N. 119 SENTENZA 13 maggio - 25 giugno 2015
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Stranieri regolarmente soggiornanti - Servizio civile nazionale - Requisito della cittadinanza italiana ai fini dell'ammissione. - Decreto legislativo 5 aprile 2002, n. 77 (Disciplina del Servizio civile nazionale a norma dell'articolo 2 della L. 6 marzo 2001, n. 64), art. 3, comma 1. -(GU n.26 del 1-7-2015 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente:Alessandro CRISCUOLO; Giudici :Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON,
ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 1, del decreto legislativo 5 aprile 2002, n. 77 (Disciplina del Servizio civile nazionale a norma dell'articolo 2 della L. 6 marzo 2001, n. 64), promosso dalla Corte di cassazione, sezioni unite civili, nel procedimento vertente tra la Presidenza del Consiglio dei ministri e l'ASGI - Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione, e APN - Avvocati per niente ONLUS, con ordinanza del 1° ottobre 2014, iscritta al n. 222 del registro ordinanze del 2014, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 51, prima serie speciale, dell'anno 2014. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 13 maggio 2015 il Giudice relatore Giuliano Amato. Ritenuto in fatto 1.- Con ordinanza del 1° ottobre 2014, le sezioni unite civili della Corte di cassazione, hanno sollevato - in riferimento agli artt. 2, 3 e 76 della Costituzione - questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 1, del decreto legislativo 5 aprile 2002, n. 77 (Disciplina del Servizio civile nazionale a norma dell'articolo 2 della L. 6 marzo 2001, n. 64), nella parte in cui - prevedendo il requisito della cittadinanza italiana - esclude i cittadini stranieri regolarmente soggiornanti in Italia dalla possibilita' di essere ammessi a prestare il servizio civile. 2.- La Corte di cassazione premette che la questione di legittimita' costituzionale e' sorta nell'ambito di un giudizio promosso, ai sensi dell'art. 44 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), da un cittadino pachistano, unitamente all'ASGI - Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione, e all'APN - Avvocati per niente ONLUS, per denunciare la natura discriminatoria del bando, pubblicato il 20 settembre 2011, per la selezione di volontari da impiegare in progetti di servizio civile. L'art. 3 di tale bando, in applicazione della disposizione censurata, richiede - tra i requisiti e le condizioni di ammissione - il possesso della cittadinanza italiana. La natura discriminatoria di tale art. 3 e' stata dichiarata dal Tribunale ordinario di Milano, sezione lavoro, con ordinanza del 12 gennaio 2012, con la quale e' stato, inoltre, ordinato alla Presidenza del Consiglio dei ministri di sospendere le procedure di selezione e di modificare il bando, consentendo l'accesso anche agli stranieri regolarmente soggiornanti in Italia. Il giudice a quo riferisce di essere, quindi, investito della decisione in ordine al ricorso proposto dalla Presidenza del Consiglio dei ministri per la cassazione della sentenza con la quale la Corte d'appello di Milano ha respinto l'impugnazione avverso la citata ordinanza del Tribunale di Milano. Cio' premesso, le sezioni unite rilevano che il successivo acquisto della cittadinanza italiana da parte del ricorrente e l'integrale svolgimento degli effetti del bando hanno determinato la sopravvenuta perdita di ogni utilita' derivabile alle parti dall'accoglimento o dal rigetto del ricorso. Inoltre, con la prestazione del servizio civile da parte dei volontari selezionati, la vicenda concreta appare del tutto esaurita, ne' vi sarebbe spazio per l'accertamento dell'illegittimita' del bando a fini risarcitori, non avendo i ricorrenti avanzato domanda in tal senso. La Corte di cassazione ritiene quindi che in tale contesto siano venute meno le condizioni per pronunciare sul ricorso, il quale appare destinato alla definizione con una sentenza, in rito, di inammissibilita' per sopravvenuto difetto di interesse. 2.1.- Nondimeno, ad avviso delle sezioni unite, l'inammissibilita' del ricorso, nonche' la particolare importanza del thema decidendum, giustificano una pronuncia d'ufficio ai sensi dell'art. 363, terzo comma, cod. proc. civ., con l'enunciazione - nell'esercizio della funzione nomofilattica assegnata alla Corte di cassazione - del principio di diritto nell'interesse della legge sulla questione trattata nella causa di merito. La particolare importanza della questione, ai sensi dell'art. 363, terzo comma, cod. proc. civ., viene desunta, oltre che dall'esistenza di un contrasto tra i giudici di merito, dalla novita' della questione per la giurisprudenza della Corte di cassazione, quale organo chiamato ad assicurare l'esatta osservanza della legge, la sua uniforme interpretazione e l'unita' del diritto oggettivo nazionale, e quindi a garantire certezza del diritto ed eguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge. Ad avviso del giudice a quo, l'esercizio di tali funzioni sarebbe ancor piu' rilevante nel caso in esame, in quanto la mancanza di un principio di diritto investe un settore nevralgico della vita sociale, nel quale sono coinvolti numerosi giovani, operatori ed enti e vengono in gioco i diritti fondamentali della persona nell'ambito del rapporto con gli altri. Viene, inoltre, sottolineata l'esigenza di una risposta chiarificatrice in funzione nomofilattica, tenuto conto dell'attitudine della questione in esame a ripresentarsi in casi futuri, nei nuovi bandi per il servizio civile nazionale che l'amministrazione intenda pubblicare, come sarebbe dimostrato proprio dall'esperienza successiva, ed in particolare dalla correzione, da parte dell'amministrazione, del successivo bando del 4 ottobre 2013, con riapertura dei termini in favore degli stranieri titolari di permesso di soggiorno, ma con riserva dell'esito del relativo giudizio. 2.2.- La Corte di cassazione esclude la possibilita' di risolvere la questione attraverso un'interpretazione costituzionalmente orientata. Il dettato normativo dell'art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 77 del 2002, risulta univoco e va in direzione opposta a quella - inclusiva, aperta e non discriminatoria - ritenuta possibile dai giudici del merito nei due precedenti gradi di giudizio. Infatti, la disposizione censurata - nel prevedere i requisiti di ammissione al servizio civile nazionale - stabilisce che possano accedervi i cittadini italiani. In un contesto tecnico, volto a fissare i requisiti di ammissione al servizio civile nazionale, il testo della disposizione censurata richiamerebbe una nozione giuridico-formale di «cittadino italiano» - quella prevista dalla legge 5 febbraio 1992, n. 91 (Nuove norme sulla cittadinanza) - la quale non consente il riferimento ad una nozione, ampia e deformalizzata, di «cittadinanza di residenza», capace di accogliere nel suo ambito tutti i soggetti, ivi inclusi gli stranieri, che appartengono in maniera stabile e regolare alla comunita'. 2.3.- La Corte di cassazione ritiene che sussista, altresi', la rilevanza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 77 del 2002, in considerazione della necessita' di applicare tale disposizione ai fini della formulazione del principio di diritto nell'interesse della legge ai sensi dell'art. 363, terzo comma, cod. proc. civ., ossia ai fini della pronuncia di una regola di giudizio che - sebbene non influente nella concreta vicenda processuale - serva tuttavia come criterio di decisione di casi analoghi o simili. Tra il quesito di costituzionalita' e la definizione del giudizio mediante l'esercizio della funzione nomofilattica nell'interesse della legge, sussisterebbe pertanto un rapporto di pregiudizialita'. 2.4.- In punto di non manifesta infondatezza, le sezioni unite osservano che il servizio civile nazionale - con la definitiva emancipazione dal necessario riferimento al servizio militare obbligatorio - si configura, secondo la giurisprudenza costituzionale, come «l'oggetto di una scelta volontaria che costituisce adempimento del dovere di solidarieta' (art. 2 della Costituzione), nonche' di quello di concorrere al progresso materiale e spirituale della societa' (art. 4, secondo comma, della Costituzione)» (sentenza n. 228 del 2004). 2.4.1.- La Corte di cassazione ritiene dunque che il dovere di difesa della Patria, letto in connessione con l'art. 2 Cost., non si risolva in attivita' finalizzate a contrastare o prevenire un'aggressione esterna al territorio dello Stato e dei suoi confini, ma sia ora esteso sino a ricomprendere forme spontanee di impegno sociale non armato, volte alla salvaguardia e alla promozione dei valori comuni e fondanti il nostro ordinamento. Il servizio civile nazionale, quale «forma spontanea di adempimento del dovere costituzionale di difesa della Patria» (sentenza n. 228 del 2004), si colloca in tale contesto. Esso permette, infatti, di partecipare in modo attivo alla costruzione di una democrazia sana e di nuove forme di cittadinanza, consentendo di colmare il divario tra i bisogni collettivi e le risposte pubbliche, in un'ottica di promozione e di tutela dei diritti, soprattutto dei soggetti piu' vulnerabili e svantaggiati. Ad avviso delle sezioni unite, il servizio civile costituisce un istituto di integrazione, di inclusione e di coesione sociale, volto a favorire la costruzione di una piu' matura coscienza civile delle giovani generazioni. Esso rappresenta, inoltre, una forma di salvaguardia e di tutela del patrimonio comune, sia esso ambientale, paesaggistico o monumentale, attraverso attivita' finalizzate alla promozione di un senso di responsabilita' e di rispetto nell'uso e nella valorizzazione dei beni comuni. Cosi' ricostruita la ratio dell'istituto, le sezioni unite ritengono che la disposizione dell'art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 77 del 2002, contrasti con gli artt. 2 e 3 Cost. Infatti, poiche' le attivita' svolte nell'ambito dei progetti di servizio civile nazionale rappresentano diretta realizzazione del principio di solidarieta', l'esclusione dei cittadini stranieri dalla possibilita' di prestare il servizio civile nazionale precluderebbe il pieno sviluppo della persona e l'integrazione nella comunita' di accoglienza, impedendo loro di concorrere a realizzare progetti di utilita' sociale e, di conseguenza, di sviluppare il valore del servizio a favore degli altri e del bene comune. Si tratterebbe, secondo le sezioni unite, di un'esclusione non proporzionata, ne' ragionevole. Infatti, l'attivita' di impegno sociale che la persona e' chiamata a svolgere nell'ambito del servizio civile «deve essere ricompresa tra i valori fondanti dell'ordinamento giuridico, riconosciuti, insieme ai diritti inviolabili dell'uomo, come base della convivenza sociale normativamente prefigurata dal Costituente» (sentenza n. 309 del 2013). Al riguardo, viene evidenziato che agli stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato e' riconosciuto il godimento «dei diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano» (art. 2, comma 2, del d.lgs. n. 286 del 1998). 2.4.2.- La norma censurata si porrebbe in contrasto anche con l'art. 76 Cost., per violazione del criterio direttivo della legge 6 marzo 2001, n. 64 (Istituzione del servizio civile nazionale). In particolare, l'art. 2, comma 3, lettera a), di tale legge delega prevedeva l'«ammissione al servizio civile volontario di uomini e donne sulla base di requisiti oggettivi e non discriminatori». Viceversa, l'art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 77 del 2002, fissando il requisito della cittadinanza italiana nella disciplina per l'accesso al servizio civile nazionale, introduce un requisito di ammissione che avrebbe carattere discriminatorio, in quanto preclude al cittadino straniero, regolarmente soggiornante in Italia, la possibilita' di un pieno dispiegamento della liberta' e dell'eguaglianza. A conferma di tale interpretazione, viene evidenziato che l'art. 4 della stessa legge delega n. 64 del 2001 ha previsto il requisito della cittadinanza soltanto nel periodo transitorio, ossia «fino alla data di efficacia dei decreti legislativi di cui all'articolo 2». Da cio' si ricaverebbe, a contrario, che l'art. 2, comma 3, lettera a), della legge delega, una volta superato il periodo transitorio, non ammetterebbe distinzioni sulla base del criterio della nazionalita'. D'altra parte, ad avviso della Corte di cassazione, la scelta del legislatore delegato non sarebbe giustificata dalla previsione contenuta nel primo comma dell'art. 52 Cost., che configura la difesa della Patria, come «sacro dovere del cittadino». Viene, al riguardo, richiamata la giurisprudenza costituzionale che ha ritenuto che la portata normativa dell'art. 52 Cost. e' «quella di stabilire in positivo, non gia' di circoscrivere in negativo i limiti soggettivi del dovere costituzionale». L'art. 52 Cost. escluderebbe quindi la possibilita' di prevedere per alcuno il privilegio di un'esenzione immotivata dall'obbligo di leva (sentenza n. 172 del 1999). Si osserva, inoltre, che il servizio civile esprime la vocazione sociale e solidaristica di chi intenda spontaneamente accedervi. Cio' escluderebbe il rischio di un conflitto potenziale tra opposte lealta': la partecipazione dello straniero regolarmente soggiornante in Italia ad una comunita' di diritti, piu' ampia e comprensiva di quella fondata sulla cittadinanza in senso stretto, postula che anch'egli, senza discriminazioni in ragione del criterio della nazionalita', sia legittimato, su base volontaria, a restituire un impegno in termini di servizio a favore di quella stessa comunita'. 3.- E' intervenuta nel giudizio l'Avvocatura generale dello Stato, per conto del Presidente del Consiglio dei ministri, ed ha concluso per l'inammissibilita' o, in subordine, per l'infondatezza della questione sollevata dalle sezioni unite civili della Corte di cassazione. 3.1.- In via preliminare, la difesa erariale ha eccepito l'inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale, poiche' difetterebbe il requisito della rilevanza della questione. Infatti, per ammissione della stessa Corte rimettente, la vicenda processuale oggetto del giudizio a quo si sarebbe ormai esaurita per sopravvenuto difetto di interesse, con conseguente inefficacia di un'eventuale pronuncia di accoglimento sulle sorti del giudizio principale. L'Avvocatura generale dello Stato evidenzia, d'altra parte, che la possibilita' di pronunciare un principio di diritto su una questione ritenuta di «particolare importanza», ai sensi dell'art. 363 cod. proc. civ., riveste carattere di eccezionalita' rispetto ai principi generali, come ritenuto dalla stessa Corte di cassazione. L'esercizio di tale particolare potere non consentirebbe, quindi, di derogare alle disposizioni di cui all'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), in ordine ai requisiti per l'accesso della questione dinanzi alla Corte costituzionale. Infatti, la norma eccezionale dell'art. 363, terzo comma, cod. proc. civ., non potrebbe essere addirittura "traslata" in un ordine di giudizio "altro" dal giudizio civile, quale quello di costituzionalita', per il quale non opera alcuna deroga alle norme ordinarie sulle condizioni di ammissibilita', tra le quali - in primis - la rilevanza. 3.2.- Osserva, inoltre, l'Avvocatura generale dello Stato che l'eventuale pronuncia di costituzionalita' in ordine alla norma censurata sarebbe priva di concreto interesse, sia perche' non sarebbero state piu' bandite procedure per il servizio civile nazionale, sia perche' e' in corso di esame, in sede parlamentare, la riforma del cosiddetto "Terzo settore". Nel 2014 e' stato presentato un disegno di legge, di iniziativa governativa, che prevede la valorizzazione delle attivita' solidaristiche e d'interesse generale, al fine di sostenere la libera iniziativa dei cittadini associati per perseguire il bene comune ed elevare i livelli di cittadinanza attiva, coesione e protezione sociale. A questi fini, il disegno di legge prevede la delega al Governo a realizzare il riordino e la revisione della disciplina in materia di servizio civile nazionale, con l'istituzione del servizio civile «universale», non riservato ai soli cittadini, finalizzato alla difesa non armata, ai sensi degli artt. 52, primo comma, e 11 Cost., attraverso la promozione di attivita' di solidarieta'. Considerato in diritto 1.- Con ordinanza del 1° ottobre 2014, le sezioni unite civili della Corte di cassazione hanno sollevato - in riferimento agli artt. 2, 3 e 76 della Costituzione - questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 1, del decreto legislativo 5 aprile 2002, n. 77 (Disciplina del Servizio civile nazionale a norma dell'articolo 2 della L. 6 marzo 2001, n. 64), nella parte in cui - prevedendo il requisito della cittadinanza italiana - esclude i cittadini stranieri regolarmente soggiornanti in Italia dalla possibilita' di essere ammessi a prestare il servizio civile. 2.- L'eccezione di inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale per difetto di rilevanza e' infondata. 2.1.- Al riguardo, si osserva che l'ordinanza di rimessione e' stata emessa nell'ambito di un giudizio destinato ad essere definito con una pronuncia, in rito, di inammissibilita' per sopravvenuto difetto di interesse. E tuttavia l'inammissibilita' del ricorso e la particolare importanza della questione giustificano, ad avviso della Corte di cassazione, l'enunciazione del principio di diritto nell'interesse della legge ai sensi dell'art. 363, terzo comma, del codice di procedura civile. In base a tale disposizione, in presenza di un ricorso inammissibile, la Corte di cassazione e' investita del potere di decidere essa stessa se esaminare ugualmente la questione, enunciando - qualora la ritenga di interesse generale - il principio di diritto, ossia una regola di giudizio che - sebbene non influente nella concreta vicenda processuale - serva tuttavia come criterio di decisione di casi futuri. Il potere conferito dall'art. 363, terzo comma, cod. proc. civ., esalta il ruolo nomofilattico che e' proprio della Corte di cassazione. L'istituto delinea un tipo di giudizio svincolato dall'esigenza di composizione degli interessi delle parti, ed interamente rivolto alla soddisfazione dell'interesse - generale ed oggettivo - all'esatta interpretazione della legge. 2.2.- Nella preliminare verifica della tenuta di tale impostazione rispetto ai principi che regolano l'accesso al sindacato di costituzionalita', primo fra tutti il requisito della rilevanza della questione rispetto al giudizio a quo, va condivisa la motivazione con cui la Corte di cassazione assume di essere chiamata, nel peculiare ambito processuale disegnato dall'art. 363, terzo comma, cod. proc. civ., a fare necessaria applicazione della normativa della cui costituzionalita' dubita. La verifica dei limiti di accesso al servizio civile, come delineati dalla disposizione censurata, costituisce per la Corte di cassazione un passaggio ineludibile ai fini della formulazione del principio di diritto ai sensi dell'art. 363, terzo comma, cod. proc. civ., ossia ai fini della pronuncia di quella regola di giudizio che - sebbene non influente nella concreta vicenda processuale - e' destinata a valere come criterio di decisione di casi futuri. In cio' viene ravvisato il rapporto di pregiudizialita' tra il quesito di costituzionalita' rivolto a questa Corte e la definizione del giudizio mediante l'esercizio della funzione nomofilattica nell'interesse della legge. 2.3.- Al riguardo, non e' un ostacolo l'astrazione del giudizio di cui all'art. 363, terzo comma, cod. proc. civ., rispetto alla composizione degli interessi sostanziali fatti valere nelle precedenti fasi del giudizio a quo, ne' rileva la circostanza che tale pronuncia nomofilattica sia improduttiva di effetti sui provvedimenti dei giudici dei precedenti gradi del giudizio. La nozione di concretezza cui e' legata la rilevanza della questione non si traduce, infatti, nella necessita' di una concreta utilita' per le parti del giudizio di merito, come rilevato da questa Corte nella sentenza n. 10 del 2015. Cio' discende dalla circostanza che il giudizio di legittimita' costituzionale si svolge oltre che nell'interesse privato, anche e in primo luogo in quello pubblico e per questo non lo influenzano le vicende del processo che lo ha occasionato. 2.4.- E d'altra parte, va riconosciuta la legittimazione della Corte di cassazione, in sede di enunciazione del principio di diritto nell'interesse della legge, ai sensi dell'art. 363, terzo comma, cod. proc. civ., a sollevare la questione di costituzionalita'. Infatti, cosi' com'e' indubitabile che la Corte di cassazione sia organicamente inserita nell'ordine giudiziario, altrettanto indubitabile e' l'inerenza alla funzione giurisdizionale dell'enunciazione del principio di diritto da parte del giudice di legittimita', quale massima espressione della funzione nomofilattica che la stessa Corte di cassazione e' istituzionalmente chiamata a svolgere. Va del resto esclusa la necessita' che il procedimento a quo si concluda con una decisione che abbia tutti gli effetti usualmente ricondotti agli atti giurisdizionali. La funzione nomofilattica svolta dalla Corte di cassazione con l'enunciazione del principio di diritto, ai sensi dell'art. 363, terzo comma, cod. proc. civ., costituisce, infatti, espressione di una giurisdizione che e' (anche) di diritto oggettivo, in quanto volta a realizzare l'interesse generale dell'ordinamento all'affermazione del principio di legalita', che e' alla base dello Stato di diritto. 2.5.- L'accesso al sindacato di costituzionalita' attraverso il giudizio di cui all'art. 363, terzo comma, cod. proc. civ., se non determina quindi alcun superamento del carattere pregiudiziale della questione, neppure modifica il modello incidentale del controllo di legittimita'. L'incidentalita', infatti, discende dal compito della Corte di cassazione di enunciare il principio di diritto sulla base della norma che potra' risultare dalla pronuncia di illegittimita' costituzionale e che sara', in ogni caso, "altro" rispetto ad essa. E' in tal modo che si realizza l'interesse generale dell'ordinamento alla legalita' costituzionale attraverso l'incontro ed il dialogo di due giurisdizioni che concorrono sempre - e ancor piu' in questo caso - alla definizione del diritto oggettivo. Ed e' un dialogo che si rivela particolarmente proficuo, specie laddove sia in gioco l'estensione della tutela di un diritto fondamentale. 3.- Nel merito, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 77 del 2002, in riferimento all'art. 76 Cost., e' infondata. 3.1.- Il giudice a quo ravvisa il contrasto dell'art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 77 del 2002, con il criterio direttivo di cui all'art. 2, comma 3, lettera a), della legge delega 6 marzo 2001, n. 64 (Istituzione del servizio civile nazionale), il quale prevede l'ammissione al «servizio civile volontario di uomini e donne sulla base di requisiti oggettivi e non discriminatori». Tuttavia, il tenore letterale della disposizione, la sua genesi e la collocazione sistematica concorrono a riferirne la ratio alla finalita' di eliminare le differenze di genere ai fini dell'accesso al servizio civile. La novita' della disposizione in esame e' rappresentata, infatti, sia dal carattere volontario della prestazione, in quanto non piu' disciplinata in termini di alternativita' rispetto al servizio di leva obbligatorio, sia dall'apertura dell'accesso alle donne. Essa risulta, quindi, espressamente volta ad escludere quei criteri selettivi per l'ammissione al servizio civile che possano introdurre una discriminazione sulla base dell'identita' di genere dell'aspirante. Non si ravvisa, pertanto, il contrasto della disposizione dell'art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 77 del 2002 - nella parte in cui delimita l'accesso dei cittadini italiani al servizio civile - con tale criterio direttivo e, conseguentemente, con il parametro di cui all'art. 76 Cost. 4.- La questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 77 del 2002 - in riferimento agli artt. 2 e 3 Cost. - e', invece, fondata. 4.1.- L'istituto del servizio civile ha subito una rilevante trasformazione a seguito dei ripetuti interventi legislativi che ne hanno modificato i contorni. Dall'originaria matrice di prestazione sostitutiva del servizio militare di leva, che trovava il suo fondamento costituzionale nell'art. 52 Cost., esso si qualifica ora come istituto a carattere volontario, al quale si accede per pubblico concorso. L'ammissione al servizio civile consente oggi di realizzare i doveri inderogabili di solidarieta' e di rendersi utili alla propria comunita', il che corrisponde, allo stesso tempo, ad un diritto di chi ad essa appartiene. In realta', e' lo stesso concetto di «difesa della Patria», nell'ambito del quale e' stato tradizionalmente collocato l'istituto del servizio civile, ad evidenziare una significativa evoluzione, nel senso dell'apertura a molteplici valori costituzionali. Come gia' affermato da questa Corte, il dovere di difesa della Patria non si risolve soltanto in attivita' finalizzate a contrastare o prevenire un'aggressione esterna, ma puo' comprendere anche attivita' di impegno sociale non armato. Accanto alla difesa militare, che e' solo una delle forme di difesa della Patria, puo' dunque ben collocarsi un'altra forma di difesa, che si traduce nella prestazione di servizi rientranti nella solidarieta' e nella cooperazione a livello nazionale ed internazionale (sentenza n. 228 del 2004). In coerenza con tale evoluzione, questa Corte ha gia' richiamato la necessita' di una lettura dell'art. 52 Cost. alla luce dei doveri inderogabili di solidarieta' sociale di cui all'art. 2 Cost. (sentenza n. 309 del 2013). L'esclusione dei cittadini stranieri, che risiedono regolarmente in Italia, dalle attivita' alle quali tali doveri si riconnettono appare di per se' irragionevole. Inoltre, sotto un diverso profilo, l'estensione del servizio civile a finalita' di solidarieta' sociale, nonche' l'inserimento in attivita' di cooperazione nazionale ed internazionale, di salvaguardia e tutela del patrimonio nazionale, concorrono a qualificarlo - oltre che come adempimento di un dovere di solidarieta' - anche come un'opportunita' di integrazione e di formazione alla cittadinanza. Come gia' affermato da questa Corte, l'attivita' di impegno sociale che la persona e' chiamata a svolgere nell'ambito del servizio civile «deve essere ricompresa tra i valori fondanti dell'ordinamento giuridico, riconosciuti, insieme ai diritti inviolabili dell'uomo, come base della convivenza sociale normativamente prefigurata dal Costituente» (sentenza n. 309 del 2013). Occorre sottolineare, d'altra parte, che il godimento «dei diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano», e' riconosciuto agli stranieri regolarmente soggiornanti nel territorio dello Stato (art. 2, comma 2, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, recante «Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero»). L'esclusione dei cittadini stranieri dalla possibilita' di prestare il servizio civile nazionale, impedendo loro di concorrere a realizzare progetti di utilita' sociale e, di conseguenza, di sviluppare il valore del servizio a favore del bene comune, comporta dunque un'ingiustificata limitazione al pieno sviluppo della persona e all'integrazione nella comunita' di accoglienza.
per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 1, del decreto legislativo 5 aprile 2002, n. 77 (Disciplina del Servizio civile nazionale a norma dell'articolo 2 della L. 6 marzo 2001, n. 64), nella parte in cui prevede il requisito della cittadinanza italiana ai fini dell'ammissione allo svolgimento del servizio civile; dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 77 del 2002, sollevata, in riferimento all'art. 76 della Costituzione, dalla Corte di cassazione, sezioni unite civili, con l'ordinanza indicata in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 maggio 2015. F.to: Alessandro CRISCUOLO, Presidente Giuliano AMATO, Redattore Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 25 giugno 2015. Il Direttore della Cancelleria F.to: Gabriella Paola MELATTI