N. 1 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 9 marzo 2015

Ricorso per conflitto tra enti depositato in cancelleria il  9  marzo
2015 (della Regione Emilia-Romagna). 
 
Corte dei conti - Controllo  sui  rendiconti  dei  gruppi  consiliari
  della Regione Emilia-Romagna in relazione all'esercizio finanziario
  2012 - Atti di citazione in giudizio di capigruppo consiliari e  di
  consiglieri regionali emessi dalla Procura  regionale  della  Corte
  dei conti come prosecuzione dell'iniziativa avviata con gli  inviti
  a dedurre nei confronti degli stessi (gia' impugnati dalla  Regione
  con conflitto  tra  enti  n.  8/14)  -  Ricorso  per  conflitto  di
  attribuzione promosso dalla Regione  Emilia-Romagna  nei  confronti
  dello Stato - Denunciata  esorbitanza  dal  potere  giurisdizionale
  della Corte dei conti - Invasione  dell'autonomia  organizzativa  e
  contabile del  Consiglio  regionale  -  Pregiudizio  dell'autonomia
  costituzionalmente  garantita  al  Consiglio  e  ai   suoi   gruppi
  consiliari  -  Lamentata  lesivita'  e  arbitrarieta'  di  atti  di
  citazione perfettamente corrispondenti agli  esiti  degli  atti  di
  controllo illegittimamente assunti  e  poi  annullati  dalla  Corte
  costituzionale con la sentenza n. 130 del 2014  e  cio'  nonostante
  presi in considerazione dalla Procura della Corte  dei  conti  come
  fondamento documentale della propria iniziativa -  Invasione  delle
  scelte di merito riservate all'autonomia del Consiglio regionale  -
  Esorbitanza dai limiti della funzione di controllo e del  sindacato
  giurisdizionale - Richiesta alla Corte di dichiarare che non spetta
  allo Stato e, per esso, alla  Procura  regionale  della  Corte  dei
  Conti, il potere di emettere i gravati atti  di  citazione  e,  per
  l'effetto, di annullare  i  medesimi  e  le  istanze  di  sequestro
  conservativo in alcuni di essi contenute. 
- Atti  di  citazione  della  Procura  regionale  presso  la  Sezione
  giurisdizionale per l'Emilia-Romagna del 3 dicembre 2014, nn. 44026
  e 44030; Atti  di  citazione  della  Procura  regionale  presso  la
  Sezione giurisdizionale per l'Emilia-Romagna del 4  dicembre  2014,
  nn. 44031, 44032, 44034, 44035, 44036 e 44037;  Atti  di  citazione
  della Procura  regionale  presso  la  Sezione  giurisdizionale  per
  l'Emilia-Romagna del 22 dicembre 2014,  nn.  44047,  44049,  44050,
  44051 e 44052. 
- Costituzione,  art.  122,  comma  quarto;   legge   della   Regione
  Emilia-Romagna 8 settembre 1997, n. 32. 
(GU n.12 del 25-3-2015 )
     Della Regione Emilia Romagna, in persona  del  Presidente  della
Giunta regionale, legale  rappresentante  pro-tempore,  Sig.  Stefano
Bonaccini,  autorizzato  con  deliberazione  della  Giunta  regionale
progr. n. 130 del  16  febbraio  2015,  rappresentata  e  difesa  per
mandato speciale a margine dal prof. avv. Giandomenico  Falcon  (C.F.
FLC GDM 45C06 L736E), dal prof. avv. Franco Mastragostino  (C.F.  MST
FNC 47E07 A059Q) e dall'avv. Luigi Manzi (C.F. MNZ LGU  34E15  H501Y;
fax:   06/3211370;   Pec:    luigimanzi@ordineavvocatiroma.org)    ed
elettivamente domiciliata presso lo Studio di quest'ultimo  in  Roma,
Via Confalonieri  n.  5,  contro  la  Presidenza  del  Consiglio  dei
ministri, in persona del Presidente in carica; 
    con notifica anche: 
        alla Corte dei conti, Procura regionale per l'Emilia  Romagna
- Bologna, in persona del Procuratore Regionale; 
        alla Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale per la  Regione
Emilia Romagna, in persona del suo Presidente; 
    per la dichiarazione che non spetta allo Stato e  per  esso  alla
Procura regionale della Corte  dei  conti  il  potere  di  citare  in
giudizio i Capigruppo e i  Consiglieri  regionali  come  prosecuzione
dell'iniziativa avviata con gli inviti a dedurre gia'  impugnati  per
conflitto di attribuzione (R.G. n. 8/2014  Reg.  Conflitto  Enti)  in
relazione alle spese dei  Gruppi  consiliari  relative  all'esercizio
2012,  sovrapponendo  autonomi  e   differenti   apprezzamenti   alle
valutazioni  di  merito  riservate  agli  organi   regionali,   cosi'
protraendo  la  precedente  illegittima   azione   di   controllo   e
fuoriuscendo dai legittimi confini del sindacato  giurisdizionale  e,
quindi, per il conseguente annullamento anche di tali  atti  e  delle
istanze di sequestro conservativo in alcuni di essi contenute come di
seguito individuati: 
        1. Atto di citazione, con contestuale  istanza  di  sequestro
conservativo, nei confronti di Roberto Sconciaforni, nato  a  Bologna
il 31 maggio 1968 (C.F. SCNRRT68E31A944R); 
        2. Atto di citazione, con contestuale  istanza  di  sequestro
conservativo, nei confronti di Liana Barbati, nata a Guastalla il  23
ottobre 1948 (C.F. BRBLNI48R63E253L); 
        3. Atto di citazione, con contestuale  istanza  di  sequestro
conservativo, nei confronti di Andrea Defranceschi, nato a Bologna il
31 luglio 1971 (C.F. DFRNDR71L31A944M); 
        4. Atto di citazione, con contestuale  istanza  di  sequestro
conservativo, nei confronti di Marco Monari, nato  a  Bologna  il  22
gennaio 1961 (C.F. MNRMRC61A22A944P); 
        5. Atto di citazione, con contestuale  istanza  di  sequestro
conservativo, nei confronti di Gian Guido Naldi, nato a  San  Lazzaro
di Savena il 10 luglio 1949 (C.F. NLDGGD49L10H945B); 
        6. Atto di citazione, con contestuale  istanza  di  sequestro
conservativo, nei  confronti  di  Luigi  Giuseppe  Villani,  nato  in
Argentina il 02 maggio 1955 (C.F. VLLLGS55E02Z600M); 
        7. Atto di citazione, con contestuale  istanza  di  sequestro
conservativo, nei confronti di Silvia Noe',  nata  a  Bologna  il  08
ottobre 1961 (C.F. NOESLV61 R48A944L); 
        8. Atto di citazione, con contestuale  istanza  di  sequestro
conservativo, nei confronti di Matteo Riva, nata a Reggio  Emilia  il
10 febbraio 1969 (C.F. RVIMTT69B10H223K); 
        9. Atto di citazione nei confronti di Andrea Pollastri,  nato
a Piacenza il 21 aprile 1965  (C.F.  PLLNDR65D21G535P),  nonche'  nei
confronti del Capogruppo Luigi Giuseppe Villani; 
        10. Atto di citazione nei confronti di Alberto Vecchi, nato a
Bologna il 21 dicembre  1963  (C.F.  VCCLRT63T21A944T),  nonche'  nei
confronti del Capogruppo Luigi Giuseppe Villani; 
        11. Atto di citazione nei confronti di Marco Carini,  nato  a
Piacenza il 14  maggio  1958  (C.F.  CRNMRC58E14G535I),  nonche'  nei
confronti del Capogruppo Marco Monari; 
        12. Atto di citazione nei  confronti  di  Roberto  Montanari,
nato ad Argenta il 23 febbraio 1956 (C.F. MNTRRT56B23A393K),  nonche'
nei confronti del Capogruppo Marco Monari; 
        13. Atto di citazione nei confronti di Gabriella Meo, nata  a
Roma il 19 marzo 1959 (C.F. MEOGRL59C51H501G), nonche' nei  confronti
del Capogruppo Gian Guido Naldi; 
    nonche' di ogni altro atto di citazione, eventualmente  in  corso
di notifica, di pari contenuto. 
 
                          Premesso in fatto 
 
    Le vicende che conducono al presente ricorso  sono  iniziate  nel
2013, quando la  Regione  Emilia  Romagna  ha  proposto  ricorso  per
conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in  relazione  ad
alcune deliberazioni della Sezione delle autonomie  e  della  Sezione
regionale di  controllo  della  Corte  dei  conti,  con  cui  si  e',
rispettivamente,   orientato   ed    esercitato,    in    riferimento
all'esercizio finanziario 2012, il potere di controllo sui rendiconti
dei gruppi consiliari a norma dell'art. 1, commi 9, 10, 11 e 12,  del
decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge  7  dicembre  2012,  n.  213.  Tale
ricorso e' stato accolto dalla Corte costituzionale con  la  sentenza
n. 130/2014, che ha sancito la  radicale  illegittimita'  dell'intera
procedura di controllo in relazione all'anno 2012. 
    Con la predetta sentenza la Corte ha altresi' ribadito il proprio
precedente (39/2014) affermando che  il  sindacato  della  Corte  dei
conti "assume come parametro la conformita' del rendiconto al modello
predisposto in sede di Conferenza permanente Stato-Regioni"  e  deve,
pertanto, "ritenersi documentale, non potendo addentrarsi nel  merito
delle scelte discrezionali rimesse all'autonomia politica dei Gruppi,
nei limiti del mandato istituzionale". 
    Pur essendo state annullate le  deliberazioni  della  Sezione  di
controllo, questa trasmetteva i risultati  della  sua  indagine  alla
Procura della Corte dei conti,  che  iniziava  la  propria  attivita'
investigativa e formulava nei confronti di Capigruppo  e  di  singoli
Consiglieri    dell'Assemblea    legislativa    "contestazioni     di
responsabilita' ed inviti a dedurre". Con ricorso in data  30  luglio
2014, questa Regione sollevava, pertanto,  conflitto  sia  contro  la
Sezione  di  Controllo,  chiedendo  l'annullamento  della   nota   di
trasmissione alla Procura di indagini che non rientravano  nelle  sue
attribuzioni, che contro la Procura presso la Sezione giurisdizionale
della Corte dei conti di Bologna, per aver fatto  seguire,  a  questa
documentazione, attivita' prodromiche  all'esercizio  dell'azione  di
responsabilita' erariale,  oltreche'  per  aver  svolto,  sulla  base
dell'illegittimo  atto  di  controllo,  un  generalizzato   sindacato
sull'inerenza al mandato istituzionale" delle  spese  dei  Gruppi;  e
denunciando,   altresi',   la   sostanziale   disapplicazione   della
precedente sentenza della Corte costituzionale. 
    Questo  secondo  conflitto  non  e'  stato  ancora  deciso.  Cio'
nonostante, la Procura della Corte dei conti ha proseguito nella  sua
attivita', emanando  gli  atti  di  citazione  in  giudizio,  ora  in
contestazione. 
    Il presente conflitto  costituisce  la  continuazione  di  quello
precedente, e si riferisce ad una diversa fase evolutiva della stessa
procedura, come e' dimostrato  dalla  circostanza  che  gli  atti  di
citazione  qui  impugnati  sono  motivati  sulla  base  degli  stessi
elementi su cui si fondano l'illegittimo  atto  di  controllo  e  gli
inviti a dedurre. L'impressione  di  uno  scontro  con  il  Consiglio
regionale e la Regione, per non voler riconoscere  l'errore  compiuto
con i controlli del 2012, e' confermata  dalla  riproposizione  negli
atti di citazione - che  avrebbero  dovuto  soffermarsi  sui  singoli
incolpati, e invece in relazione ad essi non contengono nulla in piu'
del precedente atto di controllo  -  delle  argomentazioni  contenute
nella memoria difensiva della Procura nel pendente  conflitto,  sulle
quali e' ancora attesa la decisione di codesta ecc.ma Corte,  che  e'
del tutto inappropriato  cercare  di  anticipare  a  proprio  favore,
anziche' attendere rispettosamente -  come  sarebbe  stato  doveroso,
oltre che opportuno - la decisione di codesta Ecc.ma  Corte;  e  cio'
pur non essendovi, alcun palese motivo di urgenza nell'anticipare  la
conclusione dell'indagine e la citazione in giudizio (anche a  fronte
della  prorogabilita',  da  parte  del   Presidente   della   Sezione
giurisdizionale, del termine per proporre  la  citazione,  decorrente
dalla presentazione delle controdeduzioni  precontenziose),  se  non,
forse,  la  volonta'  di  cavalcare  l'onda  della   sovraesposizione
mediatica che il tema delle "spese della  politica"  ha  ottenuto  in
tempi recenti. 
Sulle ragioni del presente conflitto e sull'interesse al ricorso. 
    La Procura ha  nuovamente  agito  sul  presupposto  di  avere  la
attribuzione a censurare  le  spese  dei  Gruppi  assembleari  e  dei
Consiglieri, a contestare, nel merito, la inerenza di esse al mandato
e a rovesciare,  di  conseguenza,  l'onere  della  prova,  dovendo  i
Consiglieri dimostrare spesa per spesa il  nesso  funzionale  con  il
mandato politico.  La  Regione  Emilia  Romagna  non  puo',  percio',
esimersi dal rinnovare il conflitto, ribadendo  le  proprie  ragioni,
anche per evitare che la sua eventuale inerzia possa essere  valutata
come manifestazione di implicita acquiescenza. 
    Appare con  evidenza,  pertanto,  l'interesse  della  Regione  al
ricorso, trattandosi, innanzitutto, di ribadire quanto essa  ha  gia'
sostenuto   nel   precedente   conflitto   di    attribuzione,    non
riscontrandosi nella Procura della Corte dei conti  un  atteggiamento
di prudente attesa della pronuncia di codesta Corte, nel rispetto dei
normali principi di leale cooperazione fra Istituzioni. 
    Proprio all'opposto, attraverso  una  lettura  svalutativa  delle
prerogative dell'Assemblea politica e dei suoi membri, trattati  come
se fossero "agenti contabili" legati da un rapporto di  servizio  con
l'Ente, e non tenendo in alcun conto l'esistenza  di  una  disciplina
legislativa regionale in vigore relativa alle modalita' del controllo
sulle spese dei Gruppi consiliari, la Procura della Corte  dei  conti
ha assunto un atteggiamento che  alla  Regione  appare  completamente
estraneo ai suoi compiti e ai suoi poteri. 
    Basti solo Osservare che la pretesa della Procura di ottenere dai
singoli Consiglieri, per ogni  specifica  spesa,  elementi  di  prova
dell'inerenza  al  mandato  politico   (tutte   le   spese   per   il
funzionamento decentrato del Gruppo, fra le  quali  vengono  elencate
"Autonoleggi,  taxi,  bus,  corrieri  per  spedizioni,  contratti  di
service, ufficio esterno consiglieri", ma anche  le  spese  sostenute
personalmente  dal  Consigliere  nello  svolgimento  del   rispettivo
incarico, quali "pranzi di lavoro, treno, auto, pedaggi, aereo, hotel
per incontri e missioni, anche se pagati con  carta  di  credito  del
Gruppo")  determina  uno  schiacciamento  dei  rappresentanti  eletti
sull'immagine del dipendente pubblico, al quale ben si puo'  chiedere
conto  specifico  dell'impiego  del  danaro  pubblico  messo  a   sua
disposizione. E', invece, del  tutto  evidente  che  l'autonomia  dei
rappresentanti ed anche la riservatezza che  deve  tutelare  la  loro
attivita' politica impedisce di rendere pubblico ogni  aspetto  della
loro attivita' extra moenia, dei loro contatti politici  e  dei  loro
rapporti sociali; e che su di essi certo non  puo'  un  Giudice,  sia
pure contabile, esprimersi in termini di ammissibilita' o meno, salvo
i casi di palese mancanza di qualsiasi possibile nesso tra la spesa e
la politica (per es., l'acquisto di una autovettura o di  oggetti  ad
uso personale). In certi casi l'attivita'  del  Consigliere  dovrebbe
restare riservata persino nei confronti  dello  stesso  Capo  gruppo,
come  mostra  palesemente  l'ipotesi  del  Gruppo   misto,   in   cui
Consiglieri di  appartenenza  politica  diversa  non  possono  essere
tenuti a rivelare ogni aspetto della propria iniziativa  politica  ad
un Capo gruppo potenzialmente di appartenenza politica opposta. 
    Del  resto,  l'illegittima   intromissione   nell'autonomia   del
Consiglio regionale e nella stessa attivita' politica dei consiglieri
si rende evidente anche nei passaggi nei quali la Procura, nei propri
atti di citazione enuncia una specie di "codice", che impressiona per
come introduce (come fosse un legislatore  in  grado  di  determinare
l'ampiezza dell'autonomia degli organi politici regionali) regole che
-  ad  avviso  della  ricorrente   Regione   -   non   hanno   alcuna
corrispondenza con le  pertinenti  regole  costituzionali  e  con  la
realta' dell'attivita' dei consiglieri regionali. 
    Cosi' alla voce "Spese per pasti" si legge: 
    "In ordine alle spese  per  consumazioni  in  ristoranti,  bar  e
autogrill, asseritamente ricondotte a  spese  di  rappresentanza,  si
Ritiene,  in  via  generale,  che  un  soggetto  politico  che  debba
incontrare colleghi, cittadini e portatori di  interesse  collettivi,
pur avendo un doveroso obbligo  di  partecipare  a  tali  incontri  e
confronti, espressivi dell'essenza  piu'  intrinseca  della  politica
[...],  ben  puo'  e  deve  espletare   tali   costruttivi   dialoghi
esclusivamente nelle competenti sedi istituzionali  [...],  o  presso
sedi private di portatori di interessi collettivi [...], ma non certo
in  un  ristorante  con  costi  (per  se'  e  per  ospiti)  a  carico
dell'amministrazione" (p. 29-30 citazione Sconciaforni). 
    Impossibile usare il  taxi,  per  il  quale  "non  dovuto  e'  il
rimborso" (si legge a p. 33), in quanto una non  meglio  identificata
"normativa" non lo  consentirebbe.  Ma  neppure  il  treno  va  bene:
"Parimenti illegittimi sono inoltre i rimborsi per spese  ferroviarie
e/o di trasporto sostenute per incontri con politici o movimenti  del
medesimo partito in altra  Regione"  (p.  33):  affermazioni  che  si
stenta a credere di leggere. 
    Ancora, in materia di consulenze "se e'  vero  che  il  consiglio
ragionale ... rappresenta ... il punto  di  sintesi  degli  interessi
della  collettivita'  regionale  e  deve,  a   tale   organo   essere
riconosciuta  una  certa  autonomia  anche  amministrativa"   (enfasi
aggiunta), tuttavia "tale autonomia non puo' ... spingersi  al  punto
di  ignorare  un  chiaro  -  e  ripetuto  negli  anni  indirizzo  del
legislatore nazionale in materia di limiti alla facolta' di  affidare
consulenze ed incarichi all'esterno" (p. 34); sicche'  -  sempre  nel
segno dell'autonomia - va ritenuto  che  "ciascun  gruppo  consiliare
soggiaccia  interamente  ed  integralmente   ai   principi   generali
restrittivi fissati dal legislatore statale e regionale, a nulla cio'
impingendo con il principio di autonomia politica" (p. 34);  come  se
le norme limitative delle consulenze affidate dagli  ordinari  uffici
amministrativi potessero applicarsi agli organi  dotati  di  funzioni
legislative e autonomia costituzionale come i Consigli regionali. 
    Sono  parole  nelle  quali  lo  straripamento  del  potere  e  il
disprezzo dell'autonomia delle istituzioni politiche  sembra  davvero
chiaro. 
    Con questo ricorso, pertanto, la Regione Emilia  Romagna  intende
tutelare l'autonomia degli organi elettivi nei confronti del  Giudice
contabile e della  sua  pretesa  di  utilizzare  i  materiali  di  un
controllo amministrativo illegittimamente compiuto per esercitare  un
sindacato di merito estraneo alle sue  attribuzioni  e  incompatibile
con il rispetto delle prerogative degli organi politici  elettivi;  e
intende, altresi', assicurare l'applicazione delle proprie leggi, che
non possono essere ignorate e  disapplicate  dalla  Procura,  che  le
sostituisce con criteri e modalita' di controllo  e  del  conseguente
accertamento della responsabilita' privi  di  base  costituzionale  e
legale. 
 
                               Diritto 
 
1) Esorbitanza dal potere  giurisdizionale  della  Corte  dei  conti.
Invasione dell'autonomia  organizzativa  e  contabile  del  consiglio
regionale. Violazione dell'art 122, co. 4, Cost. 
    I consigli  regionali  sono  dotati  di  autonomia  contabile  ed
organizzativa in virtu' di norme statali. La legge 853/1973 (abrogata
a decorrere dal 1° gennaio 2015, ma vigente al momento dei  fatti  in
questione) prevedeva i "contributi per il  funzionamento  dei  gruppi
consiliari", rinviava al regolamento  consiliare  per  la  disciplina
attuativi e contemplava l'approvazione del rendiconto  del  Consiglio
da parte del  Consiglio  stesso.  Ora,  l'art.  67,  d.lgs.  118/2011
dispone che "le  regioni,  sulla  base  delle  norme  dei  rispettivi
statuti, assicurano l'autonomia contabile  del  consiglio  regionale,
nel rispetto di quanto previsto dal decreto-legge 10 ottobre 2012, n.
174",  e  che  "la  presidenza  del  consiglio  regionale   sottopone
all'assemblea consiliare, secondo le norme previste  nel  regolamento
interno di questa, il rendiconto del Consiglio regionale". 
    Sulla base delle norme statali, e in primis degli artt. 121,  122
e 123 Cost., lo Statuto dell'Emilia-Romagna ha  previsto  e  regolato
l'autonomia contabile ed organizzativa della Regione (v.  l'art.  27,
commi 1-4, l'art. 28, co. 4, lett. a), l'art. 35; per i contributi ai
gruppi v. in particolare l'art. 35, co.  4,  e  l'art.  36,  co.  4),
rinviando al regolamento interno per la disciplina attuativa.  L'art.
14,  co.  1,  lett.  f)  di  questo   (Deliberazione   dell'Assemblea
legislativa della Regione Emilia-Romagna 28 novembre  2007,  n.  143,
Regolamento interno dell'assemblea  legislativa  dell'Emilia-Romagna)
stabilisce che l'Ufficio di presidenza "provvede alle necessita'  dei
gruppi assembleari, ai sensi dell'articolo 35, comma 4, dello statuto
e delle leggi regionali in materia". 
    In concreto, la disciplina dettagliata delle spese dei  gruppi  e
del controllo su di esse operato dal  Consiglio  regionale  si  trova
nella  l.r.  32/1997  e  nella  delibera  attuativa  dell'Ufficio  di
presidenza n. 5 del 17 gennaio 2012, prevista  dall'art.  1,  co.  7,
della l.r. 32/1997. La l.r. 32/1997  e'  stata  abrogata  dalla  l.r.
11/2013 ma, con riferimento all'esercizio 2012 (quello  al  quale  si
riferiscono  gli  atti  di  citazione  qui  contestati),   essa   era
applicabile nel testo modificato dalla l.r. 14/2010. 
    La l.r. 32/1997 disciplina in dettaglio i  contributi  ai  gruppi
(art. 3), la gestione dei  contributi  (art.  6),  la  documentazione
contabile dei gruppi (art. 8), il rendiconto  dei  gruppi  consiliari
(art. 9), il Comitato tecnico per il controllo del  rendiconto  (art.
11) e i  provvedimenti  dell'Ufficio  di  Presidenza  (art.  12).  In
particolare, l'art. 9 prevede che "i gruppi consiliari sono tenuti  a
redigere e ad approvare entro il 31 marzo di ogni anno il  rendiconto
relativo  all'anno  precedente,  secondo   il   modello   predisposto
dall'Ufficio di Presidenza del Consiglio". Il comitato tecnico e'  un
organo esterno (i membri non possono  essere  consiglieri  regionali:
art. 11, co. 7), composto da revisori ufficiali dei conti;  l'Ufficio
di Presidenza puo' discostarsi dal giudizio del comitato tecnico solo
con  espressa  motivazione  (art.  11,  co.  5);  lo  stesso  Ufficio
"accerta, distintamente per ciascun gruppo consiliare, che nel  corso
del periodo  cui  il  rendiconto  si  riferisce:  a)  non  sussistono
irregolarita' di redazione del rendiconto [...]". 
    In generale, l'art. 1, co. 5, della legge (nel testo vigente  nel
2012) stabiliva che "il Consiglio regionale, con le modalita'  e  gli
effetti  previsti  dalla  presente  legge,  svolge  controlli   sulla
gestione dei contributi in denaro erogati ai  gruppi  a  sensi  degli
articoli 3 e 4,  comma  5,  con  oneri  a  carico  del  bilancio  del
Consiglio regionale", e che  "i  controlli  mirano  esclusivamente  a
verificare che i contributi assegnati ai gruppi non siano devoluti  a
fini diversi dal funzionamento e dalla  attivita'  istituzionale  dei
gruppi stessi,  secondo  le  norme  dello  Statuto,  del  Regolamento
interno del Consiglio e della presente legge". E' da sottolineare che
la Procura disconosce l'esistenza di questo controllo  sull'attinenza
delle  spese,  dato  che  definisce  "documentale  e  estrinseco"  il
controllo operato dall'Ufficio di  presidenza  (v.  p.  45  citazione
Sconciaforni). 
    La  delibera  attuativa  n.  5/2012  dell'Ufficio  di  presidenza
disciplina ulteriormente il  controllo  operato  sul  rendiconto  del
gruppo, prevedendo che esso comprenda la  "rispondenza  delle  uscite
esposte nel rendiconto alle finalita' di cui alla l.r. 32/1997" (art.
1, co.  2,  lett.  d);  l'art.  1,  co.  4,  dispone  poi  che  "ogni
rendiconto, comprensivo  degli  allegati,  e'  approvato  dal  gruppo
interessato" e che "il verbale della riunione del gruppo nella  quale
il rendiconto e' discusso e approvato viene  allegato  al  rendiconto
stesso". 
    L'art. 2 regola i "libri e  scritture  contabili"  che  i  gruppi
devono tenere, precisando  che  "ogni  registrazione  contabile  deve
essere  sorretta  da  adeguata  documentazione,  tutta  vistata   dal
capogruppo". 
    L'art. 3 regola i controlli quadrimestrali  effettuati  presso  i
gruppi dal Comitato tecnico. 
    L'art. 4 prevede che i gruppi redigano il rendiconto  secondo  il
modello allegato alla stessa delibera 5/2012, che il Comitato tecnico
elabori un rapporto per ogni gruppo e  che  l'Ufficio  di  presidenza
accerti la regolarita'  del  rendiconto  (comprensiva  dell'attinenza
delle spese alle finalita' istituzionali del gruppo). 
    La normativa regionale, dunque, in attuazione  degli  artt.  121,
122 e 123 della Costituzione e delle norme legislative statali  sopra
citate,  ha  predisposto  un  sistema  completo  di   documentazione,
rendicontazione  e  controllo  delle  spese  effettuate  dai   gruppi
consiliari. Il  rendiconto  e'  approvato  dal  gruppo  consiliare  e
valutato da un organo esterno  (il  Comitato  tecnico)  e  infine  e'
oggetto di una verifica  di  regolarita'  da  parte  dell'Ufficio  di
presidenza. 
    Questi atti di approvazione  e  controllo  si  sono  tradotti  in
"voti" ed "opinioni", sia da parte del gruppo consiliare sia da parte
dell'Ufficio di presidenza. In base all'art. 122, co.  4,  Cost.,  "i
consiglieri regionali non possono essere chiamati a rispondere  delle
opinioni  espresse  e  dei  voti  dati  nell'esercizio   delle   loro
funzioni". Secondo pacifica giurisprudenza  costituzionale,  un  atto
giurisdizionale che viola  la  prerogativa  dell'insindacabilita'  e'
impugnabile in sede di conflitto di attribuzione, perche' rappresenta
un eccesso dal  potere  giurisdizionale,  lesivo  dell'autonomia  del
Consiglio regionale. 
    Occorre, dunque, verificare se, per qualche ragione, gli atti  di
approvazione e controllo dei rendiconti dei  gruppi  siano  sottratti
all'ambito di applicazione della prerogativa di cui all'art. 122, co.
4, cost. Come visto, tali atti  sono  estrinsecazione  dell'autonomia
contabile ed organizzativa del Consiglio  regionale,  prevista  dalla
Costituzione e dalle leggi statali e  attuata,  nella  disciplina  di
dettaglio, da  fonti  regionali.  Non  si  tratta,  dunque,  di  mere
funzioni "amministrative" attribuite agli organi consiliari da  leggi
regionali, ma di "tipiche" funzioni di autoorganizzazione, essenziali
per l'autonomia politica del Consiglio, essendo  impensabile  che  il
Consiglio non possa valutare  se  sia  necessario  e  utile,  per  lo
svolgimento delle funzioni consiliari e per la tutela degli interessi
dei cittadini regionali, compiere una certa spesa di rappresentanza o
affidare una certa consulenza. 
    L'art. 122, co. 4, Cost. serve  proprio  a  garantire  la  libera
determinazione  dell'organo   politicamente   rappresentativo   della
comunita' nel decidere come esercitare le funzioni  preordinate  alla
cura  degli  interessi  della  comunita',  serve  a   preservare   da
interferenze e condizionamenti  esterni  le  determinazioni  inerenti
alla sfera di autonomia propria dell'organo. 
    Va sottolineato altresi' che l'autonomia del Consiglio  si  salda
con il diritto alla  riservatezza  che  deve  tutelare  la  attivita'
politica dei suoi componenti e che impedisce di rendere pubblico ogni
aspetto della loro attivita' extra moenia, inclusi  i  loro  contatti
politici e i rapporti sociali; e che su di essi  certo  non  puo'  un
Giudice, sia pure contabile, esprimersi in termini di  ammissibilita'
o meno. 
    Codesta Corte  piu'  volte  ha  confermato  che  le  funzioni  di
autoorganizzazione sono "coperte" dall'art. 122, co. 4, cost. Ad es.,
la sentenza n. 81  del  1975  ha  ricondotto  sotto  la  sfera  della
insindacabilita' sancita dall'art. 122 Cost. una delibera  consiliare
di approvazione della stipula di un contratto  di  assicurazione  dei
consiglieri regionali; le "sentenze n. 69 e n. 70  del  1985  (e  poi
analogamente le sentenze n. 289 del 1997 e n.  392  del  1999)  hanno
distinto dall'area insindacabile, riferita alle funzioni legislative,
di indirizzo politico e di controllo, di autoorganizzazione  interna,
nonche' a quelle aggiuntive determinate  dal  legislatore  nazionale,
un'area invece  pienamente  sindacabile,  costituita  dalle  altre  e
diverse  funzioni  amministrative,  determinate  dalle  varie   fonti
regionali" (cosi' la sent. 337/2009); la sent. 337/2009  ha  ritenuto
"coperte"  le  funzioni  "anche  di   tipo   amministrativo   purche'
strettamente finalizzate a  garantire  l'autonomo  funzionamento  dei
Consigli regionali". 
    Dunque, nel momento in cui  una  Regione  predispone  un  sistema
completo  di  documentazione  e  controllo  sulle  spese  del  gruppi
consiliari, le decisioni del  gruppo  e  dell'Ufficio  di  presidenza
attuative  di  tale  sistema  sono  senz'altro   funzioni   "tipiche"
consiliari,  strumentali  all'autonomia  organizzativa,  contabile  e
soprattutto politica del Consiglio. 
    La sent. 392/1999 ha affermato "la riconducibilita' all'art. 122,
quarto comma, della Costituzione delle opinioni espresse e  dei  voti
dati  dai  consiglieri  regionali  nell'ambito  delle  attivita'   di
gestione dei fondi stanziati in  bilancio  per  le  esigenze  di  cui
sopra, con la doverosa precisazione, peraltro, che non si  tratta  di
una immunita' assoluta,  in  quanto  essa  non  copre  gli  atti  non
riconducibili, secondo ragionevolezza, all'autonomia ed alle esigenze
ad essa sottese". 
    Gli atti di citazione qui impugnati, pero', non si limitano certo
a contestare il danno causato dai singoli consiglieri nel  compimento
di specifiche spese palesemente non attinenti,  ma  si  sovrappongono
chiaramente e vanificano gli atti  di  approvazione  e  di  controllo
previsti dalle norme regionali e compiuti dal gruppo  e  dall'Ufficio
di presidenza. 
    Quella sorta di curioso "decalogo" sull'uso dei fondi che  si  e'
descritto nella parte in "Fatto" esprime  la  filosofia  generale  di
questa  sovrapposizione  dei  criteri  di  valutazione  propri  della
Procura della Corte dei conti rispetto alle valutazioni del Consiglio
regionale,  mentre   le   contestazioni   ricavate   dall'illegittima
procedura di controllo esprimono la  applicazione  concreta  di  tale
filosofia. 
    Se la Corte dei conti potesse agire contro  i  consiglieri  ed  i
capigruppo in relazione a spese approvate dall'Ufficio di presidenza,
in situazioni di non palese estraneita' alle funzioni  -  l'autonomia
del Consiglio sarebbe illusoria su un punto  essenziale  (l'autonomia
di spesa), perche' ci sarebbe sempre il timore che una certo  pranzo,
un  viaggio  in  treno  o  una  consulenza,  ritenuti  necessari  per
l'attivita' politica del consigliere, possano essere considerati  non
attinenti dalla Corte dei conti. 
    Dunque, quello che in questo primo  motivo  si  contesta  non  e'
soltanto il potere della Corte dei conti di decidere  se  la  singola
spesa sia stata o meno attinente  alle  funzioni  consiliari  (sempre
eccettuate le situazioni abnormi di manifesta estraneita'), ma  anche
di decidere se il Consiglio  e'  autonomo  o  meno  nell'accertamento
della regolarita' delle spese e  se  tale  funzione  di  accertamento
possa essere sottratta alla prerogativa di cui all'art. 122,  co.  4,
Cost. 
    Si tratta dunque, sotto entrambi i punti di vista,  di  questioni
concernenti i confini della giurisdizione: non puo' essere il giudice
contabile ne' a dettare regole prive di ogni  fondamento  legislativo
sull'uso dei  fondi  dei  gruppi  consiliari,  ne'  a  sindacarne  in
concreto   l'uso,   regolarmente   approvato   dall'organo   titolare
dell'autonomia contabile secondo procedure legittime, ed al di  fuori
dell'ipotesi di uso palesemente abnorme. 
2) Lesivita' e  arbitrarieta'  di  atti  di  citazione  perfettamente
corrispondenti agli esiti degli atti  di  controllo  illegittimamente
assunti e poi annullati da codesta Corte costituzionale, con la sopra
citata  sentenza  n.   130/2014,   e   cio'   nonostante   presi   in
considerazione dalla Procura della Corte dei  conti  come  fondamento
documentale della propria iniziativa. 
    Come esposto in narrativa, la notifica degli atti di citazione ai
capigruppo  del  Consiglio  regionale   e   a   singoli   consiglieri
costituisce null'altro  che  la  trasposizione/ribaltamento  in  atti
della Procura inquirente della delibera di controllo illegittimamente
assunta. 
    E' infatti sufficiente la  lettura  di  uno  qualunque  tra  tali
citazioni per constatare che essi sono sostanzialmente tutte  uguali,
e  che  tutti  insieme  non  fanno  che  scomporre  e  ricomporre  le
contestazioni contenute nella deliberazione di controllo annullata da
codesta ecc.ma Corte costituzionale. 
    Merita, dunque, soffermarsi sulla struttura delle citazioni. Esse
constano di diversi punti e solo nel punto 5 differiscono, in  misura
limitata. Qui, in  poche  righe,  anche  queste  scritte  secondo  un
identico facsimile, si spiega quale sia l'imputazione posta a  carico
del consigliere e/o del  capogruppo:  varia  esclusivamente  il  nome
del/degli interessato/i. L'ipotesi di responsabilita' e' espressa con
una formula che viene anch'essa ripetuta identica in tutti gli inviti
a dedurre: si parla di "effettuazione  di  spese  manifestamente  non
inerenti all'attivita' istituzionale e al  funzionamento  del  gruppo
stesso", aggiungendo che "il vincolo  di  destinazione.  consente  di
ritenere  illecite,  giuridicamente   illogiche   ed   economicamente
irrazionali, perche' eccedenti i  limiti  del  mandato  istituzionale
attribuito dall'ordinamento regionale ai gruppi consiliari, le spese,
effettuate dal consigliere" - segue il nome - "dettagliate nelle  due
schede di riepilogo". 
    Le  schede  suddividono  per  mese  e  per  voci   (taxi,   auto,
autostrada, treno, pasti,  alberghi,  giornali,  eventi,  beni  vari,
spese postali,  affitti  e  bollette,  consulenze  e  contratti)  gli
importi. 
    Eccone un esempio: 
 

              Parte di provvedimento in formato grafico

 
    Dopo le tabelle, segue: 
        l'affermazione, caratterizzata da  una  eclatante  inversione
dell'onere della prova, dell'inesistenza di "alcun indice  probatorio
di inerenza agli scopi e agli obiettivi" istituzionali,  "trattandosi
di spese che, per loro natura e/o per la loro carente documentazione,
sono palesemente prive di qualsiasi  giustificazione  e  collegamento
con l'attivita' istituzionale del gruppo"; 
        l'affermazione  del  dovere  "di  rendicontazione  e   tenuta
documentale delle  spese  effettuate"  (come  se  questi  doveri  non
fossero stati adempiuti, mentre sono stati adempiuti come  illustrato
nel punto precedente secondo la disciplina regionale vigente); 
        l'enunciazione di un "decalogo" sulla corretta  effettuazione
delle spese di rappresentanza, delle spese per pasti, delle spese per
taxi, delle  spese  ferroviarie  e  di  trasporto,  delle  spese  per
consulenze  ed  incarichi  esterni,  decalogo  che  svuota  il  rango
politico dell'autonomia del Consiglio regionale; 
        la prospettazione del "dolo di gestione",  derivante  da  una
meramente  asserita  "evidente  violazione  dolosa  delle  regole  di
gestione di fondi pubblici" e dalla ugualmente solo asserita "assenza
non solo di prova della  legittimita'  della  spesa"  ma  addirittura
"dell'effettivita'  dell'indicato  esborso",  in  contrasto  con  gli
accertamenti legittimi previsti dalla legge. Il  carattere  meramente
assertivo  di  tali  enunciazioni  rende  manifesto   che   la   loro
enunciazione si deve solo al tentativo  di  occultare  che  la  parte
fondamentale ed essenziale delle contestazioni si basa sulla  diversa
valutazione dei criteri politici  di  gestione,  quali  espressi  nel
"decalogo" sopra illustrato. L'elemento soggettivo non e'  dimostrato
con elementi di prova adeguatamente documentati, ma  e'  ricavato  in
via induttiva dal fatto  che  la  documentazione  esistente  non  era
analitica e corrispondente ai criteri  individuati  dalla  Procura  e
dalla  Sezione  di  controllo,  ma  rispondevano   correttamente   ai
requisiti previsti dalla legislazione regionale. 
    L'unica variazione, piu' formale che sostanziale,  corre  tra  le
citazioni  indirizzate  ad  un  unico  consigliere,   che   e'   pure
capogruppo, e quelle indirizzate al consigliere e al "suo" capogruppo
(il quale, per "la macroscopica deviazione dalle  riferite  finalita'
pubblicistiche", e'  comunque  imputabile  per  "il  medesimo  titolo
psicologico (dolo diretto di gestione)"). 
    Come  si  puo'  immediatamente  dedurre,  la  differenziazione  e
l'individuazione  delle   spese   asseritamente   irregolari   e   la
personalizzazione delle responsabilita' individuali sono  interamente
contenute nelle "schede". Ma ogni singola voce di ogni singola scheda
e' a sua  volta  compilata  sulla  base  delle  schede  trasmesse  in
allegato alla deliberazione  della  Sezione  regionale  di  controllo
249/2013/FRG del 10.7.2013, trasmessa nella stessa data alla Procura:
la differenza e' che le schede compilate dalla Sezione  di  controllo
riportavano tutte le singole  voci  di  spesa  aggregate  per  Gruppo
consiliare, quelle ora compilate dalla  Procura  sono  suddivise  per
consigliere/gruppo e aggregate per tipologia di spesa. 
    Poste queste premesse, risulta evidente lo strettissimo rapporto,
per non dire la perfetta identita', che sussiste tra l'operato  della
Sezione di controllo e quello svolto dalla  Procura  regionale  della
Corte  dei  conti.  Benche'  in  apertura  gli  atti   di   citazione
attribuiscano alla documentazione raccolta e trasmessa dalla  Sezione
di controllo solo la funzione di "integrare" le fonti di informazione
della Procura, nulla, negli atti  di  citazione,  lascia  anche  solo
ipotizzare l'esistenza di ulteriori informazioni acquisite  da  altre
fonti o da autonome ricerche svolte dall'autorita' inquirente. Non  a
caso, la  Procura  replica  all'eccezione  di  "nullita'  degli  atti
istruttori per mancanza di una notizia di danno specifica e concreta"
sottolineando la  "piena  utilizzabilita'  della  nota  n.  3660  del
10.7.2013" della sezione di controllo (p. 41 citazione Sconciaforni).
Inoltre, la Procura rileva (p. 47) che il riferimento  della  sezione
di controllo al mancato invio della  documentazione  "puo'  ritenersi
come valida denunzia di illecito e  di  danno  erariale",  affermando
peraltro incongruamente, subito dopo, che e' "priva di  valore  e  di
effettiva  rilevanza  giuridica  la  comunicazione/trasmissione  alla
Procura  regionale  [...]  della  deliberazione  della   Sezione   di
controllo n. 249/2013 del 10.7.2013" (p. 50). 
    Le stesse motivazioni addotte  dalla  Procura  per  sostenere  la
"macroscopica deviazione"  delle  spese  contestate  dalle  finalita'
istituzionali    non    fanno    che    meramente    riprodurre    le
annotazioni/contestazioni poste al margine delle singole spese  nelle
schede compilate dalla Sezione di controllo: "difetto  di  inerenza",
"difetto di documentazione probatoria". 
    Tutto cio' risulta dalla semplice analisi delle tabelle  relative
alle spese contestate,  la  cui  sconcertante  carenza  di  capacita'
descrittiva di fattispecie di responsabilita' trova spiegazione  solo
nel collegamento con l'atto di controllo. 
    Le  considerazioni  sopra  esposte  rendono  manifesto  che,  pur
formalmente esercitando la sua  funzione  istituzionale,  la  procura
della  Corte  dei  conti  altro  non   ha   fatto   che   "replicare"
l'illegittima attivita' di controllo. 
    Cio' tanto piu' che, come  gia'  esposto,  l'irregolarita'  delle
spese era affermata in relazione al mancato invio da parte dei Gruppi
della ulteriore documentazione richiesta dalla Sezione di  controllo:
richiesta  evidentemente  essa  stessa   illegittima   e   priva   di
fondamento, dato che l'intera  procedura  di  controllo  non  avrebbe
dovuto neppure essere iniziata: sembra, dunque, evidente che non solo
l'azione  di  controllo  era  complessivamente   in   conflitto   con
l'autonomia del Consiglio regionale, ma che erano viziati in radice i
suoi singoli atti e le sue singole risultanze: essa non poteva essere
posta a fondamento di alcuna iniziativa della Procura. 
    Risultano dunque violati i principi  che  governano  l'iniziativa
processuale della Procura della Corte dei conti. 
3) Lesivita' e arbitrarieta'  degli  atti  di  citazione  in  quanto,
replicando le  censure  svolte  nella  sede  dell'annullato  atto  di
controllo, invadono le scelte di merito riservate  all'autonomia  del
Consiglio regionale, fuoriuscendo dai limiti sia  della  funzione  di
controllo che del  sindacato  giurisdizionale.  Specifica  violazione
dell'art 122, quarto comma, Cost. 
    Replicando l'attivita' di controllo, la Procura regionale  ne  ha
anche  assunto  il  carattere  di  invasivita'  delle  prerogative  e
dell'autonomia del Consiglio regionale e dei  Gruppi  consiliari  che
caratterizzava la prima. 
    Benche'  infatti,  le  contestazioni  della   Procura   regionale
esprimano un formale ossequio  al  principio  della  insindacabilita'
delle scelte di merito, riservate alla autonomia politica dei Gruppi,
come affermato da codesta ecc.ma Corte  nella  sentenza  n.  39/2014,
l'esame del loro contenuto mostra che, al contrario, la  Procura  non
ha fatto che replicare e  "personalizzare"  il  controllo  di  merito
sull'inerenza delle spese al mandato politico, gia' esercitato  dalla
Sezione regionale di controllo: e lo ha fatto  assumendo  come  fonte
documentale i risultati di quel controllo. 
    Cosi' facendo la Procura da un  lato  ha  soltanto  rivestito  di
forme giurisdizionali la  prosecuzione  dell'attivita'  di  controllo
dichiarata da codesta Ecc.ma Corte  condotta  illegittimamente  e  in
violazione  delle  attribuzioni  regionali,  dall'altro  ha  ecceduto
l'ambito del sindacato ad essa consentito. 
    Dato che  il  carattere  soltanto  tipologico  e  numerico  delle
indicazioni contenute nelle Tabelle rendono  non  trasparente  e  non
puntuale  la  contestazione,  si  considerino  in  primo  luogo,  per
praticita', quelle contenute nella nota del Procuratore del 9  luglio
2014, n. 5190. Pur non trattandosi di quelle di cui  alle  citazioni,
esse ne condividono tuttavia la tipologia, provenendo  le  une  e  le
altre dagli atti di controllo. 
    Orbene, cio' che e' davvero manifesto  e'  che  le  irregolarita'
contestate non si riferiscono affatto a spese che eccedono  i  limiti
dell'attivita' istituzionale, ma a spese che  vi  rientrano,  il  cui
apprezzamento compete, appunto, all'autonomia politica dei gruppi. 
    Ci  si  riferisce  infatti,  ad  esempio,  alla  missione  di  un
consigliere  regionale  (per  di  piu',   presidente   dell'Assemblea
Legislativa) per l'inaugurazione della ristrutturazione e conversione
sociale (sponsorizzata dalla Regione) di un  ex  edificio  scolastico
compreso in un parco  dei  colli  modenesi;  o  alla  spesa  che  una
consigliera ha fatto per  un  biglietto  di  trasporto  pubblico  per
recarsi, in qualita' di relatore, al Convegno "Le donne e il lavoro -
Il lavoro delle donne", tenutosi a Brescia. 
    Risulta chiaro che il sindacato su simili spese -  analoghe  alla
stragrande  maggioranza  di  quelle  alle  quali  si  riferiscono  le
contestazioni della Procura -  eccede  la  verifica  sui  limiti  del
carattere istituzionale delle spese, per entrare nel merito specifico
delle  scelte  discrezionali:  il  che  esula  tanto  dal  potere  di
controllo quanto dal possibile sindacato giurisdizionale. 
    In questi termini, accanto alla completa irritualita' dell'uso di
una  illegittima  procedura  di  controllo  come  fondamento  di  una
presunta irregolarita' delle spese, al centro della questione si pone
un ulteriore fondamentale interrogativo: a chi competa il giudizio di
inerenza al mandato politico sulle spese dei Gruppi consiliari. 
    La risposta di codesta ecc.ma Corte  si  era  delineata  gia'  in
passato: pur affermando il principio generale  della  responsabilita'
contabile, la Corte ha  escluso  dal  controllo  contabile  le  spese
"rivolte a fornire all'organo consiliare i mezzi  indispensabili  per
l'esercizio  delle   sue   funzioni",   purche'   le   stesse   siano
"riconducibili ragionevolmente all'autonomia e alle esigenze ad  essa
sottese" (sent. 289/1997). Come  la  stessa  Corte  ha  Osservato  in
seguito - pur con riferimento ad  una  fattispecie  specifica  (sent.
392/1999) - l'addebito rivolto agli organi  del  Consiglio  regionale
deve essere formulato "in termini di estraneita' o, comunque, di  non
riconducibilita', alla stregua  di  un  criterio  di  ragionevolezza,
dell'autorizzazione dei viaggi all'autonomia funzionale del Consiglio
regionale" e non "su valutazioni  negative  in  ordine  all'utilita',
alla proficuita' o, addirittura, alla ricaduta pratica  concreta  dei
suddetti viaggi, con apprezzamenti riferibili al merito  delle  spese
e, pertanto, non idonei ad essere elevati a criterio di verificazione
della  riconducibilita'  o  meno  delle  spese  stesse  al   suddetto
principio di  autonomia",  tutelato  in  particolare  dall'art.  122,
quarto comma, della costituzione e dalla rado ad esso sottesa. 
    Tale sentenza ha  annullato  un  atto  di  citazione  rivolto  al
Presidente  del  Consiglio  della  Regione  Lombardia,  per   ragioni
sostanzialmente analoghe a quelle invocate nel presente ricorso. 
    Recentissimamente,  con  specifico  riferimento  alle  competenze
della Corte  dei  conti  nel  controllo  sui  rendiconti  dei  Gruppi
consiliari (introdotte dall'art.  1,  commi  9,  10,  11  e  12,  del
decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito, con modificazioni,
dall'art. 1, comma 1, della legge 7 dicembre 2012, n. 213), la  sent.
130/2014, sulla base delle linee gia' tracciate dalla gia' piu' volte
ricordata sent. 39/2014, ha stabilito che "il rendiconto delle  spese
dei gruppi consiliari costituisce  parte  necessaria  del  rendiconto
regionale, nella misura in cui le somme da tali  gruppi  acquisite  e
quelle restituite devono essere  conciliate  con  le  risultanze  del
bilancio regionale [...]. Il sindacato della Corte dei  conti  assume
infatti, come parametro, la conformita'  del  rendiconto  al  modello
predisposto  in  sede  di  Conferenza,  e  deve  pertanto   ritenersi
documentale,  non  potendo  addentrarsi  nel  merito   delle   scelte
discrezionali rimesse all'autonomia politica dei gruppi,  nei  limiti
del mandato istituzionale". Questa giurisprudenza e' cosi'  chiara  e
precisa che avrebbe dovuto far desistere la Procura dal dare  seguito
all'attivita' svolta dalla Sezione regionale  di  controllo,  proprio
quella che, per ricorso della ricorrente  Regione,  ha  provocato  la
sent. 130 e da questa e' stata annullata. 
    L'azione della Procura si fonda su un sostanziale fraintendimento
del significato  delle  pronunce  di  codesta  ecc.ma  Corte:  questa
"lettura"   della   giurisprudenza   costituzionale    persegue    la
restaurazione  del  controllo  di  merito  sulle  spese  dei   Gruppi
consiliari, fondandosi su un concetto di inerenza che  codesta  Corte
ha ritenuto lesivo dell'autonomia regionale. 
    In conclusione, risulta  chiara  -  ad  avviso  della  ricorrente
Regione - la violazione dei limiti  che  definiscono  l'ambito  della
giurisdizione  della  Corte  dei   conti.   Se   in   generale   alla
giurisdizione contabile e' precluso l'esame del merito  delle  scelte
degli  organi  amministrativi,  e'  evidente  che  tale   limitazione
acquista una peculiare estensione in relazione alle scelte  riservate
al Consiglio regionale ed  ai  suoi  organi,  ed  in  particolare  ai
consiglieri,   ai   quali    la    stessa    Costituzione    assicura
l'insindacabilita' per i voti dati e le opinioni espresse, secondo la
dizione dell'art.  122,  quarto  comma,  Cost.,  che  risulta  dunque
anch'esso specificamente violato. D'altronde, le funzioni dei  gruppi
consiliari sono  strumentali  all'intera  gamma  delle  funzioni  del
Consiglio, ivi compresa la funzione legislativa, e partecipano dunque
delle garanzie ad essa riservate (v. sent. di codesta ecc.ma Corte n.
209 del 1994). 
 
                                P.Q.M. 
 
    Per le esposte ragioni, la  ricorrente  Regione  Emilia  Romagna,
come sopra rappresentata e difesa; 
    Chiede Voglia Codesta Ecc.ma  Corte  Costituzionale  accertare  e
dichiarare che  non  spetta  allo  Stato  e  per  esso  alla  Procura
Regionale della Corte dei conti il potere di  citare  in  giudizio  i
Capigruppo   e   i   Consiglieri    regionali    come    prosecuzione
dell'iniziativa avviata con gli inviti a dedurre, gia' impugnati  per
conflitto di attribuzione (R.G. n. 8/2014  Reg.  Conflitto  Enti)  in
relazione alle spese dei  Gruppi  consiliari  relative  all'esercizio
2012,  sovrapponendo  autonomi  e   differenti   apprezzamenti   alle
valutazioni  di  merito  riservate  agli  organi   regionali,   cosi'
protraendo  la  precedente  illegittima   azione   di   controllo   e
fuoriuscendo dai legittimi confini del  sindacato  giurisdizionale  e
conseguentemente; 
    Annullare gli atti di citazione (doc. 2-14) citati in epigrafe  e
gli eventuali altri dello stesso tenore in  corso  di  notifica,  per
violazione dell'autonomia regionale e, in particolare, del  Consiglio
regionale, nei termini e in relazione ai profili esposti nel presente
ricorso. 
    Si depositano: 
        1) Deliberazione G.R. progr. n. 130 del 16 febbraio  2015  di
autorizzazione a promuovere il conflitto; 
        2-14) Atti di citazione specificati in epigrafe; 
        15) Delibera attuativa dell'Ufficio di presidenza n. 5 del 17
gennaio 2012; 
        16) Legge Regione Emilia Romagna n. 32/1997 nel testo vigente
nel 2012. 
 
        Bologna-Padova-Roma, 20 febbraio 2015 
 
                   Prof. Avv. Franco Mastragostino 
 
 
                   Prof. Avv. Giandomenico Falcon 
 
 
                          Avv. Luigi Manzi