N. 40 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 ottobre 2015
Ordinanza del 9 ottobre 2014 del Consiglio di Stato sul ricorso proposto da ANICAV - Associazione nazionale degli industriali delle conserve alimentari vegetali ed altri contro la Camera di commercio, industria, artigianato, agricoltura di Parma ed altri.. Enti pubblici - Soppressione di enti pubblici economici statali posti sotto la vigilanza del Ministero dello sviluppo economico, denominati Stazioni sperimentali per l'industria, e trasferimento dei compiti ed attribuzioni degli stessi alle Camere di commercio indicate nell'allegato 2 del decreto-legge censurato - In particolare, soppressione della Stazione sperimentale per l'industria delle conserve alimentari (SSICA) di Parma e trasferimento delle relative funzioni alla CCIA di Parma - Violazione del principio di uguaglianza per l'ingiustificato trattamento di privilegio delle industrie conserviere della Provincia di Parma rispetto a quelle aventi sede in altre province italiane - Incidenza sui principi di imparzialita' e buon andamento della pubblica amministrazione - Violazione dei principi di sussidiarieta', adeguatezza e differenziazione. - Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, art. 7, comma 20. - Costituzione, artt. 3, 97 e 118.(GU n.12 del 25-3-2015 )
IL CONSIGLIO DI STATO in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) Ha pronunciato la presente Sentenza Sul ricorso numero di registro generale 4703 del 2012, proposto da: Anicav - Associazione nazionale degli industriali delle conserve alimentari vegetali, Agricola Tre Valli s.c.a.r.l., Doria s.p.a., Salvati Mario & C. s.p.a., in persona dei rispettivi rappresentanti legali, rappresentati e difesi dall'avvocato Angelo Clarizia, con domicilio eletto presso il medesimo difensore in Roma, via Principessa Clotilde n. 2; Contro la Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Parma, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Franco Gaetano Scoca e Francesco Vetro', con domicilio eletto presso il difensore del primo in Roma, via Giovanni Paisiello, 55; Nei confronti di Stazione sperimentale per l'industria delle conserve alimentari, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avvocato Carlo Sicuro, con domicilio eletto presso Fausta Marchese in Roma, via Palestro, 56; Ministero dello sviluppo economico e Ministero dell'economia e delle finanze, in persona dei rispettivi rappresentanti, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici domiciliano in Roma, via dei Portoghesi, 12; Per la riforma della sentenza del T.A.R. Emilia-Romagna - Sez. staccata di Parma: Sezione I n. 138/2012, resa tra le parti, concernente trasferimento dei compiti e delle attribuzioni del personale e delle risorse strumentali e finanziarie delle soppresse stazioni sperimentali per l'industria; Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Parma, della Stazione sperimentale per l'industria delle conserve alimentari vegetali, del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell'economia; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 18 marzo 2014, il consigliere di Stato Giulio Castriota Scanderbeg e uditi per le parti l'avvocato Clarizia, l'avvocato Alessandro Gigli, per delega dell'avvocato Franco Gaetano Scoca, l'avvocato Vetro' e l'avvocato dello Stato Grasso; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. Fatto e diritto 1. L'A.N.I.C.A.V. (Associazione nazionale degli industriali delle conserve alimentari vegetali), unitamente alle societa' Agricola Tre Valli s.c.a.r.l., la Doria s.p.a. e Salvati Mario & C. s.p.a. (attive nel settore delle conserve alimentari), impugnano la sentenza del Tribunale amministrativo regionale dell'Emilia-Romagna, sez. di Parma, 30 marzo 2012, n. 138 che ha dichiarato inammissibile per difetto di interesse il ricorso di primo grado dagli stessi proposto per l'annullamento: a) della delibera 14 giugno 2010, n. 116 della Camera di commercio di Parma con la quale, in attuazione dell'art. 7, comma 20, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, e' stata istituita l'Azienda speciale della Camera di commercio di Parma denominata Stazione sperimentale per l'industria delle conserve alimentari; b) del decreto del Ministro dello sviluppo economico, adottato di concerto con il Ministro dell'economia, 1° aprile 2011, recante "tempi e modalita' di trasferimento dei compiti e delle attribuzioni, del personale e delle risorse strumentali e finanziarie delle soppresse Stazioni sperimentali per l'industria" (oggetto dei primi motivi aggiunti di primo grado); c) della delibera della Camera di commercio di Parma 4 luglio 2011, n. 143, con cui sono state sostanzialmente confermate le decisioni precedentemente assunte in ordine alla costituzione della predetta azienda speciale (oggetto dei secondi motivi aggiunti). Le appellanti lamentano la erroneita' della sentenza impugnata, e ne chiedono la riforma sia nella parte in cui la stessa ha rilevato il difetto di interesse delle originarie ricorrenti a censurare l' assetto organizzativo del nuovo ente derivante dalla soppressione della Stazione sperimentale statale, sotto il profilo che nessun profilo di pregiudizio sarebbe ravvisabile per le loro ragioni, sia nella parte in cui, con motivazione ultronea, il giudice di primo grado ha rilevato la infondatezza nel merito delle censure dedotte. Insistono le appellanti per la integrale riforma della sentenza sul rilievo della sussistenza di un loro evidente e diretto interesse al ripristino della soppressa Stazione sperimentale di matrice statale, ai cui oneri di mantenimento direttamente provvedevano e di cui nominavano, per il tramite della (appellante) associazione di categoria, due componenti del consiglio di amministrazione. Reiterano altresi' le appellanti gli argomenti, gia' inutilmente fatti valere dinanzi al giudice di prime cure, in ordine alla fondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 20, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, sollevata in relazione agli articoli 3, 97 e 118 della Costituzione. 2. Si sono costituiti in giudizio il Ministero dello sviluppo economico, la Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Parma nonche' l'Azienda speciale denominata Stazione sperimentale per l'industria delle conserve alimentari per resistere all'appello e per chiederne la reiezione. Le parti hanno illustrato con successive memorie le loro rispettive difese in vista dell'udienza pubblica di discussione del ricorso. All'udienza del 18 marzo 2014 la causa e' stata trattenuta per la sentenza. 3. Rileva il Collegio che l'appello puo' essere definito, nei sensi di cui appresso, solo limitatamente alla censurata declaratoria di inammissibilita', per difetto di interesse, del ricorso e dei motivi aggiunti di primo grado. Per contro, ai fini dell'esame delle questioni di merito oggetto del ricorso di primo grado, risulta pregiudiziale la delibazione della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 20, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 sollevata, come gia' anticipato, in relazione agli artt. 3, 97 e 118 della Costituzione. 4. Va premesso che con l'art. 7 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (convertito in legge 30 luglio 2010, n. 122), e' stata disposta la soppressione di alcuni enti pubblici economici statali posti sotto la vigilanza del Ministero dello sviluppo economico, denominati Stazioni sperimentali per l'industria, ed e' stato fatto luogo al trasferimento dei compiti e delle attribuzioni precedentemente svolti dai medesimi enti alle Camere di commercio indicate nell'allegato 2 dello stesso decreto. Per quel che rileva nel presente giudizio, in base alla citata disposizione normativa, la Camera di commercio di Parma, e' stato individuato quale ente conferitario della Stazione sperimentale per l'industria delle conserve alimentari vegetali. 5. Con la impugnata delibera 14 giugno 2010, n. 116, l'ente camerale parmense ha immediatamente costituito un'azienda speciale, denominata anch'essa Stazione sperimentale per l'industria delle conserve alimentari, alla quale sono stati attribuiti i compiti e le funzioni gia' precedentemente esercitati dall'ente pubblico statale denominato Stazione sperimentale per l'industria delle conserve alimentari. La costituzione dell'azienda speciale e' avvenuta prima ancora che nel testo dell'art. 7, comma 20, ultimo alinea, del decreto-legge n. 78 del 2010, fosse inserita, ad opera della legge di conversione 30 luglio 2010, n. 122, la previsione di un decreto ministeriale attuativo che avrebbe dovuto dettare (come poi in effetti avvenuto con il decreto 1° aprile 2011) tempi e modalita' di trasferimento dei compiti e delle attribuzioni gia' in capo alle stazioni sperimentali nazionali. Tale ultima circostanza, che ha determinato lo sfasamento temporale dell'atto istitutivo rispetto alla tempistica impressa dalla legge di conversione del decreto, ha dato corpo al motivo di censura di difetto di attribuzioni, in capo alla Camera di commercio di Parma, di istituire la suddetta azienda speciale prima dell'adozione del relativo decreto attuativo (per quanto, si ripete, lo stesso non fosse originariamente previsto nel testo del decreto-legge). Inoltre, le appellanti hanno contestato, sotto ulteriori svariati profili, la legittimita' di tale delibera nonche' degli atti sopravvenuti gravati con motivi aggiunti (vale a dire il decreto del Ministero dello sviluppo economico 1° aprile 2011 e la delibera della Camera di commercio di Parma 4 luglio 2011, n. 143), lamentando, ancor prima, che la sentenza di primo grado avrebbe del tutto erroneamente ritenuto insussistente l'interesse al ricorso delle odierne deducenti, 6. Per ragioni di ordine logico, va pertanto affrontata prioritariamente la questione dell'interesse a ricorrere in capo alle odierne appellanti, ritenuta insussistente, nella decisione qui censurata, dal giudice di primo grado. Il Tar, nella impugnata sentenza, ha sul punto ritenuto che "non e' dato ravvisare in quale aspetto dei censurati atti la parte ricorrente ritenga inverato un vulnus al proprio interesse" e che cio' sarebbe confermato dagli stessi dati forniti ex post dalla azienda speciale camerale " laddove essa ha rappresentato che, a seguito del passaggio di funzioni per cui e' causa, per i contribuenti nulla e' cambiato, dal momento che gli stessi hanno accesso agli stessi servizi, nelle stesse sedi, presso gli stessi laboratori, con il medesimo personale, versando gli stessi contributi". Ad ulteriore conferma del rilevato difetto di interesse a censurare il nuovo assetto organizzativo delle funzioni trasferite all'ente camerale della provincia di Parma, il giudice di primo grado adduce il dato fattuale del consistente accesso, medio tempore intervenuto da parte delle odierne societa' appellanti, ai servizi della azienda speciale facente capo alla Camera di commercio di Parma (quali corsi formativi, convegni, analisi di laboratorio, progetti di ricerca e similia), a dimostrazione che per gli originari ricorrenti nulla sarebbe sostanzialmente cambiato (donde il rilevato difetto di interesse alla impugnazione degli atti) a seguito del trasferimento di compiti e funzioni dall'ente economico statale all'ente camerale della provincia di Parma e, da questo, alla neo istituita azienda speciale. Le appellanti evidenziano la contraddittorieta' e la erroneita' della motivazione della sentenza di primo grado nelle parti dianzi richiamate. Il Collegio ritiene che tali censure d'appello siano condivisibili. A prescindere dal non condivisibile profilo di censura relativo alla asserita contraddittorieta' della motivazione ostesa nella sentenza definitiva di primo grado rispetto a quanto rilevato dallo stesso giudice, in punto di interesse a ricorrere, nella sede cautelare (la pronuncia cautelare ha di per se' natura interinale e non ha mai natura di "precedente" vincolante, tanto meno sulla ricorrenza delle condizioni dell'azione), il Collegio ritiene nondimeno che l'interesse al ricorso in capo agli originari ricorrenti sia ben evidente e vada ritenuto sussistente, gia' alla luce del dato fattuale secondo cui le societa' ricorrenti hanno sede operativa al di fuori della provincia di Parma e che l'associazione ricorrente rappresenta le imprese di categoria operanti anch'esse su tutto il territorio nazionale. Ora, proprio tale ampia dimensione dello spazio economico operativo dei soggetti ricorrenti, connessa all'assenza di collegamento (anche solo sul piano formale della fissazione della sede legale) con il territorio della provincia di Parma (e cioe' con il perimetro operativo e rappresentativo dell'ente camerale appellato), rende evidente il loro interesse a censurare il nuovo assetto organizzativo delle funzioni trasferite, sotto il dedotto profilo che l'esercizio unitario delle stesse funzioni sarebbe meglio garantito da un ente pubblico a carattere nazionale (quale la soppressa Stazione sperimentale) piuttosto che da un ente locale quale la Camera di commercio di Parma (e, per essa, dall'azienda speciale a tal uopo costituita). La notazione e' assorbente e da' conto della sussistenza dell'interesse processuale in capo agli originari soggetti ricorrenti anche senza considerare i pur rilevanti profili connessi alla maggiore rappresentativita', per le imprese aventi sede al di fuori della provincia di Parma, che il vecchio assetto organizzativo dell'ente nazionale assicurava rispetto al nuovo modello camerale, in cui e' per converso prevalente, a termini dello statuto della locale camera di commercio, l'apporto delle imprese operanti in ambito provinciale agli organi rappresentativi dell'ente. Per superare l'evidenza, nel caso qui dato, dell'interesse al ricorso, quale imprescindibile condizione dell'azione processuale, non potrebbe d'altra parte riconnettersi rilievo all'elemento di fatto - prospettato dalle odierne appellate - rappresentato dalla utilizzazione da parte delle societa' appellanti dei servizi medio tempore resi dall'ente camerale. Tale elemento, peraltro connesso alla necessita' di usufruire, nell'immediato, di servizi non erogabili da soggetti diversi dalla neo istituita azienda speciale presso la Camera di commercio di Parma, lungi dal configurare una sorta di inammissibile acquiescenza al nuovo assetto organizzativo delle funzioni trasferite a livello locale, non potrebbe elidere, a parer del Collegio, l'interesse a veder modificato pro futuro l'assetto del modello ordinamentale, a mezzo del ripristino dell'ente soppresso ed il ritorno ad una allocazione a livello centrale delle stesse funzioni trasferite. Sussiste, pertanto, sulla base dei rilievi esposti, l'interesse delle odierne parti appellanti alla proposizione del ricorso di primo grado. La sentenza impugnata va in parte qua riformata, risultando ammissibile il ricorso di prime cure. 7. Venendo ora a trattare della questione centrale del giudizio che, come detto, investe la legittimita' degli atti con i quali la Camera di commercio di Parma ha istituito la piu' volte citata azienda speciale, il Collegio ritiene che sia prioritario l'esame della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 20, del d.l. 31 maggio 2010, n. 78 (recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica) sollevata, gia' nell'ambito del ricorso di primo grado e qui reiterata dalle parti appellanti, in relazione alla prospettata violazione dei parametri costituzionali compendiati negli artt. 3, 97 e 118 della Costituzione. 8. Appare anzitutto indubbia, ai fini della definizione del presente giudizio, la rilevanza della proposta questione di legittimita' costituzionale posto che tutti gli atti in primo grado impugnati hanno assunto a base giuridica la disposizione qui censurata sul piano della legittimita' costituzionale, di tal che l'effetto caducatorio di un'eventuale sentenza dichiarativa della illegittimita' della disposizione attingerebbe gli stessi atti impugnati, determinandone l'annullamento per invalidita' derivata. 9. Quanto ai profili di illegittimita' costituzionale della piu' volte citata disposizione normativa, per come evidenziati negli scritti difensivi delle parti appellanti, vale osservare che le stesse hanno prioritariamente dedotto come appaia irragionevole che la disposizione censurata, inserita in un quadro normativo volto al miglioramento della competitivita' dell'intero sistema produttivo del Paese, abbia attribuito le funzioni di promozione e di sostegno all'innovazione ed alla ricerca, in un settore strategico per tutte le imprese del settore operanti sul territorio nazionale, ad un ente, quale la Camera di commercio di Parma, avente attribuzioni territorialmente e funzionalmente limitate. Sotto tal profilo, la disposizione sarebbe in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, se si considera che alle imprese del settore operanti nella provincia di Parma sarebbe garantito un livello di rappresentativita' ben superiore a quella, sempre del settore dell'industria conserviera nazionale, aventi sede operativa in altre province italiane (le quali sono sfornite di poteri rappresentativi in seno alla camera di commercio di Parma, laddove contribuivano a nominare due componenti del consiglio di amministrazione nell'ambito della soppressa Stazione sperimentale nazionale). Sotto altro riguardo le appellanti hanno prospettato un possibile vulnus, recato dalla disposizione normativa in esame, ai principi del buon andamento e della imparzialita' dell'organizzazione amministrativa. Sul punto e' stato dedotto che, da un lato, la Camera di commercio di Parma non avrebbe la struttura e le competenze per assicurare il corretto esercizio delle funzioni amministrative trasferite e, dall'altro, non potrebbe assicurare l'osservanza del principio di imparzialita', essendo statutariamente deputata a rappresentare gli interessi delle imprese operanti nella provincia di Parma. Da ultimo, secondo le appellanti, la norma de qua si porrebbe in aperto contrasto con l'art. 118 della Costituzione dal momento che attribuisce a livello locale compiti e funzioni amministrative che, in base ai principi di sussidiarieta', differenziazione e adeguatezza, dovrebbero essere allocati a livello statale perche' ne sia garantito l'unitario e piu' efficiente esercizio nell'interesse di tutte le imprese conserviere nazionali. 10. Il Collegio ritiene che la questione di legittimita' costituzionale della citata disposizione normativa, nei termini dianzi succintamente riportati, oltre che rilevante ai fini decisori, non sia manifestamente infondata e che ne vada pertanto rimesso l'esame della Corte costituzionale. 11. Va premesso anzitutto, sul piano sistematico, che il citato art. 7, comma 10, del decreto-legge n. 78 del 2010 (recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica) e' inserito nel capo II dello stesso decreto, la cui rubrica e' titolata "riduzione del costo degli apparati politici ed amministrativi". Gia' dal titolo della rubrica risulta evidente che la ratio sottesa all'intervento legislativo, e che d'altronde permea le restanti disposizioni del capo in esame, sia quella di perseguire un significativo risparmio di spesa attraverso la soppressione di enti ritenuti costosi per l'erario e non piu' strategici per il perseguimento dell'interesse pubblico nazionale. Senonche', gia' sotto tale primo aspetto, la disposizione censurata esibisce profili di immediata irragionevolezza ove si consideri che la soppressa Stazione sperimentale, al pari della neo istituita azienda speciale camerale, risultava finanziata in misura preponderante con i contributi delle imprese del settore conserviero e che la stessa legge si premurava di precisare che "gli stanziamenti finanziari a carico del bilancio dello Stato previsti, alla data di entrata in vigore del presente provvedimento, per il funzionamento dei predetti enti pubblici confluiscono nello stato di' previsione della spesa o nei bilanci delle amministrazioni alle quali sono trasferiti i relativi compiti ed attribuzioni, insieme alle eventuali contribuzioni a carico degli utenti dei servizi per le attivita' rese dai medesimi enti pubblici"; di tal che non appare ricorrere nel caso di specie la primaria finalita' perseguita dal legislatore, coincidente con esigenze di risparmio della spesa pubblica. 12. Ma anche a prescindere da tale pur rilevante profilo di irragionevolezza della disposizione, che in ogni caso si riverbera nella violazione del canone costituzionale di uguaglianza sancito all'art. 3 della Cost. (secondo l'interpretazione, non letterale e formalistica, che di tale disposizione si rinviene nella giurisprudenza costituzionale), la stessa suscita ulteriori e ancor piu' evidenti dubbi di legittimita' costituzionale sotto tre distinti profili, correttamente posti in rilievo dalle parti appellanti. Anzitutto, non appare manifestamente infondato il motivo attinente, sotto distinto profilo, la violazione del principio di uguaglianza sancito dal richiamato art. 3 della Costituzione, sul piano della discriminazione tra operatori economici attivi nello stesso settore dell'industria conserviera in ambito nazionale. Per vero, la determinazione assunta in via legislativa di attribuire le funzioni di promozione e di sostegno all'innovazione e alla ricerca finalizzate al miglioramento della competitivita' dell'intero sistema produttivo nazionale ad un ente avente attribuzioni territorialmente e funzionalmente limitate, rappresentativo soltanto dei propri iscritti e degli interessi connessi allo sviluppo economico ed industriale dell'ambito circoscrizionale della provincia di Parma risulta contraria al principio di uguaglianza, posto che gli operatori non aventi sede operativa nella suddetta provincia potrebbero essere discriminati, in ragione, a tacer d'altro, della minor rappresentativita' negli organi camerali rispetto agli imprenditori della provincia di Parma, nella determinazione delle politiche gestionali e nelle scelte strategiche della azienda speciale posta sotto il controllo diretto della Camera di commercio di Parma (si pensi, solo ad esempio, alla scelta delle produzioni agricole da sostenere e incentivare in rapporto alle esigenze dell'industria conserviera). 13. Sotto altro profilo, il trasferimento dei compiti e delle funzioni suindicate all'ente camerale della provincia di Parma appare in contrasto con i principi di buon andamento e di imparzialita' dell'organizzazione amministrativa (art. 97 Cost.), se si considera che l'ente camerale di Parma non ha competenze e strutture adeguate ad assicurare il corretto ed unitario esercizio delle funzioni trasferite su tutto il territorio nazionale. Inoltre, appare evidente il vulnus al principio di imparzialita' dell'agire amministrativo che il nuovo assetto organizzativo introdotto dalla disposizione normativa censurata riverbera nella gestione della stazione sperimentale per l'industria alimentare posto che la Camera di commercio di Parma, dovendo per legge e per statuto perseguire esclusivamente gli interessi dei propri iscritti e del tessuto economico della provincia di appartenenza, non appare ente adeguato a svolgere in modo imparziale le attribuzioni conferite in favore di tutti gli imprenditori del settore conserviero operanti a livello nazionale. 14. Da ultimo, non appare manifestamente infondata la prospettata violazione del parametro costituzionale compendiato nell'art. 118 della Costituzione, e dei principi di sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza che ne costituiscono corollario, sotto il profilo che il trasferimento delle funzioni amministrative ad un livello di governo territorialmente piu' prossimo ai destinatari delle prestazioni trasferite, in tanto puo' risultare aderente al modello di sussidiarieta' verticale delineato in Costituzione, in quanto lo stesso si traduca in una soluzione comunque adeguata ed efficiente, capace di garantire il corretto ed omogeneo esercizio delle funzioni trasferite su tutto il territorio di riferimento. Nel caso in esame si sono gia' esposte le ragioni che avrebbero consigliato il mantenimento a livello centrale delle funzioni trasferite, tenuto conto che la dimensione locale dell'istituto camerale non sembrerebbe prima facie compatibile con l'ottimale ed unitario esercizio di quelle funzioni in favore di tutti gli operatori della industria conserviera nazionale. D'altra parte lo stesso art. 1 della citata legge di riordino del sistema camerale (l. n. 580 del 1993) nello stabilire che le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura sono enti pubblici dotati di autonomia funzionale che svolgono, nell'ambito della circoscrizione territoriale di competenza, sulla base del principio di sussidiarieta' di cui all'articolo 118 della Costituzione, funzioni di interesse generale per il sistema delle imprese, curandone lo sviluppo nell'ambito delle economie locali, imprime agli enti camerali un perimetro d'azione necessariamente localistico che appare inconciliabile, proprio in corretta applicazione del principio di sussidiarieta', con la proficua tutela di interessi di categoria che trascendono l'ambito strettamente locale. In senso contrario, da ultimo, non potrebbe condurre il rilievo dell'appellato ente camerale secondo cui il recupero della rappresentativita' a livello nazionale degli interessi della categoria della Camera di commercio di Parma avverrebbe a livello di Unioncamere, e cioe' dell'ente autonomo che coinvolge l'unione delle camere di commercio italiane. E' bensi' vero che, in base allo Statuto di Unioncamere (art. 2) nonche' ai sensi dell'art. 7 della legge 29 dicembre 1993, n. 580 (recante il riordinamento delle camere di commercio, industria, agricoltura e artigianato), Unioncamere rappresenta gli interessi generali delle camere di commercio presenti sul territorio nazionale; ma tale rappresentanza, proprio perche' riferita agli interessi generali del sistema camerale italiano, non incide sulla sfera di autonomia di ciascuna camera di commercio nell'organizzazione dei propri servizi, nonche' dei compiti e delle specifiche funzioni affidati alle loro cure, vieppiu' quando, come nel caso in esame, gli stessi siano trasferiti ad organismi appositamente istituiti e posti sotto la diretta vigilanza dell'ente camerale territoriale. Di qui la non manifesta infondatezza della ipotizzata violazione, da parte della disposizione normativa qui in esame, dei principi di differenziazione, sussidiarieta' ed adeguatezza compendiati nell'art. 118 della Costituzione. In definitiva, per le suestese considerazioni, ferma la statuizione sulla ammissibilita' del ricorso di primo grado, il giudizio va sospeso e va disposta la immediata trasmissione degli atti di causa alla Corte costituzionale per la risoluzione della dianzi esposta questione di legittimita' costituzionalita'. Le spese del presente grado di giudizio saranno liquidate in sede di sentenza definitiva.
P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), parzialmente e non definitivamente pronunciando sull'appello (RG n. 4703/12), come in epigrafe proposto, cosi' provvede: Dichiara ammissibile, nei sensi di cui in motivazione, il ricorso di primo grado, in riforma sul punto della impugnata sentenza; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 3, 97 e 118 della Costituzione, la questione di legittimita'. costituzionale dell'art. 7, comma 20, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (nel testo coordinato con il richiamato allegato 2) convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122 e dispone la immediata trasmissione degli atti di causa alla Corte costituzionale per la risoluzione della relativa questione; Ordina che a cura della segreteria della sezione la presente ordinanza-sentenza parziale sia notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' comunicata ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica; Riserva alla decisione definitiva la pronuncia sulle spese. Cosi' deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 18 marzo 2014 con l'intervento dei magistrati: Luciano Barra Caracciolo, Presidente; Vito Carella, Consigliere; Claudio Contessa, Consigliere; Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere, Estensore; Bernhard Lageder, Consigliere. Il Presidente: Luciano Barra Caracciolo L'estensore: Giulio Castriota Scanderbeg