N. 64 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 febbraio 2015

Ordinanza  del 18 febbraio 2015 della Corte  d'appello  di  Roma  sul
reclamo proposto da Ministero delle infrastrutture  e  dei  trasporti
contro ANAS Spa e Angelucci Domenico. 
 
Impiego pubblico - Trasferimento  del  personale  ANAS,  in  servizio
  presso   l'ufficio   IVCA   (Ispettorato   Vigilanza    Concessioni
  Autostradali), alla data del 31 maggio 2012, prima all'Agenzia  per
  le Infrastrutture stradali e poi alla Struttura presso il Ministero
  delle infrastrutture e dei trasporti - Violazione dei  principi  di
  uguaglianza,  del  concorso  pubblico  per  l'accesso  ai  pubblici
  impieghi  e  di  imparzialita'  e  buon  andamento  della  pubblica
  amministrazione. 
- Decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con  modificazioni,
  nella legge 15 luglio 2011,  n.  111,  art.  36;  decreto-legge  29
  dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni,  nella  legge
  24 febbraio 2012, n. 14, art. 11; decreto-legge 6 luglio  2012,  n.
  95, convertito, con modificazioni, nella legge 7  agosto  2012,  n.
  135, art. 12. 
- Costituzione, artt. 3, 51 e 97. 
(GU n.17 del 29-4-2015 )
 
                     LA CORTE DI APPELLO DI ROMA 
                     Sezione lavoro e previdenza 
 
    Composta dai Sigg.ri Magistrati: 
        Dott. Tatarelli Maurizio, Presidente 
        Dott. Micciche' Loredana, Consigliere 
        Dott. Delle Donne Maria, Consigliere rel. 
    Ordinanza  nella  controversia  di  lavoro  iscritta  sul   ruolo
generale al n. 5625/14  tra  Ministero  delle  infrastrutture  e  dei
trasporti,  rappresentato  e  difeso -  ex  lege  -   dall'Avvocatura
Generale dello Stato; Reclamante e Reclamato in  via  incidentale;  e
ANAS S.P.A., rappresentata e difesa - per procura in atti - dall'Avv.
A.Maresca;  Reclamata  e  Reclamante  in  via  incidentale;   Nonche'
Angelucci Domenico, rappresentato e difeso - per procura  in  atti  -
dagli Avv.ti A.Necci e F.Minisci; 
 
            Ragioni in fatto e in diritto della decisione 
 
    Con ricorso ex art.  1  legge  n.  92/12  Angelucci  Domenico  si
rivolse al Tribunale di Roma esponendo di  aver  stipulato  con  ANAS
S.P.A. plurimi contratti di  somministrazione  e  contratti  a  tempo
determinato fino al  27  settembre  2012,  data  in  cui  l'ente  gli
comunico' l'estinzione del  rapporto  in  ragione  del  trasferimento
disposto ex art. 36 comma 5 D.L. 98/11 conv. in legge n. 111/11, come
integrato dall'art. 11 comma 5 D.L:  n.  216/11  conv.  in  legge  n.
14/12, del personale addetto  e  delle  funzioni  gia'  facenti  capo
all'I.V.C.A.,  all'Agenzia  per   le   infrastrutture   stradali   ed
autostradali,   compiti   poi   trasferiti   al    Ministero    delle
Infrastrutture e dei Trasporti dal 30 settembre 2012. 
    Dedusse, in particolare, l'illegittimita' sia  dei  contratti  di
somministrazione, sia dei contratti a termine sotto diversi  profili,
qualificando  quale  licenziamento  l'estinzione  del  rapporto,   da
ritenersi in ogni caso atto nullo per violazione di legge  in  quanto
il trasferimento d'azienda non integrava valido motivo di recesso dal
rapporto di lavoro. 
    Chiese,        quindi,         la         declaratoria         di
nullita'/illegittimita'/invalidita'/inefficacia/irregolarita'     dei
detti contratti, con conseguente conversione  in  contratto  a  tempo
indeterminato sin dal 9.2.09 o quanto meno dal 9.11.10; ordinarsi  ad
Anas e/o Ministero convenuto la ricostituzione  del  rapporto  ed  il
pagamento delle retribuzioni maturate, in ogni caso  la  condanna  ex
art. 32  comma  5  legge  n.  183/10;  dichiararsi  il  licenziamento
illegittimo,  con  applicazione  della   tutela"   reintegratoria   e
risarcitoria ex art 18 S.L. nei confronti di  ANAS  o  Ministero;  in
ogni  caso,  accertarsi  il  diritto   al   superiore   inquadramento
professionale;;      in       via       subordinata       dichiararsi
nullo/illegittimo/invalido/annullare   o   comunque   inefficace   il
licenziamento "ante tempus", con diritto al  risarcimento  del  danno
nella misura delle  retribuzioni  maturate  fino  alla  scadenza  del
termine. 
    Si  costitui'  il  Ministero,  opponendosi   alle   domande;   in
particolare, eccepi' la pendenza di identica causa con rito ordinario
ex art. 414 C.P.C., l'inapplicabilita' del rito c.d.  Fornero  ed  il
difetto di legittimazione passiva. 
    Si costitui' altresi'  ANAS  S.P.A.  deducendo  l'inesistenza  di
alcun licenziamento, la legittimita' dei contratti intervenuti. 
    Con ordinanza in data  18  ottobre  2013  il  Tribunale  di  Roma
respinse il ricorso quanto alle domande di tutela ex art. 18  S.L.  e
per le altre domande dispose il mutamento del rito  e  la  fissazione
dell'udienza ex art. 420 C.P.C. 
    Con ricorso  depositato  in  data  14.10.13  l'Angelucci  propose
opposizione avverso tale ordinanza, riproponendo solo le  domande  di
tutela ex art. 18 S.L. 
    Si costitui' l'amministrazione ministeriale, ribadendo le  difese
gia' svolte nella fase sommaria, chiedendo dichiararsi il difetto  di
legittimazione passiva, la decadenza ex art. 32 L. n. 183/10, nonche'
confermarsi l'ordinanza opposta. 
    Con note  autorizzate,  poi,  il  Ministero  chiese  disporsi  la
sospensione del giudizio ex art. 295 C.P.C. avendo il TAR  LAZIO  con
ordinanza 18.3.14 sollevato questione di costituzionalita' in  ordine
alla normativa ex art. 36 comma  5  D.L.  98/11  conv.  in  legge  n.
111/11, come integrato dall'art. 11 comma 5 D.L: n. 216/11  conv.  in
legge n. 14/12. 
    Si  costitui'  anche  ANAS  S.p.a.,  resistendo   alla   proposta
opposizione. 
    Venne ammessa ed esperita' prova testimoniale. 
    All'esito, il Tribunale di Roma, con sentenza del 20 giugno 2014,
accolse l'opposizione, qualificando il rapporto tra Angelucci ed Anas
a tempo indeterminato sin dall'8 novembre 2010  (per  nullita'  della
clausola appositiva  del  termine)  e  dichiarando  la  nullita'  del
licenziamento  in  data  27.9.12.   Ordino',   conseguentemente,   al
Ministero opposto di reintegrare  l'Angelucci  nel  posto  di  lavoro
precedentemente occupato in Anas  con  il  medesimo  inquadramento  e
condanno' Ministero ed Anas, in solido tra loro ex art. 2112 C.C., al
risarcimento del danno  nella  misura  delle  retribuzioni  maturate,
oltre accessori e versamenti previdenziali ed alle spese processuali. 
    Con atto depositato in Cancelleria in data 12  dicembre  2014  il
Ministero ha  proposto  reclamo  avverso  detta  sentenza,  chiedendo
disporsi la sospensione del giudizio ex art. 295  C.P.C.  in  ragione
della   pendente   questione   di   illegittimita'    costituzionale,
strettamente  collegata  alla  propria  legittimazione  passiva;   ha
reiterato l'eccezione di inapplicabilita' del c.d. rito Fornero  alla
fattispecie nonche' di difetto di legittimazione passiva. Infine,  ha
contestato la violazione dell'art. 22 comma 36 L. n. 724/94 in ordine
al cumulo' erroneamente disposto dal giudice dell'opposizione. 
    Si e' costituita ANAS eccependo, preliminarmente,  la  tardivita'
del reclamo, atteso che il termine di 30 giorni previsto dall'art.  l
comma 58 L. n. 92/12 era decorso sin dalla comunicazione  via  pec  a
cura della Cancelleria del Tribunale di Roma in data 20.6.14,  avente
ad oggetto la sentenza reclamata. 
    Si  e'  poi  opposta  alla  chiesta  sospensione  del   giudizio,
condividendo  -  invece   -   con   il   Ministero   l'eccezione   di
inapplicabilita' del rito prescelto dall'Angelucci. 
    Ha,  quindi,  svolto  in  via  Subordinata  reclamo  incidentale,
eccependo la decadenza ex. art. 32 L. n. 183/10 per i soli  contratti
di somministrazione e deducendo la piena legittimita'  dei  contratti
di somministrazione e a termine, intercorsi con il lavoratore. 
    Ritiene il Collegio che, prima  di  affrontare  la  questione  di
illegittimita'  costituzionale  -  sollevata  da   parte   reclamante
principale - occorre accennare alla ritenuta inconsistenza di  alcune
questioni preliminari. 
    Prima tra queste e' la delibazione sulla eccezione di  tardivita'
del reclamo proposta dalla societa' costituita. 
    E' incontestato che il reclamo ex art. 1 comma 58  L.  n.  92/12,
quale mezzo di impugnazione, previsto  dalla  normativa  citata,  sia
sostanzialmente un appello, come tale strutturato. 
    Tuttavia la denominazione reclamo esprime, in modo  evidente,  il
favor legislativo per una celerita' del rito, quale rinveniente anche
dalle prescrizioni per lo stesso fissate. 
    In   tale   solco   interpretativo,   proprio   dell'orientamento
maggioritario,  dal  quale  questo  Collegio   non   ha   motivo   di
discostarsi, si pone  la  previsione,  invocata  dalla  difesa  della
reclamata ANAS a  Sostegno  della  propria  eccezione  di  decadenza,
dell'art l comma 58 L. 92 appunto. 
    Recita tale norma: "contro la sentenza che decide il  ricorso  e'
ammesso reclamo davanti alla Corte d'Appello. Il reclamo  si  propone
con ricorso da depositare, a pena di decadenza, entro  trenta  giorni
dalla comunicazione, o dalla notificazione se anteriore". 
    Ebbene, nel caso di specie, la sentenza del  Tribunale  e'  stata
depositata in data 12.6.14 ed e' stata comunicata in data  20  giugno
2014 a mezzo pec  ai  difensori  di  tutte  le  parti  costituite  in
giudizio (v. all. n. 1 di ANAS S.P.A. nel fascicolo di  questo  grado
di giudizio). 
    In tal  senso  vi  e'  la  documentazione  prodotta  dalla  parte
reclamata, a sostegno appunto della  propria  eccezione,  comprovante
l'invio della predetta sentenza  in  forma  integrale,  come  risulta
dalla indicazione «notifica» (a differenza delle altre comunicazione,
denominate  «biglietto  di  cancelleria»)  ivi  contenuta,  e   dalla
presenza appunto della predetta per tutti i difensori. 
    In realta',  sotto  tale  aspetto,  il  reclamante,  in  sede  di
discussione orale dinnanzi a questa Corte, ha  escluso  che  sia  mai
pervenuta alcuna comunicazione  e/o  notifica  presso  il  protocollo
informatico del Ministero. 
    Ora, non ignora il Collegio  quanto  di  recente  statuito  dalla
Corte  di  Legittimita'  a  proposito  della   novita';   legislativa
contenuta nell'art. 45 comma 1 DL n. 90/14 conv. in L. n. 114/14 che,
intervenendo  sull'art.  133  comma  2  C.P.C.,  ha  escluso  che  la
comunicazione di cancelleria - anche  se  ha  per  oggetto  il  testo
integrale della sentenza - non e' idonea a far  decorrere  i  termini
per l'impugnazione ex art. 325 C.P.C. 
    Ebbene, con la sentenza n.  23526/14  l'Alto  Consesso  ha  cosi'
precisato: «La novella del secondo comma  dell'art.  133  cod.  proc.
civ., operata con l'art. 45, comma 1, lett. b), del  d.l.  24  giugno
2014, n. 90, convertito con modificazioni in legge 11 agosto 2014, n.
114, secondo cui la comunicazione, da parte  della  cancelleria,  del
testo integrale del provvedimento depositato  non  e'  idonea  a  far
decorrere i termini per le impugnazioni  di  cui  all'art.  325  cod.
proc.  civ.,  e'  finalizzata  a  neutralizzare  gli  effetti   della
generalizzazione della modalita' telematica della  comunicazione,  se
integrale, di qualunque tipo di provvedimento, ai fini della  normale
decorrenza del termine breve per le impugnazioni, solo  nel  caso  di
atto  di  impulso  di  controparte,  ma  non   incide   sulle   norme
processuali, derogatorie e speciali (come l'art. 348-ter terzo comma,
cod. proc. civ., nella parte in cui fa decorrere il termine ordinario
per proporre il ricorso per cassazione avverso  il  provvedimento  di
primo  grado  dalla   comunicazione   dell'ordinanza   che   dichiara
l'inammissibilita' dell'appello ai sensi dell'art. 348-bis cod. proc.
che ancorino la decorrenza del termine  breve  di  impugnazione  alla
mera comunicazione di un provvedimento da  parte  della  cancelleria,
senza che rilevi che la comunicazione sia integrale o meno.». 
    Affermando  tale  principio  -  del  tutto  condiviso  da  questo
Collegio - la Suprema Corte ha definitivamente chiarito le  questioni
dibattute prima dell'entrata in vigore della novella  chiarificatrice
in ordine alla idoneita' o meno delle  comunicazioni  di  cancelleria
tramite PEC ex art. 16 D.L.  179/12  ai  fini  della  decorrenza  dei
termini di impugnazione e - per  quanto  qui  interessa  -  ha  anche
evidenziato come restano fuori da tale dibattito le ipotesi  speciali
gia' volute dal legislatore come derogatorie alla regola generale  di
cui al citato art. 133 C.P.C. 
    Ed allora, proprio in ossequio alla 'celerita'  del  rito  voluta
dal legislatore, la norma gia' sopra riportata impone il rispetto del
termine 30 giorni a partire dalla detta comunicazione di  cancelleria
(a prescindere dall'allegazione o  meno  del  testo  integrale  della
sentenza), a differenza della regola generale. 
    Ed infatti, solo in mancanza di comunicazione e notificazione  di
parte viene richiamato il termine semestrale ex art. 327 C.P.C.  che,
per le ragioni sopra indicate, sin e' applicabile al caso di  specie.
Invero, tali principi sono  perfettamente  applicabili  solo  ove  si
abbia l'effettiva certezza di una comunicazione non solo  inviata  ma
anche "consegnata" al  procuratore  della  parte  presso  il  proprio
indirizzo di posta elettronica certificata. 
    Ebbene, nel caso in esame la comunicazione (o  notifica)  a  cura
della cancelleria del Tribunale e' stata  inviata  all'Avv.  Giovanni
Carta" presso l'indirizzo PEC dell'ordine degli Avvocati di Roma.  In
verita'  -  a  prescindere  dalla  coincidenza  o  -  meno  di  detto
nominativo con il funzionario Giovanni Carta a mezzo  del  quale  (ai
sensi dell'art. 417-bis. C.P.C.) il Ministero  si  e'  costituito  in
primo grado - l'indirizzo di posta elettronica al  quale  inviare  le
comunicazioni  risultava  indicato  nel  detto  atto  difensivo   del
ministero («dgpersonale-div4pee.mit.gov.it»), con la conseguenza  che
la comunicazione in discussione non e' stata correttamente effettuata
e non ha raggiunto lo scopo idoneo a far decorrere il termine "breve"
di 30 giorni. 
    Il reclamo, in assenza di altre comunicazioni e/o  notificazioni,
e' stato tempestivamente depositato  nel  semestre  decorrente  dalla
pubblicazione della sentenza (12.6.14). 
    Va, poi, affrontata - sempre per  ordine  logico  l'eccezione  di
inammissibilita'  del   reclamo   principale   -   (alla   quale   e'
necessariamente connessa l'ammissibilita' del reclamo'  incidentale),
sollevata preliminarmente dal  reclamato  Angelucci  ai  sensi  degli
artt. 342 e 434 C.P.C.,  i  quale  sostiene  che  il  Ministero,  nel
proporre quello che e' un vero e proprio appello, non ha rispettato i
requisiti dettati dall'art. 342 C.P.C. 
    Pur avendo gia' rilevato la natura sostanzialmente  di  "appello"
da  riconoscere  al  reclamo,  il  Collegio  ritiene  infondata  tale
eccezione. 
    E' sufficiente, al riguardo, richiamare il principio  -  che,  di
recente, la Suprema Corte di Legittimita' ha  affermato  in  materia:
l'art. 434 comma 1, nel testo  introdotto  dalla  L.  n.  134/12,  in
coerenza  con  il  paradigma  generale   contestualmente   introdotto
nell'art. 342 C.P.C., non  richiede  che  le  deduzioni  della  parte
appellante assumano una determinata forma o ricalchino  la  decisione
appellata con diverso contenuto, ma, in ossequio  ad  una  logica  di
razionalizzazione  delle   ragioni   dell'impugnazione,   impone   al
ricorrente in appello di individuare in modo  chiaro  ed  esauriente,
sotto il profilo della latitudine devolutiva, il quantum appellatum e
di circoscrivere l'ambito del giudizio di  gravame,  con  riferimento
non solo agli specifici capi della sentenza del Tribunale,  ma  anche
ai  passaggi  argomentativi  che  li  sorreggono;  sotto  il  profilo
qualitativo, argomentazioni che vengono formulate devono proporre  le
ragioni: di dissenso rispetto al percorso adottato dal primo  giudice
ed esplicitare in che senso tali ragioni siano idonee  a  determinare
le modifiche della statuizione censurata chieste dalla  parte,  senza
che tali deduzioni debbano assumere una determinata forma o ricalcare
la sentenza appellata con diverso contenuto. Quindi,  il  ricorso  in
appello puo' anche riproporre le argomentazioni gia' svolte in  primo
grado, purche' esse siano comunque funzionali a supportare le censure
proposte nei confronti  di  specifici  passaggi  argomentativi  della
sentenza appellata (v. Cass. n. 2143/15). 
    Il  Ministero  reclamante  ha   riproposto   sia   la   questione
pregiudiziale di  legittimita'  costituzionale,  sia  l'eccezione  di
difetto di  legittimazione  passiva,  contestando  in  ogni  caso  la
fondatezza della domanda attrice  originaria  anche  con  riferimento
all'ammissibilita' del rito speciale scelto. 
    Ne consegue che dal tenore complessivo dell'atto introduttivo  di
questo grado di giudizio ben si colgono le ragioni  dell'impugnazione
e, conseguentemente,  quanto  devoluto  alla  delibazione  di  questa
Corte. 
    Infine,  in  ordine  alla  ammissibilita'  del   rito   prescelto
(questione sollevata sia dal Ministero sia  da  ANAS  nei  rispettivi
reclami), si osserva quanto segue. 
    Orbene, deve essere evidenziato che la  questione  relativa  alla
correttezza della scelta del rito va risolta, cosi' come  accade  per
l'eccezione  di  incompetenza,  alla  stregua  della   prospettazione
dell'attore o del ricorrente, ossia base al contenuto  della  domanda
giudiziale, salvo che nei casi in cui la prospettazione ivi contenuta
appaia "prima facie" artificiosa e finalizzata soltanto  a  sottrarre
la cognizione della causa al giudice predeterminato per legge" (Cass.
17 maggio 2007 n. 11415 e negli  stessi  termini,  piu'  di  recente,
Cass. n. 8189/2012). Detto criterio e'  stato  piu'  volte  affermato
dalla  Corte  di  Cassazione  nelle  decisioni  aventi   ad   oggetto
l'assegnazione delle controversie alla competenza (quando esisteva la
suddivisione  tra  Pretore  e  Tribunale)  e  al  rito  del   lavoro.
Nell'enunciare il principio di diritto in ordine  al  criterio  della
prospettazione, la Corte ha sovente posto l'accento sul  rilievo  che
non risulti evidente una artificiosa allegazione da parte dell'attore
al fine di sottrarre la causa al fine di operare "una non  consentita
scelta del rito e del giudice"  (Cass.  13  febbraio  1990  n.  1059,
Cass., n. 4662/1997), costituendo esclusivo compito del giudicante di
attribuire la natura giuridica ai fatti esposti  dall'attore  tenendo
conto della reale consistenza della posizione  soggettiva  dedotta  o
della materia cui inerisce. 
    Dal principio discende che, qualora il ricorrente impugni un atto
indicato quale licenziamento, invocando l'applicazione  della  tutela
reintegratoria o comunque di una delle tutele previste dal  novellato
art.  18  non  puo'  porsi  questione  di  ammissibilita'  del   rito
prescelto, sicche' il  giudice,  ove  ritenga  infondata  la  domanda
formulata per difetto dei necessari elementi costitutivi del diritto,
dovra' respingerla nel merito. 
    Orbene, rileva la Corte che, nel caso in esame, il lavoratore  ha
chiesto giudizialmente la tutela ex art. 18 della legge n.  300/1970,
senza  che  possa  parlarsi  di  una  "artificiosa  allegazione",  ma
qualificando  chiaramente  la  lettera   dell'ANAS   come   atto   di
licenziamento:   non   puo',   dunque,   porsi   una   questione   di
ammissibilita' del rito, in base ai principi sopra esposti. 
    Inoltre,  l'Angelucci   -   come   risulta   all'evidenza   dalle
conclusioni sopra riportate -  insistendo  sulla  illegittimita'  dei
contratti di somministrazione ed  a  termine  ha  sempre  e  comunque
richiesto la reintegra nel posto  di  lavoro  e  il  pagamento  delle
retribuzioni maturate dalla cessazione fino alla effettiva reintegra. 
    Come  correttamente  ritenuto  dal  giudice   del   giudizio   di
opposizione, l'Angelucci ha proposto una azione di accertamento della
nullita' del termine apposto al rapporto, chiedendo la tutela ex art.
18 della legge n. 300/1970. 
    Pertanto tale domanda, secondo il sopra  citato  principio  della
prospettazione, e' ammissibile. 
    Ora, il primo motivo di  gravame  -  come  si  e'  gia'  detto  -
contiene la istanza di sospensione del processo ex art. 295 C.P.C. in
ragione   della   pendenza   della   questione   di    illegittimita'
costituzionale sollevata dal TAR  Lazio  con  ordinanza  18.3.14  con
riferimento all'art. 36 D.L. n. 98/11, all'art. 11 D.L. n.  216/11  e
all'art. 11 D.L. n. 95/12, per violazione degli  artt.  3,  97  e  51
della Costituzione, nella parte in cui dette norme hanno disposto  il
trasferimento, con decorrenza 31.5.12, del personale ANAS in servizio
presso l'ufficio IVCA, dapprima  all'Agenzia  per  le  Infrastrutture
Stradali ed Autostradali e poi  alla  struttura  di  vigilanza  sulle
concessionarie autostradali  del  Ministero  delle  Infrastrutture  e
Trasporti. 
    La rilevanza della questione nel presente giudizio -  ha  dedotto
il MIT - e'  rappresentata  dal  fatto  che,  in  caso  di  soluzione
positiva  dinanzi  alla   Corte   costituzionale   (con   conseguente
caducazione  della  norma),   si   determinerebbe   il   difetto   di
legittimazione passiva del MIT rispetto  alle  domande  azionate  nel
presente giudizio, con conseguente estromissione dell'amministrazione
statale come dalla stessa richiesto. 
    L'istanza di sospensione, peraltro, era gia' stata  proposta  nel
giudizio di opposizione: al riguardo, il reclamo contiene  motivo  di
impugnazione in ordine all'omessa  pronuncia  del  giudice  di  prime
cure. Tale doglianza e' fondata, sicche' l'istanza deve essere -  per
la prima volta - esaminata in questa fase di giudizio,  ancora  prima
di dover affrontare la questione dell'ammissibilita' o meno del rito. 
    Cio' in quanto l'idea che la questione di  costituzionalita'  sia
caratterizzata dal requisito della  "penultimita'  necessaria",  (che
implicherebbe per il giudice rimettente  la  necessita'  di  decidere
tutte le questioni che la precedono nell'ordine logico), e'  scartata
dalla stessa Corte costituzionale, la quale non si mostra propensa ad
accogliere eccezioni di irrilevanza sollevate dalle parti  e  tese  a
dimostrare che il giudizio poteva essere  definito  indipendentemente
dalla questione proposta. In sede di esame  della  sussistenza  della
rilevanza, la Corte costituzionale  non  provvede  a  sindacare,  con
proprie   valutazioni,   l'iter   logico   seguito   dal   rimettente
nell'impostazione  prescelta;  esercita,   piuttosto,   il   consueto
controllo di sufficiente e non  arbitraria  motivazione,  verificando
che  ricorra  una  ragionevole  possibilita'  che   la   disposizione
denunciata sia applicabile ai fini della definizione del  giudizio  a
quo. 
    Ecco, allora, che la ragionevole  possibilita'  di  applicare  la
norma emerge - in primo luogo - gia' nella  verifica  della  regolare
costituzione del contraddittorio e,  quindi,  dell'effettiva  o  meno
legittimazione passiva del Ministero, questione  che  e'  decisamente
pregiudiziale. 
    A cio' si aggiunga che la domanda dell'Angelucci e' di ripristino
di un  rapporto  di  lavoro  che,  proprio  in  ragione  della  norma
denunciata, deve essere attuato (come gia' affermato dal  giudice  di
prime cure) nei confronti del Ministero, quale successore ex lege  di
ANAS, originario datore di lavoro dell'Angelucci. E' evidente che  la
pronuncia della  Corte  costituzionale  su  tale  normativa  (che  ha
stabilito  la  detta  successione  tra   gli   enti)   si   inserisce
necessariamente nella definizione del giudizio. 
    Ed allora deve darsi atto del  dibattito  processuale  in  ordine
alla detta questione di illegittimita' costituzionale. 
    ANAS  S.P.A.  ha  dedotto  che  la  norma  che  ha   imposto   il
trasferimento  al  MIT  di  tutte   le   competenze   precedentemente
attribuite all'IVC, compreso il personale in  servizio  presso  detta
struttura e' norma di fonte legale, avente carattere eccezionale,  di
deroga al principio dell'accesso al pubblico impiego tramite concorso
in  casi  limitati  e  circostanziati  (personale  gia'  addetto   al
servizio) e ragionevole in quanto persegue lo scopo di  salvaguardare
le professionalita' assegnate stabilmente al servizio;  ha  concluso,
quindi,  per  la  non   manifesta   infondatezza   della   questione,
opponendosi comunque alla sospensione del giudizio. 
    Angelucci, dal canto suo, si e' opposto alla chiesta sospensione,
richiamando il consolidato orientamento della Corte  di  Legittimita'
sulla materia, secondo il quale l'organo giudicante in tali  casi  ha
una sola alternativa, quella tra  la  trasmissione  degli  atti  alla
Corte costituzionale e la prosecuzione del  giudizio  in  corso,  non
essendovi una terza "via". 
    Ha, quindi, invocato i  principi  del  giusto  processo  e  della
ragionevole durata ex art. 111 Cost., sostenendo  che  una  eventuale
pronuncia della Consulta non riguarderebbe la sua posizione;  potendo
vantare comunque un diritto a vedersi reintegrare da ANAS. 
    Rileva il Collegio che quest'ultima valutazione appare a dir poco
"egoistica" e non rispettosa del giusto contraddittorio,  atteso  che
l'Angelucci lungi dall'aver "ridotto" la propria domanda  rinunciando
a svolgerla nei confronti del MIT (ancora in questo grado di giudizio
invoca  l'originaria  tutela  azionata)  o  dall'aver  rinunciato  ad
azionare il titolo ottenuto in sede di opposizione nei confronti  del
MIT. 
    Peraltro, la rilevanza della questione non deve  essere  valutata
secondo gli effetti "pratici", che  essa  implica,  quanto  sotto  il
profilo del ragionamento  logico-giuridico  che  l'organo  giudicante
deve percorrere per giungere alla decisione finale. 
    Per  queste  ragioni  la  questione   -   risulta   evidentemente
rilevante, gia' per il solo fatto che sia stata  sollevata  in  altro
giudizio. 
    Giova pure  ricordare  che,  contrariamente  a  quanto  affermato
dall'Angelucci, la eventuale caducazione della norma da  parte  della
Corte costituzionale non potrebbe operare una volta che  il  giudizio
sia  terminato   con   passaggio   in   giudicato   della   pronuncia
eventualmente  a   lui   favorevole;   in   sostanza,   quell'effetto
caducatorio "ex tunc" - richiamato dall'Angelucci -  opera  solo  sui
processi pendenti, con la conseguenza che, qualora la pronuncia della
Corte costituzionale giungesse dopo il  passaggio  in  giudicato  del
titolo esecutivo nei confronti del  Ministero,  si  perverrebbe  alla
situazione  paradossale  che  quest'ultimo,  pur  non  obbligato  ne'
legittimato  a   quel   rapporto   di   lavoro,   dovrebbe   "subire"
l'instaurazione del rapporto  per  provvedimento  giudiziale  che  ha
applicato - evidentemente - una norma successivamente caducata. 
    E' consapevole, poi, la Corte che l'Alto Consesso ha  piu'  volte
affermato che non e' sufficiente prendere atto della pendenza  di  un
giudizio su di una questione ritenuta rilevante  davanti  alla  Corte
costituzionale per poter, poi, procedere ad una sospensione  ex  art.
295 C.P.C. non necessaria (prima di altra motivazione) e  che  se  il
giudice la ritiene rilevante, deve a sua  volta  investire  la  Corte
costituzionale, disponendo la sospensione del giudizio. 
    In altri termini, la sospensione del  giudizio  come  conseguenza
della  detta  pregiudiziale  presuppone  necessariamente  che   venga
sollevata  la  relativa  questione  senza  che   possa   valere   per
giustificare una sospensione ex art.  295  C.P.C.  l'efficacia  "erga
omnes" della decisione con eventuale dichiarazione di  illegittimita'
costituzionale (v. Cass. 16198/13; Cass. 2946/09; Cass. 24947/06). 
    Ne consegue che questo Collegio, una  volta  evidenziata  per  le
ragioni sopra esaminati la rilevanza  della  questione  nel  presente
giudizio,  deve  pervenire  ad  una   delibazione   sulla   manifesta
fondatezza o meno della questione medesima. 
    Sul Punto, non puo' che condividersi quanto  gia'  affermato  dal
TAR LAZIO nell'ordinanza 18.3.14 n.  138  del  registro  della  Corte
costituzionale, che - allo stato - non risulta  aver  ancora  fissato
udienza. 
    Ai sensi dell'art. 7, comma 3, D.L. n.  138/2002,  l'Anas  e'  il
gestore della rete stradale ed  autostradale  italiana  di  interesse
nazionale. E' una societa' per  azioni  il  cui  socio  unico  e'  il
Ministero dell'economia e delle finanze ed e' sottoposta al controllo
ed alla vigilanza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
Fino al 30 settembre 2012, l'Anas ha svolto altresi' le  funzioni  di
concedente della rete autostradale a pedaggio e  di  vigilanza  sulle
societa'  concessionarie.  Quest'ultima  attivita',  in  particolare,
veniva svolta  dall'Anas  attraverso  uno  dei  suoi  uffici,  ovvero
l'Ispettorato Vigilanza Concessioni Autostradali (IVCA). Presso  tale
Ufficio ha prestato il proprio servizio l'Angelucci. 
    L'IVCA  era  l'Ufficio  di  Anas  istituzionalmente  deputato   a
verificare   l'esatto   adempimento,   da   parte   delle    Societa'
concessionarie,  degli  obblighi  previsti   dalle   convenzioni   di
concessione   e   dagli   annessi   Allegati,   compresi   i    piani
economico-finanziari; in particolare, era deputato  a  verificare  la
puntuale attuazione dei programmi d'investimento e di quelli relativi
agli interventi manutenzione e completamento della rete  autostradale
ed a verificare i livelli di qualita' delle autostrade e dei  servizi
in esse offerti. 
    Inoltre, l'IVCA provvedeva alla verifica annuale delle tariffe  e
alla definizione degli  standard  di  progettazione,  manutenzione  e
costruzione per il mantenimento  di  adeguati  livelli  di  sicurezza
sulle autostrade, nel rispetto delle condizioni contrattuali e  della
normativa vigente e secondo  le  linee  di  indirizzo  stabilite  dal
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. 
    L'Ufficio,  pertanto,  oltre   a   svolgere   rilevanti   compiti
istituzionalmente     affidati     ad     Anas     (attivita'      di
aggiornamento/rinnovo  dei  rapporti  convenzionali  e/o  dei   piani
economico finanziari in essere), cooperava con  altre  Strutture  che
espletavano le funzioni proprie del soggetto Concedente. 
    I predetti Uffici svolgevano, quindi, mansioni comuni all'Ufficio
IVCA ed i relativi dipendenti possedevano (e  posseggono)  le  stesse
competenze professionali dell'odierno ricorrente. 
    Con il D.L. n. 98/2011, convertito in L. n. 111/2011, sono  state
tra l'altro dettate disposizioni in materia di riordino dell'Anas. 
    Per quel che qui interessa, l'art.  36  D.L.  n.  98/2011  s.m.i.
prevede che «a decorrere dal 1 gennaio 2012 e'  istituita,  ai  sensi
dell'art. 8 del  decreto  legislativo  30  luglio  1999,  n.  300,  e
successive modificazioni, presso il Ministero delle infrastrutture  e
dei trasporti e con sede in Roma,  l'Agenzia  per  le  infrastrutture
stradali e autostradali. [...] Entro la data del 30  settembre  2012,
l'Agenzia subentra ad Anas S.p.a. nelle funzioni di concedente per le
convenzioni in essere alla stessa data». 
    Il comma 5 del predetto art. 36 D.L. n.  98/2011  s.m.i.  prevede
che «relativamente alle attivita' e ai compiti di  cui  al  comma  2,
l'Agenzia  esercita  ogni  competenza  gia'  attribuita  in   materia
all'Ispettorato di vigilanza sulle concessionarie autostradali  e  ad
altri uffici di Anas S.p.a. ovvero ad uffici di amministrazioni dello
Stato, i quali sono conseguentemente soppressi  a  decorrere  dal  1°
gennaio 2012. Il personale degli uffici  soppressi  con  rapporto  di
lavoro subordinato a tempo indeterminato, in servizio alla  data  del
31 maggio 2012, e' trasferito all'Agenzia, per formarne  il  relativo
ruolo organico. [...] Al  personale  trasferito  (pertanto  dall'Anas
all'Agenzia)  si  applica  la  disciplina  dei  contratti  collettivi
nazionali  relativi  al  comparto  Ministeri  e  dell'Area  I   della
dirigenza. Il personale trasferito mantiene il trattamento  economico
fondamentale  ed  accessorio,  limitatamente  alle   voci   fisse   e
continuative,  corrisposto  al  momento  del  trasferimento,  nonche'
l'inquadramento  Previdenziale.  Nel  caso   in   cui   il   predetto
trattamento economico risulti piu' elevato rispetto: quello  previsto
e' attribuito per la differenza un assegno ad personam  riassorbibile
con  i  successivi  miglioramenti  economici   a   qualsiasi   titolo
conseguiti. 
    Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta
del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il
Ministro dell'economia e delle finanze ed il Ministro per la pubblica
amministrazione e l'innovazione si procede alla individuazione  delle
unita' di personale da trasferire all'Agenzia e alla riduzione  delle
dotazioni  organiche  e   delle   strutture   delle   amministrazioni
interessate al trasferimento delle funzioni in misura  corrispondente
al personale effettivamente trasferito.  Con  lo  stesso  decreto  e'
stabilita un'apposita tabella di corrispondenza tra le  qualifiche  e
le posizioni economiche del personale assegnato all'Agenzia». 
    L'art. 36, comma 5, insomma, ha  concretamente  e  specificamente
individuato i dipendenti che avrebbero dovuto essere trasferiti  alla
costituenda Agenzia,  identificandoli  in  tutti  i  titolari  di  un
rapporto di lavoro subbrdinato a  tempo  indeterminato,  in  servizio
alla data del 31 maggio 2012 presso l'Ufficio in questione  ed  altri
uffici Anas titolari di  compiti  e  competenze  analoghi  e/o  altre
PP.AA. la cui attivita' era destinata a confluire nell'Agenzia. 
    L'istituzione dell'Agenzia ha  incontrato  diversi  ostacoli  nel
corso del suo iter approvativo, cosi'  che  i  termini  previsti  per
l'adozione del suo Statuto sono stati piu' volte prorogati,  dapprima
fino al 31 Marzo 2012 (art. 11 D.L. n. 216/2011, convertito in L.  n.
14/2012), poi fino al 31 luglio 2012 (L. 14/2012) e da ultimo fino al
30 settembre 2012 (art. 12 D.L.  n.  95/2012,  convertito  in  L.  n.
13512012). Si noti che, ai sensi dell'art. 11 D.L. n. 216/2011,  come
modificato dall'art. 12 D.L. n. 95/2012; «fino alla data di  adozione
dello   statuto   dell'Agenzia   per   le   infrastrutture   stradali
autostradali, e comunque non oltre il 30 settembre 2012, le  finzioni
e  i  compiti  ad  essa  trasferiti  ai  sensi   dell'art.   36   del
decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98,  convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 15 luglio  2011,  n.  111,  e  successive  modificazioni,
continuano   ad   essere   svolti   dai   competenti   uffici   delle
Amministrazioni dello Stato e dall'Ispettorato  di  vigilanza,  sulle
concessionarie autostradali e dagli altri uffici di  Anas  S.p.a.  In
caso di mancata adozione, entro il predetto termine, dello statuto  e
del decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  di,  cui
all'art. 36, comma 5, settimo periodo,  del  decreto-legge  6  luglio
2011, n. 98, convertito, con modificazioni,  dalla  legge  15  luglio
2011, n. 111, l'Agenzia e' soppressa e le attivita' e i compiti gia';
attribuiti  alla  medesima  sono  trasferiti   al   Ministero   delle
infrastrutture e dei trasporti a decorrere dal 1° ottobre  2012,  che
rimane titolare delle risorse Previste dall'art.  36,  comma  5,  del
decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98,  convertito,  con  modificazioni,
dalla  legge  15  luglio  2011,  n.  111,  cui  sono  contestualmente
trasferite  le  risorse  finanziarie  umane  e  strumentali  relative
all'ISpettorato di vigilanza sulle concessionarie autostradali di cui
al medesimo comma 5». 
    Non  essendo  stato  ancora  adottato  lo  Statuto   dell'Agenzia
nonostante i ripetuti rinvii, ed approssimandosi il termine  previsto
dalla legge per il trasferimento delle funzioni e dei dipendenti Anas
in servizio presso Ufficio IVCA al Ministero,  l'Anas  ha  inviato  a
questi ultimi la nota 27 settembre 2012 con la quale  comunicava  che
«con decorrenza 17 ottobre 2012, ai sensi dell'art. 11  comma  5  del
D.L.  n.  216/2011,  la  titolarita'  del  contratto  di  lavoro   e'
trasferita ex lege e  senza  soluzioni  di  continuita'  da  Anas  al
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Il 
    Ministero  provvedera'  a  comunicare  le  necessarie  istruzioni
operative e  a  fornire  le  informazioni  relative  al  rapporto  di
lavoro». 
    Successivamente, con il decreto ministeriale 1° ottobre 2012,  il
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha  istituito  al  suo
interno la Struttura di vigilanza sulle  concessionarie  autostradali
(d'ora innanzi anche solo Struttura), alla quale sono state  affidate
le funzioni che avrebbero dovuto essere svolte  dall'Agenzia  per  le
infrastrutture  stradali  ed  autostradali  (ovvero   sostanzialmente
quelle di concedente della rete autostradale  e  di  vigilanza  sulle
Concessionarie). Presso tale Struttura e' stato trasferito unicamente
personale Anas a tempo indeterminato  in  servizio  presso  l'Ufficio
IVCA alla data del 31 maggio 2012. 
    Ai sensi dell'art. 4, commi 2 e 3, del predetto  D.M.,  «fino  al
definitivo inquadramento con decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri, il personale in servizio presso l'Ispettorato di  Vigilanza
sulle concessionarie autostradali alla data del 3l  maggio  2012  con
rapporto di lavoro subordinato  a  tempo  indeterminato  prosegue  la
propria attivita' presso le attuali sedi di  servizio  continuando  a
svolgere i compiti attribuiti. Al personale trasferito si applica  la
disciplina dei Contratti Collettivi nazionali  relativi  al  comparto
Ministeri e all'Area  I  della  dirigenza.  Il  personale  trasferito
mantiene  il  trattamento  economico  fondamentale   ed   accessorio,
limitatamente alle voci fisse e continuative, corrisposto al  momento
del trasferimento, nonche' l'inquadramento previdenziale. Nel caso in
cui il trattamento economico risulti piu' elevato rispetto  a  quello
previsto, e' attribuito per la  differenza  un  assegno  ad  personam
riassorbibile con i successivi miglioramenti  economici  a  qualsiasi
titolo conseguiti». 
    Come rilevato, ai sensi degli artt. 36 D.L. n. 98/2011 s.m.i., 11
D.L. n. 216/2011 e 12 D.L. n. 95/2012, il personale Anas in  servizio
presso IVCA alla data del 31 maggio 2012 con  rapporto  di  lavoro  a
tempo  indeterminato,  e'  transitato  alle  dipendenze   della   neo
istituita Struttura di vigilanza  sulle  concessionarie  autostradali
presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. 
    Simili disposizioni, che hanno comportato il  trasferimento  tout
court nel ruolo ministeriale di parte  del  personale  dipendente  da
Anas S.p.A., senza il previo  superamento  di  un  pubblico  concorso
violano all'evidenza i principi  di  uguaglianza,  buon  andamento  e
imparzialita'  della  P.A.,  nonche'  il  principio  dell'accesso  ai
pubblici impieghi mediante pubblico concorso. 
    Costituisce  pacifico  insegnamento  della  Corte  costituzionale
quello secondo cui l'accesso ai pubblici  impieghi  tramite  concorso
pubblico costituisce una regola generale «posto a tutela non solo dei
potenziali aspiranti, ma anche dell'interesse  pubblico  alla  scelta
dei candidati migliori, nonche' all'imparzialita' e al buon andamento
della pubblica amministrazione» (cfr., ex plurimis, Corte  cost.;  21
marzo 2012, n. 62; id. 23 febbraio 2012, n. 30; id. 23 novembre 2011,
n. 310; id. 10 maggio  2005,  n.  190).  E'  evidente,  pertanto,  la
violazione dell'art. 97 Cost., oltre che degli artt. 3 e 51 Cost. 
    Considerato che il Collegio, alla luce delle  argomentazioni  del
Ministero reclamante, ritiene rilevante (come gia' evidenziato sopra)
e  non  manifestamente  infondata  la  questione  di   illegittimita'
costituzionale degli artt. 36 D.L. n. 98/2011, convertito  in  L.  n.
111/2011, s.m.i., 11 D.L. n. 216/2011, convertito in L. n. 14/2012, e
12 D.L. n. 95/2012, convertito in  L.  n.  135/2012,  per  violazione
degli artt. 3, 97 e 51 Cost. nella parte in cui hanno disposto sic et
simpliciler il trasferimento del personale Anas  in  servizio  presso
l'Ufficio IVCA alla data del 31 maggio 2012 dapprima all'Agenzia  per
le infrastrutture stradali ed autostradali e poi alla  struttura,  in
evidente  violazione  degli  artt.  3  e  97  della  Costituzione  in
considerazione che i dipendenti Anas  destinatari  del  trasferimento
sono stati inquadrati  senza  pubblico  concorso  addirittura  in  un
Ministero. 
    Considerato  che  la  Corte  costituzionale  si  e'  recentemente
espressa in fattispecie analoga (Corte cost., 23 luglio 2013, n. 227)
affermando che «E' costituzionalmente  illegittimo  l'art.  54  della
L.R. 9 agosto 2012,  n.  16,  Friuli-Venezia  Giulia  (Interventi  di
razionalizzazione  e  riordino  di  enti,  aziende  e  agenzie  della
Regione), in quanto lo strumento prescelto dal legislatore regionale,
ossia il  trasferimento  automatico  del  personale  della  disciolta
societa' Gestione Immobili Friuli-Venezia Giulia  (previa  una  prova
selettiva  solo  eventuale)  alle   dipendenze   dell'amministrazione
regionale, limita del tutto sproporzionato. E cio' in  quanto  l'area
delle eccezioni alla regola del concorso, a  tutto  voler  concedere,
dev'essere rigorosamente delimitata e  non  puo'  risolversi  in  una
indiscriminata e non, previamente verificata immissione in  ruolo  di
personale esterno  attinto  da  bacini  predeterminati.  Sicche',  le
scarne  ed  incerte  garanzie  approntate   dalla   norma   impugnata
(ricognizione    dei    requisiti    per    accedere     ai     ruoli
dell'amministrazione  regionale  ed  ipotetica  prova  selettiva)  si
palesano inidonee ad assicurare una seria  verifica  delle  capacita'
professionali dei lavoratori  reclutati  dalla  Regione  all'esterno,
seppure provenienti da una societa' privata strumentale facente parte
del suo apparato cosiddetto "parallelo". Pertanto, in mancanza di  un
concorso pubblico, l'accesso del personale proveniente dalla Gestione
Immobili Giulia S.p.a. all'impiego- di ruolo presso l'amministrazione
regionale, senza alcuna certezza di un  serio  filtro  selettivo,  si
pone in contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost., donde  l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 54 della L.R. n. 16 del 2012, Friuli-Venezia
Giulia». 
    Ne' convince la tesi dell'Angelucci,  quando  afferma  che  altre
disposizioni di legge- anche successive a quella  in  esame  -  hanno
disposto  trasferimenti  di   personale   senza   concorso   pur   di
salvaguardare il  posto  di  lavoro  e,  quindi,  uri  attuazione  di
superiori esigenze di interesse pubblico. Orbene, in primo luogo,  il
fatto che il legislatore abbia operato immissioni in  organico  senza
pubblico concorso anche in casi diversi da quello in esame non  esime
il  Collegio  dal  verificare  se  sussistano  le  ragioni   comunque
eccezionali richieste dall'art. 97 Cost. 
    Sul punto e' utile richiamare istituti  come  lo  scorrimento  di
graduatorie o la riammissione in servizio  (art.  132  TU  3/57)  per
comprendere come, pur essendo strumenti diversi dal superamento di un
concorso  che  precede  l'assunzione,  in  ogni  caso   presuppongono
verifiche che la P.A. ha gia' eseguito in  virtu'  di  un  precedente
concorso. 
    Ancora, in tema di c.d. "stabilizzazioni" del personale  precario
della Pubblica Amministrazione (v. art. 1, comma 519, della legge  27
dicembre 2006, n.296 (Disposizioni per  la  formazione  del  bilancio
annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2007), la Corte
costituzionale ha avuto occasione  (v.  Corte  Cost.  n.  303/10)  di
evidenziare  come  trattasi  di  strumenti  eccezionali  che,  pero',
presuppongono (ai fini della stabilizzazione, appunto) un  «requisito
minimo ai fini  dell'accertamento  della  professionalita'»  come  il
superamento di una  qualsiasi  prova  selettiva,  o  il  possesso  di
requisiti minimi attitudinali  come  ad  esempio,  il  servizio  gia'
prestato presso la  P.A.  si  da  rendere  il  dipendente  munito  di
comprovata e aggiornata professionalita' (v. anche  ordinanza  n.  70
del 2009). 
    Ben diverso, allora, il caso in esame, nel quale i dipendenti  di
ANAS appartenenti a quel peculiare ufficio - trasferito  ex  lege  al
MIT - sono stati a loro volta trasferiti  presso  quest'ultimo  senza
alcuna verifica neppure minimale circa i  requisiti  attitudinali  e,
quindi, senza alcuna selezione. 
    Ne consegue che, alla luce delle considerazioni  finora  esposte,
il  presente  procedimento  deve  essere  sospeso,  con   contestuale
rimessione della questione di costituzionalita'  dedotta  alla  Corte
costituzionale. 
 
                               P. Q. M. 
 
    La Corte di Appello di  Roma  -  Sezione  Lavoro,  disponendo  la
sospensione del giudizio e visti gli artt. 134 Cost.; 1  L.  cost.  9
febbraio 1948, n. 1, 23 L. 11 marzo 1953, n. 87: 
        dichiara rilevante e non manifestamente infondata, nei  sensi
di cui in motivazione, la questione  di  legittimita'  costituzionale
degli artt. 36 D.L. n. 98/2011, convertito in L. n. 111/2011, s.m.i.,
11 D.L. n. 216/2011, convertito in  L.  n.  14/2012,  e  12  D.L.  n.
95/2012, convertito in L. n. 135/2012, per violazione degli artt.  3,
97 e 51 Cost. nella parte in cui hanno disposto sic et simpliciter il
trasferimento del personale Anas in servizio  presso  l'Ufficio  IVCA
alla  data  del  31  maggio  2012   dapprima   all'Agenzia   per   le
Infrastrutture stradali ed autostradali e poi alla Struttura; 
        ordina  l'immediata  trasmissione  degli  atti   alla   Corte
costituzionale; 
        ordina che a cura della Cancelleria della Sezione la presente
ordinanza sia notificata alle  parti  in  causa,  al  Presidente  del
Consiglio dei ministri nonche' comunicata ai Presidenti della  Camera
dei deputati e del Senato della Repubblica. 
    Cosi' deciso in Roma nella camera  di  consiglio  del  giorno  11
febbraio 2015 
 
                      Il Presidente: Tatarelli 
 
 
                                Il Consigliere Estensore: Delle Donne