N. 133 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 aprile 2015

Ordinanza  del  20  aprile  2015  emessa  dal   Tribunale   di   Roma
sull'istanza proposta da Basile Simone. 
 
Spese di giustizia - Liquidazione  dell'onorario  e  delle  spese  al
  difensore  d'ufficio  -  Previsione  che  l'onorario  e  le   spese
  spettanti al difensore di ufficio sono  liquidati  dal  magistrato,
  con le modalita' previste, quando il difensore  dimostra  di  avere
  esperito inutilmente le  procedure  per  il  recupero  dei  crediti
  professionali - Ingiustificato trattamento di favore del  difensore
  di ufficio di un imputato resosi irreperibile rispetto a tutti  gli
  altri difensori di  fronte  a  una  situazione  di  insolvenza  del
  proprio assistito - Violazione del principio di  buon  andamento  e
  imparzialita' della pubblica amministrazione e del principio  della
  ragionevole durata del processo. 
- Decreto del Presidente della Repubblica 30  maggio  2002,  n.  115,
  art. 116. 
- Costituzione, artt. 3, 97 e 111. 
(GU n.27 del 8-7-2015 )
 
                          TRIBUNALE DI ROMA 
                          Sezione IV Penale 
 
    Ordinanza propositiva di questione di legittimita' costituzionale
- articolo 23, comma 3, legge 11 marzo 1953 n. 87. 
    Il giudice, dott.  Pierluigi  Picozzi,  esaminati  gli  atti  del
procedimento  iscritto  al  n.  12197  del  Registro   Generale   del
Dibattimento dell'anno 2014 e vista l'istanza presentata  in  data  4
febbraio 2015 (ma consegnata a questo stesso giudice solo in data  16
marzo 2015) dall'avv. Simone Basile, con la quale e' stata chiesta la
liquidazione degli onorari professionali  spettanti  per  l'attivita'
prestata quale  difensore  di  ufficio  di  Lyndah  Warijiru  Mbugua,
imputata nel detto procedimento, rileva quanto segue. 
    L'avv.  Basile  ha  avanzato  la  suddetta   istanza   ai   sensi
dell'articolo 116 del decreto  del  Presidente  della  Repubblica  30
maggio 2002, n. 115. Egli, infatti, nominato difensore di ufficio, ai
sensi dell'articolo 97, comma  1,  c.p.p.,  della  cittadina  keniota
Lyndah  Wanjiru  Mbugua  in  data  15   giugno   2009,   al   momento
dell'identificazione della stessa, non e'  riuscito  ad  ottenere  il
pagamento delle proprie spettanze, in quanto non e' stato in grado di
reperire la sua assistita, nonostante i tentativi di rintraccio posti
in essere  e  documentati.  Sussisterebbero,  dunque,  le  condizioni
previste dalla norma citata («... quando  il  difensore  dimostra  di
aver esperito inutilmente le procedure per il  recupero  dei  crediti
professionali»)    perche'    questo    giudice    debba    procedere
all'accoglimento dell'istanza. 
    Si dubita,  tuttavia,  della  legittimita'  costituzionale  della
norma richiamata in relazione agli articoli  3  -  sotto  un  duplice
profilo - nonche' 97 e 111 della Costituzione. 
    Prima di esplicitare tali dubbi, peraltro, preme evidenziare,  da
un lato, come la questione proposta debba ritenersi ammissibile  alla
luce della natura giudiziale del procedimento introdotto dall'istanza
del difensore, confermata  dalla  possibilita'  di  impugnazione  del
provvedimento decisorio, prevista dallo stesso articolo 116,  secondo
le modalita' di cui all'articolo 84 del medesimo d.P.R. n. 115/2002 e
gia' ritenuta dalla Corte costituzionale in vari precedenti (si veda,
da ultimo, l'ordinanza n. 191 del  2013,  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale n. 29 del 17 luglio 2013) che hanno preso in esame la norma
evidenziata, sia pure sotto diversi profili. 
    Dall'altro  l'evidente  rilevanza  dell'eventuale  pronuncia   di
illegittimita'  costituzionale  dell'articolo  116  nel  procedimento
sopra  ricordato,  atteso   che   cio'   comporterebbe   il   rigetto
dell'istanza proposta dall'avv. Basile. 
    Sotto un primo profilo, l'articolo 116  del  d.P.R.  n.  115/2002
appare introdurre un  principio  di  irragionevole  disparita'  -  in
contrasto, dunque, con il disposto dell'articolo 3 della Costituzione
- tra il difensore di ufficio  di  un  imputato  resosi  irreperibile
(indipendentemente da una formale dichiarazione al riguardo, ai sensi
dell'articolo 159 c.p.p.: fattispecie  presa  in  esame  dal  diverso
articolo 117 del d.P.R. n. 115/2002)  o,  addirittura,  semplicemente
non in grado di onorare l'obbligazione relativa al compenso spettante
al proprio  legale  (per  come  la  norma  viene  interpretata  dalla
giurisprudenza della  Suprema  Corte:  vedi  Cassazione,  Sezione  VI
civile, ordinanza 20 dicembre 2011, n. 27854, o  Cassazione,  Sezione
IV penale, 26 marzo 2009, n.  27473)  e  tutti  gli  altri  difensori
impegnati in processi penali o civili - per non parlare  delle  altre
categorie di liberi professionisti o imprenditori - che si trovino  a
fronteggiare una situazione di insolvenza del proprio  assistito.  Il
difensore considerato dall'articolo 116  citato,  in  sostanza,  vede
garantito e tutelato  il  proprio  credito  dallo  Stato,  mentre  il
difensore di  fiducia  di  un  imputato  altrettanto  impossidente  o
irreperibile o il difensore di  una  parte  in  un  processo  civile,
devono  sopportare  l'onere  ed  il  rischio  di  non  poter   vedere
soddisfatto  il  proprio  credito.   Tale   disparita'   non   appare
giustificata dal bilanciamento con  il  diritto  di  difesa  previsto
dall'articolo 24 della Costituzione, che, con tutta evidenza, mira  a
tutelare anche le parti dei procedimenti civili o  gli  imputati  che
intendono  avvalersi  di  un  difensore  di  propria   fiducia.   Ne'
apparirebbe  fondata  l'eventuale  obiezione  che  la  necessita'  di
assicurare la  difesa  anche  a  coloro  che  si  disinteressano  del
giudizio a proprio carico, giustifichi l'assunzione dell'onere  delle
spese del difensore da parte dello Stato: se, infatti,  a  differenza
dell'assunzione di un mandato fiduciario, l'incarico della difesa  di
ufficio deve ritenersi obbligatorio per il professionista  designato,
l'iscrizione nelle liste dei difensori di ufficio avviene,  comunque,
su base volontaria. Ciononostante, in virtu'  dell'articolo  116  del
d.P.R. n. 115/2002, l'avvocato incaricato di  ufficio  viene  escluso
dalla condizione  di  accettazione  del  rischio  di  insolvenza  del
proprio assistito, in cui invece si trova il suo collega  che  assume
un incarico fiduciario. Non puo' rilevare,  peraltro,  come  elemento
discriminante, l'anticipazione della valutazione di  tale  rischio  -
connessa al momento della iscrizione nelle liste e, dunque, disgiunta
dalla conoscenza  personale  dell'assistito  -  che  appare,  invero,
compensata dal  meccanismo  casuale  di  assunzione  dell'incarico  e
dall'affidamento  degli  incarichi  stessi  indipendentemente   dalla
predisposizione di  un'attivita'  imprenditoriale  di  procacciamento
della clientela. 
    E' appena il caso di osservare che  la  previsione  dell'articolo
116 del  d.P.R.  n.  115/2002  non  appare  necessitata  dal  dettato
dell'articolo 24, comma 3,  della  Costituzione,  che  e'  pienamente
rispettato dal legislatore attraverso il meccanismo del patrocinio  a
spese dello Stato di cui agli articoli 74 e seguenti (in  particolare
90 e seguenti con riferimento  al  processo  penale)  del  d.P.R.  n.
115/2002. Cosi' come l'articolo 36 della Costituzione, nel  prevedere
il diritto di qualunque lavoratore ad una retribuzione  proporzionata
alla quantita' e qualita' del lavoro svolto, non  ammette  differenze
tra   lavoratori   della   medesima   categoria   che   giustifichino
l'intervento statale a tutela del compenso solo per alcuni di essi  a
parita' di prestazioni svolte. 
    Il richiamo alla disciplina dell'ammissione al patrocinio a spese
dello  Stato  consente  di   introdurre   il   secondo   profilo   di
irragionevole disparita' - e, dunque, di contrasto con  l'articolo  3
della Costituzione - cui si e' accennato con riferimento all'articolo
116 del d.P.R. n. 115/2002. Le norme in questione, invero,  prevedono
da un lato una serie di oneri e di assunzioni di responsabilita'  per
l'istante - riassunti nell'articolo 79 del d.P.R.  n.  115/2002  -  e
dall'altro una serie di  limiti  alla  possibilita'  di  accedere  al
beneficio - esplicitati negli articoli 76, 91  e  92  del  richiamato
Decreto.  Inoltre,  l'istante  e'  sottoposto  al   controllo   della
sussistenza delle condizioni per accedere al patrocinio, sia  in  via
preventiva (articolo 96, comma 2, d.P.R. n. 115/2002) che  successiva
(articoli 88 e 98 del detto  d.P.R.)  ed  il  beneficio  puo'  essere
revocato (articolo 112 del d.P.R. n. 115/2002). Senza considerare  le
sanzioni penali previste dall'articolo 95 in  caso  di  dichiarazioni
non  corrispondenti  al  vero.  Nulla  di  tutto  cio'  e'   previsto
dall'articolo 116 in questione: il pagamento dell'onorario  difensivo
e'  rimesso  a  carico  dello  Stato  indipendentemente  dal  reddito
dell'assistito, dai suoi precedenti penali, dal titolo di  reato  per
cui e' stato processato.  E'  sufficiente  che  egli  non  sia  stato
reperito  dal  difensore  (peraltro  senza  neppure  la  garanzia  di
ricerche accurate, come quelle previste dall'articolo 159  c.p.p.)  o
che si sia dimostrato insolvente nei  suoi  confronti  (senza  alcuna
valutazione   in   ordine   al   possibile   occultamento   di   beni
patrimoniali), perche' il credito del professionista venga  garantito
dallo Stato. Tenuto conto che il patrocinio a spese dello  Stato  e',
ovviamente, garantito anche a chi e' assistito  da  un  difensore  di
ufficio, la  disparita'  sopra  evidenziata  si  rende  palese  nella
considerazione del vantaggio che ha tale difensore a  trovarsi  nelle
condizioni di cui all'articolo 116 citato (e, dunque, eventualmente a
favorirne la realizzazione) piuttosto che a  dover  intraprendere  la
farraginosa procedura di cui agli articoli 74 e seguenti  del  d.P.R.
n. 115/2002. Tanto piu' che, anche qualora il suo  assistito  dovesse
vedersi rigettata l'istanza di ammissione, egli puo' comunque vedersi
garantire  il  compenso  qualora  ricorrano  le  condizioni  di   cui
all'articolo 116 in questione. 
    L'agevole accesso al rimedio di cui alla  norma  che  si  intende
sottoporre al vaglio di legittimita' introduce l'ultimo degli aspetti
di contrasto  della  stessa  con  il  dettato  costituzionale  e,  in
particolare, con  i  principi  di  buon  andamento  ed  imparzialita'
dell'amministrazione e di ragionevole durata da processo di cui  agli
articoli 97 e 111 della Costituzione. La certezza di veder remunerato
il proprio operato, infatti, indipendentemente  da  ogni  valutazione
circa la sua efficacia e, soprattutto, la sua necessita'  e  da  ogni
confronto  con  il  proprio  cliente,  puo',  infatti,  spingere   il
difensore  -  al  di  la'  di  ogni  considerazione   degli   aspetti
deontologici  di  tale  comportamento  -  ad  effettuare  scelte   di
strategia processuale che non siano finalizzate al miglior  interesse
del suo  assistito,  ma  a  garantirsi  un  piu'  alto  compenso.  Le
modalita' di liquidazione degli onorari del difensore  da  parte  del
giudice, previste dalla legge,  portano,  infatti,  a  ritenere  meno
vantaggioso per il legale, ad esempio, adire un  rito  alternativo  a
quello ordinario ovvero  inducono  la  proposizione  di  impugnazioni
anche nel caso di palese infondatezza delle stesse.  Tutte  soluzioni
che il controllo del proprio  assistito  o  la  consapevolezza  della
difficolta' nel recupero del proprio  credito,  comune  a  quella  di
qualsiasi altro  professionista,  contribuiscono  a  calmierare,  con
notevole sgravio per le gia' ingolfate strutture giudiziarie. 
    Alla luce delle considerazioni sopra esposte, il procedimento per
la liquidazione delle  competenze  richieste  dall'avv.  Basile  deve
essere sospeso, con rimessione degli atti  dello  stesso  alla  Corte
costituzionale. 
 
                              P. Q. M. 
 
    Visto l'articolo 23, comma 3, della legge 11 marzo 1953,  n.  87,
solleva questione di legittimita'  costituzionale  dell'articolo  116
del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002,  n.  115,
per contrasto con gli articoli 3, 97 e 111  della  Costituzione,  nei
termini di cui in motivazione. 
    Dispone la sospensione del  procedimento  di  liquidazione  degli
onorari instaurato con istanza dell'avv. Simone Basile depositata  in
data 4  febbraio  2015  e  la  trasmissione  degli  atti  alla  Corte
costituzionale. 
    Dispone che la presente  ordinanza  sia  notificata  al  pubblico
ministero, all'avv. Basile  ed  alla  Presidenza  del  Consiglio  dei
ministri, nonche' comunicata ai Presidenti della Camera dei  deputati
e del Senato. 
        Roma, addi' 20 aprile 2015. 
 
                         Il Giudice: Picozzi