1961). Non c'e', in altri
termini,  un  modello  di  sistema  elettorale  imposto  dalla  Carta
costituzionale, in quanto quest'ultima lascia  alla  discrezionalita'
del legislatore la scelta del sistema  che  ritenga  piu'  idoneo  ed
efficace in considerazione del contesto storico.».  Dall'altro  lato,
viene precisato che «In ambiti connotati da un'ampia discrezionalita'
legislativa, quale quello  in  esame,  siffatto  scrutinio  impone  a
questa Corte di  verificare  che  il  bilanciamento  degli  interessi
costituzionalmente rilevanti non sia stato realizzato  con  modalita'
tali da determinare il sacrificio o la compressione di uno di essi in
misura  eccessiva   e   pertanto   incompatibile   con   il   dettato
costituzionale. Tale giudizio deve svolgersi «attraverso ponderazioni
relative alla proporzionalita' dei mezzi  prescelti  dal  legislatore
nella  sua  insindacabile  discrezionalita'  rispetto  alle  esigenze
obiettive da soddisfare o  alle  finalita'  che  intende  perseguire,
tenuto conto delle  circostanze  e  delle  limitazioni  concretamente
sussistenti» (sentenza n. 1130 del 1988). Il test di proporzionalita'
utilizzato  da  questa  Corte  come  da  molte  delle   giurisdizioni
costituzionali europee, spesso insieme con quello di  ragionevolezza,
ed essenziale strumento della Corte di giustizia dell'Unione  europea
per  il  controllo  giurisdizionale  di   legittimita'   degli   atti
dell'Unione e degli Stati membri, richiede di valutare  se  la  norma
oggetto di scrutinio, con la misura e le  modalita'  di  applicazione
stabilite, sia necessaria e  idonea  al  conseguimento  di  obiettivi
legittimamente perseguiti, in quanto, tra  piu'  misure  appropriate,
prescriva  quella  meno  restrittiva  dei  diritti  a   confronto   e
stabilisca oneri non  sproporzionati  rispetto  al  perseguimento  di
detti obiettivi». 
    Sicche' - posto che in definitiva il principio  che  puo'  trarsi
dalla succiata pronuncia e' nel senso che intanto  una  questione  di
legittimita' costituzionale puo' ritenersi non manifesta infondata in
quanto   la   norma   incriminata   effettivamente    comporti    una
compromissione rilevante e palese di uno  degli  interessi  di  rango
costituzionale invocati - ne consegue (per dirla con  il  Giudice  di
Cagliari) che «l'argomento cardine della coerenza  dell'obiettivo  di
rilievo costituzionale, qual e' quello dell'efficienza  dei  processi
decisionali in ambito parlamentare, perseguito con lo  stabilire  una
soglia di sbarramento per i gruppi di minore rappresentativita',  non
puo' considerami essere stato  superato  in  maniera  cosi'  netta  e
definitiva  rispetto  a  tutte  le  considerazioni   che   la   Corte
Costituzionale, la Corte di Cassazione e il Consiglio di Stato  hanno
sino ad ora svolto nelle rispettive decisioni... In altri termini  la
questione di legittimita' costituzionale in esame per  non  ritenersi
manifestamente infondata dovrebbe avere ad oggetto  una  disposizione
normativa  che  sia  priva  di  giustificazione   e   che   non   sia
interpretabile  secondo  canoni  costituzionali  adeguati.   Seguendo
l'interpretazione  richiamata  deve  ritenersi  che  la   soglia   di
sbarramento  sia  costituzionalmente  legittima  quando  soddisfa   i
requisiti:  del  perseguimento  di   uno   scopo   legittimo;   della
proporzionalita' nel raggiungimento di tale scopo. Nel caso in  esame
e' ben possibile trovare una  valida  giustificazione  alla  presenza
della soglia di sbarramento in quanto lo scopo  legittimo  e'  quello
della  limitazione  della  frammentazione   partitica   ed   il   suo
perseguimento  e'  legittimo  in   quanto   non   e'   rivolto   alla
indiscriminata esclusione dei gruppi che non raggiungono  la  soglia.
E' opportuno,  al  riguardo,  evidenziare  come  nell'interpretazione
giurisprudenziale richiamata  la  legittimita'  costituzionale  della
soglia di sbarramento e' stata giustificata  con  riguardo  non  alla
sola garanzia di stabilita' del rapporto di formazione del governo da
parte  dell'organo  legislativo  ed  al  mantenimento  della  fiducia
parlamentare, ma anche - ed essenzialmente  -  con  riferimento  alla
«efficienza dei processi decisionali nell'ambito parlamentare» (Corte
Costituzionale, sentenza n.1 del  2014),  costituendo  la  soglia  di
sbarramento un «correttivo utile onde accrescere la stabilita'  degli
organi elettivi» attraverso «la presenza  in  Parlamento  europeo  di
forze politiche che abbiano un ruolo adeguato  nel  sistema  politico
nazionale e che,  come  tali,  siano  idonee  a  concorrere  in  modo
adeguato al processo di formazione delle scelte politiche  in  ambito
europeo», nonche' «a scongiurare il rischio di dispersione del  voto»
(Consiglio di Stato n.4786 del 2011). Se, dunque,  l'interesse  degno
di  tutela  che  consente  di  ritenere  costituzionalmente  corretta
l'introduzione di una soglia di sbarramento e'  rappresentato  (anche
ed essenzialmente)  dalla  efficienza  dei  processi  decisionali  in
ambito parlamentare, allora non c'e' da dubitare che tale valore  sia
stato adeguatamente tenuto in conto dal legislatore nazionale e  cio'
in  ragione  dell'esercizio  delle  funzioni  legislative  che  sotto
attribuite al Parlamento Europeo, nonche' di  quelle  riconosciute  a
tale Organo in materia di approvazione del bilancio per di piu' -  in
presenza  di  un'ampia  maggioranza  e  di  controllo   sulle   altre
Istituzioni   dell'Unione.   Esiste   nell'ordinamento    comunitario
l'esigenza di garantire nel  momento  formativo  della  volonta'  del
Parlamento europeo processi di aggregazione quanto  piu'  semplici  e
coesi. Restano, quindi, ancora del lutto valide le considerazioni che
vedono  bilanciate  le  contrapposte  esigenze  costituzionali  della
rappresentativita' del voto e dell'efficienza dei processi  firmativi
della volonta' parlamentare». 
    C) Art. 12 comma 4 legge n. 18/79, nella  parte  in  cui  prevede
l'esenzione dalla raccolta di  firme  di  presentazione  per  i  soli
partiti o  gruppi  politici  gia'  presenti  nell'arco  parlamentare,
mentre i  nuovi  soggetti  devono  raccogliere  non  meno  di  30.000
sottoscrizioni e non piu' di 35.000, per ciascuna delle regioni. 
    Anche tale doglianza e' destituita di fondamento, non potendo non
valere anche al riguardo le considerazioni gia' in precedenza esposte
circa la tipica discrezionalita' riconosciuta ai singoli Stati membri
nella regolamentazione dell'elettorato attivo e passivo, laddove  non
si ritiene che la deroga contenuta nel citato art. 12 legge n.  18/79
contenga una irragionevole o arbitraria (anche alla stregua di  Corte
Cost.  1/14  cit.)  limitazione  del  diritto  di  voto,  trattandosi
piuttosto di un opportuno e razionale «filtro idoneo ad  evitare  che
il procedimento elettorale sia  aperto  indistintamente  a  qualsiasi
soggetto che non abbia raggiunto tra  la  popolazione  un  minimo  di
aggregazione e di consenso» (diversamente da  quanto  avviene  per  i
partiti o  gruppi  gia'  presenti  in  parlamento;  v.  ancora  Trib.
Cagliari, che pure evidenzia irrilevanza in contrario della decisione
della Corte di Giustizia della Comunita' Europea dd. 23/04/86,  nella
causa Parti Ecologiste «Les Vertes» contro Parlamento Europeo). 
    D) Asserita violazione dei principi sulla parita' di genere,  per
contrasto con gli artt. 3 e 51 Cost. 
    Non si ritiene la questione fondata, ove si consideri la  recente
entrata in vigore della legge 22/04/14 n. 65, non  senza  considerare
comunque la genericita' di formulazione di eventuali residui  profili
di illegittimita', fermo altresi' il limite costituito  dall'esigenza
di non alterare forzosamente la composizione dell'assemblea  elettiva
(come rilevato anche dall'Avvocatura dello Stato). 
    E) Illegittimita' degli artt. 12 comma 8, 21 comma 1 nn. 1) e  3)
e 22 commi 2 e 3 legge n. 18/1979, come modificata da legge n. 10/09,
in quanto contenenti norme speciali e di deroga (rispetto  alla  gia'
menzionata soglia di sbarramento) riferibili solo ad alcune minoranze
linguistiche, quelle che hanno uno Stato di riferimento (e  cioe'  la
francese della Val d'Aosta, la tedesca della Provincia di  Bolzano  e
la slovena del Friuli Venezia  Giulia);  sicche'  ne  deriverebbe  un
trattamento differenziato nei confronti delle  altre  minoranze  pure
riconosciute con la legge  n.  482/1999  di  tutela  delle  minoranze
linguistiche storiche, in violazione dei principi di cui  agli  artt.
3, 48, 49 e 51 della Costituzione. 
    In proposito - mentre nessuna lesione sarebbe ravvisabile per  il
diverso trattamento di una  minoranza  linguistica  rispetto  ad  una
politica, venendo in rilievo situazioni  sottostanti  in  termini  di
interessi  tutelabili  differenti,  per  cui  sarebbe  legittima  una
regolamentazione differente, anche alla luce dell'art. 6 Cost. -,  al
contrario,  non  appare  manifestamente  infondata  la  questione  di
costituzionalita' riguardo al  diverso  trattamento  delle  minoranze
linguistiche di cui si e' detto. 
    Infatti - se e' vero che, come lamentano i ricorrenti, secondo le
norme succitate della legge n. 18/79, «Soltanto le liste  espressione
delle minoranze linguistiche  specificate  possono  partecipare  alle
elezioni in coalizione con altre liste, con  l'unico  limite  che  si
tratti di una lista  presente  in  tutte  le  circoscrizioni.  Questa
possibilita' consente soltanto a queste liste di poter sottrarsi alla
soglia di accesso del 4%  su  scala  nazionale»  -,  e'  evidente  la
disparita' di trattamento riservata invece a chi appartenga ad  altre
e diverse minoranze linguistiche, benche'  anche  queste  in  verita'
riconosciute e tutelate  sia  dalla  legge  statale,  sia  a  livello
comunitario. 
    Cosi', si rammenta in primo luogo l'art. 2 della  legge  15/12/99
n. 482, che ha chiaramente affermato che «in attuazione dell'articolo
6 della Costituzione e in armonia con i principi  generali  stabiliti
dagli organismi europei e internazionali,  la  Repubblica  tutela  la
lingua e la cultura delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche,
greche, slovene e  croate  e  di  quelle  parlanti  il  francese,  il
franco-provenzale, il friulano, il ladivo, l'occitano e il sardo». 
    Viene rilievo poi la  Carta  europea  delle  lingue  regionali  o
minoritarie stipulata a Strasburgo il 5/11/92  (seguita  altresi'  da
Convenzione-quadro per la protezione  delle  minoranze  nazionali  di
Strasburgo dd.  1/02/95,  ratificata  con  legge  28/08/97  n.  302),
emergendo   comunque,   dalla   normativa   comunitaria,   il   pieno
riconoscimento  dei  principi  di  protezione  ed  eguaglianza  delle
minoranze nazionali, anche attraverso l'adozione di «misure  adeguate
in vista di promuovere, in tutti  i  settori  della  vita  economica,
sociale, politica e culturale una eguaglianza piena ed effettiva  tra
le  persone  appartenenti  ad  una  minoranza  nazionale   e   quelle
appartenenti alla maggioranza». Tant'e' che gli Stati  europei  hanno
predisposto una serie di strumenti per  garantire  la  rappresentanza
politica delle minoranze etniche e  linguistiche  nei  paesi  in  cui
vivono, compresa la  materia  elettorale  (tipiche  le  deroghe  alle
soglie di sbarramento, come avviene ad es. nel nostro ordinamento per
l'elezione della Camera dei deputati, ex art.83, comma  1  n.  3  del
D.PR. 361/57 e succ. mod.). 
    D'altra parte,  anche  la  Corte  Costituzionale  e'  piu'  volte
intervenuta sull'argomento, ribadendo le  esigenze  di  tutela  delle
minoranze linguistiche, quale principio fondamentale (v. anche  Corte
Cost. 215/13 evocata dai ricorrenti, in punto  effettiva  eguaglianza
tra tutte le comunita' linguistiche regionali riconosciute, anche  se
prive di uno Stato  straniero  di  riferimento,  quali  la  comunita'
linguistica  friulanofona,  cui  appartengono  appunto  gli   odierni
istanti). 
    Cio' posto, e' innegabile il contrasto tra le norme  censurate  -
dove la disparita' di  trattamento  tra  minoranze  linguistiche  non
appare sorretta da una razionale giustificazione - ed i  principi  di
uguaglianza e non discriminazione di cui agli artt. 2 e  3  Cost.,  e
cosi' pure della liberta' di voto ed elettorale  ex  artt.  48  e  51
Cost.. 
    Tale questione puo' considerarsi d'altronde senz'altro  rilevante
in  ordine  all'azione  di  accertamento   proposta   dagli   odierni
ricorrenti,  le  cui  domande  di  previa   rimessione   alla   Corte
Costituzionale vanno pertanto di conseguenza accolte (vista anche  la
loro   documentata,   e   pacifica,   appartenenza   alla   comunita'
friulanofona, eccetto il Tasca). 
    Si  deve  invece  escludere  che  debba  farsi  luogo  a   rinvio
pregiudiziale ex art. 267 TFEU alla Corte di Giustizia dell'UE (tanto
meno  con  la  procedura  accelerata  ex  art.   105   del   relativo
Regolamento); rinvio non necessario invero  alla  luce  degli  stessi
abbastanza chiari principi sopra  richiamati  (v.  soprattutto  ampio
margine di discrezionalita' riconosciuto agli Stati membri in materia
elettorale);  salvo  l'ovvio  vaglio  di   competenza   della   Corte
Costituzionale. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale degli artt. 12, comma 9, 21, comma 1  nn.
1 e 3, e 22, commi 2 e 3, della legge  24/01/79  n.  18,  cosi'  come
modificata dalla legge 20/02/09  n.  10  («Modifiche  alla  legge  24
gennaio 1979, n. 18, concernente l'elezione dei membri del Parlamento
europeo spettanti all'Italia»), in relazione agli  artt.  2,  3,  48,
secondo comma, e 51, primo comma, della Costituzione; 
    Sospende  il  presente   procedimento   e   dispone   l'immediata
trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale; 
    Manda alla Cancelleria per notifica della presente  ordinanza  al
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,   nonche'   per   la   sua
comunicazione ai Presidenti  del  Senato  della  Repubblica  e  della
Camera dei Deputati, oltre che alle parti del presente giudizio. 
        Cosi' deciso in Trieste, il 12 agosto 2014 
 
                Il Giudice: dott.ssa Anna L. Fanelli