N. 56 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 ottobre 2014

Ordinanza del 30 ottobre 2014 del Tribunale di Roma nel  procedimento
civile promosso da Ridolfi Ridolfo contro  Presidenza  del  Consiglio
dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica. 
 
Impiego  pubblico  -  Riduzione  delle  dotazioni   organiche   delle
  pubbliche amministrazioni - Presidenza del Consiglio dei ministri -
  Prevista  cessazione  entro  il  1°  novembre  2012  di  tutti  gli
  incarichi in corso  a  quella  data,  di  prima  e  seconda  fascia
  conferiti ai sensi dell'art. 19, comma 6, del  d.lgs.  n.  165/2001
  (spoil system)  -  Violazione  del  principio  di  uguaglianza  per
  l'automaticita' della cessazione  degli  incarichi  senza  garanzie
  procedimentali - Violazione dei principi di  buon  andamento  della
  pubblica amministrazione e di servizio esclusivo alla  Nazione  dei
  pubblici dipendenti. 
- Decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con  modificazioni,
  dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, art. 2, comma 20. 
- Costituzione, artt. 3, 97 e 98. 
(GU n.16 del 22-4-2015 )
 
                        IL TRIBUNALE DI ROMA 
                           sezione lavoro 
 
    Ad esito della  camera  di  consiglio  del  30  ottobre  2014  ha
pronunciato la seguente ordinanza. 
    Rilevato in fatto che: 
    con ricorso depositato il 18  gennaio  2013  Ridolfi  Rodolfo  ha
convenuto qui in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri; 
    il ricorrente esponeva: di aver stipulato  con  l'amministrazione
convenuta, in data 1° febbraio  2011,  un  contratto  individuale  di
lavoro, ai sensi dell'art. 19,  comma  6,  del  d.lgs.  n.  165/2001,
avente ad oggetto un incarico di livello dirigenziale  non  generale,
con decorrenza 1° febbraio 2011 e scadenza 31 gennaio 2014, avente ad
oggetto la direzione del «Servizio per la programmazione e  l'analisi
dell'attivita'  ispettiva»,  nell'ambito  dell'Ispettorato   per   la
Funzione Pubblica; 
    che con nota in data 5  ottobre  2012,  comunicata  ufficialmente
l'11  ottobre  2012,  la  Presidenza  del  Consiglio  comunicava   la
cessazione di detto incarico a decorrere dal 1° novembre  2012  e  la
contestuale risoluzione del contratto di lavoro a  tempo  determinato
ai sensi e per gli effetti dell'art. 2, comma 20,  d.l.  n.  95/2012,
convertito con modificazioni dalla legge n.  135/2012,  il  quale  ha
stabilito,  per  la  Presidenza  del  Consiglio  dei   Ministri,   la
cessazione, alla data del 1° novembre 2012, di tutti gli incarichi in
corso alla medesima data, di prima e  seconda  fascia,  conferiti  ai
sensi dell'art. 19 commi 5-bis e 6 del d.lgs. n. 165/2001; 
    il   ricorrente   ha   dedotto,   con    varie    argomentazioni,
l'illegittimita'  costituzionale  di   detta   ultima   disposizione,
richiamandosi,  in  sostanza,  ai  principi,  enunciati  dalla  Corte
Costituzionale nelle sentenze n. 103/2007, n. 351/2008 e n. 390/2010,
in materia di illegittimita' dei meccanismi di «spoil system»; 
    da   cio'   ha   inferito   l'illegittimita'   della   cessazione
dall'incarico ed ha  chiesto,  previa  declaratoria  di  inefficacia,
nullita', annullabilita' del provvedimento di  revoca  dall'incarico,
ordinarsi alla Presidenza del Consiglio  di  reintegrarlo  nel  posto
precedentemente   occupato   e   condannarsi   l'amministrazione   al
risarcimento dei danni subiti per effetto  dell'illegittimo  recesso,
commisurati  alla  retribuzione  globale  di  fatto  dal  giorno  del
licenziamento  sino  alla  reintegrazione,  nonche'   alla   relativa
omissione contributiva; 
    proponeva altresi' ricorso cautelare d'urgenza, volto ad ottenere
l'immediata reintegrazione  nel  posto  di  lavoro,  che  il  giudice
rigettava per difetto del requisito del «periculum in mora»; 
    la Presidenza del Consiglio dei  Ministri  si  e'  costituita  in
giudizio chiedendo respingersi le avverse domande;  ha  osservato  di
avere dovuto necessariamente provvedere alla  cessazione,  alla  data
del 1° novembre 2012, di tutti gli analoghi incarichi in  corso  alla
medesima data, in esecuzione dell'art. 2, comma 20, del decreto-legge
n. 95/2012 convertito con modificazioni dalla legge  n.  135/2012,  a
norma del quale «ai fini  dell'attuazione  della  riduzione  del  20%
operata sulle dotazioni organiche dirigenziali  di  prima  e  seconda
fascia dei propri ruoli la  Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri
provvede alla  immediata  riorganizzazione  delle  proprie  strutture
sulla  base  di  criteri   di   contenimento   della   spesa   e   di
ridimensionamento strutturale. All'esito di tale processo, e comunque
non oltre il 1° novembre 2012, cessano tutti gli incarichi, in  corso
a quella data, di prima  e  di  seconda  fascia  conferiti  ai  sensi
dell'art. 19, commi 5-bis e 6 del decreto legislativo 30  marzo  2001
n. 165. Fino al suddetto  termine  non  possono  essere  conferiti  o
rinnovati incarichi di cui alla citata normativa»;  ha  sostenuto  la
piena legittimita' costituzionale della  suddetta  norma,  in  quanto
inquadrabile nella logica della  «spending  review»  e  pertanto  non
riconducibile   alle   richiamate   pronunzie    di    illegittimita'
costituzionale di  norme  finalizzate  all'operativita'  del  diverso
meccanismo dello «spoil system». 
    Ritenuto in diritto che: 
    e' pacifico e documentato che il ricorrente era  titolare  di  un
incarico  dirigenziale  non  generale,   di   cd.   seconda   fascia,
conferitogli, ai sensi dell'art. 19, comma 6, del d.lgs. n. 165/2001,
quale  soggetto  non  altrimenti  legato  da  rapporto   di   impiego
dirigenziale con una pubblica amministrazione e munito dei  requisiti
di cui alla medesima disposizione; 
    l'incarico di durata triennale, con decorrenza 1° febbraio 2011 e
scadenza prevista al 31 gennaio 2014, e' stato oggetto,  in  data  11
ottobre  2012,  di  un  provvedimento  di  revoca   -   espressamente
qualificata come cessazione - a decorrere dal 1° novembre  2012,  con
contestuale risoluzione del rapporto di lavoro a  tempo  determinato,
in esecuzione dell'art. 2, comma 20, del  decreto  legge  n.  95/2012
convertito con modificazioni dalla legge n. 135/2012; 
    questa risulta dunque  la  disposizione  applicata  nel  caso  di
specie, e sulla quale deve incentrarsi lo scrutinio  di  legittimita'
costituzionale; 
    che  la  Corte  Costituzionale,  con  sentenza  n.  103/2007,  ha
dichiarato l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  3,  comma  7,
della legge n. 145/2002, nella parte in cui dispone che  «i  predetti
incarichi cessano il sessantesimo giorno dalla  data  di  entrata  in
vigore della presente legge, esercitando i titolari degli  stessi  in
tale   periodo,   esclusivamente   le    attivita'    di    ordinaria
amministrazione» sull'assunto che la norma impugnata, laddove prevede
un meccanismo di cessazione automatica ex lege e generalizzata  degli
incarichi dirigenziali di livello generale, allo spirare del  termine
di 60 giorni dall'entrata in vigore della legge stessa,  si  pone  in
contrasto con gli articoli 3, 97 e 98 Costituzione, in quanto  viola,
in assenza di  adeguate  garanzie  procedimentali,  il  principio  di
continuita'  dell'azione  amministrativa,  strettamente  correlato  a
quello di buon andamento della pubblica  amministrazione,  in  specie
statuendo: «... la previsione di una anticipata cessazione "ex  lege"
impedisce  che  l'attivita'  del  dirigente   possa   espletarsi   in
conformita' al modulo di azione sopra indicato ...  la  revoca  delle
funzioni  legittimamente   conferite   ai   dirigenti   puo'   essere
conseguenza solo  di  un'accertata  responsabilita'  dirigenziale  in
presenza di determinati presupposti e all'esito di un procedimento di
garanzia puntualmente disciplinato .... deve ritenersi necessario che
sia comunque garantita la presenza di un  momento  procedimentale  di
confronto dialettico tra le parti nell'ambito del quale, da un  lato,
l'amministrazione esternalizzi le ragioni - connesse  alle  pregresse
modalita'  di  svolgimento  del  rapporto  anche  in  relazione  agli
obiettivi programmati dalla nuova compagine governativa per le  quali
ritenga  di  non  consentire  la  prosecuzione  sino  alla   scadenza
contrattualmente prevista; dall'altro, al dirigente sia assicurata la
possibilita' di far valere il diritto di difesa.. L'esistenza di tale
fase valutativa... e' richiesta  anche  per  garantire  il  controllo
giurisdizionale .... per garantire scelte trasparenti e verificabili,
in grado di consentire la  prosecuzione  dell'attivita'  gestoria  in
ossequio al precetto costituzionale dell'imparzialita'»; 
    che con la sentenza n. 161 del 2008 la  Corte  Costituzionale  ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art.  2,  comma  161,
del dl 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con  modificazioni,  nella
legge 24 novembre 2006 n. 286, nella parte in  cui  dispone  che  gli
incarichi conferiti al personale di cui al  comma  6,  dell'art.  19,
d.lgs 30 marzo 2011  n.  165,conferiti  prima  del  17  maggio  2006,
«cessano ove non confermati entro 60 giorni dalla data di entrata  in
vigore  del  presente  decreto»,  ripercorrendo  sostanzialmente   il
medesimo iter logico-giuridico con riferimento al personale  comunque
dipendente  di  amministrazioni  pubbliche  e  munito   di   «status»
dirigenziale, seppure non appartenente ai ruoli di cui  all'art.  23,
cui si riferisce il comma 5-bis dell'art. 19 d.lgs. n. 165/2001; 
    che con la sentenza n. 81 del 2010  la  Corte  Costituzionale  ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art.  2,  comma  161,
del dl 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con  modificazioni,  nella
legge 24 novembre 2006 n. 286, nella parte in  cui  dispone  che  gli
incarichi conferiti al personale di cui al  comma  6,  dell'art.  19,
d.lgs. 30 marzo 2011, n. 165, conferiti prima  del  17  maggio  2006,
«cessano ove non confermati entro 60 giorni dalla data di entrata  in
vigore  del  presente  decreto»,  ripercorrendo  sostanzialmente   il
medesimo iter logico-giuridico di  cui  alla  sentenza  n.  103/2007,
stavolta  tuttavia  con  specifico  riferimento  a  un  incarico   di
direzione di uffici di livello dirigenziale non generale,  attribuito
a soggetto estraneo all'amministrazione conferente,  non  dipendente,
come dirigente, da altra amministrazione; 
    che i motivi per i quali la Corte ha censurato di  illegittimita'
costituzionale l'art. 3, comma 7 della legge n. 145/2002 e l'art.  2,
comma 161 del dl n. 262/2006  appaiono  tutti  estensibili,  «mutatis
mutandis» al caso in esame,  in  quanto  le  predette  sentenze,  pur
riferendosi a fattispecie concrete di cd «spoils system una  tantum»,
applicato agli incarichi dirigenziali per ragioni di mutato indirizzo
politico,  nel   complesso   sanciscono   tuttavia   l'illegittimita'
costituzionale della cessazione automatica degli incarichi  medesimi,
con argomentazioni giuridiche di piu' ampio respiro,  non  riferibili
in maniera esclusiva a tale meccanismo; 
    che l'insegnamento del Giudice delle leggi appare infatti  chiaro
nel senso che qualunque meccanismo di cessazione automatica «ex lege»
di incarichi di funzioni dirigenziali ex art. 19, d.lgs. n. 165/2001,
si pone in conflitto con gli articoli 97  e  98  della  Costituzione,
perche', in sostanza, incrina  i  principi  fondamentali  dell'azione
amministrativa, quali  il  buon  andamento  e  la  continuita'  della
stessa, sicche' gli incarichi  in  questione  possono  legittimamente
essere   revocati,   solo   mediante   forme   procedimentali    atte
all'accertamento dei risultati conseguiti, che si concludano  con  un
provvedimento motivato, suscettibile di vaglio giurisdizionale; 
    che gli argomenti mossi dalla difesa erariale  contro  l'asserita
non manifesta infondatezza della questione  proposta  dal  ricorrente
appaiono inidonei a fugare i  dubbi  di  legittimita'  costituzionale
della norma denunciata, limitandosi a evidenziare la natura di  norma
speciale, volta ad ottenere risparmi di spesa, dell'art. 2, comma 20,
dl n. 95/2012, convertito con modificazioni dalla legge n. 135/2012; 
    che, tuttavia, la mera dichiarazione  d'intenti  contenuta  nella
norma, «ai fini della  riduzione  del  20  per  cento  operata  sulle
dotazioni organiche dirigenziali di prima e seconda fascia dei propri
ruoli» non e' di per se' sufficiente a giustificare l'esclusione  del
controllo giurisdizionale sulla rispondenza  della  cessazione  dello
specifico incarico alle esigenze di buon andamento  ed  imparzialita'
della Pubblica Amministrazione,  a  maggior  ragione  alla  luce  del
legittimo sospetto generato dall'espressa previsione che  solo  «fino
al  suddetto  termine  non  possono  essere  conferiti  o   rinnovati
incarichi di cui alla citata normativa»; 
    che  la  questione  appare  rilevante  in   causa,   perche'   il
ricorrente, ha chiesto di accertare l'inefficacia o annullabilita'  o
nullita' della revoca dell'incarico e, per l'effetto, di ordinare  la
propria reintegrazione nel posto  di  lavoro  -  ormai  non  piu'  in
concreto praticabile, atteso  lo  spirare  del  termine  di  scadenza
contrattuale - nonche' di condannare la Presidenza del Consiglio  dei
Ministri  al  risarcimento  dei  danni   subiti,   commisurati   alla
retribuzione globale  di  fatto  dal  licenziamento  alla  reintegra,
sull'assunto dell'illegittimita' della cessazione automatica  proprio
in quanto disposta in applicazione della  disposizione  censurata  di
illegittimita' costituzionale; 
    che il giudice remittente e' dunque chiamato ad accertare  se  la
cessazione/revoca sia stata legittima e tale giudizio dipende in  via
pressoche' esclusiva dalla validita' della disposizione di  legge  in
applicazione  della  quale  -  e  in  difetto  di   qualsiasi   altra
motivazione - essa e' stata disposta; 
    che l'accertamento della legittimita' dell'art. 2, comma 20,  del
dl n. 95/2012, convertito con modificazioni dalla legge n. 135/2012 -
norma   dichiaratamente   posta   ad   «esclusivo»   fondamento   del
provvedimento  di  cessazione  dell'incarico  dirigenziale  -  assume
dunque carattere pregiudiziale riguardo alla struttura dell'illecito,
sicche'  il  giudizio  di  «rilevanza»  della  questione   non   pare
richiedere una preventiva delibazione sulla sussistenza  degli  altri
elementi costitutivi della pretesa risarcitoria, in specie  la  colpa
dell'amministrazione ed il danno; comunque il danno puo' ritenersi in
«re ipsa» - essendo pacifica la perdita delle retribuzioni  maturande
in seguito alla cessazione anticipata  dell'incarico  -  e  la  colpa
dell'amministrazione,  deve  in  via  teorica  presumersi  ai   sensi
dell'art. 1218 c.c.,  trattandosi  nella  specie  di  responsabilita'
contrattuale; domandarsi se la  colpa  dell'amministrazione  ex  art.
1218 c.c. sia esclusa dal fatto di essersi  essa  conformata  ad  una
legge, solo successivamente dichiarata illegittima, d'altronde non ha
senso prima che di tale  norma  sia  stata  effettivamente  accertata
l'illegittimita' costituzionale; come ben evidenziato  nell'ordinanza
n. 247/2009  del  Tribunale  di  Roma  del  24  febbraio  2009  -  in
fattispecie per  tale  profilo  assimilabile  alla  presente  -  «una
corretta decisione della causa, svolta all'esito di  un  esame  delle
questioni svolto  nel  rispetto  dell'ordine  logico-giuridico  posto
dalla struttura della fattispecie, consente di per  se'  di  ritenere
che questo giudice non puo' decidere la causa senza  giudicare  della
validita'  della  disposizione  impugnata,  palesandosi   del   tutto
impropria una logica decisoria che, invertendo l'ordine logico  delle
questioni, ed in particolare in  ipotesi  muovendo,  per  escluderle,
dalla colpa e/o dal danno, giungesse al  rigetto  della  domanda  non
avvertendo  la  previa  necessita'   di   deliberare   sull'esistenza
dell'elemento materiale dell'illecito, in  solo  rapporto  al  quale,
peraltro, la colpa e il  danno  sono  concretamente  delibabili;  ne'
sembra al giudicante coerente con  le  funzioni  istituzionali  della
Corte una  interpretazione  del  requisito  della  rilevanza  che  si
sospinga  a  valutazioni  prognostiche   sulla   concreta   idoneita'
dell'esito ad incidere sulle possibilita' di accoglimento, parziale o
totale, della domanda.». 
 
                              P. Q. M. 
 
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87. 
    Dichiara rilevante, e non manifestamente infondata, con  riguardo
agli articoli  3,  97  e  98  della  Costituzione,  la  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 20 del decreto legge 6
luglio 2012, n. 95, come convertito in legge 7 agosto 2012,  n.  135,
nella  parte  in  cui  prevede  che   all'esito   del   processo   di
riorganizzazione delle proprie strutture sulla  base  di  criteri  di
contenimento della spesa e di ridimensionamento  strutturale  attuato
dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e comunque non  oltre  il
1° novembre 2012, cessano tutti gli incarichi,  in  corso,  a  quella
data, di prima e seconda fascia  conferiti  ai  sensi  dell'art.  19,
comma 6 del d.lgs. n. 165/2001. 
    Ordina  l'immediata   trasmissione   degli   atti   della   Corte
costituzionale e sospende il giudizio in corso. 
    Ordina che a cura della cancelleria  la  presente  ordinanza  sia
notificata alle parti ed al Presidente del Consiglio dei Ministri,  e
comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
 
      Roma, 30 ottobre 2014 
 
                        Il Giudice: Baroncini