N. 112 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 luglio 2014

Ordinanza del 28 luglio 2014 del Tribunale di Milano nel procedimento
civile promosso da  Miele  Aniello  contro  Autostrade  per  l'Italia
S.p.a.. 
 
Lavoro (controversie in materia di) - Giudizio  di  opposizione  alla
  ordinanza che accoglie o rigetta il licenziamento del lavoratore  -
  Possibilita' che  il  giudizio  di  opposizione  abbia  svolgimento
  davanti al medesimo giudice persona fisica della  fase  sommaria  -
  Mancata previsione - Violazione  del  principio  di  uguaglianza  -
  Lesione del diritto di azione e di difesa in giudizio - Lesione del
  principio  del  giudice  naturale  -  Violazione  dei  principi  di
  imparzialita' e buon andamento - Violazione dei principi del giusto
  processo. 
- Legge 28 giugno 2012, n. 92, art. 1, comma 51. 
- Costituzione, artt. 3, commi primo e secondo,  24,  commi  primo  e
  secondo, 25, primo comma, 97 e 111, primo comma. 
Procedimento  civile  -  Astensione  e  ricusazione  del  giudice   -
  Astensione del  giudice  che  abbia  conosciuto  della  fattispecie
  oggetto del giudizio in  altro  grado  del  processo  -  Esclusione
  dell'operativita'  nel  giudizio  di  opposizione  all'udienza  che
  accoglie o  rigetta  il  licenziamento  del  lavoratore  -  Mancata
  previsione - Violazione del principio di uguaglianza - Lesione  del
  diritto di azione e di difesa in giudizio - Lesione  del  principio
  del giudice naturale - Violazione dei principi di  imparzialita'  e
  buon andamento - Violazione dei principi del giusto processo. 
- Codice di procedura civile, art. 51, primo comma, n. 4. 
- Costituzione, artt. 3, commi primo e secondo,  24,  commi  primo  e
  secondo, 25, primo comma, 97 e 111, primo comma. 
(GU n.24 del 17-6-2015 )
 
                         TRIBUNALE DI MILANO 
                        Sezione Terza Civile 
 
    Il Tribunale, riunito in Camera di consiglio e composto da: 
      dott. Cesare de Sapia - Presidente rel.; 
      dott. Giuseppe Blumetti - Giudice; 
      dott.ssa Maria Gabriella Mennuni - Giudice; 
    In relazione all'istanza di ricusazione ex  art.  52  c.p.c.  nei
confronti del Giudice dott. Giorgio Pietro  Mariani,  depositata  dal
sig. Miele Aniello, con gli avv.ti Sterli e Palotti, nel procedimento
di opposizione R.G. 13608/13, ha emesso la seguente 
 
                              Ordinanza 
 
    1) Il ricorso per ricusazione ex art. 52  c.p.c.,  depositato  in
data 4 marzo 2014, e' fondato sul  rilievo  che  il  giudice  sarebbe
incompatibile per la trattazione del procedimento di opposizione,  ex
art. 1, comma 51, legge n. 92/2012, avendo gia' trattato e deciso  il
relativo procedimento sommario, di cui all'art. 1,  commi  48  e  49,
legge citata. 
    2)  A  fondamento  dell'istanza  di  ricusazione  il   ricorrente
richiama la pronuncia della Corte costituzionale n. 387/99,  in  tema
di procedimento ex art. 28, l. n. 300/70, nella quale viene  espresso
il fondamentale principio di imparzialita' del Giudice, previsto  per
evitare  che  lo  stesso  Giudice  abbia  a  ripercorrere  l'identico
itinerario logico  precedentemente  seguito;  il  ricusante  precisa,
altresi',  che  tale  principio  e'  stato  riaffermato  dalla  Corte
costituzionale nella decisione n.  460/05,  riguardante  la  fase  di
opposizione fallimentare. 
    3) Cio' premesso, osserva il collegio che in relazione ad analoga
questione il Tribunale, con le ordinanze in data 27 gennaio 2014 e  6
febbraio 2014, ha disposto la rimessione degli atti del processo alla
Corte  costituzionale,  essendo  "rilevante  e   non   manifestamente
infondata la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 51,
comma 1, n. 4 c.p.c. e 1, comma  51,  legge  28  giugno  2012  n.  92
(Disposizioni in materia di riforma del mercato  del  lavoro  in  una
prospettiva di crescita), nella parte in cui non prevedono  l'obbligo
di astensione per l'organo giudicante (persona fisica) investito  del
giudizio di opposizione ex art. 51,  comma  1,  l.  92/12  che  abbia
pronunciato  l'ordinanza  ex  art.  1,  comma  49,  l.  92/2012,   in
riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione" (Ord.  del  27
gennaio 2014). 
    4) Tale conclusione appare condivisibile,  essendo  la  questione
rilevante, considerato che nel caso di specie si afferma  sussistente
l'obbligo di astensione da parte del  giudice  della  fase  sommaria,
obbligo che, invece, non si configura nel presente assetto normativo. 
    Ed infatti, nella presente fattispecie  deve  escludersi  che  il
giudice abbia conosciuto della causa "come magistrato in altro  grado
del  processo...",   difettando,   in   particolare,   il   requisito
dell'identita' di causa, nel diverso grado. 
    Non  si  ravvisa,  cioe',  un   procedimento   di   impugnazione,
considerato che  nella  fase  di  opposizione,  a  cognizione  piena,
possono essere formulate domande nuove, anche in via riconvenzionale,
possono  farsi  valere  nuovi  elementi  probatori,  in  assenza   di
preclusioni istruttorie. E' consentita, inoltre, la chiamata in causa
di soggetti ulteriori rispetto alla fase sommaria. 
    Nel caso di specie viene rispecchiata la  consueta  articolazione
tipica dei procedimenti di  opposizione:  una  prima  fase  sommaria,
seguita da un'eventuale fase di opposizione a cognizione piena. 
    5) Contrariamente a quanto dedotto da parte ricusante, i principi
richiamati nella pronuncia della Corte costituzionale citata da parte
ricusante (sent. n. 387/99), non risultano applicabili alla  presente
fattispecie,  in   quanto   riguardano   la   fase   processuale   di
impugnazione, ex art. 28 dello  Statuto  dei  lavoratori,  come  gia'
evidenziato da questo Tribunale,  nell'ordinanza  in  data  4  aprile
2013, dove si e'  affermato  che  "l'emissione  di  provvedimenti  di
urgenza o a cognizione sommaria da parte dello stesso giudice che  e'
chiamato  a  decidere  il  merito  della  stessa,   costituisce   una
situazione  ordinaria  del  giudizio  e  non  puo'  in  nessun   modo
pregiudicarne l'esito, ne' determina un obbligo di astensione  o  una
facolta' della parte di chiedere la ricusazione (Cass. n.  422/2006).
Principi  interpretativi  conformi  all'orientamento  espresso  dalla
Corte costituzionale cui fu rimessa la  questione  della  conformita'
dell'art. 51 n. 4 c.p.c. al dettato costituzionale  (v.  sentenza  n.
326/1997). Orientamento che  ha  trovato  ulteriore  riscontro,  (..)
(ne)lle  ipotesi  di   opposizioni   proposte   avanti   il   giudice
dell'esecuzione avverso atti  esecutivi  dallo  stesso  anteriormente
adottati (v. Cass. n. 5510 /2003). Tali temi sono  stati  anche  piu'
recentemente riconsiderati dalla giurisprudenza di  legittimita',  la
quale ha affermato l'inapplicabilita' dell'art. 51 n. 4 c.p.c.,  (..)
(v. SS.UU. Cass. n. 1783/2011,  Cass.  n.  18047/2008)...".  Inoltre,
deve escludersi che i principi ricavabili dalla sentenza n. 387 della
Corte costituzionale, del 15 ottobre  1999,  possano  applicarsi  per
analogia al caso di specie, come affermato dalla Corte  d'Appello  di
Milano (sentenza n. 1577 del 13 dicembre 2013). Infatti, "il giudizio
di comparazione, tra il caso trattato dalla Consulta nella  decisione
citata e quello sottoposto a questo Collegio, si conclude  nel  senso
di escludere affinita' tra le fattispecie, tale da indurre a ritenere
applicabile la medesima proposizione interpretativa (distinguishing).
Il giudizio previsto dall'art. 28,  legge  20  maggio  1970  n.  300,
infatti,  ha  la  funzione  esclusiva  di   reprimere   la   condotta
antisindacale e, pertanto, oggetto del processo e' la violazione  del
diritto dei  lavoratori  all'attivita'  sindacale  e  allo  sciopero,
tant'e' che  il  provvedimento  conclusivo  del  rito  (se  positivo)
comporta la cessazione del comportamento illegittimo e  la  rimozione
degli effetti. Si tratta,  inoltre,  di  una  procedura  attivata  su
ricorso degli organismi locali delle associazioni sindacali nazionali
che vi abbiano interesse. Ambito processuale del tutto differente  da
quello regolato dalla l. 92/12 in cui, invece, il procedimento ha  ad
oggetto un determinato rapporto di lavoro in  un  giudizio  che  vede
confrontarsi parti legate da rapporto negoziale,  con  un  ambito  di
cognizione ben piu' ampio e complesso, in cui  anche  la  conclusione
del giudizio e'  aperta  ad  una  variegata  ricchezza  di  soluzioni
giudiziali. Pertanto: nel primo rito,  la  pronuncia  ha,  di  fatto,
vocazione sanzionatoria  e  l'ambito  di  cognizione  e'  limitato  e
ristretto cosicche' non si assiste  invero,  a  due  fasi  "in  senso
tecnico", ma ad una sanzione ed alla  sua  impugnazione.  Da  qui  la
sostanziale assimilabilita' di quella  fase  ad  un  vero  e  proprio
"grado" del giudizio. Quanto non accade nel rito ex  lege  92/12.  In
questo caso, il procedimento resta unico ma scandito da due  fasi  in
cui, nella prima, il rapporto di lavoro e' oggetto di  una  pronuncia
celere e ad istruttoria «approssimativa» che, se non soddisfacente  a
giudizio di una o entrambe  le  parli,  viene  accantonata  per  dare
ingresso alla seconda (delle citate fasi) in  cui  il  processo  gode
della pienezza dei rimedi, degli strumenti, dei tempi. La  diversita'
ontologica tra i due riti  e'  pure  resa  palese  dal  dettaglio  di
disciplina che assiste il procedimento ex  lege  92/12  in  cui,  nei
commi da 47 a 69, il Legislatore disciplina in modo dettagliato: fase
sommaria, fase a cognizione piena, giudizio di  appello  procedimento
di Cassazione". 
     (...) "Alla luce del ragionamento sin qui  svolto:  il  rito  ex
lege 92/12 non prevede che il giudice delle  due  fasi  debba  essere
diverso e questa  previsione  non  puo'  nemmeno  ricavarsi  per  via
interpretativa attingendo al bacino  di  Corte  Cost.  387/99"  (Ord.
Trib. Milano in data 27 gennaio 2014, citata). 
    6) Cio' premesso, va altresi' condivisa la  valutazione  espressa
da questo  Tribunale  nell'ordinanza  in  data  6  febbraio  2014  in
relazione alla non manifesta infondatezza della questione  sollevata,
considerato che "La particolare struttura procedimentale,  introdotta
dalla l. n. 92/12, pur mirando a costituire un procedimento  scandito
da due fasi - di cui una  urgente  e  sommaria  e  l'altra  di  piena
cognizione - pur non istituendo, in  senso  tecnico,  un  "grado"  di
giudizio, configura una struttura processuale in cui la seconda delle
fasi puo' assume(re)- secondo il ricusante e la citata giurisprudenza
d'appello (sentenza  n.  1577/13,  ndr)  -  valore  impugnatorio  con
contenuto  sostanziale  di  revisio  prioris  instantiae.   In   tale
prospettiva, puo' prospettarsi la violazione degli  artt.  24  e  111
della  Costituzione,  per  la  lesione  del   diritto   alla   tutela
giurisdizionale, sotto il profilo di esclusione  della  imparzialita'
del giudice". 
    7) Sulla base delle conclusioni raggiunte,  deve  essere  rimessa
alla  valutazione  della  Corte  costituzionale   la   questione   di
incostituzionalita' degli artt. 51, 1 comma, n. 4, c.p.c. e 1,  comma
51, legge 28 giugno 2012 n. 92 (Disposizioni in  materia  di  riforma
del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita),  nella  parte
in cui non prevedono l'obbligo di astensione per l'organo  giudicante
(persona fisica) investito del giudizio di opposizione ex art. 51,  1
comma, l. 92/12 se abbia gia'  pronunciato  l'ordinanza  ex  art.  1,
comma 49, l. 92/2012. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Visti gli artt. 134 Cost., 23 legge 11 marzo 1953 n. 87; 
    1) Ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione
di legittimita' costituzionale degli artt. 51, comma I, n. 4 c.p.c. e
1, comma 51, legge 28 giugno 2012 n. 92 (disposizioni in  materia  di
riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita), nella
parte in cui non  prevedono  l'obbligo  di  astensione  per  l'organo
giudicante (persona fisica) investito del giudizio di opposizione  ex
art. 51, comma I, l. 92/12 che abbia pronunciato l'ordinanza ex  art.
1, comma 49, l. 92/2012, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111  della
Costituzione. 
    2) Sospende il giudizio e dispone l'immediata trasmissione  degli
atti  alla  Corte  costituzionale,  unitamente   alla   prova   delle
comunicazioni e notificazioni previste. 
    3) Ordina che, a cura della Cancelleria,  la  presente  ordinanza
venga notificata a tutte le parti del processo e  al  Presidente  del
Consiglio dei Ministri, nonche' comunicata ai Presidenti della Camera
dei Deputati e del Senato della Repubblica. 
      Milano, Camera di consiglio del 21 maggio 2014 
 
                    Il Presidente est.: De Sapia