N. 39 ORDINANZA (Atto di promovimento) 7 novembre 2014
Ordinanza del 7 novembre 2014 del Collegio arbitrale di Padova nell'arbitrato in corso tra S.I.PER. - Societa' Immobiliare Perginese Snc di Ferruccio Pegoretti & C contro Pegoretti Ferruccio.. Prescrizione e decadenza - Cause di sospensione della prescrizione per rapporti tra le parti - Sospensione della prescrizione tra la societa' in nome collettivo ed i suoi amministratori per le azioni sociali di responsabilita' nei loro confronti finche' sono in carica - Omessa previsione - Ingiustificata disparita' di trattamento tra le societa' in nome collettivo e le altre societa' commerciali (di capitali e in accomandita semplice) - Violazione del principio di eguaglianza - Menomazione del diritto di difesa della societa' in nome collettivo rispetto agli illeciti compiuti dai propri amministratori - Riproposizione di questione dichiarata manifestamente inammissibile dalla Corte costituzionale con l'ordinanza n. 123 del 2014. - Codice civile, art. 2941, primo comma, n. 7). - Costituzione, artt. 3 e 24.(GU n.12 del 25-3-2015 )
Nel procedimento arbitrale promosso da S.I.PER. - Societa' Immobiliare Perginese s.n.c. di Ferruccio Pegoretti & C. corrente in Pergine Valsugana (TN) v. Crivelli 3 (CCIA n. 86663 - C.f. e p.i. 0031260222) in persona degli amministratori e legali rappresentanti Zanei Giovanni e Zanei Guido rappresentata e difesa dall'avv. Claudia Vettorazzi del foro di Trento (pec avvclaudiavettorazzi@recapitopec.it) ed elettivamente domiciliata presso lo Studio di quest'ultima in Trento v. Dei Travai 130; attrice; Nei confronti di Ferruccio Pegoretti residente in Pergine Valsugana (TN) v. Padova - C.f. PGRFRC45904G452C, rappresentato dagli avv.ti Enrico Giammarco (pec: avvenricogiammarco@recapitopecit) e Michele Russolo (pec: avvmichelerussolo@recapitopec.it) del foro di Trento ed elettivamente domiciliato preso lo Studio di questi in Trento v. Grazioli 6, convenuto. Ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale Il Collegio, premesso che: il presente arbitrato prendeva avvio da un precedente giudizio, rubricato sub 772/10 R.G., instaurato innanzi al Tribunale di Trento con atto di citazione notificato dalla S.I.PER. Societa' Immobiliare Perginese s.n.c (d'ora innanzi per brevita' S.I.PER.) al sig. Pegoretti Ferruccio in data 1° marzo 2010, (cfr. doc. 24 di parte convenuta) e conclusosi con la sentenza n. 894/11, depositata in data 10 novembre 2011, in forza della quale l'anzidetto Tribunale, rilevato che lo statuto della societa' attrice prevedeva all'art. 14 una clausola compromissoria che imponeva di devolvere ad un collegio arbitrale tutte le liti riguardanti i rapporti tra la societa' e i soci, e altresi' rilevato che detta clausola era da considerarsi valida ai sensi degli artt. 34 e 35 del d.lgs. 5/2003, dichiarava l'improponibilita' della domanda attorea; S.I.PER. dava quindi inizio al presente arbitrato rituale mediante la notifica, in data 23 ottobre 2012, al sig. Ferruccio Pegoretti di atto di nomina di arbitro, giusta il quale indicava come arbitro di parte l'avv. Paolo Maria Cape' e, contestualmente, formulava al Collegio i seguenti quesiti: «Quesito n. 1 Dica il Collegio se accertata e dichiarata la responsabilita' del sig. Pegoretti per le ragioni in fatto e in diritto esposte in narrativa, lo stesso vada condannato a rifondere a S.I.PER. tutti i danni patiti, oltre a interessi e/o rivalutazione, per mera approssimazione -atteso che l'importo allo stato non e' recisamente quantificabile- e salvo piu' approfondita indagine anche a mezzo di apposita CTU ricostruttiva, quantificati in non meno di € 8.587.917,99, ovvero la minore o la maggiore [somma che] dovesse essere accertata in corso di causa, in ogni caso con rivalutazione e/o interessi; Quesito n. 2 Dica il Collegio se accertata e dichiarata la responsabilita' del sig. Pegoretti per le ragioni in fatto e in diritto esposte in narrativa, lo stesso debba esser condannato in ragione della mala gestio nei confronti di S.I.PER. al risarcimento e/o rifusione a quest'ultima, per mera approssimazione -atteso che l'importo allo stato non e' precisamente quantificabile- e salvo piu' approfondita indagine anche a mezzo di apposita CTU ricostruttiva, dell'importo di non meno di € 8.587.917,99, ovvero la minore o la maggiore [somma che] dovesse essere accertata in corso di causa, in ogni caso con rivalutazione e/o interessi. Quesito n. 3 Dica il Collegio se le spese, le competenze e gli onorari del presente giudizio, compresi quelli che saranno dovuti per il funzionamento del collegio arbitrale medesimo, debbano essere posti a carico della parte convenuta, in virtu' del principio di soccombenza.»; a sostegno delle domande su riportate S.I.PER. esponeva che il sig. Pegoretti sin dalla fondazione della societa' attrice, avvenuta nel 1976 per opera dello stesso convenuto e dei soci Zanei Dario, Zanei Guido e Zanei Giovanni, aveva svolto insieme allo Zanei Dario l'incarico di amministratore; esponeva, altresi', che grazie alle modifiche apportate allo statuto con delibera del 1° dicembre 1982, i due anzidetti amministratori erano stati autorizzati a compiere disgiuntamente tutti gli atti inerenti l'ordinaria amministrazione; rilevava altresi' che, a seguito della morte dello Zanei Dario, l'intera amministrazione veniva presa in carico dal convenuto, in quanto gli altri due soci, vuoi per pregressi rapporti di amicizia, vuoi perche' impegnati nelle rispettive attivita' imprenditoriali, avevano affidato al Pegoretti l'intera amministrazione della societa'. Secondo la difesa S.I.PER., nel periodo intercorso tra il 1976 e il giugno 2008, ovvero il periodo in cui aveva svolto l'attivita' di amministratore fino alla revoca di cui si dira' appresso, il convenuto avrebbe compiuto gravi atti di mala gestio e in particolare: a) avrebbe deliberato, senza il consenso degli altri soci, di liquidare agli eredi dello Zanei Dario le quote che a questi sarebbero spettate in via successoria; b) avrebbe ceduto ad un prezzo vile alcuni immobili siti in Novaledo (TN) p.ff. 911/4, 913/4, 915/4, 919/6, 916/1, ad una societa', la Petrarca s.r.l., di cui era unico socio e amministratore; c) avrebbe venduto, all'oscuro degli altri soci e a un prezzo molto inferiore al reale valore di mercato, diversi altri immobili di proprieta' di S.I.PER.; d) avrebbe affittato gli immobili di proprieta' dell'attrice, individuati catastalmente come p.ed 129 e 131 in CC di Pergine Valsugana, facendo pagare un canone di locazione considerevolmente inferiore al quello di mercato e in piu' riscuotendo in contanti le somme anzidette che in parte sarebbero state distratte dalla Societa'; e) avrebbe omesso di riscuotere il canone di affitto del capannone di proprieta' della S.I.PER. e ubicato in Pergine Valsugana; f) per conto di S.I.PER. avrebbe pagato al geom. Dal Dosso somme a titolo di compenso per l'attivita' di amministratore dei condomini di proprieta' della medesima societa', non dovute in quanto lo stesso non aveva i requisiti per svolgere detta attivita' e comunque esorbitanti per la natura dell'attivita' medesima; g) per conto di S.I.PER. avrebbe affidato incarichi al figlio Paolo Pegoretti, mai autorizzati dagli altri soci, caricando la societa' dei connessi oneri; h) si sarebbe liquidato un'ingente somma a titolo di compenso per l'attivita' di amministratore, senza autorizzazione da parte degli altri soci; i) avrebbe pagato alla sig.ra Paoli Rosalia somme a titolo di retribuzione per attivita' di collaborazione mai prestata in realta'; l) non avrebbe incassato dai conduttori, nel periodo tra il 1993 e il 2008, le somme dovute per le utenze di luce, acqua e gas, tutte invece regolarmente addebitate alla S.I.PER. da parte dei gestori; m) tra il marzo e l'aprile 1996, avrebbe usato somme della S.I.PER. per acquistare a titolo personale alcuni fondi in Comune di Novaledo; n) avrebbe contratto per conto della S.I.PER. un muto ipotecario, senza che le somme cosi' ottenute fossero usate a favore della societa'; o) nonostante la revoca giudiziale dall'incarico di amministratore, disposta dal Tribunale di Trento (cfr. sentenza del dott. Adilardi di data 23 luglio 2008 e, a definizione del reclamo del sig. Pegoretti, sentenza dei Collegio, di data 4 settembre 2008, qui prodotti come docc. 9 e 10 di parte attorea) avrebbe continuato per tutto l'anno 2008 a operare come amministratore della S.I.PER., anche tramite il geom. Dal Dosso; p) avrebbe concesso a societa' a lui riferibili di usare a titolo gratuito, senza il consenso degli altri soci, stabili di proprieta' di S.I.PER.; q) avrebbe sostenuto per conto di S.I.PER. spese per lavori di ristrutturazioni mai effettuati sugli immobili della societa' medesima; r) avrebbe omesso di effettuare il pagamento dell'ICI sugli immobili di proprieta' dell'attrice cosicche' la stessa si sarebbe trovata a dover pagare le relative sanzioni; s) avrebbe causato in capo a S.I.PER, mediante operazioni bancarie non autorizzate, un grave indebitamento nei confronti del ceto bancario; t) avrebbe, infine, omesso di distribuire tra i soci gli utili postati a bilancio, sui quali i soci medesimi avrebbero in ogni caso versato le relative imposte; il sig. Pegoretti aderiva alla procedura arbitrale con "atto di nomina di arbitro di parte", notificato a mani il 12.11.2012, in forza del quale nominava proprio arbitro il dott. Paolo Piccoli, notaio in Trento, e contestava tutte le deduzioni avversarie riservando di costituirsi nel procedimento con il deposito di una successiva memoria al fine di meglio esporre le proprie difese; all'udienza del 27.2.2013, le parti anzidette sottoscrivevano l'atto di costituzione del Collegio arbitrale in virtu' del quale, tra le altre cose, confermavano la nomina degli arbitri nonche' la devoluzione in arbitrato della lite giusta art. 14 dello Statuto della S.I.PER., accettavano le regole procedurali indicate dagli arbitri medesimi e confermavano la natura rituale dell'arbitrato; quindi con la memoria autorizzata depositata in data 25 aprile 2013, il convenuto formulava le seguenti domande: «Voglia il collegio arbitrale, 1) in via pregiudiziale di merito: respingere, per intervenuta prescrizione, che formalmente si eccepisce, ex artt. 2947 e 2949 c.c. la domanda nella parte in cui trae origine da fatti e circostanze verificatisi in data anteriore al quinquennio, decorrente a ritroso dal 1° marzo 2010, data di notificazione dell'atto introduttivo della causa promossa da S.I.PER. snc innanzi al Tribunale di Trento e per l'effetto in via istruttoria disattendere ogni richiesta istruttoria di prova orale o volta a promuovere l'attivita' di consulenti tecnici, in relazione a fatti o circostanze temporalmente collocate in data anteriore al quinquennio. 2) nel merito: respingere per infondatezza la domanda, quando relativa a fatti e circostanze rispetto alle quali non sia maturata prescrizione e, in via subordinata, nel non creduto caso di reiezione dell'eccezione di prescrizione a. respingere nel merito la domanda dell'attrice, come dettagliata nei capi da b) a w) pg. 8 e ss. dell'atto di nomina di arbitro S.I.PER. di data 29 settembre 2012, per infondatezza, ovvero, nei casi volta per volta indicati nelle difese, per l'assenza di legittimazione attiva dell'attrice o nullita', per indeterminatezza assoluta di petitum e causa petendi, b. respingere nel merito la domanda dell'attrice dettagliata nel capo a) dell'Atto di nomina d arbitro S.I.PER. di data 29 settembre 2012, incontestata l'originaria annullabilita' dell'atto di compravendita dd. 4 maggio 2004, per avere il Pegoretti in rappresentanza di S.I.PER. snc stipulato, contraendo con se stesso, in difetto di autorizzazione del rappresentato - avuto riguardo alle seguenti circostanze: (i) l'assenza di concreto pregiudizio patrimoniale per la societa' S.I.PER. snc, in ragione delle modalita' con le quali ad essa fondi pervennero, nei termini illustrati nelle difese e (ii) il fatto che l'eventuale pregiudizio derivato dalla definitiva perdita della proprieta' dei fondi e' conseguito dalla scelta di S.I.PER. snc di non proporre, nel termine di prescrizione, l'azione di annullamento della compravendita che avrebbe consentito la certa retrocessione dei fondi e quindi dovuta a fatto proprio. In via riconvenzionale: accertare e dichiarare che S.I.PER. snc e' tenuta ai sensi dell'art. 2261 c.c. a consentire a Pegoretti, socio della stessa, di prendere conoscenza degli affari correnti ed eseguire ispezioni nella documentazione sociale e, accertata l'illegittimita' del diniego opposto al Pegoretti per l'esercizio di tali propri diritti, condannare S.I.PER. a consentire l'accesso del Pegoretti, direttamente o tramite professionista a sua scelta, alla documentazione sociale, entro un termine che il Collegio vorra' prescrivere. In via riconvenzionale: accertare e dichiarare che S.I.PER. snc in forza dell'art. 2261 comma 2 c.c. ed in base all'art. 10 del contratto sociale e' tenuta a formare e sottoporre al socio Pegoretti uno stato patrimoniale e un conto economico relativo all'esercizio 2011 e, per quanto occorrer possa, dell'esercizio 2012 e, accertato l'inadempimento a tale obbligo, condannare S.I.PER. con lodo arbitrale, a comunicare al socio Pegoretti il bilancio della societa' per l'esercizio 2011 e, occorrendo, dell'esercizio 2012 entro un termine che il Collegio vorra' prescrivere. In via riconvenzionale: quale giudice arbitrale del procedimento di merito, in relazione al quale la societa' ha agito in via cautelare, condannare S.I.PER. a risarcire al sig. Pegoretti, ex art. 96 comma 2 c.p.c., il danno derivante dall'esecuzione del provvedimento di sequestro concesso dal G.D. del Tribunale di Trento, inaudita altera parte, prima del successivo provvedimento di revoca, accertando che la societa' ha agito con colpa grave, condannare inoltre o comunque S.I.PER. ai sensi dell'art. 96 comma 3 c.p.c., determinando in entrambi i casi d'ufficio la somma dovuta. Porre a carico di S.I.PER. snc l'onere del corrispettivo degli arbitri e delle spese di arbitrato per l'intero ammontare, condannandola alla rifusione a favore del Pegoretti della quota di corrispettivo e spese che questi avra' anticipato; Condannare S.I.PER. snc a rifondere al Pegoretti, in base al criterio di cui al punto 5, le spese di difesa del procedimento.»; sul tema specifico della prescrizione dell'azione di responsabilita', la difesa del Pegoretti rilevava che l'azione proposta dalla societa' in nome collettivo nei confronti del proprio amministratore e' esercizio di un diritto afferente ad un rapporto sociale, per il quale l'art. 2949 c.c. prevede un termine di prescrizione di 5 anni. Pertanto, calcolando il predetto termine quinquennale a ritroso dalla data del primo atto interruttivo, ovvero la data di notifica dell'anzidetto atto di citazione innanzi al Tribunale di Trento, tutti i fatti antecedenti al 1° marzo 2005 dovevano considerarsi prescritti. Ne' detto effetto interruttivo poteva essere evitato, a parere del patrocinio della parte convenuta, invocando l'applicazione dell'art. 2941 comma 7 c.c., in quanto, sebbene la Corte costituzionale con la sent. 322/1998 avesse esteso l'applicabilita' della norma in parola ad un tipo di societa' di persone, ovvero la s.a.s., l'applicazione analogica anche alle snc della norma medesima era da escludersi in virtu' della diversa struttura e dei diversi rapporti tra soci e amministratori, caratterizzanti i due tipi di societa'; il patrocinio della parte denunziante (cfr. memoria depositata in data 14 maggio 2013), sul medesimo tema, replicava che, invece, la sentenza n. 322/1998 della Corte costituzionale aveva affermato un principio di carattere generale in forza del quale era possibile estendere anche alle snc l'applicazione della sospensione del termine prevista all'art. 2941 comma 1 n. 7 c.c. In particolare l'attrice faceva riferimento al seguente passaggio della decisione: «... ed e' del pari noto che le cause di sospensione sono suddivise dal codice in due categorie a seconda che siano costituite da una speciale relazione giuridica esistente tra il titolare del diritto ed il soggetto passivo o da una condizione particolare del titolare del diritto. Nella prima categoria e' contemplata la causa di sospensione prevista dalla norma denunciata la quale sarebbe giustificata dalla circostanza che la permanenza in carica degli amministratori viene, di fatto, ad ostacolare la possibilita', in capo alla persona giuridica, di acquisire una piena conoscenza del loro operato e, conseguentemente, di valutare se gli amministratori siano incorsi in violazioni dei loro obblighi rilevanti per l'esercizio dell'azione di responsabilita'. Mentre, secondo una diversa tesi dottrinale, formulata sotto il vigore del codice civile del 1865, la ratio della sospensione della prescrizione andrebbe individuata per la societa' commerciale nell'identita' che si verrebbe a determinare nell'esercizio dell'azione di responsabilita' tra la persona che dovrebbe agire e quella contro cui l'azione dovrebbe essere rivolta. Si e' detto, infatti, che essendo la societa' commerciale, come persona giuridica, rappresentata dagli amministratori, questi, se dovessero agire contro se stessi, riunirebbero in se' la duplice qualita' di attori (in senso formale) e di convenuti. Indipendentemente dall'opinione che si ritenga al riguardo preferibile, una ratio identica a quella posta a base della norma denunciata ricorre anche per la societa' in accomandita semplice che, come quelle dotate di personalita' giuridica, e' gestita da uno o piu' amministratori che agiscono per la stessa e che, dunque, sono responsabili per la inosservanza degli obblighi posti a loro carico dalla legge o dal contratto sociale. Se, dunque, la ratio della sospensione della prescrizione e', comunque, riferibile al rapporto gestorio che lega la societa' all'amministratore, e' evidente come resti del tutto irrilevante a tal fine che si tratti di una societa' avente personalita' giuridica o - come nel caso sottoposto all'esame del giudice a quo - di una societa' in accomandita semplice. La diversita' di disciplina che il legislatore detta per le societa' di capitali e per la societa' in accomandita semplice in tema di azione di responsabilita' e di revoca dell'amministratore non risulta d'altro lato in contrasto, come rilevato anche dalla Corte rimettente, con la ricorrenza in tutti i suddetti tipi societari di una identica ratio legittimante la sospensione della prescrizione e, dunque, con l'omogeneita', sotto tale aspetto, della societa' in accomandita semplice rispetto a quelle di capitali...». Quindi, secondo la difesa attorea, Giudice delle Leggi aveva definitivamente superato l'interpretazione tradizionale in forza della quale non era possibile estendere alle societa' di persone la norma sulla sospensione della prescrizione in quanto nell'art. 2941 comma 1 n. 7 c.c. vi e' un espresso riferimento alle societa' con personalita' giuridica, e tale attributo, per consolidata opinione, non era ritenuto sussistente in capo alle societa' di persone. Sempre secondo il patrocinio attoreo, dunque, se la Corte si era pronunciata unicamente con riferimento alle societa' in accomandita semplice, cio', era da attribuirsi al solo fatto che il caso specifico sottoposto dal giudice rimettente (Corte di cassazione ord. 176/1997) riguardava i rapporti tra una societa' in accomandita ed un suo amministratore; sul punto, l'attrice, in principalita', chiedeva al Collegio di applicare analogicamente la norma dell'art. 2941 comma 1 n. 7 alla fattispecie in esame e di rigettare cosi' l'eccezione di prescrizione sollevata dal Pegoretti. In via gradata, nell'ipotesi cioe' in cui detta norma non fosse ritenuta analogicamente applicabile, l'attrice sollevava questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 2941 comma 1 n. 7 c.c. in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione nella parte in cui la stessa norma non prevede la sospensione della prescrizione tra le societa' di persone, e nello specifico le societa' nonne collettivo, e i loro amministratori. Detta differenza di trattamento, secondo l'attrice, risulterebbe irragionevole e quindi discriminatoria in quanto la ragione che, in base all'opinione consolidata, giustifica la sospensione della prescrizione, ovvero la particolare relazione tra gli amministratori e la societa', sarebbe ancora piu' incisiva nelle societa' di persone, laddove il vincolo personale e' piu' forte e i condizionamenti piu' agevoli e frequenti; con ordinanza pronunciata all'esito dell'udienza del 27 maggio 2013, il Collegio, ritenuto che l'eccezione di prescrizione ai sensi dell'art. 2941 comma 1 n. 7 c.c. sollevata dal convenuto Pegoretti era tale, potenzialmente, da definire, seppure solo in parte, il giudizio e ritenuto, per contro, di dover valutare se l'eccezione di incostituzionalita' della norma succitata sollevata da parte della attrice fosse rilevante e non manifestamente infondata, rinviava la causa all'udienza del 25 giugno 2013 per la precisazione delle conclusioni sulla " questione succitata, assegnando alle parti termine sino al 17 giugno 2013 per il deposito di brevi note conclusionali sul punto; le parti, quindi, con il deposito delle note anzidette, definitivamente precisavano le rispettive posizioni sul tema dell'applicabilita' della sospensione della prescrizione e, nello specifico, S.I.PER., richiamando gli argomenti gia' esposti nella memoria del 14 maggio 2013, ulteriormente rilevava che a) poiche' comunemente si ritiene che la causa di sospensione della prescrizione sarebbe da ricollegare al fatto che nelle societa' di capitali, quando gli amministratori sono in carica, non sarebbe possibile avere piena conoscenza del loro operato, si dovrebbe altresi' concludere che la medesima situazione si ripropone, forse in maniera ancora piu' marcata, nel caso delle societa' di persone; b) nel caso di specie, l'amministrazione era disgiunta e non affidata a tutti i soci bensi' al sig. Pegoretti con durata a tempo indeterminato, quindi sarebbe stato difficile per i sig.ri Zanei poter avere piena contezza delle operazioni compiute lungo gli oltre trent'anni di attivita' di amministratore da parte del convenuto; c) di conseguenza la sospensione del termine rappresenterebbe un giusto bilanciamento dei diritti dei soci in contesti, come quello in discussione, di cristallizzazione del potere di amministrare e di difficolta' ad esercitare un controllo efficace; d) in ogni caso, al fine di provare l'omogeneita' dei due tipi di societa' in parola, avrebbe efficacia dirimente l'art. 2315 c.c. che prevede che alla societa' in accomandita semplice si applichino le disposizioni relative alle societa' in nome collettivo, in quanto compatibili. Il patrocinio del Pegoretti per contro rilevava che a) la norma di cui all'art. 2941 n.7 c.c. non potrebbe ritenersi analogicamente applicabile alle societa' in nome collettivo, in quanto si tratterebbe, secondo interpretazione costante, di norma eccezionale e tassativa; b) l'eccezione di incostituzionalita' sollevata da controparte se pur rilevante, dovrebbe in ogni caso ritenersi manifestamente infondata in quanto i. la Corte costituzionale con la sent. 322/1998 avrebbe pronunciato l'incostituzionalita' della norma ridetta solo nella parte in cui la stessa non risulta applicabile alle sas, e non invece con riferimento a tutti gli enti sprovvisti di personalita' giuridica, e cio' in base alla considerazione che nelle societa' in accomandita semplice vi sarebbe uno speciale assetto dei rapporti tra amministratori e soci che renderebbe tale tipo di societa' del tutto affine ad una societa' di capitali. Infatti, in questo tipo di societa' i soci accomandanti non possono svolgere attivita' gestoria, che invece e' pienamente demandata ai soci illimitatamente responsabili tra i quali soltanto possono essere scelti gli amministratori, e in piu' hanno limitati poteri di controllo, ovvero in sostanza, hanno solo diritto di avere un rendiconto della gestione. Queste caratteristiche accomunerebbero le sas alle societa' a responsabilita' limitata, nelle quali vi e' una netta separazione tra i poteri e le responsabilita' dei soci e degli amministratori, e, almeno secondo l'interpretazione del patrocinio convenuto, i poteri di controllo dei soci sono grandemente limitati. ii. Per contro, nelle societa' in nome collettivo, sebbene vi sia la possibilita' con delibera unanime di affidare l'amministrazione solo ad alcuni dei soci, vi sarebbe una tendenziale coincidenza delle persone dei soci e degli amministratori, nonche' tendenzialmente una durata illimitata nell'incarico di amministratore . Non solo, laddove l'amministrazione e' affidata solo ad alcuni soci, agli altri sarebbero attribuiti per legge penetranti poteri di indagine e verifica sull'attivita' degli amministratori e della societa'. iii. pertanto, queste caratteristiche che, da una parte, accomunerebbero la sas agli enti con personalita' giuridica e, dell'altra, la differenzierebbero nettamente da una snc, rappresenterebbero la ragione per cui la Corte costituzionale avrebbe ritenuto estensibile la norma sulla sospensione della prescrizione alle sole societa' in accomandita. Per le stesse ragioni non sarebbe quindi possibile invocare una disparita' di trattamento tra due situazioni uguali, sanzionabile quindi per violazione all'art. 3 Cost., in quanto le differenze strutturali tra le due tipologie di societa' sarebbero tali da legittimare l'applicazione di una diversa disciplina sulla prescrizione. c) Infine, l'eccezione di costituzionalita' sarebbe da rigettare anche con riferimento all'art. 24 Cost. in quanto, fermi restando i poteri di vigilanza dei soci, anche nel caso di doloso occultamento di un atto o fatto dal quale sorgerebbe un diritto al risarcimento in capo alla societa', la prescrizione resterebbe sospesa ex art. 2941 n. 8 c.c., e pertanto il diritto della societa' medesima di agire verso gli amministratori resterebbe impregiudicato. Lette le note e sentite le parti all'udienza del 25 giugno 2013, Collegio, ritenuto che la questione sulla prescrizione e' di grande rilevanza per la definizione del giudizio, che e' da escludersi l'applicabilita' diretta, o analogica, della norma di cui all'art. 2941 n.7 c.c., e che altresi' e' da ritenersi rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale sollevata dalla attrice, deliberava di rimettere la questione medesima alla Corte costituzionale, con separata ordinanza, e quindi sospendeva il giudizio sino alla comunicazione della decisione della ridetta Corte. Con l'ordinanza di data 26 agosto 2013, iscritta al n. 250 del registro delle ordinanze dell'anno 2013 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica al n. 47 prima serie speciale del 2013, il Collegio dichiarava "rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 3 e 24 Cost., la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2941, n. 7, c.c., nella parte in cui non prevede la sospensione della prescrizione tra la societa' in nome collettivo e suoi amministratori per le azioni sociali di responsabilita' nei loro confronti finche' sono in carica" e conseguentemente sottoponeva all'adita Corte la questione medesima. Con l'ordinanza n. 123 di data 5 maggio 2014, la Corte costituzionale dichiarava la manifesta inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale sollevata, rilevando che, alla luce del piu' recente orientamento della Cassazione circa l'art. 34 d.lgs. n. 5/2003, «il mancato esame, ..., della validita' della clausola compromissoria si risolve in una carenza argomentativa in ordine alla potestas iudicandi» (degli arbitri) «che comporta la manifesta inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale per difetto di motivazione sulla rilevanza». Quindi, in data 18 luglio 2014, parte attrice depositava istanza di prosecuzione dell'Arbitrato ai sensi dell'art. 819-bis c.p.c. e il Collegio, verificato che l'istanza medesima era stata depositata entro il termine di cui alla citata norma, rinviava all'udienza del 22 settembre 2014 per la comparizione delle parti. All'esito di tale udienza, gli scriventi Arbitri: I. rilevato che le parti insistevano per raccoglimento delle conclusioni come rassegnate nelle rispettive memorie depositate 17 giugno 2013; II. rilevata, quindi, la necessita' di ottenere dalla Corte costituzionale una pronuncia di merito sulla questione di costituzionalita' qui in rilievo; III. considerato che, per costante giurisprudenza della Corte costituzionale (v., per tutte, Corte cost. n. 61/2012 e n. 270/2010, citate nella stessa ordinanza n. 123/2014, cui adde Corte cost. n. 62/1992, cui le prime testualmente si richiamano) «non rientra tra i poteri di questa Corte quello di sindacare, in sede di ammissibilita', la validita' dei presupposti di esistenza del giudizio a quo, a meno che questi non risultino manifestamente e incontrovertibilmente carenti»; IV. considerato che nel caso di specie non puo' dirsi che i presupposti di esistenza del giudizio a quo siano "manifestamente e incontrovertibilmente carenti", poiche', a fronte di un orientamento della Cassazione, peraltro espresso sempre da singole sezioni, che di recente e' andato consolidandosi nel senso della nullita' sopravvenuta delle clausole compromissorie che non siano state adeguate ai dettami dell'art. 34 d.lgs. n. 5/2003, si continuano a rinvenire decisioni dei giudici di merito (cfr., ex multis, Trib. Torre Annunziata, 22.10.2013, in Societa', 2014, 360; App. Bologna, 26.3.2012, in IlCaso.it; Trib. Modena, 7.10.2011, in IlCaso.it; Trib. Padova, 17.6.2010, in Leggi d'Italia - Repertorio di giurisprudenza, oltre a Trib. Trento, 10.11.2011, resa nell'ambito della controversia che ci occupa) che, con diverse motivazioni, affermano la permanente validita' di quelle clausole, soprattutto se contenute nei documenti costitutivi di societa' di persone; V. considerato che, quindi, la censura che ha portato alla dichiarazione di inammissibilita' dell'ordinanza di rimessione del 26.8.2013 concerne essenzialmente un difetto di motivazione, con riferimento al "mancato esame della validita' della clausola compromissoria", difetto certamente sanabile nel contesto di una nuova ordinanza di rimessione; VI. considerato, infine, che, alla luce della costante giurisprudenza della Corte costituzionale (cfr., ex multis, Corte cost. nn. 263/2009; 399/2002 e 189/2001), quando il vizio posto alla base di una dichiarazione di inammissibilita' sia un vizio sanabile, nulla osta alla riproposizione davanti al Giudice delle leggi della medesima questione di legittimita' gia' dichiarata inammissibile; deliberavano di promuovere nuovamente innanzi all'adita Corte la questione di legittimita' costituzionale della norma di cui all'art. 2941 comma 1 n.7 c.c. nella parte in cui la stessa non prevede che la sospensione del termine di prescrizione opera anche nei rapporti tra le societa' in nome collettivo e i loro amministratori. Diritto Sulla competenza a decidere del Collegio arbitrale. Va preliminarmente chiarito che il Collegio, nell'ordinanza di rimessione del 26.8.2013, non aveva illustrato le ragioni in forza delle quali riteneva sussistente la propria competenza a decidere la controversia insorta tra S.I.PER. s.n.c. e Pegoretti, sulla base dell'assunto che un giudice che si ritenga competente, in assenza di eccezioni sul punto da parte del convenuto in giudizio - si consideri che nel caso di specie, il convenuto, non soltanto nulla ha eccepito nelle sue difese circa la devoluzione ad arbitri della controversia de qua, ma addirittura, sottoscrivendo personalmente il verbale di costituzione del collegio, ha, tra l'altro, confermato espressamente che tale controversia rientra tra quelle devolute ad arbitri dalla clausola compromissoria di cui all'art. 14 del contratto sociale di S.I.PER., con cio' evidentemente ritenendola affatto valida -, non ha la necessita' di argomentare preliminarmente sulla questione della competenza. Poiche', tuttavia, la Corte costituzionale proprio sull'assenza di argomentazioni sul punto ha fondato la propria decisione di dichiarare inammissibile la questione di legittimita' costituzionale sollevata da questo Collegio, il medesimo ritiene doveroso, in ossequio a quanto stabilito dalla Corte, premettere in questa sede alla trattazione nel merito della questione di legittimita' l'enunciazione delle ragioni in forza delle quali ha ritenuto e ritiene valida ed efficace la clausola compromissoria di cui all'art. 14 del contratto sociale di S.I.PER. e, quindi, di essere competente a decidere la controversia de qua, nonostante che di recente la Cassazione si sia orientata, dopo una fase di incertezza, ad affermare in generale la nullita' sopravvenuta di tutte le clausole compromissorie comunque non adeguate al dettato del 2° comma dell'art. 34 d.lgs. n. 5/2003. Al riguardo, va in primo luogo sottolineato che nel caso di specie la societa' nel cui atto costitutivo e' contenuta la clausola compromissoria e' una societa' in nome collettivo, una societa' di persone, quindi. Va, in secondo luogo, considerato che la stipulazione di tale atto costitutivo e l'iscrizione della societa' nel registro delle imprese risalgono a epoca precedente l'emanazione e l'entrata in vigore del d.lgs. n. 5/2003, nel cui art. 34 si sanzionano con la nullita' le clausole compromissorie che non conferiscano il potere di nomina di tutti gli arbitri a soggetto estraneo alla societa'. Ebbene, la circostanza che S.I.PER. sia una societa' di persone, in una con quella che la clausola compromissoria contenuta nel suo atto costitutivo risalga a un'epoca che precede l'emanazione e l'entrata in vigore del d.lgs. n. 5/2003, appare decisiva al fine di affermare la permanente validita' di tale clausola. Infatti, dal combinato disposto degli artt. 41 d.lgs. n. 5/2003, dall'un lato, e 223-bis e 223-duodecies disp. att. c.c., dall'altro, emerge con grande evidenza che l'obbligo di adeguare, entro un certo termine temporale, le clausole compromissorie preesistenti alle disposizioni inderogabili contenute nell'art. 34 d.lgs. n. 5/2203 concerne esclusivamente le societa' di capitali (e quelle cooperative), per le quali la legge predispone anche, in via transitoria, un procedimento decisionale "facilitato". Da cio' si ricava, a parere del Collegio, ma si tratta di affermazione rinvenibile in piu' decisioni recenti [cfr., per tutte, Trib. Torre Annunziata, 22.10.2013, in Societa', 2014, 360 («Non e' affetta da nullita' per contrarieta' all'art. 34 del d.lgs. n. 5/2003 la clausola compromissoria prevista dallo statuto di una societa' in accomandita semplice adottato anteriormente all'entrata in vigore del d.lgs. n. 5/2003, in quanto l'obbligo di adeguare lo statuto e' stato previsto per legge esclusivamente per le societa' di capitali») e Trib. Padova, 17.6.2010, in Leggi d'Italia - Repertorio di giurisprudenza, nonche' Trib. Trento, 10.11.2011, che ha declinato la propria competenza nella controversia de qua], che nessun dovere di adeguamento alla disciplina contenuta nell'art. 34 d.lgs. n. 5/2003 e' stato imposto dalla legge alle societa' di persone, gia' iscritte nel registro delle imprese all'epoca dell'entrata in vigore di tale disciplina. Ma c'e' di piu'. Nel medesimo art. 34 d.lgs. n. 5/2003, nel mentre (comma 2°) si sanziona con la nullita' la clausola compromissoria che non preveda la nomina "esterna" degli arbitri, si stabilisce (comma 6°) che le modifiche statutarie tese, a regime, a introdurre o a sopprimere clausole compromissorie debbano essere approvate dai soci che rappresentino almeno i due terzi del capitale sociale, con diritto di recesso concesso ai soci non consenzienti, norma, questa seconda, che assume un senso soltanto se riferita alle societa' di capitali. Nelle societa' di persone, infatti, dall'un lato, le modifiche del contratto sociale sono possibili solo all'unanimita', salva diversa previsione (art. 2252 c.c.), e, dall'altro, le maggioranze non si calcolano ordinariamente per quote di capitale, bensi' per quote di partecipazione agli utili (art. 2257, comma 3°, c.c., ritenuto comunemente espressione di una regola di generale applicazione). Da cio', pertanto, si potrebbe, addirittura, argomentare nel senso che l'intero sistema del c.d. arbitrato societario sia stato pensato e voluto per le sole societa' di capitali (e cooperative). E ancora, si potrebbe giungere, cosi' come recenti decisioni di merito hanno fatto [cfr., per tutte, App. Bologna, 26.3.2012, in IlCaso.it («La validita' di una clausola compromissoria in relazione all'art. 34, comma 2, d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, deve essere valutata con riferimento al momento in cui e' stata redatta; sotto il profilo sostanziale trova, infatti, applicazione il principio della irretroattivita' della legge nel tempo») e Trib. Modena, 7.10.2011, ibidem] a ritenere che una clausola compromissoria non conforme alla previsione del 2° comma dell'art. 34 d.lgs. n. 5/2003 contenuta nell'atto costitutivo di una societa' di persone concluso prima dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 5/2003 mantenga la sua validita', in assenza di un obbligo per questa tipologia di societa' di adeguarsi alle nuove disposizioni inderogabili, in applicazione del principio dell'irretroattivita' della legge. Ad abundantiam, a sostegno della tesi qui sostenuta, si puo' aggiungere anche la considerazione che, alla luce della gia' ricordata circostanza che nelle societa' di persone le modifiche del contratto sono possibili soltanto all'unanimita', salva diversa espressa previsione, sanzionare con la nullita' sopravvenuta, in assenza di una previsione di un procedimento decisionale "facilitato" di adeguamento, le clausole compromissorie contenute negli atti costitutivi di dette societa' non conformi ai dettami dell'art. 34 d.lgs. n. 5/2003, porterebbe con se' all'inevitabile effetto di vanificare definitivamente, nella stragrande maggioranza dei casi, la chiara opzione dei paciscenti originali per il deferimento ad arbitri delle controversie societarie. E cio' nonostante si versi in un contesto di crescente favor legislativo per il ricorso all'arbitrato. Per tutto quanto sopra illustrato, il Collegio rimettente ha ritenuto e ritiene che la clausola compromissoria di cui all'art. 14 del contratto sociale di S.I.PER sia tuttora valida e che, pertanto, validamente si sia instaurato il procedimento arbitrale de quo. Va tuttavia soggiunto che, anche nella denegata ipotesi in cui si dovesse ritenere nulla la clausola compromissoria sopra ricordata, la sussistenza del potere del Collegio rimettente di decidere la controversia a esso deferita da S.I.PER nei confronti di Pegoretti si dovrebbe, comunque, ricavare aliunde. A proposito del caso di specie, va rilevato, infatti, che le parti non hanno mai sollevato nel corso del procedimento alcuna eccezione in merito alla validita' della clausola arbitrale in esame e anzi, sottoscrivendo personalmente l'atto di costituzione del collegio arbitrale di data 27 febbraio 2013, hanno dichiarato che la controversia insorta rientrava nell'ambito di applicazione della clausola medesima, riconoscendone, quindi, la piena validita'. Ebbene, sono numerosi e autorevoli gli autori che in dottrina, seppure con riferimento alla fattispecie del deferimento ad arbitri di una controversia non rientrante nella sfera di applicazione di una determinata clausola compromissoria, fattispecie non coincidente con quella che ci occupa, ma, ai fini che qui interessano, certamente analoga a essa, affermano che la mancata tempestiva rilevazione dell'eccezione di incompetenza degli arbitri configura un assenso implicito alla trattazione della domanda proposta di tal che l'allargamento dell'oggetto del giudicato avverrebbe per effetto della conclusione di un compromesso tacito (Luiso, Diritto Processuale Civile IV, I processi speciali, III ediz., Milano, 2000, 321 e 322, Cecchella Il processo e il giudizio arbitrale in L'arbitrato, a cura di C. Cecchella, Torino, 2005, 56, Velani, Eccezione di incompetenza in Dizionario dell'arbitrato., Torino , 1997, 292 e ss.). In tal senso, poi, si e' espressa anche la Corte di cassazione, sebbene con un semplice obiter dictum, nella sentenza Cass. 30 agosto 1999 n. 9111: «cio' premesso, va considerato che lo pronuncia fuori dai limiti del compromesso, prevista dall'art. 829, comma 1, n. 4, ricorre quando i quesiti o alcuni dei quesiti, sottoposti agli arbitri, non rientrino nell'oggetto della clausola compromissorio o del compromesso, cosicche' la loro potestas iudicandi, non trovando la sua attribuzione nella clausola o nel compromesso, non puo' essere legittimamente esercitata, con conseguente nullita' del lodo, sanata (a norma dell'art. 817 c.p.c.) ove nessuna delle parti deduca dinanzi agli arbitri l'esorbitanza del quesito dai limiti della clausola o del compromesso, dovendosi ritenere che con tale mancata deduzione le parti abbiano inteso tacitamente ampliarne l'oggetto». Applicando allora questi principi al caso di specie, discende che il contegno processuale tenuto dalle parti, le quali si ripete - non soltanto mai hanno eccepito la nullita' della clausola compromissoria, ma addirittura, sottoscrivendo personalmente il verbale di costituzione del collegio, ne hanno riaffermato la piena validita', dovrebbe comunque essere considerato come implicita manifestazione della volonta' di deferire agli arbitri la presente lite in forza di un nuovo e autonomo, seppure tacito, compromesso. In ragione di quanto sopra, non appare bisognosa di ulteriore approfondimento l'ulteriore questione sollevata dalla Corte nella citata ordinanza di inammissibilita' relativa al rapporto tra la sentenza del Tribunale di Trenta del 10 novembre 2011, con la quale e' stata declinata la competenza del giudice ordinario a favore di quello arbitrale, e il presente arbitrato. Si tratta, infatti, di questione da considerarsi assorbita alla luce dell'affermata, in via autonoma, competenza di questo Collegio. Al piu', si puo' osservare che il presente arbitrato e' stato introdotto prima che la Corte costituzionale con la sentenza n. 223/2013 dichiarasse incostituzionale la norma di cui all'art. 819-ter c.p.c. nella parte in cui escludeva, nei rapporti tra arbitrato e processo, l'applicabilita' dell'art. 50 c.p.c. e che, pertanto, nel caso di specie una questione di traslatio iudici neppure in astratto potrebbe porsi. Sul merito della questione di costituzionalita' sollevata. Venendo ora al merito della questione di costituzionalita' sollevata, va, in primo luogo, esclusa l'applicazione diretta della norma dell'art. 2941, n. 7, c.c. alle societa' di persone e, in specie, per cio' che in questa sede interessa, alla societa' in nome collettivo. Per quanto si possa - e si debba - ridimensionare l'impatto che l'attribuzione della personalita' giuridica ha sulla concreta disciplina di un ente collettivo e a prescindere che si voglia cogliere il tratto distintivo dell'ente personificato sul piano dei rapporti esterni, ovvero su quello dei rapporti interni, non sembra possibile, infatti, aderire a quella tesi - con un qualche seguito in dottrina, ma contrastata dalla giurisprudenza dominante e dalla stessa Corte costituzionale - che, in forza di una totale svalutazione del concetto di persona giuridica, predica l'applicazione diretta della norma in esame anche alle societa' di persone. Non foss'altro, appare di ostacolo a una simile conclusione la circostanza che il legislatore, nonostante abbia a piu' riprese dall'emanazione del codice civile dettato regole che hanno eliminato alcune significative divergenze tra la disciplina degli enti dotati e di quelli privi di personalita' (vedi, per tutti gli enti, la novella degli artt. 2659, comma 1°, n. 1, e 2839, comma 2°, n. 1, c.c.; con specifico riferimento agli enti del primo libro del codice l'abrogazione degli artt. 600 e 786 c.c.; con specifico riferimento agli enti del quinto libro, la riforma delle societa' di capitali e, in particolare, della societa' a responsabilita' limitata del 2003), non ha mai provveduto a riconoscere a tutti gli "enti collettivi" l'attributo della personalita' giuridica. Per quanto in questa sede interessa, a differenza di quanto e' accaduto in ordinamenti vicini al nostro (in Francia tutte le societa' commerciali acquistano la personnalite' morale con l'iscrizione nel Registre du commerce et des societes), la legge continua, quindi, ad attribuire la personalita' giuridica alle sole societa' di capitali e alle cooperative. Va, in secondo luogo, esclusa la possibilita' di ricorrere all'analogia per estendere l'applicazione dell'art. 2941, n. 7, alle societa' di persone. E cio' per l'assorbente ragione che, come e' pacifico (v. Cass., 12 giugno 2007, n. 13765, in relazione all'applicabilita' della sospensione della prescrizione all'azione di responsabilita' contro sindaci e direttori generali, e anche sul punto qui affrontato Corte cost., 24 luglio 1998, n. 322), le norme che prevedono cause di sospensione del decorso del termine di prescrizione hanno carattere eccezionale. Con specifico riferimento al caso della societa' in nome collettivo - e' il caso che ci occupa -, non appare, infine, possibile ritenere applicabile anche a tale tipo sociale l'art. 2941, n. 7, in forza della decisione della Corte cost. n. 322/1998 (cosi', invece, ma, a parere del Collegio, non correttamente, Cass. n. 13765/2007, in motivazione). Sebbene con la relativa ordinanza di rimessione (v. Cass., ord. 12 febbraio 1997, n. 127) fosse stata sollevata questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2941, n. 7, in relazione agli artt. 3 e 24 Cost., «... nella parte in cui non prevede la sospensione della prescrizione tra le societa' di persone (enfasi del redattore) ed i loro amministratori per le azioni di responsabilita' contro costoro finche' sono in carica», la Corte ha, infatti, limitato la sua pronuncia alla sola societa' in accomandita semplice. E non soltanto il dispositivo della sentenza («La Corte costituzionale dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2941, numero 7, del codice civile, nella parte in cui non prevede che la prescrizione rimane sospesa tra la societa' in accomandita semplice ed i suoi amministratori, finche' sono in carica, per le azioni di responsabilita' contro di essi») e' inequivoco in tale senso, ma neppure la motivazione offre argomenti tali da consentire una lettura diversa. Al contrario, in essa si ha cura di puntualizzare che, nonostante l'ordinanza di rimessione abbracciasse tutte le societa' di persone, la questione di legittimita' costituzionale poteva concretamente essere affrontata soltanto con riferimento alla societa' in accomandita semplice, «in relazione all'oggetto del giudizio a quo», che concerneva appunto tale tipo sociale. Allo stato, dunque, pur considerando la sentenza "additiva" della Corte costituzionale del 1998, alle azioni sociali di responsabilita' promosse nei confronti degli amministratori di societa' in nome collettivo non si applicherebbe la sospensione della prescrizione prevista nell'art. 2941, n. 7, per le societa' munite di personalita' giuridica e, al seguito dell'intervento del Giudice delle leggi, per le societa' in accomandita semplice. Alla luce di tutto cio', emerge la rilevanza della questione di legittimita' costituzionale sollevata nel presente giudizio ai fini della decisione che il Collegio dovra' assumere. Per dare adeguato conto di cio', e' sufficiente porre in evidenza che, essendosi verificata l'interruzione della prescrizione con la notificazione dell'azione di responsabilita' nei confronti del Pegoretti avanti Tribunale di Trento, cioe' a dire il 1° marzo 2010, giusta l'art. 2949, comma 1°, c.c., risulterebbero prescritte, in assenza della dichiarazione di incostituzionalita' dell'art. 2941, n. 7, le pretese risarcitorie dell'attrice concernenti i fatti e i comportamenti antecedenti al 1° marzo 2005, pretese che, a fronte di una domanda complessivamente pari a € 8.587.917,99, ammontano a circa € 8.044.665,94. Cio' rilevato, a parere del Collegio, la disparita' di disciplina tra la societa' in nome collettivo e le altre societa' commerciali, sopra evidenziata, non troverebbe giustificazione alcuna nell'ordinamento, con l'effetto che la norma dell'art. 2941, n. 7, nella parte in cui non include tutte le societa', dotate o meno di personalita' giuridica, e, in specie, la societa' in nome collettivo, nel proprio catalogo, appare costituzionalmente illegittima per violazione dell'art. 3 Cost. Per motivare adeguatamente tale affermazione, e' necessario procedere dall'individuazione di quale possa essere la ragione giustificatrice della sospensione della prescrizione prevista nel n. 7 dell'art. 2941, per verificarne la tenuta in relazione alla differenza di trattamento che, per effetto della norma, si instaura tra le societa' di capitali, dall'un lato, e la societa' in nome collettivo, dall'altro. a) Come e' noto, secondo la tesi piu' risalente, tale ragione andrebbe individuata nella sostanziale coincidenza tra attore e convenuto che si verrebbe a determinare quando la persona giuridica agisse nei confronti dei propri amministratori / rappresentanti. b) Secondo altra tesi la sospensione della prescrizione di cui al n. 7 dell'art. 2941 si spiegherebbe con la considerazione che, finche' sono in carica, gli amministratori di enti personificati sarebbero in grado di occultare i loro illeciti, e, comunque, sarebbe difficoltoso per la persona giuridica averne contezza. c) Secondo una terza tesi, che si pone in una prospettiva analoga alla precedente, la ragione giustificatrice del trattamento peculiare riservato alle persone giuridiche andrebbe rintracciato nell'organizzazione di tipo corporativo, caratterizzata da una rigida separazione di competenze tra organi, tutti egualmente di obbligatoria istituzione, che sarebbe tipica esclusivamente di queste. A ben vedere e concentrando l'analisi sui fenomeni societari, che in questa sede interessano, nessuna delle rationes sopra ricordate e' in grado di fornire una giustificazione logica del diverso regime tra societa' di capitali e societa' di persone, in specie societa' in nome collettivo, quanto al decorso del termine di prescrizione per l'esercizio dell'azione sociale di responsabilita' nei confronti degli amministratori. E, infatti. Sub a). Premesso in generale che a tale tesi si potrebbe obiettare che, per quanto qui interessa, la legge predispone per tutti i tipi sociali disciplinati, siano essi dotati o meno di personalita', rimedi, sia di carattere sostanziale (la revoca degli amministratori), sia di carattere processuale (la nomina di curatori speciali), affatto in grado di ovviare a quell'inconveniente, va sottolineato che da decenni, infatti, e' ormai acquisito tra gli interpreti che anche le societa' di persone, al pari di quelle di capitali, lungi dall'esaurirsi nella molteplicita' dei soci, rientrano a pieno titolo tra i fenomeni associativi "a rilievo reale", o "a rilevanza esterna", come altri preferisce dire, caratterizzati dall'autonomia patrimoniale, seppure differentemente graduata, dall'essere soggetti di diritto distinti dai loro componenti e dall'avere al loro centro l'esercizio di un'attivita' "metaindividuale", nel senso che nei confronti dei terzi, a prescindere da chi (e sulla base di quali regole) agisca, e' il gruppo dei contraenti unitariamente inteso che emerge come produttore di diritto comune nell'ordinamento ed e' al gruppo che gli eventuali risultati negativi di essa vengono imputati. E, quindi, se problema dovesse essere, come da alcuno si ritiene, quello della coincidenza tra attore (la societa') e il convenuto (l'amministratore), esso si presenterebbe nei medesimi termini in tutti i tipi sociali, personificati e non. Sub b). Per rendersi conto che la differenza di trattamento tra societa' di capitali e societa' di persone, circa il decorso della prescrizione, non troverebbe giustificazione alcuna anche seguendo la tesi di quanti ritengono che la sospensione di cui al n. 7 dell'art. 2941 si spieghi con la considerazione che, finche' sono in carica, gli amministratori sarebbero in grado di occultare i loro illeciti, e, comunque, sarebbe difficoltoso per la persona giuridica averne contezza, e' sufficiente porre mente alla disciplina attuale della societa' a responsabilita' limitata, persona giuridica a tutti gli effetti, e, in particolare, all'art. 2476 c.c. La previsione (comma 2°) che ciascun socio ha il diritto, anche quando siano stati nominati il collegio sindacale o un revisore, non soltanto di avere notizie dagli amministratori sullo svolgimento degli affari sociali, ma anche di consultare, se del caso per mezzo di professionisti di fiducia, i libri sociali e tutti i documenti relativi all'amministrazione, in una con la previsione (comma 3°) che l'azione sociale di responsabilita' nei confronti degli amministratori e' esercitabile da ciascun socio, qualunque sia il peso della sua partecipazione, con la facolta' anche di chiedere la loro revoca, rendono evidente, infatti, che il livello di trasparenza della gestione e gli strumenti di reazione alla mala gestio degli amministratori sono addirittura superiori oggi nella societa' a responsabilita' limitata, rispetto a quanto accade nelle societa' di persone e, in particolare, nella societa' in nome collettivo. Sub c). Quanto, infine, alla giustificazione fondata sull'ipotizzato discrimine dell'organizzazione di tipo corporativo, caratterizzata da una rigida separazione di competenze tra organi, tutti egualmente di obbligatoria istituzione, che sarebbe propria delle societa' munite di personalita' giuridica, e che difetterebbe, invece, nelle societa' di persone, in specie nella societa' in nome collettivo, ove - ma soltanto naturalmente, si badi - tutti i soci sono anche amministratori, anch'essa entra irrimediabilmente in crisi ove si ponga mente alla disciplina attuale della societa' a responsabilita' limitata. In tale tipo sociale, la rigida separazione di competenze tra organi puo' cedere, infatti, il passo ad assetti anche radicalmente diversi. E' sufficiente al riguardo considerare la disposizione dell'art. 2479, comma 1°, c.c., a mente del quale, dall'un lato, e' l'atto costitutivo - e non la legge, che si limita a indicare soltanto quelle comunque riservate alla competenza dei soci (comma 2° dell'articolo) - a determinare su quali materie siano chiamati a decidere i soci, senza che un limite possa essere rappresentato dall'attivita' di gestione, e, dall'altro e a prescindere da cio', qualsivoglia argomento concreto puo' essere sottoposto all'approvazione dei soci - e, quindi, sottratto alla competenza degli amministratori - sulla base della mera richiesta anche di un solo amministratore o di tanti soci che rappresentino almeno un terzo del capitale. E ancora, sotto altra prospettiva, e' sufficiente considerare che, al pari di quanto accade nella societa' in nome collettivo, anche nella societa' a responsabilita' limitata si puo' prevedere un sistema di amministrazione non collegiale, bensi' disgiuntivo o congiuntivo. In definitiva, come viene sottolineato dalla generalita' degli interpreti, oggi la societa' a responsabilita' limitata, se continua a potere essere convenzionalmente modellata a somiglianza della societa' per azioni, puo', pero', venire modellata anche a somiglianza della societa' in nome collettivo, con specifico riferimento all'organizzazione e ai rapporti tra ente - e collettivita' dei soci - e suoi gestori. A parere del Collegio, nessuna delle rationes che sono state individuate per spiegare la disposizione dell'art. 2941, n. 7, appare, quindi, in grado di offrire elementi decisivi di distinzione delle societa' di capitali e, per effetto dell'intervento del Giudice delle leggi, della societa' in accomandita semplice, rispetto alla societa' in nome collettivo, tali da giustificare la disparita' di trattamento tra le prime e le seconde quanto alla disciplina della sospensione della prescrizione dell'azione sociale di responsabilita' nei confronti degli amministratori. Analoghe apparendo le situazioni, in specie se si confrontano la societa' a responsabilita' limitata, dall'un lato, e la societa' in nome collettivo, dall'altro, il mantenimento di quella disparita' di trattamento rappresenterebbe pertanto una palese violazione del principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 Cost. Sempre a parere del Collegio, le superiori considerazioni contribuiscono anche a fare ritenere non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2941, n. 7, anche in relazione all'art. 24 Cost., risolvendosi l'ingiustificata disparita' di trattamento che essa introduce tra societa' di capitali e societa' in nome collettivo in una minorazione del diritto di difesa di questa seconda nei confronti degli illeciti compiuti dai propri amministratori.
P.Q.M. Il Collegio, Visti gli artt. 1 legge cost. 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 3 e 24 Cost., la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2941, n. 7, c.c., nella parte in cui non prevede la sospensione della prescrizione tra la societa' in nome collettivo e i suoi amministratori per le azioni sociali di responsabilita' nei loro confronti finche' sono in carica; conferma la sospensione del presente procedimento arbitrale, gia' disposta con ordinanza del 22 settembre 2014; dispone, previa notificazione al Presidente del Consiglio dei ministri e alle parti del procedimento e comunicazione ai Presidenti delle due Camere del Parlamento, la trasmissione della presente ordinanza alla Corte costituzionale, in una con tutti gli atti del procedimento e la prova delle predette notificazioni e comunicazioni. Padova, 7 novembre 2014 prof. avv. Maurizio De Acutis (Presidente del Collegio) avv. Paolo Cape' (Arbitro) dott. Paolo Piccoli (Arbitro)