N. 55 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 26 maggio 2015

Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
cancelleria il 26 maggio  2015  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri). 
 
Sanita' - Norme della Regione Friuli-Venezia Giulia - Istituzione del
  registro  regionale  per  le  libere  dichiarazioni  anticipate  di
  trattamento sanitario (DAT) -  Ricorso  del  Governo  -  Denunciata
  lesione della competenza legislativa esclusiva statale  in  materia
  di  ordinamento  civile,  a  fronte  della  previsione  che   nella
  dichiarazione  anticipata  di  trattamento  sanitario  il  soggetto
  interessato puo' nominare uno o piu' fiduciari o un  amministratore
  di sostegno, nonche' in materia di ordinamento  penale,  in  quanto
  una  disciplina  in  materia   di   dichiarazioni   anticipate   di
  trattamento richiederebbe un coordinamento con le norme del  codice
  penale che prevedono  determinati  reati  (omicidio,  omicidio  del
  consenziente, istigazione o aiuto al  suicidio)  -  Violazione  dei
  principi fondamentali della  legislazione  statale  in  materia  di
  tutela della salute e del principio di uguaglianza con riguardo, in
  particolare, al principio del consenso informato. 
- Legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 13 marzo 2015, n.  4,  in
  particolare, art. 1, comma 3. 
- Costituzione, artt. 3 e 117, commi secondo, lett. l), e terzo. 
Sanita' - Norme della Regione Friuli-Venezia  Giulia  -  Disposizioni
  intese a favorire la registrazione della volonta'  in  merito  alla
  donazione post mortem degli organi o tessuti -  Previsione  che  le
  Aziende per l'assistenza sanitaria ricordano, contestualmente  alla
  registrazione  delle  dichiarazioni   anticipate   di   trattamento
  sanitario alla persona interessata, la possibilita'  di  effettuare
  liberamente anche la  dichiarazione  di  volonta'  in  merito  alla
  donazione post mortem di organi del proprio corpo o  di  tessuti  -
  Ricorso  del  Governo  -  Denunciata   lesione   della   competenza
  legislativa esclusiva statale in materia di  ordinamento  civile  -
  Violazione dei principi fondamentali della legislazione statale  in
  materia di tutela della salute e del principio di  uguaglianza  con
  riguardo, in particolare, al principio del consenso informato. 
- Legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 13 marzo 2015, n.  4,  in
  particolare, artt. 1, comma 5, e 7. 
- Costituzione, artt. 3 e 117, commi  secondo,  lett.  l),  e  terzo;
  legge 1 aprile 1999, n. 91. 
Sanita' - Norme della Regione Friuli-Venezia Giulia - Istituzione del
  registro  regionale  per  le  libere  dichiarazioni  anticipate  di
  trattamento  sanitario  (DAT)  -  Previsione  che   l'Azienda   per
  l'assistenza sanitaria inserisce  le  dichiarazioni  anticipate  di
  trattamento sanitario nella banca  dati  e  ne  cura  la  tenuta  -
  Ricorso del Governo -  Denunciata  incidenza  sulla  materia  della
  protezione dei dati personali e sulla tutela della  riservatezza  -
  Lesione della competenza legislativa esclusiva statale  in  materia
  di ordinamento civile - Contrasto con la disciplina  e  i  principi
  della legislazione  statale  in  materia  di  protezione  dei  dati
  personali. 
- Legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 13 marzo 2015, n.  4,  in
  particolare, artt. 2, commi 3 e 4, 6 e 9. 
- Costituzione, artt. 3 e 117, commi  secondo,  lett.  l),  e  terzo;
  decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, artt. 4, comma 1, lett.
  d), 18, comma 2, e 20, commi 1 e 2. 
(GU n.25 del 24-6-2015 )
    Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri,  rappresentato
e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato codice  fiscale
80224030587, fax 06/96514000 e pec  roma@mailcert.avvocaturastato.it,
presso i cui uffici ex lege domicilia in Roma, via dei Portoghesi  n.
12; 
    Nei confronti della regione autonoma  Friuli-Venezia  Giulia,  in
persona del presidente della giunta  regionale  pro  tempore  per  la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge  regionale
Friuli-Venezia Giulia n. 4 del 13 marzo  2015,  recante  «Istituzione
del registro regionale per  le  libere  dichiarazioni  anticipata  di
trattamento sanitario (DAT) e disposizioni per favorire  la  raccolta
delle volonta' di donazione degli organi e dei  tessuti»,  pubblicata
nel B.U.R. n. 8 del 18 marzo 2015, giusta delibera del Consiglio  dei
ministri in data 18 maggio 2015. 
    Con la legge regionale  n.  4  del  13  marzo  2015  indicata  in
epigrafe,  che  consta  di  nove  articoli,   la   regione   autonoma
Friuli-Venezia  Giulia  ha  emanato  le  disposizioni  in   tema   di
«Istituzione del  registro  regionale  per  le  libere  dichiarazioni
anticipata di trattamento sanitario (DAT) e disposizioni per favorire
la raccolta delle volonta' di donazione degli organi e dei tessuti». 
    La legge della regione autonoma Friuli-Venezia Giulia  n.  4  del
2015 citata presenta profili d'incostituzionalita' per violazione sia
dell'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., per contrasto con le
regole in materia di ordinamento civile e penale, sia dell'art.  117,
terzo comma, Cost., per contrasto  con  i  principi  fondamentali  in
materia di tutela della salute, nonche' per violazione del  principio
di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione. 
    Al riguardo appare opportuno premettere i contenuti  della  legge
regionale in esame. 
    La legge regionale n. 4/2015 citata prevede l'istituzione  di  un
registro  regionale  che  raccolga  le  dichiarazioni  anticipate  di
volonta' relative ai trattamenti sanitari, nonche' la possibilita' di
rendere esplicita la volonta' in merito alla  donazione  post  mortem
dei propri organi e tessuti, contestualmente al deposito nel registro
regionale delle  predette  dichiarazioni  anticipate  di  trattamento
sanitario (art. 1, commi 3 e 5). 
    In particolare, l'art. 2 della legge regionale n.  4/2015  citata
stabilisce che il cittadino residente o che ha  eletto  domicilio  in
Friuli-Venezia Giulia puo'  richiedere  l'annotazione  della  propria
dichiarazione anticipata di  trattamento  sanitario  all'interno  del
registro regionale  (comma  1).  Inoltre  ai  suddetti  cittadini  e'
garantita la possibilita' di registrare la  dichiarazione  anticipata
di trattamento sanitario sulla propria Carta regionale  dei  servizi,
nonche' in forma codificata, sulla tessera sanitaria  (comma  2).  La
dichiarazione anticipata di trattamento e' presentata  dal  cittadino
all'Azienda per l'assistenza  sanitaria  territorialmente  competente
che la inserisce nella banca dati e  a  richiesta  della  persona  la
registra  sulla  Carta  regionale  dei  servizi  nonche'   in   forma
codificata, sulla tessera sanitaria personale (commi 3 e 4). 
    Quanto ai contenuti delle suddette dichiarazioni, l'art. 2, comma
5, prevede che esse hanno ad oggetto  «la  volonta'  del  singolo  di
essere o meno sottoposto a trattamenti sanitari in caso di malattia o
lesione cerebrale che cagioni una perdita  di  coscienza  e  volonta'
definibile come  permanente  e  irreversibile  secondo  i  protocolli
scientifici riconosciuti a livello internazionale». 
    L'art.  2,  al  comma  6,  inoltre,  prevede  che   il   soggetto
dichiarante puo' rilasciare l'autorizzazione a comunicare a  chiunque
ne faccia  richiesta  o  a  determinati  soggetti  l'esistenza  della
dichiarazione anticipata di trattamento sanitario e il suo contenuto. 
    L'art. 3 disciplina la possibilita' per il cittadino di  nominare
uno o piu'  fiduciari  o  un  amministratore  di  sostegno  ai  sensi
dell'art. 408 del codice civile, con il  compito  di  controllare  il
rispetto della volonta' dal medesimo espressa nella  dichiarazione  e
di contribuire a realizzare la volonta'. 
    Sono, altresi', disciplinati all'art. 4 la validita', la revoca e
la modifica delle suddette dichiarazioni  anticipate  di  trattamento
sanitario, prevedendo che esse producono effetti dal momento  in  cui
interviene lo stato di incapacita' decisionale  del  predisponente  e
perdono  validita'  solo  su  richiesta  del  dichiarante;   possono,
inoltre, essere revocate in qualunque momento dal dichiarante. 
    All'art. 5 e' prevista l'esenzione da oneri  finanziari  inerente
la procedura  di  registrazione  della  dichiarazione  anticipata  di
trattamento. 
    L'art. 6 prevede che la banca dati  contenente  le  dichiarazioni
anticipate  di  trattamento  sia  tenuta  a  cura  dell'azienda   per
l'assistenza sanitaria e ne disciplina le modalita' di accesso. 
    L'art. 7 disciplina  le  iniziative  finalizzate  a  favorire  la
registrazione della volonta' in merito  alla  donazione  post  mortem
degli organi o tessuti. 
    Tanto premesso in ordine ai contenuti della legge, si ritiene che
essa, avente contenuto omogeneo e recante  disposizioni  strettamente
connesse tra loro, si configuri come costituzionalmente  illegittima,
in quanto esorbitante, a vario titolo, dalle  competenze  legislative
regionali costituzionalmente riconosciute. Le disposizioni di cui  si
compone, infatti, involgono  diverse  materie,  a  seconda  dei  casi
riservate  alla  potesta'  legislativa  esclusiva   dello   Stato   o
concorrente  Stato-regioni,  integrando,  tuttavia,  in  quest'ultimo
caso, principi fondamentali  della  materia,  rimessi,  dunque,  alla
legislazione statale. 
    In  linea  generale,  infatti,  occorre   evidenziare   come   la
disciplina del c.d. «fine vita» non possa tollerare  regolamentazioni
differenziate  sul  territorio  nazionale,   attenendo   ai   diritti
fondamentali dell'individuo,  rispetto  ai  quali  sono  evidenti  le
esigenze  di  unitarieta'  dell'ordinamento.  Essa,  dunque,  e'   da
intendersi rimessa alla potesta' legislativa esclusiva  dello  Stato.
Va, inoltre, sottolineato che il registro regionale  istituito  dalla
legge in esame, avendo la finalita' di attribuire certezza  giuridica
a specifiche  situazioni,  con  il  conseguente  condizionamento  dei
diritti soggettivi fondamentali, necessita di una disciplina  statale
che regolamenti le dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario,
i loro contenuti, i loro limiti, le loro modalita' di  manifestazione
e i loro effetti,  analogamente  a  quanto  avviene  per  i  registri
istituti presso pubbliche  amministrazioni  che  certificano  i  dati
identificativi di una persona, o la provenienza e la data di deposito
di un determinato documento (cfr. gli  articoli  da  449  a  445  del
codice civile per quanto riguarda gli atti di stato civile). 
    E' avviso del Governo che, con le norme denunciate  in  epigrafe,
la  regione  autonoma  Friuli-Venezia  Giulia  abbia  ecceduto  dalla
propria competenza in violazione della normativa costituzionale, come
si  confida  di  dimostrare  in  appresso  con  l'illustrazione   dei
seguenti; 
 
                               Motivi 
 
    1. L'art. 1, comma 3, della legge regione autonoma Friuli-Venezia
Giulia n. 4/2015 viola gli articoli 3, 117, comma  2,  lettera  l)  e
l'art. 117, comma 3, della Costituzione. 
    L'art. 1, comma 3,  della  legge  in  esame,  che  istituisce  il
registro delle  DAT,  e  le  disposizioni  ad  esso  collegate,  sono
destinate a registrare una tipologia  del  tutto  speciale  di  atti,
cioe' le dichiarazioni di volonta' concernenti il consenso o dissenso
dei cittadini rispetto a determinati trattamenti sanitari.  Pertanto,
detto registro coinvolge, in primo luogo, la materia dell'ordinamento
civile, in  quanto  attinente  a  vere  e  proprie  dichiarazioni  di
volonta' - quindi atti manifestazione di autonomia  privata  -  e  ai
loro possibili limiti, alle loro modalita' di espressione, alla  loro
efficacia nel rapporto con i terzi. 
    Si tratta, dunque, di materia rimessa, ai  sensi  dell'art.  117,
secondo  comma,  lettera  l),  della  Costituzione,   alla   potesta'
legislativa esclusiva dello Stato. 
    D'altra parte, la circostanza che nel settore delle dichiarazioni
anticipate  di  trattamento  vengano  in  rilievo   istituti   tipici
dell'ordinamento civile, e'  testimoniata  anche  dall'art.  3  della
legge regionale in esame, la quale prevede  che  nella  dichiarazione
anticipata di trattamento il soggetto interessato possa nominare  uno
o piu' fiduciari o un amministratore di sostegno. Basti pensare  che,
ai  sensi  dell'art.  408  del  codice  civile,  l'amministratore  di
sostegno  puo'  essere  designato  dallo   stesso   interessato,   in
previsione della propria eventuale futura incapacita', «mediante atto
pubblico  o  scrittura   privata   autenticata».   Le   dichiarazioni
anticipate di trattamento previste dalla legge regionale in esame non
configurano  ne'  un  atto  pubblico  ne'   una   scrittura   privata
autenticata; il che e' sufficiente a  rilevare,  anche  sotto  questo
profilo,  la  lesione  della  competenza  statale   in   materia   di
ordinamento civile. 
    La norma in esame e le  disposizioni  della  legge  regionale  in
esame ad esso collegate, inoltre, attenendo all'eventuale consenso  a
(o rifiuto di) determinati trattamenti  sanitari,  incide  certamente
anche sulla materia «tutela della salute». 
    Come noto, la  tutela  della  salute  e'  rimessa  alla  potesta'
legislativa concorrente Stato-regioni, in virtu' dell'art. 117, terzo
comma, della Costituzione. 
    A tal riguardo, tuttavia, si  deve  considerare  che  l'eventuale
previsione di atti attraverso i quali le persone possano disporre  il
proprio anticipato consenso  o  dissenso  a  determinati  trattamenti
sanitari,  nonche'  la  previsione  delle   relative   modalita'   di
manifestazione e degli effetti, costituiscono, per la loro rilevanza,
aspetti che certamente integrano principi fondamentali della materia,
non profili di dettaglio o meramente organizzativi. 
    La legge regionale in esame, pertanto, regolamenta  profili  che,
in base alla giurisprudenza costituzionale, sono da configurarsi come
attinenti ai principi  fondamentali  della  legislazione  statale  in
materia di tutela  della  salute.  Cio'  vale,  in  particolare,  con
riferimento alla necessita' di garantire che ogni  determinazione  in
ordine al consenso o al dissenso rispetto a  determinati  trattamenti
sanitari,  avvenga  sulla  base  di  una   scelta   davvero   libera,
consapevole e  informata.  In  altri  termini,  nella  materia  delle
dichiarazioni anticipate di trattamento assume eminente importanza il
principio del «consenso informato». Anche in tal caso,  tuttavia,  la
delicatezza dei profili coinvolti fa si' che la  relativa  disciplina
sia dettata in  maniera  uniforme  sul  territorio  nazionale,  senza
differenziazioni che sarebbero certamente  suscettibili  di  incidere
sul principio di uguaglianza, sancito dall'art. 3 della Costituzione. 
    Viene in  rilievo,  a  tal  riguardo,  la  sentenza  della  Corte
costituzionale  n.  438/2008,  che  ha  precisato  che  «il  consenso
informato [...] si configura  quale  vero  e  proprio  diritto  della
persona e trova fondamento nei principi espressi  nell'art.  2  della
Costituzione, che ne tutela e  promuove  i  diritti  fondamentali,  e
negli articoli 13 e 32  della  Costituzione,  i  quali  stabiliscono,
rispettivamente, che "la liberta' personale e'  inviolabile",  e  che
"nessuno puo' essere obbligato a un determinato trattamento sanitario
se non per disposizione di legge"». 
    La Corte ha, altresi', precisato che «il consenso informato trova
il suo fondamento negli articoli 2,  13  e  32  della  Costituzione»,
sottolineandone la funzione di «sintesi di due  diritti  fondamentali
della persona: quello all'autodeterminazione e quello alla salute, in
quanto, se e' vero che ogni individuo ha il diritto di essere curato,
egli ha, altresi', il diritto di ricevere le  opportune  informazioni
in  ordine  alla  natura  e  ai  possibili  sviluppi   del   percorso
terapeutico cui  puo'  essere  sottoposto,  nonche'  delle  eventuali
terapie  alternative;  informazioni  che  devono   essere   le   piu'
esaurienti possibili, proprio  al  fine  di  garantire  la  libera  e
consapevole da parte del paziente e, quindi, la sua  stessa  liberta'
personale,  conformemente   all'art.   32,   secondo   comma,   della
Costituzione.». 
    Sulla  base  di  tali  considerazioni,  la  Corte  ha  tratto  la
conclusione che «il consenso informato  deve  essere  considerato  un
principio fondamentale in materia di  tutela  della  salute,  la  cui
conformazione e' rimessa alla legislazione statale». 
    In particolare, la Corte ha osservato come  l'individuazione  dei
soggetti legittimati al rilascio del consenso informato,  nonche'  le
modalita' con  le  quali  esso  deve  essere  prestato  e  acquisito,
costituiscono aspetti di primario rilievo dell'istituto del  consenso
informato,  non  potendosi,  dunque,  configurare  quali   norme   di
dettaglio, attuative dei  principi  fondamentali  della  legislazione
statale. 
    Si  tratta,  dunque,  di  aspetti  che  non   possono   ammettere
regolamentazioni  differenziate  sul  territorio   nazionale,   come,
appunto,   sottolineato   nella   citata   sentenza    della    Corte
costituzionale n. 438/2008. 
    Sul punto, si evidenzia come  l'art.  2,  comma  3,  della  legge
regionale in esame si limiti  a  prevedere  che  il  cittadino  possa
presentare alle ASL  una  dichiarazione  anticipata  di  trattamento,
«acquisita una compiuta informazione»,  senza  chiarire,  nemmeno  in
generale, in cosa consista tale informazione. Cio' rende davvero poco
plausibile che il consenso reso  dal  cittadino  si  qualifichi  come
«informato», fermo restando che, in ogni caso, tali aspetti attengono
ai principi fondamentali  della  materia  «tutela  della  salute»  e,
pertanto, non possono essere disciplinati dalla regione. 
    Nell'ambito  delle  dichiarazioni  anticipate   di   trattamento,
dunque, va osservato come le materie «ordinamento civile»  e  «tutela
della salute»  si  intersechino  inscindibilmente,  specialmente  con
riguardo  alla  definizione  degli  eventuali  limiti  al   possibile
contenuto  delle  dichiarazioni   stesse.   Tali   limiti,   infatti,
circoscrivendo le dichiarazioni di volonta' - che costituiscono, come
si e' detto, espressione di autonomia privata -  rientrerebbero,  per
cio' stesso, nella materia «ordinamento civile», ma potrebbero essere
stabiliti, in ipotesi, proprio per finalita' di tutela della salute. 
    Si  consideri,  a  titolo  di  esempio,  che   nella   precedente
legislatura e' stato presentato, in materia, il ddl  2350,  il  quale
statuiva che «l'alimentazione e l'idratazione, nelle diverse forme in
cui la scienza e la tecnica possono fornirle al paziente, sono  forme
di sostegno vitale e fisiologicamente  finalizzate  ad  alleviare  le
sofferenze fino alla  fine  della  vita.  Esse  non  possono  formare
oggetto di dichiarazione anticipata di trattamento». E' evidente come
tali aspetti non possano essere rimessi all'autonoma iniziativa delle
regioni o, tanto meno, degli enti locali,  necessitando,  invece,  di
una disciplina uniforme sul territorio nazionale. 
    Il fatto che una determinata disciplina riguardi  contestualmente
due materie diverse  non  e',  peraltro,  una  ipotesi  nuova.  Basti
pensare che la norma che vieta gli atti di disposizione  del  proprio
corpo qualora determinino una menomazione permanente  dell'integrita'
fisica - divieto che certamente attiene anche  a  profili  di  tutela
della salute - e' contenuta nel libro I del codice civile, cioe',  la
principale fonte di disciplina dell'ordinamento civile. 
    Del  resto,  se  considerate  in  astratto  (e  in   assenza   di
un'apposita  disciplina,  come  nella  situazione  attuale)  le   DAT
riguardano situazioni in cui il dissenso  a  determinati  trattamenti
sanitari  potrebbe  risolversi  in  un  vero  e   proprio   atto   di
disposizione del proprio corpo, fino a determinare la morte.  Vengono
quindi coinvolti profili concernenti i diritti c.d. «personalissimi»,
rientranti nell'ambito dell'ordinamento civile. 
    Le dichiarazioni  anticipate  di  trattamento,  inoltre,  essendo
rivolte al consenso o al rifiuto di determinati trattamenti sanitari,
potrebbero incidere  sul  bene  «vita»  e  potrebbero  richiedere  un
comportamento «attivo» da parte dei medici chiamati a rispettarle (si
pensi,  come  nell'esempio  gia'  fatto,  all'atto  di   interrompere
l'idratazione  e  l'alimentazione).  Una  disciplina  in  materia  di
dichiarazioni anticipata di  trattamento,  dunque,  richiederebbe  un
coordinamento  con  le  norme  del  codice   penale   che   prevedono
determinati reati: omicidio, omicidio del consenziente, istigazione o
aiuto al suicidio. 
    Viene, pertanto, in rilievo anche  la  materia  dell'«ordinamento
penale», anch'essa rimessa alla potesta' legislativa esclusiva  dello
Stato,  ai  sensi  dell'art.  117,  comma  2,   lettera   l),   della
Costituzione. 
    Alla luce di quanto sopra, deve ritenersi, pertanto,  che  l'art.
1, comma 3, della  legge  regione  Friuli-Venezia  Giulia  n.  4/2015
citata violi gli articoli 3, 117, comma 2, lettera l) e  l'art.  117,
comma 3, della Costituzione. 
    2. L'art. 1, comma 5, e l'art. 7  della  legge  regione  autonoma
Friuli-Venezia Giulia n. 4/2015 violano l'art. 3, l'art.  117,  comma
2, lettera l), e l'art. 117, comma 3, della Costituzione. 
    L'art. 7 e l'art. 1, comma 5, nonche'  le  disposizioni  ad  essi
collegate, disciplinano la registrazione  della  volonta'  in  merito
alla donazione post mortem degli organi o tessuti, prevedendo che  le
aziende   per   l'assistenza   sanitaria   ricordino   alla   persona
interessata, contestualmente alla registrazione  delle  dichiarazione
anticipate di trattamento sanitario, la  possibilita'  di  effettuare
liberamente  anche  la  dichiarazione  di  volonta'  in  merito  alla
donazione  post  mortem  di  organi  del  proprio  corpo  o   tessuti
conformemente alle procedure gia'  in  corso  nei  termini,  forme  e
modalita' definite dalla legge 1° aprile 1999, n. 91  e  dal  decreto
del Ministro della sanita' 8 aprile 2000. 
    Al riguardo, occorre considerare che  anche  la  donazione  degli
organi,  oltre  che  attenere  alla  materia  «tutela  della  salute»
(essendo finalizzata a curare coloro i quali necessitano degli organi
medesimi), costituisce certamente un atto di disposizione del proprio
corpo, tanto che le diverse fonti che  ne  recano  la  disciplina  si
pongono in rapporto di specialita' rispetto al  generale  divieto  di
cui all'art. 5 del codice civile. 
    Essa, pertanto, attiene,  anche,  alla  materia  dell'ordinamento
civile, rimessa, come piu' volte ribadito, alla potesta'  legislativa
esclusiva dello Stato, ai sensi dell'art. 117, comma 2,  lettera  l),
della Costituzione. E', peraltro, da ritenere che anche alla predetta
materia  siano  connessi  i  profili  concernenti  le  modalita'   di
espressione del consenso alla donazione  di  organi,  quale  atto  di
disposizione del proprio corpo. Anche in  tal  caso,  dunque,  assume
primario  rilievo  la  tematica  del  consenso  informato,   la   cui
disciplina, come evidenziato,  integra  i  principi  fondamentali  in
materia di tutela della salute, riservati alla  potesta'  legislativa
statale. 
    Sul punto, peraltro, si osserva che il citato art. 7 della  legge
regionale n.  4/2015  citata,  pur  disponendo  l'acquisizione  delle
volonta' secondo le procedure statali  gia'  in  corso,  non  prevede
l'invio  delle  suddette   dichiarazioni   al   Sistema   informativo
trapianti, come previsto dalla legge n. 91/1999 citata. 
    Per questi profili, dunque, esso viola anche  l'art.  117,  terzo
comma, della Costituzione, in  quanto  contrastante  con  i  principi
fondamentali della legislazione statale in materia  di  tutela  della
salute. 
    Con riferimento alle disposizioni della legge regionale  indicate
non varrebbe obiettare che, non sussistendo una normativa statale  in
materia di DAT, non  potrebbe  ritenersi  sussistente  la  violazione
dell'art.  117,  terzo   comma,   della   Costituzione,   in   quanto
mancherebbe, nel caso di specie, «il paradigma alla  luce  del  quale
valutare cosa e' principio e cosa e' dettaglio». 
    In disparte ogni considerazione circa la prevalenza della materia
«ordinamento civile» rispetto a quella della tutela della salute - di
cui si dira' piu' avanti - non  puo',  infatti,  ritenersi  che,  ove
manchi una disciplina statale regolante un  determinato  settore,  le
regioni potrebbero comunque legiferare, dettando  esse  stesse  norme
aventi requisiti di «principio». 
    Invero tale ricostruzione, ove  declinata  in  termini  assoluti,
vanificherebbe   la   ratio   stessa   della   potesta'   legislativa
concorrente, di cui all'art. 117, terzo  comma,  della  Costituzione.
Essa consiste  nella  necessita'  di  garantire  che,  nelle  materie
sottoposte   a   tale   tipologia   di   potesta'   legislativa,   la
differenziazione delle regolamentazioni  tra  le  regioni,  derivante
dall'esercizio della relativa potesta', non possa  coinvolgere  anche
gli aspetti fondamentali delle materie  medesime,  in  quanto  questi
ultimi devono essere regolamentati in  maniera  uniforme  sull'intero
territorio nazionale, appunto, mediante l'emanazione,  da  parte  del
legislatore statale, in via esclusiva, dei principi fondamentali. 
    La  potesta'  legislativa  concorrente,  dunque,  e'  a  presidio
dell'uniformita' di trattamento e di disciplina in ordine ai principi
fondamentali, nel presupposto che questi ultimi, appunto,  in  quanto
«fondamentali», non possano essere regolati in materia  differenziata
dalle regioni. 
    La circostanza che una determinata materia non sia  regolamentata
a livello statale, non giustifica, automaticamente, l'esercizio della
potesta' legislativa regionale concorrente, perche', al  di  la'  del
contenuto specifico delle norme eventualmente emanate dalle regioni a
tale titolo, cio' farebbe, comunque, venire  meno  quell'esigenza  di
uniformita' di disciplina, sul  territorio  nazionale,  relativamente
agli  aspetti  fondamentali  della  materia   di   volta   in   volta
interessata. Del resto, anche l'inerzia del  legislatore  statale  in
ordine ad un determinato settore,  puo'  essere  espressione  di  una
precisa scelta, nel  senso  di  non  consentire  determinati  atti  o
rapporti. D'altra parte, se non si tenesse conto di tali esigenze  di
uniformita',  la  potesta'  legislativa  concorrente  finirebbe   col
coincidere, in gran parte, con quella residuale/esclusiva. Ma  se  il
legislatore  costituente  ha  inteso  inserire  determinate   materie
nell'elenco   di   quelle   rimesse   alla   potesta'    concorrente,
evidentemente, ha voluto assicurare, rispetto alle stesse,  un  certo
livello  di  uniformita'   di   disciplina   sull'intero   territorio
nazionale. 
    Cio', peraltro, appare  ancora  piu'  evidente  quando  l'oggetto
della  disciplina  involge  strettamente  i  diritti  della   persona
costituzionalmente riconosciuti. 
    Appare opportuno richiamare, nuovamente, la sentenza della  Corte
costituzionale n. 438/2008 citata, con la quale e'  stata  dichiarata
l'incostituzionalita'  di  una  norma  della  regione  Piemonte,  che
prevedeva che il trattamento con determinate sostanze  psicotrope  su
bambini  e  adolescenti  potesse  essere  praticato  solo  a  seguito
dell'espressione del consenso  informato  da  parte  dei  genitori  o
tutori. Consenso informato di cui  la  legge  regionale  disciplinava
alcuni profili, rimettendo  altri  aspetti  ad  un  provvedimento  di
giunta. 
    Ebbene, in tale circostanza - analoga, quanto all'assenza di  una
disciplina generale statale in materia, a  quella  interessata  dalla
legge regionale in esame - la Corte costituzionale ha  precisato  che
«il consenso informato», che  ha  una  funzione  di  sintesi  di  due
diritti fondamentali della persona: quello  all'autodeterminazione  e
delle regioni. Ma se il legislatore costituente  ha  inteso  inserire
quello  alla  salute,   «deve   essere   considerato   un   principio
fondamentale in materia di tutela della salute», la cui disciplina e'
rimessa alla legislazione statale. 
    La citata pronuncia della Corte  costituzionale  evidenzia  come,
laddove un determinato profilo, inerente ad una materia  di  potesta'
legislativa concorrente, sia strettamente connesso alla conformazione
di diritti fondamentali costituzionalmente  fondati  -  e  questo  e'
certamente anche il  caso  degli  aspetti  disciplinati  dalla  legge
regionale in esame, che interviene in materia delicata come il  «fine
vita» - tale profilo assurge  di  per  se'  al  rango  di  «principio
fondamentale», «la cui conformazione  e'  rimessa  alla  legislazione
statale». 
    In tali casi, pertanto, come pure e' stato  rilevato,  una  legge
regionale   che   intervenisse   su   tali   profili   non    sarebbe
incostituzionale per il modo in cui li ha  disciplinati,  ma  per  il
fatto stesso di averli disciplinati. 
    La predetta sentenza, peraltro, appare particolarmente  pregnante
rispetto alla legge regionale in esame, in quanto anche  quest'ultima
coinvolge, a vario titolo, come gia' osservato supra, proprio il tema
del consenso informato. 
    Non si puo', comunque, negare che la  legge  regionale  in  esame
incida pienamente anche sulla  materia  dell'ordinamento  civile,  in
quanto essa prevede una particolare categoria di atti espressione  di
autonomia privata, quali, appunto,  le  dichiarazioni  anticipate  di
trattamento, disciplinandone: 
    i contenuti e l'oggetto (ovvero, all'art. 1, comma 5, citato, «la
volonta' del singolo  di  essere  o  meno  sottoposto  a  trattamenti
sanitari in caso di malattia o  lesione  cerebrale  che  cagioni  una
perdita  di  coscienza  e  volonta'  definibile  come  permanente   e
irreversibile secondo i protocolli scientifici riconosciuti a livello
internazionale»); 
    le modalita' con cui possono essere portate a conoscenza di terzi
(prevedendo, all'art. 2, comma 6, citato che «il soggetto dichiarante
puo' rilasciare l'autorizzazione a comunicare a  chiunque  ne  faccia
richiesta o a determinati soggetti  l'esistenza  della  dichiarazione
anticipata di trattamento sanitario e il suo contenuto»); 
    la validita', la revoca e la modifica  (prevedendo,  all'art.  4,
commi 1 e 2, citato, che  le  dichiarazioni  in  questione  producono
effetti dal  momento  in  cui  interviene  lo  stato  di  incapacita'
decisionale del predisponente e perdono validita' solo  su  richiesta
del dichiarante e che possono essere revocate  in  qualunque  momento
dal dichiarante); 
    la possibilita', all'art. 3 citato, per il cittadino di nominare,
con le dichiarazioni anticipate di trattamento, uno o piu'  fiduciari
o un amministratore di sostegno, con il  compito  di  controllare  il
rispetto della volonta' dal medesimo espressa nella  dichiarazione  e
di contribuire a realizzare la volonta'. 
    Si tratta, dunque, di una disciplina che, attenendo ai contenuti,
ai limiti e alle modalita' di esternazione  di  atti  tipicamente  di
autonomia privata, in quanto concernenti la disposizione del  proprio
corpo mediante l'adesione o meno a determinati trattamenti  sanitari,
rientra, inequivocabilmente, nella materia  dell'ordinamento  civile,
che  e'  riservata,  in  via  esclusiva,  alla  potesta'  legislativa
statale. 
    Anche sotto  questo  profilo  assume  rilievo  la  giurisprudenza
costituzionale,   in   particolare,   la   sentenza    della    Corte
costituzionale n. 253/2006, che ha dichiarato  l'incostituzionalita',
per interferenza nella materia dell'ordinamento civile, di una  norma
della regione Toscana, la quale prevedeva che «Ciascuno ha diritto di
designare la persona a cui gli operatori  sanitari  devono  riferirsi
per riceverne il consenso a un determinato  trattamento  terapeutico,
qualora l'interessato versi in condizione di incapacita'  naturale  e
il pericolo di un grave  pregiudizio  alla  sua  salute  o  alla  sua
integrita' fisica  giustifichi  l'urgenza  e  indifferibilita'  della
decisione»,  nonche'  disciplinano.  La  medesima   legge   regionale
disciplinava  il  procedimento  per  rendere  operative  le  relative
dichiarazioni di volonta'. 
    La Corte  costituzionale,  nello  scrutinare  la  predetta  legge
regionale, ha statuito che  «la  regione  ha  cosi'  disciplinato  la
possibilita' per il soggetto,  in  vista  di  un'eventuale  e  futura
situazione di incapacita' naturale e al  ricorrere  delle  condizioni
indicate dall'art. 7,  di  delegare  ad  altra  persona,  liberamente
scelta, il consenso ad un trattamento sanitario.  Cosi'  operando  il
legislatore regionale ha ecceduto dalle proprie competenze, regolando
l'istituto   della   rappresentanza   che   rientra   nella   materia
dell'ordinamento civile, riservata  allo  Stato,  in  via  esclusiva,
dall'art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione». 
    Si tratta, come si vede,  di  fattispecie  del  tutto  analoga  a
quella disciplinata dalla legge della regione autonoma Friuli-Venezia
Giulia n. 4/2015 citata, rispetto alla quale, pertanto, sono  fondati
i rilievi di incostituzionalita' gia' formulati. 
    Sembra opportuno,  infine,  svolgere  qualche  considerazione  in
ordine alle difficolta' attuative della  legge  regionale  in  esame.
Essa, infatti,  non  garantisce  che  le  DAT  possano  concretamente
esplicare effetto - e prima ancora essere conosciute -  al  di  fuori
del territorio della regione. E' previsto, infatti, che  possa  avere
accesso alla banca dati delle DAT solamente il personale  autorizzato
dell'azienda in cui le DAT sono depositate. Non e' garantito, dunque,
che le predette dichiarazioni siano conosciute  e  possano  esplicare
effetti ove lo stato di incapacita' del dichiarante intervenga  fuori
dal territorio della regione, ad esempio a seguito  di  un  incidente
occorso altrove. 
    Non e' disciplinato neanche a chi spetti  verificare  l'esistenza
delle DAT, in quanto la legge regionale si limita a stabilire che  il
fiduciario  ha  il  compito  di  controllare  che  le  volonta'   del
dichiarante vengano eseguite, ma non sono in alcun modo  disciplinati
(ne', d'altra  parte,  la  regione  avrebbe  potuto  farlo),  sia  le
procedure per  comunicare  a  terzi  (ad  esempio  all'ospedale,  ove
eventualmente sia  ricoverato  l'interessato,  fuori  dal  territorio
regionale), sia l'esistenza stessa della DAT, i soggetti  legittimati
e/o  tenuti  a  dare  tale  comunicazione,  e  quelli  legittimati  a
riceverla (un funzionario, un direttore  generale,  un  primario,  un
infermiere). 
    Tutte queste criticita' applicative dimostrano,  ove  mai  ve  ne
fosse bisogno, le esigenze di  unitarieta'  che  rendono  illegittimo
l'intervento regionale su tali temi ed evidenziano  che  un'eventuale
disciplina in materia puo' essere dettata solo a livello statale. 
    Alla luce delle precedenti  considerazioni,  deve  ritenersi  che
l'art.  1,  comma  5,  e  l'art.  7  della  legge  regione   autonoma
Friuli-Venezia Giulia n. 4/2015 violino l'art. 3, l'art.  117,  comma
2, lettera l), e l'art. 117, comma 3, della Costituzione. 
    3. L'art. 2, commi 3 e 4, e  gli  articoli  6  e  9  della  legge
regione Friuli-Venezia Giulia n.  4/2015  violano  l'articolo  l'art.
117, comma 2, lettera l) e l'art. 117, comma 3, della Costituzione. 
    Come gia' osservato supra, le criticita'  applicative  dimostrano
l'esistenza delle esigenze di  unitarieta'  che  rendono  illegittimo
l'intervento regionale su tali temi ed evidenziano  che  un'eventuale
disciplina in materia puo' essere dettata solo a livello statale. 
    La disciplina recata dalla legge regionale n. 4/2015 citata e, in
particolare, l'art. 2, commi 3 e 4, e gli articoli 6 e 9 citati,  che
prevedono che l'azienda per l'assistenza sanitaria inserisca  le  DAT
della banca dati e ne curi la tenuta, coinvolgono anche  direttamente
la materia della protezione dei dati personali  ed  hanno  importanti
implicazioni sulla e sulla tutela della riservatezza, che - come noto
- rientrano nell'ambito dell'ordinamento  civile,  che  e'  riservato
alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell'art.
117, comma 2, lettera l), Cost. (cfr., per tutte, la  sentenza  della
Corte costituzionale n. 271/2005). 
    Come  noto,  la  predetta  competenza  e'  stata  esercitata  dal
legislatore statale segnatamente attraverso il decreto legislativo n.
196/2003  (Codice  in  materia  di  protezione  dei   personali,   in
prosieguo: il «Codice»). 
    In proposito, va sottolineato, da un lato, che  la  tipologia  di
informazioni  contenute  nella  DAT   e'   per   la   maggior   parte
esplicitamente collegata a dati sanitari e  a  informazioni  relative
alla  salute;  dall'altro,  che  la  DAT  trascende   inevitabilmente
l'ambito prettamente sanitario e  finisce  per  coinvolgere  delicati
aspetti della vita umana di carattere etico, religioso, filosofico  e
di altro genere. 
    Sotto entrambi i menzionati profili,  pertanto,  la  DAT  implica
anche il trattamento di dati sensibili, tra i quali sono ricompresi i
dati idonei a rivelare «le convinzioni religiose,  filosofiche  e  di
altro genere» dell'individuo, «nonche'  i  dati  personali  idonei  a
rivelare lo stato salute» (cfr. l'art. 4, comma 1,  lettera  d),  del
Codice). 
    Per operare il trattamento di dati personali, comuni e sensibili,
implicato  dalla  DAT  occorre  che  il  trattamento  inerisca   allo
svolgimento  delle   funzioni   istituzionali   delle   aziende   per
l'assistenza sanitaria (art. 18, comma 2, del Codice) e che una norma
di rango  statale  individui  le  finalita'  di  rilevante  interesse
pubblico alla base dello stesso, secondo  quanto  previsto  dall'art.
20, comma 1, del Codice. 
    Ne' appare possibile effettuare l'individuazione della  rilevante
finalita' di intesse pubblico con un  regolamento  regionale  (a  cui
rinvia l'art. 9 della legge regionale in oggetto), occorrendo  a  tal
uopo una fonte di rango statale; la  normativa  secondaria  regionale
puo' svolgere un ruolo di tipo integrativo, disciplinando  differenti
profili del trattamento, come l'individuazione dei tipi di dati e  di
operazioni eseguibili, nel caso in cui il trattamento  da  parte  del
soggetto  pubblico  (qui,  le  aziende  per  l'assistenza  sanitaria)
riguardi dati sensibili (cfr. art. 20, comma 2, Codice). 
    Secondo quanto stabilito dalla Corte con la  richiamata  sentenza
n. 271/2005, infatti, il predetto  art.  20,  comma  2,  del  Codice,
ammette «solo l'integrazione delle prescrizioni  legislative  statali
che siano incomplete in relazione al trattamento di dati sensibili da
parte di pubbliche amministrazioni (poiche' non determinano  tipi  di
dati sensibili e di operazioni eseguibili) operata  tramite  appositi
regolamenti a cura dei soggetti che  ne  effettuano  il  trattamento,
seppure in conformita'  al  parere  espresso  dal  Garante  ai  sensi
dell'art. 154, comma 1, lettera g), anche su schemi tipo.  In  questi
ambiti possono quindi  essere  adottati  anche  leggi  e  regolamenti
regionali, ma solo in quanto e nella misura in cui cio'  sia  appunto
previsto legislazione statale». 
    Ne' valgono a fugare i dubbi di un  possibile  contrasto  con  il
dettato costituzionale le affermazioni presenti nella legge regionale
circa  il  «rispetto  delle  vigenti  disposizioni  a  tutela   della
riservatezza dei dati sanitari e dei provvedimenti del Garante per la
protezione dei dati personali (cfr. art. 9), quando invece  la  legge
regionale  in  concreto  contraddice  sotto  molteplici  profili   la
legislazione statale  vigente  in  materia  di  protezione  dei  dati
personali  (nonche'  le  stesse  direttive  europee   che   ne   sono
all'origine) (cfr. la sentenza della Corte costituzionale n. 271/2005
citata). 
    Allo stato, la materia  della  DAT  non  trova  disciplina  nella
legislazione statale; risultano solo presentati in Parlamento  alcuni
disegni di legge il cui esame, peraltro, non e' stato ancora  avviato
(AS 433 e AC 1432,  entrambi  recanti  «Disposizioni  in  materia  di
consenso informato  e  di  dichiarazioni  anticipate  di  trattamento
sanitario»). 
    Pertanto, in assenza di disposizioni statali che includano tra  i
compiti istituzionali delle aziende sanitarie tale specifica funzione
e  che  affermino  la  rilevante  finalita'  di  interesse   pubblico
perseguita, la legge regionale in esame contrasta con  la  disciplina
ed i principi della legislazione statale in materia di protezione dei
dati personali, con specifico riferimento, quali «norme  interposte»,
alle  disposizioni  del  Codice  indicate  in  motivazione  e  viola,
pertanto, l'art. 3, l'art. 117, comma 2, lettera l),  e  l'art.  117,
comma 3, della Costituzione. 
 
                               P.Q.M. 
 
    Per i suesposti motivi si conclude perche' la legge della regione
autonoma Friuli-Venezia Giulia  n.  4  del  13  marzo  2015,  recante
«Istituzione del  registro  regionale  per  le  libere  dichiarazioni
anticipata di trattamento sanitario (DAT) e disposizioni per favorire
la raccolta delle volonta' di donazione degli organi e dei  tessuti»,
avente  contenuto  omogeneo  e  recante   disposizioni   strettamente
connesse tra loro e, comunque, gli articoli specificamente indicati e
le  disposizioni  ad  essi  collegate  indicate  in  epigrafe,  siano
dichiarati costituzionalmente illegittimi. 
    Si produce  l'estratto  della  deliberazione  del  Consiglio  dei
ministri del 18 maggio 2015. 
      Roma, 18 maggio 2015 
 
                  L'avvocato dello Stato: Palmieri