N. 31 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 agosto 2014
Ordinanza del 12 agosto 2014 del Tribunale di Trieste nel procedimento civile promosso da Simeoni Federico ed altri contro Stato italiano, Presidenza del Consiglio dei ministri e Ministero dell'interno. Elezioni - Elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia - Norme speciali di deroga rispetto alla soglia di sbarramento - Limitazione alle sole minoranze linguistiche aventi uno Stato di riferimento (francese della Valle d'Aosta, tedesca della Provincia di Bolzano e slava del Friuli-Venezia Giulia) - Conseguente esclusione della minoranza friulianofona - Lesione di diritto fondamentale della persona - Violazione del principio di uguaglianza - Lesione del principio della liberta' di voto e della liberta' elettorale della predetta minoranza. - Legge 24 gennaio 1979, n. 18, come modificata dalla legge 20 febbraio 2009, n. 10, artt. 12, comma nono, 21, primo comma, nn. 1) e 3), e 22, commi secondo e terzo. - Costituzione, artt. 2, 3, 48, comma secondo, e 51, primo comma.(GU n.11 del 18-3-2015 )
TRIBUNALE DI TRIESTE Sezione Civile Il Giudice, dott.ssa Anna L. Fanelli, ha pronunziato la seguente ordinanza ex art. 702-bis c.p.c. nel procedimento civile di I° grado iscritto al n. R.G. n. 1563/14 ed iniziato con ricorso depositato il 22/05/14 da Simeoni Federico, Boaro Claudio Antonio, Bertolutti Claudio, Specogna Rinaldo, Tribos Fabio, Toppano Claudio, Rossi Mirco, Tasca Adriano con avv.ti on.le L. Besostri, L. Campanotto, elettivamente dom.ti c/o avv. G. Sbisa' - parte ricorrente; Contro Stato Italiano, in persona del legale rappresentante, Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente in carica, Ministero dell'Interno, in persona del Ministro in carica con Avvocatura dello Stato - parte resistente, avente ad oggetto: accertamento circa esercizio diritto di voto. Fatto I ricorrenti in epigrafe hanno adito questo Tribunale al fine di sentir accogliere le seguenti conclusioni: «Piaccia al Tribunale Civile di Trieste, ogni contraria istanza e deduzione disattesa, cosi' giudicare: previo rinvio pregiudiziale ai sensi dell'art. 267 TFUE alla Corte di Giustizia dell'UE delle questioni relative all'interpretazione/applicazione del diritto comunitario, avvalendosi del procedimento pregiudiziale accelerato ai sensi dell'art. 105 del Regolamento di procedura della Corte di Giustizia europea, cosi' come riconosciuto dalla stessa Corte di Giustizia Europea, con nota del 5.12.2009 n. C-297/01; previa rimessione alla Corte Costituzionale, delle questioni incidentali di costituzionalita' che con il presente atto vengono dedotte in giudizio, considerata la loro rilevanza ai fini del decidere e ritenuta la loro non manifesta infondatezza: accertare e dichiarare il diritto dei ricorrenti come compiutamente identificato nel ricorso di esercitare il proprio diritto di voto libero, eguale, personale e diretto, e comunque a pienamente goderne come indisponibile e rispettata la relativa efficacia, cosi' come attribuito e garantito nel suo esercizio, e comunque nella sua efficacia, dalla Costituzione Italiana e dai vigenti Trattati sull'Unione Europea e il suo funzionamento e norme comunitarie applicabili, anche in relazione ai principi di rango costituzionale o paracostituzionale propri dell'ordinamento di speciale tutela linguistica vigente nell'ambito della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia. In caso di resistenza alla domanda dei ricorrenti, di voler dichiarare compensate le spese di giudizio, in quanto non vi e' un interesse privato nel suo accoglimento, ma interesse personale come cittadini elettori alla regolarita' del processo elettorale.» In particolare, i ricorrenti - premesso di essere cittadini friulano foni (eccetto il Tasca), residenti in Comuni friulanofoni ex art. 3 legge n. 482/99, nonche' elettori appartenenti alla Circoscrizione Europea II Italia Nord Orientale, come da certificati di iscrizione alle liste elettorali allegati - hanno dedotto il proprio diritto all'esercizio del voto libero, eguale, personale e diretto per le elezioni dei rappresentati italiani al Parlamento Europeo «nelle forme e nei limiti previsti e garantiti dal combinato disposto degli articoli 1, 2, 3, 48, 49, 51, 56, 58, e 117, primo comma, della Costituzione e dell'art. 3 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, nonche' degli artt. 20, 22 , 223 e 224 TFUE, artt. 2, 6, 9, 10 e 14 TUE , Preambolo cpv 2°, artt. 10, 12, 20, 21 e 39 Carta dei diritti fondamentali dell'UE, art. 1 comma 1 nn. 2), 3) e 8), decisione 2002/772/CE che modifica l'atto relativo all'elezione dei rappresentanti al Parlamento Europeo a suffragio universale diretto, allegato alla decisione 76/787 CECA, CEE, Euratom e' della sentenza 23 aprile 1986 in causa 294/1983 Parti Ecologiste-Les Verts vs. Parlament Europeen». Cio', segnatamente denunciando la lesivita' delle modifiche della legge n. 18/79 introdotte dalla legge n. 10/09 in materia di elezioni europee, e dichiarando quindi di agire ai sensi degli artt. 24, comma 1 e 2, e 111, comma 1 e 2, Cost., nonche' 99, 100 e 102 c.p.c.. Nel costituirsi in giudizio, l'Avvocatura dello Stato ha chiesto rigettarsi il ricorso, in quanto inammissibile e infondato, fra l'altro rilevando la carenza di interesse ad agire in capo ai ricorrenti. Sentite le parti, il Giudice si e' riservato l'ordinanza. Motivi della decisione: il ricorso e' in parte fondato e da accogliere, nei termini e per le ragioni che seguono. Preliminarmente, puo' ritenersi rituale lo strumento adottato ex art. 702-bis c.p.c., in quanto avente ad oggetto una questione di esercizio di diritti, sia pure di natura pubblica, che si assume leso (piu' che di capacita' o status tali da implicare il necessario intervento del P.M. e la conseguente competenza collegiale), ed inoltre apparendo sussistente ed incontestato il profilo della competenza territoriale. Inoltre, il ricorso puo' essere senz'altro deciso sulla base delle risultanze documentali gia' in atti, senza necessita' di specifica istruttoria. Cio' premesso, va in primo luogo risolta positivamente la prima questione controversa relativa alla sussistenza della condizione dell'azione rappresentata dall'interesse ad agire in capo ai ricorrenti. In proposito, appaiono invero illuminanti le recenti pronunce della Cassazione di cui alla ordinanza interlocutoria dd. 21/03/13 n. 12060 e alla sentenza dd. 4/04/14 n. 8878 (prodotta dagli istanti), dove la S.C. ha fornito risposta affermativa riguardo ad analoga ipotesi di domanda di accertamento svolta da alcuni singoli elettori circa la lesione del rispettivo diritto all'esercizio del voto in modo libero, diretto e conforme alle previsioni sia della Costituzione sia delle fonti europee, con specifico riferimento alla legge n. 270/05 (cd. «Porcellum»). Ne' peraltro puo' dubitarsi della concretezza ed attualita' dell'interesse in questione stante l'ormai avvenuta recente consultazione elettorale del maggio 2014, posto che il problema potra' ragionevolmente riproporsi per le prossime elezioni del 2019, salvo che non intervenga nel frattempo una modifica legislativa (allo stato peraltro non prevedibile). Vanno quindi esaminate distintamente le singole censure proposte (quali enucleabili dalla pur in verita' farraginosa e non sempre lineare narrativa del ricorso introduttivo). A) Eccepita illegittimita' dell'art. 21 comma 1 n. 3 Legge 24/01/79 n. 18, recante norme sulla «Elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia», siccome poi modificata dalla legge 20/02/09 n. 10, in punto assegnazione di seggi al di fuori della Circoscrizione di riferimento a causa del comportamento elettorale dei votanti in detta circoscrizione (fenomeno del cd. «slittamento»), un tanto costituendo violazione del principio del «voto personale e diretto». Il problema deve intendersi in realta' superato, alla luce della sopravvenuta abrogazione per incompatibilita' conseguente all'entrata in vigore della legge 9/04/84 n. 61. Anche alle elezioni del Parlamento Europeo si applica infatti - come ormai chiaramente affermato dal Consiglio di Stato con le pronunzie in sede giurisdizionale n. 2886/11 e soprattutto con quella consultiva n. 4748/13 - la stessa disciplina prevista dall'art.83 comma 1 n.8 del D.P.R. 361/1957 in materia di elezione della Camera dei Deputati. B) Illegittimita' dell'art. 21 comma 1 n. 1-bis legge n. 18/79, sempre come modificato da legge n. 10/09, con riferimento alla prevista soglia di accesso del 4%, che sarebbe incostituzionale e contraria alle fonti comunitarie, venendo in realta' prevista dalla sola decisione 2002/772/CE, nella parte in cui introduce con l'art. 1 c. 1 n. 3) l'art. 2-bis nella decisione 76/787/CECA, CEE, Euratom, che ammette la possibilita' di introdurre soglie di accesso fino ad un massimo del 5% nazionale. Tale censura e' tuttavia infondata, in proposito ritenendo piuttosto condivisibile quanto gia' osservato sul punto dal Tribunale di Cagliari con l'ordinanza dd. 12/05/14, di cui si fanno quindi qui propri rilievi ed argomentazioni. In particolare, appaiono significativi i seguenti elementi gia' ivi valorizzati (e pure richiamati dall'Avvocatura dello Stato): I) sul piano della stessa normativa comunitaria, l'Atto Unico firmato a Bruxelles il 20/09/76, che attribuisce al legislatore nazionale la facolta' di introdurre una soglia minima di sbarramento non superiore al 5% dei suffragi espressi senza prevedere alcun correttivo a beneficio delle liste che non la raggiungono; 2) le decisioni della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo riguardanti: a) ricorso n.10226/03 Yumak e Saddak c.Turchia dd. 8/07/08 (per cui e' stato escluso che l'imposizione di una soglia elettorale di sbarramento violi la liberta' di espressione dei cittadini e in particolare l'art. 3 del Protocollo n. 1 della Cedu); b) ricorso n.11583/08 Saccomanno c. Italia dd. 13/03/12 (dove sono stati ribaditi principi piu' volte espressi dalla Corte nel senso che il diritto soggettivo di voto di cui all'art.3 del Protocollo n.1 della Cedu non e' assoluto, potendo essere sottoposto ad alcune «limitazioni implicite», le quali sono individuate con un ampio margine di discrezionalita' dagli Stati contraenti e possono avere ad oggetto i correttivi previsti nei sistemi proporzionali per correggere gli effetti negativi di questo tipo di scrutinio ed assicurare una maggiore stabilita' all'interno del Parlamento, ivi compresi i premi di maggioranza e le soglie elettorali di sbarramento); 3) la pronuncia della Corte Costituzionale n.271 del 2010 dd. 8/07/10, con la quale e' stata dichiarata inammissibile la questione di legittimita' dell'art. 21 comma 1 n. 2 della legge n. 18/79 in riferimento agli articoli 3, 11, 48, 49, 51 e 97 della Costituzione nonche' agli artt. 10 del Trattato sull'Unione Europea, 10, 11, 39 e 40 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, nella parte in cui prevede «la soglia nazionale di sbarramento ... senza stabilire alcun correttiva, anche in sede di riparto dei resti, «in particolare» non consentendo anche alle liste escluse dalla soglia di sbarramento di partecipare all'assegnazione dei seggi attribuiti con il meccanismo dei resti» (piu' precisamente, ha affermato la Corte che «ove pure si ammettesse che una clausola di sbarramento, che estrometta del lutto dall'attribuzione dei seggi le liste sotto il 4%, senza alcun correttivo, sia in contrasto con i parametri costituzionali indicati dal collegio rimettente, va osservato che quest'ultimo domanda una pronuncia additiva. Il giudice a quo, infatti, chiede a questa Corte di introdurre un meccanismo diretto ad attenuare gli effetti della soglia di sbarramento, consistente nel concedere alle liste che non l'abbiamo superata la possibilita' di partecipare, con le rispettive cifre elettorali, all'aggiudicazione dei seggi distribuiti in base ai resti. Ma tale attenuazione non ha una soluzione costituzionalmente obbligata, potendosi immaginare numerosi correttivi volti a temperare gli effetti della soglia di sbarramento, a partire dalla riduzione della soglia stessa. Ne deriva, secondo la costante giurisprudenza di questa corte, che la questione sollevata sollecitando l'intervento additivo in assenza di una soluzione costituzionalmente obbligata deve ritenersi inammissibile ...»); 4) la decisione del Consiglio di Stato n. 4786/11 dd. 16/08/11, circa l'interpretazione da dare all'art. 21 comma 1 n. 2 legge n. 18/79, secondo cui la clausola di sbarramento «non collide con le coordinate costituzionali in quanto persegue la ragionevole finalita' di evitare una eccessiva frammentazione della rappresentanza parlamentare attraverso l'esclusione delle forze politiche che non dimostrino sul campo il possesso di un'adeguata rappresentativita' ... meccanismo che neppure collide con la normativa comunitaria visto che, al contrario, la decisione del Consiglio 76/787/CECA, CEE, Euratom, come modificata dalla decisione 25 giugno 2002 e 23 settembre 2002, 2002/772/CE, riconosce la possibilita' ai Paesi membri di introdurre una soglia minima di sbarramento per l'attribuzione dei seggi, entro il limite del 5% dei suffragi validamente espressi, senza prevedere alcun tipo di correttivo a beneficio delle forze politiche che non la raggiungano. Ne deriva che la normativa comunitaria, lungi dal considerare il principio di proporzionalita' incompatibile con la fissazione di una clausola di sbarramento, considera l'introduzione del quorum quale correttivo utile onde accrescere la stabilita' degli organi elettivi. Si deve aggiungere che la normativa comunitaria non fissa vincoli puntuali agli Stati membri nazionali in quanto rimette alla discrezionalita' politica del legislatore nazionale la scelta circa l'an e le modalita' di esercizio dell'opzione. Non conduce ad un diverso esito la sottolineatura, operata in sede d'appello, dei principi di liberta', pluralismo e rappresentativita' democratica sanciti dai Trattati di Nizza e di Lisbona, posto che detti cardini ordinamentali non toccano in modo specifico la materia elettorale e', comunque, non ostano ad una scelta normativa tesa ci razionalizzare la rappresentanza parlamentare con l'introduzione di un correttivo al principio di proporzionalita' teso scongiurare il rischio di dispersione del voto e di frammentazione delle forze politiche nazionali. Detta opzione risulta immune ai rimproveri costituzionali rivolti dall'appellante in quanto la democraticita' ed il pluralismo del sistema rappresentativo non sono lesi dalla previsione di quorum elettorali o di limitazione alla rappresentanza delle forze politiche concorrenti in una competizione elettorale. Il sistema della proporzionalita' e', infatti, uno dei possibili sistemi utilizzati dal legislatore, suscettibile di deroga mediante temperamenti alla fedele traduzione in seggio dei consensi che favoriscono la governabilita' e la razionalizzazione del consenso. La scelta di prevedere detta soglia di sbarramento nella misura del 4% non inficia poi l'eguaglianza del diritto di voto ex articolo 48 Cost.. E non innesca una disparita' di trattamento dei candidati in contrasto con l'art.51 Cost.. La differenziazione operata tra i candidati e le liste di appartenenza non e', infatti, frutto di una discriminazione legislativa aprioristica ma rappresenta la conseguenza fisiologica dell'espressione della volonta' sovrana degli elettori. Alla stregua di dette coordinate non puo' ritenersi che il «diritto di tribuna», ossia l'assegnazione dei seggi anche ai raggruppamenti politici che non hanno raggiunto la soglia minima, costituisca una pretesa qualificata sul piano costituzionale o comunitario in quanto la scelta di fissare una soglia di rappresentativita' mira al ragionevole scopo di assicurare la presenza in Parlamento europeo di forze politiche che abbiano un ruolo adeguato nel sistema politico nazionale e che, come tali, siano idonee a concorrere in modo adeguato al processo di formazione delle scelte politiche in ambito europeo. Il problema del riconoscimento delle minoranze linguistiche al pari di ulteriori problemi tecnici connessi alla legislazione settoriale - quali anche i contestati effetti dello sbarramento con riferimento al rimborso delle spese per le campagne elettorali - non possono mettere in discussione la scelta legislativa di limitare l'elezione alle sole liste maggiormente rappresentative nell'ambito di un meccanismo elettorale in questione che prevede un collegio unico nazionale pur se articolalo in cinque circoscrizioni. Ne' d'altronde giova in contrario il pure invocato art. 10 del TUE, in virtu' del quale il funzionamento dell'Unione si fonda sulla democrazia rappresentativa e nel Parlamento europeo sono direttamente rappresentati i cittadini, mentre gli Stati membri lo sono dal Consiglio; principio che invero non comporta di per se' pedissequo avallo del sistema proporzionale puro (non temperato cioe' da opportuni correttivi). Idem, neanche la pronuncia dd. 9/11/11 della Corte Costituzionale federale tedesca (che ha ritenuto la soglia del 5% contraria ai principi dell'eguaglianza nel diritto di voto e delle pari opportunita' dei partiti politici) appare realmente conferente in ordine agli assunti dei ricorrenti. Ed invero, secondo tale pronuncia, la tradizionale giustificazione addotta a sostegno della legittimita' della soglia minima in argomento (quale correttivo della rappresentativita' piena propria del sistema proporzionale puro, utile a garantire le esigenze di stabilita', evitando altresi' una eccessiva frammentarieta' dei gruppi) sarebbe in sostanza superata, per non essere il Parlamento europeo caratterizzato dalla contrapposizione tra una maggioranza di governo e una opposizione, laddove il processo di formazione della volonta' parlamentare, anche quando i Trattati richiedono maggioranze qualificate, non sarebbe condizionato dall'esistenza di una maggioranza costante costituita da una stabile coalizione di gruppi determinati alla quale si contrapponga una opposizione. In effetti (come gia' fatto dal Tribunale di Cagliari), non puo' non previamente richiamarsi la sentenza n.1 del 2014 della Corte Costituzionale, in tema di rapporto tra scelte legislative sui procedimenti elettorali e principi di eguaglianza del voto. Cosi', da un lato, ricorda la Corte che «l'Assemblea Costituente, «pur manifestando, con l'approvazione di un ordine del giorno, il favore per il sistema proporzionale nell'elezione dei membri della Camera dei deputati, non intese irrigidire questa materia sul piano normativa, costituzionalizzando mia scelta proporzionalistica o disponendo formalmente in ordine ai sistemi elettorali, la configurazione dei quali resta affidata alla legge ordinaria» (sentenza n. 429 del 1995). Pertanto, la «determinazione delle formule e dei sistemi elettorali costituisce un ambito nel quale si esprime con un massimo di evidenza la politicita' della scelta legislativa» (sentenza n. 242 del 2012; ordinanza n. 260 del 2002; sentenza n. 107 del 1996). Il principio costituzionale di eguaglianza del voto - ha inoltre rilevato questa Corte - esige che l'esercizio dell'elettorato attivo avvenga in condizione di parita', in quanto «ciascun voto contribuisce potenzialmente e con pari efficacia alla formazione degli organi elettivi» (sentenza n. 43 del 1961), una «non si estende [...] al risultato concreto della manifestazione di volonta' dell'elettore che dipende [...] esclusivamente dal sistema che il legislatore ordinario, non avendo la Costituzione disposto al riguardo, ha adottato per le elezioni politiche e amministrative, in relazione alle mutevoli esigenze che si ricollegano alle consultazioni popolari» (sentenza n. 43 del 1961). Non c'e', in altri termini, un modello di sistema elettorale imposto dalla Carta costituzionale, in quanto quest'ultima lascia alla discrezionalita' del legislatore la scelta del sistema che ritenga piu' idoneo ed efficace in considerazione del contesto storico.». Dall'altro lato, viene precisato che «In ambiti connotati da un'ampia discrezionalita' legislativa, quale quello in esame, siffatto scrutinio impone a questa Corte di verificare che il bilanciamento degli interessi costituzionalmente rilevanti non sia stato realizzato con modalita' tali da determinare il sacrificio o la compressione di uno di essi in misura eccessiva e pertanto incompatibile con il dettato costituzionale. Tale giudizio deve svolgersi «attraverso ponderazioni relative alla proporzionalita' dei mezzi prescelti dal legislatore nella sua insindacabile discrezionalita' rispetto alle esigenze obiettive da soddisfare o alle finalita' che intende perseguire, tenuto conto delle circostanze e delle limitazioni concretamente sussistenti» (sentenza n. 1130 del 1988). Il test di proporzionalita' utilizzato da questa Corte come da molte delle giurisdizioni costituzionali europee, spesso insieme con quello di ragionevolezza, ed essenziale strumento della Corte di giustizia dell'Unione europea per il controllo giurisdizionale di legittimita' degli atti dell'Unione e degli Stati membri, richiede di valutare se la norma oggetto di scrutinio, con la misura e le modalita' di applicazione stabilite, sia necessaria e idonea al conseguimento di obiettivi legittimamente perseguiti, in quanto, tra piu' misure appropriate, prescriva quella meno restrittiva dei diritti a confronto e stabilisca oneri non sproporzionati rispetto al perseguimento di detti obiettivi». Sicche' - posto che in definitiva il principio che puo' trarsi dalla succiata pronuncia e' nel senso che intanto una questione di legittimita' costituzionale puo' ritenersi non manifesta infondata in quanto la norma incriminata effettivamente comporti una compromissione rilevante e palese di uno degli interessi di rango costituzionale invocati - ne consegue (per dirla con il Giudice di Cagliari) che «l'argomento cardine della coerenza dell'obiettivo di rilievo costituzionale, qual e' quello dell'efficienza dei processi decisionali in ambito parlamentare, perseguito con lo stabilire una soglia di sbarramento per i gruppi di minore rappresentativita', non puo' considerami essere stato superato in maniera cosi' netta e definitiva rispetto a tutte le considerazioni che la Corte Costituzionale, la Corte di Cassazione e il Consiglio di Stato hanno sino ad ora svolto nelle rispettive decisioni... In altri termini la questione di legittimita' costituzionale in esame per non ritenersi manifestamente infondata dovrebbe avere ad oggetto una disposizione normativa che sia priva di giustificazione e che non sia interpretabile secondo canoni costituzionali adeguati. Seguendo l'interpretazione richiamata deve ritenersi che la soglia di sbarramento sia costituzionalmente legittima quando soddisfa i requisiti: del perseguimento di uno scopo legittimo; della proporzionalita' nel raggiungimento di tale scopo. Nel caso in esame e' ben possibile trovare una valida giustificazione alla presenza della soglia di sbarramento in quanto lo scopo legittimo e' quello della limitazione della frammentazione partitica ed il suo perseguimento e' legittimo in quanto non e' rivolto alla indiscriminata esclusione dei gruppi che non raggiungono la soglia. E' opportuno, al riguardo, evidenziare come nell'interpretazione giurisprudenziale richiamata la legittimita' costituzionale della soglia di sbarramento e' stata giustificata con riguardo non alla sola garanzia di stabilita' del rapporto di formazione del governo da parte dell'organo legislativo ed al mantenimento della fiducia parlamentare, ma anche - ed essenzialmente - con riferimento alla «efficienza dei processi decisionali nell'ambito parlamentare» (Corte Costituzionale, sentenza n.1 del 2014), costituendo la soglia di sbarramento un «correttivo utile onde accrescere la stabilita' degli organi elettivi» attraverso «la presenza in Parlamento europeo di forze politiche che abbiano un ruolo adeguato nel sistema politico nazionale e che, come tali, siano idonee a concorrere in modo adeguato al processo di formazione delle scelte politiche in ambito europeo», nonche' «a scongiurare il rischio di dispersione del voto» (Consiglio di Stato n.4786 del 2011). Se, dunque, l'interesse degno di tutela che consente di ritenere costituzionalmente corretta l'introduzione di una soglia di sbarramento e' rappresentato (anche ed essenzialmente) dalla efficienza dei processi decisionali in ambito parlamentare, allora non c'e' da dubitare che tale valore sia stato adeguatamente tenuto in conto dal legislatore nazionale e cio' in ragione dell'esercizio delle funzioni legislative che sotto attribuite al Parlamento Europeo, nonche' di quelle riconosciute a tale Organo in materia di approvazione del bilancio per di piu' - in presenza di un'ampia maggioranza e di controllo sulle altre Istituzioni dell'Unione. Esiste nell'ordinamento comunitario l'esigenza di garantire nel momento formativo della volonta' del Parlamento europeo processi di aggregazione quanto piu' semplici e coesi. Restano, quindi, ancora del lutto valide le considerazioni che vedono bilanciate le contrapposte esigenze costituzionali della rappresentativita' del voto e dell'efficienza dei processi firmativi della volonta' parlamentare». C) Art. 12 comma 4 legge n. 18/79, nella parte in cui prevede l'esenzione dalla raccolta di firme di presentazione per i soli partiti o gruppi politici gia' presenti nell'arco parlamentare, mentre i nuovi soggetti devono raccogliere non meno di 30.000 sottoscrizioni e non piu' di 35.000, per ciascuna delle regioni. Anche tale doglianza e' destituita di fondamento, non potendo non valere anche al riguardo le considerazioni gia' in precedenza esposte circa la tipica discrezionalita' riconosciuta ai singoli Stati membri nella regolamentazione dell'elettorato attivo e passivo, laddove non si ritiene che la deroga contenuta nel citato art. 12 legge n. 18/79 contenga una irragionevole o arbitraria (anche alla stregua di Corte Cost. 1/14 cit.) limitazione del diritto di voto, trattandosi piuttosto di un opportuno e razionale «filtro idoneo ad evitare che il procedimento elettorale sia aperto indistintamente a qualsiasi soggetto che non abbia raggiunto tra la popolazione un minimo di aggregazione e di consenso» (diversamente da quanto avviene per i partiti o gruppi gia' presenti in parlamento; v. ancora Trib. Cagliari, che pure evidenzia irrilevanza in contrario della decisione della Corte di Giustizia della Comunita' Europea dd. 23/04/86, nella causa Parti Ecologiste «Les Vertes» contro Parlamento Europeo). D) Asserita violazione dei principi sulla parita' di genere, per contrasto con gli artt. 3 e 51 Cost. Non si ritiene la questione fondata, ove si consideri la recente entrata in vigore della legge 22/04/14 n. 65, non senza considerare comunque la genericita' di formulazione di eventuali residui profili di illegittimita', fermo altresi' il limite costituito dall'esigenza di non alterare forzosamente la composizione dell'assemblea elettiva (come rilevato anche dall'Avvocatura dello Stato). E) Illegittimita' degli artt. 12 comma 8, 21 comma 1 nn. 1) e 3) e 22 commi 2 e 3 legge n. 18/1979, come modificata da legge n. 10/09, in quanto contenenti norme speciali e di deroga (rispetto alla gia' menzionata soglia di sbarramento) riferibili solo ad alcune minoranze linguistiche, quelle che hanno uno Stato di riferimento (e cioe' la francese della Val d'Aosta, la tedesca della Provincia di Bolzano e la slovena del Friuli Venezia Giulia); sicche' ne deriverebbe un trattamento differenziato nei confronti delle altre minoranze pure riconosciute con la legge n. 482/1999 di tutela delle minoranze linguistiche storiche, in violazione dei principi di cui agli artt. 3, 48, 49 e 51 della Costituzione. In proposito - mentre nessuna lesione sarebbe ravvisabile per il diverso trattamento di una minoranza linguistica rispetto ad una politica, venendo in rilievo situazioni sottostanti in termini di interessi tutelabili differenti, per cui sarebbe legittima una regolamentazione differente, anche alla luce dell'art. 6 Cost. -, al contrario, non appare manifestamente infondata la questione di costituzionalita' riguardo al diverso trattamento delle minoranze linguistiche di cui si e' detto. Infatti - se e' vero che, come lamentano i ricorrenti, secondo le norme succitate della legge n. 18/79, «Soltanto le liste espressione delle minoranze linguistiche specificate possono partecipare alle elezioni in coalizione con altre liste, con l'unico limite che si tratti di una lista presente in tutte le circoscrizioni. Questa possibilita' consente soltanto a queste liste di poter sottrarsi alla soglia di accesso del 4% su scala nazionale» -, e' evidente la disparita' di trattamento riservata invece a chi appartenga ad altre e diverse minoranze linguistiche, benche' anche queste in verita' riconosciute e tutelate sia dalla legge statale, sia a livello comunitario. Cosi', si rammenta in primo luogo l'art. 2 della legge 15/12/99 n. 482, che ha chiaramente affermato che «in attuazione dell'articolo 6 della Costituzione e in armonia con i principi generali stabiliti dagli organismi europei e internazionali, la Repubblica tutela la lingua e la cultura delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladivo, l'occitano e il sardo». Viene rilievo poi la Carta europea delle lingue regionali o minoritarie stipulata a Strasburgo il 5/11/92 (seguita altresi' da Convenzione-quadro per la protezione delle minoranze nazionali di Strasburgo dd. 1/02/95, ratificata con legge 28/08/97 n. 302), emergendo comunque, dalla normativa comunitaria, il pieno riconoscimento dei principi di protezione ed eguaglianza delle minoranze nazionali, anche attraverso l'adozione di «misure adeguate in vista di promuovere, in tutti i settori della vita economica, sociale, politica e culturale una eguaglianza piena ed effettiva tra le persone appartenenti ad una minoranza nazionale e quelle appartenenti alla maggioranza». Tant'e' che gli Stati europei hanno predisposto una serie di strumenti per garantire la rappresentanza politica delle minoranze etniche e linguistiche nei paesi in cui vivono, compresa la materia elettorale (tipiche le deroghe alle soglie di sbarramento, come avviene ad es. nel nostro ordinamento per l'elezione della Camera dei deputati, ex art.83, comma 1 n. 3 del D.PR. 361/57 e succ. mod.). D'altra parte, anche la Corte Costituzionale e' piu' volte intervenuta sull'argomento, ribadendo le esigenze di tutela delle minoranze linguistiche, quale principio fondamentale (v. anche Corte Cost. 215/13 evocata dai ricorrenti, in punto effettiva eguaglianza tra tutte le comunita' linguistiche regionali riconosciute, anche se prive di uno Stato straniero di riferimento, quali la comunita' linguistica friulanofona, cui appartengono appunto gli odierni istanti). Cio' posto, e' innegabile il contrasto tra le norme censurate - dove la disparita' di trattamento tra minoranze linguistiche non appare sorretta da una razionale giustificazione - ed i principi di uguaglianza e non discriminazione di cui agli artt. 2 e 3 Cost., e cosi' pure della liberta' di voto ed elettorale ex artt. 48 e 51 Cost.. Tale questione puo' considerarsi d'altronde senz'altro rilevante in ordine all'azione di accertamento proposta dagli odierni ricorrenti, le cui domande di previa rimessione alla Corte Costituzionale vanno pertanto di conseguenza accolte (vista anche la loro documentata, e pacifica, appartenenza alla comunita' friulanofona, eccetto il Tasca). Si deve invece escludere che debba farsi luogo a rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFEU alla Corte di Giustizia dell'UE (tanto meno con la procedura accelerata ex art. 105 del relativo Regolamento); rinvio non necessario invero alla luce degli stessi abbastanza chiari principi sopra richiamati (v. soprattutto ampio margine di discrezionalita' riconosciuto agli Stati membri in materia elettorale); salvo l'ovvio vaglio di competenza della Corte Costituzionale.
P.Q.M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 12, comma 9, 21, comma 1 nn. 1 e 3, e 22, commi 2 e 3, della legge 24/01/79 n. 18, cosi' come modificata dalla legge 20/02/09 n. 10 («Modifiche alla legge 24 gennaio 1979, n. 18, concernente l'elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia»), in relazione agli artt. 2, 3, 48, secondo comma, e 51, primo comma, della Costituzione; Sospende il presente procedimento e dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale; Manda alla Cancelleria per notifica della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' per la sua comunicazione ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati, oltre che alle parti del presente giudizio. Cosi' deciso in Trieste, il 12 agosto 2014 Il Giudice: dott.ssa Anna L. Fanelli