N. 39 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 6 marzo 2015

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 6 marzo 2015 (della Regione Marche). 
 
Bilancio e  contabilita'  pubblica  -  Legge  di  stabilita'  2015  -
  Previsione  che  le  autorizzazioni  per   le   infrastrutture   ed
  insediamenti strategici di cui al comma 1,  nonche'  per  le  opere
  necessarie al trasporto, allo stoccaggio,  al  trasferimento  degli
  idrocarburi in raffineria,  alle  opere  accessorie,  ai  terminali
  costieri  e   alle   infrastrutture   portuali   strumentali   allo
  sfruttamento di titoli concessori, comprese quelle  localizzate  al
  di fuori del perimetro delle concessioni di  coltivazione,  incluse
  quelle previste all'art. 1, comma 56, della legge 23  agosto  2004,
  n. 239, sono rilasciate dal Ministero dello sviluppo economico,  di
  concerto con il Ministero delle  infrastrutture  e  dei  trasporti,
  limitatamente  agli  impianti  industriali  strategici  e  relative
  infrastrutture,  disciplinati  dall'art.  52   del   Codice   della
  navigazione, d'intesa con le Regioni interessate -  Previsione,  in
  caso di mancata intesa, del ricorso alla procedura di cui  all'art.
  1, comma 8-bis, della legge n. 239/2004, caratterizzata dall'invito
  rivolto alle Regioni  dal  Ministro  dello  sviluppo  economico,  a
  provvedere entro un termine non superiore a  trenta  giorni  ed  in
  caso di ulteriore inerzia delle Regioni mediante  rimessione  degli
  atti alla Presidenza del Consiglio dei  ministri  che  provvede  in
  merito entro sessanta giorni dalla rimessione con la partecipazione
  della  Regione  interessata  -  Ricorso  della  Regione  Marche   -
  Denunciata  violazione  della  sfera  di   competenza   legislativa
  concorrente  regionale  in  materia  di  produzione,  trasporto   e
  distribuzione dell'energia, di porti e aeroporti e di  governo  del
  territorio - Lesione del principio di sussidiarieta' - Lesione  del
  principio di leale collaborazione per  il  superamento  unilaterale
  della mancata intesa con la Regione interessata,  anche  quando  la
  stessa dipende da divergenze sostanziali tra le parti, anziche'  da
  mera inerzia. 
- Legge 23 dicembre 2014, n. 190, art. 1, comma 552. 
- Costituzione, artt. 117, comma terzo, e 118, primo comma. 
Bilancio e  contabilita'  pubblica  -  Legge  di  stabilita'  2015  -
  Attribuzione al Ministero dello sviluppo economico del  compito  di
  predisporre un piano delle aree in cui sono consentite le attivita'
  di ricerca e coltivazione degli idrocarburi e quelle di  stoccaggio
  sotterraneo di gas naturale - Previsione della previa intesa con la
  Conferenza unificata per  le  sole  attivita'  sulla  terraferma  -
  Ricorso della Regione Marche - Denunciata violazione della sfera di
  competenza  legislativa  regionale  in   materia   di   produzione,
  trasporto e distribuzione nazionale dell'energia e  in  materia  di
  governo del territorio - Lesione del principio di sussidiarieta'  -
  Lesione del principio di leale collaborazione  per  il  superamento
  unilaterale della mancata intesa con la Regione interessata,  anche
  quando la stessa dipende da divergenze sostanziali  tra  le  parti,
  anziche' da mera inerzia. 
- Legge 23 dicembre 2014, n. 190, art. 1, comma 554. 
- Costituzione, artt. 117, comma terzo, e 118. 
(GU n.16 del 22-4-2015 )
    Ricorso della Regione  Marche,  in  persona  del  presidente  pro
tempore della giunta  regionale  dott.  Gian  Mario  Spacca,  a  cio'
autorizzato con deliberazione della giunta regionale n.  115  del  23
febbraio  2015,  rappresentato  e  difeso  dall'avv.   Alfonso   Papa
Malatesta        del        Foro        di         Roma         (PEC:
a.papamalatesta@cert.vm-associati.it)  e  dall'avv.  Paolo  Costanzi,
dirigente della  P.F.  coordinamento  dell'Avvocatura  della  regione
Marche, ed elettivamente domiciliato presso lo studio  del  primo  in
Roma, piazza Barberini n. 12, come da mandato a margine del  presente
atto; 
    Contro lo Stato, in persona  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri  pro  tempore,  per  la  dichiarazione   di   illegittimita'
costituzionale dell'art. 1, commi 552 e 554, della legge 23  dicembre
2014, n. 190 [Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e
pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2015)], pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale 29 dicembre 2014, n. 300 (supplemento ordinario n.
99), per violazione degli articoli 117, terzo  comma,  e  118,  primo
comma, della Costituzione. 
1. - In relazione al comma 552. 
    1.1. - Premessa. 
    Il comma 552 dell'art. 1 della legge n. 190 del 2014  apporta  le
seguenti modificazioni all'art. 57 del decreto-legge n.  5  del  2012
(come convertito in legge): 
    i) introduce al comma 2, dopo le parole «per le infrastrutture  e
insediamenti strategici di cui al comma 1», le parole «nonche' per le
opere necessarie al  trasporto,  allo  stoccaggio,  al  trasferimento
degli idrocarburi in raffineria, alle opere accessorie, ai  terminali
costieri e alle infrastrutture portuali strumentali allo sfruttamento
di titoli concessori, comprese quelle localizzate  al  di  fuori  del
perimetro delle concessioni  di  coltivazione»,  e  dopo  la  parola:
«autorizzazioni», le parole: «, incluse quelle» (lettera a); 
    ii) introduce i commi 3-bis e 3-ter dopo il comma 3 (lettera b). 
    A seguito di tale intervento, dunque, l'art.  57,  comma  2,  del
decreto-legge n. 5 del 2012 cosi' dispone: «Fatte salve le competenze
delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di  Trento
e  di  Bolzano  e  le  normative  in  materia  ambientale,   per   le
infrastrutture e insediamenti strategici di cui al comma  1,  nonche'
per  le  opere  necessarie  al   trasporto,   allo   stoccaggio,   al
trasferimento degli idrocarburi in raffineria, alle opere accessorie,
ai terminali costieri e alle infrastrutture portuali strumentali allo
sfruttamento di titoli concessori, comprese quelle localizzate al  di
fuori  del  perimetro   delle   concessioni   di   coltivazione,   le
autorizzazioni incluse quelle previste all'art. 1,  comma  56,  della
legge 23 agosto 2004, n. 239, sono  rilasciate  dal  Ministero  dello
sviluppo economico, di concerto con il Ministero delle infrastrutture
e dei trasporti limitatamente agli impianti industriali strategici  e
relative infrastrutture, disciplinati dall'art. 52 del  Codice  della
navigazione, d'intesa con le regioni  interessate».  Puo'  essere  il
caso di precisare che gli «interventi strategici di cui al  comma  1»
ai quali si riferisce tale disposizione concernono  gli  stabilimenti
di lavorazione e di stoccaggio, nonche' i depositi  costieri  di  oli
minerali, i depositi di carburante per aviazione siti all'interno del
sedime aeroportuale, i depositi di stoccaggio di  oli  minerali,  gli
oleodotti,  nonche'  gli  impianti  per   l'estrazione   di   energia
geotermica. 
    Il comma 3-bis, a sua volta, prevede che,  nel  caso  di  mancato
raggiungimento dell'intesa di cui al citato comma 2, si provveda «con
le modalita' di cui all'art. 1, comma 8-bis, della  legge  23  agosto
2004, n. 239, nonche' con le modalita'  di  cui  all'art.  14-quater,
comma 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241». 
    Il  successivo  comma  3-ter,  infine,  disciplina  gli   effetti
dell'autorizzazione rilasciata secondo le modalita' sopra descritte. 
    Come si vede, il testo previgente  dell'art.  57,  comma  2,  del
decreto-legge n. 5 del 2012 avocava in sussidiarieta' allo  Stato  lo
svolgimento di funzioni amministrative di natura autorizzatoria nella
materia  della  «produzione,  trasporto  e  distribuzione   nazionale
dell'energia», nonche' in quelle del «governo del territorio»  e  dei
«porti e aeroporti civili», di cui all'art. 117, terzo  comma,  Cost.
Si tratta, come e' noto, di materie di competenza concorrente,  nelle
quali  l'avocazione  in  sussidiarieta'  allo  Stato  di   specifiche
funzioni amministrative - e della  relativa  disciplina  normativa  -
sono realizzabili, per ormai costante giurisprudenza  costituzionale,
soltanto ove la disciplina statale che opera tale avocazione  preveda
una intesa con la singola regione interessata. Gia' a  partire  dalla
sent.  n.  303  del  2003,  infatti,  la  Corte   costituzionale   ha
evidenziato che «per giudicare se una legge statale che occupi questo
spazio sia invasiva delle attribuzioni regionali  o  non  costituisca
invece applicazione dei  principi  di  sussidiarieta'  e  adeguatezza
diviene elemento valutativo essenziale la previsione di un'intesa fra
lo Stato  e  le  regioni  interessate,  alla  quale  sia  subordinata
l'operativita'  della  disciplina»  (par.  4.1.  del  Considerato  in
diritto). 
    Come si e' visto, il comma  2  piu'  sopra  citato,  in  effetti,
prevede espressamente la necessarieta'  dell'intesa  con  la  singola
regione  interessata  ai  fini   del   rilascio   dei   provvedimenti
autorizzatori.   L'odierna   ricorrente   non    intende    affermare
l'irragionevolezza della valutazione di adeguatezza-inadeguatezza dei
livelli  sub-statali  rispetto  allo  svolgimento  delle   specifiche
funzioni amministrative attratte in sussidiarieta', ritenendo  dunque
le proprie ragioni adeguatamente tutelate dalla menzionata previsione
dell'intesa, nel testo precedente all'entrata in vigore del comma 552
della legge n. 190 del 2014. 
    La modifica del comma 2 dell'art. 57 del decreto-legge n.  5  del
2012, operata dal comma 552 e sopra  richiamata,  d'altra  parte,  si
limita  ad  avocare  in  sussidiarieta',  nell'ambito  del   medesimo
procedimento ivi previsto, altre  funzioni  autorizzatorie  ricadenti
anch'esse nelle materie della «produzione, trasporto e  distribuzione
nazionale dell'energia», del «governo del territorio» e dei «porti  e
aeroporti civili». Dal momento che il comma  2,  nel  testo  ad  oggi
vigente, prevede la necessarieta' dell'intesa anche  per  l'esercizio
di  tali  funzioni,  la  regione  ricorrente  non  ritiene  di  dover
esprimere alcuna doglianza a questo specifico riguardo. 
    1.2. - Illegittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma  552,
della legge n. 190 del 2014, per violazione degli articoli 117, terzo
comma, e 118, primo comma, Cost., in quanto,  introducendo  il  comma
3-bis all'art. 57 del decreto-legge n. 5 del  2012,  che  prevede  la
possibilita' di superare il mancato raggiungimento dell'intesa di cui
al precedente comma 2 «con le modalita'  di  cui  all'art.  1,  comma
8-bis, della legge 23 agosto 2004, n. 239, nonche' con  le  modalita'
di cui all'art. 14-quater, comma 3, della legge  7  agosto  1990,  n.
241», lede le competenze legislative  della  regione  in  materia  di
«produzione, trasporto e distribuzione  nazionale  dell'energia»,  di
«porti e aeroporti civili» e di «governo del territorio», nonche'  le
competenze amministrative che  alla  medesima  spettano  in  base  al
principio  di  sussidiarieta'  ex  art.  118,  primo  comma,   Cost.,
ponendosi in contrasto con quanto affermato dalla sent.  n.  303  del
2003. 
    1.2.1. - Ben diverse sono le  considerazioni  che  e'  necessario
spendere per quella parte del comma 552 che introduce il comma  3-ter
nell'art. 57 del decreto-legge  n.  5  del  2012.  Tale  disposizione
prevede un vero e proprio meccanismo -  a  carattere  sostanzialmente
unilaterale - di superamento del mancato  raggiungimento  dell'intesa
nell'ambito della procedura volta  allo  svolgimento  delle  funzioni
attratte  in  sussidiarieta'  nel  precedente  comma  2,  cosi'  come
integrato dal medesimo comma 552 dell'art. 1 della legge n.  190  del
2014, su cui ci si e' soffermati piu' sopra. Il citato  comma  3-ter,
infatti, prevede che, nel caso di mancato raggiungimento dell'intesa,
si provveda ai sensi dell'art. 1, comma 8-bis, della legge 23  agosto
2004, n. 239, e ai sensi dell'art. 14-quater, comma 3, della legge  7
agosto 1990, n. 241. 
    Il rinvio a due diverse discipline normative  richiede,  in  sede
interpretativa, un coordinamento tra le medesime. 
    L'art. 1, comma 8-bis, della legge n. 239 del 2004 cosi' dispone:
«Fatte salve le disposizioni in materia  di  valutazione  di  impatto
ambientale,  nel  caso  di  mancata  espressione   da   parte   delle
amministrazioni regionali degli atti di assenso o di intesa, comunque
denominati, inerenti alle funzioni di cui ai commi 7 e 8 del presente
articolo, entro il termine di centocinquanta giorni  dalla  richiesta
nonche' nel caso di mancata definizione dell'intesa di cui al comma 5
dell'art.  52-quinquies  del  testo  unico  di  cui  al  decreto  del
Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, e nei casi di  cui
all'art. 3, comma 4, del decreto legislativo 1° giugno 2011,  n.  93,
il Ministero dello sviluppo economico invita le medesime a provvedere
entro un termine non superiore a trenta giorni. In caso di  ulteriore
inerzia da parte  delle  amministrazioni  regionali  interessate,  lo
stesso Ministero rimette gli atti alla Presidenza del  Consiglio  dei
ministri, la quale, entro sessanta giorni dalla rimessione,  provvede
in merito con la partecipazione della regione interessata».  Come  si
vede, si tratta di un meccanismo di superamento della mancata  intesa
caratterizzato da forti accenti di unilateralita'. L'art.  14-quater,
comma 3, della legge n. 241 del 1990, invece, prevede un procedimento
nel cui ambito sono necessarie piu' articolate trattative,  destinato
tuttavia a concludersi, nel caso della permanenza del  dissenso,  con
una «deliberazione del Consiglio dei ministri» da  adottare  «con  la
partecipazione dei presidenti delle regioni o delle province autonome
interessate». Anche in questo  caso  dunque,  nonostante  la  maggior
attenzione  alla  collaborazione  con  la  regione  interessata,   la
disciplina  in  questione  prevede  un  superamento   sostanzialmente
unilaterale della mancata intesa. Quanto all'ambito di  applicazione,
tale procedimento e' prescritto per il caso in  cui  «venga  espresso
motivato dissenso da parte di un'amministrazione preposta alla tutela
ambientale,      paesaggistico-territoriale,      del      patrimonio
storico-artistico  o  alla  tutela  della  salute  e  della  pubblica
incolumita'». 
    Dal combinato disposto  delle  norme  evocate  si  desume  dunque
quanto segue: 
    i)  la  norma  generale,  in  caso  di   mancato   raggiungimento
dell'intesa  in  relazione  al  singolo  procedimento  autorizzatorio
rientrante nelle previsioni dell'art. 57, comma 2, del  decreto-legge
n. 5 del 2012, e' quella che fa rinvio all'art. 1, comma 8-bis, della
legge n. 239 del 2004; 
    ii) la norma speciale, da applicare solo  ed  esclusivamente  nei
casi  in  cui  le  regioni  intendano  far  valere  proprie  funzioni
amministrative      incidenti      sulla      tutela      ambientale,
paesaggistico-territoriale, sul patrimonio storico-artistico o  sulla
tutela della salute e della pubblica  incolumita',  prescrive  invece
l'applicazione  della  procedura  disciplinata  dall'art.  14-quater,
comma 3, della legge n. 241 del 1990. 
    Tale assetto normativo deve ritenersi  incostituzionale  per,  le
seguenti ragioni. 
    1.2.2. - In relazione alla norma generale sub  i),  e'  possibile
osservare quanto segue. 
    La procedura di superamento della mancata intesa cui  fa  rinvio,
per  quel  che  qui  interessa,  il  comma  3-ter  dell'art.  57  del
decreto-legge n. 5 del 2012, nel testo oggi in vigore,  si  limita  a
prevedere un ulteriore invito a provvedere entro trenta giorni,  e  -
in fine  -  il  semplice  deferimento  della  decisione  ad  un  atto
unilaterale della Presidenza del Consiglio dei ministri, con la  mera
«partecipazione» della regione interessata. Tale norma non rispetta i
criteri  imposti  al   legislatore   statale   dalla   giurisprudenza
costituzionale ai fini della disciplina di una  mancata  intesa,  ove
questa sia resa necessaria dal paradigma della  c.d.  «sussidiarieta'
legislativa», e pertanto deve ritenersi in contrasto con gli articoli
117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost. 
    In particolare, rileva qui innanzi tutto la  sentenza  di  questa
Ecc.ma Corte n. 239 del 2013, che ha scrutinato proprio il meccanismo
di superamento dell'intesa di cui al  citato  art.  1,  comma  8-bis,
della legge n. 239 del 2004, cui  fa  rinvio  la  norma  che  qui  si
contesta. Tale decisione ha chiarito, al di  la'  di  ogni  possibile
dubbio, che il procedimento «a forte unilateralita'»  di  cui  sopra,
culminante  in  una  decisione  del  Presidente  del  Consiglio   dei
ministri, si  deve  ritenere  costituzionalmente  legittimo  solo  in
quanto non venga predisposto al fine di  superare  mere  «divergenze»
tra le parti, bensi' a far fronte ai casi - che gia' di per se stessi
rappresentano una violazione, da parte regionale,  del  principio  di
leale collaborazione - in cui la regione  interessata  si  limiti  ad
adottare «condotte meramente passive». 
    L'art. 1, comma 552, della legge n. 190 del 2014, nell'aggiungere
il comma 3-ter dell'art. 57 del decreto-legge n. 5 del 2012,  dispone
invece l'applicabilita' di queste procedure a carattere unilaterale a
tutti i casi in cui manchi un'intesa, e dunque anche  al  superamento
dello stallo derivante da divergenze tra le parti, non imputabili  in
alcun  modo  a  comportamenti  meramente  «inerti»   della   regione,
configurandole anzi  quali  procedure  generali  per  far  fronte  al
mancato raggiungimento dell'intesa, rimanendo  esclusi  solo  i  casi
della «norma speciale» sub ii). E' noto che, nella sent.  n.  33  del
2011, questa Ecc.ma Corte ha evidenziato che il  legislatore  statale
puo' predisporre meccanismi di superamento del mancato raggiungimento
dell'intesa dovuto a divergenze sostanziali  tra  le  parti.  Questa,
stessa  Corte  ha  tuttavia  ritenuto  che  tali  meccanismi  possono
aspirare a superare il vaglio di legittimita' costituzionale solo ove
garantiscano lo svolgimento di reiterate trattative tra le  parti  in
un contesto di paritarieta' tra di  esse,  al  limite  devolvendo  la
decisione ad un organo terzo. In  particolare,  la  normativa  allora
scrutinata  e'  stata  ritenuta  non  contrastante   con   le   norme
costituzionali  rilevanti  sul  punto  solo  in  quanto  predisponeva
«l'attivazione di un procedimento volto a consentire  lo  svolgimento
di ulteriori trattative attraverso la  costituzione  di  un  soggetto
terzo nominato dalle parti in modo paritario». 
    Non vi e' dubbio che la disposizione  introdotta  dal  comma  552
dell'art. 1 della legge n. 190 del  2014,  qui  in  discussione,  non
risponde a tali caratteristiche, ed infatti la citata  sent.  n.  239
del 2013 ha ritenuto che il meccanismo di superamento dell'intesa  di
cui al menzionato comma 8-bis potesse andare indenne dalle censure di
incostituzionalita'  solo  a  patto  di  intenderlo   come   riferito
esclusivamente ai casi in cui la mancanza dell'intesa dipende da  una
inerzia regionale contrastante con l'obbligo  di  leale  cooperazione
tra gli enti che compongono la Repubblica. 
    Per  quel  che  qui  specificamente   interessa,   dunque,   tale
disposizione deve ritenersi incostituzionale,  per  violazione  degli
articoli 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost., nella parte  in
cui prevede  l'applicazione  della  procedura  di  superamento  della
mancata intesa di cui all'art. 1, comma 8-bis, della legge n. 239 del
2004 anche ad  ipotesi  in  cui  lo  stallo  decisionale  dipenda  da
divergenze sostanziali tra le parti e non esclusivamente a  «condotte
meramente passive delle  amministrazioni  regionali»,  come  chiarito
dalla sent. n. 239 del 2013 di questa Corte. 
    1.2.3. - In relazione alla norma speciale sub ii),  si  impongono
invece le seguenti considerazioni. 
    L'odierna ricorrente non intende negare che -  in  considerazione
della peculiare rilevanza  degli  interessi  incidenti  sulla  tutela
ambientale    e    paesaggistico-territoriale,     sul     patrimonio
storico-artistico o  sulla  tutela  della  salute  e  della  pubblica
incolumita' di cui  in  ipotesi  siano  portatrici  -  in  base  alla
normativa che qui si censura, le regioni devono essere  coinvolte  in
un   procedimento   di   piu'   articolate   trattative   da    parte
dell'amministrazione   statale.   Tale   «maggior    coinvolgimento»,
tuttavia, non e' affatto sufficiente a far si' che la disposizione in
esame possa passare indenne il vaglio di legittimita' costituzionale.
Appare dirimente al riguardo  la  considerazione  secondo  la  quale,
anche in questo caso, ove permangano le divergenze tra quest'ultima e
la regione interessata, la decisione e' infine attribuita ad un  atto
unilaterale dello Stato, adottato con una deliberazione del Consiglio
dei ministri, con la mera «partecipazione» del  presidente  dell'ente
regionale (o provinciale speciale) specificamente interessato. 
    Anche in questa ipotesi, dunque, la previsione di  una  procedura
di «superamento unilaterale» della mancata intesa  rappresenta  -  in
realta' - una vera e propria negazione della medesima. Nonostante  la
disposizione  in  esame  preveda   lo   svolgimento   di   «reiterate
trattative», a differenza di quanto accade per  la  «norma  generale»
sub i), i requisiti richiesti dalla giurisprudenza costituzionale (ed
in particolare dalla gia' citata sent. n. 33 del 2011)  affinche'  la
disciplina volta al superamento della mancata intesa superi il vaglio
di costituzionalita'  non  sono  rispettati,  poiche'  l'attribuzione
della decisione finale ad un atto unilaterale dello Stato  rende  del
tutto inesistente quel «contesto di paritarieta'» richiesto  da  tale
giurisprudenza. In particolare, non vi e' chi non veda come la  norma
qui  contestata  predisponga  un  procedimento  per  nulla  «volto  a
consentire lo  svolgimento  di  ulteriori  trattative  attraverso  la
costituzione di un  soggetto  terzo  nominato  dalle  parti  in  modo
paritario», come invece richiede la sent. n. 33 del 2011. 
    L'incostituzionalita'  della  previsione  qui  esaminata  risulta
pianamente da una ulteriore considerazione. La sent. n. 303 del 2003,
al par. 8 del considerato in diritto, ha ritenuto di dover respingere
le  censure  di  illegittimita'  costituzionale  proposte  da   parte
regionale nei  confronti  di  una  norma  statale  che  prevedeva  lo
svolgimento di una funzione amministrativa in materia  di  competenza
legislativa  concorrente  con   il   coinvolgimento   della   regione
interessata nell'esercizio della medesima tramite  un  meccanismo  di
collaborazione  organica  analogo  a  quello  predisposto   dall'art.
14-quater, comma 3, della legge n. 241 del 1990. Si  noti,  tuttavia,
che tale «livello» di collaborazione e'  stato  ritenuto  sufficiente
dalla giurisprudenza costituzionale nel richiamato frangente solo  ed
esclusivamente perche' la funzione amministrativa ivi considerata era
attuativa di un piano di individuazione  di  opere  in  relazione  al
quale, secondo la  medesima  sent.  n.  303,  era  costituzionalmente
necessario acquisire l'intesa, la cui mancanza non era superabile  in
alcun modo, della regione interessata da ogni singola opera.  Risulta
dunque evidente che, per i principi reperibili  nella  giurisprudenza
costituzionale,  il  «livello»  di  collaborazione  con  la   regione
interessata dallo specifico procedimento  autorizzatorio  predisposto
dalla «norma speciale» sub ii) di cui all'art. 1,  comma  552,  della
legge n. 190 del 2014, sia del  tutto  inadeguato,  poiche'  potrebbe
essere  ritenuto  giustificato  solo  ove  vi  fosse,  a  monte,   la
preventiva acquisizione di una intesa con la singola regione rispetto
alla  quale  la  funzione  amministrativa  de  qua  avesse  un  ruolo
attuativo. Cio', chiaramente, non e' nel caso che qui interessa. 
    Di qui, dunque, l'incostituzionalita'  dell'art.  1,  comma  552,
della legge n. 190 del 2014, per violazione degli articoli 117, terzo
comma, e 118, primo comma, Cost., anche nella parte in cui prevede il
procedimento unilaterale di superamento della mancata intesa  di  cui
all'art. 14-quater, comma 3, della legge n. 241 del 1990. 
2. - In relazione al comma 554. 
    2.1. - Premessa. 
    Il comma 554 dell'art. 1 della legge n. 190 del 2014  dispone  la
sostituzione dell'art. 38, comma 1-bis, del decreto-legge n. 133  del
2014, come convertito in legge dalla legge n. 164 del  2014,  con  il
seguente testo: «Il Ministro dello sviluppo  economico,  con  proprio
decreto,  sentito  il  Ministro  dell'ambiente  e  della  tutela  del
territorio e del mare, predispone un piano delle  aree  in  cui  sono
consentite le attivita' di cui al comma 1. Il piano, per le attivita'
sulla  terraferma,  e'  adottato  previa  intesa  con  la  Conferenza
unificata. In caso di mancato raggiungimento dell'intesa, si provvede
con le modalita' di cui all'art.  1,  comma  8-bis,  della  legge  23
agosto 2004, n. 239. Nelle more  dell'adozione  del  piano  i  titoli
abilitativi di cui al comma 1 sono rilasciati sulla base delle  norme
vigenti  prima  della  data  di  entrata  in  vigore  della  presente
disposizione». Il precedente comma 1 del  decreto-legge  n.  133  del
2014, cui la disposizione citata rinvia,  prevede  che  «al  fine  di
valorizzare le risorse energetiche nazionali e garantire la sicurezza
degli approvvigionamenti del  Paese,  le  attivita'  di  prospezione,
ricerca  e  coltivazione  di  idrocarburi  e  quelle  di   stoccaggio
sotterraneo  di  gas  naturale  rivestono  carattere   di   interesse
strategico e sono di pubblica utilita', urgenti e indifferibili». 
    Come  si  vede,  la  disposizione  in  questione  attribuisce  al
Ministro dello sviluppo economico  il  compito  di  predisporre,  con
proprio decreto e sentito il Ministro dell'ambiente  e  della  tutela
del territorio  e  del  mare,  «un  piano  delle  aree  in  cui  sono
consentite le attivita'», sulla terraferma «di prospezione, ricerca e
coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas
naturale». Il testo del decreto-legge n. 133  del  2014,  cosi'  come
esitato dalla legge di conversione, non individuava alcuna  procedura
collaborativa, ne' con le singole regioni, ne'  con  qualunque  altra
istituzione espressione del  sistema  delle  autonomie,  che  dovesse
essere obbligatoriamente seguita per  giungere  all'approvazione  del
predetto piano. Questa disposizione e' stata impugnata dalla  regione
Marche, in relazione al periodo in cui e' stata in vigore prima della
proposizione del relativo ricorso (iscritto al reg. ric. n.  4/2015),
ed il giudizio e' attualmente pendente presso questa Ecc.ma Corte. 
    La modifica introdotta dal comma 554 dell'art. 1 della  legge  n.
190 del 2014, invece, prevede la necessaria acquisizione  dell'intesa
con la Conferenza unificata e, in caso di mancato  raggiungimento  di
tale intesa, l'applicazione della  procedura  prevista  dall'art.  1,
comma 8-bis, della legge n.  239  del  2004.  Nonostante  l'esplicita
introduzione  del  menzionato  strumento  collaborativo,  anche  tali
previsioni  devono  ritenersi  incostituzionali,  in  ragione   della
violazione degli articoli 117,  terzo  comma,  e  118,  primo  comma,
Cost., per le seguenti ragioni. 
    2.2. - Illegittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma  554,
della legge n. 190 del 2014, per violazione degli articoli 117, terzo
comma, e 118, primo comma, Cost., nella parte in cui, attribuendo  al
Ministro dello sviluppo economico il compito di predisporre un «piano
delle aree in cui sono consentite le attivita' di  cui  al  comma  1»
ossia delle attivita', di «prospezione,  ricerca  e  coltivazione  di
idrocarburi e quelle di  stoccaggio  sotterraneo  di  gas  naturale»,
prevede una previa intesa con la Conferenza unificata - per  di  piu'
per le sole attivita'  sulla  terraferma  -  anziche'  la  necessaria
acquisizione  dell'intesa  con  ciascuna   regione   territorialmente
interessata ad ogni attivita', anche destinata a svolgersi  nel  mare
continentale, per violazione delle competenze  legislative  regionali
in  materia  di  «produzione,  trasporto  e  distribuzione  nazionale
dell'energia» e di «governo del territorio», nonche' delle competenze
amministrative che alla medesima spettano in  base  al  principio  di
sussidiarieta' ex art. 118, primo comma, Cost. 
    2.2.1. - Le materie sulle quali interviene  la  disposizione  che
qui si censura sono, evidentemente, quelle della  «produzione,  [del]
trasporto e [della] distribuzione  nazionale  dell'energia»,  nonche'
del «governo del territorio», affidate, come e' noto, alla competenza
legislativa regionale entro i limiti dei principi fondamentali  della
legge dello Stato in base all'art. 117, terzo comma, Cost. 
    La ben nota sent. n. 303 del 2003 della  Corte  costituzionale  -
seguita dalla altrettanto  conosciuta  sent.  n.  6  del  2004  -  ha
chiarito al di la' di ogni possibile dubbio quali sono le  condizioni
che la legge statale che intervenga ad  avocare  al  centro  funzioni
amministrative in  materie  di  competenza  legislativa  concorrente,
provvedendo  anche  a  regolarne  l'esercizio,   deve   rigorosamente
rispettare   per   poter   superare   il   vaglio   di   legittimita'
costituzionale: pena la violazione degli articoli 117, terzo comma, e
118, primo comma, Cost. 
    In particolare, per quel che qui piu'  specificamente  interessa,
la sent. n. 303 del 2003 ha evidenziato che «una volta stabilito che,
nelle materie di  competenza  statale  esclusiva  o  concorrente,  in
virtu' dell'art. 118, primo comma,  la  legge  puo'  attribuire  allo
Stato funzioni amministrative e  riconosciuto  che,  in  ossequio  ai
canoni fondanti dello Stato di diritto, essa  e'  anche  abilitata  a
organizzarle  e  regolarle,   al   fine   di   renderne   l'esercizio
permanentemente  raffrontabile  a  un  parametro  legale,  resta   da
chiarire che i principi di sussidiarieta' e di adeguatezza  convivono
con il normale riparto di competenze legislative contenuto nel titolo
V  e  possono  giustificarne  una  deroga  solo  se  la   valutazione
dell'interesse  pubblico  sottostante  all'assunzione   di   funzioni
regionali da parte dello Stato sia proporzionata, non risulti affetta
da  irragionevolezza  alla  stregua  di  uno  scrutinio  stretto   di
costituzionalita', e sia oggetto  di  un  accordo  stipulato  con  la
regione interessata» (par. 2.2. del considerato in diritto). 
    Come si vede, la condizione che la  sent.  n.  303  del  2003  ha
individuato  come  assolutamente  imprescindibile  perche'  le  norme
legislative statali di questo tipo possano  aspirare  a  superare  il
vaglio di legittimita' costituzionale non e',  genericamente,  quella
della previsione di «meccanismi  collaborativi»,  ne',  quella  della
previsione  di  «intese»  non   meglio   specificate,   bensi'   piu'
puntualmente quella della necessarieta' della previsione  dell'intesa
con la singola  regione  interessata  dal  singolo  intervento.  Tale
conclusione e' avvalorata anche  da  un  successivo  passaggio  della
medesima sent. n. 303 del 2003, se possibile ancor piu' esplicito del
precedente, ove si afferma che «per giudicare se  una  legge  statale
che occupi questo spazio sia invasiva delle attribuzioni regionali  o
non costituisca invece applicazione dei principi di sussidiarieta'  e
adeguatezza diviene elemento valutativo essenziale la  previsione  di
un'intesa fra lo Stato e  le  regioni  interessate,  alla  quale  sia
subordinata  l'operativita'   della   disciplina»   (par.   4.1   del
considerato in diritto). 
    La ragione per la quale questa Ecc.ma  Corte  e'  giunta  a  tale
conclusione, del resto, e' agevolmente comprensibile:  le  competenze
legislative  ed  amministrative  costituzionalmente   previste,   che
sarebbero  lese  dalla  mancata  previsione  di  adeguati   strumenti
collaborativi, pertengono non gia' al «sistema delle autonomie» o  al
«sistema delle regioni» genericamente  intesi,  bensi'  alla  singola
regione, che, sulla base dell'«ordinario»  riparto  delle  competenze
dovrebbe essere la  sola  a  disporre  della  competenza  legislativa
necessaria ad istituire, allocare e disciplinare  nel  dettaglio  una
funzione  amministrativa  incidente,  nelle  materie  suddette,   sul
proprio territorio. Ed e' dunque  il  consenso  di  ciascuna  regione
specificamente interessata che lo Stato deve  ricercare  perche'  una
disciplina siffatta possa essere concretamente  «operativa»,  secondo
l'insegnamento del giudice delle leggi. 
    Per questa ragione  non  puo'  dunque  in  alcun  modo  ritenersi
satisfattiva delle pretese delle regioni, e in grado  di  evitare  le
lesioni alle competenze costituzionalmente garantite a queste ultime,
la previsione, della necessaria intesa con la  Conferenza  unificata.
Ad  essere  coinvolte  sono  innanzi  tutto  competenze   legislative
regionali, il che rende addirittura inquinante, rispetto al  corretto
svolgimento delle  funzioni  costituzionalmente  previste,  il  ruolo
svolto dai rappresentanti degli enti locali nella citata  Conferenza.
In secondo luogo, e' la stessa attribuzione della potesta' di fornire
l'intesa ad un organo collegiale quale la Conferenza,  anziche'  alla
singola regione, ad essere  costituzionalmente  inadeguato,  poiche',
come si e' detto, le competenze coinvolte  (soprattutto  legislative,
ma anche amministrative) sono  di  pertinenza  del  singolo  ente,  e
riguardano  gli  usi  del  territorio  di  quest'ultimo.  La  regione
interessata, nell'ambito di una  deliberazione  collegiale,  potrebbe
invece essere pretermessa in virtu' dell'applicazione  del  principio
di maggioranza, proprio in relazione alla decisione  circa  la  sorte
del proprio territorio. Il che e' costituzionalmente inaccettabile. 
    Del resto, nel nostro sistema costituzionale non sono istituite e
disciplinate sedi di raccordo tra «centro»  e  «periferie»,  come  ha
saggiamente osservato questa Corte nella sent.  n.  6  del  2004:  e,
«nella perdurante assenza di  una  trasformazione  delle  istituzioni
parlamentari e, piu' in  generale,  dei  procedimenti  legislativi  -
anche solo nei limiti di quanto previsto  dall'art.  11  della  legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche  al  titolo  V  della
parte seconda della Costituzione)», leggi statali  quali  quella  che
qui si esamina possono «aspirare a superare il vaglio di legittimita'
costituzionale» solo ove si rispettino i citati criteri  della  sent.
n. 303 del 2003 (cosi' par. 7 del considerato in diritto della  sent.
n. 6 del 2004). 
    2.2.2. - Da tutto cio' consegue, dunque,  che  l'art.  38,  comma
1-bis, del decreto-legge  n.  133  del  2014,  nel  testo  sostituito
dall'art. 1, comma 554, della legge n. 190 del 2014, non rispetta  la
condizione richiesta da questa Corte nella sent. n. 303 del  2003  (e
dalle numerose pronunce che, nel corso del tempo,  hanno  confermato,
approfondito e precisato questa linea giurisprudenziale), ai fini  di
una legittima avocazione in sussidiarieta', da parte dello Stato,  di
funzioni  legislative  e  amministrative  ricadenti  in  materie   di
competenza concorrente (quali la «produzione, [il] trasporto  e  [la]
distribuzione nazionale dell'energia» e il «governo  del  territorio»
che vengono in rilievo nel caso di specie), ovvero la previsione  «di
una disciplina che prefiguri  un  iter  in  cui  assumano  il  dovuto
risalto le attivita' concertative  e  di  coordinamento  orizzontale,
ovverosia le intese, che devono essere condotte in base al  principio
di lealta'» (par. 2.2 e par. 4.1 del Cons. in dir.). 
    La disposizione citata, quindi, si pone in contrasto  con  l'art.
117, terzo comma, e con l'art. 118, primo comma, Cost.,  nella  parte
in cui  prevede  una  previa  intesa  con  la  Conferenza  unificata,
anziche' la necessaria acquisizione dell'intesa  con  ciascuna  delle
regioni specificamente interessate dalle «attivita'  di  prospezione,
ricerca  e  coltivazione  di  idrocarburi  e  quelle  di   stoccaggio
sotterraneo di gas naturale». 
    Si noti infine che l'incostituzionalita' del comma 554  dell'art.
1 della legge n. 190 del 2014, in questa sede impugnato, deve  essere
apprezzata anche da un altro punto di vista.  Come  evidenziato  piu'
sopra, tale disposizione prevede la necessarieta' della previa intesa
in Conferenza solo ed esclusivamente  per  la  inclusione  nel  Piano
delle aree in terraferma in  cui  sono  consentite  le  attivita'  de
quibus, e non anche per la inclusione delle aree collocate  nel  mare
continentale. 
    Le due ipotesi - attivita' da svolgersi nel mare continentale, da
un lato, ed in  terraferma  dall'altro  -  sono,  per  quel  che  qui
interessa, prive di qualunque rilevante elemento di differenziazione.
Il loro  trattamento  giuridico,  quindi,  non  puo'  che  essere  il
medesimo, almeno per quel che riguarda la  necessarieta'  dell'intesa
con la singola regione interessata  per  l'inserimento  dell'area  in
questione nel Piano. 
    L'odierna ricorrente, quindi, chiede a  questa  Ecc.ma  Corte  la
declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 554,
della legge n. 190 del 2014, per violazione degli articoli 117, terzo
comma, e 118, primo comma, Cost., nella parte in cui, attribuendo  al
Ministro dello sviluppo economico il compito di predisporre un «piano
delle aree in cui sono consentite le attivita' di  cui  al  comma  1»
ossia delle attivita', di «prospezione,  ricerca  e  coltivazione  di
idrocarburi e quelle di  stoccaggio  sotterraneo  di  gas  naturale»,
prevede una previa intesa con la Conferenza  unificata  per  le  sole
attivita'  sulla  terraferma,  anziche'  la  necessaria  acquisizione
dell'intesa con ciascuna regione territorialmente interessata ad ogni
attivita', anche destinata a svolgersi nel mare continentale. 
    2.3. - Illegittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma  554,
della legge n. 190 del 2014, per violazione degli articoli 117, terzo
comma, e 118, primo  comma,  Cost.,  in  quanto  lede  le  competenze
legislative della regione in  materia  di  «produzione,  trasporto  e
distribuzione nazionale dell'energia» e di «governo del  territorio»,
nonche' le competenze amministrative che alla  medesima  spettano  in
base al principio di sussidiarieta' ex art. 118, primo comma,  Cost.,
ponendosi in contrasto con quanto affermato dalla sent.  n.  303  del
2003 di questa Corte, nella parte in cui prevede l'applicazione della
procedura di superamento della mancata  intesa  di  cui  all'art.  1,
comma 8-bis, della legge n. 239 del 2004 anche ad ipotesi in  cui  lo
stallo decisionale dipenda da divergenze sostanziali tra le  parti  e
non   esclusivamente   a   «condotte    meramente    passive    delle
amministrazioni regionali», come chiarito dalla sent. n. 239 del 2013
di questa Corte. 
    2.3.1. - Come  sopra  ricordato,  l'art.  38,  comma  1-bis,  del
decreto-legge n. 133 del 2004,  nel  testo  sostituito  dall'art.  1,
comma 554, della legge n. 190 del 2014, ha inoltre previsto  che  nel
caso in cui l'intesa (in Conferenza unificata) non  venga  raggiunta,
«si provvede con le modalita' di cui all'art. 1, comma  8-bis,  della
legge 23 agosto 2009,  n.  239».  Tale  disposizione,  a  sua  volta,
dispone quanto segue: «Fatte salve  le  disposizioni  in  materia  di
valutazione di impatto ambientale, nel caso di mancata espressione da
parte delle amministrazioni regionali degli  atti  di  assenso  o  di
intesa, comunque denominati, inerenti alle funzioni di cui ai commi 7
e 8 del presente articolo, entro il termine di centocinquanta  giorni
dalla richiesta nonche' nel caso di mancata  definizione  dell'intesa
di cui al comma 5 dell'art. 52-quinquies del testo unico  di  cui  al
decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, e  nei
casi di cui all'art. 3, comma 4, del decreto  legislativo  1°  giugno
2011, n. 93, il Ministero dello sviluppo economico invita le medesime
a provvedere entro un termine non superiore a trenta giorni. In  caso
di  ulteriore  inerzia  da  parte  delle  amministrazioni   regionali
interessate, lo stesso Ministero rimette gli atti alla Presidenza del
Consiglio  dei  ministri,  la  quale,  entro  sessanta  giorni  dalla
rimessione, provvede in merito con la  partecipazione  della  regione
interessata». 
    Come gia' evidenziato piu' sopra, tale procedura  di  superamento
della mancata intesa si limita a  prevedere  un  ulteriore  invito  a
provvedere entro trenta giorni, e - in fine - il semplice deferimento
della decisione ad un atto unilaterale della Presidenza del Consiglio
dei ministri, con la mera «partecipazione» della regione interessata.
Tale norma non rispetta i  criteri  forniti  al  legislatore  statale
dalla giurisprudenza costituzionale ai fini della disciplina  di  una
mancata intesa, ove questa sia resa necessaria  dal  paradigma  della
c.d. «sussidiarieta'  legislativa»,  e  pertanto  deve  ritenersi  in
contrasto con gli articoli 117, terzo  comma,  e  118,  primo  comma,
Cost. 
    Al riguardo occorre richiamare nuovamente la  sent.  n.  239  del
2013,  che  ha  scrutinato  proprio  il  meccanismo  di   superamento
dell'intesa di cui al citato art. 1, comma 8-bis, della legge n.  239
del 2004. Tale decisione ha infatti evidenziato che  il  procedimento
«a forte unilateralita'» di cui sopra, culminante  in  una  decisione
del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  si   deve   ritenere
costituzionalmente legittimo solo in quanto non predisposto  al  fine
di superare mere «divergenze» tra le parti, bensi' a  far  fronte  ai
casi - che gia' di per se stessi  rappresentano  una  violazione,  da
parte regionale, del principio di leale collaborazione -  in  cui  la
regione  interessata  si  limiti  ad  adottare  «condotte   meramente
passive». 
    L'art. 1, comma 554, della legge n. 190 del 2014 - come  gia'  il
precedente comma 552, in relazione alle ipotesi su cui piu' sopra  ci
si e' soffermati - nel sostituire il comma  1-bis  dell'art.  38  del
decreto-legge 133 del 2014, dispone invece l'applicabilita' di queste
procedure a carattere unilaterale anche al superamento  dello  stallo
derivante da divergenze tra le parti, non imputabili in alcun modo  a
comportamenti meramente «inerti» della regione. 
    Anche in questo caso, per illustrare la grave incostituzionalita'
di tale previsione, e' necessario prendere le mosse dalla sent. n. 33
del 2011, nella quale questa Corte ha evidenziato che il  legislatore
statale  puo'  predisporre  meccanismi  di  superamento  del  mancato
raggiungimento dell'intesa dovuto a  divergenze  sostanziali  tra  le
parti. Come si e' gia' avuto modo di precisare a proposito  dei  vizi
concernenti il comma 552, questo stesso collegio  ha  pero'  ritenuto
che  tali  meccanismi  possono  aspirare  a  superare  il  vaglio  di
legittimita' costituzionale solo ove garantiscano lo  svolgimento  di
reiterate trattative tra le parti in un contesto di paritarieta'  tra
di esse, al limite devolvendo la decisione ad  un  organo  terzo.  In
particolare, la normativa allora scrutinata  e'  stata  ritenuta  non
contrastante con le  norme  costituzionali  rilevanti  sul  punto  in
quanto  predisponeva  «l'attivazione  di  un  procedimento  volto   a
consentire lo  svolgimento  di  ulteriori  trattative  attraverso  la
costituzione di un  soggetto  terzo  nominato  dalle  parti  in  modo
paritario». 
    Non vi e' dubbio che la disposizione  introdotta  dal  comma  554
dell'art. 1  della  legge  n.  190  del  2014  non  risponde  a  tali
caratteristiche. 
    Per  quel  che  qui  specificamente   interessa,   dunque,   tale
disposizione deve ritenersi incostituzionale,  per  violazione  degli
articoli 117, terzo comma, e 118, primo comma, Cost., nella parte  in
cui prevede il richiamato  procedimento  unilaterale  di  superamento
della mancata intesa, anche quando lo stallo  dipenda  da  divergenze
sostanziali tra le parti. 
 
                              P. Q. M. 
 
    La regione Marche, come sopra rappresentata e difesa, chiede  che
questa Ecc.ma Corte  costituzionale,  in  accoglimento  del  presente
ricorso, dichiari l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1,  commi
552 e 554, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 [Disposizioni per  la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato  (legge  di
stabilita' 2015)], nei limiti e nei termini sopra esposti. 
    Con ossequio. 
 
      Ancona-Roma, 26 febbraio 2015 
 
          avv. Alfonso Papa Malatesta - Avv. Paolo Costanzi