N. 53 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 ottobre 2014
Ordinanza del 15 ottobre 2014 del Tribunale di Trento nel procedimento penale a carico di Franzoi Adolfo e Franzoi Stefania. Reati e pene - Reato di omesso versamento di ritenute certificate - Fatti commessi sino al 17 settembre 2011 - Previsione di una soglia di punibilita' di 50.000 euro anziche' di 103.291,38 euro - Violazione del principio di uguaglianza a fronte di quanto previsto, a seguito della sentenza n. 80 del 2014 della Corte costituzionale, con riferimento ai fatti commessi sino alla medesima data, per l'analogo reato di omesso versamento IVA. - Decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, art. 10-bis, inserito dall'art. 1, comma 414, della legge 30 dicembre 2004, n. 311. - Costituzione, art. 3.(GU n.15 del 15-4-2015 )
TRIBUNALE DI TRENTO Sezione Unica Penale Il giudice sulla richiesta del difensore degli imputati, osserva quanto segue. Svolgimento del processo Con decreto di giudizio immediato conseguente ad opposizione a decreto penale di condanna Franzoi Adolfo e Franzoi Stefania erano tratti in giudizio ex art. 464 c.p.p. innanzi al Tribunale di Trento, in composizione monocratica, per rispondere «del reato p. e p. dagli artt. 110 c.p. e 10-bis d.lgs. n. 74/2000 perche', in concorso tra loro, in qualita' di amministratori della societa' DEVA srl, omettevano di versare entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale dei sostituti d'imposta le ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituti d'imposta per complessivi € 52.791 in relazione all'anno 2009. Fatto commesso in Trento il 20 agosto 201». Revocato il decreto penale di condanna, chieste ed ammesse le prove (documentali ed orali) ed iniziata l'istruttoria dibattimentale, all'odierna udienza l'avv. Michele Busetti del Foro di Trento, difensore di fiducia degli imputati, ha insistito nella questione di legittimita'. Il PM ha espresso parere favorevole. Rilevanza della questione All'esito dell'istruttoria, e' pacifico e documentato: che gli imputati sono gli amministratori della DEVA srl; che risulta tempestivamente presentata la dichiarazione annuale dei sostituti d'imposta (Modello 770 semplificato 2010) recante l'importo di € 52.791 quali ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai terzi sostituti per l'anno 2009; che le ritenute non risultano versate dalla societa' entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale dei sostituti d'imposta (20 agosto 2010, quale termine prorogato per il 2010 dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 27 luglio 2010, nella Gazzetta Ufficiale n. 179 del 3 agosto 2010); che la societa' e' in liquidazione dal 15 giugno 2011; che con sentenza del 21 gennaio 2014 il Tribunale di Trento ha dichiarato il fallimento della societa'. Allo stato degli atti, il delitto p. e p. dell'art. 10-bis d.lgs. n. 74/2000 appare correttamente contestato innanzi allo scrivente giudice, sotto il profilo della competenza e dell'ipotesi di reato astrattamente realizzata, trattandosi di omesso pagamento di ritenute certificate, ascritto agli amministratori della societa' contribuente. Quale reato omissivo proprio ed istantaneo, l'omesso versamento nel termine e' punibile per il superamento della soglia prevista dalla legge. Nel caso in esame, l'importo omesso desumibile dagli atti e' pari ad € 52.791 per l'anno d'imposta 2009, sicche' e' superiore alla soglia di € 50.000 (prevista dall'art. 10-bis d.lgs. n. 74/2000) ed e' inferiore a quella di € 103.291,38 (attualmente prevista dall'art. 10-ter d.lgs. cit., per i fatti commessi sino al 17 settembre 2011), come e' gia' emesso nel corso dell'istruttoria dibattimentale. L'importo indicato e' quello corrispondente alla dichiarazione modello 770 Semplificato, ritualmente presentata. Consegue che, nel caso di accoglimento della questione di costituzionalita', verrebbe meno l'illiceita' penale del fatto, permanendo il solo illecito amministrativo. Al contrario, nel caso di mancato accoglimento, l'esito del giudizio sarebbe sfavorevole per gli imputati. Non manifesta infondatezza della questione Non appare manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 10-bis decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, per violazione dell'art. 3 della Costituzione, limitatamente alle condotte omissive sino al 17 settembre 2011, alla luce della sentenza della Corte costituzionale 8 aprile 2014, n. 80, sulla fattispecie di cui all'art. 10-ter d.lgs. cit., nella parte in cui, in luogo della soglia di € 103.291,38, indica la soglia di € 50.000. Il reato di cui all'art. 10-bis d.lgs. n. 74/2000, introdotto dall'art. 1 comma 414 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, punisce con la pena della «reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d'imposta ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituti, per un ammontare superiore a cinquantamila euro per ciascun periodo d'imposta». Il termine di comparizione e' costituito dalla fattispecie di cui all'art. 10-ter d.lgs. n. 74/2000. Evoluzione normativa. In materia di violazioni relative alle ritenute certificate, l'art. 2, legge n. 516/1982 (come sostituito dall'art. 3, d.l. n. 83/1991 conv. nella legge n. 154/1991) prevedeva tre fattispecie contravvenzionali (omessa presentazione della dichiarazione; mancato versamento di ritenute alle quali il contribuente era obbligato per legge; omesso versamento di ritenute certificate d'importo superiore a lire 10 milioni) ed una fattispecie delittuosa (omesso versamento di ritenute certificate d'importo superiore a lire 25 milioni). Detto sistema pertanto considerava penalmente rilevanti sia la condotta di omessa dichiarazione che quella di omesso versamento, prevedendo per quest'ultima delle soglie per la rilevanza penale del fatto. Con l'entrata in vigore del d.lgs. n. 74/2000 entrambe le condotte (omessa dichiarazione ed omesso versamento) divennero penalmente lecite, in attuazione di una scelta di politica criminale volta a sanzionare penalmente le sole ipotesi di omessa o infedele dichiarazione e riservando all'area dell'illecito amministrativo gli aspetti relativi alla riscossione dei tributi. Con la legge finanziaria 2005 fu introdotta una nuova fattispecie di reato, limitata alla condotta un tempo punita ex art. 2, comma 3, legge n. 516/1982. La fattispecie e' stata configurata come delitto, a dolo generico, con un'unica soglia di riferimento e con limiti edittali diversi dall'ipotesi di reato precedentemente in vigore. Rapporti tra l'art. 10-bis e l'art. 10-ter d.lgs. n. 74/2000. Con l'introduzione degli artt. 10-ter e quater d.lgs. n. 74/2000 (art. 35, comma 7, d.l. n. 223/2006 conv. in legge n. 248/2006) il legislatore ha previsto una specifica fattispecie di reato per l'omesso versamento di IVA. Alla luce del rinvio testuale, contenuto nelle richiamate disposizioni, all'art. 10-bis d.lgs. cit., si e' posta la questione dei rapporti fra le due norme. Sotto il profilo dell'evoluzione normativa, si rileva che l'omesso versamento in materia di IVA costituiva un illecito amministrativo, sicche' solo con la novella del 2006 l'omesso versamento IVA ha assunto valenza penale. Sussistono aspetti differenziali fra le due fattispecie, quali la natura del tributo non versato, i soggetti attivi (potendo un soggetto IVA non essere sostituto d'imposta) e la disciplina dell'accantonamento e del versamento. Le due fattispecie presentano elementi di omogeneita'. Sotto il profilo storico, in epoca prossima, risultano introdotti a modifica di un impianto punitivo, contenuto nel d.lgs. n. 74/2000 nel testo originario, che intendeva sanzionare la fase introduttiva e dichiarativa (infedele dichiarazione o omessa presentazione della dichiarazione) piuttosto che la fase adempitiva, con l'effetto di rendere penalmente rilevante l'inadempimento nella fase della riscossione, sia pure con l'individuazione di una specifica soglia. Sotto il profilo del bene giuridico tutelato, dagli atti parlamentari emerge che l'introduzione dell'art. 10-bis d.lgs. cit. aveva la finalita' di «assicurare tutela penale all'interesse protetto della corretta e puntuale percezione dei tributi»; e che l'introduzione dell'art. 10-ter aveva quella di «rafforzare le misure dirette a contrastare l'evasione IVA». Sotto l'aspetto strutturale, oltre al richiamato espresso fra fattispecie, vengono in rilievo condotte del tutto analoghe, costituite da una fase di adempimento dell'obbligo (dichiarazione caratterizzata dalla tempestivita' di presentazione e dalla fedelta' e correttezza dei dati riportati), seguita dal mancato tempestivo versamento degli importi indicati nelle rispettive dichiarazioni. Si tratta pertanto di reati volti, in entrambi i casi, a sanzionare l'evasione nella fase di riscossione del tributo. L'omogeneita' risulta ulteriormente confermata dal legislatore del 2011, il quale, nel modificare le soglie previste dagli artt. 4 e 5 d.lgs. n. 74/2000, ha tenuto ferma la soglia prevista dagli artt. 10-bis, ter e quater, d.lgs. cit. Piu' complessa appare l'omogeneita' delle fattispecie sotto il profilo della relazione esistente tra il contribuente e gli importi indicati nelle rispettive dichiarazioni, con particolare riferimento alla qualificazione delle condotte come «appropriative» e di «omesso accantonamento». In materia di ritenute certificate, si rileva che la disciplina prevede che l'imposta sia riscossa in tutto o in parte investendo un soggetto (il sostituto d'imposta) del compito di effettuare una ritenuta alla fonte sulle somme corrisposte al terzo (il sostituito) e, quindi, di versare all'erario le somme a tale titolo trattenute (artt. 23 ss. d.P.R. n. 600/1973); il sostituto e' altresi' tenuto a certificare al terzo sostituito l'effettuazione della ritenuta (art. 4 d.P.R. n. 322/1998); tale certificazione libera il terzo sostituito (integralmente o parzialmente, a seconda che la ritenuta sia a titolo d'imposta o a titolo d'acconto) dall'obbligazione tributaria, trasferendo in capo al sostituto l'obbligo di versare quanto trattenuto e certificato. Inoltre, il sostituto deve presentare annualmente una dichiarazione, indicando compensi corrisposti e ritenute effettuate. In materia di imposta sul valore aggiunto il soggetto passivo coincide con il soggetto che cede il bene o presta il servizio ed incassa per conto dell'Erario l'imposta. Ove vi sia inadempimento nella fase della riscossione del tributo, in entrambi i casi sia il sostituto d'imposta che il soggetto IVA omettono il versamento di importi destinati ab origine all'Erario. Sussistono profili differenziali, posto che per l'IVA si tratta di un incasso del contribuente (per il quale si prospetta un obbligo di accantonamento) mentre per il sostituto d'imposta si tratta di un versamento di minore importo al terzo sostituito (sicche' per il sostituto non potrebbe prospettarsi, stricto sensu, un analogo obbligo). Si osserva tuttavia che nella recente giurisprudenza, sviluppatasi in materia di elemento soggettivo (per i casi di dedotta inesigibilita' per crisi d'impresa) i concetti di «obbligo di accantonamento» e di «condotta sostanzialmente appropriativa» risultano richiamati per entrambe le fattispecie di reato. Oltre alla ricorrente affermazione del principio in materia di IVA (ex multis, Cass. pen., sez. III, 6.11.13 - 21.1.2014, n. 2614/14, Saibene; sez. III, 17.12.13-27.1.14, n. 3656/14, Conte nonche', in obiter, Cass SU 30/1-5/3/14, n. 10561, Gubert), la Cassazione ha precisato che, in materia di omesso versamento di ritenute certificate «la situazione di colui che non versa l'imposta si risolve, di regola, in una condotta, cosciente e volontaria, la quale, in modo progressivo, si articola, in un primo momento, con il mancato accantonamento delle somme trattenute; successivamente con l'omesso versamento mensile secondo le cadenze previste dalla normativa tributaria; ed infine con la prosecuzione della condotta omissiva fino al termine ultimo fissato dalla norma penale» (Cass. 5/12/13 - 4/2/14, n. 5647/14, Mercutello) e che la condotta costituisce indebita appropriazione di somme altrui (Cass. pen. sez. III, 1.12.10, n. 10120/11, Provenzale). La sentenza Corte cost. n. 80/2014. A seguito della dichiarazione di incostituzionalita' dell'art. 10-ter d.lgs. n. 74/2000 per i fatti commessi sino al 17 settembre 2011, il rapporto di omogeneita' fra le due fattispecie si e' incrinato, per essere divenute operative due soglie sensibilmente diverse, a fronte di condotte analoghe. Come specificato dalla Corte costituzionale, il sistema delineato dal legislatore del 2011 aveva dato luogo ad un'evidente contraddizione, caratterizzata dal rilievo che - limitatamente ai fatti commessi sino al 17 settembre 2011 - le condotte piu' gravi, quali l'infedele dichiarazione (art. 4, d.lgs. cit.) presentavano delle soglie (rispettivamente pari a lire 200 milioni e a lire 150 milioni) superiori a quella prevista per l'omesso versamento di importi contenuti nella dichiarazione presentata (€ 50.000). Si era cosi' verificato l'effetto contraddittorio per il quale le condotte piu' gravi (dichiarazione omessa o infedele) avevano un'area penalmente lecita piu' ampia di quella propria di condotte comparativamente meno gravi (omesso versamento di somme correttamente indicate nella dichiarazione presentata). La contraddizione e' stata rimossa dalla sentenza Corte cost. n. 80/2014, che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 10-ter d.lgs. cit. nella parte in cui, con riferimento ai fatti commessi sino al 17 settembre 2011, punisce l'omesso versamento dell'imposta sul valore aggiunto, dovuta in base alla relativa dichiarazione annuale, per importi non superiori, per ciascun periodo di imposta, ad euro 103.291,38. Gli effetti sull'art. 10-bis, d.lgs. n. 74/2000. Come e' emerso sin dai primi interventi dottrinali relativi alla richiamata sentenza della Corte costituzionale, non appare ipotizzabile un «effetto diretto» della pronuncia di incostituzionalita' n. 80/2014 sulla fattispecie di cui all'art. 10-bis, d.lgs. cit. Una prima lettura, contenuta anche nell'eccezione di incostituzionalita' del presente giudizio, ha delineato una riproposizione della relazione tra art. 10-bit e gli artt. 4-5 d.lgs. cit. alla stessa stregua della motivazione indicata in Consulta per l'art. 10-ter. Secondo tale prospettazione, cosi' come le soglie degli artt. 4-5 d.lgs. cit. ponevano in essere un sistema contraddittorio, in quanto piu' elevate di quella prevista nell'art. 10-ter d.lgs. cit., allo stesso modo dette soglie generavano un apparato contraddittorio, in quanto piu' elevate di prevista nell'art. 10-bis. Detta interpretazione muove tuttavia da un presupposto esegetico non condivisibile, quale quello secondo cui gli artt. 4-5 d.lgs. n. 74/2000 si riferirebbero non solo alle dichiarazioni dei redditi ed alle dichiarazioni IVA, ma anche a quelle cui e' tenuto il sostituto d'imposta. La lettura, proposta da una parte della dottrina nella vigenza della legge n. 516/1982 e nella prima fase applicativa del d.lgs. n. 74/2000, e' in contrasto con la dottrina maggioritaria e con l'interpretazione giurisprudenziale (sul punto, Cass. pen., sez. III, 6/3-19/4.02, n. 14772, Zorzi e a.; Trib. Genova 26.2.01, in Il Fisco, 2001, 9315). Consegue l'assenza di effetto diretto, non esistendo - in materia di ritenute certificate - uno schema penal-tributario che ponga in relazione l'omessa presentazione e l'omesso versamento. Superata l'ipotesi dell'applicabilita' diretta, una seconda lettura ha valorizzato l'omogeneita' fra le fattispecie in comparazione. Alla luce di detti elementi di omogeneita', supra richiamati, la disciplina applicabile a seguito della sentenza della Consulta da' luogo a disparita' di trattamento per i fatti commessi sino al 17 settembre 2011, posto che la soglia di rilevanza penale per l'omesso versamento IVA e' pari ad € 103.291,38 mentre quella per l'omesso versamento di ritenute certificate e' pari ad € 50.000. Come gia' indicato, la disciplina del reato di omesso versamento IVA (con l'intervento correttivo della Consulta) per i fatti commessi sino al 17 settembre 2011 viene ad essere modificata rispetto a quelle dall'art. 10-bis; detta modifica tuttavia non e' frutto di uno specifico intento del legislatore, nell'ambito della propria discrezionalita'. La (sopravvenuta) discrasia fra le due disposizioni e' l'effetto di un intervento normativo recante aspetti contraddittori, risolto dall'intervento della Corte. Lo stato conseguente alla sentenza di incostituzionalita' presenta tuttavia una netta differenza fra le due fattispecie, in violazione del principio di ragionevolezza, in quanto e' chiara la volonta' del legislatore di trattare i due precetti penali con la medesima sanzione e le medesime soglie di punibilita'. E' noto che, di recente la Corte ha rigettato la questione di legittimita' costituzionale del reato di omesso versamento di ritenute previdenziali in rapporto alle soglie contenute nel reato di omesso versamento di ritenute certificate, per eterogeneita' delle fattispecie, salva ogni valutazione nel merito dell'effettiva offensivita' della condotta (Corte cost. n. 139/14). A sua volta, la S.C. ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 10-bis, d.lgs. n. 74/2010 per asserito contrasto con l'art. 3 Cost., in quanto, da un lato, e' irrilevante che la condotta vietata si realizzi in un momento diverso dalla dichiarazione e, dall'altro, la previsione di uno specifico reato per il mancato pagamento di un debito per imposte sostitutive dovute dal sostituto, e non anche per il mancato pagamento del debito IRPEF o IVA anche se di importo superiore, trova logica e razionale giustificazione nel profilo di indebita appropriazione di somme altrui di cui si ha la detenzione. (Cass. pen. sez. III, 1.12.10, n. 10120/11, Provenzale). Nel caso in esame, il rapporto tra gli artt. 10-bis e 10-ter induce ad effettuare una valutazione di omogeneita', con particolare riferimento all'assistenza di una soglia di punibilita' che, prefigurata dal legislatore come identica, e' divenuta sensibilmente differente a seguito dell'intervento correttivo. [La presente ordinanza e' stata redatta in collaborazione con la dott.ssa Chiara Andrighettoni, tirocinante ex art. 73 d.l. n. 69/2013 convertito nella legge n. 98/2013].
P. Q. M. Ritenuta la rilevanza e la non manifesta infondatezza della proposta questione, cosi' provvede: 1) solleva questione di legittimita' costituzionale dell'art. 10-bis del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, nella parte in cui, con riferimento ai fatti commessi sino al 17 settembre 2011, punisce l'omesso versamento delle ritenute certificate, dovute in base alla relativa dichiarazione annuale, per importi non superiori, per ciascun periodo d'imposta, ad euro 50.000 invece che ad euro 103.291.38, per violazione dell'art. 3 della Costituzione; 2) dispone a cura della Cancelleria la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e la comunicazione al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Presidenti delle Camere; 3) sospende il giudizio in corso; 4) da' comunicazione alle parti presenti mediante lettura della presente ordinanza. Trento, addi' 15 ottobre 2014 Il giudice: Borrelli