N. 37 ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 novembre 2014
Ordinanza del 6 novembre 2014 della Corte dei conti - Sez. giurisdizionale per la Regione Calabria sul ricorso proposto da Natale Domenico contro INPS quale successore ex lege dell'INPDAP. Previdenza - Provvedimenti di liquidazione definitiva del trattamento di quiescenza - Rettifica in ogni momento da parte degli enti o fondi erogatori, in caso di errore di qualsiasi natura commesso in sede di attribuzione, erogazione o riliquidazione della prestazione - Mancata previsione - Ingiustificato trattamento privilegiato dei pensionati del settore pubblico rispetto a quelli del settore privato - Violazione dei principi di imparzialita' e buon andamento della pubblica amministrazione. - Legge 3 maggio 1967, n. 315, art. 26; decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092, artt. 204 e 205. - Costituzione, artt. 3 e 97.(GU n.12 del 25-3-2015 )
LA CORTE DEI CONTI Sezione Giurisdizionale per la Regione Calabria IL GIUDICE DELLE PENSIONI Cons. Rossella Scerbo Ha pronunciato la seguente ordinanza n. 301/2014 sul ricorso, con contestuale istanza di sospensiva, iscritto al n. 20316 del registro di segreteria proposto il 15 maggio 2014 da Natale Domenico (CF: NTLDNC39M16H501), nato a Roma il 16 agosto 1939 rappresentato e difeso dall'avv. Eleonora Natale (pec eleonora.natale@avvocaticatanzaro.legalmail.it); avverso la nota provvedimento dell'Inps - Gestione ex Inpdap n. Cz 012014787315 del 18 aprile 2014; contro l'Inps - gestione ex Inpdap, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giacinto Greco (pec avv.giacinto.greco@postacert.inps.gov.it) e Francesco Muscari Tomaioli (pec avv.francesco.muscaritomaioli@postacert.inps.gov.it); Uditi alla pubblica udienza del 29 settembre 2014, con l'assistenza del segretario signora Gaetanina Manna, il relatore consigliere Rossella Scerbo, l'avv. Eleonora Natale e l'avv. Giacinto Greco; Visti ed esaminati gli atti ed i documenti di causa; Ritenuto in fatto Il ricorso e' diretto avverso il provvedimento di riliquidazione della pensione (determina n. Cz 012014787315 del 18 aprile 2014) con cui l'Inps - gestione ex Inpdap aveva rideterminato in peius il trattamento pensionistico e disposto il recupero di euro 278.771,62 corrispondente a quanto (asseritamente) percepito indebitamente sul trattamento di quiescenza, gia' liquidato in via definitiva a decorrere dall'1° settembre 2004 con determina n. CZ 012004000782 del 2 dicembre 2004. Il ricorrente ha denunciato l'illegittimita' del provvedimento di riliquidazione di cui ha chiesto la disapplicazione sostenendo la conformita' a legge di quello modificato con il quale, ai fini della determinazione della retribuzione contributiva, era stato applicato il criterio della media ponderata dell'ultimo quinquennio, e ha chiesto il ripristino del trattamento pensionistico precedentemente goduto. Sotto un secondo profilo, ha denunciato la violazione del principio di irrevocabilita' ed immodificabilita' del provvedimento definitivo oltre il termine triennale ex art 205, T.U. 29 dicembre 1973, n. 1092, ampiamente superato nella fattispecie risalendo il primo provvedimento al 2004. Ha invocato, comunque, l'irripetibilita' dell'indebito ex art. 206 del T.U. 29 dicembre 1973, n. 1092. Con memoria del 25 maggio 2014 l'Inps - gestione ex Ipdap si e' costituito in giudizio e ha chiesto il rigetto del ricorso. Nel merito ha ampiamente motivato in ordine alle ragioni che hanno giustificato il ricalcolo in peius della pensione (da euro 58.523,82 a. 1. ad euro 43.205,63 a. 1.) sostenendo che solo in sede di riliquidazione era stato possibile riscontrarne l'esistenza. Da qui la legittimita' del provvedimento di revoca ex art 26 della legge 3 maggio 1967, n. 315 secondo cui la sua adozione e' ammissibile entro il termine di dieci anni "quando siano acquisiti ad iniziativa delle parti o d'ufficio documenti che non abbiano formato oggetto di esame in sede di adozione del provvedimento ed abbiano rilevanza sulla determinazione del riscatto o del trattamento di quiescenza". Con ordinanza n. 208/2014 del 25 giugno 2014 e' stato disposto l'accoglimento dell'istanza cautelare di sospensione del recupero dei ratei pensionistici indebiti. Con memoria del 4 settembre 2014, l'Inps nel riportarsi a tutte le argomentazioni contenute nella memoria costitutiva, ha chiesto alla Sezione di voler ritenere la rilevanza e non manifestata infondatezza della questione di costituzionalita' degli artt. 204 e 205 del DPR n. 1092/1973 e dell'art 26 della legge n. 315/1967 in riferimento agli artt. 3, 81 e 97 Cost, nella parte in cui limitano la possibilita' di modifica o revoca della pensione definitiva a una serie tassativa di ipotesi fissando dei termini temporali ritenuti decadenziali con l'effetto del consolidamento per il futuro di un trattamento pensionistico errato, in contrasto con quanto sancito dall'art 52 della legge n. 88/1989 per le pensioni a carico dell'AGO e delle gestioni obbligatorie sostitutive. Con sentenza non definitiva del questo giudice ha rigettato il ricorso in ordine alla domanda di declaratoria della correttezza della applicazione del criterio della media ponderata e della conseguente quantificazione del trattamento pensionistico effettuata con il provvedimento modificato, ha confermato la sospensione del recupero disposta in sede cautelare e ha riservato all'esito della definizione del giudizio costituzionale la decisione definitiva sul ripristino del trattamento precedentemente goduto nonche' sull'irripetibilita'. Considerato in diritto 1) La questione oggetto del giudizio a quo concerne la legittimita' di un provvedimento di riliquidazione della pensione con il quale il trattamento di quiescenza, gia' liquidato in via definitiva, e' stato modificato in peius, con conseguente emersione di un indebito corrispondente ai maggiori importi percepiti. L'illegittimita' del provvedimento impugnato e' stata dedotta sotto il triplice profilo, riflettente tre diversi livelli decisionali, della: a) correttezza del ricalcolo del trattamento pensionistico con l'applicazione del criterio della media ponderata; b) insussistenza dei presupposti di fatto e di diritto che legittimano l'esercizio del potere di modifica; c) sussistenza dei presupposti per l'irripetibilita' dell'indebito. Con sentenza non definitiva n. 2014 del questo giudice ha rigettato la domanda di declaratoria della correttezza della quantificazione operata con il provvedimento modificato ed ha riservato la definitiva pronuncia in ordine al ripristino, previa disapplicazione del provvedimento di modifica, del trattamento precedentemente fruito all'esito della definizione del giudizio di legittimita' costituzionale, rilevante anche ai fini dell'individuazione del titolo della irripetibilita'. 2) Il provvedimento di reformatio in peius appare, infatti, adottato al di fuori dei casi consentiti dalla normativa vigente per le pensioni degli iscritti alle gestioni previdenziali delle amministrazioni pubbliche, che circoscrive, sia sotto il profilo temporale che dei vizi emendabili il potere di modifica, in tal modo presentando dei profili di significativa differenzazione con la disciplina del settore delle pensioni degli iscritti all'A.G.O. o ad alle gestioni sostitutive, la cui razionalita' appare meritevole di essere sottoposta al vaglio di conformita' costituzionale. 2.1) L'art 26 della legge 3 maggio 1967, n. 315 stabilisce che "I provvedimenti concernenti le domande di riscatto di servizi o periodi ai fini del trattamento di quiescenza e quelle di liquidazione del trattamento stesso, adottati dai competenti organi deliberanti degli Istituti di previdenza e resi esecutivi con decreto del direttore generale degli Istituti medesimi, possono d'ufficio o a domanda degli interessati essere revocati o modificati dagli organi deliberanti predetti entro il termine di novanta giorni decorrente dalla data di comunicazione del decreto agli interessati. La revoca o modifica e' ammessa, entro il termine di tre anni dalla data predetta, quando: a) vi sia stato errore di fatto o sia stato omesso di tener conto di elementi risultanti dalla documentazione acquisita; b) vi sia stato errore materiale nel computo del servizio ovvero nella determinazione del contributo di riscatto o dell'importo del trattamento di quiescenza; oppure, entro il termine di dieci anni dalla data stessa, quando c) siano acquisiti, ad iniziativa delle parti o d'ufficio, documenti che non abbiano formato oggetto di esame in sede di adozione del provvedimento e abbiano rilevanza sulla determinazione del riscatto o del trattamento di quiescenza; d) il provvedimento sia stato adottato sopra documenti falsi". 2.2) Tale disciplina e' sostanzialmente sovrapponibile a quella sancita dall'art. 204 del DPR 29 dicembre 1973, n. 1092, secondo cui "La revoca o la modifica di cui all'articolo precedente puo' avere luogo quando: a) vi sia stato errore di fatto o sia stato omesso di tenere conto di elementi risultanti dagli atti; b) vi sia stato errore nel computo dei servizi o nel calcolo del contributo di riscatto, nel calcolo della pensione, assegno o indennita' o nell'applicazione delle tabelle che stabiliscono le aliquote o l'ammontare della pensione, assegno o indennita'; c) siano stati rinvenuti documenti nuovi dopo l'emissione del provvedimento; d) il provvedimento sia stato emesso in base a documenti riconosciuti o dichiarati falsi". L'art. 205 del medesimo testo unico dispone che "La revoca o la modifica sono effettuati d'ufficio o a domanda dell'interessato. Nei casi previsti nelle lettere a) e b) dell'art. 204 il provvedimento e' revocato o modificato d'ufficio non oltre il termine di tre anni dalla data di registrazione del provvedimento stesso; nei casi di cui alle lettere c) e d) di detto articolo il termine e' di sessanta giorni dal rinvenimento dei documenti nuovi o dalla notizia della riconosciuta o dichiarata falsita' dei documenti. La domanda dell'interessato deve essere presentata, a pena di decadenza, entro i termini stabiliti dal comma precedente; nei casi previsti nelle lettere a) e b) dell'art. 204 il termine decorre dalla data in cui il provvedimento e' stato comunicato all'interessato". Tale disciplina e', peraltro, espressamente dichiarata applicabile nei confronti degli ex iscritti alle casse previdenziali gia' amministrate dal Ministero del tesoro dall'art. 8 della legge 8 agosto 1986, n. 538. (Modalita' di liquidazione del trattamento di quiescenza a favore degli iscritti alle casse pensioni degli istituti di previdenza. Semplificazione di procedure in materia di pagamento degli stipendi ai dipendenti dello Stato) che cosi' recita :" Il provvedimento definitivo relativo al trattamento di quiescenza puo' essere revocato o modificato dall'ufficio che lo ha emesso. Si applicano le disposizioni contenute negli articoli 204, 205, 206, 207 e 208 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 e nell'art. 3 della legge 7 agosto 1985, n. 428. Per i casi previsti dai punti c e d dell'ad 204 sopra citato, resta fermo il termine di dieci anni di cui all'art. 26 della legge 3 maggio 1967, n. 315". 2.3) La disciplina in rassegna, nel suo complesso connotata dall'esistenza di limiti temporali, stabiliti a pena di decadenza, all'esercizio del potere di revoca e modifica nonche' dall'esclusione di alcuni vizi, appare nettamente differenziata da quella dettata per le pensioni a carico dell'A.G.O. e delle gestioni sostitutive, conformata ai principi opposti della modificabilita' senza limiti temporali e di vizi, salva in entrambi gli ordinamenti l'irripetibilita' degli importi indebitamente percepiti in assenza di dolo. Invece l'art. 52 della legge n. 88/1989 dispone: "Le pensioni a carico dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidita', la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti, delle gestioni obbligatorie sostitutive o, comunque, integrative della medesima, della gestione speciale minatori, delle gestioni speciali per i commercianti, gli artigiani, i coltivatori diretti, mezzadri e coloni nonche' la pensione sociale, di cui all'art. 26 della legge 30 aprile 1969, n. 153, possono essere in ogni momento rettificate dagli enti o fondi erogatori, in caso di errore di qualsiasi natura commesso in sede di erogazione o riliquidazione della prestazione". Il potere di rettifica puo' essere esercitato, cioe', senza limiti di tempo e con riguardo a qualsiasi tipo di errore, compreso quello di diritto, "intendendosi provvedimento modificato nel suo significato piu' ampio, comprensivo dell'ipotesi di provvedimenti di revoca o di annullamento, totale o parziale (ex plurimis sez. Lavoro sen 21 marzo 1992, n. 3563; sez. Lavoro 12 gennaio 1991, n. 828). 3) La questione e' rilevante nel presente giudizio: e', infatti, trascorso un periodo superiore tre anni dalla determina con cui la pensione definitiva e' stata calcolata sulla base di una retribuzione contributiva sbagliata, a causa dell'errore di fatto in cui e' incorsa l'amministrazione previdenziale nel ritenere la sussistenza del presupposto per l'applicazione del criterio della media ponderata delle retribuzioni dell'ultimo quinquennio; conseguentemente l'applicazione al caso concreto dell'art. 26 della legge n. 315/1967, nell'interpretazione sopraindicata coerente con il dato letterale e, comunque, costantemente adottata dalla giurisprudenza, comporterebbe l'accoglimento integrale del ricorso con declaratoria di illegittimita' del provvedimento di modifica, ripristino del trattamento pensionistico percepito ex ante e conseguente irrepetibilita' di quanto gia' percepito, per carenza del presupposto dell'indebito e non in virtu' dell'irripetibilita' dell'indebito previdenziale. 4) La questione non e', ad avviso del giudicante, manifestamente infondata per le ragioni che seguono, riconducibili al contrasto con il principio di uguaglianza e di buon andamento della pubblica amministrazione, non apparendo la diversita' di disciplina in rassegna fornita di adeguata giustificazione. 4.1) Non ignora questo giudice come, in linea di principio, la coesistenza di una pluralita' di regimi previdenziali aventi la medesima finalita' di tutela ma caratterizzati da discipline anche significativamente diverse, non contrasti, secondo la giurisprudenza costituzionale (Corte costituzionale n. 3 aprile 1984, n. 91) con il principio di uguaglianza sempre che sia possibile individuare una razionale giustificazione, in relazione alle intrinseche differenze sostanziali tra ordinamenti non completamente comparabili tra di loro, restando affidata al legislatore, nell'esercizio del suo potere discrezionale, il compito di omogeneizzazione della disciplina, auspicabile soprattutto dopo la c.d. "privatizzazione" del pubblico impiego. 4.2) Ma e' proprio sulla persistenza delle intrinseche differenze tra i due ordinamenti pensionistici che occorre interrogarsi alla luce dell'evoluzione legislativa piu' recente. Come e' noto "l'armonizzazione degli ordinamenti pensionistici nel rispetto della pluralita' degli organismi assicurativi" (art 1, legge 8 agosto 1995, n. 335) ha rappresentato uno degli obiettivi di fondo perseguiti dalla riforma del sistema pensionistico, obbligatorio e complementare per quanto riguarda i requisiti di accesso e di decorrenza del trattamento pensionistico e per quello di calcolo, sia pure attraverso un processo graduale, in parte tuttora in corso. In questo processo omogenizzante ha trovato la sua naturale collocazione la soppressione dell'Inpdap, ordinatore primario e secondario di spesa per tutto il settore pubblico, le cui funzioni sono state trasferite all"Inps, che e' succeduto in tutti i rapporti attivi e passivi (decreto-legge 6 dicembre 2011 conv. in legge 24 dicembre 2011, n. 214), istituto che svolgeva le medesime funzioni nel settore delle pensioni erogate a carico dell'A.G.O. e delle gestioni sostitutive e speciali (commercianti, artigiani, minatori, coltivatori diretti, mezzadri e coloni). 4.3) Ma cio' che rileva al fine che qui occupa e' che l'evidenziata disparita' di disciplina non trova giustificazione in una situazione di fatto intrinsecamente ed oggettivamente differenziata. Non ignora questo giudice che sia possibile ravvisare la violazione dell'art. 3 Cost. quando situazioni sostanzialmente identiche siano disciplinate in modo ingiustificatamente diverso, mentre non si manifesta tale contrasto quando alla diversita' di disciplina corrispondano situazioni non sostanzialmente identiche essendo insindacabile in tali casi la discrezionalita' del legislatore. Stante l'incontestata ed incontestabile identita' di funzione retributiva cui assolvano le pensioni "pubbliche" e quelle "private", occorre partire dalle ragioni che storicamente hanno giustificato la differenzazione, al fine di verificarne la persistenza. La peculiare disciplina in materia di revoca e modifica di cui all'art. 204, T.U. n. 1092/73 e 26, legge n. 315/1967 e' stata anche di recente (Corte costituzionale sen 10 giugno 2014, n. 208) ricondotta alle modalita' del procedimento di liquidazione delle pensioni pubbliche, che si snoda attraverso due fasi, la provvisoria e la definitiva; la modificabilita' piena del trattamento provvisorio fino all'emanazione del definitivo garantisce una valutazione ponderata di tutti gli elementi di fatto e di diritto entro un congruo lasso temporale con il conseguente affidamento dell'avente diritto nella correttezza della liquidazione definitivamente effettuata (Corte costituzionale n. 208 del 10 giugno 2014). Vi e' pero' da considerare che la distinzione tra le due fasi della liquidazione provvisoria e di quella definitiva ancorche' in linea di principio tuttora esistente e' stata ribaltata, nel senso che la regola e' costituita dalla liquidazione immediata in via definitiva da parte dell'Inps, e solo occasionalmente e per periodi limitati in via provvisoria. L'art. 3, comma 1 del D.L. 28 marzo 1997, n. 74, conv. in legge 28 maggio 1997, n. 140, prevede che il trattamento di quiescenza dei dipendenti delle amministrazione pubbliche (di cui all'art. 1, comma 2 e 2, comma 4 e 5 del d.lgs. n. 29/1993) e' liquidato in via definitiva entro il mese successivo alla cessazione dal servizio, "in ogni caso entro la predetta data" l'ente erogatore provvede alla corresponsione di un trattamento provvisorio nella misura minima del 90%". Nella fattispecie oggetto del giudizio a quo il dipendente e' cessato dal servizio con decorrenza dal 1° settembre 2004 e la pensione definitiva e' stata liquidata con determina del 2 dicembre 2004. L'Inps - gestione ex Inpdap, provvede, dunque, alla liquidazione in via definitiva delle pensioni sia private che di tutto il settore pubblico in base - per quanto riguarda le pensioni degli ex iscritti alle ex Casse previdenziali amministrate dal Ministero del tesoro - all'art 4 del d.lgs. 30 giugno 1994, n. 479, che ha istituito l'Inpdap e disposto contestualmente la soppressione delle predette casse (CPDEL, CPS.CPI, CPUG) e, per quanto riguarda le pensioni statali (CTPS) in seguito al definitivo superamento della fase transitoria (2005 per le amministrazioni civili e 2010 per quelle militari), durante la quale la liquidazione dei trattamenti di quiescenza era rimasta affidata sulla base di una convenzione alle amministrazioni in precedenza competenti. D'altra parte anche nell'ordinamento pensionistico "privato" sussiste la distinzione tra provvedimento provvisorio e definitivo, laddove solo per secondo si pone il problema della ripetibilita' dell'indebito. Di provvedimento definitivo gia' parlava l'art. 80 del R.D. 28 agosto 1924, n. 13422 (abrogato implicitamente dall'art. 52 della legge n. 88/1989), tale intendendo il provvedimento a un anno di distanza dalla comunicazione all'interessato. La nozione e' stata ripresa dall'art. 13 della legge n. 412/1991 che ammette l'irripetibilita' in presenza di una serie di condizioni tra cui la definitivita' del provvedimento. 4.4.) Sotto un altro profilo il procedimento di liquidazione delle pensioni pubbliche non presenta piu' quelle caratteristiche di particolare "affidabilita'" che nel caratterizzarlo rispetto a quello delle private, ne giustificherebbe la differenziata disciplina. Si intende fare riferimento al controllo esercitato dalla Corte dei conti sulle pensioni statali dapprima in via preventiva (art. 23, R.D. 12 luglio 1934, n. 1214 e 3, n. 8, legge 14 gennaio 1994, n 20), poi in via successiva (art. 166 della legge n. 312/1980, ormai venuto meno con il superamento della predetta fase transitoria e il definitivo accollo dell'onere pensionistico a carico del bilancio Inps (Sezione centrale controllo di legittimita' sugli atti del Governo n. 1/2011 e n. 2/2011). Il rilievo e' di non poco momento ove si consideri che la modificabilita' "condizionata" riguarda solo le pensioni definitive, vigendo per quelle provvisorie la regola opposta della modifica sino all'emanazione del provvedimento definitivo (art. 162, DPR n. 1092/73 e art. 6, decreto-legge n. 702/1978, conv. in legge n. 3/1979) e che il concetto di definitivo e' legislativamente legato al controllo della Corte dei conti, stabilendosi che il termine di decadenza per l'esercizio del potere di modifica decorra dalla "registrazione" (art. 205 cit.) e che "l'art. 206 si intende applicabile nel caso in cui il provvedimento definitivo di concessione o di riliquidazione della pensione, venga modificato con altro provvedimento formale soggetto a registrazione". (art. 3 della legge 7 agosto 1985, n. 428, in sede di interpretazione autentica). 5) Ne', ad avviso del remittente, la modificabilita', per qualsiasi ragione e senza limiti di tempo delle pensioni pubbliche, al pari di quelle private, andrebbe a confliggere con la tutela dell'affidamento, quale, ancorche' non espressamente previsto nei trattati europei e nella Costituzione, canone fondamentale nel rapporto autorita' - liberta', "parte dell'ordinamento giuridico comunitario "(CGCE causa C-12/1977 del 13 maggio 1978 /Topefer) nei termini in cui e' recepito nella giurisprudenza della Corte di giustizia della Comunita' europea e della stessa Corte costituzionale. In primo luogo, aderendo alla prospettazione seguita dalla giurisprudenza maggioritaria, va considerato che il principio della tutela dell'affidamento non puo' essere utilizzato come criterio autonomo ma ricondotto ai principi di uguaglianza, certezza del diritto e legalita'. In particolare per quanto riguarda i rapporti di durata, quale indubbiamente e' quello pensionistico, la Corte di giustizia ha circoscritto la tutela dell'affidamento, nella declinazione di certezza del diritto, nei limiti degli effetti giuridici gia' prodotti che non debbono essere incisi dall'atto sopravvenuto, ma lo ha escluso per quelli futuri non ancora prodotti.(CGCE n 373/1993). Nella stessa direttiva la Corte costituzionale (sen. 12 dicembre 1985, n. 349) chiamata a pronunciarsi sulla legittimita' di interventi normativi volti a introdurre modifiche in peius dei trattamenti pensionistici con effetto retroattivo ha affermato che "nel nostro sistema costituzionale non e' interdetto al legislatore di emanare disposizioni le quali modifichino sfavorevolmente la disciplina dei rapporti di durata, anche se il loro oggetto sia costituito da diritti soggettivi perfetti, salvo, qualora si tratti di disposizioni retroattive, il limite costituzionale della materia penale (art. 25, secondo comma, Cost.). Dette disposizioni pero', al pari di qualsiasi precetto legislativo, non possono trasmodare in un regolamento irrazionale e arbitrariamente incidere sulle situazioni sostanziali poste in essere da leggi precedenti, frustrando cosi' anche l'affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica, che costituisce elemento fondamentale e indispensabile dello Stato di diritto. In particolare non potrebbe dirsi consentita una modificazione legislativa che, intervenendo in una fase avanzata del rapporto di lavoro, ovvero quando addirittura e' subentrato lo stato di quiescenza, peggiorasse senza un'inderogabile esigenza, in misura notevole e in maniera definitiva un trattamento pensionistico in precedenza spettante, con la conseguente, irrimediabile vanificazione delle aspettative legittimamente nutrite dal lavoratore per il tempo successivo alla cessazione della propria attivita'". Seguendo la stessa logica deve essere consentita la modifica di un trattamento erroneamente calcolato a vantaggio (e specularmente a svantaggio) del pensionato, salva l'irripetibilita' dei ratei percepiti in buona fede. La necessita' di contemperare la tutela dell'affidamento con gli altri valori costituzionali e', del resto, implicitamente espressa anche dalla norma - art 21-nonies, legge n. 241/1990 come modificato dalla legge n. 15/2003 che (recependo i principi affermati in via giurisprudenziale) subordina l'esercizio del potere di annullamento del provvedimento illegittimo alla sussistenza dell'interesse pubblico. Fermo restando che l'irripetibilita', salvo l'ipotesi del dolo, dei ratei pensionistici indebitamente percepiti, prevista in entrambi i settori (art 52, legge n 88/1989 come interpretato dall'art. 13, legge 1991, n. 412; art. 206. T.U. n. 1092/73 e 8, legge n. 428/89) nell'ampio spettro risultante dall'applicazione giurisprudenziale costituente diritto vivente, integra una idonea tutela dell'affidamento del pensionato, che sostanzialmente non si atteggia diversamente a seconda che si tratti di un ex lavoratore pubblico o privato. 6) D'altronde il principio di uguaglianza "e' colorito dalle disposizioni costituzionali operanti nel settore in cui il principio e' invocato e la violazione del medesimo e' lamentata". Orbene non e' dubbio che la tutela apprestata dagli artt. 36 e 38 Cost. riguardino sia i lavoratori pubblici che privati, per cui tali norme non potrebbero essere utilmente invocati al fine di' giustificare il mantenimento di una disciplina differenziata tra pensionati. 7) Per le medesime ragioni e' ravvisabile anche la violazione dell'art. 97 della Costituzione, norma la cui garanzia, secondo la giurisprudenza del giudice della leggi si combina con quella dell'art. 3 "implicando lo svolgimento di un giudizio di ragionevolezza sulla legge censurata, nel senso che la violazione del giudizio di ragionevolezza e' da ritenersi integrata dal tenore della disposizione impugnata, nella misura in cui riserva una disciplina irragionevolmente e arbitrariamente favorevole ai pensionati del settore pubblico rispetto a quello privato". Differenziata disciplina che, irragionevolmente, sottrae all'ente previdenziale pubblico, in un momento di gravi difficolta' economiche - finanziarie, di ricorrenti timori per la sostenibilita' del sistema previdenziale e, infine in una prospettiva futura di crescente compressione dell'entita' delle prestazioni previdenziali a parita' di contributi versati, la possibilita' di impedire il protrarsi, per un periodo di tempo indeterminato, di un nocumento patrimoniale corrispondente all'erogazione di un trattamento pensionistico erroneamente calcolato. Il tutto senza che nell'ambito di una previsione generale, non discriminante in relazione all'entita' dell'indebito e/o del trattamento pensionistico correttamente determinato, la lesione dell'interesse pubblico trovi un'adeguata giustificazione in situazioni economiche e sociali del pensionato specificatamente individuate e non apoditticamente assunte a denominatore comune dell'intera categoria, comprendente anche soggetti titolari di laute ed eventualmente plurime pensioni. 8) Conclusivamente, pur considerata l'autonomia istituzionale e finanziaria delle singole gestioni ma tenuto conto dell'identita' della funzione retributiva, del processo legislativo di omogeneizzazione delle pensioni e, soprattutto, l'assenza di oggettive differenziazioni tra le situazione giuridiche regolate, sia sotto il profilo della procedura seguita che sotto quello dei valori costituzionali tutelati, la rilevata diversita' di trattamento giuridico e' da ritenere in contrasto con i principi di uguaglianza ex art. 3 Cost. e di buon andamento dell'azione della Pubblica Amministrazione ex art 97 Cost. Pertanto l'art 26 della legge 30 giugno 1967, n. 315 e, per conseguenza, gli art 204 e 205 del DPR 29 dicembre 1973, n. 1092, nella parte in cui limitano la revoca e modifica del trattamento di quiescenza liquidato in via definitiva ai soli casi ivi contemplati e nei termini temporali indicati, integrano una violazione dei precetti di cui agli artt. 3 e 97 Cost. per contrasto con la diversa disciplina recata dall'art. 52 della legge 1988, n. 89 che, invece, consente la rettifica in qualsiasi momento e per qualsiasi ragione.
P.Q.M. Il giudice delle pensioni - Sezione giurisdizionale per la regione Calabria; Sospesa la definitiva pronuncia; Visti gli artt. 134 Cost., 1, legge Cost. 9 febbraio 948, n. 1 e 23, comma 2, 3 e 4 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 26 della legge 3 maggio 1967, n. 315, nonche' degli artt. 204 e 205 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, per contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost. nella parte in cui non prevedono che i provvedimenti di liquidazione definitiva del trattamento di quiescenza possano essere "rettificati in ogni momento dagli enti o fondi erogatori, in caso di errore di qualsiasi natura commesso in sede di attribuzione, erogazione o riliquidazione della prestazione"; Ordina che a cura della segreteria la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri nonche' alle parti in causa e comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; Dispone l'immediata trasmissione a cura della segreteria, della presente ordinanza alla Corte costituzionale, insieme con gli atti e la prova delle notificazioni e delle comunicazioni, e dispone la sospensione del giudizio sino alla comunicazione dell'esito del giudizio incidentale di legittimita' costituzionale. Data in Catanzaro in esito alla pubblica udienza del 29 settembre 2014. Il giudice delle pensioni Rossella Scerbo Depositata in segreteria il 6 novembre 2014 Il responsabile della cancelleria Gaetanina Manno