N. 40 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 ottobre 2015

Ordinanza del 9 ottobre 2014  del  Consiglio  di  Stato  sul  ricorso
proposto da ANICAV - Associazione nazionale degli  industriali  delle
conserve alimentari vegetali ed altri contro la Camera di  commercio,
industria, artigianato, agricoltura di Parma ed altri.. 
 
Enti pubblici - Soppressione di enti pubblici economici statali posti
  sotto  la  vigilanza  del  Ministero  dello   sviluppo   economico,
  denominati Stazioni sperimentali per l'industria,  e  trasferimento
  dei compiti ed attribuzioni degli stessi alle Camere  di  commercio
  indicate  nell'allegato  2  del  decreto-legge   censurato   -   In
  particolare,   soppressione   della   Stazione   sperimentale   per
  l'industria  delle  conserve  alimentari   (SSICA)   di   Parma   e
  trasferimento  delle  relative  funzioni  alla  CCIA  di  Parma   -
  Violazione  del  principio  di  uguaglianza  per   l'ingiustificato
  trattamento  di  privilegio  delle  industrie   conserviere   della
  Provincia di Parma rispetto a quelle aventi sede in altre  province
  italiane - Incidenza sui principi di imparzialita' e buon andamento
  della  pubblica  amministrazione  -  Violazione  dei  principi   di
  sussidiarieta', adeguatezza e differenziazione. 
- Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni,
  dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 7, comma 20. 
- Costituzione, artt. 3, 97 e 118. 
(GU n.12 del 25-3-2015 )
 
                        IL CONSIGLIO DI STATO 
               in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) 
 
    Ha pronunciato la presente 
 
                              Sentenza 
 
    Sul ricorso numero di registro generale 4703 del  2012,  proposto
da: Anicav - Associazione nazionale degli industriali delle  conserve
alimentari vegetali, Agricola Tre  Valli  s.c.a.r.l.,  Doria  s.p.a.,
Salvati Mario & C. s.p.a., in persona dei  rispettivi  rappresentanti
legali, rappresentati e difesi  dall'avvocato  Angelo  Clarizia,  con
domicilio  eletto  presso  il  medesimo  difensore   in   Roma,   via
Principessa Clotilde n. 2; 
    Contro  la  Camera  di  commercio,   industria,   artigianato   e
agricoltura di  Parma,  in  persona  del  legale  rappresentante  pro
tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Franco Gaetano Scoca e
Francesco Vetro', con domicilio eletto presso il difensore del  primo
in Roma, via Giovanni Paisiello, 55; 
    Nei confronti di  Stazione  sperimentale  per  l'industria  delle
conserve  alimentari,   in   persona   del   legale   rappresentante,
rappresentata e difesa  dall'avvocato  Carlo  Sicuro,  con  domicilio
eletto presso Fausta Marchese in Roma, via Palestro, 56; 
    Ministero dello sviluppo economico e  Ministero  dell'economia  e
delle   finanze,   in   persona   dei   rispettivi    rappresentanti,
rappresentati e  difesi  per  legge  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, presso i cui uffici domiciliano in Roma, via  dei  Portoghesi,
12; 
    Per la riforma della sentenza del T.A.R.  Emilia-Romagna  -  Sez.
staccata di  Parma:  Sezione  I  n.  138/2012,  resa  tra  le  parti,
concernente  trasferimento  dei  compiti  e  delle  attribuzioni  del
personale e delle risorse strumentali e finanziarie  delle  soppresse
stazioni sperimentali per l'industria; 
    Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; 
    Visti gli atti  di  costituzione  in  giudizio  della  Camera  di
commercio, industria,  artigianato  e  agricoltura  di  Parma,  della
Stazione  sperimentale  per  l'industria  delle  conserve  alimentari
vegetali, del Ministero dello  sviluppo  economico  e  del  Ministero
dell'economia; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore, nell'udienza pubblica del  giorno  18  marzo  2014,  il
consigliere di Stato Giulio Castriota Scanderbeg e uditi per le parti
l'avvocato  Clarizia,  l'avvocato  Alessandro   Gigli,   per   delega
dell'avvocato Franco Gaetano Scoca, l'avvocato  Vetro'  e  l'avvocato
dello Stato Grasso; 
    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. 
 
                           Fatto e diritto 
 
    1. L'A.N.I.C.A.V. (Associazione nazionale degli industriali delle
conserve alimentari vegetali), unitamente alle societa' Agricola  Tre
Valli s.c.a.r.l., la Doria s.p.a. e Salvati Mario & C. s.p.a. (attive
nel settore delle conserve alimentari),  impugnano  la  sentenza  del
Tribunale  amministrativo  regionale  dell'Emilia-Romagna,  sez.   di
Parma, 30 marzo 2012, n. 138  che  ha  dichiarato  inammissibile  per
difetto di interesse il ricorso di primo grado dagli stessi  proposto
per l'annullamento: a) della delibera 14 giugno 2010,  n.  116  della
Camera di commercio di Parma con la quale, in attuazione dell'art. 7,
comma 20, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, e' stata istituita
l'Azienda speciale della Camera  di  commercio  di  Parma  denominata
Stazione sperimentale per l'industria delle conserve  alimentari;  b)
del decreto  del  Ministro  dello  sviluppo  economico,  adottato  di
concerto con il  Ministro  dell'economia,  1°  aprile  2011,  recante
"tempi e modalita' di trasferimento dei compiti e delle attribuzioni,
del  personale  e  delle  risorse  strumentali  e  finanziarie  delle
soppresse Stazioni sperimentali per l'industria" (oggetto  dei  primi
motivi aggiunti di primo grado); c) della delibera  della  Camera  di
commercio di Parma  4  luglio  2011,  n.  143,  con  cui  sono  state
sostanzialmente confermate le decisioni  precedentemente  assunte  in
ordine alla costituzione della predetta azienda speciale (oggetto dei
secondi motivi aggiunti). 
    Le appellanti lamentano la erroneita' della sentenza impugnata, e
ne chiedono la riforma sia nella parte in cui la stessa  ha  rilevato
il difetto di interesse delle originarie ricorrenti  a  censurare  l'
assetto organizzativo del nuovo  ente  derivante  dalla  soppressione
della Stazione sperimentale statale,  sotto  il  profilo  che  nessun
profilo di pregiudizio sarebbe ravvisabile per le loro  ragioni,  sia
nella parte in cui, con motivazione ultronea,  il  giudice  di  primo
grado ha rilevato la infondatezza nel merito delle censure dedotte. 
    Insistono le appellanti per la integrale riforma  della  sentenza
sul rilievo della sussistenza di un loro evidente e diretto interesse
al  ripristino  della  soppressa  Stazione  sperimentale  di  matrice
statale, ai cui oneri di mantenimento direttamente provvedevano e  di
cui nominavano, per il tramite  della  (appellante)  associazione  di
categoria, due componenti del consiglio di amministrazione. Reiterano
altresi' le appellanti gli argomenti, gia' inutilmente  fatti  valere
dinanzi al giudice di prime cure, in  ordine  alla  fondatezza  della
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 7, comma  20,  del
decreto-legge 31 maggio 2010, n.  78,  sollevata  in  relazione  agli
articoli 3, 97 e 118 della Costituzione. 
    2. Si sono costituiti in giudizio  il  Ministero  dello  sviluppo
economico,  la  Camera  di  commercio,   industria,   artigianato   e
agricoltura di Parma nonche' l'Azienda speciale  denominata  Stazione
sperimentale per l'industria delle conserve alimentari per  resistere
all'appello e per chiederne la reiezione. 
    Le  parti  hanno  illustrato  con  successive  memorie  le   loro
rispettive difese in vista dell'udienza pubblica di  discussione  del
ricorso. 
    All'udienza del 18 marzo 2014 la causa e' stata trattenuta per la
sentenza. 
    3. Rileva il Collegio che l'appello  puo'  essere  definito,  nei
sensi di cui appresso, solo limitatamente alla censurata declaratoria
di inammissibilita', per difetto di  interesse,  del  ricorso  e  dei
motivi aggiunti di primo grado. 
    Per contro, ai fini dell'esame delle questioni di merito  oggetto
del ricorso di primo  grado,  risulta  pregiudiziale  la  delibazione
della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 20,
del  decreto-legge  31  maggio  2010,  n.  78  sollevata,  come  gia'
anticipato, in relazione agli artt. 3, 97 e 118 della Costituzione. 
    4. Va premesso che con l'art. 7 del decreto-legge 31 maggio 2010,
n. 78 (convertito in legge 30 luglio 2010, n. 122), e' stata disposta
la soppressione di alcuni enti pubblici economici statali posti sotto
la vigilanza  del  Ministero  dello  sviluppo  economico,  denominati
Stazioni sperimentali per l'industria, ed e'  stato  fatto  luogo  al
trasferimento dei compiti e delle attribuzioni precedentemente svolti
dai medesimi enti alle Camere di commercio indicate  nell'allegato  2
dello stesso decreto. 
    Per quel che rileva nel presente giudizio, in  base  alla  citata
disposizione normativa, la Camera di commercio  di  Parma,  e'  stato
individuato quale ente conferitario della Stazione  sperimentale  per
l'industria delle conserve alimentari vegetali. 
    5. Con la impugnata delibera  14  giugno  2010,  n.  116,  l'ente
camerale parmense ha immediatamente costituito  un'azienda  speciale,
denominata anch'essa  Stazione  sperimentale  per  l'industria  delle
conserve alimentari, alla quale sono stati attribuiti i compiti e  le
funzioni gia' precedentemente esercitati dall'ente  pubblico  statale
denominato  Stazione  sperimentale  per  l'industria  delle  conserve
alimentari. La costituzione dell'azienda speciale e'  avvenuta  prima
ancora che nel testo  dell'art.  7,  comma  20,  ultimo  alinea,  del
decreto-legge n. 78 del 2010, fosse inserita, ad opera della legge di
conversione 30 luglio 2010, n.  122,  la  previsione  di  un  decreto
ministeriale attuativo  che  avrebbe  dovuto  dettare  (come  poi  in
effetti avvenuto con il decreto 1° aprile 2011) tempi e modalita'  di
trasferimento dei compiti e delle  attribuzioni  gia'  in  capo  alle
stazioni sperimentali nazionali. 
    Tale  ultima  circostanza,  che  ha  determinato  lo   sfasamento
temporale dell'atto  istitutivo  rispetto  alla  tempistica  impressa
dalla legge di conversione del decreto, ha dato corpo  al  motivo  di
censura di difetto di attribuzioni, in capo alla Camera di  commercio
di  Parma,  di  istituire  la   suddetta   azienda   speciale   prima
dell'adozione del relativo decreto attuativo (per quanto, si  ripete,
lo  stesso  non  fosse  originariamente  previsto   nel   testo   del
decreto-legge).  Inoltre,  le  appellanti  hanno  contestato,   sotto
ulteriori svariati profili, la legittimita' di tale delibera  nonche'
degli atti sopravvenuti gravati con motivi aggiunti (vale a  dire  il
decreto del Ministero dello sviluppo economico 1° aprile  2011  e  la
delibera della Camera di commercio di Parma 4 luglio 2011,  n.  143),
lamentando, ancor prima, che la sentenza di primo grado  avrebbe  del
tutto erroneamente  ritenuto  insussistente  l'interesse  al  ricorso
delle odierne deducenti, 
    6.  Per  ragioni  di  ordine  logico,  va   pertanto   affrontata
prioritariamente la questione dell'interesse a ricorrere in capo alle
odierne  appellanti,  ritenuta  insussistente,  nella  decisione  qui
censurata, dal giudice di primo grado. 
    Il Tar, nella impugnata sentenza, ha sul punto ritenuto che  "non
e' dato ravvisare in  quale  aspetto  dei  censurati  atti  la  parte
ricorrente ritenga inverato un vulnus al  proprio  interesse"  e  che
cio' sarebbe confermato dagli  stessi  dati  forniti  ex  post  dalla
azienda speciale camerale " laddove  essa  ha  rappresentato  che,  a
seguito  del  passaggio  di  funzioni  per  cui  e'  causa,   per   i
contribuenti nulla e' cambiato, dal  momento  che  gli  stessi  hanno
accesso agli stessi servizi, nelle stesse  sedi,  presso  gli  stessi
laboratori,  con  il  medesimo   personale,   versando   gli   stessi
contributi". 
    Ad  ulteriore  conferma  del  rilevato  difetto  di  interesse  a
censurare il nuovo assetto organizzativo  delle  funzioni  trasferite
all'ente camerale della provincia di Parma, il giudice di primo grado
adduce il  dato  fattuale  del  consistente  accesso,  medio  tempore
intervenuto da parte delle odierne societa'  appellanti,  ai  servizi
della azienda speciale facente capo alla Camera di commercio di Parma
(quali corsi formativi, convegni, analisi di laboratorio, progetti di
ricerca e similia), a dimostrazione che per gli originari  ricorrenti
nulla sarebbe sostanzialmente cambiato (donde il rilevato difetto  di
interesse alla impugnazione degli atti) a seguito  del  trasferimento
di compiti e funzioni dall'ente economico statale  all'ente  camerale
della provincia di Parma e, da questo,  alla  neo  istituita  azienda
speciale. 
    Le appellanti evidenziano la contraddittorieta' e  la  erroneita'
della motivazione della sentenza di primo grado  nelle  parti  dianzi
richiamate. 
    Il  Collegio   ritiene   che   tali   censure   d'appello   siano
condivisibili. 
    A prescindere dal non condivisibile profilo di  censura  relativo
alla  asserita  contraddittorieta'  della  motivazione  ostesa  nella
sentenza definitiva di primo grado rispetto a quanto  rilevato  dallo
stesso giudice,  in  punto  di  interesse  a  ricorrere,  nella  sede
cautelare (la pronuncia cautelare ha di per se' natura  interinale  e
non ha mai  natura  di  "precedente"  vincolante,  tanto  meno  sulla
ricorrenza  delle  condizioni  dell'azione),  il   Collegio   ritiene
nondimeno  che  l'interesse  al  ricorso  in  capo   agli   originari
ricorrenti sia ben evidente e vada ritenuto  sussistente,  gia'  alla
luce del dato fattuale secondo cui le societa' ricorrenti hanno  sede
operativa al di fuori della provincia di Parma e  che  l'associazione
ricorrente rappresenta le imprese di categoria operanti anch'esse  su
tutto il territorio nazionale. 
    Ora,  proprio  tale  ampia  dimensione  dello  spazio   economico
operativo  dei   soggetti   ricorrenti,   connessa   all'assenza   di
collegamento (anche solo sul piano  formale  della  fissazione  della
sede legale) con il territorio della provincia di Parma (e cioe'  con
il  perimetro  operativo   e   rappresentativo   dell'ente   camerale
appellato), rende evidente il loro interesse  a  censurare  il  nuovo
assetto organizzativo delle funzioni  trasferite,  sotto  il  dedotto
profilo che l'esercizio unitario delle stesse funzioni sarebbe meglio
garantito da  un  ente  pubblico  a  carattere  nazionale  (quale  la
soppressa Stazione sperimentale) piuttosto  che  da  un  ente  locale
quale la Camera di commercio di  Parma  (e,  per  essa,  dall'azienda
speciale a tal uopo costituita). 
    La  notazione  e'  assorbente  e  da'  conto  della   sussistenza
dell'interesse processuale in capo agli originari soggetti ricorrenti
anche  senza  considerare  i  pur  rilevanti  profili  connessi  alla
maggiore rappresentativita', per le imprese aventi sede al  di  fuori
della provincia  di  Parma,  che  il  vecchio  assetto  organizzativo
dell'ente nazionale assicurava rispetto al nuovo modello camerale, in
cui e' per converso prevalente, a termini dello statuto della  locale
camera di commercio,  l'apporto  delle  imprese  operanti  in  ambito
provinciale agli organi rappresentativi dell'ente. 
    Per superare l'evidenza, nel caso  qui  dato,  dell'interesse  al
ricorso, quale imprescindibile  condizione  dell'azione  processuale,
non potrebbe d'altra  parte  riconnettersi  rilievo  all'elemento  di
fatto - prospettato dalle odierne  appellate  -  rappresentato  dalla
utilizzazione da parte delle societa' appellanti  dei  servizi  medio
tempore resi dall'ente camerale.  Tale  elemento,  peraltro  connesso
alla  necessita'  di  usufruire,  nell'immediato,  di   servizi   non
erogabili da soggetti diversi dalla neo  istituita  azienda  speciale
presso la Camera di commercio di Parma,  lungi  dal  configurare  una
sorta di inammissibile acquiescenza al  nuovo  assetto  organizzativo
delle funzioni trasferite a livello locale, non potrebbe  elidere,  a
parer  del  Collegio,  l'interesse  a  veder  modificato  pro  futuro
l'assetto del modello ordinamentale, a mezzo del ripristino dell'ente
soppresso ed il ritorno ad una allocazione a livello  centrale  delle
stesse funzioni trasferite. 
    Sussiste, pertanto, sulla base dei rilievi  esposti,  l'interesse
delle odierne parti appellanti alla proposizione del ricorso di primo
grado. La sentenza impugnata va in parte  qua  riformata,  risultando
ammissibile il ricorso di prime cure. 
    7. Venendo ora a trattare della questione centrale  del  giudizio
che, come detto, investe la legittimita' degli atti con  i  quali  la
Camera di commercio di  Parma  ha  istituito  la  piu'  volte  citata
azienda speciale, il Collegio ritiene  che  sia  prioritario  l'esame
della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 20,
del d.l. 31 maggio 2010, n. 78 (recante misure urgenti in materia  di
stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica) sollevata,
gia' nell'ambito del ricorso di primo grado  e  qui  reiterata  dalle
parti  appellanti,  in  relazione  alla  prospettata  violazione  dei
parametri costituzionali compendiati negli artt. 3, 97  e  118  della
Costituzione. 
    8. Appare anzitutto  indubbia,  ai  fini  della  definizione  del
presente  giudizio,  la  rilevanza  della   proposta   questione   di
legittimita' costituzionale posto che tutti gli atti in  primo  grado
impugnati  hanno  assunto  a  base  giuridica  la  disposizione   qui
censurata sul piano della legittimita'  costituzionale,  di  tal  che
l'effetto caducatorio di  un'eventuale  sentenza  dichiarativa  della
illegittimita'  della  disposizione  attingerebbe  gli  stessi   atti
impugnati, determinandone l'annullamento per invalidita' derivata. 
    9. Quanto ai profili di illegittimita' costituzionale della  piu'
volte citata  disposizione  normativa,  per  come  evidenziati  negli
scritti difensivi delle  parti  appellanti,  vale  osservare  che  le
stesse hanno prioritariamente dedotto come appaia  irragionevole  che
la disposizione censurata, inserita in un quadro normativo  volto  al
miglioramento della competitivita' dell'intero sistema produttivo del
Paese, abbia attribuito le  funzioni  di  promozione  e  di  sostegno
all'innovazione ed alla ricerca, in un settore strategico  per  tutte
le imprese del settore operanti sul territorio nazionale, ad un ente,
quale  la  Camera  di  commercio  di   Parma,   avente   attribuzioni
territorialmente e funzionalmente limitate.  Sotto  tal  profilo,  la
disposizione sarebbe in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, se
si considera che alle imprese del settore operanti nella provincia di
Parma  sarebbe  garantito  un  livello  di   rappresentativita'   ben
superiore a quella, sempre  del  settore  dell'industria  conserviera
nazionale, aventi sede operativa in altre province italiane (le quali
sono sfornite di  poteri  rappresentativi  in  seno  alla  camera  di
commercio di Parma, laddove contribuivano a nominare  due  componenti
del consiglio di amministrazione nell'ambito della soppressa Stazione
sperimentale nazionale). 
    Sotto altro riguardo le appellanti hanno prospettato un possibile
vulnus, recato dalla disposizione normativa in esame, ai principi del
buon   andamento   e    della    imparzialita'    dell'organizzazione
amministrativa. Sul punto e' stato dedotto che, da un lato, la Camera
di commercio di Parma non avrebbe la struttura e  le  competenze  per
assicurare  il  corretto  esercizio  delle  funzioni   amministrative
trasferite e, dall'altro, non potrebbe  assicurare  l'osservanza  del
principio  di  imparzialita',  essendo  statutariamente  deputata   a
rappresentare gli interessi delle imprese operanti nella provincia di
Parma. 
    Da ultimo, secondo le appellanti, la norma de qua si porrebbe  in
aperto contrasto con l'art. 118 della Costituzione  dal  momento  che
attribuisce a livello locale compiti e funzioni  amministrative  che,
in  base  ai   principi   di   sussidiarieta',   differenziazione   e
adeguatezza, dovrebbero essere allocati a livello statale perche'  ne
sia garantito l'unitario e piu' efficiente  esercizio  nell'interesse
di tutte le imprese conserviere nazionali. 
    10.  Il  Collegio  ritiene  che  la  questione  di   legittimita'
costituzionale  della  citata  disposizione  normativa,  nei  termini
dianzi succintamente riportati, oltre che rilevante ai fini decisori,
non sia manifestamente infondata  e  che  ne  vada  pertanto  rimesso
l'esame della Corte costituzionale. 
    11. Va premesso anzitutto, sul piano sistematico, che  il  citato
art. 7, comma 10, del decreto-legge n. 78 del  2010  (recante  misure
urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita'
economica) e' inserito nel  capo II  dello  stesso  decreto,  la  cui
rubrica e' titolata "riduzione del costo degli apparati  politici  ed
amministrativi". 
    Gia' dal titolo della  rubrica  risulta  evidente  che  la  ratio
sottesa  all'intervento  legislativo,  e  che  d'altronde  permea  le
restanti disposizioni del capo in esame, sia quella di perseguire  un
significativo risparmio di spesa attraverso la soppressione  di  enti
ritenuti  costosi  per  l'erario  e  non  piu'  strategici   per   il
perseguimento dell'interesse pubblico nazionale. 
    Senonche',  gia'  sotto  tale  primo  aspetto,  la   disposizione
censurata esibisce  profili  di  immediata  irragionevolezza  ove  si
consideri che la soppressa Stazione sperimentale, al pari  della  neo
istituita azienda speciale camerale, risultava finanziata  in  misura
preponderante con i contributi delle imprese del settore  conserviero
e che la stessa legge si premurava di precisare che "gli stanziamenti
finanziari a carico del bilancio dello Stato previsti, alla  data  di
entrata in vigore del presente provvedimento,  per  il  funzionamento
dei predetti enti pubblici confluiscono nello  stato  di'  previsione
della spesa o nei  bilanci  delle  amministrazioni  alle  quali  sono
trasferiti i relativi compiti ed attribuzioni, insieme alle eventuali
contribuzioni a carico degli utenti dei servizi per le attivita' rese
dai medesimi enti pubblici"; di tal che non appare ricorrere nel caso
di  specie  la  primaria  finalita'   perseguita   dal   legislatore,
coincidente con esigenze di risparmio della spesa pubblica. 
    12. Ma anche a prescindere  da  tale  pur  rilevante  profilo  di
irragionevolezza della disposizione, che in ogni  caso  si  riverbera
nella violazione del canone  costituzionale  di  uguaglianza  sancito
all'art. 3 della Cost. (secondo l'interpretazione,  non  letterale  e
formalistica,  che   di   tale   disposizione   si   rinviene   nella
giurisprudenza costituzionale), la stessa suscita ulteriori  e  ancor
piu' evidenti dubbi di legittimita' costituzionale sotto tre distinti
profili, correttamente posti in rilievo dalle parti appellanti. 
    Anzitutto,  non  appare  manifestamente   infondato   il   motivo
attinente, sotto distinto profilo, la  violazione  del  principio  di
uguaglianza sancito dal richiamato art.  3  della  Costituzione,  sul
piano della discriminazione  tra  operatori  economici  attivi  nello
stesso settore dell'industria conserviera in ambito nazionale. 
    Per  vero,  la  determinazione  assunta  in  via  legislativa  di
attribuire le funzioni di promozione e di sostegno all'innovazione  e
alla  ricerca  finalizzate  al  miglioramento  della   competitivita'
dell'intero  sistema  produttivo  nazionale   ad   un   ente   avente
attribuzioni    territorialmente    e    funzionalmente     limitate,
rappresentativo  soltanto  dei  propri  iscritti  e  degli  interessi
connessi  allo  sviluppo   economico   ed   industriale   dell'ambito
circoscrizionale  della  provincia  di  Parma  risulta  contraria  al
principio di uguaglianza, posto che gli  operatori  non  aventi  sede
operativa nella suddetta provincia potrebbero essere discriminati, in
ragione, a tacer d'altro, della minor rappresentativita' negli organi
camerali rispetto agli imprenditori della provincia di  Parma,  nella
determinazione delle politiche gestionali e nelle scelte  strategiche
della azienda speciale posta sotto il controllo diretto della  Camera
di commercio di Parma (si pensi, solo ad esempio, alla  scelta  delle
produzioni agricole da  sostenere  e  incentivare  in  rapporto  alle
esigenze dell'industria conserviera). 
    13. Sotto altro profilo, il trasferimento  dei  compiti  e  delle
funzioni suindicate all'ente camerale della provincia di Parma appare
in contrasto con i principi di  buon  andamento  e  di  imparzialita'
dell'organizzazione amministrativa (art. 97 Cost.), se  si  considera
che l'ente camerale di Parma non ha competenze e  strutture  adeguate
ad assicurare  il  corretto  ed  unitario  esercizio  delle  funzioni
trasferite su tutto il territorio nazionale. 
    Inoltre, appare evidente il vulnus al principio di  imparzialita'
dell'agire  amministrativo  che  il   nuovo   assetto   organizzativo
introdotto dalla disposizione  normativa  censurata  riverbera  nella
gestione della stazione sperimentale per l'industria alimentare posto
che la Camera di commercio di Parma, dovendo per legge e per  statuto
perseguire esclusivamente gli interessi dei  propri  iscritti  e  del
tessuto economico della provincia di appartenenza,  non  appare  ente
adeguato a svolgere in modo imparziale le attribuzioni  conferite  in
favore di tutti gli imprenditori del settore conserviero  operanti  a
livello nazionale. 
    14. Da ultimo, non appare manifestamente infondata la prospettata
violazione del parametro  costituzionale  compendiato  nell'art.  118
della   Costituzione,   e    dei    principi    di    sussidiarieta',
differenziazione ed  adeguatezza  che  ne  costituiscono  corollario,
sotto il profilo che il trasferimento delle  funzioni  amministrative
ad  un  livello  di  governo  territorialmente   piu'   prossimo   ai
destinatari delle prestazioni trasferite,  in  tanto  puo'  risultare
aderente  al  modello  di  sussidiarieta'  verticale   delineato   in
Costituzione, in  quanto  lo  stesso  si  traduca  in  una  soluzione
comunque adeguata ed efficiente, capace di garantire il  corretto  ed
omogeneo esercizio delle funzioni trasferite su tutto  il  territorio
di riferimento. 
    Nel caso in esame si sono gia' esposte le ragioni  che  avrebbero
consigliato  il  mantenimento  a  livello  centrale  delle   funzioni
trasferite, tenuto  conto  che  la  dimensione  locale  dell'istituto
camerale non sembrerebbe prima facie compatibile  con  l'ottimale  ed
unitario  esercizio  di  quelle  funzioni  in  favore  di  tutti  gli
operatori della industria conserviera nazionale. 
    D'altra parte lo stesso art. 1 della citata legge di riordino del
sistema camerale (l. n. 580 del 1993) nello stabilire che  le  camere
di commercio, industria, artigianato e agricoltura sono enti pubblici
dotati  di  autonomia  funzionale  che  svolgono,  nell'ambito  della
circoscrizione territoriale di competenza, sulla base  del  principio
di  sussidiarieta'  di  cui  all'articolo  118  della   Costituzione,
funzioni  di  interesse  generale  per  il  sistema  delle   imprese,
curandone lo sviluppo nell'ambito delle economie locali, imprime agli
enti camerali un perimetro d'azione necessariamente  localistico  che
appare inconciliabile, proprio in corretta applicazione del principio
di sussidiarieta', con la proficua tutela di interessi  di  categoria
che trascendono l'ambito strettamente locale. 
    In senso contrario, da ultimo, non potrebbe condurre  il  rilievo
dell'appellato  ente  camerale  secondo   cui   il   recupero   della
rappresentativita'  a  livello  nazionale   degli   interessi   della
categoria della Camera di commercio di Parma avverrebbe a livello  di
Unioncamere, e cioe' dell'ente autonomo che coinvolge l'unione  delle
camere di commercio italiane. 
    E' bensi' vero che, in base allo Statuto di Unioncamere (art.  2)
nonche' ai sensi dell'art. 7 della legge 29  dicembre  1993,  n.  580
(recante il  riordinamento  delle  camere  di  commercio,  industria,
agricoltura e artigianato),  Unioncamere  rappresenta  gli  interessi
generali delle camere di commercio presenti sul territorio nazionale;
ma tale  rappresentanza,  proprio  perche'  riferita  agli  interessi
generali del sistema camerale italiano, non  incide  sulla  sfera  di
autonomia di ciascuna camera  di  commercio  nell'organizzazione  dei
propri servizi, nonche'  dei  compiti  e  delle  specifiche  funzioni
affidati alle loro cure, vieppiu' quando, come nel caso in esame, gli
stessi siano trasferiti ad organismi appositamente istituiti e  posti
sotto la diretta vigilanza dell'ente camerale territoriale. 
    Di qui la non manifesta infondatezza della ipotizzata violazione,
da parte della disposizione normativa qui in esame, dei  principi  di
differenziazione, sussidiarieta' ed adeguatezza compendiati nell'art.
118 della Costituzione. 
    In  definitiva,  per  le  suestese   considerazioni,   ferma   la
statuizione sulla ammissibilita'  del  ricorso  di  primo  grado,  il
giudizio va sospeso e va disposta  la  immediata  trasmissione  degli
atti di causa alla Corte  costituzionale  per  la  risoluzione  della
dianzi esposta questione di legittimita' costituzionalita'. 
    Le spese del presente grado di giudizio saranno liquidate in sede
di sentenza definitiva. 
 
                                P.Q.M. 
 
    Il Consiglio di Stato in sede  giurisdizionale  (Sezione  Sesta),
parzialmente e non definitivamente pronunciando sull'appello  (RG  n.
4703/12), come in epigrafe proposto, cosi' provvede: 
        Dichiara ammissibile, nei sensi di  cui  in  motivazione,  il
ricorso  di  primo  grado,  in  riforma  sul  punto  della  impugnata
sentenza; 
        Dichiara  rilevante  e  non  manifestamente   infondata,   in
relazione agli artt. 3, 97 e 118 della Costituzione, la questione  di
legittimita'. costituzionale dell'art. 7, comma 20, del decreto-legge
31 maggio 2010,  n.  78  (nel  testo  coordinato  con  il  richiamato
allegato 2) convertito in  legge,  con  modificazioni,  dall'art.  1,
comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122 e  dispone  la  immediata
trasmissione degli atti di causa alla  Corte  costituzionale  per  la
risoluzione della relativa questione; 
        Ordina che a cura della segreteria della sezione la  presente
ordinanza-sentenza parziale sia notificata alle parti in causa  e  al
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  nonche'   comunicata   ai
Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica; 
        Riserva alla decisione definitiva la pronuncia sulle spese. 
    Cosi' deciso in Roma nella Camera  di  consiglio  del  giorno  18
marzo 2014 con l'intervento dei magistrati: 
        Luciano Barra Caracciolo, Presidente; 
        Vito Carella, Consigliere; 
        Claudio Contessa, Consigliere; 
        Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere, Estensore; 
        Bernhard Lageder, Consigliere. 
 
               Il Presidente: Luciano Barra Caracciolo 
 
 
                             L'estensore: Giulio Castriota Scanderbeg