N. 128 ORDINANZA 29 aprile - 1 luglio 2015
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Reati e pene - Concorso di circostanze aggravanti e attenuanti - Reato di sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione (art. 630 cod. pen). - Codice penale, art. 99, quinto comma, come sostituito dall'art. 4 della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla L. 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione). -(GU n.27 del 8-7-2015 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente:Alessandro CRISCUOLO; Giudici :Giuseppe FRIGO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON,
ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 99, quinto comma, del codice penale, come sostituito dall'art. 4 della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla L. 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), promosso dalla Corte d'assise d'appello di Milano nel procedimento penale a carico di D.U.R. ed altri, con ordinanza del 28 luglio 2014, iscritta al n. 211 del registro ordinanze 2014 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell'anno 2014. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 29 aprile 2015 il Giudice relatore Giorgio Lattanzi. Ritenuto che la Corte d'assise d'appello di Milano, con ordinanza del 28 luglio 2014 (r.o. n. 211 del 2014), ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione, una questione di legittimita' costituzionale dell'art. 99, quinto comma, del codice penale, come sostituito dall'art. 4 della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla L. 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), «nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante speciale di cui all'art. 630, 5° comma cod. pen. e della ulteriore circostanza attenuante ordinaria introdotta nell'art. 630 cod. pen. dalla sentenza della Corte costituzionale n. 68/2012»; che, come riferisce il giudice rimettente, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Milano aveva proposto appello avverso la sentenza di condanna, emessa l'8 maggio 2013 dal Giudice dell'udienza preliminare del medesimo Tribunale, nei confronti di una pluralita' di persone imputate del reato di cui all'art. 630 cod. pen., per aver segregato una donna per tre giorni al fine di estorcerle la promessa di non farsi piu' vedere o sentire da uno dei coimputati, dal quale aspettava un figlio; che, con la sentenza impugnata, il Giudice dell'udienza preliminare aveva derubricato il reato contestato agli imputati in quello meno grave di cui all'art. 605 cod. pen. e determinato la pena riconoscendo, sia la continuazione con altri reati contestati sia, in taluni casi, le circostanze attenuanti generiche prevalenti sulla contestata recidiva; che, nel suo atto di appello, il pubblico ministero aveva sostenuto l'erroneita' di tale derubricazione e aveva chiesto la condanna degli imputati per il reato previsto dall'art. 630 cod. pen.; che, ad avviso della Corte rimettente, l'impugnazione del pubblico ministero le avrebbe imposto di pervenire a un «giudizio di mera equivalenza fra circostanze di opposto segno, qualora la Corte [avesse ritenuto] sussistente il delitto di cui all'art. 630 cod. pen. anche con le specifiche attenuanti che alla norma competono», perche', rientrando tale reato tra quelli indicati dall'art. 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, sarebbe stata applicabile la recidiva prevista dall'art. 99, quinto comma, cod. pen.; che la questione concernente il limite posto al giudizio di comparazione tra le circostanze sarebbe rilevante, «non solo per la richiesta del PG a proposito della specifica circostanza attenuante per l'imputato G., ma anche per la astratta possibilita' che [la Corte d'assise d'appello], attese le modalita' di esecuzione, la durata ed altri fattori emergenti nella consumazione dell'eventualmente ritenuto delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione, debba decidere di applicare la circostanza attenuante di natura oggettiva discendente dalla pronuncia della Corte costituzionale n. 68/2012»; che tale questione sarebbe non manifestamente infondata, in riferimento ai principi di uguaglianza, ragionevolezza e proporzionalita', espressi dagli artt. 3 e 27, terzo comma, Cost., per le ragioni indicate, sia nella citata pronuncia di questa Corte n. 68 del 2012, sia «in quella, nella quale e' stata proposta questione parzialmente sovrapponibile alla presente e accolta dalla Corte costituzionale, con la recentissima sentenza n. 106/2014»; che, infatti, il divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti relative all'art. 630 cod. pen., ponendo l'accento esclusivamente sulle condizioni del reo, comporterebbe che, anche in presenza di una recidiva aspecifica, l'imputato «sarebbe irragionevolmente attinto dalla stessa gravissima pena in editto prevista [per] chi ha posto in essere un comportamento ben piu' grave del suo, contrastando cio' anche con la finalita' rieducativa della pena che implica un costante principio di proporzione tra qualita' e quantita' di sanzione e offesa»; che e' intervenuto nel giudizio di legittimita' costituzionale, con memoria depositata il 9 dicembre 2014, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o, comunque, infondata; che, ad avviso della difesa dello Stato, la maggiore severita' della «disciplina [...] della recidiva reiterata nel caso di realizzazione di un delitto di cui all'art. 407 c.p.p., comma 2, lett. a, non e' irragionevole in quanto limitata a fattispecie specifiche, caratterizzate da notevole allarme sociale, [e indicative] del perdurare della capacita' a delinquere del reo», e dipende da una scelta legislativa non in contrasto con i principi costituzionali, essendo finalizzata a sanzionare piu' severamente, sia pure comprimendo gli spazi di discrezionalita' del giudice, chi abbia continuato a commettere reati nonostante le precedenti condanne; che la questione, comunque, sarebbe inammissibile, perche' la Corte rimettente non ha preliminarmente verificato la possibilita' di una soluzione interpretativa diversa da quella posta a base dei dubbi di costituzionalita' prospettati; che, infatti, il giudice a quo mostrerebbe di aderire all'opzione ermeneutica secondo cui anche la recidiva obbligatoria di cui all'art. 99, quinto comma, cod. pen. rientrerebbe nell'ambito di operativita' del divieto di cui all'art. 69, quarto comma, cod. pen., mentre in senso contrario deporrebbe, ad avviso della difesa erariale, il tenore letterale dell'art. 69, quarto comma, cod. pen., che fa riferimento al solo quarto comma dell'art. 99 cod. pen. Considerato che la Corte d'assise d'appello di Milano dubita, in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione, della legittimita' costituzionale dell'art. 99, quinto comma, del codice penale, come sostituito dall'art. 4 della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla L. 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), «nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante speciale di cui all'art. 630, 5° comma cod. pen. e della ulteriore circostanza attenuante ordinaria introdotta nell'art. 630 cod. pen. dalla sentenza della Corte costituzionale n. 68/2012»; che la questione e' manifestamente inammissibile per mancanza di motivazione sulla rilevanza; che nel giudizio a quo gli imputati - a cui era stato contestato il reato di sequestro di persona a scopo di estorsione - sono stati condannati per un diverso titolo di reato (art. 605 cod. pen.); che questa mutata qualificazione giuridica e' stata contestata dal pubblico ministero con l'atto di appello; che la Corte rimettente ha ritenuto che l'eventuale condanna per il delitto di cui all'art. 630 cod. pen. avrebbe comportato l'applicazione della recidiva prevista dall'art. 99, quinto comma, cod. pen. e il conseguente divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti previste dallo stesso art. 630 cod. pen.; che, quindi, ad avviso del giudice a quo, la «richiesta del PG», da un lato, e l'«astratta possibilita'» di dover decidere se applicare l'art. 630 cod. pen. e le relative circostanze attenuanti, dall'altro, renderebbero rilevante la questione, imponendo un «giudizio di mera equivalenza» fra tali circostanze e la recidiva; che la Corte rimettente non spiega perche' la norma censurata dovrebbe trovare applicazione nel caso sottoposto al suo esame, considerato che la sentenza impugnata ha condannato gli imputati per sequestro di persona (art. 605 cod. pen.) e, che, quindi, la configurabilita' della diversa e piu' grave fattispecie prevista dall'art. 630 cod. pen. (sequestro di persona a scopo di estorsione) e' meramente ipotetica, cosi' come ipotetica e' l'applicazione delle circostanze attenuanti speciali previste dall'art. 630 cod. pen.; che la formulazione della questione in termini meramente ipotetici si risolve in un difetto di motivazione sulla rilevanza; che, inoltre, la questione e' manifestamente inammissibile anche perche', nel formulare il quesito di costituzionalita', il giudice a quo ha erroneamente individuato la disposizione da censurare; che la Corte rimettente, infatti, ha sottoposto a scrutinio di costituzionalita' una norma inconferente rispetto all'oggetto delle proprie censure, avendo denunciato come contrario ai parametri costituzionali evocati l'art. 99, quinto comma, cod. pen., come modificato dall'art. 4 della legge n. 251 del 2005, che si limita a introdurre un'ipotesi di recidiva obbligatoria, quando, invece, il rilevato vulnus costituzionale sarebbe scaturito, semmai, dall'art. 69, quarto comma, cod. pen., come modificato dall'art. 3 della legge n. 251 del 2005, che pone il divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti sulla recidiva reiterata prevista dal quarto comma dell'art. 99 cod. pen.; che, peraltro, appare dubbia l'applicabilita' del censurato limite al giudizio di bilanciamento tra circostanze di segno opposto, quando non ricorra la recidiva del quarto comma dell'art. 99 cod. pen., ma esclusivamente quella del successivo quinto comma, oggetto della questione in esame; che l'inesatta identificazione della norma da censurare, per costante giurisprudenza costituzionale, comporta la manifesta inammissibilita' della questione (ex plurimis, ordinanze n. 358 del 2010, n. 198 e n. 42 del 2007); che la questione va dichiarata, pertanto, manifestamente inammissibile. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara la manifesta inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 99, quinto comma, del codice penale, come sostituito dall'art. 4 della legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al codice penale e alla L. 26 luglio 1975, n. 354, in materia di attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione, dalla Corte d'assise d'appello di Milano, con l'ordinanza indicata in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 29 aprile 2015. F.to: Alessandro CRISCUOLO, Presidente Giorgio LATTANZI, Redattore Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere Depositata in Cancelleria l'1 luglio 2015. Il Direttore della Cancelleria F.to: Gabriella Paola MELATTI