N. 95 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 dicembre 2014

Ordinanza del 22 dicembre 2014 del Consiglio  di  Stato  sul  ricorso
proposto da Societa' Mapia S.r.l. contro Comune  di  Acquaviva  delle
Fonti, Regione Puglia e Lega nazionale  per  la  difesa  del  cane  -
Sezione di Turi.. 
 
Animali - Norme della Regione Puglia - Interventi per la tutela degli
  animali d'affezione e la prevenzione del  randagismo  -  Previsione
  che le associazioni iscritte nell'apposito Albo regionale  possono,
  mediante convenzioni,  senza  fini  di  lucro,  con  i  Comuni:  a)
  costruire e  gestire  rifugi  per  cani;  b)  svolgere  compiti  di
  assistenza volontaria ai canili sanitari e ai rifugi; c) promuovere
  iniziative di aggiornamento delle guardie zoofile;  d)  partecipare
  alle iniziative di cui agli  artt.  5  e  6  -  Previsione  che  il
  ricovero e la custodia dei cani sono assicurati dai Comuni mediante
  apposite strutture, la cui gestione  e'  esercitata  in  proprio  o
  affidata  in   convenzione,   previa   formale   concessione   alle
  associazioni  protezionistiche  o  animaliste   iscritte   all'Albo
  regionale depositato  presso  l'Assessorato  alle  politiche  della
  salute - Violazione della sfera di competenza legislativa esclusiva
  statale  in  materia  di  tutela  della  concorrenza  e,   in   via
  subordinata, della sfera di competenza legislativa  concorrente  in
  materia di tutela della salute. 
- Legge della Regione Puglia 3 aprile 1995, n.  12,  art.  14,  comma
  2-bis, aggiunto dall'art. 45 della legge della  Regione  Puglia  25
  febbraio 2010, n. 4. 
- Costituzione, art. 117, commi secondo, lett. e), e terzo. 
(GU n.21 del 27-5-2015 )
 
                        IL CONSIGLIO DI STATO 
              In Sede Giurisdizionale (Sezione Quinta) 
 
  Ha pronunciato la presente 
 
                              Ordinanza 
 
    sul ricorso numero di registro generale 6970 del  2014,  proposto
dalla  Societa'  Mapia  S.r.l.,  rappresentata  e  difesa   dall'avv.
Mariangela Bux, con domicilio eletto presso il Consiglio di  Stato  -
Segreteria in Roma, piazza Capo di Ferro 13; 
 
                               Contro 
 
    Comune di Acquaviva delle Fonti; 
    Regione Puglia, rappresentata e difesa dall'avv.  Maria  Giuseppa
Scattaglia, con domicilio eletto presso la Delegazione della  Regione
in Roma, via Barberini 36; 
 
                          Nei confronti di 
 
    Lega Nazionale per la Difesa del Cane - Sezione di Turi; 
    Per la riforma della sentenza del T.A.R. Puglia -  Bari,  Sezione
II, n. 811/2014, resa tra le parti, concernente  l'affidamento  della
gestione del canile comunale. 
    Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; 
    Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Puglia; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Vista, in particolare, la sentenza non definitiva  della  Sezione
11 dicembre 2014, n. 6103; 
    Relatore nell'udienza pubblica del  giorno  4  novembre  2014  il
Cons. Nicola Gaviano e uditi per le parti  gli  avvocati  Berardengo,
per delega di Bux, e Scattaglia; 
    La M.A.P.I.A. s.r.l. proponeva ricorso al T.A.R.  per  la  Puglia
impugnando il bando, pubblicato il 3 aprile 2013, della gara  indetta
dal comune di Acquaviva delle Fonti per l'affidamento del servizio di
gestione del canile comunale (canile rifugio e sanitario), del  quale
la societa' era  gestore  uscente,  nella  parte  in  cui  tale  atto
restringeva la partecipazione  alla  procedura  selettiva  alle  sole
associazioni  protezionistiche   o   animaliste   iscritte   all'Albo
regionale. E poiche' la  gara  si  era  conclusa,  subito  dopo,  con
l'affidamento  del   servizio   all'associazione   animalista   "Lega
Nazionale per la Difesa del Cane - Sezione di Turi  BA",  anche  tale
aggiudicazione veniva investita dall'impugnativa. 
    Dal momento  che  la  clausola  di  bando  in  contestazione  era
sostanzialmente riproduttiva dell'art. 14,  della  L.R.  n.  12/1995,
come modificato dalla L.R. n. 4/2010, la ricorrente denunziava  anche
l'incostituzionalita'  del  comma  2  bis  di   tale   articolo   con
riferimento agli artt. 3, 41, 97 e 117 della Carta. 
    La  Regione  Puglia   si   costituiva   in   giudizio   deducendo
l'infondatezza del gravame e chiedendone il rigetto. 
    All'esito il Tribunale adito, con  la  sentenza  n.  811/2014  in
epigrafe, respingeva il ricorso. 
    La societa' soccombente insorgeva  indi  avverso  tale  decisione
proponendo appello a questa Sezione,  con  il  quale  riproponeva  le
proprie  domande,  doglianze  e   prospettazioni,   contestando   gli
argomenti sulla base dei quali il primo Giudice le aveva disattese. 
    La Regione Puglia resisteva anche in  questo  grado  di  giudizio
all'impugnativa avversaria, deducendo l'infondatezza  dell'appello  e
concludendo per la sua reiezione. 
    Alla pubblica udienza del 4  novembre  2014  la  causa  e'  stata
trattenuta in decisione. 
    1. La Sezione,  che  con  separata  sentenza  non  definitiva  11
dicembre 2014 n. 6103 ha respinto tutti i motivi d'appello diversi da
quello oggetto, in questa sede,  di  residuo  scrutinio,  ritiene  di
sollevare  con  la  presente  ordinanza,  anche   alla   luce   della
corrispondente eccezione della parte  ricorrente,  la  questione  di'
legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 2 bis, l. reg. Puglia
3 aprile 1995  n.  12  -  Interventi  per  la  tutela  degli  animali
d'affezione e prevenzione del randagismo - come introdotto  dall'art.
45, l. reg. Puglia 25 febbraio 2010 n. 4, comma in base al quale: "Il
ricovero e la custodia dei cani sono assicurati dai  comuni  mediante
apposite strutture; la gestione e' esercitata in proprio  o  affidata
in  concessione,  previa  formale  convenzione,   alle   associazioni
protezionistiche o animaliste iscritte all'Albo regionale  depositato
presso l'Assessorato alle politiche della salute". 
    Tale norma e' stata espressamente riprodotta  nella  clausola  di
bando oggetto  del  giudizio  principale,  e,  come  tale,  e'  stata
contestata in ragione  del  rapporto  conflittuale  in  cui  si  pone
rispetto alla regola di legge statale recata dall'art. 4, comma 1, l.
14 agosto 1991 n. 281  -  Legge  quadro  in  materia  di  animali  di
affezione e prevenzione del randagismo, comma che e'  stato  dapprima
sostituito dal comma 829 dell'art. 1, l. 27 dicembre 2006 n.  296  e,
in seguito, modificato dai  commi  370  e  371  dell'art.  2,  l.  24
dicembre 2007, n. 244. 
    La pertinente norma statale  dispone  quanto  segue:  "I  comuni,
singoli   o   associati,   e   le   comunita'   montane    provvedono
prioritariamente  ad  attuare  piani  di  controllo   delle   nascite
attraverso la sterilizzazione. A tali piani e'  destinata  una  quota
non inferiore al 60 per cento delle risorse di cui all'art. 3,  comma
6. I comuni provvedono, altresi', al risanamento dei canili  comunali
esistenti e costruiscono rifugi per i cani, nel rispetto dei  criteri
stabiliti con legge regionale e  avvalendosi  delle  ricorse  di  cui
all'art. 3, comma 6. I comuni, singoli o associati,  e  le  comunita'
montane provvedono a gestire i canili e gattili sanitari direttamente
o tramite convenzioni con le associazioni animaliste e zoofile o  con
soggetti privati che garantiscano  la  presenza  nella  struttura  di
volontari delle  associazioni  animaliste  e  zoofile  preposti  alla
gestione delle adozioni e degli affidamenti dei cani e dei gatti". 
    Quest'ultima  disposizione,  dettata  in  tema  di  accesso   dei
"Privati"  alle  convenzioni  per  la   gestione   dei   canili,   e'
suscettibile di essere riguardata quale regola posta a  tutela  della
concorrenza, o se non altro, ma in ultima  analisi,  quale  principio
fondamentale inerente alla materia oggetto  della  fonte  legislativa
regionale. 
    Con tale  previsione  il  legislatore  statale  ha  espresso  con
sufficiente chiarezza l'intenzione di non operare alcuna  riserva  in
favore delle predette associazioni, ammettendo a concorrere  ai  fini
dei relativi affidamenti, a tutela appunto della  concorrenza,  anche
ogni altro soggetto privato (pur con il temperamento costituito dalla
inserzione nelle  loro  strutture  di  volontari  delle  associazioni
stesse per la gestione di specifiche aree di attivita'). 
    Viceversa, l'art. 14, comma 2 bis, l. reg. Puglia n. 12 del  1995
- introdotto dalla l. reg. n. 4 del 2010 posteriormente alla  novella
legislativa statale del 2007 - denota  l'intenzione  del  legislatore
regionale di riservare alle associazioni  iscritte  a  tale  Albo  la
gestione sia dei canili sanitari che dei canili rifugio (dei quali si
occupano, rispettivamente, gli artt. 8 e 9 della stessa l. reg. n. 12
del 1995), che i Comuni non intendano esercitare in proprio. 
    2. La Sezione, anticipati cosi' i termini del conflitto che forma
il  nucleo  della  questione  di  costituzionalita'  che  si  intende
sollevare, ritiene utile, per offrire un adeguato inquadramento della
vicenda contenziosa, ma anche per far meglio  constare  la  rilevanza
della questione stessa, riportare di seguito le considerazioni  poste
a motivazione della sentenza non definitiva che si e' contestualmente
deliberata. 
    "...La clausola di  bando  formante  oggetto  d'impugnazione  non
costituisce se non la lineare e pressoche' automatica applicazione di
una specifica norma legislativa regionale,  la  quale  fornisce  alla
clausola invisa alla ricorrente una piena copertura. 
    Di conseguenza le molteplici argomentazioni svolte, con  i  primi
motivi di ricorso, per evidenziare dei supposti elementi di conflitto
della clausola sub judice con altri dati normativi  (in  particolare,
con la legge n. 266/1991, nonche' con  l'art.  2,  comma  371,  della
legge n. 244/2007) non potrebbero in alcun modo  tradursi  recta  via
nell'illegittimita'  della  clausola  impugnata,  bensi'   potrebbero
condurre, al piu', a far  dubitare  dell'incoerenza  con  il  sistema
ordinamentale della  norma  regionale  di  cui  la  clausola  rimane,
comunque, fedele espressione. 
    Cio' posto, poiche'  la  ricorrente  dedica  un'apposita  sezione
della  propria  impugnativa   alla   prospettazione   di   dubbi   di
legittimita'  costituzionale  a  carico  della  norma  regionale   in
discussione (pag. 25 e segg. dell'appello),  e'  in  occasione  della
disamina di tale sezione che si avra' riguardo  al  relativo  aspetto
della controversia (infra, nel paragr. 3). 
    Quanto  ai  richiami  che  parte  ricorrente  fa  ai  momenti  di
conflitto che esisterebbero con la legge n. 266/1991 (la legge-quadro
sul volontariato) va qui ad ogni modo osservato, da un lato,  che  la
disciplina di settore sugli animali di affezione e la prevenzione del
randagismo, che mette capo alla legge statale n. 281  /1921,  integra
una disciplina spedale rispetto a quella dettata  dalla  legge-quadro
sul volontariato (come del resto si ipotizza anche alla pag.  12  del
corrente appello); dall'altro, e comunque, che il capitolato  a  base
della gara, nello stabilire,  all'art.  3,  che  all'affidataria  del
servizio sarebbe andata, quale "corrispettivo",  una  diaria  per  il
sostentamento  di  €  0,75  pro-cane  (importo  da  ribassare   della
percentuale offerta in  sede  di  gara),  puntualizza  eloquentemente
quanto segue: "Si precisa che tale corrispettivo e'  stato  calcolato
in considerazione del fatto che l'attivita' di gestione in  questione
deve essere svolta ... da associazioni protezionistiche  a  carattere
volontario e con  esclusione  di  fini  di  lucro,  e,  pertanto,  il
corrispettivo in questione e' da considerarsi a  titolo  di  rimborso
spese di gestione": con il che si delinea, pertanto, un  assetto  del
tutto coerente con quello  disciplinato  in  termini  generali  dalla
legge n. 266/1991, che nel suo art. 7 prevede  espressamente  che  le
convenzioni con le organizzazioni di volontariato  debbano  stabilire
le modalita' di rimborso delle spese incontrate da queste ultime. 
    2. Le valutazioni espresse dall'impugnata  sentenza  meritano  di
essere sostanzialmente  condivise  anche  per  la  parte  in  cui  il
Tribunale ha disatteso i richiami a parametri di diritto  comunitario
operati dall'originario ricorso. 
    2a. Il Giudice locale  ha  in  proposito  osservato:  "Quanto  al
motivo  sub  4,  con  cui  parte  ricorrente  cerca  di  far   valere
l'anticomunitarieta'   della   richiamata   disposizione   regionale,
asseritamente incidente in senso restrittivo sulla  concorrenza,  non
puo' condurre all'invocato risultato di ottenerne la disapplicazione.
La societa' ricorrente non individua, invero, precise disposizioni di
rango comunitario, suscettibili di immediata e diretta  applicazione,
con  le  quali  la  norma  regionale  in  parola   si   porrebbe   un
irrimediabile contrasto, ma si limita ad invocare  generici  principi
desumibili dal trattato e dalla  direttiva  2004/18/CE  (concorrenza,
liberta' di stabilimento e libera prestazione dei servizi)". 
    2b.  Con  il  presente  appello  questa  motivazione   e'   stata
contestata. 
    2c. L'itinerario argomentativo seguito  dalla  ricorrente  si  e'
pero' confermato anche in questa  sede  basato  su  enunciazioni  del
tutto astratte dei suddetti principi, invocati  in  forma  del  tutto
generica e, per cosi' dire, in blocco  ("i  principi  di  derivazione
comunitaria  di  concorrenza,  liberta'  di  stabilimento,  e  libera
prestazione dei servizi ..., nonche' delle regole  della  concorrenza
nel mercato comune di cui al Trattato di Lisbona").  E,  soprattutto,
senza che la parte si sia fatta carico di  contestualizzate  siffatto
suo richiamo, spiegando per quali ragioni,  nella  concretezza  della
vicenda in esame,  i  detti  principi  dovessero  ritenersi  violati,
tenuta nel debito conto la particolarita'  della  materia  (attinente
incontestatamente ad un servizio  pubblico  locale)  e  quella  della
specifica  procedura  seguita  (connotata  dalla  previsione  che  il
"corrispettivo" riconoscibile al gestore avrebbe  integrato  solo  un
mero "rimborso spese di gestione"), oltre che le caratteristiche  del
particolare settore in rilievo. 
    Ne discende che anche questo  aspetto  dell'appello  deve  essere
disatteso. 
    3. Restano da esaminare le  perplessita'  che  la  ricorrente  ha
riproposto in termini di sospetta illegittimita' costituzionale della
norma regionale della cui applicazione si tratta. 
    3a. Il TAR ha ritenuto che nessuna  delle  questioni  prospettate
superasse il vaglio della non manifesta infondatezza. 
    Questa la motivazione del primo Giudice. 
    "La questione di costituzionalita', invece, della cui centralita'
- per quanto detto - non puo' dubitarsi, non supera il  vaglio  della
non manifesta infondatezza. 
    In  primo   luogo   non   puo'   condividersi   la   censura   di
irragionevolezza della norma in  esame,  posto  che  una  riserva  di
gestione dei canili agli enti che si occupano  in  via  esclusiva  di
animali appare una scelta coerente e tutt'altro che illogica da parte
del legislatore regionale, certamente sollecitato dalla comprensibile
preoccupazione  di  affidare  il  servizio  a  soggetti   che   diano
particolari garanzie di affidabilita'. 
    Tanto  meno  si  ravvisano  gli  estremi  della  violazione   del
principio di uguaglianza sub specie di disparita' di trattamento, che
presupporrebbe un'identita' di situazioni trattate in modo diseguale.
Ma, nel caso di specie,  i  soggetti  esclusi  dalla  gestione  hanno
natura diversa. 
    Ne' appare violato l'art. 41 della  costituzione.  L'affermazione
della liberta' di iniziativa economica privata non esclude - ai sensi
della  stessa  norma  costituzionale  -  limitazioni  per  mano   del
legislatore, purche' non irragionevoli. 
    Infine,  neanche  si  ravvisano  gli  estremi  della   violazione
dell'art. 117 Cost. Sostiene la societa' ricorrente che l'art. 14  in
esame si porrebbe in contrasto con i principi dettati dalla normativa
di rango statale in un ambito riservato alla  competenza  legislativa
concorrente; ovvero dall'art. 4, della legge 14 agosto 1991, n.  281,
il quale estende il novero dei soggetti cui puo' essere  affidata  la
gestione dei canili e dei gattili - come gia'  su  evidenziato  -  ai
"...soggetti privati che garantiscano la presenza nella struttura  di
volontari delle  associazioni  animaliste  e  zoofile  preposti  alla
gestione delle adozioni e degli affidamenti dei cani e dei gatti". 
    In realta' la norma statale contempla l'affidamento  ai  soggetti
privati come mera eventualita' e non gia' in termini di tassativita';
cio' che esclude la vincolativita' della relativa previsione  per  il
legislatore regionale. 
    3b. I sospetti di incostituzionalita' cosi' disattesi sono  stati
qui riproposti. 
    3c. La Sezione ritiene di poter  condividere  la  valutazione  di
manifesta infondatezza espressa dal primo Giudice rispetto  ai  primi
tre parametri costituzionali evocati dalla ricorrente (i principi  di
ragionevolezza e uguaglianza, nonche' quelli  degli  artt.  41  e  97
Cost.). 
    3c1.  Sotto  il  primo  profilo,  in  particolare,  quello  della
ragionevolezza, il T.A.R. ha  espresso  la  considerazione  che  «una
riserva di gestione dei canili agli  enti  che  si  occupano  in  via
esclusiva di animali appare una  scelta  coerente  e  tutt'altro  che
illogica da parte del legislatore regionale,  certamente  sollecitato
dalla comprensibile preoccupazione di affidare il servizio a soggetti
che diano particolari garanzie di affidabilita'». 
    E tale considerazione si presenta tanto  piu'  giustificata  alla
luce delle specifiche regole poste dal capitolato d'oneri.  L'art.  1
del capitolato, infatti, stabilisce: 
      che "i cani presenti  nel  canile  non  potranno  essere  fatti
oggetto di sperimentazione, ne' di  commercio,  ne'  potranno  essere
soppressi" (cfr. l'art. 2, commi 2 e 3, della legge n. 281/1991); 
      che "all'intento della struttura non potranno trovare  ricovero
cani di proprieta' di privati, sia  per  brevi  periodi  che  per  la
restante parte della loro vita". 
    Cio'  posto,  non  sembra  ragionevole  dubitare  del  fatto  che
un'associazione  protezionistica  o  animalista   iscritta   all'Albo
regionale  delle  associazioni  per  la  protezione   degli   animali
fornirebbe, per  sua  propria  natura,  maggiori  garanzie  circa  il
rispetto  delle  regole  anzidette  e,  piu'   in   generale,   circa
l'adeguatezza ed effettivita' delle proprie prestazioni di  custodia,
alimentazione, pulizia e complessivo mantenimento  degli  animali  di
cui si tratta, rispetto ad un soggetto non iscritto  e,  per  contro,
statutariamente mosso da un fine  lucrativo.  La  stessa  appellante,
d'altra parte, riconosce che  "il  fine  ultimo  della  normativa  in
commento e' garantire il benessere  degli  animali  ricoverati  nelle
strutture dianzi indicate" (appello, pag. 30). 
    Donde l'immunita' da vizi della valutazione del Tribunale. 
    3c2. Quanto alla disparita' di trattamento  pure  denunziata,  il
primo Giudice ragionevolmente ha osservato che  questa  "presuporebbe
un'identita' di situazioni trattate in  modo  diseguale",  laddove  i
soggetti esclusi dalla gestione hanno natura  del  tutto  diversa  da
quella di coloro ai quali la partecipazione alla procedura e'  stata,
invece, riservata. Natura che si  conferma  irriducibilmente  diversa
anche quando gli uni e gli altri possano, potenzialmente,  venire  in
rilievo quali portatori di requisiti simili. 
    3c3. Rispetto al riferimento qui reiterato al canone dell'art. 41
della Costituzione, oltre a  quanto  appena  osservato  in  punto  di
ragionevolezza della scelta  legislativa,  deve  aggiungersi  che  il
relativo  richiamo  al  precetto  costituzionale  risulta  del  tutto
astratto, non tenendo conto  della  specificita'  dell'oggetto  della
controversia  gia'  emersa  nel   parag.   2c   in   relazione   alla
particolarita' della materia (servizio  pubblico  locale),  a  quella
della procedura del  cui  svolgimento  si  tratta  (incentrata  sulla
previsione  del  riconoscimento  di  un  mero  "rimborso   spese   di
gestione") e alle esigenze collettive inerenti al settore in rilievo. 
    3c4. Nessuna argomentazione affettiva suscettibile di  dar  corpo
ad una compiuta censura a carico della  norma  regionale  giustifica,
infine, il  richiamo  operato  dalla  ricorrente  all'art.  97  della
Costituzione. 
    3d. La  Sezione  reputa  di  doversi  discostare,  invece,  dalla
decisione di  prime  cure  rispetto  alla  valutazione  di  manifesta
infondatezza  espressa  dal  T.A.R.  sulla  conclusiva  eccezione  di
incostituzionalita' che ha investito la norma  regionale  piu'  volte
citata per contrasto, stavolta, con l'art. 117 della Carta. 
    Sotto questo profilo  verra'  pertanto  sollevata,  con  separata
ordinanza, una questione di legittimita' costituzionale. (fin qui  la
sentenza non definitiva n. 6103 del 2014 di questa Sezione). 
    3. La rilevanza della questione che con il presente provvedimento
si solleva riposa sulla circostanza che, ove la  norma  regionale  in
disamina dovesse essere  giudicata  coerente  con  la  norma  statale
dianzi indicata, e pertanto conforme a Costituzione, la  legittimita'
del bando di gara  impugnato  non  potrebbe  che  essere  confermata.
Laddove e' solo nell'ipotesi di un  esito  opposto  del  giudizio  di
costituzionalita' che la ricorrente potrebbe ottenere,  di  converso,
con l'annullamento della  clausola  di  bando  preclusiva  della  sua
partecipazione alla gara, almeno l'accesso  alle  conseguenti  misure
ripristinatorie e/o riparatorie del pregiudizio nel frattempo patito. 
    4. Inquadrando piu' da vicino, a  questo  punto,  i  termini  del
conflitto tra le norme di cui si tratta (i cui contenuti  sono  stati
anticipati nel paragr. 1), e' possibile osservare quanto segue. 
    4a. La disciplina attinente agli  animali  di  affezione  e  alla
prevenzione del randagismo, cui hanno riguardo sia la legge regionale
n.  12/1995  che  la  legge  statale   n.   281/1991,   si   presenta
inquadrabile,  per  le  sue   implicazioni   sanitarie   e   -   piu'
marginalmente - ambientali, sia  nella  materia  della  tutela  della
salute che  in  quella  dell'ambiente:  in  questo  senso  milita  la
previsione dell'art. 1, l. n. 281 del 1991, che affida allo Stato  la
promozione e la disciplina di settore  "...al  fine  di  favorire  la
corretta convivenza tra uomo  e  animale  e  di  tutelare  la  salute
pubblica e l'ambiente". 
    La disciplina in questione si inscrive pertanto  sotto  il  primo
profilo (tutela della salute),  che  sembra  prevalente,  nell'ambito
proprio della legislazione  concorrente;  sotto  il  secondo  (tutela
dell'ambiente) nell'ambito di quella esclusiva. 
    4b. L'art. 117, comma  3,  della  Costituzione  stabilisce,  come
noto, che nelle materie che rientrano nella legislazione  concorrente
la potesta' legislativa regionale deve esercitarsi nel  rispetto  dei
principi fondamentali posti dalla legislazione dello Stato. 
    Tanto  premesso,  non  si   presenta   manifestamente   infondato
l'assunto di parte che il legislatore regionale, con riferimento alle
modalita' di gestione dei canili, debba uniformarsi  alla  previsione
normativa statale introdotta con l'art. 2, comma 371, della legge  n.
244/2007, a guisa di principio fondamentale della relativa materia. 
    4c. Deve pero' evidenziarsi, ancor prima, che quest'ultima norma,
che e' specificamente intesa ad estendere il novero dei soggetti  cui
puo' essere affidata la gestione dei canili  e  gattili,  al  di  la'
delle associazioni, anche ai  comuni  "soggetti  privati",  prima  di
poter essere  astrattamente  riguardata  quale  una  possibile  norma
fondamentale  del  settore  si  presenta  obiettivamente  come  norma
riconducibile, di per se stessa, alla  tutela  della  concorrenza,  e
pertanto si configura come espressione di  una  potesta'  legislativa
addirittura esclusiva. 
    Sicche' la questione  di  legittimita'  costituzionale  a  carico
della norma regionale va sollevata  innanzitutto,  e  d'ufficio,  per
violazione dell'art. 117, comma 2, lett. e)  Cost.,  e  solo  in  via
subordinata, per l'eventualita', cioe',  che  la  norma  statale  non
dovesse essere qualificata come norma di  tutela  della  concorrenza,
per  violazione   dell'art.   117,   comma   3   (qui   conformemente
all'eccezione di parte ricorrente), in  quanto  in  tale  subordinata
ipotesi la medesima norma statale  verrebbe  in  rilievo  come  norma
fondamentale  in  materia  inerente   alla   tutela   della   salute,
nell'ambito della legislazione concorrente. 
    5. Quanto al senso da attribuire alla norma  statale  di  cui  si
tratta, la Sezione non ritiene  di  poter  condividere  l'avviso  del
primo  Giudice  che  la  medesima  contemplerebbe  "l'affidamento  ai
soggetti privati come mera eventualita' e  non  gia'  in  termini  di
tassativita'; cio'  che  esclude  la  vincolativita'  della  relativa
previsione per il legislatore regionale". 
    Come ha dedotto la societa' ricorrente, infatti, la norma esprime
la volonta' del  legislatore  statale  di  garantire  al  settore  in
discussione una struttura concorrenziale, escludendone la  riserva  a
favore delle associazioni piu' volte  menzionate.  La  norma  stessa,
stante la sua ratio, contempla quindi l'affidamento  ad  un  soggetto
privato non associativo non come una  remota  "eventualita'",  bensi'
come una possibilita'  alternativa  che  deve  essere  effettivamente
preservata e fatta salva. 
    Da qui l'ineludibilita' del rapporto conflittuale tra le norme in
discussione. 
    6. Tale rapporto conflittuale va  pero'  a  questo  punto  meglio
precisato, prendendo in esame degli ulteriori dati normativi  offerti
dalle rispettive fonti. 
    6a. Con riferimento alla legge statale n. 281/1991, e'  opportuno
notare che il suo art. 2, comma  11,  che  risulta  tuttora  vigente,
recita: "Gli enti e le associazioni protezioniste possono gestite  le
strutture di cui al comma  1  dell'articolo  4,  sotto  il  controllo
sanitario dei servizi veterinari dell'unita' sanitaria locale". 
    Tale norma si riferisce sia ai canili  che  ai  rifugi,  come  si
evince dal richiamo fatto alle strutture di  cui  all'art.  4.  Essa,
peraltro, sembra esaurire la propria portata nell'enunciazione  della
necessita'  tecnica,  del  tutto  neutra  ai  fini   della   presente
ordinanza, che il gestore delle strutture in discorso agisca sotto il
controllo  dei  servizi  veterinari   pubblici.   A   seguito   della
riformulazione dell'art. 4 della stessa legge operata con la legge n.
244/2007, l'art. 2, comma 11 sembra, allora, dover essere  senz'altro
coordinato con il nuovo precetto, e  quindi  inteso  nel  senso  che,
allorche' la gestione in discorso venga affidata in  concreto  ad  un
"privato", secondo la possibilita'  che  il  legislatore  statale  ha
voluto introdurre, in tal caso anche questi dovra' operare "sotto  il
controllo sanitario  dei  servizi  veterinari  dell'unita'  sanitaria
locale". 
    Sicche' nell'economia della questione di costituzionalita' che si
sta delineando il suddetto comma 11 non sembra rivestire alcun  ruolo
di rilievo. 
    6b. Venendo al versante della normativa regionale della  materia,
occorre invece porre in risalto il fatto che l'art. 9, comma 4, della
l. reg. n. 12/1995 riservava gia' ab origine la gestione  dei  rifugi
per  cani  ai  soggetti  (enti  e  associazioni)  iscritti   all'Albo
regionale di  cui  all'art.  13  della  stessa  fonte  regionale,  in
coerenza con le previsioni dell'art. 14, comma 1, della stessa legge. 
    Di conseguenza, l'introduzione nell'art. 14,  della  l.  reg.  n.
12/1995 del nuovo comma 2 bis ha  portato  -  data  l'ampiezza  della
novella formulazione normativa, riferita  a  tutte  le  strutture  di
"ricovero" e "custodia" dei cani - ad estendere il regime di  riserva
alle associazioni iscritte a tale Albo,  anteriormente  gia'  vigente
per i soli rifugi, anche ai canili sanitari. 
    La portata innovativa della norma regionale oggetto di  scrutinio
deve  dunque  intendersi  cosi'  limitata.   E,   di   riflesso,   va
analogamente circoscritto il rapporto conflittuale configurabile  tra
i due precetti, regionale e  statale,  oggetto  di  raffronto:  anche
l'art. 2, comma 371, della legge n.  244/2007,  del  resto,  riguarda
testualmente i soli "canili e gattili sanitari". 
    La  problematica  di  cui  si  tratta,  pur  cosi'  circoscritta,
conserva pero' rilevanza ai fini di causa,  poiche'  la  legittimita'
del bando impugnato continua nondimeno a dipenderne, nei termini  che
sono stati esposti nel paragr. 3. 
    7. La Sezione deve a questo punto mettere meglio a fuoco  la  non
manifesta infondatezza della questione che si sta sollevando. 
    7a. La norma statale piu' volte  citata  si  presenta  funzionale
alla  tutela  della  concorrenza,  e  come  tale   espressiva   della
competenza statale esclusiva sancita dal comma 2, lett. e), dell'art.
117 della Costituzione. 
    Sul   tema   giova   invero   seguire   l'approccio   sistematico
recentemente offerto dalla pronuncia della  Corte  costituzionale  15
marzo 2013, n. 38. 
    "Questa  Corte,  chiamata  ad  esaminare   varie   questioni   di
legittimita' costituzionale..., sollevate da diverse Regioni  (alcune
delle quali a statuto speciale), con la recente sentenza n.  299  del
2012 le ha dichiarate inammissibili o non fondate, ponendo  in  luce,
tra l'altro (e per quanto qui rileva) che: 
      1) per costante giurisprudenza  costituzionale  la  nozione  di
concorrenza - di cui all'art. 117, secondo comma, lettera  e),  Cost.
«riflette quella operante in ambito comunitario e comprende: 
        a) sia gli interventi  regolatori  che  a  titolo  principale
incidono sulla concorrenza, quali le misure legislative di tutela  in
senso proprio, che contrastano gli  atti  ed  i  comportamenti  delle
imprese che incidono negativamente  sull'assetto  concorrenziale  dei
mercati  e  che  ne   disciplinano   le   modalita'   di   controllo,
eventualmente anche di sanzione; 
        b) sia le misure legislative di  promozione,  che  mirano  ad
aprire un mercato o a  consolidare  l'apertura,  eliminando  barriere
all'entrata, riducendo o  eliminando  vincoli  al  libero  esplicarsi
della capacita' imprenditoriale e  della  competizione  tra  imprese,
rimuovendo cioe', in generale, i vincoli alle modalita' di  esercizio
delle attivita' economiche (ex multis: sentenze n. 270 e  n.  45  del
2010, n. 160 del 2009, n. 430 e n. 401 del 2007)»; 
      2) la materia «tutela della concorrenza», dato il suo carattere
finalistico, non e' una materia di estensione certa o delimitata,  ma
e' configurabile come  trasversale,  «corrispondente  ai  mercati  di
riferimento delle attivita' economiche incise  dall'intervento  e  in
grado  di  influire  anche  su  materie  attribuite  alla  competenza
legislativa, concorrente o residuale, delle regioni (sentenze  n.  80
del 2006, n. 175 del 2005, n. 272 e n. 14 del 2004)». 
    Orbene, la norma statale in rilievo sembra suscettibile di essere
specificamente  considerata  in  termini  di  misura  legislativa  di
promozione della concorrenza, mirando essa ad aprite un mercato  o  a
consolidarne l'apertura. 
    7b. Cio' posto,  poiche'  la  norma  regionale  in  contestazione
incide sull'assetto concorrenziale degli  operatori  del  settore  in
modo difforme da quanto previsto dalla normativa statale, essa sembra
finire con l'invadere la potesta' legislativa esclusiva  dello  Stato
nella materia della  "tutela  della  concorrenza",  in  quanto  viene
sostanzialmente ad operare in termini anti-concorrenziali (cfr. Corte
costituzionale, 19 dicembre 2012, n. 291). 
    D'altra parte, la giurisprudenza costituzionale ha ribadito anche
di recente "che «e' alla competenza esclusiva dello Stato che  spetta
tale regolamentazione,  ex  art.  117,  secondo  comma,  lettera  e),
Cost.», essendo inibiti alle Regioni interventi normativi diretti  ad
incidere sulla disciplina  dettata  dallo  Stato,  finanche  in  modo
meramente riproduttiva della stessa (sentenza n. 245  del  2013,  che
richiama le sentenze n. 18 del 2013, n. 271 del 2009, n. 153 e n.  29
del 2006)" (Corte cost., 14 marzo 2014, n. 49). 
    Cosi'  come  e'  stato  confermato  che  "...  la  tutela   della
concorrenza, attesa  la  sua  natura  trasversale,  assume  carattere
prevalente e funge, quindi, da limite alla disciplina che le  Regioni
possono dettare in forza della competenza  in  materia  di  commercio
(sentenze n. 38 del 2013 e n. 299  del  2012)  o  in  altre  materie"
(Corte cost. 1° giugno 2014, n. 165). 
    Ne' guasta infine soggiungere, per completezza, per un verso, che
la giurisprudenza comunitaria ha riconosciuto che l'assenza del  fine
di lucro non esclude l'esercizio dell'attivita' economica (cfr. Corte
giust. CE,  19  maggio  2009,  C-538;  Sez.  III,  29  novembre  2007
C-119/06);  per  altro   verso,   che   l'Autorita'   garante   della
concorrenza, con due segnalazioni al Parlamento  relative  proprio  a
leggi regionali (cfr. 13 novembre 2008 AS487 e 19 marzo 2009  AS509),
ha osservato che gli enti no  profit,  sebbene  ispirati  a  principi
solidaristici, sono imprese ai sensi del diritto  antitrust,  sicche'
non  sono  consentiti  affidamenti  diretti  in   loro   favore,   ma
affidamenti con gare in concorrenza con altri operatori. 
    7c. Appare dunque non manifestamente infondata  la  questione  di
legittimita'  costituzionale  che  si  solleva  d'ufficio  a   carico
dell'art. 14, comma 2 bis, della l. reg. n. 12/1995 (come  modificata
dall'art. 45, della l. reg. n. 4/2010) per violazione dell'art.  117,
comma 2, lett. e), della Costituzione. 
    7d. Solo in via subordinata,  per  l'eventualita'  che  la  norma
statale di riferimento non dovesse essere qualificata come  norma  di
tutela  della  concorrenza,  si  deve  dubitare  della   legittimita'
costituzionale della norma regionale che e' in conflitto con la prima
per violazione del comma  3  dello  stesso  art.  117  (conformemente
all'eccezione di parte  ricorrente):  prospettiva  gradata  entro  la
quale la norma statale verrebbe in rilievo (se non altro) come  norma
fondamentale  in  materia  inerente   alla   tutela   della   salute,
nell'ambito della legislazione concorrente. 
    Sempre   sotto   un'angolazione   subordinata,    infine,    puo'
sottolinearsi  che  la  norma  regionale  in   contestazione   appare
distonica   anche   in   relazione   ai   limiti   (delineati   dalla
giurisprudenza costituzionale: dr, fra le tante Corte cost. 26  marzo
2010, n. 120; 14 gennaio 2010, n. 1) agli interventi consentiti  alle
regioni nell'ambito di competenza esclusiva dello Stato in materia di
tutela dell'ambiente. Lo scopo della norma regionale, per  vero,  per
tutte le ragioni sopra illustrate non appare quello  di  incrementare
(nell'esercizio delle competenze concorrenti in  materia  di  salute,
governo del territorio e valorizzazione dei beni ambientali)  livelli
di tutela dell'ambiente piu' elevati di quelli stabiliti dallo Stato. 
    La rimessione degli atti alla Corte  costituzionale  comporta  la
sospensione del processo in corso. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale  (Sezione  Quinta),
visti l'art. 134 della Costituzione, l'art. 1, l.  Cost.  9  febbraio
1948, n. 1, l'art. 23, l. 11 marzo 1953, n.  87  e  l'art.  1,  delle
norme integrative per i giudizi davanti alla Corte  costituzionale  7
ottobre 2008: 
      a)  Dichiara  rilevante  e  non  manifestamente  infondata   la
questione, che rimette alla Corte costituzionale, della  legittimita'
costituzionale dell'art. 14, comma 2 bis, della l. reg.  n.  12/1995,
come modificata dall'art. 45, della l.  reg.  n.  4/2010,  nei  sensi
indicati in motivazione; 
      b) Dispone  l'immediata  trasmissione  degli  atti  alla  Corte
costituzionale e sospende il presente giudizio; 
      c) Ordina  che  a  cura  della  Segreteria  della  Sezione,  la
presente ordinanza: 
        sia  notificata  alle  parti  in  causa,  al  Presidente  del
Consiglio dei Ministri, nonche' al Presidente della Giunta  regionale
della Puglia; 
        sia comunicata al Presidente del  Consiglio  regionale  della
Puglia; 
      d)  Manda  alla  Segreteria  per  la  trasmissione  alla  Corte
costituzionale degli atti di causa presenti nel fascicolo  d'ufficio,
in copia conforme, inclusa  la  sentenza  non  definitiva  di  questa
Sezione n. 6103 dell'11 dicembre 2014. 
    Cosi' deciso in Roma nella  Camera  di  consiglio  del  giorno  4
novembre 2014 con l'intervento dei magistrati: 
      Vito Poli, Presidente FF; 
      Francesco Caringella, Consigliere; 
      Antonio Amicuzzi, Consigliere; 
      Doris Durante, Consigliere; 
      Nicola Gaviano, Consigliere, Estensore. 
 
                         Il presidente: Poli 
 
 
                                                 L'estensore: Gaviano