N. 48 ORDINANZA (Atto di promovimento) 25 novembre 2014
Ordinanza del 25 novembre 2014 del Tribunale di Imperia nel procedimento civile promosso da Tropea Pierpaolo e Ediltech Sas di Meres Marius Ioan & C contro Provincia di Imperia.. Illecito amministrativo - Sanzioni - Cumulo giuridico nell'ipotesi di continuazione - Esclusione salvo che l'ipotesi di continuazione concerna la materia della previdenza e assistenza obbligatorie - Ingiustificato trattamento piu' favorevole per le sanzioni in materia di assistenza e previdenza obbligatorie. - Legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 8, comma secondo, aggiunto dall'art. 1-sexies del decreto-legge 2 dicembre 1985, n. 688, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 gennaio 1986, n. 11. - Costituzione, art. 3, primo comma.(GU n.14 del 8-4-2015 )
TRIBUNALE DI IMPERIA Sezione Civile in composizione monocratica, in persona del G.O.T. Avv. Andrea Saccone Ha pronunciato la seguente ordinanza ai sensi degli artt. 134 Cost. e 23 legge 11 marzo 1953 n. 87, nella causa civile iscritta al n. 1398/2014 R.G.A.C. del Tribunale di Imperia, promossa da: Tropea Pier Paolo e Ediltech s.a.s. di Meres Marius Ioan & C., ricorrenti contro provincia di Imperia, resistente avente ad oggetto: opposizione a ordinanza ingiunzione ex artt. 22 e ss. Legge n._689/981. Osservato e ritenuto 1. A mezzo di ricorso ex artt. 22 e ss. L. 689/1981, depositato in Cancelleria il 14 maggio 2014, il sig. Pier Paolo Tropea, residente in La Loggia (TO) e Ediltech s.a.s. di Meres Marius Ioan & C., corrente in Poirino (TO), impugnavano il provvedimento dirigenziale della Provincia di Imperia n. R 18 del 2 aprile 2014 - ordinanza ingiunzione emessa ai sensi del decreto legislativo n. 152/2006 e Legge n. 689/1981 (violazione degli artt. 193, comma 1 - lett. b) e 258, comma 4 del decreto legislativo n. 152/2006), con la quale era stata determinato ed ingiunto il pagamento della sanzione amministrativa di euro 16.200,00 oltre euro 7,20 per spese postali. Infatti, come da verbale n. 3/24 del 18 aprile 2009 redatto dal Comando Carabinieri per la Tutela dell'ambiente - Nucleo Operativo Ecologico di Genova, a mezzo del quale era stato accertato a carico del sig. Pier Paolo Tropea che «quale produttore trasportatore di rifiuti speciali non pericolosi (macerie cod. c.e.r. 17.09.04) effettuava il trasporto dei medesimi con formulari contenenti dati incompleti», era risultato che in n. 10 formulari emessi tra il 6 ottobre 2008 ed il 21 ottobre 2008, in corrispondenza del riquadro 6 era stata omessa la quantita' dei rifiuti caricati ed in partenza dal cantiere di Ospedaletti (IM). Con provvedimento del 22 maggio 2014 non veniva concessa l'invocata sospensione dell'impugnata ordinanza ingiunzione, stante la carenza dei requisiti richiesti dall'art. 5, comma 2 del decreto legislativo n. 150/2011, con contestuale fissazione dell'udienza di discussione per il 15 ottobre 2014, all'esito della quale la causa era assunta a riserva. 2. A scioglimento di detta riserva, preliminarmente occorre esaminare l'istanza di ammissione delle prove, per interpello e testi, formulata dai ricorrenti; con riferimento ai singoli capitoli di prova, riportati alle pagine 8 e 9 del ricorso introduttivo, il capitolo n. 1 non e' ammissibile, in quanto la circostanza non e' rilevante ai fini del decidere e, comunque, risulta documentalmente; anche il capitolo n. 2 non ha alcuna rilevanza ai fini del decidere e, come tale, non e' ammissibile; il capitolo n. 3 non e' ammissibile, perche' oltre ad essere carente di ogni specifico riferimento spazio-temporale, non puo' che essere provato documentalmente. I motivi di impugnazione non sono accoglibili, per quanto segue: l'eccepita nullita'/inesistenza della notificazione eseguita nei confronti dell'obbligata in solido Ediltech s.a.s. di Meres Marius Ioan & C. in luogo di Ediltech s.n. c. di Tropea Pier Paolo & C. non ha fondamento, in quanto, come esattamente osservato dalla resistente, trattasi di trasformazione societaria comprovata dall'identico numero di partita Iva di entrambe le societa', con applicazione del disposto di cui all'art. 2498 Cod. Civ.; l'eccepita carenza dei requisiti dell'impugnato provvedimento non e' fondata: la pena pecuniaria applicata e' pari al minimo edittale (la Provincia di Imperia ha precisato che e' stato indicato l'importo di euro 16.200,00 anziche' 16.000,00 per mero errore materiale) e, come tale non necessita di motivazione in ordine alla quantificazione; trasgressore ed obbligato in solido sono esattamente individuati, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 6, comma 3 della Legge n. 689/1981, nonche' comma 4 della medesima disposizione per l'ipotesi di regresso che evita la duplicazione paventata dai ricorrenti; il fatto che i rifiuti siano stati pesati a destinazione e non anche alla partenza concretizza l'illecito amministrativo contestato, atteso che i dati del formulario erano effettivamente incompleti, cosi' come richiesto dalla normativa gia' citata, nonche', in particolare, dall'allegato B al D.M. Ambiente 1° aprile 1998 n. 145, disposizioni che, del tutto logicamente, intendono garantire la non alterazione del quantitativo dei rifiuti durante il trasporto, imponendo l'indicazione sia della quantita' alla partenza sia del «peso da verificarsi a destino»; ne consegue che ne' una diversa indicazione del formulario ne' l'asserita impossibilita' di provvedere alla pesatura in partenza ne' una ipotetica diversa interpretazione sono in grado di modificare l'illecito contestato ovvero addivenire all'annullamento della sanzione. In ogni caso, si deve dare atto che, dall'esame dei formulari prodotti, effettivamente, risulta che il sig. Tropea ha effettuato otto e non dieci trasporti, dovendosi pertanto conteggiare otto violazioni di legge. 3. Ritiene il giudicante di dover sollevare d'ufficio, in quanto rilevante e non manifestamente infondata, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 8, ultima parte del comma 2, della legge 24 novembre 1981 n. 689, limitatamente alle seguenti parole «in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie». 3.1 La questione e' certamente rilevante, in quanto nella fattispecie ai ricorrenti andrebbe comminata una sanzione amministrativa pari ad euro 12.800,00 derivante dall'applicazione della pena pecuniaria minima edittale, stabilita in euro 1.600,00 dall'art. 258, comma 4 del decreto legislativo n. 152/2006, moltiplicata per il numero dei formulari, pari a otto (e non dieci) attribuibili ai trasporti del sig. Tropea, peraltro effettuati in un arco temporale di soli giorni quindici e sempre sul medesimo percorso Ospedaletti - Dolceacqua: in sostanza, cosi' come impone l'art. 8 della legge n. 689/1981 si dovrebbe applicare il cumulo materiale delle sanziona. 3.2 La questione non puo' dirsi manifestamente infondata ne' e' possibile l'interpretazione della norma costituzionalmente orientata, per i seguenti motivi. Originariamente l'art. 8 della legge n. 689/1981 era composto solamente dal seguente comma: «Salvo che sia diversamente stabilito dalla legge, chi con un'azione od omissione viola diverse disposizioni che prevedono sanzioni amministrative o commette piu' violazioni della stessa disposizione, soggiace alla sanzione prevista per la violazione piu' grave, aumentata sino al triplo». Successivamente, in data 31 gennaio 1986, per effetto dell'entrata in vigore del decreto-legge 2 dicembre 1985 n. 688, convertito, con modificazioni dalla legge 31 gennaio 1986 n. 11 (nella Gazzetta Ufficiale 31 gennaio 1986), l'art. 1-sexies ha aggiunto, al citato art. 8 della legge n. 689/1981, i seguenti due comma: «Alla stessa sanzione prevista dal precedente comma soggiace anche chi con piu' azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno posto in essere in violazione di norme che stabiliscono sanzioni amministrative, commette, anche in tempi diversi, piu' violazioni della stessa o di diverse norme di legge in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie. La disposizione di cui al precedente comma si applica anche alle violazioni commesse anteriormente all'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge 2 dicembre 1985, n. 688, per le quali non sia gia' intervenuta sentenza passata in giudicata». E' evidente che le singole norme che compongono l'art. 8 impongono, senza possibilita' di diversa interpretazione della lettera della legge, l'applicazione del cumulo materiale delle sanzioni escludendo difformi possibilita' di quantificazione se non per la materia della previdenza ed assistenza obbligatorie. Ne consegue che l'impossibilita' di applicare il cumulo giuridico delle pene in presenza di concorso formale o continuazione di illeciti amministrativi diversi da quelli in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie, consente di dubitare della legittimita' costituzionale della norma, anche alla luce delle successive argomentazioni e motivazioni, con riferimento all'art. 3, comma 1 della Costituzione, stante la disparita' di trattamento nel calcolo delle pene previste. 3.3 Questo giudice e' a conoscenza dell'ordinanza n. 139 del 15 aprile 2014 (atto di promovimento) emessa dalla I Sezione del Consiglio di Stato, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 1^ Serie Speciale - Corte costituzionale n. 37 del 3 settembre 2014, a mezzo della quale e' stata sollevata analoga questione di legittimita' costituzionale. Anche al fine di condividere il contenuto dell'autorevole precedente, si richiamano e si fanno proprie le seguenti testuali argomentazioni: «L'art. 8 della legge 24 novembre 1981 n. 689 sulle sanzioni amministrative, contenente «Modifiche al sistema penale», ha introdotto nel sistema sanzionatorio amministrativo il cumulo giuridico conispondente a quello previsto per le pene dall'art. 81 del codice penale, ossia il concorso formale al primo comma, e successivamente, al secondo comma, la continuazione, in particolare disponendo «(I) ... chi con un'azione od omissione viola diverte disposizioni che prevedono sanzioni amministrative o commette piu' violazioni della stessa disposizione, soggiace sanzione prevista per la violazione piu' grave, aumentala sino al triplo. (II) Alla stessa sanzione prevista dal precedente comma soggiace anche chi con piu' azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno posto in essere in violazione di norme che stabiliscono sanzioni amministrative, commette, anche in tempi diversi, piu' violazioni della stessa o di diverse norme di legge in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie», e percio' limita la continuazione, e il conseguente cumulo giuridico delle pene, alle sole violazioni di leggi in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie (vedersi, in proposito la sentenza 21 giugno 2010 n. 19659, citata nella relazione ministeriale e che richiama la costante giurisprudenza d'inapplicabilita' del «concorso materiale» fiori del caso predetto). La Sezione dubita della legittimita' costituzionale della predetta limitazione (in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie»), con riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione. La questione e' rilevante, sia per l'infondatezza delle tre censure assorbenti rispetto al quarto motivo - con le quali il ricorrente chiede l'annullamento dell'intera provvedimento, sia perche' la continuazione nell'illecito e' espressamente affermata nella motivazione del provvedimento, laddove si dice che «e' stato messo in atto un meccanismo di sconto sui premi della clientela, per poter acquisire il maggior numero di polizze e non perdere quelle esistenti», sia infine perche' l'applicazione del cumulo giuridico delle sanzioni previsto dal secondo comma dell'art. 8 della legge n. 689 del 1981 comporterebbe una sanzione complessiva massima inferiore a quella irrogata (sanzione massima per ciascuna violazione 10.000 euro, aumentati fino al triplo 30.000 euro, ulteriormente raddoppiabili in presenza delle aggravanti, peraltro non contestate, della particolare gravita' o della ripetizione dell'illecito; art. 324 del decreto legislativo citato). Circa la non manifesta infondatezza della questione, valgono le osservazioni seguenti. Gli istituti del cumulo giuridico e dell'assorbimento delle sanzioni in determinati casi di concorso di illeciti, cioe' di piu' violazioni della legge penale da parte della stessa persona, hanno origine, appunto, nel sistema penale. Il codice penale del 1889, dopo aver posto con gli artt. da 67 a 77 le regole per l'applicazione cumulativa delle pene nel caso di concorso di condanne, prevede all'art. 78 il corso formale: «colui che con un medesimo fratto viola diverse disposizioni di legge»; e con l'art. 79 la continuazione, o concorro materiale di reati collegati da un unico fine: «Piu' violazioni della stessa disposizione di legge, anche se commesse in tempi diversi, con atti esecutivi della medesima risoluzione, si considerano come mi solo reato», prevedendo per il concorso formale il sistema dell'assorbimento, cioe' dell'applicazione della sola pena piu' grave tra quelle stabilite dalla legge per i diversi reali, e per la continuazione il sistema del cumulo giuridico delle sanzioni, ossia dell'aumento della pena con una quota o per un multiplo; nelle specie, da un terzo alla meta'. Il codice penale vigente, emanalo con regio decreto 19 ottobre 1930 n. 1398, nell'intento di rafforzare la repressione dei reati, per il concorso formale ha eliminato l'assorbimento disponendo il cumulo materiale delle pene secondo le normali regole, e ha inasprito il cumulo giuridico per il reato continuato. Recitava l'art. 81 «Piu' violazioni di una o di diverse disposizioni di legge con una o piu' azioni. Reato continuato: «(I) chi, con una sola azione od omissione, viola diverse disposizioni di legge o commette piu' violazioni della medesima disposizione di legge e' punito a norma degli articoli precedenti. (II) Le disposizioni degli articoli precedenti non si applicano a chi, con piu' azioni od omissioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, commette, anche in tempi diversi, piu' violazioni della medesima disposizione di legge, anche se di diversa gravita'. (III) In tal caso le diverse violazioni si considerano mine un solo mito e si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la piu' grave delle violazioni commesse, aumentata fino al triplo». Infine l'art. 8 del decreto-legge 1° aprile 1974 n. 99 convertito nella legge 7 giugno 1974 n. 220 ha sostituito il testo art. 81 del codice penale con quello vigente, prevedendo il sistema del cumulo giuridico sia per il concorso formale sia per la continuazione ed estendendo quest'ultima al caso di piu' violazioni di diverse disposizioni di legge: «Concorso formale. Reato continuato. (I) E' punito con la pena che dovrebbe infliggersi per la violazione piu' grave alimentata sino al triplo chi con una sola azione od omissione viola diverse disposizioni di legge ovvero commette piu' violazioni della medesima disposizione di legge (II). Alla stessa pena soggiace chi con piu' azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno criminoso, commette anche in tempi diversi piu' violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge. (III) Nei casi preveduti da quest'articolo, la pena non puo' essere superiore a quella che sarebbe applicabile a norma degli articoli precedenti». Va da se' che la finalita' delle disposizioni trascritte e' quella di non pervenire a pene complessive spropositate quando la pluralita' di reati consiste pur sempre in una medesima azione od omissione, in un medesimo /atto secondo la terminologia del 1889 (concorso formale), o in una condotta, o comportamento, diretta a un unico fine (continuazione). Quando il legislatore ha messo mano, con quella che sarebbe divenuta la legge n. 689 del 1981, alla disciplina generale degl'illeciti amministrativi, il disegno di legge 339 approvato dalla Camera dei deputati nella seduta del 18 settembre 1980 all'art. 6, intitolato «Piu' violazioni di disposizioni che prevedono Sanzioni amministrative», prevedeva soltanto il concorso formale: «Salvo che sia diversamente stabilito dalla legge, chi con un'azione od omissione viola diverse disposizioni che prevedono sanzioni amministrative o commette piu' violazioni della stessa disposizione, soggiace alla sanzione prevista per la violazione piu' grave, aumentata sino al triplo». Il testo fu soppresso dal Senato (testo trasmesso alla Camera il 17 giugno 1981) essendo stato, a quanto si legge nel resoconto della seduta della IV commissione della Camera del 22 luglio 1981, ritenuto superfluo perche' la disposizione era ricavabile dai principi generali; ma fu' ripristinato dalla Camera, nella seduta del 10 settembre 1981 della IV commissione, sempre con la previsione del cumulo giuridico per il concorso formale di illeciti. In tale testo e' stato emanato l'art. 8 della legge n. 689 del 1981. Il cumulo giuridico per la continuazione fu introdotto 1-sexies della legge 31 gennaio 1986 n. 11, di conversione in legge del decreto-legge 2 dicembre 1985 n. 688 recante misure urgenti, tra l'altro, in materia previdenziale, nel quadro della lotta all'evasione contributiva, allo scopo di evitare una pesantezza delle sanzioni che avrebbe potuto scoraggiare gli evasori a mettersi in regola (seduta della Camera del 24 gennaio 1986). Ne e' risultato l'attuale secondo comma dell'art. 8, secondo cui «Alla stessa sanzione prevista dal precedente comma (per il concorso formale) «soggiace anche chi con piu' azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno posto in essere in violazione di norme che stabiliscono sanzioni amministrative, commette, anche in tempi diversi, piu' violazioni della stessa o di diverse nonne di legge in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie; e la limitazione e' dovuta a null'altro che alla circostanza che la normativa in esame atteneva alla materia previdenziale, senza nessuna riconsiderazione del sistema sanzionatorio generale. Cosi' ricostruito il quadro normativo, la Sezione si prospetta il dubbio che la limitazione, cosi' introdotta, della continuazione alle sole violazioni in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie crei un'irrazionale disparita' di trattamento, tra chi appunto commetta violazioni in materia previdenziale e assistenziale e chi commetta illeciti amministrativi in altre materie. Non si dubita che rientri nella discrezionalita' del legislatore prevedere in un sistema sanzionatorio l'uno o l'altro trattamento del concorso d'illeciti, e prevedere il cumulo giuridico delle sanzioni per il solo concorso formale e non anche per l'illecito continuato o viceversa (per quanto la mancata previsione della continuazione gia' nel testo originario della legge n. 689 del 1981 sembri essere stata piuttosto casuale che voluta); e neppure che il legislatore possa sottrarre al beneficio del tumulo giuridico, assoggettandole al cumulo materiale, le sanzioni per violazioni attinenti a una determinata materia nella quale ritenga sussistenti ragioni per usare un particolare rigore. La questione piu' specifica e' se il legislatore possa, introducendo in una legge recante la disciplina generale sulla repressione degl'illeciti amministrativi, con una legge settoriale, un istituto parimenti generale di mitigazione delle sanzioni qual e' la continuazione, limitano alla sola materia considerata dalla legge settoriale, cosi' immotivatamente escludendolo da tutte le altre; tanto piu' che la continuazione, come istituto di mitigazione delle sanzioni appunto, in linea di principio e salvo ragionevoli eccezioni e' valido per la generalita' delle leggi repressive. Il caso in esame e' emblematico della questione che si solleva, perche' l'Autorita' disciplinale, pur fissando nel minimo la sanzione-base, e' pervenuta a una sanzione complessiva di 108.000 euro, che rappresenta il minimo per il concorso materiale (il massimo sarebbe stato di 1.080.000 euro); o, se si vuole, ha dovuto fissare nel minimo la sanzione-base per contenere il cumulo materiale, il quale in ogni caso sarebbe cresciuto a dismisura e senza limite se solo l'accertamento fisse avvenuto in una data successiva. La Sezione non ignora che la Corte costituzionale con due ordinanze, 27 luglio 1989 n. 468 e 19 gennaio 1995 n. 23, ha dichiarato manifestamente inammissibile la questione sopra prospettata, sul rilievo che la discrezionalita' del legislatore preclude un'intervento additivo «nel configurare il concorso fra violazioni omogenee, o anche ha violazioni eterogenee, nonche' (e soprattutto) nel predisporre un'idonea disciplina organizzativa in ordine all'accertamento ed alla contestazione della continuazione»; e nondimeno si auspica una riconsiderazione della questione alla luce delle argomentazioni sopra svolte; da un lato considerando che non sembra essersi trattato di discrezionalita', quale potrebbe esservi nel sottrarre una determinata materia alla disciplina generale della continuazione, quanto piuttosto di casualita' dovuta ad un intervento settoriale; dall'altro non comprendendosi il richiamo, contenuto nelle suddette ordinanze, alla necessita' di una disciplina organizzativa in ordine all'accertamento e alla contestazione della continuazione. 3.4 Pur condividendo la fondatezza della soprariportata ordinanza del massimo consesso amministrativo, sembra opportuno un ulteriore approfondimento, in considerazione del fatto che la Corte costituzionale ha avuto modo di occuparsi di identica questione di legittimita', non solamente in occasione delle ordinanze citate dal Consiglio di Stato, ma anche in quella di poco antecedente, depositata il 19 novembre 1987 con il n. 421. In detta ordinanza, la Corte costituzionale aveva gia' dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni sollevate in riferimento all'originario testo dell'art. 8 Legge n. 689/1981 che, all'epoca era composto dal solo primo comma, cosi' argomentando: quanto alla parte in cui prevede il cumulo giuridico delle sanzioni amministrative per la sola ipotesi di concorso formale e noti anche per l'ipotesi in cui gli illeciti vengano commessi in modo continuato, ha rilevato, da una parte, «che l'ipotesi del concorso formale - consistente nella realizzazione di piu' illeciti mediante una sola azione od omissione e' ben diversa dall'ipotesi dalla continuazione, consistente invece nella realizzazione di piu' illeciti mediante piu' azioni od omissioni, seppure attuate in esecuzione di un medesimo disegno» e, dall'altra, «che la Corte costituzionale, con sentenza n. 217/1972, ha gia' statuito che il dare al concorso di reati una diversa disciplina agli effetti della pena, distinguendo quando si deve applicare il criterio generale del cumulo materiale e quando invece il criterio particolare del cumulo giuridico, non pone in essere discriminazioni ai sensi dell'art. 3 della Costituzione, in quanto ciascun istituto opera nei riguardi di tutti coloro che si trovano nella situazione o condizione prevista»; quanto alla parte in cui non estende all'illecito amministrativo il regime previsto dall'art. 81 cod. pen. per il reato continuato, in primo luogo ha osservato «che il raffronto tra previsioni della disciplina penale e previsioni di quella amministrativa e' scarsamente significata, se si tiene conto che tra le due categorie di illeciti esistono sostanziali diversita', anche sul piano costituzionale»; quindi ha ricordato «che il legislatore del 1981 ha disciplinato l'illecito amministrativo anche con ricorso ad istituti di diritto civile (v. l'art. 6 in tema di responsabilita' solidale e l'art. 28 in tema di prescrizione), di modo che appare insussistente la omogeneita' della disciplina penale e di quella amministrativa»; infine, ha sostenuto «che l'istituto della continuazione si fonda sulla esistenza di un medesimo disegno criminoso, per il cui accertamento si richiede una indagine psicologica, irrilevante invece per l'illecito amministrativo (v. art. 3 della legge n. 689/1981)». Questo giudice ritiene di poter sottoporre un riesame della questione di legittimita' costituzionale prospettata in forza del fatto che, come gia' anticipato, all'originario testo dell'art. 8 sono stati aggiunti il secondo ed il terzo comma che hanno introdotto significative eccezioni all'obbligo di quantificazione della pena pecuniaria con il solo cumulo materiale: detti comma sono entrati in vigore il 31 gennaio 1986, in epoca di poco antecedente ovvero di poco successiva alle date delle cinque diverse ordinanze di rimessione, le quali non ne fanno cenno. Inoltre, per apportare un ulteriore contributo al riesame dell'argomentazione portante dell'ordinanza n. 421/1987, laddove sono state sottolineate le differenze tra la disciplina sanzionatoria penale e quella amministrativa, appare quanto mai necessario confrontare la Legge n. 689/1981 con il decreto legislativo del 18 dicembre 1997 n. 472 (disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie, a norma dell'art. 3, comma 133, della legge 23 dicembre 1996, n. 662). Entrambe le normative disciplinano in modo uguale, spesso con enunciazioni e terminologie del tutto identica, i seguenti principi generali: il principio di legalita' e quello di non retroattivita' della sanzione (art. 1 della Legge n. 689/1981 e art. 3 del decreto legislativo n. 472/1997); la capacita' di intendere e di volete, nonche' l'irrilevanza dell'elemento psicologico nel soggetto attivo (artt. 2 e 3 della Legge 689/1981 e artt. 3 e 4 del decreto legislativo n. 472/1997); il concorso di persone e la solidarieta' (artt. 5 e 6 della Legge n. 689/1981 e artt. 9 e 11 del decreto legislativo n. 472/1997); l'intrasmissibilita' agli eredi della sanzione (art. 7 della Legge n. 689/1981 e art. 8 del decreto legislativo n. 472/1997). Le richiamate norme disciplinano, di fatto, l'identica materia delle sanzioni amministrative, con la precisazione che il decreto legislativo n. 472/1997 riguarda la materia tributaria, la quale non e' altro che una species del piu' ampio genus disciplinato dalla Legge n. 681/1981, in tema di sanzioni amministrative. Tuttavia, mentre l'art. 8, comma 2 di quest'ultima non permette di applicare il regime sanzionatorio piu' favorevole previsto solo per la continuazione in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie, l'art. 12, comma 1 del decreto legislativo n. 472/1997 ha sostituito il precedente cumulo materiale con il cumulo giuridico delle pene per il concorso di violazioni e la continuazione. 3.5 Ne consegue che una cosi' macroscopica disparita' di trattamento ha introdotto nell'assetto ordinamentale un elemento di irrazionalita' che esula dalle scelte fondate su considerazioni politico-discrezionale che, in quanto tali e ai sensi dell'art. 28 della Legge n. 87/1953, non possono neppure costituire oggetto del sindacato della Corte costituzionale, essendo ammissibile il suo intervento al fine di addivenire ad una soluzione non solo logica, ma anche costituzionalmente legittima, dovendosi escludere profili rimessi in via esclusiva alla sola discrezionalita' del legislatore, il quale, comunque, non puo' non tenere in debito conto il principio di uguaglianza. Ribadite tutte le argomentazioni e le motivazioni prospettate dal Consiglio di Stato e da questo giudice,
P. Q. M. Visti gli artt. 134 Cost. e 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87; solleva d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 8, comma 2, della Legge 24 novembre 1981 n. 689, come modificato dall'art. 1-sexies della Legge 31 gennaio 1986 n. 11, limitatamente alle parole «in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie», in riferimento all'art. 3, comma 1 della Costituzione, ritenendola rilevante e non manifestamente infondata; sospende il giudizio e dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, unitamente alla prova delle comunicazioni e notificazioni previste; dispone che, a cura della Cancelleria, la presente ordinanza sia notificata a tutte le parti del processo e al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' comunicata ai Sigg.ri Presidente della Camera dei Deputati e Presidente del Senato della Repubblica. Imperia, 25 novembre 2014 Il G.O.T.: Avv. Saccone