N. 1 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 9 marzo 2015
Ricorso per conflitto tra enti depositato in cancelleria il 9 marzo 2015 (della Regione Emilia-Romagna). Corte dei conti - Controllo sui rendiconti dei gruppi consiliari della Regione Emilia-Romagna in relazione all'esercizio finanziario 2012 - Atti di citazione in giudizio di capigruppo consiliari e di consiglieri regionali emessi dalla Procura regionale della Corte dei conti come prosecuzione dell'iniziativa avviata con gli inviti a dedurre nei confronti degli stessi (gia' impugnati dalla Regione con conflitto tra enti n. 8/14) - Ricorso per conflitto di attribuzione promosso dalla Regione Emilia-Romagna nei confronti dello Stato - Denunciata esorbitanza dal potere giurisdizionale della Corte dei conti - Invasione dell'autonomia organizzativa e contabile del Consiglio regionale - Pregiudizio dell'autonomia costituzionalmente garantita al Consiglio e ai suoi gruppi consiliari - Lamentata lesivita' e arbitrarieta' di atti di citazione perfettamente corrispondenti agli esiti degli atti di controllo illegittimamente assunti e poi annullati dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 130 del 2014 e cio' nonostante presi in considerazione dalla Procura della Corte dei conti come fondamento documentale della propria iniziativa - Invasione delle scelte di merito riservate all'autonomia del Consiglio regionale - Esorbitanza dai limiti della funzione di controllo e del sindacato giurisdizionale - Richiesta alla Corte di dichiarare che non spetta allo Stato e, per esso, alla Procura regionale della Corte dei Conti, il potere di emettere i gravati atti di citazione e, per l'effetto, di annullare i medesimi e le istanze di sequestro conservativo in alcuni di essi contenute. - Atti di citazione della Procura regionale presso la Sezione giurisdizionale per l'Emilia-Romagna del 3 dicembre 2014, nn. 44026 e 44030; Atti di citazione della Procura regionale presso la Sezione giurisdizionale per l'Emilia-Romagna del 4 dicembre 2014, nn. 44031, 44032, 44034, 44035, 44036 e 44037; Atti di citazione della Procura regionale presso la Sezione giurisdizionale per l'Emilia-Romagna del 22 dicembre 2014, nn. 44047, 44049, 44050, 44051 e 44052. - Costituzione, art. 122, comma quarto; legge della Regione Emilia-Romagna 8 settembre 1997, n. 32.(GU n.12 del 25-3-2015 )
Della Regione Emilia Romagna, in persona del Presidente della
Giunta regionale, legale rappresentante pro-tempore, Sig. Stefano
Bonaccini, autorizzato con deliberazione della Giunta regionale
progr. n. 130 del 16 febbraio 2015, rappresentata e difesa per
mandato speciale a margine dal prof. avv. Giandomenico Falcon (C.F.
FLC GDM 45C06 L736E), dal prof. avv. Franco Mastragostino (C.F. MST
FNC 47E07 A059Q) e dall'avv. Luigi Manzi (C.F. MNZ LGU 34E15 H501Y;
fax: 06/3211370; Pec: luigimanzi@ordineavvocatiroma.org) ed
elettivamente domiciliata presso lo Studio di quest'ultimo in Roma,
Via Confalonieri n. 5, contro la Presidenza del Consiglio dei
ministri, in persona del Presidente in carica;
con notifica anche:
alla Corte dei conti, Procura regionale per l'Emilia Romagna
- Bologna, in persona del Procuratore Regionale;
alla Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione
Emilia Romagna, in persona del suo Presidente;
per la dichiarazione che non spetta allo Stato e per esso alla
Procura regionale della Corte dei conti il potere di citare in
giudizio i Capigruppo e i Consiglieri regionali come prosecuzione
dell'iniziativa avviata con gli inviti a dedurre gia' impugnati per
conflitto di attribuzione (R.G. n. 8/2014 Reg. Conflitto Enti) in
relazione alle spese dei Gruppi consiliari relative all'esercizio
2012, sovrapponendo autonomi e differenti apprezzamenti alle
valutazioni di merito riservate agli organi regionali, cosi'
protraendo la precedente illegittima azione di controllo e
fuoriuscendo dai legittimi confini del sindacato giurisdizionale e,
quindi, per il conseguente annullamento anche di tali atti e delle
istanze di sequestro conservativo in alcuni di essi contenute come di
seguito individuati:
1. Atto di citazione, con contestuale istanza di sequestro
conservativo, nei confronti di Roberto Sconciaforni, nato a Bologna
il 31 maggio 1968 (C.F. SCNRRT68E31A944R);
2. Atto di citazione, con contestuale istanza di sequestro
conservativo, nei confronti di Liana Barbati, nata a Guastalla il 23
ottobre 1948 (C.F. BRBLNI48R63E253L);
3. Atto di citazione, con contestuale istanza di sequestro
conservativo, nei confronti di Andrea Defranceschi, nato a Bologna il
31 luglio 1971 (C.F. DFRNDR71L31A944M);
4. Atto di citazione, con contestuale istanza di sequestro
conservativo, nei confronti di Marco Monari, nato a Bologna il 22
gennaio 1961 (C.F. MNRMRC61A22A944P);
5. Atto di citazione, con contestuale istanza di sequestro
conservativo, nei confronti di Gian Guido Naldi, nato a San Lazzaro
di Savena il 10 luglio 1949 (C.F. NLDGGD49L10H945B);
6. Atto di citazione, con contestuale istanza di sequestro
conservativo, nei confronti di Luigi Giuseppe Villani, nato in
Argentina il 02 maggio 1955 (C.F. VLLLGS55E02Z600M);
7. Atto di citazione, con contestuale istanza di sequestro
conservativo, nei confronti di Silvia Noe', nata a Bologna il 08
ottobre 1961 (C.F. NOESLV61 R48A944L);
8. Atto di citazione, con contestuale istanza di sequestro
conservativo, nei confronti di Matteo Riva, nata a Reggio Emilia il
10 febbraio 1969 (C.F. RVIMTT69B10H223K);
9. Atto di citazione nei confronti di Andrea Pollastri, nato
a Piacenza il 21 aprile 1965 (C.F. PLLNDR65D21G535P), nonche' nei
confronti del Capogruppo Luigi Giuseppe Villani;
10. Atto di citazione nei confronti di Alberto Vecchi, nato a
Bologna il 21 dicembre 1963 (C.F. VCCLRT63T21A944T), nonche' nei
confronti del Capogruppo Luigi Giuseppe Villani;
11. Atto di citazione nei confronti di Marco Carini, nato a
Piacenza il 14 maggio 1958 (C.F. CRNMRC58E14G535I), nonche' nei
confronti del Capogruppo Marco Monari;
12. Atto di citazione nei confronti di Roberto Montanari,
nato ad Argenta il 23 febbraio 1956 (C.F. MNTRRT56B23A393K), nonche'
nei confronti del Capogruppo Marco Monari;
13. Atto di citazione nei confronti di Gabriella Meo, nata a
Roma il 19 marzo 1959 (C.F. MEOGRL59C51H501G), nonche' nei confronti
del Capogruppo Gian Guido Naldi;
nonche' di ogni altro atto di citazione, eventualmente in corso
di notifica, di pari contenuto.
Premesso in fatto
Le vicende che conducono al presente ricorso sono iniziate nel
2013, quando la Regione Emilia Romagna ha proposto ricorso per
conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione ad
alcune deliberazioni della Sezione delle autonomie e della Sezione
regionale di controllo della Corte dei conti, con cui si e',
rispettivamente, orientato ed esercitato, in riferimento
all'esercizio finanziario 2012, il potere di controllo sui rendiconti
dei gruppi consiliari a norma dell'art. 1, commi 9, 10, 11 e 12, del
decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge 7 dicembre 2012, n. 213. Tale
ricorso e' stato accolto dalla Corte costituzionale con la sentenza
n. 130/2014, che ha sancito la radicale illegittimita' dell'intera
procedura di controllo in relazione all'anno 2012.
Con la predetta sentenza la Corte ha altresi' ribadito il proprio
precedente (39/2014) affermando che il sindacato della Corte dei
conti "assume come parametro la conformita' del rendiconto al modello
predisposto in sede di Conferenza permanente Stato-Regioni" e deve,
pertanto, "ritenersi documentale, non potendo addentrarsi nel merito
delle scelte discrezionali rimesse all'autonomia politica dei Gruppi,
nei limiti del mandato istituzionale".
Pur essendo state annullate le deliberazioni della Sezione di
controllo, questa trasmetteva i risultati della sua indagine alla
Procura della Corte dei conti, che iniziava la propria attivita'
investigativa e formulava nei confronti di Capigruppo e di singoli
Consiglieri dell'Assemblea legislativa "contestazioni di
responsabilita' ed inviti a dedurre". Con ricorso in data 30 luglio
2014, questa Regione sollevava, pertanto, conflitto sia contro la
Sezione di Controllo, chiedendo l'annullamento della nota di
trasmissione alla Procura di indagini che non rientravano nelle sue
attribuzioni, che contro la Procura presso la Sezione giurisdizionale
della Corte dei conti di Bologna, per aver fatto seguire, a questa
documentazione, attivita' prodromiche all'esercizio dell'azione di
responsabilita' erariale, oltreche' per aver svolto, sulla base
dell'illegittimo atto di controllo, un generalizzato sindacato
sull'inerenza al mandato istituzionale" delle spese dei Gruppi; e
denunciando, altresi', la sostanziale disapplicazione della
precedente sentenza della Corte costituzionale.
Questo secondo conflitto non e' stato ancora deciso. Cio'
nonostante, la Procura della Corte dei conti ha proseguito nella sua
attivita', emanando gli atti di citazione in giudizio, ora in
contestazione.
Il presente conflitto costituisce la continuazione di quello
precedente, e si riferisce ad una diversa fase evolutiva della stessa
procedura, come e' dimostrato dalla circostanza che gli atti di
citazione qui impugnati sono motivati sulla base degli stessi
elementi su cui si fondano l'illegittimo atto di controllo e gli
inviti a dedurre. L'impressione di uno scontro con il Consiglio
regionale e la Regione, per non voler riconoscere l'errore compiuto
con i controlli del 2012, e' confermata dalla riproposizione negli
atti di citazione - che avrebbero dovuto soffermarsi sui singoli
incolpati, e invece in relazione ad essi non contengono nulla in piu'
del precedente atto di controllo - delle argomentazioni contenute
nella memoria difensiva della Procura nel pendente conflitto, sulle
quali e' ancora attesa la decisione di codesta ecc.ma Corte, che e'
del tutto inappropriato cercare di anticipare a proprio favore,
anziche' attendere rispettosamente - come sarebbe stato doveroso,
oltre che opportuno - la decisione di codesta Ecc.ma Corte; e cio'
pur non essendovi, alcun palese motivo di urgenza nell'anticipare la
conclusione dell'indagine e la citazione in giudizio (anche a fronte
della prorogabilita', da parte del Presidente della Sezione
giurisdizionale, del termine per proporre la citazione, decorrente
dalla presentazione delle controdeduzioni precontenziose), se non,
forse, la volonta' di cavalcare l'onda della sovraesposizione
mediatica che il tema delle "spese della politica" ha ottenuto in
tempi recenti.
Sulle ragioni del presente conflitto e sull'interesse al ricorso.
La Procura ha nuovamente agito sul presupposto di avere la
attribuzione a censurare le spese dei Gruppi assembleari e dei
Consiglieri, a contestare, nel merito, la inerenza di esse al mandato
e a rovesciare, di conseguenza, l'onere della prova, dovendo i
Consiglieri dimostrare spesa per spesa il nesso funzionale con il
mandato politico. La Regione Emilia Romagna non puo', percio',
esimersi dal rinnovare il conflitto, ribadendo le proprie ragioni,
anche per evitare che la sua eventuale inerzia possa essere valutata
come manifestazione di implicita acquiescenza.
Appare con evidenza, pertanto, l'interesse della Regione al
ricorso, trattandosi, innanzitutto, di ribadire quanto essa ha gia'
sostenuto nel precedente conflitto di attribuzione, non
riscontrandosi nella Procura della Corte dei conti un atteggiamento
di prudente attesa della pronuncia di codesta Corte, nel rispetto dei
normali principi di leale cooperazione fra Istituzioni.
Proprio all'opposto, attraverso una lettura svalutativa delle
prerogative dell'Assemblea politica e dei suoi membri, trattati come
se fossero "agenti contabili" legati da un rapporto di servizio con
l'Ente, e non tenendo in alcun conto l'esistenza di una disciplina
legislativa regionale in vigore relativa alle modalita' del controllo
sulle spese dei Gruppi consiliari, la Procura della Corte dei conti
ha assunto un atteggiamento che alla Regione appare completamente
estraneo ai suoi compiti e ai suoi poteri.
Basti solo Osservare che la pretesa della Procura di ottenere dai
singoli Consiglieri, per ogni specifica spesa, elementi di prova
dell'inerenza al mandato politico (tutte le spese per il
funzionamento decentrato del Gruppo, fra le quali vengono elencate
"Autonoleggi, taxi, bus, corrieri per spedizioni, contratti di
service, ufficio esterno consiglieri", ma anche le spese sostenute
personalmente dal Consigliere nello svolgimento del rispettivo
incarico, quali "pranzi di lavoro, treno, auto, pedaggi, aereo, hotel
per incontri e missioni, anche se pagati con carta di credito del
Gruppo") determina uno schiacciamento dei rappresentanti eletti
sull'immagine del dipendente pubblico, al quale ben si puo' chiedere
conto specifico dell'impiego del danaro pubblico messo a sua
disposizione. E', invece, del tutto evidente che l'autonomia dei
rappresentanti ed anche la riservatezza che deve tutelare la loro
attivita' politica impedisce di rendere pubblico ogni aspetto della
loro attivita' extra moenia, dei loro contatti politici e dei loro
rapporti sociali; e che su di essi certo non puo' un Giudice, sia
pure contabile, esprimersi in termini di ammissibilita' o meno, salvo
i casi di palese mancanza di qualsiasi possibile nesso tra la spesa e
la politica (per es., l'acquisto di una autovettura o di oggetti ad
uso personale). In certi casi l'attivita' del Consigliere dovrebbe
restare riservata persino nei confronti dello stesso Capo gruppo,
come mostra palesemente l'ipotesi del Gruppo misto, in cui
Consiglieri di appartenenza politica diversa non possono essere
tenuti a rivelare ogni aspetto della propria iniziativa politica ad
un Capo gruppo potenzialmente di appartenenza politica opposta.
Del resto, l'illegittima intromissione nell'autonomia del
Consiglio regionale e nella stessa attivita' politica dei consiglieri
si rende evidente anche nei passaggi nei quali la Procura, nei propri
atti di citazione enuncia una specie di "codice", che impressiona per
come introduce (come fosse un legislatore in grado di determinare
l'ampiezza dell'autonomia degli organi politici regionali) regole che
- ad avviso della ricorrente Regione - non hanno alcuna
corrispondenza con le pertinenti regole costituzionali e con la
realta' dell'attivita' dei consiglieri regionali.
Cosi' alla voce "Spese per pasti" si legge:
"In ordine alle spese per consumazioni in ristoranti, bar e
autogrill, asseritamente ricondotte a spese di rappresentanza, si
Ritiene, in via generale, che un soggetto politico che debba
incontrare colleghi, cittadini e portatori di interesse collettivi,
pur avendo un doveroso obbligo di partecipare a tali incontri e
confronti, espressivi dell'essenza piu' intrinseca della politica
[...], ben puo' e deve espletare tali costruttivi dialoghi
esclusivamente nelle competenti sedi istituzionali [...], o presso
sedi private di portatori di interessi collettivi [...], ma non certo
in un ristorante con costi (per se' e per ospiti) a carico
dell'amministrazione" (p. 29-30 citazione Sconciaforni).
Impossibile usare il taxi, per il quale "non dovuto e' il
rimborso" (si legge a p. 33), in quanto una non meglio identificata
"normativa" non lo consentirebbe. Ma neppure il treno va bene:
"Parimenti illegittimi sono inoltre i rimborsi per spese ferroviarie
e/o di trasporto sostenute per incontri con politici o movimenti del
medesimo partito in altra Regione" (p. 33): affermazioni che si
stenta a credere di leggere.
Ancora, in materia di consulenze "se e' vero che il consiglio
ragionale ... rappresenta ... il punto di sintesi degli interessi
della collettivita' regionale e deve, a tale organo essere
riconosciuta una certa autonomia anche amministrativa" (enfasi
aggiunta), tuttavia "tale autonomia non puo' ... spingersi al punto
di ignorare un chiaro - e ripetuto negli anni indirizzo del
legislatore nazionale in materia di limiti alla facolta' di affidare
consulenze ed incarichi all'esterno" (p. 34); sicche' - sempre nel
segno dell'autonomia - va ritenuto che "ciascun gruppo consiliare
soggiaccia interamente ed integralmente ai principi generali
restrittivi fissati dal legislatore statale e regionale, a nulla cio'
impingendo con il principio di autonomia politica" (p. 34); come se
le norme limitative delle consulenze affidate dagli ordinari uffici
amministrativi potessero applicarsi agli organi dotati di funzioni
legislative e autonomia costituzionale come i Consigli regionali.
Sono parole nelle quali lo straripamento del potere e il
disprezzo dell'autonomia delle istituzioni politiche sembra davvero
chiaro.
Con questo ricorso, pertanto, la Regione Emilia Romagna intende
tutelare l'autonomia degli organi elettivi nei confronti del Giudice
contabile e della sua pretesa di utilizzare i materiali di un
controllo amministrativo illegittimamente compiuto per esercitare un
sindacato di merito estraneo alle sue attribuzioni e incompatibile
con il rispetto delle prerogative degli organi politici elettivi; e
intende, altresi', assicurare l'applicazione delle proprie leggi, che
non possono essere ignorate e disapplicate dalla Procura, che le
sostituisce con criteri e modalita' di controllo e del conseguente
accertamento della responsabilita' privi di base costituzionale e
legale.
Diritto
1) Esorbitanza dal potere giurisdizionale della Corte dei conti.
Invasione dell'autonomia organizzativa e contabile del consiglio
regionale. Violazione dell'art 122, co. 4, Cost.
I consigli regionali sono dotati di autonomia contabile ed
organizzativa in virtu' di norme statali. La legge 853/1973 (abrogata
a decorrere dal 1° gennaio 2015, ma vigente al momento dei fatti in
questione) prevedeva i "contributi per il funzionamento dei gruppi
consiliari", rinviava al regolamento consiliare per la disciplina
attuativi e contemplava l'approvazione del rendiconto del Consiglio
da parte del Consiglio stesso. Ora, l'art. 67, d.lgs. 118/2011
dispone che "le regioni, sulla base delle norme dei rispettivi
statuti, assicurano l'autonomia contabile del consiglio regionale,
nel rispetto di quanto previsto dal decreto-legge 10 ottobre 2012, n.
174", e che "la presidenza del consiglio regionale sottopone
all'assemblea consiliare, secondo le norme previste nel regolamento
interno di questa, il rendiconto del Consiglio regionale".
Sulla base delle norme statali, e in primis degli artt. 121, 122
e 123 Cost., lo Statuto dell'Emilia-Romagna ha previsto e regolato
l'autonomia contabile ed organizzativa della Regione (v. l'art. 27,
commi 1-4, l'art. 28, co. 4, lett. a), l'art. 35; per i contributi ai
gruppi v. in particolare l'art. 35, co. 4, e l'art. 36, co. 4),
rinviando al regolamento interno per la disciplina attuativa. L'art.
14, co. 1, lett. f) di questo (Deliberazione dell'Assemblea
legislativa della Regione Emilia-Romagna 28 novembre 2007, n. 143,
Regolamento interno dell'assemblea legislativa dell'Emilia-Romagna)
stabilisce che l'Ufficio di presidenza "provvede alle necessita' dei
gruppi assembleari, ai sensi dell'articolo 35, comma 4, dello statuto
e delle leggi regionali in materia".
In concreto, la disciplina dettagliata delle spese dei gruppi e
del controllo su di esse operato dal Consiglio regionale si trova
nella l.r. 32/1997 e nella delibera attuativa dell'Ufficio di
presidenza n. 5 del 17 gennaio 2012, prevista dall'art. 1, co. 7,
della l.r. 32/1997. La l.r. 32/1997 e' stata abrogata dalla l.r.
11/2013 ma, con riferimento all'esercizio 2012 (quello al quale si
riferiscono gli atti di citazione qui contestati), essa era
applicabile nel testo modificato dalla l.r. 14/2010.
La l.r. 32/1997 disciplina in dettaglio i contributi ai gruppi
(art. 3), la gestione dei contributi (art. 6), la documentazione
contabile dei gruppi (art. 8), il rendiconto dei gruppi consiliari
(art. 9), il Comitato tecnico per il controllo del rendiconto (art.
11) e i provvedimenti dell'Ufficio di Presidenza (art. 12). In
particolare, l'art. 9 prevede che "i gruppi consiliari sono tenuti a
redigere e ad approvare entro il 31 marzo di ogni anno il rendiconto
relativo all'anno precedente, secondo il modello predisposto
dall'Ufficio di Presidenza del Consiglio". Il comitato tecnico e' un
organo esterno (i membri non possono essere consiglieri regionali:
art. 11, co. 7), composto da revisori ufficiali dei conti; l'Ufficio
di Presidenza puo' discostarsi dal giudizio del comitato tecnico solo
con espressa motivazione (art. 11, co. 5); lo stesso Ufficio
"accerta, distintamente per ciascun gruppo consiliare, che nel corso
del periodo cui il rendiconto si riferisce: a) non sussistono
irregolarita' di redazione del rendiconto [...]".
In generale, l'art. 1, co. 5, della legge (nel testo vigente nel
2012) stabiliva che "il Consiglio regionale, con le modalita' e gli
effetti previsti dalla presente legge, svolge controlli sulla
gestione dei contributi in denaro erogati ai gruppi a sensi degli
articoli 3 e 4, comma 5, con oneri a carico del bilancio del
Consiglio regionale", e che "i controlli mirano esclusivamente a
verificare che i contributi assegnati ai gruppi non siano devoluti a
fini diversi dal funzionamento e dalla attivita' istituzionale dei
gruppi stessi, secondo le norme dello Statuto, del Regolamento
interno del Consiglio e della presente legge". E' da sottolineare che
la Procura disconosce l'esistenza di questo controllo sull'attinenza
delle spese, dato che definisce "documentale e estrinseco" il
controllo operato dall'Ufficio di presidenza (v. p. 45 citazione
Sconciaforni).
La delibera attuativa n. 5/2012 dell'Ufficio di presidenza
disciplina ulteriormente il controllo operato sul rendiconto del
gruppo, prevedendo che esso comprenda la "rispondenza delle uscite
esposte nel rendiconto alle finalita' di cui alla l.r. 32/1997" (art.
1, co. 2, lett. d); l'art. 1, co. 4, dispone poi che "ogni
rendiconto, comprensivo degli allegati, e' approvato dal gruppo
interessato" e che "il verbale della riunione del gruppo nella quale
il rendiconto e' discusso e approvato viene allegato al rendiconto
stesso".
L'art. 2 regola i "libri e scritture contabili" che i gruppi
devono tenere, precisando che "ogni registrazione contabile deve
essere sorretta da adeguata documentazione, tutta vistata dal
capogruppo".
L'art. 3 regola i controlli quadrimestrali effettuati presso i
gruppi dal Comitato tecnico.
L'art. 4 prevede che i gruppi redigano il rendiconto secondo il
modello allegato alla stessa delibera 5/2012, che il Comitato tecnico
elabori un rapporto per ogni gruppo e che l'Ufficio di presidenza
accerti la regolarita' del rendiconto (comprensiva dell'attinenza
delle spese alle finalita' istituzionali del gruppo).
La normativa regionale, dunque, in attuazione degli artt. 121,
122 e 123 della Costituzione e delle norme legislative statali sopra
citate, ha predisposto un sistema completo di documentazione,
rendicontazione e controllo delle spese effettuate dai gruppi
consiliari. Il rendiconto e' approvato dal gruppo consiliare e
valutato da un organo esterno (il Comitato tecnico) e infine e'
oggetto di una verifica di regolarita' da parte dell'Ufficio di
presidenza.
Questi atti di approvazione e controllo si sono tradotti in
"voti" ed "opinioni", sia da parte del gruppo consiliare sia da parte
dell'Ufficio di presidenza. In base all'art. 122, co. 4, Cost., "i
consiglieri regionali non possono essere chiamati a rispondere delle
opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro
funzioni". Secondo pacifica giurisprudenza costituzionale, un atto
giurisdizionale che viola la prerogativa dell'insindacabilita' e'
impugnabile in sede di conflitto di attribuzione, perche' rappresenta
un eccesso dal potere giurisdizionale, lesivo dell'autonomia del
Consiglio regionale.
Occorre, dunque, verificare se, per qualche ragione, gli atti di
approvazione e controllo dei rendiconti dei gruppi siano sottratti
all'ambito di applicazione della prerogativa di cui all'art. 122, co.
4, cost. Come visto, tali atti sono estrinsecazione dell'autonomia
contabile ed organizzativa del Consiglio regionale, prevista dalla
Costituzione e dalle leggi statali e attuata, nella disciplina di
dettaglio, da fonti regionali. Non si tratta, dunque, di mere
funzioni "amministrative" attribuite agli organi consiliari da leggi
regionali, ma di "tipiche" funzioni di autoorganizzazione, essenziali
per l'autonomia politica del Consiglio, essendo impensabile che il
Consiglio non possa valutare se sia necessario e utile, per lo
svolgimento delle funzioni consiliari e per la tutela degli interessi
dei cittadini regionali, compiere una certa spesa di rappresentanza o
affidare una certa consulenza.
L'art. 122, co. 4, Cost. serve proprio a garantire la libera
determinazione dell'organo politicamente rappresentativo della
comunita' nel decidere come esercitare le funzioni preordinate alla
cura degli interessi della comunita', serve a preservare da
interferenze e condizionamenti esterni le determinazioni inerenti
alla sfera di autonomia propria dell'organo.
Va sottolineato altresi' che l'autonomia del Consiglio si salda
con il diritto alla riservatezza che deve tutelare la attivita'
politica dei suoi componenti e che impedisce di rendere pubblico ogni
aspetto della loro attivita' extra moenia, inclusi i loro contatti
politici e i rapporti sociali; e che su di essi certo non puo' un
Giudice, sia pure contabile, esprimersi in termini di ammissibilita'
o meno.
Codesta Corte piu' volte ha confermato che le funzioni di
autoorganizzazione sono "coperte" dall'art. 122, co. 4, cost. Ad es.,
la sentenza n. 81 del 1975 ha ricondotto sotto la sfera della
insindacabilita' sancita dall'art. 122 Cost. una delibera consiliare
di approvazione della stipula di un contratto di assicurazione dei
consiglieri regionali; le "sentenze n. 69 e n. 70 del 1985 (e poi
analogamente le sentenze n. 289 del 1997 e n. 392 del 1999) hanno
distinto dall'area insindacabile, riferita alle funzioni legislative,
di indirizzo politico e di controllo, di autoorganizzazione interna,
nonche' a quelle aggiuntive determinate dal legislatore nazionale,
un'area invece pienamente sindacabile, costituita dalle altre e
diverse funzioni amministrative, determinate dalle varie fonti
regionali" (cosi' la sent. 337/2009); la sent. 337/2009 ha ritenuto
"coperte" le funzioni "anche di tipo amministrativo purche'
strettamente finalizzate a garantire l'autonomo funzionamento dei
Consigli regionali".
Dunque, nel momento in cui una Regione predispone un sistema
completo di documentazione e controllo sulle spese del gruppi
consiliari, le decisioni del gruppo e dell'Ufficio di presidenza
attuative di tale sistema sono senz'altro funzioni "tipiche"
consiliari, strumentali all'autonomia organizzativa, contabile e
soprattutto politica del Consiglio.
La sent. 392/1999 ha affermato "la riconducibilita' all'art. 122,
quarto comma, della Costituzione delle opinioni espresse e dei voti
dati dai consiglieri regionali nell'ambito delle attivita' di
gestione dei fondi stanziati in bilancio per le esigenze di cui
sopra, con la doverosa precisazione, peraltro, che non si tratta di
una immunita' assoluta, in quanto essa non copre gli atti non
riconducibili, secondo ragionevolezza, all'autonomia ed alle esigenze
ad essa sottese".
Gli atti di citazione qui impugnati, pero', non si limitano certo
a contestare il danno causato dai singoli consiglieri nel compimento
di specifiche spese palesemente non attinenti, ma si sovrappongono
chiaramente e vanificano gli atti di approvazione e di controllo
previsti dalle norme regionali e compiuti dal gruppo e dall'Ufficio
di presidenza.
Quella sorta di curioso "decalogo" sull'uso dei fondi che si e'
descritto nella parte in "Fatto" esprime la filosofia generale di
questa sovrapposizione dei criteri di valutazione propri della
Procura della Corte dei conti rispetto alle valutazioni del Consiglio
regionale, mentre le contestazioni ricavate dall'illegittima
procedura di controllo esprimono la applicazione concreta di tale
filosofia.
Se la Corte dei conti potesse agire contro i consiglieri ed i
capigruppo in relazione a spese approvate dall'Ufficio di presidenza,
in situazioni di non palese estraneita' alle funzioni - l'autonomia
del Consiglio sarebbe illusoria su un punto essenziale (l'autonomia
di spesa), perche' ci sarebbe sempre il timore che una certo pranzo,
un viaggio in treno o una consulenza, ritenuti necessari per
l'attivita' politica del consigliere, possano essere considerati non
attinenti dalla Corte dei conti.
Dunque, quello che in questo primo motivo si contesta non e'
soltanto il potere della Corte dei conti di decidere se la singola
spesa sia stata o meno attinente alle funzioni consiliari (sempre
eccettuate le situazioni abnormi di manifesta estraneita'), ma anche
di decidere se il Consiglio e' autonomo o meno nell'accertamento
della regolarita' delle spese e se tale funzione di accertamento
possa essere sottratta alla prerogativa di cui all'art. 122, co. 4,
Cost.
Si tratta dunque, sotto entrambi i punti di vista, di questioni
concernenti i confini della giurisdizione: non puo' essere il giudice
contabile ne' a dettare regole prive di ogni fondamento legislativo
sull'uso dei fondi dei gruppi consiliari, ne' a sindacarne in
concreto l'uso, regolarmente approvato dall'organo titolare
dell'autonomia contabile secondo procedure legittime, ed al di fuori
dell'ipotesi di uso palesemente abnorme.
2) Lesivita' e arbitrarieta' di atti di citazione perfettamente
corrispondenti agli esiti degli atti di controllo illegittimamente
assunti e poi annullati da codesta Corte costituzionale, con la sopra
citata sentenza n. 130/2014, e cio' nonostante presi in
considerazione dalla Procura della Corte dei conti come fondamento
documentale della propria iniziativa.
Come esposto in narrativa, la notifica degli atti di citazione ai
capigruppo del Consiglio regionale e a singoli consiglieri
costituisce null'altro che la trasposizione/ribaltamento in atti
della Procura inquirente della delibera di controllo illegittimamente
assunta.
E' infatti sufficiente la lettura di uno qualunque tra tali
citazioni per constatare che essi sono sostanzialmente tutte uguali,
e che tutti insieme non fanno che scomporre e ricomporre le
contestazioni contenute nella deliberazione di controllo annullata da
codesta ecc.ma Corte costituzionale.
Merita, dunque, soffermarsi sulla struttura delle citazioni. Esse
constano di diversi punti e solo nel punto 5 differiscono, in misura
limitata. Qui, in poche righe, anche queste scritte secondo un
identico facsimile, si spiega quale sia l'imputazione posta a carico
del consigliere e/o del capogruppo: varia esclusivamente il nome
del/degli interessato/i. L'ipotesi di responsabilita' e' espressa con
una formula che viene anch'essa ripetuta identica in tutti gli inviti
a dedurre: si parla di "effettuazione di spese manifestamente non
inerenti all'attivita' istituzionale e al funzionamento del gruppo
stesso", aggiungendo che "il vincolo di destinazione. consente di
ritenere illecite, giuridicamente illogiche ed economicamente
irrazionali, perche' eccedenti i limiti del mandato istituzionale
attribuito dall'ordinamento regionale ai gruppi consiliari, le spese,
effettuate dal consigliere" - segue il nome - "dettagliate nelle due
schede di riepilogo".
Le schede suddividono per mese e per voci (taxi, auto,
autostrada, treno, pasti, alberghi, giornali, eventi, beni vari,
spese postali, affitti e bollette, consulenze e contratti) gli
importi.
Eccone un esempio:
Parte di provvedimento in formato grafico
Dopo le tabelle, segue:
l'affermazione, caratterizzata da una eclatante inversione
dell'onere della prova, dell'inesistenza di "alcun indice probatorio
di inerenza agli scopi e agli obiettivi" istituzionali, "trattandosi
di spese che, per loro natura e/o per la loro carente documentazione,
sono palesemente prive di qualsiasi giustificazione e collegamento
con l'attivita' istituzionale del gruppo";
l'affermazione del dovere "di rendicontazione e tenuta
documentale delle spese effettuate" (come se questi doveri non
fossero stati adempiuti, mentre sono stati adempiuti come illustrato
nel punto precedente secondo la disciplina regionale vigente);
l'enunciazione di un "decalogo" sulla corretta effettuazione
delle spese di rappresentanza, delle spese per pasti, delle spese per
taxi, delle spese ferroviarie e di trasporto, delle spese per
consulenze ed incarichi esterni, decalogo che svuota il rango
politico dell'autonomia del Consiglio regionale;
la prospettazione del "dolo di gestione", derivante da una
meramente asserita "evidente violazione dolosa delle regole di
gestione di fondi pubblici" e dalla ugualmente solo asserita "assenza
non solo di prova della legittimita' della spesa" ma addirittura
"dell'effettivita' dell'indicato esborso", in contrasto con gli
accertamenti legittimi previsti dalla legge. Il carattere meramente
assertivo di tali enunciazioni rende manifesto che la loro
enunciazione si deve solo al tentativo di occultare che la parte
fondamentale ed essenziale delle contestazioni si basa sulla diversa
valutazione dei criteri politici di gestione, quali espressi nel
"decalogo" sopra illustrato. L'elemento soggettivo non e' dimostrato
con elementi di prova adeguatamente documentati, ma e' ricavato in
via induttiva dal fatto che la documentazione esistente non era
analitica e corrispondente ai criteri individuati dalla Procura e
dalla Sezione di controllo, ma rispondevano correttamente ai
requisiti previsti dalla legislazione regionale.
L'unica variazione, piu' formale che sostanziale, corre tra le
citazioni indirizzate ad un unico consigliere, che e' pure
capogruppo, e quelle indirizzate al consigliere e al "suo" capogruppo
(il quale, per "la macroscopica deviazione dalle riferite finalita'
pubblicistiche", e' comunque imputabile per "il medesimo titolo
psicologico (dolo diretto di gestione)").
Come si puo' immediatamente dedurre, la differenziazione e
l'individuazione delle spese asseritamente irregolari e la
personalizzazione delle responsabilita' individuali sono interamente
contenute nelle "schede". Ma ogni singola voce di ogni singola scheda
e' a sua volta compilata sulla base delle schede trasmesse in
allegato alla deliberazione della Sezione regionale di controllo
249/2013/FRG del 10.7.2013, trasmessa nella stessa data alla Procura:
la differenza e' che le schede compilate dalla Sezione di controllo
riportavano tutte le singole voci di spesa aggregate per Gruppo
consiliare, quelle ora compilate dalla Procura sono suddivise per
consigliere/gruppo e aggregate per tipologia di spesa.
Poste queste premesse, risulta evidente lo strettissimo rapporto,
per non dire la perfetta identita', che sussiste tra l'operato della
Sezione di controllo e quello svolto dalla Procura regionale della
Corte dei conti. Benche' in apertura gli atti di citazione
attribuiscano alla documentazione raccolta e trasmessa dalla Sezione
di controllo solo la funzione di "integrare" le fonti di informazione
della Procura, nulla, negli atti di citazione, lascia anche solo
ipotizzare l'esistenza di ulteriori informazioni acquisite da altre
fonti o da autonome ricerche svolte dall'autorita' inquirente. Non a
caso, la Procura replica all'eccezione di "nullita' degli atti
istruttori per mancanza di una notizia di danno specifica e concreta"
sottolineando la "piena utilizzabilita' della nota n. 3660 del
10.7.2013" della sezione di controllo (p. 41 citazione Sconciaforni).
Inoltre, la Procura rileva (p. 47) che il riferimento della sezione
di controllo al mancato invio della documentazione "puo' ritenersi
come valida denunzia di illecito e di danno erariale", affermando
peraltro incongruamente, subito dopo, che e' "priva di valore e di
effettiva rilevanza giuridica la comunicazione/trasmissione alla
Procura regionale [...] della deliberazione della Sezione di
controllo n. 249/2013 del 10.7.2013" (p. 50).
Le stesse motivazioni addotte dalla Procura per sostenere la
"macroscopica deviazione" delle spese contestate dalle finalita'
istituzionali non fanno che meramente riprodurre le
annotazioni/contestazioni poste al margine delle singole spese nelle
schede compilate dalla Sezione di controllo: "difetto di inerenza",
"difetto di documentazione probatoria".
Tutto cio' risulta dalla semplice analisi delle tabelle relative
alle spese contestate, la cui sconcertante carenza di capacita'
descrittiva di fattispecie di responsabilita' trova spiegazione solo
nel collegamento con l'atto di controllo.
Le considerazioni sopra esposte rendono manifesto che, pur
formalmente esercitando la sua funzione istituzionale, la procura
della Corte dei conti altro non ha fatto che "replicare"
l'illegittima attivita' di controllo.
Cio' tanto piu' che, come gia' esposto, l'irregolarita' delle
spese era affermata in relazione al mancato invio da parte dei Gruppi
della ulteriore documentazione richiesta dalla Sezione di controllo:
richiesta evidentemente essa stessa illegittima e priva di
fondamento, dato che l'intera procedura di controllo non avrebbe
dovuto neppure essere iniziata: sembra, dunque, evidente che non solo
l'azione di controllo era complessivamente in conflitto con
l'autonomia del Consiglio regionale, ma che erano viziati in radice i
suoi singoli atti e le sue singole risultanze: essa non poteva essere
posta a fondamento di alcuna iniziativa della Procura.
Risultano dunque violati i principi che governano l'iniziativa
processuale della Procura della Corte dei conti.
3) Lesivita' e arbitrarieta' degli atti di citazione in quanto,
replicando le censure svolte nella sede dell'annullato atto di
controllo, invadono le scelte di merito riservate all'autonomia del
Consiglio regionale, fuoriuscendo dai limiti sia della funzione di
controllo che del sindacato giurisdizionale. Specifica violazione
dell'art 122, quarto comma, Cost.
Replicando l'attivita' di controllo, la Procura regionale ne ha
anche assunto il carattere di invasivita' delle prerogative e
dell'autonomia del Consiglio regionale e dei Gruppi consiliari che
caratterizzava la prima.
Benche' infatti, le contestazioni della Procura regionale
esprimano un formale ossequio al principio della insindacabilita'
delle scelte di merito, riservate alla autonomia politica dei Gruppi,
come affermato da codesta ecc.ma Corte nella sentenza n. 39/2014,
l'esame del loro contenuto mostra che, al contrario, la Procura non
ha fatto che replicare e "personalizzare" il controllo di merito
sull'inerenza delle spese al mandato politico, gia' esercitato dalla
Sezione regionale di controllo: e lo ha fatto assumendo come fonte
documentale i risultati di quel controllo.
Cosi' facendo la Procura da un lato ha soltanto rivestito di
forme giurisdizionali la prosecuzione dell'attivita' di controllo
dichiarata da codesta Ecc.ma Corte condotta illegittimamente e in
violazione delle attribuzioni regionali, dall'altro ha ecceduto
l'ambito del sindacato ad essa consentito.
Dato che il carattere soltanto tipologico e numerico delle
indicazioni contenute nelle Tabelle rendono non trasparente e non
puntuale la contestazione, si considerino in primo luogo, per
praticita', quelle contenute nella nota del Procuratore del 9 luglio
2014, n. 5190. Pur non trattandosi di quelle di cui alle citazioni,
esse ne condividono tuttavia la tipologia, provenendo le une e le
altre dagli atti di controllo.
Orbene, cio' che e' davvero manifesto e' che le irregolarita'
contestate non si riferiscono affatto a spese che eccedono i limiti
dell'attivita' istituzionale, ma a spese che vi rientrano, il cui
apprezzamento compete, appunto, all'autonomia politica dei gruppi.
Ci si riferisce infatti, ad esempio, alla missione di un
consigliere regionale (per di piu', presidente dell'Assemblea
Legislativa) per l'inaugurazione della ristrutturazione e conversione
sociale (sponsorizzata dalla Regione) di un ex edificio scolastico
compreso in un parco dei colli modenesi; o alla spesa che una
consigliera ha fatto per un biglietto di trasporto pubblico per
recarsi, in qualita' di relatore, al Convegno "Le donne e il lavoro -
Il lavoro delle donne", tenutosi a Brescia.
Risulta chiaro che il sindacato su simili spese - analoghe alla
stragrande maggioranza di quelle alle quali si riferiscono le
contestazioni della Procura - eccede la verifica sui limiti del
carattere istituzionale delle spese, per entrare nel merito specifico
delle scelte discrezionali: il che esula tanto dal potere di
controllo quanto dal possibile sindacato giurisdizionale.
In questi termini, accanto alla completa irritualita' dell'uso di
una illegittima procedura di controllo come fondamento di una
presunta irregolarita' delle spese, al centro della questione si pone
un ulteriore fondamentale interrogativo: a chi competa il giudizio di
inerenza al mandato politico sulle spese dei Gruppi consiliari.
La risposta di codesta ecc.ma Corte si era delineata gia' in
passato: pur affermando il principio generale della responsabilita'
contabile, la Corte ha escluso dal controllo contabile le spese
"rivolte a fornire all'organo consiliare i mezzi indispensabili per
l'esercizio delle sue funzioni", purche' le stesse siano
"riconducibili ragionevolmente all'autonomia e alle esigenze ad essa
sottese" (sent. 289/1997). Come la stessa Corte ha Osservato in
seguito - pur con riferimento ad una fattispecie specifica (sent.
392/1999) - l'addebito rivolto agli organi del Consiglio regionale
deve essere formulato "in termini di estraneita' o, comunque, di non
riconducibilita', alla stregua di un criterio di ragionevolezza,
dell'autorizzazione dei viaggi all'autonomia funzionale del Consiglio
regionale" e non "su valutazioni negative in ordine all'utilita',
alla proficuita' o, addirittura, alla ricaduta pratica concreta dei
suddetti viaggi, con apprezzamenti riferibili al merito delle spese
e, pertanto, non idonei ad essere elevati a criterio di verificazione
della riconducibilita' o meno delle spese stesse al suddetto
principio di autonomia", tutelato in particolare dall'art. 122,
quarto comma, della costituzione e dalla rado ad esso sottesa.
Tale sentenza ha annullato un atto di citazione rivolto al
Presidente del Consiglio della Regione Lombardia, per ragioni
sostanzialmente analoghe a quelle invocate nel presente ricorso.
Recentissimamente, con specifico riferimento alle competenze
della Corte dei conti nel controllo sui rendiconti dei Gruppi
consiliari (introdotte dall'art. 1, commi 9, 10, 11 e 12, del
decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge 7 dicembre 2012, n. 213), la sent.
130/2014, sulla base delle linee gia' tracciate dalla gia' piu' volte
ricordata sent. 39/2014, ha stabilito che "il rendiconto delle spese
dei gruppi consiliari costituisce parte necessaria del rendiconto
regionale, nella misura in cui le somme da tali gruppi acquisite e
quelle restituite devono essere conciliate con le risultanze del
bilancio regionale [...]. Il sindacato della Corte dei conti assume
infatti, come parametro, la conformita' del rendiconto al modello
predisposto in sede di Conferenza, e deve pertanto ritenersi
documentale, non potendo addentrarsi nel merito delle scelte
discrezionali rimesse all'autonomia politica dei gruppi, nei limiti
del mandato istituzionale". Questa giurisprudenza e' cosi' chiara e
precisa che avrebbe dovuto far desistere la Procura dal dare seguito
all'attivita' svolta dalla Sezione regionale di controllo, proprio
quella che, per ricorso della ricorrente Regione, ha provocato la
sent. 130 e da questa e' stata annullata.
L'azione della Procura si fonda su un sostanziale fraintendimento
del significato delle pronunce di codesta ecc.ma Corte: questa
"lettura" della giurisprudenza costituzionale persegue la
restaurazione del controllo di merito sulle spese dei Gruppi
consiliari, fondandosi su un concetto di inerenza che codesta Corte
ha ritenuto lesivo dell'autonomia regionale.
In conclusione, risulta chiara - ad avviso della ricorrente
Regione - la violazione dei limiti che definiscono l'ambito della
giurisdizione della Corte dei conti. Se in generale alla
giurisdizione contabile e' precluso l'esame del merito delle scelte
degli organi amministrativi, e' evidente che tale limitazione
acquista una peculiare estensione in relazione alle scelte riservate
al Consiglio regionale ed ai suoi organi, ed in particolare ai
consiglieri, ai quali la stessa Costituzione assicura
l'insindacabilita' per i voti dati e le opinioni espresse, secondo la
dizione dell'art. 122, quarto comma, Cost., che risulta dunque
anch'esso specificamente violato. D'altronde, le funzioni dei gruppi
consiliari sono strumentali all'intera gamma delle funzioni del
Consiglio, ivi compresa la funzione legislativa, e partecipano dunque
delle garanzie ad essa riservate (v. sent. di codesta ecc.ma Corte n.
209 del 1994).
P.Q.M. Per le esposte ragioni, la ricorrente Regione Emilia Romagna, come sopra rappresentata e difesa; Chiede Voglia Codesta Ecc.ma Corte Costituzionale accertare e dichiarare che non spetta allo Stato e per esso alla Procura Regionale della Corte dei conti il potere di citare in giudizio i Capigruppo e i Consiglieri regionali come prosecuzione dell'iniziativa avviata con gli inviti a dedurre, gia' impugnati per conflitto di attribuzione (R.G. n. 8/2014 Reg. Conflitto Enti) in relazione alle spese dei Gruppi consiliari relative all'esercizio 2012, sovrapponendo autonomi e differenti apprezzamenti alle valutazioni di merito riservate agli organi regionali, cosi' protraendo la precedente illegittima azione di controllo e fuoriuscendo dai legittimi confini del sindacato giurisdizionale e conseguentemente; Annullare gli atti di citazione (doc. 2-14) citati in epigrafe e gli eventuali altri dello stesso tenore in corso di notifica, per violazione dell'autonomia regionale e, in particolare, del Consiglio regionale, nei termini e in relazione ai profili esposti nel presente ricorso. Si depositano: 1) Deliberazione G.R. progr. n. 130 del 16 febbraio 2015 di autorizzazione a promuovere il conflitto; 2-14) Atti di citazione specificati in epigrafe; 15) Delibera attuativa dell'Ufficio di presidenza n. 5 del 17 gennaio 2012; 16) Legge Regione Emilia Romagna n. 32/1997 nel testo vigente nel 2012. Bologna-Padova-Roma, 20 febbraio 2015 Prof. Avv. Franco Mastragostino Prof. Avv. Giandomenico Falcon Avv. Luigi Manzi