N. 51 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 settembre 2014

Ordinanza  del  22  settembre  2014  del  Tribunale  di   Monza   nel
procedimento penale a carico di Salvioni Massimo. 
 
Reati e pene - Reato di omesso versamento di ritenute  certificate  -
  Fatti commessi sino al 17 settembre 2011 - Previsione di una soglia
  di punibilita' (50.000 euro) inferiore alla soglia  di  punibilita'
  (103.291,38 euro) prevista, a seguito della sentenza n. 80 del 2014
  della Corte costituzionale, per il reato di omesso versamento  IVA,
  con riferimento  ai  fatti  commessi  sino  alla  medesima  data  -
  Violazione del principio di uguaglianza. 
- Decreto legislativo 10 marzo 2000, n.  74,  art.  10-bis,  inserito
  dall'art. 1, comma 414, della legge 30 dicembre 2004, n. 311. 
- Costituzione, art. 3. 
(GU n.15 del 15-4-2015 )
 
                         TRIBUNALE DI MONZA 
                        Sezione Unica Penale 
 
    Il Tribunale di Monza - in composizione monocratica - in  persona
del giudice dott.ssa Sonia Mancini; letti gli atti  del  procedimento
penale a carico di  Salvioni  Massimo,  nato  a  Mariano  Comense  il
23/09/1967 imputato del reato di cui agli artt. 81 cpv C.P. e  10-bis
d.lgs. 74/2000  perche',  con  piu'  azioni  esecutive  del  medesimo
disegno criminoso, in  tempi  diversi,  quale  legale  rappresentante
della societa'  "Eurofustel  di  Salvioni  Massimo  &  C.  SNC",  non
versava,  entro  il  termine  previsto  per  la  presentazione  della
dichiarazione annuale di sostituto d'imposta per  l'anno  di  imposta
2009,  ritenute  risultanti  dalla   certificazione   rilasciata   ai
sostituiti per un ammontare  complessivo  di  53.772,00  euro  e  per
l'anno di imposta  2010,  ritenute  risultanti  dalla  certificazione
rilasciata ai sostituiti per un ammontare  complessivo  di  77.541,00
euro. 
    Accertato in Giussano, commesso il 2/08/2010  e  1/08/2011  preso
atto della questione di legittimita' Costituzionale  sollevata  dagli
avv.ti Massimo Redaelli ed Ettore Trezzi del foro di Monza,  a  parer
dei quali "appare in  contrasto  con  l'art.  3  della  Costituzione,
l'art. 10-bis del d.lgs. n. 74 del 2000 nella parte  in  cui  prevede
una   soglia   di   punibilita'   inferiore   a   quelle   stabilite,
rispettivamente per i delitti di omesso versamento IVA, dichiarazione
fraudolenta mediante altri  artifici,  dichiarazione  infedele  e  di
omessa dichiarazione, dagli artt. 10-ter,  3,  4  e  5  del  medesimo
decreto legislativo, prima delle modifiche introdotte dal d.l. n. 138
del 2011" 
    Dispone come da seguente ordinanza 
    1) La questione e' rilevante ai fini del decidere. 
    Dall'istruttoria sin ora svoltasi (acquisizione di tutti gli atti
di accertamento della G.F. ed escussione di un teste  della  pubblica
accusa) risulta, infatti, che l'imputato, quale rapp.te legale  della
societa' "Eurofustel Di Salvioni Massimo &  C.  SNC",  ha  omesso  il
versamento delle ritenute  IRPEF  (e  relative  addizionali)  da  lui
stesso trattenute  e  certificate  quale  sostituto  di  imposta  dei
lavoratori autonomi e dipendenti in essa impiegati, per un  ammontare
complessivo di euro 53.772,00 (con riferimento all'anno  2009)  e  di
euro 77.541,00_(con  riferimento  all'anno  2010).  Risulta,  dunque,
superata la soglia di  punibilita'  di  €  50.000  fissata  dall'art.
10-bis d.lgs. 74/2000. 
    Allo stato degli atti, quindi, l'imputato -  non  essendo  emersi
elementi di prova a discarico ne' potendosene, altrimenti,  escludere
la punibilita' - dovrebbe essere dichiarato responsabile dei reati  a
lui ascritti e condannato. 
    Ove, viceversa, si dovesse ritenere detta norma  incostituzionale
nel senso ipotizzato dalla difesa, trattandosi di omissioni  commesse
in data anteriore al 17 settembre  2011  per  un  valore  complessivo
inferiore ad euro  103.291,38,  l'imputato  dovrebbe  essere  mandato
assolto perche' il fatto non sarebbe piu' previsto dalla legge  reato
(o perche' il fatto non sussiste). 
    2) La questione non e' manifestamente infondata 
    La   difesa   dell'imputato   assume,    in    buona    sostanza,
l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  10-bis  d.lgs.   74/2000
poiche', in palese violazione del principio  di  uguaglianza,  per  i
fatti commessi sino al 17 settembre 2011  continua  a  sanzionare  le
condotte  di  omesso  versamento  delle  ritenute  risultanti   dalle
certificazione dei sostituti di imposta per importi superiori ad euro
50.000 ma inferiori ad euro 103.291,38, nonostante oggi l'art. 10-ter
d.lgs 74/2000, che prende in considerazione la fattispecie del  tutto
analoga di  omesso  versamento  dell'IVA,  all'esito  dell'intervento
della Sentenza della Corte Cost. n. 80 del 7 aprile 2014, preveda  la
penale irrilevanza di quella medesima condotta  (purche'  consumatasi
entro il 17 settembre 2011) riferita, pero', all'imposta  sul  valore
aggiunto. 
    Ebbene, e'  noto  che  la  Sentenza  della  Corte  Costituzionale
citata, per i fatti consumatisi prima del 17 settembre 2011 (data  in
cui e' entrato in vigore il d.l.  138/  2011,  convertito  con  legge
148/2011 che ha ricondotto  a  razionalita'  l'intero  sistema  delle
soglie   di   punibilita'   in   materia   fiscale)    ha    ritenuto
incostituzionale l'art. 10-ter d.lgs. cit. nella parte in cui  puniva
le condotte di omesso versamento dell'IVA  (che  era  stata,  dunque,
correttamente dichiarata) gia' a partire da importi pari o  superiori
a  50.000  euro  mentre,   nel   contempo,   considerava   penalmente
irrilevanti  le  ben  piu'  insidiose  ed   offensive   condotte   di
fraudolenta dichiarazione sanzionate dagli art. 3, 4 e 5  del  d.lgs.
74/2000 quando non avessero determinato  una  evasione  superiore  ad
euro 77.468,53 (nei casi  di  cui  agli  artt.  3  e  5)  o  ad  euro
103.291,38 (nei casi di cui all'art. 4). 
    La Consulta ha,  quindi,  concluso  che  le  condotte  di  omesso
versamento IVA poste in essere prima del 17 settembre  2011  che  non
superino la soglia di euro 103.291,38 fissata  dal  legislatore  ante
riforma  nell'ipotesi  meno  grave   di   fraudolenta   dichiarazione
(rispetto  alla  quale  deve  razionalmente  ritenersi  quanto   meno
parificata l'ipotesi di  cui  all'art.  10-ter)  devono  considerarsi
penalmente irrilevanti. 
    E' chiaro, tuttavia,  come  la  pronuncia  della  Consulta  abbia
basato il proprio ragionamento  sulla  palese  irrazionalita'  di  un
sistema sanzionatorio che pur prendendo in considerazione condotte di
insidiosita' ed antigiuridicita', via via, oggettivamente  crescente,
prevedeva soglie di  punibilita'  del  tutto  distoniche  rispetto  a
quella stessa gradazione  finendo  per  punire  meno  gravemente  chi
avesse gia' "a monte" omesso od alterato la propria dichiarazione dei
redditi al fine di evadere il pagamento dell'IVA, rispetto a  chi  ne
avesse  semplicemente  "a  valle"  omesso  il  pagamento  riservando,
quindi, un trattamento piu' sfavorevole a  chi  avesse  dichiarato  i
propri   redditi    onestamente,    rendendo,    peraltro,    agevole
l'accertamento a proprio carico. 
    E', pertanto, fuori questione la possibilita' che  quello  stesso
ragionamento possa essere esteso all'art. 10-bis d.lgs.  74/2000  dal
momento  che   l'omesso   versamento   delle   ritenute   certificate
(diversamente dall'omesso versamento IVA) e' condotta  a  se'  stante
priva di correlazioni fattuali con i reati di cui agli art. 3, 4 e  5
del decreto citato. Questo e' anche il motivo per cui non si  ritiene
la    questione     risolvibile     attraverso     un'interpretazione
costituzionalmente orientata dell'art. 10-bis,  che  secondo  alcuni,
gia' oggi  potrebbe  essere  applicato  mediante  richiamo  al  nuovo
significato assegnato all'art. 10-ter dalla Consulta. 
    Cio' premesso, non si condivide, pero', quell'orientamento che va
affermandosi presso i Giudici  di  merito  investiti  dalla  medesima
questione, secondo cui questa considerazione, insieme alla  oggettiva
diversita' della tipologia di  imposta,  escluderebbero  in  nuce  la
possibilita' di estendere il  sindacato  di  costituzionalita'  anche
all'art. 10-bis sotto  il  profilo  del  rispetto  del  principio  di
uguaglianza. 
    E'  vero,  infatti,  che  l'IVA  (imposta  applicata  sul  valore
aggiunto di ogni fase della produzione, scambio di beni e servizi)  e
l'IRPEF  (imposta  sul  reddito  delle  persone   fisiche,   diretta,
personale, progressiva e generale) sono tributi diversi tra loro  con
riferimento, soprattutto, al  sistema  di  riscossione  rimesso,  nel
secondo caso,  all'affidamento  che  il  soggetto  colpito  e  l'ente
creditore, fanno su un terzo (sostituto di imposta) che lo  trattiene
immediatamente sulla retribuzione versandolo solo successivamente  al
fisco. 
    E' vero, altresi', che per questo  motivo  potrebbe  considerarsi
comunque non iniquo ne' irrazionale (e dunque immune  da  censure  di
incostituzionalita') il trattamento  sanzionatorio  piu'  severo  che
oggi, dopo la Sentenza  della  Corte,  risulta  riservato  all'omesso
versamento delle ritenute rispetto  all'omesso  versamento  dell'IVA,
potendosi far rispecchiare (sebbene, ex post) questo  maggior  rigore
nella maggior offesa connessa alla lesione di quell'affidamento.  E',
tuttavia, altrettanto vero che questo  disallineamento  sanzionatorio
non e' stato il  frutto  di  una  scelta  legislativa  ma  l'effetto,
peraltro indiretto, di un intervento della Corte  costituzionale  che
ha di fatto comportato uno stravolgimento delle  valutazioni  che  il
Legislatore - nell'esercizio  delle  sue  prerogative  -  aveva  gia'
operato in merito  al  disvalore  da  riconoscere  alle  condotte  in
oggetto cui aveva assegnato pari rilevanza penale. 
    Il fatto, quindi,  che  il  Legislatore  nell'ambito  dei  poteri
costituzionalmente riconosciutigli,  abbia  sempre  trattato  le  due
ipotesi in modo assolutamente identico, e cio' vuoi  con  riferimento
alle soglie di  punibilita'  che  all'identificazione  della  cornice
edittale della pena applicabile, e' sintomo inequivocabile del  fatto
che egli, nonostante la parziale diversita' delle  due  tipologie  di
imposta, ha comunque ritenuto  di  assegnare  a  quelle  condotte  un
disvalore  assolutamente  identico;  deve,  quindi,   escludersi   la
possibilita' che, in concreto, si possano valorizzare  quegli  stessi
elementi di  difformita'  gia'  considerati  ininfluenti  dall'organo
legislativo (con scelta, del resto, mai sindacata  sotto  il  profilo
della legittimita' costituzionale), al fine di ritenere - ex  post  -
equo e razionale un sistema sanzionatorio totalmente diverso venutosi
a creare quale conseguenza  solo  indiretta  della  dichiarazione  di
incostituzionalita' de qua. 
    L'intervento della Sentenza n. 80 della Corte costituzionale  ha,
infatti, alterato un'espressione di valore operata dal legislatore in
maniera assolutamente "esplicita e non casuale": ed invero, quando 1'
art. 35 comma 7 del d.l. 223/2006 (convertito con  l.  248/20069)  ha
inserito   l'art.   10-ter    al    d.lgs.    74/2000    introducendo
nell'ordinamento il reato di "omesso versamento IVA" ha  adottato  la
tecnica del rinvio nella descrizione della fattispecie  che,  quindi,
anziche' essere indicata analiticamente nei suoi  elementi  oggettivi
(ivi comprese le soglie di  punibilita')  e  soggettivi  era,  ed  e'
tuttora, disegnata mediante un richiamo integrale  e  mobile  proprio
alla fattispecie descritta dall'art. 10-bis (introdotto a  sua  volta
dall'art. 1 comma 414 della l. 311/2004). Appare,  dunque,  chiara  e
manifesta la volonta' del Legislatore di trattare in maniera identica
le due ipotesi di  reato  sulla  base  di  una  evidente  valutazione
(peraltro,  mai  sindacata  in  sede  Costituzionale)   di   assoluta
parificazione delle due fattispecie sotto il  profilo  del  disvalore
penale da esse espresso,  disvalore  che  ben  puo',  dunque,  essere
identico anche con  riferimento  ad  ipotesi  di  reato  parzialmente
diverse. 
    Il sistema sanzionatorio venutosi  a  creare  per  effetto  della
pronuncia della Consulta, pertanto, puo' e deve, essere a  sua  volta
sottoposto  al  vaglio  di  costituzionalita'  richiesto,   affinche'
l'intero  assetto  normativo  e  sanzionatorio  sia   ricondotto   ad
equilibrio nel rispetto di un principio di uguaglianza sostanziale  e
formale non solo per come esso e'  inteso  in  astratto  dall'art.  3
della Costituzione ma, anche, per come esso e' stato  storicamente  e
concretamente  interpretato   dal   Legislatore   nell'ambito   delle
prerogative assegnategli dalla stessa Carta. 
    Alla  luce   di   quanto   sostenuto   convincono,   quindi,   le
argomentazioni gia' espresse nell'Ordinanza di remissione alla  Corte
Costituzione del Tribunale di Verona del 21 luglio 2014, poiche'  "al
di la' di un'analisi della natura  fiscale  dell'imposta  sul  valore
aggiunto e delle ritenute effettuate  quale  sostituto  d'imposta,  a
dare prova e sostanza decisiva al fatto che le  due  situazioni  sono
esattamente sovrapponibili e identiche sotto il profilo del disvalore
penale e' proprio la struttura degli artt. 10-bis e 10-ter. 
    Tale ricostruzione trova, del resto, conferma  storica  nel  d.l.
138/2011, convertito con legge 148/2011 con cui ancora una volta,  il
legislatore pur rimaneggiando l'intera sistema delle soglie  e  delle
pene nell'ambito dei reati  inerenti  le  violazioni  finanziare,  ha
mantenuto del tutto  inalterata  la  parificazione  assoluta  tra  le
fattispecie suddette. 
    Si ritiene, dunque, non manifestamente infondata la questione  di
legittimita' costituzionale  dell'art.  10-bis  d.lgs.  74/2000,  con
riferimento all'art. 3 della Costituzione nella  parte  in  cui,  con
riferimento ai fatti commessi fino  al  17  settembre  2011,  punisce
l'omesso versamento delle ritenute  risultanti  dalla  certificazione
rilasciata ai sostituti anche  per  importi  inferiori  a  103.291,38
euro. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Visto l'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948 n. 1  e
l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87 e l'art. 159 c.p. 
    Dichiara   non   manifestamente   infondata   la   questione   di
legittimita' costituzionale dell'art. 10-bis del decreto  legislativo
n. 74 del 2000, per contrarieta' all'art. 3 della Costituzione, nella
parte in cui, con riferimento ai fatti commessi fino al 17  settembre
2011, punisce l'omesso versamento  delle  ritenute  risultanti  dalla
certificazione  rilasciata  ai  sostituti  di  imposta  per   importi
superiori  ad  euro  50.000,00  ed  inferiori  a   103.291,38   euro,
nonostante l'analoga condotta di "omesso  versamento  IVA"  presa  in
considerazione dall'art. 10-ter  d.lgs.  74/2000  risulti  penalmente
irrilevante a seguito della Sentenza della Corte costituzionale n. 80
del 2014. 
    Ordina, di conseguenza, l'immediata trasmissione degli atti  alla
Corte  costituzionale  sulla  sollevata  questione  di   legittimita'
Costituzionale affinche' dichiari l'illegittimita'  dell'art.  10-bis
d.lgs. 74/2000 nel senso indicato. 
    Dispone che la presente ordinanza (di cui le  parti  hanno  avuto
integrale lettura alla pubblica odierna  udienza)  sia  integralmente
notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e  comunicata  al
Presidente della Camera dei deputati e al Presidente del Senato della
Repubblica. 
    Dispone la sospensione del procedimento. 
    Manda la cancelleria per gli adempimenti. 
 
      Monza, 22 settembre 2014 
 
                   Il giudice: dott. Sonia Mancini