N. 64 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 febbraio 2015
Ordinanza del 18 febbraio 2015 della Corte d'appello di Roma sul reclamo proposto da Ministero delle infrastrutture e dei trasporti contro ANAS Spa e Angelucci Domenico. Impiego pubblico - Trasferimento del personale ANAS, in servizio presso l'ufficio IVCA (Ispettorato Vigilanza Concessioni Autostradali), alla data del 31 maggio 2012, prima all'Agenzia per le Infrastrutture stradali e poi alla Struttura presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - Violazione dei principi di uguaglianza, del concorso pubblico per l'accesso ai pubblici impieghi e di imparzialita' e buon andamento della pubblica amministrazione. - Decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, nella legge 15 luglio 2011, n. 111, art. 36; decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni, nella legge 24 febbraio 2012, n. 14, art. 11; decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 135, art. 12. - Costituzione, artt. 3, 51 e 97.(GU n.17 del 29-4-2015 )
LA CORTE DI APPELLO DI ROMA Sezione lavoro e previdenza Composta dai Sigg.ri Magistrati: Dott. Tatarelli Maurizio, Presidente Dott. Micciche' Loredana, Consigliere Dott. Delle Donne Maria, Consigliere rel. Ordinanza nella controversia di lavoro iscritta sul ruolo generale al n. 5625/14 tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, rappresentato e difeso - ex lege - dall'Avvocatura Generale dello Stato; Reclamante e Reclamato in via incidentale; e ANAS S.P.A., rappresentata e difesa - per procura in atti - dall'Avv. A.Maresca; Reclamata e Reclamante in via incidentale; Nonche' Angelucci Domenico, rappresentato e difeso - per procura in atti - dagli Avv.ti A.Necci e F.Minisci; Ragioni in fatto e in diritto della decisione Con ricorso ex art. 1 legge n. 92/12 Angelucci Domenico si rivolse al Tribunale di Roma esponendo di aver stipulato con ANAS S.P.A. plurimi contratti di somministrazione e contratti a tempo determinato fino al 27 settembre 2012, data in cui l'ente gli comunico' l'estinzione del rapporto in ragione del trasferimento disposto ex art. 36 comma 5 D.L. 98/11 conv. in legge n. 111/11, come integrato dall'art. 11 comma 5 D.L: n. 216/11 conv. in legge n. 14/12, del personale addetto e delle funzioni gia' facenti capo all'I.V.C.A., all'Agenzia per le infrastrutture stradali ed autostradali, compiti poi trasferiti al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti dal 30 settembre 2012. Dedusse, in particolare, l'illegittimita' sia dei contratti di somministrazione, sia dei contratti a termine sotto diversi profili, qualificando quale licenziamento l'estinzione del rapporto, da ritenersi in ogni caso atto nullo per violazione di legge in quanto il trasferimento d'azienda non integrava valido motivo di recesso dal rapporto di lavoro. Chiese, quindi, la declaratoria di nullita'/illegittimita'/invalidita'/inefficacia/irregolarita' dei detti contratti, con conseguente conversione in contratto a tempo indeterminato sin dal 9.2.09 o quanto meno dal 9.11.10; ordinarsi ad Anas e/o Ministero convenuto la ricostituzione del rapporto ed il pagamento delle retribuzioni maturate, in ogni caso la condanna ex art. 32 comma 5 legge n. 183/10; dichiararsi il licenziamento illegittimo, con applicazione della tutela" reintegratoria e risarcitoria ex art 18 S.L. nei confronti di ANAS o Ministero; in ogni caso, accertarsi il diritto al superiore inquadramento professionale;; in via subordinata dichiararsi nullo/illegittimo/invalido/annullare o comunque inefficace il licenziamento "ante tempus", con diritto al risarcimento del danno nella misura delle retribuzioni maturate fino alla scadenza del termine. Si costitui' il Ministero, opponendosi alle domande; in particolare, eccepi' la pendenza di identica causa con rito ordinario ex art. 414 C.P.C., l'inapplicabilita' del rito c.d. Fornero ed il difetto di legittimazione passiva. Si costitui' altresi' ANAS S.P.A. deducendo l'inesistenza di alcun licenziamento, la legittimita' dei contratti intervenuti. Con ordinanza in data 18 ottobre 2013 il Tribunale di Roma respinse il ricorso quanto alle domande di tutela ex art. 18 S.L. e per le altre domande dispose il mutamento del rito e la fissazione dell'udienza ex art. 420 C.P.C. Con ricorso depositato in data 14.10.13 l'Angelucci propose opposizione avverso tale ordinanza, riproponendo solo le domande di tutela ex art. 18 S.L. Si costitui' l'amministrazione ministeriale, ribadendo le difese gia' svolte nella fase sommaria, chiedendo dichiararsi il difetto di legittimazione passiva, la decadenza ex art. 32 L. n. 183/10, nonche' confermarsi l'ordinanza opposta. Con note autorizzate, poi, il Ministero chiese disporsi la sospensione del giudizio ex art. 295 C.P.C. avendo il TAR LAZIO con ordinanza 18.3.14 sollevato questione di costituzionalita' in ordine alla normativa ex art. 36 comma 5 D.L. 98/11 conv. in legge n. 111/11, come integrato dall'art. 11 comma 5 D.L: n. 216/11 conv. in legge n. 14/12. Si costitui' anche ANAS S.p.a., resistendo alla proposta opposizione. Venne ammessa ed esperita' prova testimoniale. All'esito, il Tribunale di Roma, con sentenza del 20 giugno 2014, accolse l'opposizione, qualificando il rapporto tra Angelucci ed Anas a tempo indeterminato sin dall'8 novembre 2010 (per nullita' della clausola appositiva del termine) e dichiarando la nullita' del licenziamento in data 27.9.12. Ordino', conseguentemente, al Ministero opposto di reintegrare l'Angelucci nel posto di lavoro precedentemente occupato in Anas con il medesimo inquadramento e condanno' Ministero ed Anas, in solido tra loro ex art. 2112 C.C., al risarcimento del danno nella misura delle retribuzioni maturate, oltre accessori e versamenti previdenziali ed alle spese processuali. Con atto depositato in Cancelleria in data 12 dicembre 2014 il Ministero ha proposto reclamo avverso detta sentenza, chiedendo disporsi la sospensione del giudizio ex art. 295 C.P.C. in ragione della pendente questione di illegittimita' costituzionale, strettamente collegata alla propria legittimazione passiva; ha reiterato l'eccezione di inapplicabilita' del c.d. rito Fornero alla fattispecie nonche' di difetto di legittimazione passiva. Infine, ha contestato la violazione dell'art. 22 comma 36 L. n. 724/94 in ordine al cumulo' erroneamente disposto dal giudice dell'opposizione. Si e' costituita ANAS eccependo, preliminarmente, la tardivita' del reclamo, atteso che il termine di 30 giorni previsto dall'art. l comma 58 L. n. 92/12 era decorso sin dalla comunicazione via pec a cura della Cancelleria del Tribunale di Roma in data 20.6.14, avente ad oggetto la sentenza reclamata. Si e' poi opposta alla chiesta sospensione del giudizio, condividendo - invece - con il Ministero l'eccezione di inapplicabilita' del rito prescelto dall'Angelucci. Ha, quindi, svolto in via Subordinata reclamo incidentale, eccependo la decadenza ex. art. 32 L. n. 183/10 per i soli contratti di somministrazione e deducendo la piena legittimita' dei contratti di somministrazione e a termine, intercorsi con il lavoratore. Ritiene il Collegio che, prima di affrontare la questione di illegittimita' costituzionale - sollevata da parte reclamante principale - occorre accennare alla ritenuta inconsistenza di alcune questioni preliminari. Prima tra queste e' la delibazione sulla eccezione di tardivita' del reclamo proposta dalla societa' costituita. E' incontestato che il reclamo ex art. 1 comma 58 L. n. 92/12, quale mezzo di impugnazione, previsto dalla normativa citata, sia sostanzialmente un appello, come tale strutturato. Tuttavia la denominazione reclamo esprime, in modo evidente, il favor legislativo per una celerita' del rito, quale rinveniente anche dalle prescrizioni per lo stesso fissate. In tale solco interpretativo, proprio dell'orientamento maggioritario, dal quale questo Collegio non ha motivo di discostarsi, si pone la previsione, invocata dalla difesa della reclamata ANAS a Sostegno della propria eccezione di decadenza, dell'art l comma 58 L. 92 appunto. Recita tale norma: "contro la sentenza che decide il ricorso e' ammesso reclamo davanti alla Corte d'Appello. Il reclamo si propone con ricorso da depositare, a pena di decadenza, entro trenta giorni dalla comunicazione, o dalla notificazione se anteriore". Ebbene, nel caso di specie, la sentenza del Tribunale e' stata depositata in data 12.6.14 ed e' stata comunicata in data 20 giugno 2014 a mezzo pec ai difensori di tutte le parti costituite in giudizio (v. all. n. 1 di ANAS S.P.A. nel fascicolo di questo grado di giudizio). In tal senso vi e' la documentazione prodotta dalla parte reclamata, a sostegno appunto della propria eccezione, comprovante l'invio della predetta sentenza in forma integrale, come risulta dalla indicazione «notifica» (a differenza delle altre comunicazione, denominate «biglietto di cancelleria») ivi contenuta, e dalla presenza appunto della predetta per tutti i difensori. In realta', sotto tale aspetto, il reclamante, in sede di discussione orale dinnanzi a questa Corte, ha escluso che sia mai pervenuta alcuna comunicazione e/o notifica presso il protocollo informatico del Ministero. Ora, non ignora il Collegio quanto di recente statuito dalla Corte di Legittimita' a proposito della novita'; legislativa contenuta nell'art. 45 comma 1 DL n. 90/14 conv. in L. n. 114/14 che, intervenendo sull'art. 133 comma 2 C.P.C., ha escluso che la comunicazione di cancelleria - anche se ha per oggetto il testo integrale della sentenza - non e' idonea a far decorrere i termini per l'impugnazione ex art. 325 C.P.C. Ebbene, con la sentenza n. 23526/14 l'Alto Consesso ha cosi' precisato: «La novella del secondo comma dell'art. 133 cod. proc. civ., operata con l'art. 45, comma 1, lett. b), del d.l. 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modificazioni in legge 11 agosto 2014, n. 114, secondo cui la comunicazione, da parte della cancelleria, del testo integrale del provvedimento depositato non e' idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all'art. 325 cod. proc. civ., e' finalizzata a neutralizzare gli effetti della generalizzazione della modalita' telematica della comunicazione, se integrale, di qualunque tipo di provvedimento, ai fini della normale decorrenza del termine breve per le impugnazioni, solo nel caso di atto di impulso di controparte, ma non incide sulle norme processuali, derogatorie e speciali (come l'art. 348-ter terzo comma, cod. proc. civ., nella parte in cui fa decorrere il termine ordinario per proporre il ricorso per cassazione avverso il provvedimento di primo grado dalla comunicazione dell'ordinanza che dichiara l'inammissibilita' dell'appello ai sensi dell'art. 348-bis cod. proc. che ancorino la decorrenza del termine breve di impugnazione alla mera comunicazione di un provvedimento da parte della cancelleria, senza che rilevi che la comunicazione sia integrale o meno.». Affermando tale principio - del tutto condiviso da questo Collegio - la Suprema Corte ha definitivamente chiarito le questioni dibattute prima dell'entrata in vigore della novella chiarificatrice in ordine alla idoneita' o meno delle comunicazioni di cancelleria tramite PEC ex art. 16 D.L. 179/12 ai fini della decorrenza dei termini di impugnazione e - per quanto qui interessa - ha anche evidenziato come restano fuori da tale dibattito le ipotesi speciali gia' volute dal legislatore come derogatorie alla regola generale di cui al citato art. 133 C.P.C. Ed allora, proprio in ossequio alla 'celerita' del rito voluta dal legislatore, la norma gia' sopra riportata impone il rispetto del termine 30 giorni a partire dalla detta comunicazione di cancelleria (a prescindere dall'allegazione o meno del testo integrale della sentenza), a differenza della regola generale. Ed infatti, solo in mancanza di comunicazione e notificazione di parte viene richiamato il termine semestrale ex art. 327 C.P.C. che, per le ragioni sopra indicate, sin e' applicabile al caso di specie. Invero, tali principi sono perfettamente applicabili solo ove si abbia l'effettiva certezza di una comunicazione non solo inviata ma anche "consegnata" al procuratore della parte presso il proprio indirizzo di posta elettronica certificata. Ebbene, nel caso in esame la comunicazione (o notifica) a cura della cancelleria del Tribunale e' stata inviata all'Avv. Giovanni Carta" presso l'indirizzo PEC dell'ordine degli Avvocati di Roma. In verita' - a prescindere dalla coincidenza o - meno di detto nominativo con il funzionario Giovanni Carta a mezzo del quale (ai sensi dell'art. 417-bis. C.P.C.) il Ministero si e' costituito in primo grado - l'indirizzo di posta elettronica al quale inviare le comunicazioni risultava indicato nel detto atto difensivo del ministero («dgpersonale-div4pee.mit.gov.it»), con la conseguenza che la comunicazione in discussione non e' stata correttamente effettuata e non ha raggiunto lo scopo idoneo a far decorrere il termine "breve" di 30 giorni. Il reclamo, in assenza di altre comunicazioni e/o notificazioni, e' stato tempestivamente depositato nel semestre decorrente dalla pubblicazione della sentenza (12.6.14). Va, poi, affrontata - sempre per ordine logico l'eccezione di inammissibilita' del reclamo principale - (alla quale e' necessariamente connessa l'ammissibilita' del reclamo' incidentale), sollevata preliminarmente dal reclamato Angelucci ai sensi degli artt. 342 e 434 C.P.C., i quale sostiene che il Ministero, nel proporre quello che e' un vero e proprio appello, non ha rispettato i requisiti dettati dall'art. 342 C.P.C. Pur avendo gia' rilevato la natura sostanzialmente di "appello" da riconoscere al reclamo, il Collegio ritiene infondata tale eccezione. E' sufficiente, al riguardo, richiamare il principio - che, di recente, la Suprema Corte di Legittimita' ha affermato in materia: l'art. 434 comma 1, nel testo introdotto dalla L. n. 134/12, in coerenza con il paradigma generale contestualmente introdotto nell'art. 342 C.P.C., non richiede che le deduzioni della parte appellante assumano una determinata forma o ricalchino la decisione appellata con diverso contenuto, ma, in ossequio ad una logica di razionalizzazione delle ragioni dell'impugnazione, impone al ricorrente in appello di individuare in modo chiaro ed esauriente, sotto il profilo della latitudine devolutiva, il quantum appellatum e di circoscrivere l'ambito del giudizio di gravame, con riferimento non solo agli specifici capi della sentenza del Tribunale, ma anche ai passaggi argomentativi che li sorreggono; sotto il profilo qualitativo, argomentazioni che vengono formulate devono proporre le ragioni: di dissenso rispetto al percorso adottato dal primo giudice ed esplicitare in che senso tali ragioni siano idonee a determinare le modifiche della statuizione censurata chieste dalla parte, senza che tali deduzioni debbano assumere una determinata forma o ricalcare la sentenza appellata con diverso contenuto. Quindi, il ricorso in appello puo' anche riproporre le argomentazioni gia' svolte in primo grado, purche' esse siano comunque funzionali a supportare le censure proposte nei confronti di specifici passaggi argomentativi della sentenza appellata (v. Cass. n. 2143/15). Il Ministero reclamante ha riproposto sia la questione pregiudiziale di legittimita' costituzionale, sia l'eccezione di difetto di legittimazione passiva, contestando in ogni caso la fondatezza della domanda attrice originaria anche con riferimento all'ammissibilita' del rito speciale scelto. Ne consegue che dal tenore complessivo dell'atto introduttivo di questo grado di giudizio ben si colgono le ragioni dell'impugnazione e, conseguentemente, quanto devoluto alla delibazione di questa Corte. Infine, in ordine alla ammissibilita' del rito prescelto (questione sollevata sia dal Ministero sia da ANAS nei rispettivi reclami), si osserva quanto segue. Orbene, deve essere evidenziato che la questione relativa alla correttezza della scelta del rito va risolta, cosi' come accade per l'eccezione di incompetenza, alla stregua della prospettazione dell'attore o del ricorrente, ossia base al contenuto della domanda giudiziale, salvo che nei casi in cui la prospettazione ivi contenuta appaia "prima facie" artificiosa e finalizzata soltanto a sottrarre la cognizione della causa al giudice predeterminato per legge" (Cass. 17 maggio 2007 n. 11415 e negli stessi termini, piu' di recente, Cass. n. 8189/2012). Detto criterio e' stato piu' volte affermato dalla Corte di Cassazione nelle decisioni aventi ad oggetto l'assegnazione delle controversie alla competenza (quando esisteva la suddivisione tra Pretore e Tribunale) e al rito del lavoro. Nell'enunciare il principio di diritto in ordine al criterio della prospettazione, la Corte ha sovente posto l'accento sul rilievo che non risulti evidente una artificiosa allegazione da parte dell'attore al fine di sottrarre la causa al fine di operare "una non consentita scelta del rito e del giudice" (Cass. 13 febbraio 1990 n. 1059, Cass., n. 4662/1997), costituendo esclusivo compito del giudicante di attribuire la natura giuridica ai fatti esposti dall'attore tenendo conto della reale consistenza della posizione soggettiva dedotta o della materia cui inerisce. Dal principio discende che, qualora il ricorrente impugni un atto indicato quale licenziamento, invocando l'applicazione della tutela reintegratoria o comunque di una delle tutele previste dal novellato art. 18 non puo' porsi questione di ammissibilita' del rito prescelto, sicche' il giudice, ove ritenga infondata la domanda formulata per difetto dei necessari elementi costitutivi del diritto, dovra' respingerla nel merito. Orbene, rileva la Corte che, nel caso in esame, il lavoratore ha chiesto giudizialmente la tutela ex art. 18 della legge n. 300/1970, senza che possa parlarsi di una "artificiosa allegazione", ma qualificando chiaramente la lettera dell'ANAS come atto di licenziamento: non puo', dunque, porsi una questione di ammissibilita' del rito, in base ai principi sopra esposti. Inoltre, l'Angelucci - come risulta all'evidenza dalle conclusioni sopra riportate - insistendo sulla illegittimita' dei contratti di somministrazione ed a termine ha sempre e comunque richiesto la reintegra nel posto di lavoro e il pagamento delle retribuzioni maturate dalla cessazione fino alla effettiva reintegra. Come correttamente ritenuto dal giudice del giudizio di opposizione, l'Angelucci ha proposto una azione di accertamento della nullita' del termine apposto al rapporto, chiedendo la tutela ex art. 18 della legge n. 300/1970. Pertanto tale domanda, secondo il sopra citato principio della prospettazione, e' ammissibile. Ora, il primo motivo di gravame - come si e' gia' detto - contiene la istanza di sospensione del processo ex art. 295 C.P.C. in ragione della pendenza della questione di illegittimita' costituzionale sollevata dal TAR Lazio con ordinanza 18.3.14 con riferimento all'art. 36 D.L. n. 98/11, all'art. 11 D.L. n. 216/11 e all'art. 11 D.L. n. 95/12, per violazione degli artt. 3, 97 e 51 della Costituzione, nella parte in cui dette norme hanno disposto il trasferimento, con decorrenza 31.5.12, del personale ANAS in servizio presso l'ufficio IVCA, dapprima all'Agenzia per le Infrastrutture Stradali ed Autostradali e poi alla struttura di vigilanza sulle concessionarie autostradali del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti. La rilevanza della questione nel presente giudizio - ha dedotto il MIT - e' rappresentata dal fatto che, in caso di soluzione positiva dinanzi alla Corte costituzionale (con conseguente caducazione della norma), si determinerebbe il difetto di legittimazione passiva del MIT rispetto alle domande azionate nel presente giudizio, con conseguente estromissione dell'amministrazione statale come dalla stessa richiesto. L'istanza di sospensione, peraltro, era gia' stata proposta nel giudizio di opposizione: al riguardo, il reclamo contiene motivo di impugnazione in ordine all'omessa pronuncia del giudice di prime cure. Tale doglianza e' fondata, sicche' l'istanza deve essere - per la prima volta - esaminata in questa fase di giudizio, ancora prima di dover affrontare la questione dell'ammissibilita' o meno del rito. Cio' in quanto l'idea che la questione di costituzionalita' sia caratterizzata dal requisito della "penultimita' necessaria", (che implicherebbe per il giudice rimettente la necessita' di decidere tutte le questioni che la precedono nell'ordine logico), e' scartata dalla stessa Corte costituzionale, la quale non si mostra propensa ad accogliere eccezioni di irrilevanza sollevate dalle parti e tese a dimostrare che il giudizio poteva essere definito indipendentemente dalla questione proposta. In sede di esame della sussistenza della rilevanza, la Corte costituzionale non provvede a sindacare, con proprie valutazioni, l'iter logico seguito dal rimettente nell'impostazione prescelta; esercita, piuttosto, il consueto controllo di sufficiente e non arbitraria motivazione, verificando che ricorra una ragionevole possibilita' che la disposizione denunciata sia applicabile ai fini della definizione del giudizio a quo. Ecco, allora, che la ragionevole possibilita' di applicare la norma emerge - in primo luogo - gia' nella verifica della regolare costituzione del contraddittorio e, quindi, dell'effettiva o meno legittimazione passiva del Ministero, questione che e' decisamente pregiudiziale. A cio' si aggiunga che la domanda dell'Angelucci e' di ripristino di un rapporto di lavoro che, proprio in ragione della norma denunciata, deve essere attuato (come gia' affermato dal giudice di prime cure) nei confronti del Ministero, quale successore ex lege di ANAS, originario datore di lavoro dell'Angelucci. E' evidente che la pronuncia della Corte costituzionale su tale normativa (che ha stabilito la detta successione tra gli enti) si inserisce necessariamente nella definizione del giudizio. Ed allora deve darsi atto del dibattito processuale in ordine alla detta questione di illegittimita' costituzionale. ANAS S.P.A. ha dedotto che la norma che ha imposto il trasferimento al MIT di tutte le competenze precedentemente attribuite all'IVC, compreso il personale in servizio presso detta struttura e' norma di fonte legale, avente carattere eccezionale, di deroga al principio dell'accesso al pubblico impiego tramite concorso in casi limitati e circostanziati (personale gia' addetto al servizio) e ragionevole in quanto persegue lo scopo di salvaguardare le professionalita' assegnate stabilmente al servizio; ha concluso, quindi, per la non manifesta infondatezza della questione, opponendosi comunque alla sospensione del giudizio. Angelucci, dal canto suo, si e' opposto alla chiesta sospensione, richiamando il consolidato orientamento della Corte di Legittimita' sulla materia, secondo il quale l'organo giudicante in tali casi ha una sola alternativa, quella tra la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e la prosecuzione del giudizio in corso, non essendovi una terza "via". Ha, quindi, invocato i principi del giusto processo e della ragionevole durata ex art. 111 Cost., sostenendo che una eventuale pronuncia della Consulta non riguarderebbe la sua posizione; potendo vantare comunque un diritto a vedersi reintegrare da ANAS. Rileva il Collegio che quest'ultima valutazione appare a dir poco "egoistica" e non rispettosa del giusto contraddittorio, atteso che l'Angelucci lungi dall'aver "ridotto" la propria domanda rinunciando a svolgerla nei confronti del MIT (ancora in questo grado di giudizio invoca l'originaria tutela azionata) o dall'aver rinunciato ad azionare il titolo ottenuto in sede di opposizione nei confronti del MIT. Peraltro, la rilevanza della questione non deve essere valutata secondo gli effetti "pratici", che essa implica, quanto sotto il profilo del ragionamento logico-giuridico che l'organo giudicante deve percorrere per giungere alla decisione finale. Per queste ragioni la questione - risulta evidentemente rilevante, gia' per il solo fatto che sia stata sollevata in altro giudizio. Giova pure ricordare che, contrariamente a quanto affermato dall'Angelucci, la eventuale caducazione della norma da parte della Corte costituzionale non potrebbe operare una volta che il giudizio sia terminato con passaggio in giudicato della pronuncia eventualmente a lui favorevole; in sostanza, quell'effetto caducatorio "ex tunc" - richiamato dall'Angelucci - opera solo sui processi pendenti, con la conseguenza che, qualora la pronuncia della Corte costituzionale giungesse dopo il passaggio in giudicato del titolo esecutivo nei confronti del Ministero, si perverrebbe alla situazione paradossale che quest'ultimo, pur non obbligato ne' legittimato a quel rapporto di lavoro, dovrebbe "subire" l'instaurazione del rapporto per provvedimento giudiziale che ha applicato - evidentemente - una norma successivamente caducata. E' consapevole, poi, la Corte che l'Alto Consesso ha piu' volte affermato che non e' sufficiente prendere atto della pendenza di un giudizio su di una questione ritenuta rilevante davanti alla Corte costituzionale per poter, poi, procedere ad una sospensione ex art. 295 C.P.C. non necessaria (prima di altra motivazione) e che se il giudice la ritiene rilevante, deve a sua volta investire la Corte costituzionale, disponendo la sospensione del giudizio. In altri termini, la sospensione del giudizio come conseguenza della detta pregiudiziale presuppone necessariamente che venga sollevata la relativa questione senza che possa valere per giustificare una sospensione ex art. 295 C.P.C. l'efficacia "erga omnes" della decisione con eventuale dichiarazione di illegittimita' costituzionale (v. Cass. 16198/13; Cass. 2946/09; Cass. 24947/06). Ne consegue che questo Collegio, una volta evidenziata per le ragioni sopra esaminati la rilevanza della questione nel presente giudizio, deve pervenire ad una delibazione sulla manifesta fondatezza o meno della questione medesima. Sul Punto, non puo' che condividersi quanto gia' affermato dal TAR LAZIO nell'ordinanza 18.3.14 n. 138 del registro della Corte costituzionale, che - allo stato - non risulta aver ancora fissato udienza. Ai sensi dell'art. 7, comma 3, D.L. n. 138/2002, l'Anas e' il gestore della rete stradale ed autostradale italiana di interesse nazionale. E' una societa' per azioni il cui socio unico e' il Ministero dell'economia e delle finanze ed e' sottoposta al controllo ed alla vigilanza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Fino al 30 settembre 2012, l'Anas ha svolto altresi' le funzioni di concedente della rete autostradale a pedaggio e di vigilanza sulle societa' concessionarie. Quest'ultima attivita', in particolare, veniva svolta dall'Anas attraverso uno dei suoi uffici, ovvero l'Ispettorato Vigilanza Concessioni Autostradali (IVCA). Presso tale Ufficio ha prestato il proprio servizio l'Angelucci. L'IVCA era l'Ufficio di Anas istituzionalmente deputato a verificare l'esatto adempimento, da parte delle Societa' concessionarie, degli obblighi previsti dalle convenzioni di concessione e dagli annessi Allegati, compresi i piani economico-finanziari; in particolare, era deputato a verificare la puntuale attuazione dei programmi d'investimento e di quelli relativi agli interventi manutenzione e completamento della rete autostradale ed a verificare i livelli di qualita' delle autostrade e dei servizi in esse offerti. Inoltre, l'IVCA provvedeva alla verifica annuale delle tariffe e alla definizione degli standard di progettazione, manutenzione e costruzione per il mantenimento di adeguati livelli di sicurezza sulle autostrade, nel rispetto delle condizioni contrattuali e della normativa vigente e secondo le linee di indirizzo stabilite dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. L'Ufficio, pertanto, oltre a svolgere rilevanti compiti istituzionalmente affidati ad Anas (attivita' di aggiornamento/rinnovo dei rapporti convenzionali e/o dei piani economico finanziari in essere), cooperava con altre Strutture che espletavano le funzioni proprie del soggetto Concedente. I predetti Uffici svolgevano, quindi, mansioni comuni all'Ufficio IVCA ed i relativi dipendenti possedevano (e posseggono) le stesse competenze professionali dell'odierno ricorrente. Con il D.L. n. 98/2011, convertito in L. n. 111/2011, sono state tra l'altro dettate disposizioni in materia di riordino dell'Anas. Per quel che qui interessa, l'art. 36 D.L. n. 98/2011 s.m.i. prevede che «a decorrere dal 1 gennaio 2012 e' istituita, ai sensi dell'art. 8 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e con sede in Roma, l'Agenzia per le infrastrutture stradali e autostradali. [...] Entro la data del 30 settembre 2012, l'Agenzia subentra ad Anas S.p.a. nelle funzioni di concedente per le convenzioni in essere alla stessa data». Il comma 5 del predetto art. 36 D.L. n. 98/2011 s.m.i. prevede che «relativamente alle attivita' e ai compiti di cui al comma 2, l'Agenzia esercita ogni competenza gia' attribuita in materia all'Ispettorato di vigilanza sulle concessionarie autostradali e ad altri uffici di Anas S.p.a. ovvero ad uffici di amministrazioni dello Stato, i quali sono conseguentemente soppressi a decorrere dal 1° gennaio 2012. Il personale degli uffici soppressi con rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, in servizio alla data del 31 maggio 2012, e' trasferito all'Agenzia, per formarne il relativo ruolo organico. [...] Al personale trasferito (pertanto dall'Anas all'Agenzia) si applica la disciplina dei contratti collettivi nazionali relativi al comparto Ministeri e dell'Area I della dirigenza. Il personale trasferito mantiene il trattamento economico fondamentale ed accessorio, limitatamente alle voci fisse e continuative, corrisposto al momento del trasferimento, nonche' l'inquadramento Previdenziale. Nel caso in cui il predetto trattamento economico risulti piu' elevato rispetto: quello previsto e' attribuito per la differenza un assegno ad personam riassorbibile con i successivi miglioramenti economici a qualsiasi titolo conseguiti. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze ed il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione si procede alla individuazione delle unita' di personale da trasferire all'Agenzia e alla riduzione delle dotazioni organiche e delle strutture delle amministrazioni interessate al trasferimento delle funzioni in misura corrispondente al personale effettivamente trasferito. Con lo stesso decreto e' stabilita un'apposita tabella di corrispondenza tra le qualifiche e le posizioni economiche del personale assegnato all'Agenzia». L'art. 36, comma 5, insomma, ha concretamente e specificamente individuato i dipendenti che avrebbero dovuto essere trasferiti alla costituenda Agenzia, identificandoli in tutti i titolari di un rapporto di lavoro subbrdinato a tempo indeterminato, in servizio alla data del 31 maggio 2012 presso l'Ufficio in questione ed altri uffici Anas titolari di compiti e competenze analoghi e/o altre PP.AA. la cui attivita' era destinata a confluire nell'Agenzia. L'istituzione dell'Agenzia ha incontrato diversi ostacoli nel corso del suo iter approvativo, cosi' che i termini previsti per l'adozione del suo Statuto sono stati piu' volte prorogati, dapprima fino al 31 Marzo 2012 (art. 11 D.L. n. 216/2011, convertito in L. n. 14/2012), poi fino al 31 luglio 2012 (L. 14/2012) e da ultimo fino al 30 settembre 2012 (art. 12 D.L. n. 95/2012, convertito in L. n. 13512012). Si noti che, ai sensi dell'art. 11 D.L. n. 216/2011, come modificato dall'art. 12 D.L. n. 95/2012; «fino alla data di adozione dello statuto dell'Agenzia per le infrastrutture stradali autostradali, e comunque non oltre il 30 settembre 2012, le finzioni e i compiti ad essa trasferiti ai sensi dell'art. 36 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e successive modificazioni, continuano ad essere svolti dai competenti uffici delle Amministrazioni dello Stato e dall'Ispettorato di vigilanza, sulle concessionarie autostradali e dagli altri uffici di Anas S.p.a. In caso di mancata adozione, entro il predetto termine, dello statuto e del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di, cui all'art. 36, comma 5, settimo periodo, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, l'Agenzia e' soppressa e le attivita' e i compiti gia'; attribuiti alla medesima sono trasferiti al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti a decorrere dal 1° ottobre 2012, che rimane titolare delle risorse Previste dall'art. 36, comma 5, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, cui sono contestualmente trasferite le risorse finanziarie umane e strumentali relative all'ISpettorato di vigilanza sulle concessionarie autostradali di cui al medesimo comma 5». Non essendo stato ancora adottato lo Statuto dell'Agenzia nonostante i ripetuti rinvii, ed approssimandosi il termine previsto dalla legge per il trasferimento delle funzioni e dei dipendenti Anas in servizio presso Ufficio IVCA al Ministero, l'Anas ha inviato a questi ultimi la nota 27 settembre 2012 con la quale comunicava che «con decorrenza 17 ottobre 2012, ai sensi dell'art. 11 comma 5 del D.L. n. 216/2011, la titolarita' del contratto di lavoro e' trasferita ex lege e senza soluzioni di continuita' da Anas al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Il Ministero provvedera' a comunicare le necessarie istruzioni operative e a fornire le informazioni relative al rapporto di lavoro». Successivamente, con il decreto ministeriale 1° ottobre 2012, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha istituito al suo interno la Struttura di vigilanza sulle concessionarie autostradali (d'ora innanzi anche solo Struttura), alla quale sono state affidate le funzioni che avrebbero dovuto essere svolte dall'Agenzia per le infrastrutture stradali ed autostradali (ovvero sostanzialmente quelle di concedente della rete autostradale e di vigilanza sulle Concessionarie). Presso tale Struttura e' stato trasferito unicamente personale Anas a tempo indeterminato in servizio presso l'Ufficio IVCA alla data del 31 maggio 2012. Ai sensi dell'art. 4, commi 2 e 3, del predetto D.M., «fino al definitivo inquadramento con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, il personale in servizio presso l'Ispettorato di Vigilanza sulle concessionarie autostradali alla data del 3l maggio 2012 con rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato prosegue la propria attivita' presso le attuali sedi di servizio continuando a svolgere i compiti attribuiti. Al personale trasferito si applica la disciplina dei Contratti Collettivi nazionali relativi al comparto Ministeri e all'Area I della dirigenza. Il personale trasferito mantiene il trattamento economico fondamentale ed accessorio, limitatamente alle voci fisse e continuative, corrisposto al momento del trasferimento, nonche' l'inquadramento previdenziale. Nel caso in cui il trattamento economico risulti piu' elevato rispetto a quello previsto, e' attribuito per la differenza un assegno ad personam riassorbibile con i successivi miglioramenti economici a qualsiasi titolo conseguiti». Come rilevato, ai sensi degli artt. 36 D.L. n. 98/2011 s.m.i., 11 D.L. n. 216/2011 e 12 D.L. n. 95/2012, il personale Anas in servizio presso IVCA alla data del 31 maggio 2012 con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, e' transitato alle dipendenze della neo istituita Struttura di vigilanza sulle concessionarie autostradali presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Simili disposizioni, che hanno comportato il trasferimento tout court nel ruolo ministeriale di parte del personale dipendente da Anas S.p.A., senza il previo superamento di un pubblico concorso violano all'evidenza i principi di uguaglianza, buon andamento e imparzialita' della P.A., nonche' il principio dell'accesso ai pubblici impieghi mediante pubblico concorso. Costituisce pacifico insegnamento della Corte costituzionale quello secondo cui l'accesso ai pubblici impieghi tramite concorso pubblico costituisce una regola generale «posto a tutela non solo dei potenziali aspiranti, ma anche dell'interesse pubblico alla scelta dei candidati migliori, nonche' all'imparzialita' e al buon andamento della pubblica amministrazione» (cfr., ex plurimis, Corte cost.; 21 marzo 2012, n. 62; id. 23 febbraio 2012, n. 30; id. 23 novembre 2011, n. 310; id. 10 maggio 2005, n. 190). E' evidente, pertanto, la violazione dell'art. 97 Cost., oltre che degli artt. 3 e 51 Cost. Considerato che il Collegio, alla luce delle argomentazioni del Ministero reclamante, ritiene rilevante (come gia' evidenziato sopra) e non manifestamente infondata la questione di illegittimita' costituzionale degli artt. 36 D.L. n. 98/2011, convertito in L. n. 111/2011, s.m.i., 11 D.L. n. 216/2011, convertito in L. n. 14/2012, e 12 D.L. n. 95/2012, convertito in L. n. 135/2012, per violazione degli artt. 3, 97 e 51 Cost. nella parte in cui hanno disposto sic et simpliciler il trasferimento del personale Anas in servizio presso l'Ufficio IVCA alla data del 31 maggio 2012 dapprima all'Agenzia per le infrastrutture stradali ed autostradali e poi alla struttura, in evidente violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione in considerazione che i dipendenti Anas destinatari del trasferimento sono stati inquadrati senza pubblico concorso addirittura in un Ministero. Considerato che la Corte costituzionale si e' recentemente espressa in fattispecie analoga (Corte cost., 23 luglio 2013, n. 227) affermando che «E' costituzionalmente illegittimo l'art. 54 della L.R. 9 agosto 2012, n. 16, Friuli-Venezia Giulia (Interventi di razionalizzazione e riordino di enti, aziende e agenzie della Regione), in quanto lo strumento prescelto dal legislatore regionale, ossia il trasferimento automatico del personale della disciolta societa' Gestione Immobili Friuli-Venezia Giulia (previa una prova selettiva solo eventuale) alle dipendenze dell'amministrazione regionale, limita del tutto sproporzionato. E cio' in quanto l'area delle eccezioni alla regola del concorso, a tutto voler concedere, dev'essere rigorosamente delimitata e non puo' risolversi in una indiscriminata e non, previamente verificata immissione in ruolo di personale esterno attinto da bacini predeterminati. Sicche', le scarne ed incerte garanzie approntate dalla norma impugnata (ricognizione dei requisiti per accedere ai ruoli dell'amministrazione regionale ed ipotetica prova selettiva) si palesano inidonee ad assicurare una seria verifica delle capacita' professionali dei lavoratori reclutati dalla Regione all'esterno, seppure provenienti da una societa' privata strumentale facente parte del suo apparato cosiddetto "parallelo". Pertanto, in mancanza di un concorso pubblico, l'accesso del personale proveniente dalla Gestione Immobili Giulia S.p.a. all'impiego- di ruolo presso l'amministrazione regionale, senza alcuna certezza di un serio filtro selettivo, si pone in contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost., donde l'illegittimita' costituzionale dell'art. 54 della L.R. n. 16 del 2012, Friuli-Venezia Giulia». Ne' convince la tesi dell'Angelucci, quando afferma che altre disposizioni di legge- anche successive a quella in esame - hanno disposto trasferimenti di personale senza concorso pur di salvaguardare il posto di lavoro e, quindi, uri attuazione di superiori esigenze di interesse pubblico. Orbene, in primo luogo, il fatto che il legislatore abbia operato immissioni in organico senza pubblico concorso anche in casi diversi da quello in esame non esime il Collegio dal verificare se sussistano le ragioni comunque eccezionali richieste dall'art. 97 Cost. Sul punto e' utile richiamare istituti come lo scorrimento di graduatorie o la riammissione in servizio (art. 132 TU 3/57) per comprendere come, pur essendo strumenti diversi dal superamento di un concorso che precede l'assunzione, in ogni caso presuppongono verifiche che la P.A. ha gia' eseguito in virtu' di un precedente concorso. Ancora, in tema di c.d. "stabilizzazioni" del personale precario della Pubblica Amministrazione (v. art. 1, comma 519, della legge 27 dicembre 2006, n.296 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2007), la Corte costituzionale ha avuto occasione (v. Corte Cost. n. 303/10) di evidenziare come trattasi di strumenti eccezionali che, pero', presuppongono (ai fini della stabilizzazione, appunto) un «requisito minimo ai fini dell'accertamento della professionalita'» come il superamento di una qualsiasi prova selettiva, o il possesso di requisiti minimi attitudinali come ad esempio, il servizio gia' prestato presso la P.A. si da rendere il dipendente munito di comprovata e aggiornata professionalita' (v. anche ordinanza n. 70 del 2009). Ben diverso, allora, il caso in esame, nel quale i dipendenti di ANAS appartenenti a quel peculiare ufficio - trasferito ex lege al MIT - sono stati a loro volta trasferiti presso quest'ultimo senza alcuna verifica neppure minimale circa i requisiti attitudinali e, quindi, senza alcuna selezione. Ne consegue che, alla luce delle considerazioni finora esposte, il presente procedimento deve essere sospeso, con contestuale rimessione della questione di costituzionalita' dedotta alla Corte costituzionale.
P. Q. M. La Corte di Appello di Roma - Sezione Lavoro, disponendo la sospensione del giudizio e visti gli artt. 134 Cost.; 1 L. cost. 9 febbraio 1948, n. 1, 23 L. 11 marzo 1953, n. 87: dichiara rilevante e non manifestamente infondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 36 D.L. n. 98/2011, convertito in L. n. 111/2011, s.m.i., 11 D.L. n. 216/2011, convertito in L. n. 14/2012, e 12 D.L. n. 95/2012, convertito in L. n. 135/2012, per violazione degli artt. 3, 97 e 51 Cost. nella parte in cui hanno disposto sic et simpliciter il trasferimento del personale Anas in servizio presso l'Ufficio IVCA alla data del 31 maggio 2012 dapprima all'Agenzia per le Infrastrutture stradali ed autostradali e poi alla Struttura; ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; ordina che a cura della Cancelleria della Sezione la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa, al Presidente del Consiglio dei ministri nonche' comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Cosi' deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 febbraio 2015 Il Presidente: Tatarelli Il Consigliere Estensore: Delle Donne