N. 67 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 novembre 2014
Ordinanza del 27 novembre 2014 del Tribunale di Catania - sez. fallimentare sul ricorso proposto da Curatela del fallimento La Cava Srl c/La Cava S.a.s. di La Cava Giuseppe & C.. Fallimento e procedure concorsuali - Fallimento delle societa' - Fallimento originariamente dichiarato nei confronti di una societa' di capitali (in specie, s.r.l.) - Possibilita' di estensione alla societa' di fatto tra la stessa societa' di capitali ed altri soci di fatto (persone fisiche o societa') - Esclusione - Disparita' di trattamento rispetto alla ammissibilita' (ex art. 147, primo comma, della legge fallimentare) del fallimento originario della societa' di fatto cui partecipino societa' di capitali nonche' rispetto alla possibilita' di estensione alla societa' di fatto del fallimento dell'imprenditore individuale - Ingiustificata compressione del diritto di difesa dei creditori della societa' di fatto non assoggettabile a fallimento in estensione. - Regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, art. 147, comma quinto. - Costituzione, artt. 3, primo comma, e 24, primo comma.(GU n.17 del 29-4-2015 )
Il Tribunale di Catania Sezione fallimentare Riunito in camera di consiglio, nelle persone dei seguenti magistrati: dott. Adriana Puglisi Presidente; dott. Laura Renda Giudice; dott. Lucia De Bernardin Giudice Rel. Est. Ha emesso la seguente ordinanza nel procedimento iscritto al n. r.g. 297/2014, promosso da Curatela del fallimento La Cava S.r.l. (C.F. n. 04521180879), domiciliata in via Brancati n. 12 Catania presso l'avv. Pelleriti Fabio che la rappresenta e difende per procura in atti, ricorrente/i; Contro La Cava S.a.s. Di La Cava Giuseppe & C., (C.F. n. 03541090878), elettivamente domiciliata in via F. Crispi n. 177 Catania, presso lo studio dell'avv. Lisi Carlo Giovanni, che la rappresenta e difende giusta procura in atti, resistente/ intimato; Visto il ricorso per la dichiarazione di fallimento di La Cava S.a.s. di La Cava Giuseppe & C., depositato da Curatela del fallimento La Cava S.r.l.; Visto il ricorso per estensione di fallimento ex art. 147, comma 5, 1. proposto in data nell'interesse della Curatela del Fallimento La Cava s.r.1. nei confronti di La Cava Sas di La Cava Giuseppe & C; Viste le memorie difensive nell'interesse di La Cava S.a.s.; Rilevato che la parte istante ha chiesto il fallimento in estensione ex art. 147, comma 4 e 5 l.f. della resistente deducendo l'esistenza di una societa' di fatto fra questa e la fallita evidenziando l'esistenza di diversi indici atti a rivelare l'esistenza di un rapporto societario di fatto; Rilevato, in particolare, che a tal fine e' stata dedotta: a) la denominazione del tutto similare; b) l'identita' del settore merceologico in cui veniva espletata l'attivita'; c) l'identita' della sede legale; d) la riferibilita' ad un unico soggetto (La Cava Giuseppe) dell'amministrazione e della rappresentanza sociale; e) l'avvenuta concessione di ipoteca da parte della resistente in favore della fallita in occasione della concessione di mutuo da parte della Unicredit S.p.a.; Rilevato che, costituendosi in giudizio, la resistente ha contestato: da un lato, la rilevanza degli elementi indicati dalla ricorrente quale sintomo dell'esistenza di un rapporto societario di fatto; dall'altro, l'inammissibilita' dell'istanza di estensione «del fallimento tanto ai sensi dell'art. 147, comma 1, l.f. (in considerazione dell'elenco di societa' specificamente indicate in detto comma), quanto ai sensi dell'art. 147, comma 5, l.f. (in considerazione del riferimento all'imprenditore individuale contenuta in detto comma); Rilevato che, ancora, parte resistente ha dedotto come non sia ammissibile contemplare la partecipazione di una societa' di capitali a una societa' di fatto per la quale sia illimitatamente responsabile (e cio' in considerazione di quanto disposto dall'art. 2361, comma 2, cc e dall'art. 111-duodecies disp. att. c.c., mancando una delibera assembleare), ne' estendere la nozione di: «imprenditore individuale» (di cui all'art. 147, comma 5, 1.f.) alla societa' di capitali; Ritenuto che nel presente procedimento appare necessario sollevare d'ufficio (ex: art. 23, comma 3, l. 11 marzo 1953, n. 87), la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 147, comma 5, l.f. trattandosi di questione rilevante e non manifestamente infondata; Rilevato sotto il profilo della rilevanza che e' stato chiesto il fallimento di una s.d.f. fra una S.r.l. (gia' dichiarata fallita) e altra societa' (costituita nella forma di S.a.s.); Ritenuto che una simile dichiarazione di fallimento e', allo stato, preclusa dal tenore dell'art. 147, comma 5, 1.f., posto che tale disposizione prevede l'estensione del fallimento alla societa' di fatto costituita dall'imprenditore individuale e non anche dall'imprenditore collettivo; Ritenuto che, sul punto, appaiono condivisibili le considerazioni gia' espresse dal Tribunale di Bari nell'ordinanza del 13/11/2013 (reperibile al http://www.cortecostituzionale.it/schedaOrdinanze.do?anno=2014/ & numero=66 & numero_parte=1) con cui e' stata sollevata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 147, comma 5, l.f. per contrasto con gli art. 3, comma 1, e 24, comma 1, Cost.: «nella parte in cui, nell'ipotesi di fallimento originariamente dichiarato nei confronti di una societa' di capitali, non consente l'estensione del fallimento ad una societa' di fatto tra la societa' originariamente dichiarata fallita ed altri soci di fatto, siano essi persone fisiche o societa'»; Ritenute condivisibili le considerazioni espresse in tale ordinanza secondo cui: «A seguito della riforma del diritto societario di cui al decreto legislativo del 17 gennaio 2003, n. 6, infatti, sono stati dissipati i dubbi in ordine alla possibilita', per le societa' di capitali, di partecipare a societa' di persone. Ed invero, ai sensi dell'art. 2361, comma 2, c.c., in tema di «partecipazioni» delle societa' per azioni, «l'assunzione di partecipazioni in altre imprese comportante una responsabilita' illimitata per le obbligazioni delle medesime deve essere deliberata dall'assemblea; di tali partecipazioni gli amministratori danno specifica informazione nella nota integrativa di bilancio». Tale regola, ancorche' dettata nell'ambito della disciplina delle societa' per azioni, deve ritenersi applicabile anche alla societa' a responsabilita' limitata, in virtu' del testuale riferimento contenuto dell'art. 111-duodecies disp att. c.p.c., aggiunto con l'art. 9, comma 1, lettera f), del decreto legislativo del 17 gennaio 2003, n. 6 («Qualora tutti i loro soci illimitatamente responsabili di cui all'art. 2361, comma 2, siano societa' per azioni o societa' a responsabilita' limitata, le societa' in nome collettivo o in accomandita semplice devono redigere il bilancio secondo le norme previste/per la societa' per azioni. Esse devono inoltre redigere e pubblicare il bilancio consolidato come disciplinato dall'art. 26 del decreto legislativo 9 aprile 1991, n. 127, ed in presenza dei presupposti ivi previsti»). Peraltro, lo stesso art. 147, comma 1, l. fall., come modificato dall'art. 131 del decreto legislativo del 9 gennaio 2006, n. 5, prevede che la sentenza che dichiara il fallimento di una societa' appartenente ad uno dei tipi regolati nei capi III, IV e VI del titolo V del libro V c.c., produce anche il fallimento dei soci, «pur se non persone fisiche», illimitatamente responsabili. Da tale sistema legislativo si evince, dunque, da un lato l'ammissibilita', nel nostro ordinamento, di societa' di persone cui partecipino (anche o soltanto) societa' di capitali, e, dall'altro, la fallibilita' di tali societa' di capitali, ove siano socie di societa' di persone, e quindi socie con responsabilita' illimitata. Appare quindi ingiustificata l'esclusione dell'assoggettabilita' a fallimento della societa' di fatto cui partecipino societa' di capitali, quando tale fallimento debba essere dichiarato in estensione rispetto ad un fallimento che originariamente riguardi una societa' di capitali. Si crea, in tal modo, innanzitutto, una disparita' di trattamento - rilevante ex art. 3, comma l, Cost. - tra societa' di fatto, posto che, ove il fallimento venga richiesto immediatamente nei confronti della stessa societa' di fatto, esso sarebbe ammissibile ex art. 147, comma 1, l. fall., mentre non sarebbe possibile ove venga richiesto in estensione, quando il fallimento originariamente dichiarato riguardi una societa' di capitali. Inoltre, dal momento che e' certamente possibile l'estensione del fallimento di un imprenditore individuale (persona fisica) ad una s.d.f. con altre persone fisiche (o anche con societa' di capitali), non si vede perche' tale estensione debba essere esclusa, quando il fallimento originario riguardi una societa' di capitali, posto che e' pacifico che quest'ultima possa essere socia di una societa' di persone con soci illimitatamente responsabili. Si realizza, inoltre - con riferimento all'art. 24, comma 1, Cost. - una ingiustificata compressione del diritto di difesa dei creditori, i quali sarebbero maggiormente tutelati nelle ipotesi di fallimento originariamente richiesto nei confronti della s.d.f. con partecipazione (anche o esclusivamente) di societa' di capitali, rispetto all'ipotesi. - identica dal punto di vista sostanziale - di estensione del fallimento da una societa' di capitali ad una s.d.f. della quale la societa' fallita, era socia illimitatamente responsabile. Allo stesso modo, avrebbero una maggiore tutela i creditori di societa' di fatto composte esclusivamente da persone fisiche, o comunque di societa' di fatto dichiarate fallite in estensione rispetto ad un imprenditore individuale, rispetto ai creditori di societa' di fatto pur esistenti, ma il cui fallimento non potrebbe essere dichiarato in estensione allorquando l'originario fallimento riguardi societa' di capitali che siano socie di societa' di fatto. Il che potrebbe portare anche a situazioni di abuso dello schermo societario, in relazione a societa' imprenditoriali svolte insieme a soggetti che non figurano direttamente come soci della societa' originariamente fallita; Ritenuto che non appare possibile accedere a un'interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione in commento tramite un'interpretazione analogica dell'art. 147 l.f., come ritenuto da parte della giurisprudenza di merito (cfr. Trib. Vibo Valentia 10 giugno 2011, in Banca, borsa e tit. credito, 2013, 457 e ss.; Trib. Santa Maria Capua Vetere, 8 luglio 2008, in Il Fallimento, 2009, 89 e ss; Trib. Forli' 9 febbraio 2008, in Il Fallimento, 2008, 1328 e ss.); Ritenuto, infatti, che la possibilita' di dichiarare il fallimento della societa' di fatto costituisce eccezione alla generale regola dell'imputazione connessa alla spendita del nome (cfr. sull'eccezionalita' della disposizione in commento anche: Appello Bologna 11 giugno 2008, in Il Fallimento; 2008, 1293); Ritenuto che la disposizione eccezionale non e' suscettibile di interpretazione analogica, secondo quanto disposto dall'art. 14 disp. prel. c.c., bensi' unicamente di interpretazione estensiva atta a ricomprendere le ipotesi solo apparentemente escluse: a causa della non espressa menzione; Rilevato che nella: «Relazione Ministeriale Illustrativa Riforma Procedure, Concorsuali» si legge, quanto all'art. 147, che: «Nel quarto e nel quinto commi viene recepito il noto orientamento giurisprudenziale in tema di socio e di societa' occulta»; Rilevato che l'orientamento giurisprudenziale citato nella relazione ministeriale e' andato consolidandosi prima della riforma del diritto societario attuata nel 2003, in un periodo in cui era generalmente esclusa la possibilita' per le societa' di capitali di assumere partecipazioni in societa' di persone; Ritenuto che la menzionata interpretazione estensiva appare preclusa, in primo luogo, dal fatto che il legislatore del 2007 e' intervenuto dopo quattro anni dalla riforma del diritto societario e avrebbe quindi potuto nel recepire un indirizzo giurisprudenziale ipotizzare anche il fallimento in estensione della s.d.f. costituita da una societa' di capitali alla luce del mutato assetto normativo; Ritenuto, in secondo luogo, che tale interpretazione estensiva necessiterebbe anche dell'ammissione di un ulteriore passaggio logico, ossia l'ammissione dell'estensibilita' del fallimento alla societa' di capitali (a cagione della sua partecipazione in maniera illimitata a una societa' di persone) anche in difetto di una delibera che ex art. 2361, comma 1, c.c.; Ritenuto, inoltre, che anche la giurisprudenza di legittimita' ritiene che: «L'art. 147 1. fall. si riferisce esclusivamente alle societa' di persone, nelle quali la responsabilita' illimitata e solidale del socio e' conseguenza della natura del modello societario. L'estensione del fallimento della societa' ai soci illimitatamente responsabili, prevista dalla norma in esame, non puo' applicarsi, invece, alle societa' di capitali, atteso che in tali societa' la responsabilita' illimitata rappresenta un evento eccezionale: cioe', un'eventualita' collegata all'assunzione da parte del socio, nel corso della vita sociale e con riferimento ad uno specifico periodo, di una responsabilita' personale e solidale esclude» (Cassazione civile, sez. I 14/04/2010, n. 8964); Ritenuto, in conclusione, rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 147, comma 5, l. fall., nella parte in cui, nell'ipotesi di fallimento originariamente dichiarato nei confronti di una societa' di capitali, non consente l'estensione del fallimento ad una societa' di fatto tra la societa' originariamente dichiarata fallita ed altri soci di fatto, siano essi persone fisiche o altre societa', per contrasto con gli aricoli. 3, comma l, e 24, comma 1, Cost.; Ritenuto che va conseguentemente disposta la sospensione del presente giudizio, e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per le necessarie valutazioni;
P. Q. M. Visti gli articoli 134 e 137 della Costituzione, 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948 n. 1 e 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 147, comma 5, l. fall., nella parte in cui, nell'ipotesi di fallimento originariamente dichiarato nei confronti di una societa' di capitali, non consente l'estensione del fallimento ad una societa' di fatto tra la societa' originariamente dichiarata fallita ed altri soci di fatto, siano essi persone fisiche o altre societa', per contrasto con gli articoli 3, comma 1, e 24, comma 1, Cost. Ordina che la presente ordinanza, a cura della cancelleria, sia notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei Ministri nonche' comunicata al Presidente del Senato e al Presidente della Camera dei Deputati e all'esito sia trasmessa alla Corte costituzionale insieme al fascicolo processuale e con la prova delle avvenute regolari predette notificazioni e comunicazioni. Sospende il presente giudizio. Cosi' deciso in Catania nella camera di consiglio del 27 novembre 2014. Il Presidente dott. Adriana Puglisi