N. 38 SENTENZA 24 febbraio - 17 marzo 2015

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. 
 
Ambiente  -  Habitat  (esclusione  dalla  valutazione  di   incidenza
  ambientale - VINCA - di una serie di interventi a tutela della rete
  ecologica   regionale   "Natura   2000")   -    Appalti    pubblici
  (realizzazione di opere di regimazione  idraulica  con  il  sistema
  della compensazione) - Rifiuti  (esclusione  dell'abbruciamento  di
  materiale  vegetale  residuale  naturale  derivante  da   attivita'
  agricole dalla disciplina della gestione dei rifiuti). 
- Legge della Regione Veneto 2 aprile 2014, n. 11 (Legge  finanziaria
  regionale per l'esercizio 2014), artt. 19, 56, commi 1 e 4, e 65. 
-   
(GU n.12 del 25-3-2015 )
  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Alessandro CRISCUOLO; 
Giudici  :Paolo  Maria  NAPOLITANO,  Giuseppe  FRIGO,  Paolo  GROSSI,
  Giorgio  LATTANZI,  Aldo  CAROSI,  Marta  CARTABIA,  Mario  Rosario
  MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria
  de PRETIS, Nicolo' ZANON, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt.  19,  56,
commi 1 e 4, e 65 della legge della Regione Veneto 2 aprile 2014,  n.
11 (Legge finanziaria regionale per l'esercizio 2014),  promosso  dal
Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso  notificato  il  31
maggio-5 giugno 2014, depositato in cancelleria il 5 giugno  2014  ed
iscritto al n. 38 del registro ricorsi 2014. 
    Visto l'atto di costituzione della Regione Veneto; 
    udito nell'udienza pubblica  del  24  febbraio  2015  il  Giudice
relatore Marta Cartabia; 
    uditi l'avvocato dello Stato Fabrizio Fedeli  per  il  Presidente
del Consiglio dei ministri e l'avvocato Luigi Manzi  per  la  Regione
Veneto. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Con ricorso spedito  per  la  notifica  il  31  maggio  2014,
ricevuto dalla  resistente  il  5  giugno  2014  e  depositato  nella
cancelleria di questa Corte nella  medesima  data  (r.r.  n.  38  del
2014), il Presidente del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha  sollevato  questione
di legittimita' costituzionale degli artt. 19, 56, commi 1 e 4, e  65
della legge  della  Regione  Veneto  2  aprile  2014,  n.  11  (Legge
finanziaria regionale per l'esercizio 2014), in riferimento  all'art.
117 della Costituzione, relativamente sia  al  primo  comma,  sia  al
secondo comma, lettera s). 
    Il Presidente del Consiglio dei ministri ha  censurato  anzitutto
l'art. 65 della legge reg. Veneto n. 11 del 2014, che, in  attesa  di
un'organica disciplina in  materia  di  tutela  della  biodiversita',
detta una serie di misure a tutela  della  rete  ecologica  regionale
«Natura 2000». Il ricorrente ha riscontrato un contrasto con l'art. 5
del d.P.R. 8 settembre 1997, n. 357 (Regolamento  recante  attuazione
della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione  degli  habitat
naturali  e  seminaturali,  nonche'  della  flora   e   della   fauna
selvatiche), come modificato dall'art. 6 del decreto  del  d.P.R.  12
marzo 2003, n. 120 (Regolamento recante modifiche ed integrazioni  al
D.P.R.  8  settembre  1997,  n.  357,  concernente  attuazione  della
direttiva  92/43/CEE  relativa  alla  conservazione   degli   habitat
naturali  e  seminaturali,  nonche'  della  flora   e   della   fauna
selvatiche). Ne conseguirebbe  la  violazione  dell'art.  117,  primo
comma, Cost., ove prescrive che  la  potesta'  legislativa  regionale
deve rispettare i vincoli derivanti dall'ordinamento  comunitario,  e
dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., che  attribuisce  la
tutela dell'ambiente  e  dell'ecosistema  alla  competenza  esclusiva
dello Stato. Infatti,  la  disposizione  impugnata,  conferendo  alla
Giunta regionale il compito di definire, con apposite linee guida,  i
criteri affinche' l'attuazione di una serie  di  interventi  non  sia
assoggettata  a  valutazione   di   incidenza   ambientale   (VINCA),
risulterebbe violare l'art. 5 del d.P.R. n. 357 del 1997, che  invece
prevedrebbe l'assoggettamento  a  tale  valutazione  di  ogni  piano,
progetto o intervento che possa incidere sullo stato di conservazione
dell'equilibrio ambientale. 
    Il ricorrente ha impugnato altresi' l'art. 56, commi 1 e 4, della
legge reg. Veneto n. 11  del  2014,  che  disciplina  la  combustione
controllata sul luogo di produzione dei residui vegetali. Il comma  1
consente la combustione  controllata  sul  luogo  di  produzione  dei
residui vegetali derivanti da attivita' agricole o  da  attivita'  di
manutenzione di  orti  o  giardini  privati,  effettuata  secondo  le
normali pratiche o consuetudini. Il successivo comma  4  dispone  che
tale attivita' non costituisce gestione  dei  rifiuti  o  combustione
illecita. Ad avviso del ricorrente, tali previsioni  confliggerebbero
con l'art. 185, comma 1, lettera f), del decreto legislativo 3 aprile
2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), d'ora in  avanti  "codice
dell'ambiente", che, nel testo modificato dal decreto  legislativo  3
dicembre 2010, n. 205 (Disposizioni  di  attuazione  della  direttiva
2008/98/CE del Parlamento europeo e del  Consiglio  del  19  novembre
2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive), ha  recepito
l'art. 2, paragrafo  1,  lettera  f),  della  suddetta  direttiva  n.
2008/98/CE:  questa   disposizione,   nell'interpretazione   proposta
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,   richiederebbe   che   tali
materiali  vegetali,  per  poter  essere   esclusi   dal   campo   di
applicazione  della  disciplina  sui  rifiuti,   siano   riutilizzati
seguendo processi e metodi che non danneggino l'ambiente ne'  mettano
in  pericolo  la  salute  umana.  In  questa  chiave,  tali   residui
rientrerebbero nella nozione di «sottoprodotto» e potrebbero  percio'
essere esclusi dalla disciplina sui rifiuti  solo  a  condizione  che
sussistano, in concreto, tutti i requisiti elencati nell'art. 184-bis
del codice dell'ambiente, secondo una valutazione effettuata caso per
caso, e non in via generale come invece  consentono  le  disposizioni
impugnate. Queste ultime, pertanto,  risulterebbero  contrastare  con
l'art. 117, primo e secondo comma, lettera s), Cost. 
    Ulteriori censure  del  ricorrente  sono  rivolte  nei  confronti
dell'art. 19 della legge reg. Veneto n. 11 del 2014, che autorizza la
Giunta regionale a prevedere, nel rapporto con  gli  appaltatori  per
opere di regimazione di corsi d'acqua comprendenti  la  rimozione  di
materiali   litoidi,   il   sistema   della   remunerazione   tramite
compensazione tra l'onere della realizzazione dei lavori e il  valore
del materiale estratto  riutilizzabile,  quest'ultimo  da  calcolarsi
sulla base dei vigenti canoni demaniali.  Ad  avviso  dell'Avvocatura
generale dello Stato, infatti, tale disposizione sarebbe  illegittima
per contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.,  dato
che  non  prevede  alcun  controllo  circa  le  caratteristiche   del
materiale litoide estratto  dai  corsi  d'acqua  e  non  richiama  la
normativa statale di  settore  che  regola  la  materia  -  contenuta
nell'art. 4 del decreto del Ministero dell'ambiente  e  della  tutela
del territorio e del mare 10 agosto 2012, n. 161 (Regolamento recante
la disciplina dell'utilizzazione delle terre  e  rocce  da  scavo)  -
laddove, in applicazione  dell'art.  184-bis,  comma  1,  del  codice
dell'ambiente,  stabilisce  quali  siano  i  requisiti   che   devono
sussistere,  contemporaneamente   e   cumulativamente,   perche'   il
materiale  da  scavo  possa  considerarsi  «sottoprodotto»  ai  sensi
dell'art. 183, comma 1, lettera qq),  del  codice  dell'ambiente.  In
assenza di questi  requisiti,  il  materiale  in  questione  dovrebbe
qualificarsi  come  rifiuto  e  pertanto  essere  assoggettato   alla
relativa normativa. Il  ricorrente,  a  supporto  della  censura,  ha
richiamato  la  giurisprudenza  costituzionale  in  materia,   e   in
particolare la sentenza n. 70 del  2014,  la  quale  afferma  che  e'
riservata allo Stato la competenza a disciplinare la  semplificazione
amministrativa delle procedure relative ai materiali  provenienti  da
cantieri di piccole dimensioni, incluse le terre e  rocce  da  scavo,
senza contemplare alcun ruolo, neppure a carattere cedevole,  per  le
Regioni e le Province autonome. 
    2.- La Regione Veneto si e' costituita in  giudizio  con  memoria
del 24 giugno 2014, depositata in cancelleria il 25 giugno  2014.  La
delibera di autorizzazione da parte della Giunta regionale,  adottata
il 24 giugno 2014, e' stata depositata in cancelleria  il  22  agosto
2014. In tale memoria la Regione Veneto ha ritenuto  che  le  censure
presenti nel ricorso siano del tutto destituite di  fondamento  e  ha
chiesto pertanto che la Corte respinga il ricorso. 
    Relativamente all'art. 65 della legge reg. Veneto n. 11 del 2014,
la resistente  ha  sostenuto  la  conformita'  di  tale  disposizione
all'art. 5 del  d.P.R.  n.  357  del  1997,  che,  del  resto,  viene
espressamente richiamato dal comma 1 della disposizione impugnata. In
particolare, la valutazione di incidenza ambientale (VINCA), ai sensi
del suddetto d.P.R. n. 357 del  1997,  non  sarebbe  obbligatoria  in
relazione a ogni  tipologia  di  intervento,  ma  esclusivamente  per
quelli non direttamente connessi e necessari al mantenimento  in  uno
stato di conservazione soddisfacente delle  specie  e  degli  habitat
presenti nel sito, e che possano avere  incidenze  significative  sul
sito stesso. La disposizione impugnata conterrebbe percio'  una  mera
specificazione normativa, in ambiti  ricadenti  in  altre  competenze
regionali (agricoltura, assetto del territorio), diretta a  garantire
in modo rafforzato la tutela predisposta dallo Stato,  in  linea  con
quanto  stabilito  dalla  sentenza  n.  12  del  2009   della   Corte
costituzionale. 
    Riguardo all'art. 56, commi 1 e 4, della legge reg. Veneto n.  11
del  2014,  la  difesa  regionale  ha  sostenuto   che   la   pratica
dell'abbruciamento sarebbe distinta dalla fattispecie «sottoprodotti»
di cui all'art. 184-bis del codice dell'ambiente, in  quanto,  da  un
lato, il sottoprodotto e' «originato da un processo  di  produzione»,
mentre il materiale in questione potrebbe essere l'effetto di  eventi
vegetativi  naturali;  e,  dall'altro,  il   suo   utilizzo   avviene
attraverso   un   «trattamento   diverso   dalla   normale    pratica
industriale»,  mentre  la   disposizione   regionale   in   questione
tratterebbe di pratiche agricole  e  forestali.  Inoltre,  ad  avviso
della   Regione   Veneto,    la    pratica    agricola    consistente
nell'eliminazione  mediante  abbruciamento  del  materiale   vegetale
residuo rappresenterebbe una ordinaria,  quanto  inveterata,  tecnica
colturale, mentre l'assoggettamento di tale materiale alla disciplina
sulla gestione dei rifiuti determinerebbe un effetto sproporzionato e
particolarmente vessatorio, comportando, tra l'altro,  l'applicazione
delle sanzioni penali  previste,  per  la  combustione  illecita  dei
rifiuti,  dall'art.  256-bis  del  codice  dell'ambiente,  introdotto
dall'art. 3, comma 1, del decreto-legge  10  dicembre  2013,  n.  136
(Disposizioni urgenti dirette a fronteggiare emergenze  ambientali  e
industriali ed  a  favorire  lo  sviluppo  delle  aree  interessate),
convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1,  della  legge  6
febbraio 2014, n. 6. L'interpretazione piu' corretta sarebbe  invece,
sempre ad avviso della Regione Veneto, quella per cui i materiali  in
questione, pur essendo in  astratto  qualificabili  come  rifiuti  ai
sensi dell'art. 183 [recte: 184], comma 3,  lettera  a),  del  codice
dell'ambiente, sarebbero pero' esclusi  dall'ambito  di  applicazione
della disciplina sulla gestione dei  rifiuti  per  effetto  dell'art.
185, comma 1, lettera f),  del  medesimo  codice  dell'ambiente  (che
risulta lessicalmente identica all'art. 2, paragrafo 1,  lettera  f),
della direttiva n. 2008/98/CE). Ne discenderebbe  l'infondatezza  del
ricorso anche laddove invoca il contrasto con una direttiva  europea.
In  definitiva,  la  disposizione  impugnata  sarebbe  estranea  alla
disciplina sui rifiuti e afferirebbe alla  disciplina  dell'attivita'
agricola, di competenza regionale, anche considerando il fatto che il
codice  dell'ambiente  riconoscerebbe   alle   Regioni   titolo   per
esercitare poteri e funzioni di  propria  competenza  in  materia  di
gestione dei rifiuti (art. 177, comma 4, del codice dell'ambiente). 
    Per quanto riguarda l'art. 19 della legge reg. Veneto n.  11  del
2014, esso non introdurrebbe affatto, ne' in  modo  espresso  ne'  in
forma implicita, alcuna deroga alla disciplina relativa alla cessione
del  materiale  litoide  estratto   dall'alveo   di   corsi   d'acqua
nell'ambito  degli   interventi   di   regimazione   idraulica,   che
costituiscono  attivita'  di  ordinaria  manutenzione,  di  norma  di
modesta  entita',  e  che  non  alterano  lo  stato  dei  luoghi.  La
disciplina statale relativa alla definizione  e  al  trattamento  del
materiale da scavo dettata dal d.m. n. 161 del 2012 non  verrebbe  ad
essere in alcun modo intaccata, visto che la  disposizione  regionale
impugnata  si  proporrebbe  di  conseguire  la   valorizzazione   dei
materiali litoidi, incidendo sulla disciplina regionale  relativa  ai
criteri economici per l'affidamento dei lavori,  di  cui  alla  legge
della Regione Veneto 7 novembre 2003, n. 27 (Disposizioni generali in
materia  di  lavori  pubblici  di  interesse  regionale  e   per   le
costruzioni in zone classificate sismiche), e  in  particolare  sulle
modalita' di contabilizzazione della remunerazione che consegue  alla
pubblica amministrazione dall'utilizzo dei  materiali  da  scavo,  in
linea peraltro  con  alcune  previsioni  contenute  nella  disciplina
statale: nella memoria si richiamano  l'art.  4,  comma  10-bis,  del
decreto-legge 12 novembre 1996, n. 576 (Interventi urgenti  a  favore
delle zone colpite dagli eventi  calamitosi  dei  mesi  di  giugno  e
ottobre 1996), convertito, con modificazioni, dall'art. 1,  comma  1,
della legge 31 dicembre 1996, n. 677, l'art. 53, comma 6, del decreto
legislativo 12 aprile 2006, n. 163  (Codice  dei  contratti  pubblici
relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle  direttive
2004/17/CE e 2004/18/CE) e l'art. 111 del d.P.R. 5 ottobre  2010,  n.
207 (Regolamento di esecuzione ed attuazione del decreto  legislativo
12 aprile 2006,  n.  163,  recante  «Codice  dei  contratti  pubblici
relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle  direttive
2004/17/CE e 2004/18/CE»). 
    In definitiva, la  norma  impugnata  rappresenterebbe  una  norma
tecnica dell'ordinamento contabile della Regione,  resasi  necessaria
per il fatto che la compensazione non si sottrae ai vincoli del patto
di stabilita' interna  e  richiederebbe,  dunque,  un  riconoscimento
contabile, dovendosi anche in  tal  caso  procedere  ad  accertamento
dell'entrata,  impegno  di  spesa,  liquidazione  ed  emissione   del
mandato, ai sensi del Capo V (artt. 36-52) della legge della  Regione
Veneto 29 novembre 2001, n. 39  (Ordinamento  del  bilancio  e  della
contabilita'  della  Regione):  da  cio'  deriverebbe  la  necessita'
dell'intervento con  legge  finanziaria  regionale  per  istituire  i
relativi capitoli di bilancio, consentendo cosi'  all'amministrazione
di conseguire un consistente risparmio di risorse pubbliche. 
    3.- Con successiva memoria del 2  febbraio  2015,  depositata  il
medesimo giorno in cancelleria, la Regione  Veneto,  con  riferimento
all'art. 65 della legge reg. Veneto n. 11 del 2014, ha  ribadito  gli
argomenti gia' illustrati nel senso dell'infondatezza della  censura,
visto che la norma invocata quale parametro interposto, ossia  l'art.
5 del d.P.R. n. 357 del 1997, non prevedrebbe un obbligo assoluto  di
sottoposizione  a  valutazione  di  incidenza  ambientale  per   ogni
tipologia di intervento, escludendo quelli necessari al  mantenimento
di uno stato di soddisfacente  conservazione  delle  specie  e  degli
habitat e che non abbiano incidenze significative sul sito. In questa
categoria  rientrerebbe  la   previsione   della   norma   regionale,
interpretata   sistematicamente,   teleologicamente   e    in    modo
costituzionalmente    orientato.    La    correttezza    di    questa
interpretazione troverebbe poi  conferma  nella  deliberazione  della
Giunta regionale n. 1456 del 5 agosto  2014  (Piano  regionale  delle
attivita' di pianificazione e gestione forestale per l'anno  2014)  -
allegata alla memoria - nel cui allegato A si richiama l'art.  5  del
d.P.R. n. 357 del 1997, distinguendosi i casi in cui e' necessaria la
valutazione di incidenza ambientale da quelli in cui essa deve essere
esclusa. 
    Relativamente alla censura relativa all'art. 56,  commi  1  e  4,
della legge reg. Veneto n. 11 del 2014 la resistente ha  sottolineato
come le ragioni gia' avanzate in origine nel senso della infondatezza
troverebbero ulteriore sostegno  nello  ius  superveniens.  Il  comma
6-bis dell'art. 182 del codice dell'ambiente, aggiunto dall'art.  14,
comma 8,  lettera  b),  del  decreto-legge  24  giugno  2014,  n.  91
(Disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e
l'efficientamento    energetico    dell'edilizia     scolastica     e
universitaria,  il  rilancio  e  lo  sviluppo   delle   imprese,   il
contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonche' per
la definizione immediata di  adempimenti  derivanti  dalla  normativa
europea), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1,  della
legge 11 agosto 2014, n. 116, ha infatti riconosciuto, con norma  che
si porrebbe in perfetta  consonanza  ed  armonia  con  la  disciplina
regionale impugnata, che l'abbruciatura, nel luogo di produzione,  di
paglia, sfalci e  potature,  nonche'  di  ogni  altro  materiale  non
pericoloso costituisca normale pratica agricola. La Regione Veneto ha
pertanto chiesto che venga dichiarata la cessazione della materia del
contendere, ovvero, riconosciuta la legittimita'  della  disposizione
impugnata,  anche  prima  della  legislazione  statale  sopravvenuta.
Inoltre,  la   resistente   ha   criticato   la   normativa   statale
sopraggiunta, rilevando  come  la  qualificazione  dei  materiali  in
questione in termini di rifiuti  o  di  sottoprodotti,  che  da  tale
normativa cosi' come dal ricorso si ricaverebbe, sarebbe frutto di un
errore ricostruttivo in contraddizione con il diritto  comunitario  e
con  lo  stesso  codice  dell'ambiente,  posto  che  nelle   suddette
discipline tali materiali, ove impiegati  in  agricoltura,  sarebbero
esclusi dall'ambito di applicazione  della  normativa  relativa  alla
gestione dei rifiuti. 
    Con riguardo all'art. 19 della legge reg. Veneto n. 11 del  2014,
la resistente, oltre a ribadire  le  argomentazioni  gia'  illustrate
nella  precedente  memoria,  ha  sostenuto  l'inammissibilita'  della
censura, per erronea indicazione dei termini  della  questione  (come
accaduto, ad esempio, nelle sentenze n. 315 e n. 254 del 2009).  Essa
muoverebbe, infatti, da un'errata considerazione del quadro normativo
di riferimento e della stessa norma regionale, la quale non  potrebbe
neppure essere sussunta  nella  materia  «tutela  dell'ambiente»:  si
tratterebbe di una norma latamente  "finanziaria",  che  non  avrebbe
alcuna incidenza  derogatoria  rispetto  alla  disciplina  ambientale
statale, limitandosi a prevedere una modalita' di  remunerazione  per
le opere di ripristino dell'officiosita' e di manutenzione dei  corsi
d'acqua comprendenti anche la rimozione dei materiali  litoidi  dagli
alvei. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con ricorso notificato il 31 maggio 2014 e  depositato  il  5
giugno 2014 (r.r. n. 38 del 2014), il Presidente  del  Consiglio  dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, ha impugnato tre disposizioni (artt. 19, 56, commi 1  e  4,  e
65) della legge della Regione Veneto 2  aprile  2014,  n.  11  (Legge
finanziaria regionale per l'esercizio 2014), per violazione dell'art.
117 della Costituzione, relativamente sia  al  primo  comma,  sia  al
secondo comma, lettera s). 
    Una prima censura ha riguardato l'art. 65 della legge reg. Veneto
n. 11 del 2014, nella parte in cui prevede che la  Giunta  regionale,
con apposite linee guida, escluda  determinati  interventi  a  tutela
della rete ecologica regionale «Natura  2000»  dalla  valutazione  di
incidenza ambientale (VINCA).  Tale  disposizione  violerebbe  l'art.
117, primo comma e  secondo  comma,  lettera  s),  Cost.,  in  quanto
contrasterebbe con la disciplina contenuta nell'art. 5 del  d.P.R.  8
settembre  1997,  n.  357  (Regolamento  recante   attuazione   della
direttiva  92/43/CEE  relativa  alla  conservazione   degli   habitat
naturali  e  seminaturali,  nonche'  della  flora   e   della   fauna
selvatiche), come modificato dall'art. 6 del d.P.R. 12 marzo 2003, n.
120 (Regolamento  recante  modifiche  ed  integrazioni  al  D.P.R.  8
settembre  1997,  n.  357,  concernente  attuazione  della  direttiva
92/43/CEE  relativa  alla  conservazione  degli  habitat  naturali  e
seminaturali, nonche' della flora e della fauna selvatiche), ai sensi
della quale sarebbe necessario l'assoggettamento a  tale  valutazione
di  incidenza  ambientale  di  ogni  piano,  progetto  o   intervento
suscettibile di incidere sullo stato di conservazione dell'equilibrio
ambientale. 
    Una seconda censura ha riguardato l'art. 56, commi 1 e  4,  della
legge reg. Veneto n. 11 del 2014, nella  parte  in  cui  consente  la
combustione controllata di materiali agricoli e vegetali sul luogo di
produzione, effettuata secondo le normali  pratiche  e  consuetudini,
escludendo che essa costituisca attivita' di gestione dei  rifiuti  o
di combustione illecita. Tali disposizioni violerebbero  l'art.  117,
primo  comma  e  secondo  comma,  lettera  s),   Cost.,   in   quanto
contrasterebbero con la disciplina contenuta nell'art. 185, comma  1,
lettera f), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152  (Norme  in
materia ambientale) e  nella  direttiva  del  19  novembre  2008,  n.
2008/98/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa
ai rifiuti e che abroga alcune direttive). 
    Una terza ed  ultima  censura  e'  stata  rivolta  nei  confronti
dell'art. 19 della legge reg. Veneto n. 11 del 2014, nella  parte  in
cui autorizza la Giunta regionale a prevedere, nel rapporto  con  gli
appaltatori, la compensazione dell'onere  per  la  realizzazione  dei
lavori di manutenzione dei corsi d'acqua con il valore del  materiale
litoide estratto riutilizzabile, in riferimento all'art. 117, secondo
comma,  lettera  s),  Cost.  La  disposizione   impugnata,   infatti,
contrasterebbe  con  la  disciplina  in  materia  di  «sottoprodotti»
contenuta negli artt. 183,  comma  1,  lettera  qq),  e  184-bis  del
decreto legislativo n. 152  del  2006  e  nel  decreto  del  Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio  e  del  mare  10  agosto
2012, n. 161 (Regolamento recante  la  disciplina  dell'utilizzazione
delle terre e rocce da scavo). 
    2.- L'art. 65 della legge reg. Veneto n. 11 del 2014,  in  attesa
di un'organica disciplina in materia di tutela  della  biodiversita',
detta una serie di misure a tutela  della  rete  ecologica  regionale
«Natura 2000», in particolare  stabilendo  che  la  Giunta  regionale
debba    definire    specifiche    linee    guida    di     carattere
tecnico-progettuale contenenti i criteri  affinche'  l'attuazione  di
una serie di interventi (realizzazione e manutenzione delle opere  di
difesa  idrogeologica  con  tecniche  di  ingegneria   naturalistica;
pianificazione e gestione forestale sostenibile; interventi di natura
agro ambientale, produttivi e non, finanziati con  la  programmazione
comunitaria; lavori di pronto intervento idrogeologico realizzati  in
regime di somma urgenza; interventi di difesa fitosanitaria  e  lotta
attiva agli incendi boschivi) non sia assoggettata a  valutazione  di
incidenza ambientale (VINCA). A tal fine, ai commi 3 e  4,  autorizza
la Giunta regionale  ad  avvalersi  di  un'attivita'  di  consulenza,
quantificando un onere finanziario pari a 20.000 euro per il 2014. 
    La censura relativa alla violazione dell'art. 117, primo comma, e
secondo comma, lettera s), Cost. e' fondata. 
    Secondo quanto affermato dalla giurisprudenza costituzionale,  la
disciplina della valutazione di incidenza  ambientale  (VINCA)  sulle
aree protette ai sensi di «Natura 2000», contenuta  nell'art.  5  del
regolamento di  cui  al  d.P.R.  n.  357  del  1997,  deve  ritenersi
ricompresa nella «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema», rientrante
nella competenza esclusiva statale, e si impone a pieno titolo, anche
nei suoi decreti attuativi, nei confronti delle Regioni ordinarie. In
base al principio per cui le Regioni «non possono reclamare  un  loro
coinvolgimento nell'esercizio della potesta' legislativa dello  Stato
in materia  di  tutela  ambientale,  trattandosi  di  una  competenza
statale esclusiva» (sentenza  n.  104  del  2008),  questa  Corte  ha
affermato che nemmeno l'obiettivo di preservare rigorosamente aree di
eccezionale  valore  ambientale   sia   sufficiente   a   legittimare
l'intervento del legislatore regionale in materia di VINCA,  «neppure
con  l'argomento  dell'assicurazione  per  il  suo  tramite,  in  via
transitoria o definitiva, di una piu' elevata  tutela  dell'ambiente»
(sentenza  n.  67  del  2011).  Alla  luce   di   tali   orientamenti
giurisprudenziali  deve,  a  maggior  ragione,  escludersi   che   il
legislatore regionale possa legittimamente adottare una  disposizione
come quella in esame, che esenta alcune tipologie di interventi dalla
valutazione di incidenza ambientale, con  conseguente  affievolimento
della tutela dell'ambiente e dell'ecosistema. 
    Infatti, l'art. 6, paragrafo 3, della direttiva 21  maggio  1992,
n. 92/43/CEE del Consiglio - attuata dall'art. 5, comma 3, del d.P.R.
n. 357 del 1997 - stabilisce che deve formare oggetto di  valutazione
di  incidenza  ambientale   «[q]ualsiasi   piano   o   progetto   non
direttamente connesso o necessario alla  gestione  del  sito  ma  che
possa avere incidenze significative su  tale  sito,  singolarmente  o
congiuntamente  ad  altri  piani  e  progetti».  A  fronte  di   tale
previsione, che richiede che  siano  assoggettati  a  VINCA  tutti  i
progetti e i piani che possano avere  incidenza  significativa  sulle
aree in questione, per una valutazione in  concreto,  il  legislatore
regionale non puo' esonerare determinate tipologie  di  interventi  -
tanto meno se di pianificazione - in via generale e  astratta,  senza
incorrere in un contrasto con le normative statale ed europea. 
    La disposizione impugnata  risulta,  percio',  in  contrasto  con
l'art. 117, primo e secondo comma, lettera s), Cost. 
    3.- L'art. 56 della legge reg. Veneto n. 11 del  2014  disciplina
la combustione  controllata  sul  luogo  di  produzione  dei  residui
vegetali. 
    L'articolo oggetto di  impugnazione  consente,  al  comma  1,  la
combustione controllata sul luogo di produzione dei residui  vegetali
derivanti da attivita' agricole o da  attivita'  di  manutenzione  di
orti o giardini privati, effettuata secondo  le  normali  pratiche  o
consuetudini  e  dispone,  al  comma  4,  che  tale   attivita'   non
costituisce attivita'  di  gestione  dei  rifiuti  o  di  combustione
illecita. 
    Questa Corte ha gia' avuto modo  di  esprimersi  recentemente  su
leggi di altre Regioni recanti disposizioni simili, e  approvate  nel
medesimo periodo di tempo, giudicando non  fondate  analoghe  censure
(sentenza  n.  16   del   2015),   anche   a   prescindere,   dunque,
dall'intervento del legislatore statale che -  nel  nuovo  art.  182,
comma 6-bis, introdotto nel codice dell'ambiente con l'art. 14, comma
8, lettera b), del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91  (Disposizioni
urgenti  per  il   settore   agricolo,   la   tutela   ambientale   e
l'efficientamento    energetico    dell'edilizia     scolastica     e
universitaria,  il  rilancio  e  lo  sviluppo   delle   imprese,   il
contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonche' per
la definizione immediata di  adempimenti  derivanti  dalla  normativa
europea), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1,  della
legge 11 agosto 2014, n. 116 - ha esplicitato che «[l]e attivita'  di
raggruppamento e abbruciamento  in  piccoli  cumuli  e  in  quantita'
giornaliere non superiori a tre metri steri per ettaro dei  materiali
vegetali di cui all'articolo 185, comma 1, lettera f), effettuate nel
luogo  di  produzione,  costituiscono   normali   pratiche   agricole
consentite per il reimpiego dei materiali come sostanze concimanti  o
ammendanti, e non attivita' di gestione dei rifiuti». Nella  sentenza
n. 16 del 2015, la  Corte  ha  ritenuto,  per  un  verso,  che,  come
attestato a piu' riprese dalla  Corte  di  cassazione  (ex  plurimis,
terza sezione penale, sentenze 7 marzo 2013, n. 16474,  e  7  gennaio
2015,  n.  76),  l'art.  185,  comma  1,  lettera  f),   del   codice
dell'ambiente, e quindi anche le  corrispondenti  disposizioni  della
direttiva n.  2008/98/CE,  consentivano  -  pure  anteriormente  alla
ricordata introduzione del comma 6-bis nell'art. 182 - di  annoverare
tra le attivita' escluse dall'ambito di applicazione della  normativa
sui rifiuti l'abbruciamento in loco dei residui vegetali,  in  quanto
considerato  ordinaria  pratica  applicata  in  agricoltura  e  nella
selvicoltura; e, per altro verso, che il legislatore regionale  fosse
legittimamente intervenuto sul punto, trattandosi di  una  disciplina
che rientra nella  materia  «agricoltura»,  competenza  di  carattere
residuale per le Regioni a statuto ordinario (ex  plurimis,  sentenze
n. 62 del 2013, n. 116 del 2006, n. 283 e n. 12 del 2004). 
    4.- L'art. 19 della legge reg. Veneto n. 11 del  2014  autorizza,
al comma 1, la Giunta regionale a prevedere,  nel  rapporto  con  gli
appaltatori per opere di regimazione di corsi d'acqua comprendenti la
rimozione  di  materiali  litoidi,  il  sistema  della  remunerazione
tramite compensazione tra l'onere della realizzazione dei lavori e il
valore  del  materiale  estratto  riutilizzabile,   quest'ultimo   da
calcolarsi sulla base dei vigenti  canoni  demaniali.  Il  successivo
comma  2  istituisce  appositi  capitoli  di  entrata  e   di   spesa
(denominati rispettivamente: «Proventi derivanti  dalla  cessione  di
materiale  litoide  estratto  da  corsi  d'acqua»  e  «Oneri  per  la
realizzazione di opere di regimazione idraulica con il sistema  della
compensazione»), prevedendo per entrambi uno stanziamento pari  a  10
milioni di euro. 
    La censura, sollevata dal ricorrente, per  contrasto  con  l'art.
117, secondo comma, lettera s), Cost., non e' fondata. 
    L'impugnato art. 19 non incide in  alcun  modo  sulla  disciplina
statale in materia di procedure per il trattamento delle terre, rocce
e materiale da scavo invocata dal ricorrente -  recentemente  oggetto
di un intervento di semplificazione da parte del legislatore statale,
mediante l'art. 41-bis  del  decreto-legge  21  giugno  2013,  n.  69
(Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia), convertito, con
modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 9 agosto 2013, n. 98
- e quindi non interferisce affatto con  la  tutela  dell'ambiente  e
dell'ecosistema,  di  esclusiva  competenza  statale  (ribadita,  con
riferimento allo smaltimento delle terre, rocce e materiale da scavo,
dalle sentenze n. 232, n. 181 e n. 70 del 2014,  n.  300  del  2013).
Essa si occupa, invece,  del  diverso  problema  della  remunerazione
degli appalti per opere di  regimazione  dei  corsi  d'acqua  tramite
compensazione, precisandone alcune modalita' di computo e  istituendo
i  necessari  capitoli  di  bilancio.  L'oggetto  e  la  ratio  della
disposizione in esame  sono  di  ordine  finanziario-contabile  e  in
questo ambito la norma impugnata deve pertanto ricondursi. 
    Va infatti considerato che il sistema della remunerazione tramite
compensazione con materiale da scavo  e'  gia'  previsto,  sul  piano
della disciplina sostanziale, dall'art.  31,  comma  2,  della  legge
della Regione Veneto 7 novembre 2003, n. 27 (Disposizioni generali in
materia  di  lavori  pubblici  di  interesse  regionale  e   per   le
costruzioni in zone classificate  sismiche)  -  cui  la  disposizione
impugnata espressamente si richiama -, che gia' consente al bando  di
gara di prevedere «l'utilizzazione di materiale da  scavo  recuperato
dall'attivita'  di  realizzazione  delle   opere   pubbliche»,   «[a]
compensazione totale o parziale delle somme di denaro costituenti  il
corrispettivo del contratto  di  appalto».  L'impugnato  art.  19  si
limita a precisare che il meccanismo della compensazione  si  applica
anche al caso specifico delle opere di ripristino dell'officiosita' e
di manutenzione dei corsi d'acqua e che in tal  caso  il  valore  del
materiale estratto  e'  da  stimarsi  in  base  ai  canoni  demaniali
vigenti. A tal fine, il comma 2 del medesimo art. 19  istituisce  due
capitoli, di entrata e  di  spesa,  in  osservanza  dei  principi  di
regolarita' contabile. 
    Nessuna incidenza dispiega,  dunque,  la  disposizione  impugnata
sulla tutela dell'ambiente, che resta affidata al necessario rispetto
della legislazione statale pertinente. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    1) dichiara l'illegittimita' costituzionale  dell'art.  65  della
legge della Regione Veneto 2 aprile 2014, n.  11  (Legge  finanziaria
regionale per l'esercizio 2014); 
    2)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 19 della legge reg. Veneto n. 11  del  2014,
promossa, in riferimento all'art. 117,  secondo  comma,  lettera  s),
della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con  il
ricorso indicato in epigrafe; 
    3)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 56, commi 1 e 4, della legge reg. Veneto  n.
11 del 2014, promossa, in riferimento all'art. 117, primo  e  secondo
comma, lettera s), della Costituzione, dal Presidente  del  Consiglio
dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe. 
 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 24 febbraio 2015. 
 
                                F.to: 
                  Alessandro CRISCUOLO, Presidente 
                      Marta CARTABIA, Redattore 
                Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 17 marzo 2015. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                    F.to: Gabriella Paola MELATTI